un passo verso la sostenibilità ambientale pag. 13
REDAZIONE:
AT DIRECTION E IMPAGINAZIONE GRAFICA:
Debora Bizzi
Martina Campanelli
Simone Facchinetti
Mario Gnocchi
Margherita Ingoglia Leonardo Tiene
Giuseppe Di Benedetto
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LA DIETA MEDITERRANEA, PATRIMONIO DEL
VIVERE bENE (E NON SOLO)
di Debora Bizzi
Non so voi, ma per quanto mi riguarda settembre è il mese del “mi rimetto in forma”. Dopo un periodo di relax e divertimento, di vacanze e buon cibo, il mese appena iniziato rappresenta un momento di ri-comincio, di stop alle “no regole”... il tipico “ci rivediamo a settembre” e diamo di nuovo il via alle buone abitudini che nei mesi precedenti abbiamo un pochino abbandonato. E per farlo - per ritornare alle buone abitudini - non è necessariamente fondamentale torturarci con rinunce particolari, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Noi italiani abbiamo una grande fortuna: la dieta mediterranea. Ideale sia per i più piccoli che per gli adulti, la dieta mediterranea è un modello alimentare ispirato alle abitudini e ai costumi di alcuni paesi del bacino mediterraneo. Con il termine, non si intende una vera e propria dieta ma piuttosto uno stile di vita che abbraccia la storia della civiltà occidentale e vanta l’influenza, nei secoli, di differenti civiltà. Patrimonio del vivere bene, e dell’Unesco dal novembre 2010, quando, a Nairobi il Comitato Intergovernativo della Convenzione Unesco sul Patrimonio Culturale Immateriale ha approvato l’iscrizione della dieta mediterranea nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale, riconoscendo con questo termine le pratiche tradizionali, le conoscenze e le abilità che di
generazione in generazione hanno caratterizzato molti paesi del Mediterraneo, fornendo alle comunità un senso di appartenenza e di continuità. Accogliendo la candidatura di Italia, Spagna, Grecia e Marocco, che nel 2013 è stata estesa a Cipro, Croazia e Portogallo
Il termine è stato coniato nel 1960 dal fisiologo americano Ancel Keys e da sua moglie Margaret che, giunti in Italia nel 1945 con l’armata americana - in qualità di medico militare -, in una situazione di severa difficoltà economica e di limitazione delle risorse a causa della Seconda guerra mondiale, furono i primi a notare che le abitudini alimentari dei nostri connazionali proteggevano gli stessi dalle malattie cardiovascolari. Infatti, rimase colpito dalla rarità con cui gli anziani italiano andavano incontro a infarti cardiaci, rispetto ai coetanei statunitensi. Iniziò così l’osservazione sistematica delle abitudini e delle malattie di quasi 13 mila italiani: il Seven Countries Study, il suo studio scientifico, negli anni seguenti divenne leggendario nel campo della medicina e della pubblicistica divulgativa. Con queste osservazioni, seguite per molti anni, Ancel Keys dimostrò scientificamente, per la prima volta, la superiorità della dieta mediterranea rispetto ad altri modelli alimentari.
Keys fu il primo ad intuire la relazione tra alimentazione e stato di salute, e più in particolare tra dieta ricca di grassi saturi e malattie cardiovascolari.
Successivamente, nei primi anni Novanta, basandosi sul Seven Countries Study, lo studioso di Harvard Walter Willet codificò la Piramide Alimentare Mediterranea, ricca di benefici. Ma la dieta mediterranea non è una semplice lista di alimenti, rappresenta infatti il risultato di un corretto stile di vita abbinato a una alimentazione sana ed equilibrata.
Cereali, legumi, frutta e verdura di stagione e, in minor quantità, le proteine animali (pesce azzurro, carne, latticini e uova). Alla base della nostra dieta, l’olio extravergine di oliva: contiene sostanze che contribuiscono a contrastare la formazione dei tumori intestinali e a non far aumentare il colesterolo. Altri alimenti base della dieta mediterranea sono:
• cereali integrali, pasta e pane di semola di grano duro
• ortaggi e verdure di stagione
• frutta fresca di stagione
• legumi
• prodotti della pesca, soprattutto pesce azzurro
• latte e yogurt
• patate
• formaggi freschi, soprattutto ricotta
• uova
• frutta secca oleosa locale
• vino rosso
• erbe aromatiche
• carni rosse e dolci solo in occasioni di festività.
Per poter seguire una dieta mediterranea è necessario saper scegliere gli alimenti da consumare. Tra gli alimenti ricchi di proteine è importante prediligere il pesce, i formaggi freschi e i legumi. Tra quelli ricchi di carboidrati converrebbe preferire quelli integrali e poco raffinati, riducendo al massimo lo zucchero semplice, e consumando molta frutta e verdura per il loro apporto in fibra, minerali e vitamine. I grassi, invece, devono essere rappresentati principalmente dall’olio extravergine di oliva, mentre i grassi saturi, più pericolosi per la salute, devono rappresentare solo una piccola percentuale. Un buon apporto di acidi grassi polinsaturi proviene anche dal consumo frequente, ma in modeste quantità, di frutta oleosa tipica del Mediterraneo (mandorle e noci), di olive e dal pesce azzurro.
Per vivere bene è anche - e soprattutto - fondamentale il rispetto dell’ambiente, sostenendo la biodiversità e la stagionalità, delle tradizioni locali artigianali, religiose e culinarie. Rispettando questi facili consigli, possiamo rimetterci in forma e vivere al meglio.
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PROGRESSI DELLA MEDICINA MODERNA: UN FUTURO DI SPERANZA E INNOVAZIONE di Leonardo Tiene
Negli ultimi decenni, la medicina ha compiuto passi da gigante, portando miglioramenti significativi nella qualità della vita e nella sopravvivenza delle persone in tutto il mondo. Dai tassi di mortalità infantile drasticamente ridotti, alle nuove terapie per malattie gravi, fino all’accesso sempre più diffuso alle cure, i dati parlano chiaro: il progresso scientifico e medico sta trasformando il nostro mondo in un luogo più sicuro e più sano. Esploriamo insieme alcuni esempi concreti di come la medicina stia facendo la differenza.
TASSI DI MORTALITÀ INFANTILE IN CALO
Un segnale positivo del miglioramento globale della salute è rappresentato dal calo della mortalità infantile. Secondo l’UNICEF, la mortalità infantile (la probabilità che un bambino muoia prima dei 5 anni) è diminuita di oltre il 50% dal 1990 al 2020. Nel 1990, circa 12,6 milioni di bambini sotto i 5 anni morivano ogni anno; nel 2020, questo numero è sceso a circa 5,2 milioni. Questo risultato è stato ottenuto grazie a vaccinazioni più diffuse, migliori condizioni igienico-sanitarie, nutrizione adeguata e programmi di assistenza sanitaria perinatale. Per esempio, grazie alle campagne di vaccinazione globale contro il morbillo, le morti
per questa malattia sono diminuite dell’84% tra il 2000 e il 2016, salvando circa 20,4 milioni di vite.
ACCESSO ALLE CURE IN CRESCITA
L’accesso alle cure sanitarie è un altro indicatore chiave del progresso medico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che, dal 2000 al 2017, la percentuale della popolazione mondiale che ha accesso a cure essenziali è aumentata dal 45% al 67%.
