IL GIOCO D’AZZARDO È SEMPRE PIÙ UN GIOCO DA RAGAZZI di Leonardo Tiene
Negli ultimi anni, il gioco d’azzardo ha smesso di essere una questione da “grandi”. Sempre più adolescenti e giovanissimi si avvicinano a scommesse sportive, gratta e vinci, casinò online e altre forme di gioco, spesso senza alcuna consapevolezza dei rischi. Il fenomeno cresce sotto gli occhi di tutti, ma raramente se ne parla con la serietà che merita. Si tende a minimizzare: “sono solo ragazzi, lo fanno per scherzo”, si dice. Ma i dati raccontano un’altra storia. E mostrano un problema che, se ignorato, rischia di generare conseguenze gravi sul piano sociale, economico e soprattutto psicologico.
NUMERI CHE FANNO RIFLETTERE
Secondo una ricerca di Nomisma, nel 2023 il 37% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno. Di questi, circa il 14% lo fa con regolarità, cioè almeno una volta a settimana. E non si tratta solo di giochi tradizionali: il 64% di questi giovani gioca online, spesso tramite smartphone, accedendo a siti o app in cui l’età minima è facilmente aggirabile. L’Istituto Superiore di Sanità, nel suo monitoraggio 2025, ha confermato che anche tra gli 11 e i 13 anni il 25% ha già avuto esperienze di gioco d’azzardo. Tra i 14 e i 17 anni, la percentuale sale oltre il 23%, con una quota crescente di soggetti che presentano comportamenti a rischio o addirittura già problematici. Le stime più recenti parlano di oltre 120.000 studenti italiani a rischio dipendenza.
In alcune regioni, come la Campania, la situazione è ancora più preoccupante: qui il 6,3% dei giovani tra 14 e 19 anni è considerato a rischio patologico, contro una media nazionale che si aggira intorno al 3,8%. Numeri che non possono essere ignorati.
PERCHÉ IL GIOCO ATTIRA COSÌ TANTO?
Ci sono diversi motivi per cui il gioco d’azzardo esercita un forte fascino sui giovani. Prima di tutto, l’accessibilità. Non servono più locali bui e fiche da casinò: basta uno smartphone e una connessione internet. Molti siti non hanno reali barriere d’accesso per i minori, e aggirare i controlli è fin troppo facile.
Poi c’è la questione della “gamification”: il gioco viene reso visivamente accattivante, pieno di luci, suoni e ricompense immediate. Tutto è pensato per dare la sensazione di controllo e successo, anche quando si perde.
A ciò si aggiunge l’influenza sociale. Secondo Nomisma, il 46% dei giovani che giocano lo fa perché lo fanno anche i propri amici, e un altro 32% è stato spinto dal contesto familiare. Infine, c’è la questione della pubblicità, in particolare quella digitale: su TikTok, Instagram, YouTube e Twitch, è sempre più frequente imbattersi in contenuti che raccontano vincite spettacolari, scommesse “intelligenti” o addirittura strategie vincenti. La realtà, però, è ben diversa.
LE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE E SOCIALI
Il gioco d’azzardo non è solo un passatempo: può diventare una vera e propria dipendenza. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) lo classifica infatti come disturbo del comportamento. Nei giovani, i segnali possono essere difficili da individuare all’inizio: calo del rendimento scolastico, isolamento, ansia, sbalzi d’umore, richiesta di denaro ai familiari o piccoli furti per poter continuare a giocare. Questa dipendenza può causare un forte senso di colpa, ma anche l’illusione che con una “grande vincita” si possa rimediare a tutto. È un circolo vizioso che diventa sempre più difficile da interrompere. E spesso i genitori o gli educatori si accorgono del problema quando è ormai troppo tardi.
COSA SI PUÒ FARE DAVVERO
Di fronte a questo scenario, è evidente che servono interventi urgenti. In primo luogo, educare i giovani fin dalla scuola media sui rischi del gioco. Parlarne, spiegare cosa succede nel cervello quando si diventa dipendenti, sfatare i falsi miti (come quello del “recupero delle perdite”).
In secondo luogo, servono regole più severe per limitare l’accesso ai siti di gioco, rafforzando i controlli sull’età e punendo chi li aggira. Anche la pubblicità andrebbe regolamentata con maggiore attenzione, soprattutto quella online, che oggi riesce a raggiungere milioni di adolescenti senza alcuna protezione. Infine, è fondamentale che anche le famiglie e gli adulti di riferimento siano formati per riconoscere i segnali e per accompagnare i ragazzi verso percorsi di supporto psicologico, senza colpevolizzarli.
UN GIOCO CHE NON È UN GIOCO
Il gioco d’azzardo tra i giovani è un problema silenzioso, ma concreto. Non è una fase passeggera o una bravata adolescenziale: è una dinamica pericolosa che può rovinare vite ancora prima che comincino davvero. Agire ora, con politiche educative, culturali e normative, è l’unico modo per impedire che un semplice “gioco” diventi un abisso. Non si tratta di demonizzare il gioco in sé, ma di proteggerne i soggetti più vulnerabili. E i giovani, oggi più che mai, hanno bisogno di qualcuno che li protegga, non che li lasci soli davanti a uno schermo.
COMUNITÀ ENERGETICHE: L’ENERGIA CHE UNISCE
QUANDO L’ENERGIA DIVENTA RELAZIONE, LE BOLLETTE SI ABBASSANO…
MA SI ALZA LA QUALITÀ DELLA VITA di Margherita Ingoglia
C’è un aspetto delle comunità energetiche che spesso resta in ombra.