Anche le malattie che colpiscono i più poveri stanno vedendo una svolta grazie all’accesso migliorato alle terapie. Prendiamo ad esempio l’HIV/AIDS: nel 2000, l’accesso ai farmaci antiretrovirali (ARV) era estremamente limitato nei paesi a basso reddito. Oggi, oltre il 70% delle persone con HIV nel mondo ha accesso a questi trattamenti, e dal 2010 al 2020, le nuove infezioni da HIV tra i bambini sono diminuite del 52%.
PROGRESSO NELLA LOTTA CONTRO IL CANCRO
Anche nella lotta contro il cancro si stanno registrando enormi progressi. Negli ultimi 20 anni, i tassi di sopravvivenza per molte forme di cancro sono aumentati drasticamente. Ad esempio, il
tasso di sopravvivenza a cinque anni per il cancro al seno è ora superiore al 90% nei paesi sviluppati, rispetto al 75% degli anni ‘70. Questo miglioramento è dovuto a una combinazione di diagnosi precoce, terapie mirate, e avanzamenti nella ricerca genetica. Le nuove terapie immunologiche stanno rivoluzionando il trattamento dei tumori. La terapia CAR-T, che sfrutta il sistema immunitario del paziente per combattere le cellule cancerose, ha mostrato tassi di risposta senza precedenti in pazienti con leucemie resistenti alle terapie convenzionali. Altri farmaci immunoterapici, come il Pembrolizumab, stanno migliorando i tassi di sopravvivenza per melanomi e tumori del polmone, offrendo nuove speranze a pazienti con prognosi precedentemente sfavorevoli.
LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA IN MEDICINA
Anche la tecnologia sta giocando un ruolo cruciale nel miglioramento delle cure mediche. La telemedicina, che permette di accedere a consulti medici online, ha reso le cure più accessibili durante la pandemia di COVID-19, e ora è diventata una pratica consolidata in molte parti del mondo. Secondo uno studio di McKinsey, l’uso della telemedicina negli Stati Uniti è aumentato di 38 volte rispetto ai livelli pre-pandemia, migliorando l’accesso alle cure per milioni di persone.
La chirurgia robotica sta migliorando notevolmente gli esiti chirurgici. Ad esempio, interventi complessi come la prostatectomia (rimozione della prostata) possono ora essere eseguiti con una precisione millimetrica, riducendo le complicanze post-operatorie e accelerando i tempi di recupero.
L’intelligenza artificiale (IA) è un altro campo in rapida crescita. Algoritmi avanzati sono in grado di analizzare rapidamente grandi quantità di dati medici, aiutando i medici a diagnosticare malattie con maggiore precisione. Un esempio è l’uso dell’IA per la diagnosi precoce del cancro al seno: algoritmi di deep learning sono in grado di identificare tumori nascosti nelle mammografie con una precisione superiore a quella degli esseri umani.
NUOVE FRONTIERE DELLA RICERCA MEDICA
Il futuro della medicina è anche segnato da sviluppi promettenti nella rigenerazione dei tessuti e nella medicina genetica. Le terapie con cellule staminali stanno diventando una realtà per il trattamento di malattie come la degenerazione maculare legata all’età e il diabete di tipo 1.
Parallelamente, i progressi nella terapia genica stanno aprendo nuove possibilità per malattie genetiche finora incurabili. Nel 2020, la prima terapia genica per l’anemia falciforme ha mostrato risultati promettenti, riducendo drasticamente la necessità di trasfusioni di sangue per i pazienti coinvolti negli studi clinici.
UN PROGRESSO DESTINATO A CRESCERE!
I dati ci raccontano una storia di progresso e speranza. Dai tassi di mortalità infantile in calo, ai miglioramenti nell’accesso alle cure, fino alle nuove frontiere nella lotta contro il cancro e altre malattie gravi, la medicina moderna continua a evolversi, offrendo soluzioni sempre più efficaci e accessibili.
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LA SCUOLA COME LUOGO DI VITA REALE
di Martina Campanelli
“La scuola è un libro aperto, il gomito sul tavolo e la testa appoggiata che pensa”.
Aprire è schiudere, togliere gli impedimenti e gli ostacoli: è questa la funzione primaria della scuola, aiutare i giovani ad acquisire un’elasticità mentale e a sviluppare una capacità critica che consentano loro di risolvere le problematiche che man mano si presentano nel corso della vita.
La riapertura delle scuole viene vista come un rituale sociale di cui tendiamo ad ignorare l’importanza assimilandolo quasi ad un fenomeno della natura, come il ciclo delle stagioni. A rafforzare questa assimilazione c’è la visione della scuola come un dispositivo burocratico sempre più lontano dalla vita vera: vissuta come un peso al collo da molti studenti e come incombenza necessaria per molti insegnanti.
Questa riduzione del sapere a un sapere morto scoraggia l’entusiasmo dell’apprendimento e sottolinea la sua separazione dalla vita reale, andando a sfociare in discorsi cinici che sostengono che la formazione scolastica sia una perdita di tempo e mero ritardo
nell’inizio dell’attività lavorativa.
Contro discorsi simili bisogna ricordare la centralità della scuola come luogo insostituibile di formazione e di come il sapere sia strettamente legato alla vita: come affermava il filosofo Wittgenstien “sono i limiti del mio linguaggio a significare i limiti del mio mondo” (e su questa frase si potrebbe scrivere un articolo intero, magari in una delle prossime uscite!).
La scuola assume la forma di contesto sociale ed educativo, andando i due aspetti ad intersecarsi in modo inscindibile.
L’educazione alla convivenza implica lo sviluppo alla capacità di relazionarsi con gli altri: affinché questo sia possibile la scuola deve essere, come affermato dalla psicologa A. Oliverio Ferraris un “luogo” e non un “non-luogo” dove si va perché costretti (nel non luogo si è di passaggio, ci si sente omologati e spersonalizzati, quasi più numero che persona).
La scuola deve essere un luogo di vita, dove quindi ci sia una reale e convinta condivisione e non una mera adesione alle regole,
e per essere tale sono necessarie alcune fondamentali caratteristiche:
• durata: l’idea di luogo di vita è associata a quella di un percorso di vita insieme (in questo caso l’anno scolastico).
• Appartenenza: lo spazio deve essere sentito come proprio, individualmente e collettivamente e nel quale si possono esercitare dei diritti e si ha l’onere di osservare doveri.
• Vita di comunità: il vivere insieme porta a conoscersi e riconoscersi. Verso gli altri si proveranno sentimenti di affinità e differenza, collaborazione e anche opposizione; ognuno porta sé stesso e ci si conosce nella propria individualità. A scuola non si è solo scolari ma persone, con la propria storia ed il proprio bagaglio di vissuto.
La scuola diventa luogo di vita che consente di comunicare e costruire insieme, a livello di crescita e sviluppo della persona; la trasformazione non è solo nell’accrescimento delle conoscenze
ma della persona nella sua totalità.
Per realizzare una democrazia completa anche all’interno delle mura scolastiche è importante che le minoranze e le differenze siano riconosciute; il conformismo all’interno di un gruppo è sempre latente quindi è fondamentale riuscire a mantenere il senso critico individuale.
La scuola guida i giovani nella scoperta della propria identità e li prepara ad affrontare il mondo esterno; è un luogo dedicato alla formazione dei valori, in cui si impara a rispettare gli altri, ad essere aperti al cambiamento e considerare con occhio critico la realtà, porsi quindi domande, ragionare, collegare e valutare.