Non è la tecnologia. Non è il risparmio. Nemmeno l’ambiente. È la possibilità di cucire legami.
Nel cuore dell’innovazione energetica si nasconde qualcosa di sorprendentemente umano: la riscoperta del senso di comunità
Perché una comunità energetica non è solo un insieme di tetti con pannelli fotovoltaici.
È un progetto collettivo fatto di persone che scelgono di collaborare, condividere, costruire un bene comune.
Il principio è semplice: chi produce energia da fonti rinnovabili (es.: un impianto fotovoltaico su un’abitazione, un’azienda o un edificio pubblico) può condividerla con altri membri della stessa comunità — vicini di casa, scuole, negozi, enti.
Ma il valore prodotto non è solo elettrico o economico. È soprattutto relazionale.
Chi partecipa a una comunità energetica non si limita a generare elettricità.
Genera connessioni.
Tra chi offre e chi riceve. Tra generazioni diverse. Tra funzioni sociali, mondi, abitudini che spesso non si incontrano.
Si ricostruisce così un tessuto di vicinanza, che va ben oltre l’aspetto tecnico del progetto.
Nei piccoli comuni, nelle periferie, nei quartieri dimenticati, creare una CER significa creare una rete che protegge e sostiene.
Significa restituire centralità a luoghi spesso considerati marginali, trasformandoli in protagonisti della transizione ecologica grazie alla coesione sociale.
Nel contesto attuale — fatto di crisi climatica, solitudine urbana, disuguaglianze — le comunità energetiche ci ricordano che la sostenibilità non è solo ambientale. È anche sociale.
Rendere accessibile l’energia, redistribuire valore, dare voce a chi di solito resta fuori dalle scelte: tutto questo è parte integrante del modello CER.
Le comunità energetiche non sono solo una risposta alla crisi. Sono una proposta culturale: vivere l’energia come bene comune, e non come prodotto da acquistare
Un’opportunità concreta, che inizia da una domanda semplice: con chi potresti condividerla, l’energia?
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DISCONNETTERSI PER RICONNETTERSI: UN’ESTATE SENZA SCHERMI.
COME SOPRAVVIVERE 48 ORE SENZA CONTROLLARE
SE QUALCUNO HA MESSO LIKE ALLA FOTO DEL TUO PRANZO di Martina Campanelli
Per molti di noi, l’estate non comincia davvero finché non postiamo una foto del tramonto con hashtag tipo #vitavera o #finalmente; peccato che mentre lo facciamo, ci perdiamo quel tramonto vero, quello che non ha bisogno di filtri o cornici.
Viviamo incollati agli schermi, lo sappiamo. Ma proprio per questo, l’estate potrebbe essere il momento perfetto per fare il gesto più radicale di tutti: spegnere il telefono o se ci sentiamo particolarmente coraggiosi, dimenticarlo in una borsa sotto la sabbia.
L’idea di restare offline anche solo per qualche ora genera in molti un’ansia simile a quella di dimenticare il gas acceso. E se qualcuno mi scrive? E se succede qualcosa? E se… nessuno si accorge che sono sparito?
Il nostro cervello è abituato a una dieta costante di notifiche, messaggi, scroll compulsivi; togliergli tutto di colpo equivale a una crisi d’astinenza. Ma, spoiler, si sopravvive… e anche piuttosto bene!
Se controlli il meteo su tre applicazioni diverse e poi esci lo stesso con l’ombrello “per sicurezza”, se riapri Instagram un minuto dopo averlo chiuso “per sbaglio”, se ti senti in colpa se un messaggio resta senza risposta per più di dieci minuti… ferie, ti servono ferie!
Disconnettersi non significa ritirarsi sull’Himalaya (a meno che non ci sia Wi-Fi) ma significa concedersi il lusso dell’attenzione piena: guardare le onde che si infrangono e non pensare subito a come riprenderle in slow motion, parlare con una persona e non interrompere la conversazione per rispondere a un messaggio con “ok” e tre emoji, riscoprire quanto sia potente stare, semplicemente, dove si è.
L’idea non è demonizzare il telefono ma riappropriarsi del tempo: lo smartphone è uno strumento, non un padrone. Eppure spesso è lui a decidere quando ci alziamo, cosa leggiamo, cosa pensiamo.
Un tempo, se qualcuno ti cercava e tu non rispondevi, si dava per scontato che fossi impegnato. Ora, se non rispondi entro tre minuti, parte la task force: “Tutto ok? Ti è successo qualcosa?”. Essere irreperibili è diventato sospetto. Eppure è una libertà sacrosanta.
Forse è ora di invertire la rotta.
Non serve buttare il telefono in mare ma bastano piccoli esperimenti di libertà: lasciare il telefono in camera mentre si va al mare; disattivare le notifiche per un pomeriggio; fare una giorna-
ta “schermo zero” a settimana.
Non dobbiamo diventare eremiti digitali o eroi del detox. A volte userai il telefono, controllerai le mail. Pace. Non si tratta di perfezione, ma di intenzione.
Se anche solo per qualche giorno scegli consapevolmente di esserci, davvero, senza dipendere da uno schermo, hai già vinto.
E poi, diciamolo: il mondo può anche andare avanti senza sapere dove sei esattamente. Non pubblicare la posizione geolocalizzata non è un reato. È un atto di libertà.
L’estate può essere l’occasione per educare gli altri (e noi stessi)
a un concetto rivoluzionario: non essere sempre disponibili non significa sparire, ma vivere.
Disconnettersi non è una fuga dal mondo ma un modo per rientrarci con più lucidità: ci si riconnette alla vita, a sé stessi… e magari anche a chi ci sta accanto. Riconnettersi è ritrovare attenzione, presenza, tempo che non è sempre interrotto.
Sarà difficile non tornare ai ritmi digitali di sempre dopo una vacanza analogica. Ma qualcosa resterà: forse userai il telefono con più consapevolezza, forse ti ricorderai che le notifiche possono aspettare… e forse, nel bel mezzo di una riunione Zoom, penserai con nostalgia a quel giorno d’agosto in cui l’unico schermo che avevi davanti… era il cielo!
TUTTI AL MARE CON UN APPROCCIO SOSTENIBILE!
Ohhh, wow! È finalmente arrivata la stagione più amataalmeno per me, e spero tanto anche per voi cari lettori. L’estate. Che ci accompagna in meravigliose e rilassanti avventure dal 21 giugno fino al 22 settembre, nel nostro emisfero boreale, mente per gli abitanti di quello australe, è contrassegnata da differenti date e, nello specifico, dal 21 di dicembre al 21 di marzo. È la seconda stagione dell’anno, segue la primavera e precede l’autunno, ed è la stagione in cui si hanno le temperature più alte dell’anno.
È una stagione ricca di significato simbolico. L’estate infatti rappresenta un periodo di gioia, di abbondanza e di calore, sia fisico che emotivo. Un’abbondanza legata alla fertilità della terra, ai raccolti generosi e alla prosperità. Rappresenta la piena fioritura della vita. Invita ad una connessione con il mondo naturale, ai suoi ritmi e cicli, e all’armonia con l’ambiente circostante. È la stagione del calore, della luce. E spesso viene associata ad un lungo periodo di vacanze, di spensieratezza. È la stagione in cui il sole raggiunge il suo culmine e porta luce intensa, fino alla sera. È inoltre caratterizzata dal giorno più lungo dell’anno: il solstizio d’estate. Celebrato da sempre e in molte culture con feste, rituali e tradizioni che onorano il sole, la luce e la fertilità. Si tratta del primo giorno d’estate, oltre che di un fenomeno astrologico, un affascinante fenomeno naturale in cui i raggi del Sole cadono perpendicolari al Tropico del Cancro e il Sole arrivare nel punto più alto del cielo rispetto all’orizzonte, splendendo ed illuminando la nostra giornata fino a tarda serata; è pertanto il giorno più luminoso - in termini di tempistica - e con meno ore di buio. Oltre al grande significato che l’estate rappresenta sia per noi che per i diversi popoli del mondo, è anche il periodo in cui si trascorre più tempo al mare, lasciandosi trasportare nel relax totale, in allegria… il periodo in cui nascono nuovi amori, nuove amicizie o, più semplicemente, ci si rilassa insieme, trascorrendo più tem-
po con i nostri cari. Il momento dei progetti “a settembre”. Delle lunghe vacanze per i bambini o gli adolescenti che frequentano le scuole. E cosa c’è di più bello del viaggiare e scoprire nuovi luoghi e culture? O di trascorrere il proprio tempo libero in acque cristalline?
Il mare, il mio posto preferito. E nella nostra bella Italia ci sono tantissime località marine, meravigliose e famose in tutto il mondo. Dalla Sardegna alla Sicilia, dalla Puglia all’Emilia Romagna, il nostro territorio nazionale è ricco di posti incantevoli dove trascorrere le nostre vacanze al mare, ma non solo. Posti incantevoli che la natura ci ha donato ma che noi tutti abbiamo il compito di preservare. Ecco perché è oggi più che mai importante assumere dei comportamenti adeguati al fine di divertirci, rilassarci e salvaguardare le nostre spiagge, i mari e gli esseri viventi che lì vivono. Tutti noi amiamo il mare e le spiagge, ecosistemi preziosi, richiedono azioni di sostenibilità ambientale per preservarne la bellezza e la biodiversità, soprattutto di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico e dall’inquinamento che oggi siamo costretti ad affrontare. E se molti di noi si impegnano a non lasciare rifiuti in spiaggia, a non fumare e “nascondere” la cicca di sigaretta tra la sabbia, ad utilizzare prodotti di protezione solare non inquinanti per la flora e la fauna del mare, altri purtroppo devono ancora imparare queste buone abitudini. Infatti, ci sono dei comportamenti sostenibili che sarebbe fondamentale che tutti assumessero, dai più piccini ai più anziani, al fine di preservare il mondo che abitiamo. La plastica è, come già sappiamo ed abbiamo sentito parlarne più volte, e come dimostra il rapporto Beach Litter di Legambiente, il materiale che maggiormente inquina e distrugge le nostre spiagge e i mari. Ma tra le accortezze da avere non ci dovrebbe essere solo quella di non abbandonare la plastica o oggetti di questo materiale, ma in generale, bisognerebbe prestare attenzione a qualsiasi tipo di rifiuto! Assolutamen-
di Debora Bizzi
te, quindi, vietata la plastica, i rifiuti di ogni tipologia, pertanto anche l’abbandono di oggetti in generale. Per fermare la diffusione della plastica potremmo già evitare di portarla in spiaggia. C’è sempre un’alternativa: esistono borse di tela, borracce per l’acqua e potremmo anche evitare di usare posate e bicchieri monouso. Inoltre, c’è chi fa davvero la differenza, impegnandosi a raccogliere la plastica che trova in spiaggia. Esistono poi - come abbiamo poc’anzi affermato, alcune creme solari (fondamentali per la tutela della nostra salute e della nostra pelle) in commercio che utilizzano prodotti chimici inquinanti per la salute del mare e dell’ambiente, soprattutto dei coralli. Sempre meglio optare per prodotti naturali ed ecologici, così da non correre il rischio di rilasciare in acqua metalli e sostanze chimiche dannose!