Garantire la qualità della scuola è fondamentale non solo per il singolo ma anche per la comunità: cultura ed istruzione sono gli strumenti per capire sé stessi ed il mondo.
INDUSTRIA 5.0: UN PASSO VERSO LA SOSTENIbILITÀ AMbIENTALE
di Margherita Ingoglia
L’industria 5.0 non rappresenta solo l’evoluzione tecnologica della precedente versione, ma porta con sé un valore profondo legato alla sostenibilità e al benessere del pianeta. Mentre l’industria 4.0 ha concentrato le sue energie sull’automazione e l’integrazione digitale, la 5.0 punta a reintegrare il fattore umano e ambientale nel processo produttivo.
Il cuore dell’industria 5.0 è la collaborazione tra l’uomo e le macchine intelligenti, non più in competizione, ma in sinergia. I robot collaborativi (o cobot) affiancano l’essere umano per migliorare non solo l’efficienza, ma anche le condizioni di lavoro, riducendo lo stress fisico e mentale, e portando una maggiore attenzione alla personalizzazione dei prodotti. Tuttavia, ciò che rende questa nuova rivoluzione particolarmente rilevante è l’impegno a favore della sostenibilità ambientale.
INDUSTRIA 5.0 E SOSTENIbILITÀ AMbIENTALE
L’industria 5.0 punta ad affrontare uno dei problemi più urgenti del nostro tempo: il cambiamento climatico. Le aziende che adottano questa nuova visione si impegnano a creare processi produttivi circolari, riducendo lo spreco di risorse e le emissioni di carbonio.
L’obiettivo è non solo ottimizzare la produzione, ma anche minimizzare l’impatto ambientale, attraverso tecnologie che favoriscono il riciclo dei materiali, l’uso di energie rinnovabili e la produzione a impatto zero.
Le aziende, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e della robotica avanzata, possono monitorare l’intero ciclo di vita di un prodotto, dall’estrazione delle materie prime alla dismissione, ottimizzando ogni fase per ridurre gli sprechi.
PERSONALIZZAZIONE E PRODUZIONE ETICA
In un contesto di industria 5.0, la personalizzazione dei prodotti non riguarda solo i bisogni individuali del cliente, ma anche
l’attenzione all’ambiente.
I consumatori possono richiedere prodotti realizzati con materiali sostenibili o processi produttivi che minimizzano le emissioni di CO2
Questo approccio rende la produzione non solo più responsabile, ma anche eticamente più consapevole, rispondendo a una crescente domanda di beni che rispettano l’ambiente.
Un aspetto cruciale dell’industria 5.0 è l’uso di energie rinnovabili, come il fotovoltaico, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e rendendo i processi più sostenibili. Queste tecnologie vengono integrate nei sistemi produttivi, assicurando che l’energia utilizzata provenga da fonti pulite e a basso impatto. Oltre a ridurre le emissioni di CO2, queste fonti consentono alle aziende di monitorare e ottimizzare in tempo reale il consumo energetico, garantendo una maggiore efficienza e autonomia a lungo termine.
Le industrie 5.0, grazie a questi sistemi di alimentazione, diventano modelli di produzione sostenibile, promuovendo una riduzione concreta dei consumi e dell’impatto ambientale.
L’IMPULSO VERSO UN FUTURO GREEN
Adottare l’industria 5.0 significa anche rivedere il modo in cui concepiamo la produzione e il consumo. Non è solo una questione di automazione e robotica, ma di valori etici che mettono al centro l’ambiente e il benessere collettivo. Le aziende che abbracciano questa nuova filosofia possono non solo essere più competitive, ma anche porsi come leader in un futuro sostenibile.
L’industria 5.0, dunque, non è solo una nuova frontiera tecnologica, ma un vero e proprio cambiamento di paradigma, in cui l’innovazione è al servizio della sostenibilità e del benessere globale.
CUCINA E SALUTE: UN CONNUbIO PERFETTO PER VIVERE bENE di
Debora Bizzi
Ci sono tanti modi o abitudini da sviluppare per vivere sano. Una di queste è sicuramente legata all’alimentazione che, per certi aspetti, è alla base del vivere bene.
Cucina e salute sono due termini che creano un connubio perfetto per vivere all’insegna del benessere. E, tralasciando il discorso relativo all’alimentazione responsabile e sostenibile - già affrontato nello scorso numero di Atlas Magazine, Il mondo sulle nostre spalle, nel quale vi abbiamo spiegato cosa si intende per alimentazione sostenibile, ovvero quell’approccio alimentare rispettoso dell’ambiente, e dei lavoratori del settore - in questa occasione vogliamo fornirvi alcuni spunti per mangiare sano, alcune ricette della cucina del benessere, con l’obiettivo di promuovere abitudini alimentari salutari.
È infatti scientificamente dimostrato che una corretta alimentazione sia fondamentale per la prevenzione delle malattie non trasmissibili e per aumentare il benessere degli individui, sia dei bambini, giovani, adulti o anziani. Seguire una corretta alimentazione vuol dire rispettare un regime nutrizionale equilibrato, in grado di favorire il benessere dell’organismo, fornendo ciò di cui ha bisogno e limitando tutti quegli alimenti che potrebbero recare danno. Ma quali sono gli alimenti che favoriscono il nostro benessere? Sicuramente legumi, pesce, uova, carne, latte e derivati, sono gli alimenti che a rotazione dovrebbero essere presenti a ogni pasto e rappresentare un quarto del piatto sano. Il tutto accompagnato dal bere molta acqua, che è uno degli elementi principali del vivere sano.
Ma per la lista degli alimenti è fondamentale far riferimento ai consigli della celebre piramide alimentare, quella della nostra dieta mediterranea, descritta abbondantemente nelle prime pagine di questo numero di Atlas Magazine, Il mondo sulle nostre spalle. Di seguito, invece, vi forniamo alcune delle ricette che maggiormente preferisco, come consigli per mangiare sano e all’insegna del benessere.
ANTIPASTO: TARTARE DI LENTICCHIE GIALLE
Per preparare questa deliziosa tartare per quattro persone ci serviranno:
• 150 gr di lenticchie gialle
• 2 litri di acqua
• 1 peperoncino
• mezzo mazzetto di coriandolo
• mezzo limone
• 1 cipolla rossa piccola
• mezzo cetriolo
• 40 gr di rucola
• 21 cucchiai di olio extravergine di oliva
• sale q.b.
• pepe q.b.
Ecco il procedimento per step:
1. lava bene le lenticchie in acqua corrente e falle bollire per circa 8 minuti
2. trita il peperoncino e il coriandolo e spremi metà del limone, mescola tutto con olio e condisci con sale e pepe. Unisci le lenticchie lessate a questa squisita salsa e lascia riposare in frigo per circa 1 ora
3. taglia la cipolla e il cetriolo alla julienne e mettili alla base del tuo piatto, infine, con l’aiuto di uno stampino da cucina, disponi sopra la nostra tartare… et voilà! Piatto pronto e gustosissimo.
PRIMO PIATTO: COUS COUS CON CECI E VERDURE
Ti serviranno:
• 250 gr di ceci
• 6 cucchiai di olio extravergine di oliva
• 1 cucchiaino di cumino macinato
• brodo di verdure q.b.