Un altro modo per rispettare e tutelare i bellissimi abitanti dei mari è di “lasciarli vivere sereni nel loro ambiente”. Evitiamo di catturare granchi, molluschi, meduse o pesci per lasciarli nei secchielli: se siamo curiosi del mondo marino e della sua fauna rispettiamola. Lo so, le meduse fanno paura a molti, ma d’altronde siamo noi gli ospiti di quell’ambiente, portiamo pazienza e piuttosto prestiamo maggiore attenzione! Fra l’altro, dovremmo sempre ricordarci che le meduse svolgono un ruolo importante per la salute delle acque, pur essendo spesso considerate fastidiose o pericolose. Inoltre, contribuiscono all’equilibrio della catena alimentare, ossigenano le acque e potrebbero aiutare a pulire l’oceano dalla plastica.
Proprio come dovremmo evitare di raccogliere conchiglie, stelle marine, sassi, fiori o, addirittura, la sabbia. Non sono “souvenir” da portare a casa, e raccoglierli è un reato che danneggia l’ambiente e che, se fatto da tutti, metterebbe a repentaglio interi ecosistemi. Lo sapevi che in Sardegna esisteva una spiaggia meravigliosa denominata Spiaggia Rosa, che oggi purtroppo di rosa ha ben poco? Un capolavoro della natura, unico al mondo, che si trova sull’isola di Budelli, parte dell’arcipelago de La Maddalena, nel nord-est della Sardegna, e che oggi è una zona protetta in quanto gli uomini che la visitavano per diversi anni hanno creduto di “portarsi a casa” il colore rosa della sabbia, danneggiando profondamente il suo equilibrio ed ecosistema.
La tonalità rosata della sabbia è infatti legata alla presenza di frammenti di corallo, conchiglie e gusci di molluschi, oltre a un microrganismo rosa che vive nelle posidonie, chiamato Miniacina miniacea. Quando questi microrganismi muoiono, i loro gusci vengono trasportati dalla marea e dal vento, depositandosi sulla sabbia. Ma una volta lontano da quell’ambiente, e in circostanze differenti, il rosa piano piano viene a mancare… Tutto questo rende questa spiaggia molto fragile ed è importante preservarla. Oggi infatti l’accesso alla Spiaggia Rosa è regolamentato e limitato per proteggere l’ecosistema. È possibile ammirarla da vicino partecipando a escursioni guidate, ma senza calpestare la sabbia o fare il bagno.
Già adottando queste semplicissime buone abitudini potremmo rispettare l’ambiente e salvaguardare mari e spiagge.
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vero?
DOVE FINISCE IL CORPO E DOVE COMINCIA LA MENTE?
CONNESSIONI TRA INTESTINO, MICROBIOTA E BENESSERE PSICOLOGICO di Margherita Ingoglia
Si parla sempre più spesso di intestino come “secondo cervello”.
Microbiota, asse intestino-cervello, serotonina intestinale: termini tecnici diventati quasi familiari, anche se pochi ne conoscono davvero il significato.
Eppure, qualcosa arriva.
Un’intuizione diffusa, trasversale, che non ha bisogno di essere dimostrata per essere vera nella pratica: c’è un legame forte tra come stiamo fisicamente e come stiamo emotivamente.
Non siamo medici… ma possiamo osservare e partire dall’esperienza.
Hai mai notato che quando sei sotto stress il tuo stomaco si ribella?
Che quando mangi male ti senti più stanco, più irritabile, più “giù”?
O ancora, che quando hai un problema fisico che si trascina, anche il resto (concentrazione, motivazione) sembra più faticoso?
È il corpo che parla, anche quando pensiamo che sia “solo nella testa”.
La pancia non è un’estranea alle nostre emozioni. È spesso un amplificatore, un allarme, un contenitore di ciò che non riusciamo a gestire altrove.
La scienza lo conferma: l’intestino ospita miliardi di microrganismi (il famoso microbiota) che svolgono funzioni fondamentali per il nostro equilibrio non solo digestivo, ma anche immunitario, neurologico, e forse persino emotivo.
Alcuni studi suggeriscono che il microbiota possa influenzare il tono dell’umore, i livelli di infiammazione e la qualità del sonno.
Non abbiamo certezze assolute, ma una cosa è chiara: ciò che accade nel nostro intestino non resta lì.
E allora, cosa possiamo fare, davvero, nel quotidiano?
Non serve diventare esperti di fermenti lattici o studiare biochimica.
Non si tratta di moda, né di soluzioni miracolose.
Si tratta di attenzione e tornare all’essenziale:
• mangiare meglio;
• dormire con regolarità;
• ridurre lo stress (trovando tempo per sé stessi, anche poco ben impiegato);
• muoversi, respirare, rallentare.
Insomma, ascoltare il corpo prima che “urli”.