• 100 gr di edamame
• 160 gr di cous cous
• 1 limone
• 200 gr di pomodorini (scegli pure quelli che preferisci)
• mezzo mazzetto di menta
• 50 gr di feta
• 1 melagrana
• sale
• pepe
Ecco il procedimento:
1. lava e cuoci per circa 20 minuti i ceci e, nel frattempo, riscalda il forno statico a 180°. Mescola i ceci con la metà dell’olio e il cumino, aggiusta con il sale e distribuiscili su una placca foderata con carta da forno. Cuoci in forno per circa 30 minuti, mescolandoli ogni tanto.
2. porta il brodo ad ebollizione e fai cuocere per pochi minuti gli edamame. Versa brodo ed edamame in una scodella con il cous cous, copri e lascia riposare per 5 minuti. Sgrana tutto con una forchetta. Spremi il limone, mescola il succo e l’olio restante al cous cous e aggiusta con sale e pepe.
3. taglia a metà i pomodorini, trita grossolanamente la menta e sgrana i chicchi di melagrana. Aggiungi la feta sbriciolata. Unisci il tutto, aggiungi infine i ceci e servi il piatto a tavola!
SECONDO PIATTO: MERLUZZO CON CONTORNO DI ORTAGGI
Per preparare questo gustoso secondo piatto, sempre per quattro persone, ti serviranno:
• 1 cipollotto
• 200 gr di zucchine
• 1 cucchiaio di burro
• 200 gr di taccole
• 150 gr di piselli
• 3 bicchieri di brodo di verdure
• 1 limone
• 400 gr di filetti di merluzzo surgelati, scongelat
• sale q.b.
• pepe q.b.
Ecco il procedimento:
1. taglia le foglie verdi del cipollotto ad anelli, dividi il resto in quattro parti e tagliale a striscioline.
2. taglia le zucchine a cubetti, scalda il burro in una pentola e cuoci insieme zucchine, taccole e piselli, bagnandole con il brodo.
3. spremi il limone e incorpora il succo alle verdure e al brodo. Accomoda il pesce sulle verdure e condisci con sale e pepe. Fai cuocere a fuoco basso per circa 10 minuti ed il tuo piatto sarà pronto per essere servito.
Per concludere questo delizioso e sano pasto, potresti servire anche una deliziosa macedonia di pesche e lamponi al basilico
IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE SUL LAVORO:
UNA NECESSITÀ PER IL bENESSERE DEI LAVORATORI di Leonardo Tiene
Negli ultimi anni, il diritto alla disconnessione è diventato un tema sempre più rilevante nel mondo del lavoro. In un’epoca in cui la tecnologia consente una connessione continua, molte persone si trovano a dover rispondere a e-mail e messaggi di lavoro fuori dall’orario lavorativo, compromettendo il loro equilibrio tra vita privata e professionale. Ma cos’è esattamente il diritto alla disconnessione? Perché è così importante? E quali sono le sfide e le opportunità per la sua implementazione?
COS’È IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE?
Il diritto alla disconnessione si riferisce al diritto dei lavoratori di non essere disponibili per rispondere a comunicazioni di lavoro, come e-mail, telefonate o messaggi, al di fuori dell’orario di lavoro stabilito. In sostanza, garantisce che il tempo libero di un dipendente rimanga tale, senza l’obbligo di essere reperibile per motivi di lavoro.
Questo diritto nasce dalla necessità di proteggere il benessere psicologico e fisico dei lavoratori, riconoscendo che la continua connessione al lavoro può portare a stress cronico, burnout e problemi di salute a lungo termine. Inoltre, mira a preservare il diritto al riposo, al tempo libero e alla vita privata.
UN PRObLEMA IN CRESCITA
L’emergere del diritto alla disconnessione riflette un cambiamento profondo nel modo in cui lavoriamo. La tecnologia, con l’uso diffuso di smartphone, laptop e piattaforme di comunicazione digitale, ha dissolto i confini tra lavoro e vita personale. Secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), il 60% dei lavoratori in Europa riferisce di essere reperibile al di fuori dell’orario di lavoro almeno una volta al mese, e il 30% di loro afferma di ricevere comunicazioni di lavoro ogni giorno. Durante la pandemia di COVID-19, il fenomeno si è ulteriormente accentuato. Con l’aumento del lavoro da remoto, molte persone hanno sentito una maggiore pressione a essere sempre disponibili. Questo ha portato a una crescita del numero di ore lavorate, con effetti negativi sul benessere e sulla salute mentale dei dipendenti.
LA LEGISLAZIONE SUL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE
Diversi paesi hanno iniziato a introdurre leggi per regolamentare il diritto alla disconnessione. Tra i pionieri troviamo la Francia, che nel 2017 ha emanato una legge che obbliga le aziende con più di 50 dipendenti a negoziare con i sindacati per stabilire regole
chiare sull’uso degli strumenti digitali fuori dall’orario di lavoro. In Italia, il diritto alla disconnessione è stato formalmente riconosciuto nel 2017 con la Legge sul Lavoro Agile (L. 81/2017), che prevede il diritto per i lavoratori che operano in modalità di lavoro agile di disconnettersi dagli strumenti tecnologici senza conseguenze negative per la loro posizione lavorativa.
Anche la Spagna e il Portogallo hanno adottato leggi simili. In Portogallo, ad esempio, è stata introdotta una normativa nel 2021 che vieta ai datori di lavoro di contattare i dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro, salvo situazioni di emergenza. La Germania, pur non avendo ancora una legge nazionale specifica, ha visto molte aziende implementare politiche interne per regolamentare il diritto alla disconnessione.
bENEFICI DEL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE
Il diritto alla disconnessione non riguarda solo il benessere dei lavoratori, ma offre anche diversi benefici alle aziende e alla società nel suo complesso.
1. Aumento della produttività: diversi studi dimostrano che i lavoratori riposati sono più produttivi. Il riposo adeguato migliora la concentrazione, la creatività e la capacità di prendere decisioni. Inoltre, evitare l’esaurimento riduce i tassi di assenteismo e turnover.
2. Miglioramento della salute mentale e fisica: ridurre la pressione di essere sempre “connessi” aiuta a prevenire il burnout e a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori. Uno studio del Chartered Institute of Personnel and Development (CIPD) nel Regno Unito ha rilevato che i lavoratori che riescono a staccare completamente dal lavoro hanno tassi di burnout significativamente più bassi.
3. Maggiore soddisfazione dei dipendenti: consentire ai lavoratori di avere un confine chiaro tra lavoro e vita personale migliora la loro soddisfazione generale e il morale. Un ambiente di lavoro che rispetta il tempo libero dei dipendenti è spesso percepito come più giusto e più attento alle loro esigenze.
4. Migliore equilibrio vita-lavoro: il diritto alla disconnessione aiuta a mantenere un equilibrio sano tra vita lavorativa e privata, consentendo ai dipendenti di trascorrere più tempo con le loro famiglie e amici, coltivare hobby e prendersi cura della propria salute.
SFIDE NELL’IMPLEMENTAZIONE DEL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE
Nonostante i numerosi benefici, l’implementazione del diritto
alla disconnessione presenta anche alcune sfide:
1. Cultura del lavoro radicata: in molte aziende, esiste ancora una cultura del lavoro che premia la disponibilità continua e considera negativamente chi cerca di mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata. Questo rende difficile per i lavoratori esercitare il loro diritto senza temere ripercussioni.
2. Diverse esigenze del business: alcuni settori, come quello sanitario o dell’assistenza clienti, richiedono una disponibilità continua. Trovare un equilibrio tra il diritto dei lavoratori a disconnettersi e le esigenze operative dell’azienda può essere complesso.
3. Difficoltà di monitoraggio e applicazione: applicare e monitorare il rispetto del diritto alla disconnessione può essere complicato, soprattutto per le aziende che operano in più paesi o con modalità di lavoro flessibile.
COME LE AZIENDE POSSONO FAVORIRE IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE
Le aziende possono adottare diverse misure per promuovere il diritto alla disconnessione:
• Creare politiche chiare: Stabilire regole e politiche aziendali che definiscano chiaramente quando i dipendenti sono autorizzati a non rispondere alle comunicazioni di lavoro.
• Promuovere una cultura aziendale sana: Incentivare una cultura che rispetti il tempo libero dei dipendenti e scoraggi l’invio di e-mail o messaggi fuori dall’orario di lavoro.
• Utilizzare la tecnologia a supporto: Implementare strumenti tecnologici che limitano l’invio di comunicazioni fuori dall’orario lavorativo o che automatizzano le risposte per informare chi invia e-mail fuori orario che il destinatario risponderà solo durante l’orario di lavoro.
UN PASSO INCREDIbILMENTE CRUCIALE SOTTO I NOSTRI OCCHI
Il diritto alla disconnessione è un passo cruciale verso un ambiente di lavoro più sano e sostenibile. Riconoscendo il diritto dei lavoratori a staccare la spina e godere del loro tempo libero, le aziende possono migliorare la produttività, ridurre il burnout e creare un ambiente di lavoro più positivo. Mentre ci muoviamo verso un futuro in cui la tecnologia è sempre più integrata nelle nostre vite, è essenziale che il diritto alla disconnessione sia rispettato e attuato per garantire un equilibrio tra lavoro e vita privata, fondamentale per il benessere di tutti.
IL “LAND GRAbbING”: MINACCIA MONDIALE ALLA SOSTENIbILITÀ
SOCIALE ED AMbIENTALE
di Martina Campanelli
COSA È
La locuzione “land grabbing” significa, letteralmente, “accaparramento di terre”.
La parola “grabbing” aldilà della sua accezione più immediata che è quella di “prendere”, “impadronirsi”, scopriamo che appare nella lingua inglese più o meno durante l’età di Shakespeare, all’epoca del sorgere della grande potenza imperiale inglese, e che da subito sta a significare “prendere con la forza”. Circa duecentocinquanta anni più tardi, in piena epoca vittoriana e al tempo dell’espansione globale dell’Inghilterra, il significato prende una nuova sfumatura legandosi all’idea di “ottenere qualcosa con metodi privi di scrupoli”. Ripensando a tutto ciò forse non è casuale che la parola affiori e si affermi sempre all’apice di epopee imperiali e che torni attuale oggi, nella stagione della globalizzazione, sia in termini di concentrazione della ricchezza, che in termini di mancata o insufficiente redistribuzione.
L’uso di questa espressione si affaccia sui media infatti intorno al 2007 quando, a seguito della caduta del mercato immobiliare negli Stati Uniti, le grandi multinazionali e le grandi società
finanziarie decisero di iniziare ad investire sulle merci-commodities agricole iniziando a puntare ad acquisire enormi estensioni di terreno da utilizzare per la coltivazione intensiva di prodotti da esportare (in particolare, utilizzate per produrre materie prime che, a loro volta, sono utilizzate per la produzione di biocarburanti). Quando si parla di land grabbing, spesso si parla di una forma di neocolonialismo agricolo che mette in luce i movimenti finanziari verso i terreni fertili; paesi con grande disponibilità economica ma fortemente dipendenti dalle importazioni di alimenti, come l’Arabia Saudita, hanno deciso di acquistare i terreni esteri per diminuire la propria dipendenza dal commercio internazionale e sopperire alla mancanza di terre coltivabili. Le risorse sono limitate ed ormai scarse; ecco che cresce la competizione su di esse, in un pianeta finito, tra attori che hanno il potere di agire a livello internazionale in modo più o meno legittimo (governi, finanza ed imprese). La terra fertile, in quanto risorsa scarsa e limitata, ha infatti acquisito importanza come conseguenza delle crisi alimentari, energetiche e finanziarie nel 2008 per poi peggiorare ulteriormente negli ultimi anni per la
guerra in Ucraina, per la crisi ambientale generata dai cambiamenti climatici, per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari ed energetici, per la speculazione finanziaria; il land grabbing si mostra quindi strettamente collegato alla rilevanza geo-economica e geo-finanziaria configurandosi come fenomeno complesso che riguarda l’ambiente, l’economia, il benessere sociale e i diritti umani.
Con la conferenza di Tirana dell’International Land Coalition nel maggio 2011, è stata adottata una formale definizione, che restringe il campo d’applicazione a specifiche fattispecie. Sono state classificate come land grabbing le concessioni o acquisizioni fondiarie che implicano:
• la violazione dei diritti umani;
• l’assenza di consenso preventivo, libero e consapevole da parte delle persone espropriate della terra, in particolare dei popoli indigeni (solo il 15% degli investimenti si basa, secondo i dati, sul consenso libero, previo ed informato delle comunità locali);
• l’assenza di studi adeguati sull’impatto ambientale, sociale ed economico dell’investimento;
• la mancata stipulazione di accordi scritti che determinino preventivamente la distribuzione di utili e ulteriori oneri a carico dell’azienda;
• l’assenza di partecipazione democratica nella negoziazione del progetto da parte delle comunità interessate (la maggior parte dei contratti non sono registrati e si fondano su complicità tra multinazionali o governi occidentali ed élite locali che fanno leva su diritti di proprietà poco chiari, in assenza di coinvolgimento delle popolazioni interessate e, dunque, al di fuori di ogni loro tutela).
I NUMERI DEL LAND GRAbbING A LIVELLO GLObALE:
• 1.162: questo è il numero di contratti che sono stati stipulati.
• 78 milioni di ettari: il land grabbing ha coinvolto, in tutto il mondo e in Africa in particolare, 78 milioni di ettari di terreno.
ATTORI COINVOLTI:
• Al livello più alto si trovano le istituzioni internazionali, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale o la Commissione Europea, le cui decisioni possono avere un impatto diretto sul comportamento degli attori direttamente coinvolti nel processo. Tali istituzioni non si pongono come dirette controparti degli accordi, ma hanno il ruolo di garante del sistema di accordi internazionali all’interno del quale avvengo i contratti sulla terra.
• Il livello intermedio comprende gli attori stranieri e locali coinvolti direttamente nel processo di investimento. I paesi stranieri
cercano terreni disponibili per assicurarsi risorse alimentari e gli investitori stranieri, come fondi speculativi o grandi società multinazionali, ricercano investimenti redditizi. I governi locali, d’altra parte, vogliono attrarre investimenti esteri.
• L’ultimo livello comprende gli attori che vengono direttamente influenzati dalle decisioni prese dai livelli superiori. Sono questi i soggetti che subiscono in maniera più profonda gli effetti di tali accordi, ma che allo stesso tempo vengono esclusi dai processi decisionali dei contratti sul terreno, il che li porta a subire le decisioni prese dai governi e dalle autorità locali.
PAESI MAGGIORMENTE COINVOLTI:
Paesi investitori: Arabia Saudita, Canada, Stati Uniti, Svizzera, Giappone, regno Unito; Brasile, Cina, Spagna, Malesia, Singapore; India.