Non tutto si risolve con un buon pasto, certo… ma a volte, è un inizio.
ALLERTA CALDO IN ALASKA: IL SEGNALE CHE NON POSSIAMO PIÙ IGNORARE di Leonardo Tiene
L’Alaska fa parte dell’immaginario collettivo come una terra di ghiacci, orsi polari e foreste boreali. Una di quelle regioni che sembrano lontane anni luce dalle nostre estati afose. Eppure, proprio lì, dove un tempo l’unico pericolo atmosferico era il gelo, è stata emessa per la prima volta un’allerta meteo per il caldo. Una notizia che sembra uscita da un romanzo distopico, ma che è realtà. Ed è molto più di una curiosità climatica: è un campanello d’allarme che riguarda tutti noi.
LA SITUAZIONE
L’evento è avvenuto nel mese di luglio e ha colpito in particolare l’Alaska centrale e meridionale, con temperature ben oltre la media stagionale. Parliamo di zone dove i 30 gradi non si toccano quasi mai nemmeno d’estate, e dove l’infrastruttura urbana – case, ospedali, scuole – non è progettata per affrontare il caldo. In alcuni casi, le abitazioni non hanno nemmeno un sistema di ventilazione attivo, perché storicamente non ce n’è mai stato bisogno. Ma ora le cose stanno cambiando, e in fretta.
L’allerta è stata lanciata dal National Weather Service degli Stati Uniti, l’ente che si occupa di previsioni e monitoraggio meteorologico. Non si tratta solo di un avviso per far sapere che farà caldo, ma di un provvedimento di sicurezza pubblica: con il caldo arrivano rischi di disidratazione, colpi di calore e difficoltà per le fasce più fragili della popolazione, soprattutto anziani e bambini. E se in città come Roma o Madrid abbiamo imparato a convivere con questi problemi (anche se male), in Alaska nessuno è pronto.
NON UN EPISODIO ISOLATO
Questo episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di segnali che mostrano quanto il cambiamento climatico stia accelerando. Negli ultimi vent’anni, la temperatura media in Alaska è aumentata quasi il doppio rispetto alla media globale. Un ritmo impressionante, che ha già portato allo scioglimento di ghiacciai, al cambiamento delle rotte migratorie degli animali e alla scomparsa di
habitat naturali. Ma ora sta impattando anche sulla vita quotidiana delle persone.
Il dato interessante è che l’Alaska è un territorio dove il riscaldamento globale si vede prima e più chiaramente che altrove. Questo perché è una zona particolarmente sensibile, dove anche piccoli aumenti di temperatura causano grandi trasformazioni. Quando sentiamo parlare di scioglimento del permafrost o di ghiaccio marino, tendiamo a pensare che siano fenomeni lontani, che non ci riguardano. Ma queste trasformazioni hanno effetti a catena: rilasciano gas serra nell’atmosfera, destabilizzano l’ecosistema globale e contribuiscono all’aumento delle temperature in tutto il mondo.
L’ENNESIMO SEGNALE
Quello che succede in Alaska non resta in Alaska. È come se la natura ci stesse dando un’anteprima del futuro – un futuro che, se non cambiamo rotta, potrebbe arrivare anche da noi prima del previsto. Gli scienziati lo dicono da anni, ma a volte serve un’immagine forte per capirlo davvero. Un’allerta caldo in Alaska è una di quelle immagini. E dovrebbe farci riflettere. Non basta più pensare alla crisi climatica come a un problema lontano nel tempo o nello spazio. È già qui, e ci riguarda tutti.
Le estati roventi nelle nostre città, gli incendi boschivi, le piogge tropicali fuori stagione e ora il caldo estremo in una delle zone più fredde del pianeta: sono tutti tasselli dello stesso puzzle. Il clima sta cambiando in modo rapido e profondo, e il tempo per intervenire si sta riducendo.
L’allerta in Alaska è un messaggio chiaro: non ci sono più luoghi “sicuri” dal punto di vista climatico. Serve consapevolezza, ma anche azione concreta, dalle istituzioni e da ciascuno di noi. Perché il caldo che un tempo era impensabile a nord del Circolo Polare Artico oggi è realtà. E se non cambiamo qualcosa, sarà solo l’inizio.
CREMA
SOLARE: BENEFICI REALI E FALSI MITI DA SFATARE di Leonardo Tiene
Ogni estate torna puntuale il dibattito: “Hai messo la crema solare?”, “Ma serve davvero se sto solo in città?”, “Io tanto non mi scotto, sono già abbronzato/a!”.
Nonostante gli avvertimenti dei dermatologi e le campagne di sensibilizzazione, in tanti continuano a considerare la crema solare come un prodotto stagionale, utile solo per non ustionarsi in spiaggia ad agosto.
La verità, però, è un’altra: la protezione solare è una forma di prevenzione quotidiana, e non riguarda solo l’estetica o l’abbronzatura.
In questo articolo esploriamo i reali benefici della crema solare e smontiamo i miti più comuni, per capire finalmente perché usarla non dovrebbe essere un’eccezione… ma un’abitudine come lavarsi i denti.
I BENEFICI DELLA CREMA SOLARE
1. Protegge dai danni immediati e da quelli a lungo termine
La crema solare crea una barriera contro i raggi ultravioletti (UV), che si dividono in UVB (responsabili delle scottature) e UVA (che penetrano più in profondità e accelerano l’invecchiamento cutaneo).