Paesi target (paesi che hanno ceduto più terra): Perù, Brasile, Indonesia, Papaua Nuova Guinea, Ucraina, Argentina, Sud Sudan, Mozambico, Liberia, Madagascar
EFFETTI:
Impatto economico
Le comunità locali restano estranee al processo decisionale, sebbene siano la parte più colpita dal fenomeno: non vi è alcuna consultazione con le comunità rurali durante i negoziati e non vengono fornite loro le informazioni relative all’accordo. I contadini In cambio della terra che viene ceduta ottengono compensazioni da parte degli investitori ma spesso accade che le comunità rurali dei paesi ospitanti vengano private della terra, fonte di sostentamento principale, senza un congruo risarcimento, attraverso un processo di accordi non trasparenti e senza mezzi legali per difendere i loro diritti. Il risarcimento può riguardare direttamente un pagamento per la terra ceduta o l’impegno a costruire infrastrutture e offrire opportunità lavorative. Molti problemi relativi a questo tipo di acquisizioni sono proprio legati alle compensazioni ricevute dai contadini; se le compensazioni e le opportunità fornite alle comunità non permettono di creare reali alternative di sostentamento, questo tipo di investimenti può avere un impatto estremamente negativo per le stesse. Si è inoltre notato come il fenomeno del land grabbing, nei paesi target, aumenta la disuguaglianza tra persone benestanti e persone già povere.
Impatto socio-culturale
• Migrazioni: la terra viene strappata via alle popolazioni che la coltivano da generazioni, popolazioni che sono quindi costrette a spostarsi in massa per cercare un’altra zona dove poter vivere e lavorare occupando altri terreni, a scapito delle popolazioni locali,
in una guerra tra poveri.
• Rivolte del popolo in grado di far cadere un governo come è successo in Madagascar dove una società sudcoreana tentò di sfruttare le terre per produrre grano e olio di palma scatenando il malcontento dei malgasci.
• Spesso la compravendita dei terreni avviene in maniera non trasparente complici talvolta governi locali corrotti: le legislazioni nazionali e internazionali in materia di diritto al cibo, di accesso all’acqua e alla terra sono violate.
Impatto ambientale
• La ricerca di nuove aree fertili da destinare all’agricoltura industriale favorisce il fenomeno della deforestazione. La ricerca di terreni da “utilizzare” comporta spesso il disboscamento con conseguenze negative in termini di perdita di biodiversità e di cambiamento climatico: le foreste svolgono infatti un ruolo molto importante ai fini della lotta al cambiamento climatico grazie alla loro capacità di assorbimento dell’anidride carbonica. La deforestazione determina il rilascio di grandi quantitativi di carbonio nell’atmosfera aggravando così ulteriormente il fenomeno dell’effetto serra.
• Lo sfruttamento con colture intensive e la monocultura che degradano suolo, acqua e fauna fa perdere biodiversità, provoca la distruzione degli habitat naturali e accelera il fenomeno della desertificazione (esempio del Laos settentrionale con la coltivazione estensiva di banane o le piantagioni di biocarburanti in Ghana, estrazione mineraria in Mozambico, Zambia e Ghana) e la diffusione di nuovi virus.
• L’uso intensivo di pesticidi rovina la terra, contaminando il suolo e le risorse idriche.
ESEMPIO: CASO MYANMAR (EX bIRMANIA)
Emblematico ed esemplificativo del fenomeno del land grabbing, è il caso Myanmar.
Questo paese sta vivendo una difficile transizione democratica, incagliatasi nella espulsione della popolazione Rohingya dalle sue terre, legata a ragioni politico-militari ed economiche, tra cui
anche di land grabbing. Espropriazioni e sfollamenti forzati sono attualmente praticati per lasciare posto a disboscamento, lavorazione di legname pregiato come il tek, estrazioni minerarie di nichel, ferro, rame, carbone e pietre preziose, piantagioni di olio di palma e banani, gasdotti, centrali idroelettriche, porti e dighe. Si registrano inquinamento incontrollato, dispute con gli indigeni, indebitamento e sfruttamento degli operai, tra i quali anche bambini. La creazione di nuovi insediamenti industriali e di monoculture intensive a seguito di accordi tra governo (corrotto) e grandi imprese che non prevedono un processo trasparente di consultazione, espropria le popolazioni locali della loro terra, diventando le stesse oggetto di brutali violenze e quindi costrette a spostarsi in altri paesi.
CONCLUSIONI
Il land grabbing si delinea come una grande minaccia che incombe sulla sostenibilità del pianeta (a livello sociale ed ambientale).
Nei prossimi anni la sicurezza alimentare diventerà una sfida sempre più importante a livello globale, sia per i paesi sviluppati che per i paesi in via di sviluppo. Considerando i due elementi fondamentali che influenzano la sicurezza alimentare, la popolazione e la disponibilità di terre coltivabili, gli accordi di affitto di terreni agricoli diventerà sempre più diffuso. In un accordo adeguatamente regolamentato, dovrebbero essere considerate le implicazioni politiche, socio-economiche e ambientali che questo potrebbero avere, soprattutto per i paesi ospitanti che spesso sono caratterizzati da governi deboli e corrotti.
Affinché si raggiunga uno scenario benefico per paese investitore e soprattutto ospitante (a livello socio-economico ed ambientale) è necessario uno studio specifico per ciascun caso e un sistema di controllo sull’applicazione delle linee guida del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale a tutela dei diritti sulla terra, sulla protezione della biodiversità e difesa dei popoli indigeni, l’introduzione di clausole vincolanti per il diritto alla terra nei trattati commerciali e l’accesso alla giustizia per le comunità locali.
LO SPECCHIO DELL’ANIMA
Mi capita spesso di osservare i miei cani quando passano davanti ad uno specchio gigante. Si fermano e cercano di avvicinare i loro simili che vedono riflessi. Sicuramente non sanno che, quelle figure animalesche che si avvicinano contemporaneamente a loro, sono essi stessi.
È quindi provato che: non si riconoscono. Probabilmente perché non rientra nella loro quotidianità pavoneggiarsi in pareti che ritornano la propria immagine o, ci può stare, non hanno capacità cognitive programmate per ciò. A prescindere dai perché, sarete d’accordo con me che questa mia deduzione è di una banalità disarmante. L’ho presa però in prestito, per dar maggiore corpo ad alcune riflessioni che, visto il tema da trattare, banali non sono di certo. Immaginate per un attimo che al posto dei miei cani ci fosse una persona in carne ed ossa. Si specchia e non riconoscente l’individuo che vede riflesso.
La vostra deduzione ed il vostro giudizio cambierebbe completamente, perché è anomalo che un essere umano non si riconosca allo specchio. Tale inusuale comportamento invece, è per lo più causato da una patologia che, per la sua dimensione, diffusione e gravità, rientra fra le maggiori piaghe sociali del nostro tempo:
DETTO TRA NOI... di Sergio Grifoni
si chiama Alzheimer. Non sto qui a spiegarvi da dove scaturisce, o quali siano le cure da praticare, perché non rientra fra le mie capacità e, soprattutto, nelle mie intenzioni. Voglio concentrarmi soprattutto sulla incidenza sociale che tale affezione comporta, non tanto e non solo per chi ne soffre, ma anche e soprattutto per chi deve gestire la situazione dall’esterno. Di solito questa gestione viene racchiusa nell’impegno della famiglia, con l’ausilio di strutture e professionalità sanitarie. E non viceversa. Questa inevitabile caratteristica, fa suonare due note importanti nella tastiera assistenziale: quella della razionale conduzione e quella della interiore sensibilità. Dover gestire una seria malattia di una persona cara, impone sempre un cambiamento o uno stravolgimento delle proprie abitudini e della quotidianità. Anche perché soddisfare le sue esigenze di salute e di vita, diventa priorità assoluta nei valori del nostro tempo e dei nostri interessi. Si mette in campo pertanto tutta la flessibilità e disponibilità possibile, modificando le proprie azioni, le proprie strategie, i propri scopi. Si rovescia cioè la clessidra della vita, lasciando che la sabbia scenda nel vuoto contenitore della inesorabilità delle scelte che dobbiamo fare o non fare. Si diventa badanti, infermieri, maestri,
balie, a seconda delle esigenze. Fin qui il tutto è difficile, ma non traumatico.
È nella interiore sensibilità che risiedono le maggiori difficoltà ed ostacoli. Sentirsi rispondere da un genitore: “Tu, chi sei?” - genera sempre un travaglio intimo, ed ecco allora che quell’immagine non riconosciuta allo specchio si trasforma in una pugnalata per chi sta intorno. La piaga sociale affonda quindi le sue radici in contesti affettivi e umani più profondi, più variegati, più diffusi. Questo perché, per una persona che deve assistere un proprio caro colpito da questa patologia, non arriverà mai il momento dell’abitudine. Il comportamento anomalo ed irrazionale del proprio congiunto, non diventerà mai normale ordinarietà. Non si proverà mai pietà per chi si ama e soffre. Si avvertirà interiore angoscia, non governabile sofferenza, riflessa rabbia. Vedere una persona cara che, dall’oggi al domani, perde la memoria, ti crea smarrimento, paura, affanno. Accorgersi che chi ti sta vicino non riesce improvvisamente a trovare soluzione ai pur minimi problemi, o smarrisce la strada percorsa per anni per ritornare a casa, ti riempie di angoscia. Il tuo umore e la tua personalità cambiano insieme alla sua. Soprattutto se questa malattia neurovegetativa, di per sé asintomatica, colpisce una persona ancor giovane, per la qual cosa l’eccezionalità diventa inaspettata e, come ogni sorpresa, richiede più tempo per la metabolizzazione. La piaga sociale si amplifica nel momento in cui viene a mancare la famiglia. La solitudine è sempre un fattore di discriminazione e di difficoltà di gerenza ma, in questo caso, diventa emergenza pura. L’assistenza al malato viene garantita, o dovrebbe essere garantita, dalle strutture pubbliche che non sempre, insieme alla professionalità, ci mettono però anche il cuore. E allora gli specchi si opacizzano ed
i riflessi si materializzano in gesti ed azioni razionali, a volte superficiali, dove insieme alla solitudine, c’è anche il distacco dalla propria quotidianità.
Il malato di Alzheimer non apprezza più il valore della vera gioia, ma il peso della sofferenza sì!
Non riesce a superare i propri limiti, solo perché non ne conosce i confini. Il suo ambiente o habitat naturale, non è più quello che lo circonda, ma quello che ha dentro; non più quello che vede, ma ciò che avverte; non certo ciò che è, ma quello che immagina. Ecco perché la gestione umana e sanitaria diventa una corsa ad ostacoli, un salto nel vuoto, una inevitabile imprevedibilità. Scientificamente si stanno facendo passi da gigante ma, come altre patologie del nostro secolo, il traguardo della soluzione è ancora distante.
Guai poi a pensare che tutto ciò non abbia riflessi negativi sulla nostra economia del domani, perché se così fosse, i nostri figli o nipoti si ritroverebbero seriamente nei guai. Investire sulla ricerca, sulla prevenzione, sull’assistenza mirata, sono soldi mai spesi. E non bisogna assolutamente pensare che questo incidente nel percorso della vita possa succedere ad altri. Dobbiamo tenere sempre sveglio il processo del sano egoismo, per accettare scelte strategiche che nel comparto dovranno essere fatte. Ho parlato volutamente di sano egoismo, che nulla c’entra con la possessività, l’individualismo e l’egocentrismo di chi spesso si rifiuta anche se pensare al dolore e alle sofferenze degli altri.
Detto fra noi, questi ultimi soggetti, sono e saranno quelli che non riconosceranno mai la loro immagine riflessa. Non perché sono cani, ma perché lo specchio non è quello dell’anima.
L’autunno è una passeggiata su scricchiolanti tappeti di foglie dorate e arancioni, paesaggi dalle tonalità calde ed avvolgenti, il profumo delle castagne arrostite e della vendemmia, l’aroma di the e tisane, un libro in mano.
Delle quattro stagioni l’autunno ci trasmette l’insegnamento più prezioso: imparare a lasciarsi andare non opponendoci al fluire della vita.
Al suo arrivo le foglie iniziano a cadere, cambiano sfumatura colorandosi di oro, rosso o marrone, creando meravigliosi tappeti di colore. E l’albero cosa fa? Si oppone cercando di trattenere quelle foglie? No, l’albero le lascia andare e spogliandosi di ogni elemento superfluo riesce ad affrontare l’inverno e a rinascere la primavera seguente con nuove gemme e foglie.
Così l’autunno ci insegna a fare spazio, a lasciare andare ciò che non appartiene più alla nostra vita, ciò che è inutile, negativo o semplicemente passato. Persone, oggetti, sentimenti e abitudini. Questo processo non è facile e richiede coraggio, perché ci costringe a denudare i nostri rami di quelle certezze che rendono più sicura la nostra vita; le foglie che cadono diventano così metafora di ciò che ha fatto il suo corso e va lasciato andare affinché qualcosa di nuovo possa cominciare nell’eterno movimento delle stagioni della vita.
Ed è così che anche in letteratura la caduta delle foglie, la melodia dei venti autunnali, il profumo di terra umida diventano temi ricorrenti associati all’autunno, simboli della fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo, spunti di riflessione sull’esistenza umana. Già nella letteratura classica troviamo l’intensa similitudine tra caducità e precarietà dell’esistenza e l’immagine delle foglie d’autunno; nel libro IV dell’Eneide, Virgilio paragona le anime morte, riunite presso l’Acheronte in attesa di essere traghettate sull’altra sponda da Caronte, alle foglie che cadono a terra nel bosco al primo freddo d’autunno.
L’immagine sarà ripresa da Ungaretti. “L’Autunno” è un breve componimento che cattura l’atmosfera nostalgica e malinconica della stagione; l’autore parla delle foglie che cadono come “vecchie mani” e dei giorni che si accorciano, evocando un senso di transitorietà e cambiamento.
Sicuramente componimento più famoso dell’autore è “Soldati” (“Si sta come d’Autunno sugli alberi le foglie”). Tutto il senso di questa brevissima e intensa opera è affidato a una similitudine: i soldati stanno in trincea e, come le foglie degli alberi d’autunno, possono cadere da un momento all’altro.
La vita dei soldati in trincea è precaria così come quella delle foglie d’autunno, né gli uni né le altre possono fare nulla per modi-
ficare la loro condizione.
In “Autunno” di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura, l’elemento naturale si interseca con una riflessione profonda sulla condizione umana. Qui l’autore parla dell’effimero delle cose, dei sogni che si sgretolano come foglie secche e della nostalgia che pervade la stagione. “Questi sono giorni dolci. Foglie secche danzano all’angolo della strada nella brezza d’autunno”. L’anima e l’autunno sono i protagonisti di questo componimento che ci proietta fuori e dentro di noi, parlando delle nostre più profonde paure.