Senza protezione, la pelle assorbe questi raggi e va incontro a danni cellulari, che col tempo possono causare rughe, macchie,
perdita di elasticità e perfino tumori della pelle.
2. Previene il melanoma
Il melanoma è una delle forme più gravi di cancro della pelle, e la sua incidenza è in aumento, soprattutto tra i giovani. L’uso costante di una crema solare ad ampio spettro può ridurre significativamente il rischio, specie se si inizia da giovani.
3. Rallenta l’invecchiamento cutaneo
Non tutti lo sanno, ma il sole è la principale causa di invecchiamento della pelle. Le esposizioni ripetute senza protezione provocano macchie solari, perdita di tonicità e rughe precoci.
Usare una buona crema solare ogni giorno è, di fatto, uno dei migliori trattamenti anti-age disponibili (e costa meno di qualsiasi siero miracoloso).
4. Adatta a tutti i tipi di pelle
Oggi esistono formule leggere, invisibili, senza profumo, resistenti all’acqua, perfette anche per chi ha la pelle grassa, acneica o sensibile. Usare la scusa “la crema mi fa uscire i brufoli” ormai non regge più.
I FALSI MITI PIÙ COMUNI
“Se è nuvoloso o sono in città, non serve”
Falso. I raggi UVA passano attraverso le nuvole e i vetri, ed è proprio l’esposizione quotidiana e “invisibile” quella più pericolosa. Anche se non ti stai abbronzando, la pelle sta subendo danni. Sì, anche se sei in ufficio o in macchina.
“Con la crema solare non mi abbronzo”
La protezione solare non blocca totalmente i raggi, li filtra. Ti abbronzi comunque, ma in modo più lento, sano e uniforme. Inoltre, ti eviti scottature, spellature e quell’effetto “pelle cotta” che nessuno invidia davvero.
“Ho la pelle scura, non mi serve”
Le persone con fototipi alti hanno una protezione naturale leggermente superiore, ma non sono immuni ai raggi UV né al melanoma. Anche chi ha la pelle olivastra o nera deve proteggersi: il rischio c’è, solo che spesso viene sottovalutato.
“La crema solare fa male alla pelle”
Alcuni pensano che la crema ostruisca i pori o che sia piena di sostanze chimiche dannose. In realtà, i filtri usati nei solari sono testati dermatologicamente e continuamente aggiornati dalle
normative europee. Basta scegliere un prodotto adatto al proprio tipo di pelle.
“Tanto sono già abbronzato, ormai non mi serve”
L’abbronzatura non è uno scudo. È solo una reazione difensiva della pelle, e non protegge dai danni profondi. Anzi, esporsi senza protezione dopo essersi abbronzati aumenta il rischio di danni cumulativi.
CONCLUDENDO...
La crema solare non è (più) un prodotto da mettere solo al mare, e non è nemmeno un ostacolo alla tintarella. È un alleato della tua salute, un’abitudine semplice che può fare la differenza nel tempo.
Usarla ogni giorno – anche d’inverno, anche se piove – è una forma di cura verso se stessi e verso il proprio futuro.
Che tu abbia la pelle chiarissima o scura, che ami il sole o lo eviti come la peste, la protezione solare è per tutti. E prima lo capiamo, prima iniziamo davvero a prenderci cura della nostra pelle. Quindi domattina, prima di uscire, fallo: metti la crema.
IL CALDO ESTIVO E LE SCUSE CREATIVE: COME I GRANDI AUTORI HANNO RACCONTATO LA PIGRIZIA DELL’ESTATE
Per questo numero, la rubrica letteraria si mette in modalità “vacanze”: leggerissima e divertente, proprio come le giornate d’estate. Ma attenzione, qui voglio essere un po’ controcorrente: niente sport estremo, nessuna lista infinita di cose da fare o di mete da raggiungere. Qui celebriamo l’estate pigra, fatta di scuse creative, di dolce far niente e di piccoli momenti di ozio meritato; stagione magica, in cui anche il più ambizioso degli esseri umani scopre che, in fondo, l’immobilismo non è poi così male!
L’estate, per molti, è sinonimo di attività frenetiche: sport, viaggi, eventi a non finire. Ma non è obbligatorio seguire questa moda da manuale del perfetto vacanziere superattivo! Io scelgo di celebrare l’arte della pigrizia estiva, quella capacità di inventarsi scuse (più o meno credibili) per restare fermi, rallentare, “godersi” il caldo senza sensi di colpa; e a darmi ragione sono i grandi autori della letteratura, che da sempre hanno guardato con simpatia e ironia a questo dolce vizio. Perché, diciamocelo, tra un gelato e una pennichella, anche la letteratura si fa un po’ pigra… ma sempre con stile!
Samuel Johnson, per esempio, ci ricorda che “il riposo è una parte essenziale della vita, senza di esso la mente si spegne.” Tradotto: niente paura se la vostra giornata si riduce a spostarsi dall’ombrellone al bagnasciuga. Non è pigrizia, è sopravvivenza intellettuale! Johnson, insomma, approverebbe le vostre scuse e vi farebbe l’inchino.
Poi c’è Charles Baudelaire, che definisce l’ozio come “la madre di tutti i vizi, ma anche la radice di ogni piacere.” Ecco un poeta che avrebbe amato vedere gente poltrire sotto il sole, sorseggiando una granita magari leggendo qualche verso, senza fretta e senza stress. Il suo pensiero ci invita a godere senza colpa di questi momenti di dolce inattività.
E come non citare Oscar Wilde, l’indiscusso re dell’ironia? “Posso resistere a tutto, tranne che alla tentazione.” Questa frase è perfetta per chi, come me, resiste a tutte le mode estive attive, ma non può dire di no a un pomeriggio di ozio, magari accompagnato da
un gelato che si scioglie troppo in fretta o da una partita a carte fatta all’ombra.
Marcel Proust nel suo “Alla ricerca del tempo perduto” ci insegna che la lentezza è il modo migliore per cogliere la bellezza nascosta nelle piccole cose. Quante volte, durante una giornata estiva lenta, avete notato particolari che di solito vi sfuggono? Proust ci dice: non abbiate fretta, perché la vera ricchezza sta proprio lì, nel prendersi il tempo per guardare.
In Italia, Italo Calvino ci insegna che rallentare è un modo per riscoprire il mondo con occhi nuovi; i suoi personaggi spesso si concedono pause che diventano momenti di riflessione e di magia. Perché affannarsi se si può passeggiare piano, ascoltare il vento e lasciar vagare la mente? L’estate pigra è anche questo: un invito a vivere con leggerezza e anche profondità. Ne “Il barone rampante” Calvino ci offre una visione fantasiosa dell’estate attraverso lo sguardo di Cosimo, il protagonista che decide di vivere sugli alberi: la sua ribellione infantile avviene proprio in un pomeriggio estivo, dove l’aria calda e la noia diventano terreno fertile per l’immaginazione e il sogno. L’estate è un tempo magico in cui la realtà può essere sospesa, e l’indolenza può diventare una forma di libertà.
Quindi, mentre tutti corrono verso la prossima avventura, io vi invito a rallentare, a inventare scuse (“oggi devo assolutamente rilassarmi”) e a godervi il dolce far niente con la consapevolezza di seguire una tradizione letteraria di tutto rispetto. L’estate pigra è una scelta, una filosofia di vita che ha conquistato anche i grandi della letteratura: la pigrizia, lontano dall’essere un peccato capitale, diventa nella letteratura una virtù poetica.
Insomma, se questa estate sarete spalmati su un divano, senza la forza di pensare, ricordate: siete perfettamente in linea con la grande tradizione letteraria. E se qualcuno osa chiamarvi pigri, rispondete pure: “No, sto vivendo un’esperienza narrativa di alto profilo!”
NUOVE POMPE DI CALORE CON GAS R-290
Le pompe di calore aria acqua che utilizzano il gas propano R290 utilizza questo gas come refrigerante per il circuito della PDC.
Il propano è un refrigerante naturale con un GWP (Global Warming Potential) molto basso, pari a 3. Ciò significa che ha un impatto minimo sull’ambiente e una altissima resa rispetto alle pompe di calore tradizionali, con minori consumi. Queste particolari pompe di calore servono al riscaldamento e raffrescamento di case e aziende e sono molto pratiche per le ristrutturazioni. Possono essere utilizzate anche per produrre acqua calda sanitaria.
PERCHÉ LE POMPE DI CALORE ARIA ACQUA A PROPANO SONO LE PIÙ RICHIESTE?
Il gas R290 rappresenta lo scenario dell’ultima evoluzione della tecnologia delle pompe di calore definite anche ad alta temperatura (75C°). Ovviamente, per stare al passo con i tempi, conviene scegliere la tecnologia più avanzata. Una buona pompa di calore inserita in un impianto adeguato può durare anche oltre i 30 anni e non conviene installarne una di vecchia generazione.
R290 O PROPANO, IL NUOVO GAS PER LE POMPE DI CALORE
Il gas R290 dal punto di vista termodinamico ha delle caratteristiche nettamente superiori rispetto al gas R410 e R32 e con un impatto ecologico infinitamente inferiore.
Ogni gas refrigerante, se disperso nell’atmosfera, contribuisce all’effetto serra. Tuttavia, l’entità di questo contributo varia considerevolmente a seconda della tipologia di gas.
Per quantificare l’impatto ambientale di un gas refrigerante si utilizza l’indice GWP (Global Warming Potential, ovvero Potenziale di Riscaldamento Globale). Più alto è il valore GWP, maggiore è il potenziale dannoso del gas. Come riferimento, il GWP della CO2 è stato fissato a 1 (GWP1).
ECCO ALCUNI ESEMPI DI GWP DI DIVERSI GAS REFRIGERANTI
• R134a (utilizzato nei condizionatori d’aria): GWP 1430
• R410A (utilizzato nei sistemi di condizionamento e refrigerazione): GWP 2088
• R454A (una alternativa più ecosostenibile): GWP 675
• R290 (un refrigerante naturale): GWP 3
In sintesi:
• tutti i gas refrigeranti contribuiscono all’effetto serra
• il GWP è un indice che misura l’impatto ambientale di un gas refrigerante.
• più alto è il GWP, maggiore è il potenziale dannoso del gas.
• esistono alternative più ecosostenibili ai gas refrigeranti con un GWP elevato.
SCELTE CONSAPEVOLI
Optando per gas refrigeranti con un GWP basso, si può ridurre significativamente il proprio impatto ambientale.
RESA DELLA POMPA DI CALORE ARIA ACQUA CON GAS R290
La resa (COP) di una pompa di calore con gas R290 è decisamente alta in tutte le condizioni.
Anche se sono in grado di produrre 75C°, vale anche per queste pompe di calore ad alta temperatura il concetto che più è
bassa la temperatura di mandata dell’impianto, più è alto il COP.
Un altro fattore che un esperto di energie rinnovabili certamente tiene di buon conto è il fatto che la resa maggiore la si ha quando la pompa di calore lavora a una potenza compresa tra il 40% e il 50%.
Il ciclo della pompa di calore permette di scambiare calore con l’aria esterna con costi elettrici che possono essere 70% inferiori al metano (vedi le pompe di calore con SCOP 6 e altre).
Anche la temperatura esterna influisce in maniera significativa sul COP. Ricordo che per ogni punto di variazione del COP i consumi elettrici variano del 25%!
QUALE POMPA DI CALORE È PIÙ ADATTA PER TERMOSIFONI?
La pompa di calore con gas R290 a propano è quella che meglio si adatta alle ristrutturazioni con impianti a termosifoni
Il motivo non è solo il fatto che sono pompe di calore ad alta temperatura 75C°, ma il fatto che hanno dei rendimenti in termini di COP superiori a quelle con gli altri gas refrigeranti.
Nelle ristrutturazioni non sempre si hanno le situazioni ideali per la pompa di calore, ma queste pompe di calore a gas R290 si adattano benissimo a situazioni critiche di funzionamento.
Senz’altro non basta la sola pompa di calore a rendere efficiente il sistema nei casi di ristrutturazioni. Bisogna affidarsi a un esperto che sappia dare la giusta configurazione all’impianto
È importantissimo inserire dei volani termici, alias accumuli (puffer) nell’impianto sia per il caldo, il freddo e l’acqua calda sanitaria. Bisogna valutare attentamente la temperatura di mandata dei termosifoni. Per ottimizzare la temperatura di mandata dei termosifoni va impostata una regolazione climatica miscelata che agisce in base alle temperature esterne. Il riscaldamento degli ambienti deve essere costante nell’arco delle 24 ore. Il riscaldamento costante degli ambienti anziché a fasce orarie, consente di abbassare la temperatura di mandata ai termosifoni. Il risultato è quello di fare contribuire al mantenimento del clima ideale dell’edificio anche la massa dei muri. Se i muri sono freddi, come nel caso di riscaldamento intermittente, i termosifoni devono lavorare a temperature alte. Con un riscaldamento costante i muri dell’edificio sono caldi, i radiatori possono lavorare a temperature inferiori. La differenza tra una mandata a 55C° e una a 65C° in termini di consumo corrisponde a un 25% di risparmio sui costi dell’energia elettrica.
Inoltre potrebbe essere necessario un corretto dimensionamento dei termosifoni.
Comunque, una pompa di calore anche collegata a un impianto a termosifoni deve essere progettata per garantire risparmi sulla caldaia a gas almeno del 50%
CON LA POMPA DI CALORE A PROPANO NON SERVE LA CERTIFICAZIONE FGAS
Il circuito gas della pompa di calore con R290, contrariamente alle vecchie pompe di calore che utilizzano gas R410 e R32, viene realizzato in fabbrica. Il gas R290 circola solo nell’unità esterna a circuito chiuso prefabbricato e precaricato in fabbrica.
Per questo l’installatore e non deve essere in possesso della certificazione FGas.
L’unità esterna è collegata all’impianto della casa o edificio tramite una linea di acqua tecnica. Alcuni produttori di pompe di calore a gas R290 non chiedono la verifica periodica di perdite dal circuito refrigerante con il conseguente risparmio sulle manutenzioni.
LE POMPE DI CALORE A PROPANO R290 SONO PERICOLOSE?
Il gas propano R290 è di per sé un gas esplosivo. Per questo le pompe di calore che utilizzano il gas R290 hanno le seguenti caratteristiche:
• la quantità di gas contenuta nella pompa di calore è minima perché è limitata al piccolissimo circuito frigo presente nell’unità esterna.
• l’unità esterna deve essere installata rispettando le norme di sicurezza come, ad esempio, non si può montare in avvallamenti, ma in spazi aperti rispettando le distanze di sicurezza.
In conclusione, sia per la quantità minima di gas propano presente nella pompa di calore, sia per le norme di installazione, il gas R290 non presenta alcun rischio per la sicurezza.
I VANTAGGI DELLA POMPA DI CALORE A PROPANO R290 Alta temperatura
La pompa di calore con gas R290 raggiunge temperare fino a 75C° rendendosi molto versatile nelle ristrutturazioni.
Collegamento ad acqua della pompa di calore
Il collegamento all’unità esterna viene fatto con 2 tubazioni di acqua tecnica dell’impianto. Questo dà anche il vantaggio che il circuito frigo è preassemblato in fabbrica e non richiede verifiche per le perdite.
Gas R290 a basso impatto ambientale e più economico
Attualmente è il gas per pompa di calore con il minor impatto ambientale (R290 GW3 vs, R410A GWP 2.088)
Silenziosità
Compressore e ventilatore sono esterni all’edificio eliminando il problema della rumorosità all’interno dell’edificio. Inoltre, le più moderne pompe di calore hanno delle emissioni sonore quasi inesistenti anche per l’unità esterna.
Elevate prestazioni
si ottengono coefficienti di prestazione (COP) più elevati, con conseguente risparmio sui costi dell’energia.
Valore nel tempo
l’utilizzo di gas naturale come l’R290 e le elevate prestazioni, aumentano il valore nel tempo della pompa di calore.