“Il Vento dell’Autunno” di Emily Dickinson è una poesia breve ma intensamente evocativa che cattura la sensazione del vento autunnale che sibila attraverso gli alberi e porta via le foglie. Il verso finale, “L’autunno è l’estate che muore” suggerisce la transizione tra le stagioni e la fine di un ciclo. Questa poesia è diventata un’icona dell’autunno grazie alla sua capacità di catturare l’effimero e il transitorio di questa stagione; l’immagine del vento che porta via le foglie evoca un senso di perdita e di movimento e la sensazione di cambiamento che l’autunno porta con sé.
L’autunno ha in sè quindi un dualismo: malinconia e bellezza. E questa oscillazione tra tristezza e bellezza è espressa da Eugenio Montale, uno dei più importanti poeti del Novecento italiano, ne “L’Autunno” che rappresenta la natura mutevole della stagione e la malinconia che essa porta con sé.
“Ode all’Autunno” di John Keats (1819) è un inno alla bellezza e alla ricchezza dell’autunno (ricordandoci che autumnus deriva da augere, arricchire); l’autore dipinge quadri di frutteti carichi di frutti, vigneti con uve mature e campi di grano dorato. Questa poesia è diventata simbolo dell’autunno grazie alla sua abilità nel trasmettere il senso di abbondanza e di bellezza malinconica tipici di questa stagione. L’ode di Keats celebra l’autunno come una stagione di piena maturità, ma allo stesso tempo suggerisce una sottile melodia di addio, ricordando al lettore la fugacità della bellezza e della vita stessa.
L’autunno è quindi considerato il momento in cui la natura ci ricorda la transitorietà della vita; la bellezza dell’autunno, come quella della vita, è effimera ma allo stesso tempo preziosa. Come in ogni forma di transizione che la vita ci mette di fronte, non ci si deve solo concentrare su quello che sta finendo ma anche su quello che specularmente sta iniziando: la fine e l’inizio non sono che due facce della stessa medaglia. Come scrive Samuel Butler (scrittore inglese dell’800): “L’autunno è la stagione più dolce, quello che perdiamo in fiori lo guadagniamo in frutti”.
GEOCACHING: UNA CACCIA AL TESORO MODERNA
CHE CONQUISTA IL MONDO di Leonardo Tiene
Se sei alla ricerca di un’avventura che combina esplorazione, tecnologia e un pizzico di mistero, il geocaching potrebbe essere ciò che fa per te. Nato agli inizi degli anni 2000, il geocaching è diventato rapidamente un fenomeno globale che attrae milioni di partecipanti di tutte le età. Ma di cosa si tratta esattamente? E perché è diventato così popolare? Scopriamo insieme questo passatempo appassionante che unisce il divertimento di una caccia al tesoro con la tecnologia del GPS.
COS’È IL GEOCACHING?
Il geocaching è un’attività all’aperto in cui i partecipanti utilizzano un dispositivo GPS, come uno smartphone o un GPS portatile, per trovare dei “geocache” nascosti da altri utenti in luoghi pubblici. Un geocache è solitamente un contenitore resistente, come una scatola di plastica o un tubo di metallo, che contiene un logbook (un registro dove i cercatori possono firmare il proprio nome) e a volte piccoli oggetti da scambiare, come giocattoli o souvenir.
Il nome “geocaching” deriva da due
parole: “geo”, riferendosi
alla Terra, e “caching”, un termine utilizzato in informatica per indicare un’area di archiviazione temporanea, ma che in questo contesto richiama le “cache” o nascondigli fisici di oggetti.
COME FUNZIONA?
Partecipare al geocaching è semplice.
Ecco i passi fondamentali:
1. Registrati su un sito di geocaching: il primo passo è registrarsi su una delle piattaforme dedicate al geocaching, come Geocaching.com, che è la più popolare a livello mondiale. Qui puoi creare un account gratuito, accedere a una mappa interattiva e iniziare a cercare geocache vicino a te.
2. Trova un geocache: utilizzando il tuo dispositivo GPS, seleziona un geocache che desideri trovare. Ogni geocache ha una posizione GPS specifica (fornita in coordinate di latitudine e longitudine) e spesso è accompagnato da una descrizione, un livello di difficoltà, un’indicazione sulla grandezza del contenitore e qualche indizio o suggerimento per aiutarti nella ricerca.
3. Cerca il geocache: una volta raggiunta la zona indicata, uti-
lizza la tua creatività e senso dell’osservazione per cercare il nascondiglio. I geocache possono essere nascosti ovunque: sotto una pietra, attaccati magneticamente a un lampione, appesi a un ramo di un albero, o persino camuffati da oggetti comuni.
4. Trova e logga il geocache: quando trovi il geocache, apri il contenitore, firma il logbook con il tuo nome utente e data, e riponi il contenitore esattamente dove l’hai trovato. Se il geocache contiene oggetti da scambiare, puoi prenderne uno a patto di lasciarne uno di uguale o maggior valore.
5. Logga online: una volta completata la tua avventura, non dimenticare di segnare la tua scoperta sul sito web o l’app del geocaching, condividendo eventualmente foto e impressioni con la comunità.
UN GIOCO PER TUTTI
Una delle ragioni per cui il geocaching è diventato così popolare è la sua accessibilità. Non importa l’età, il livello di preparazione fisica o la localizzazione geografica, il geocaching è un’attività che chiunque può praticare. Ci sono geocache adatti alle famiglie, facili da trovare nei parchi cittadini, così come sfide più complesse che richiedono escursioni in montagna o immersioni subacquee. Inoltre, il geocaching si presta a diversi stili di gioco. Alcuni giocatori sono “puristi” e si concentrano solo sull’esplorazione e il ritrovamento dei geocache. Altri preferiscono la competizione, cercando di trovarne quanti più possibile in un determinato periodo di tempo. Ci sono anche eventi speciali, chiamati Mega e Giga Eventi, che riuniscono migliaia di appassionati da tutto il mondo.
L’ASPETTO SOCIALE DEL GEOCACHING
Il geocaching non è solo un’attività individuale, ma anche un’occasione per costruire una comunità. I giocatori possono
organizzare eventi locali, partecipare a gruppi di geocaching, collaborare alla ricerca di geocache difficili o complessi, e persino creare i propri geocache per sfidare altri cercatori. È comune che i geocacher condividano storie, consigli e foto delle loro avventure sui social media e sui forum dedicati.
Inoltre, il geocaching può essere un ottimo modo per conoscere nuove persone, esplorare aree che non avresti mai visitato altrimenti, e scoprire angoli nascosti e affascinanti della tua città o del tuo paese.
IL GEOCACHING E L’AMbIENTE
Oltre al divertimento, il geocaching promuove anche il rispetto per l’ambiente. Gli appassionati di geocaching sono spesso sensibilizzati sull’importanza della conservazione della natura e della pulizia degli spazi pubblici. Molti eventi di geocaching, chiamati “Cache In Trash Out” (CITO), sono dedicati alla raccolta di rifiuti in aree naturali e alla sensibilizzazione sui temi ambientali.
PERCHÉ IL GEOCACHING È IMPORTANTE
Il geocaching è molto più di una semplice caccia al tesoro moderna. È un modo per esplorare il mondo, promuovere la salute fisica e mentale attraverso l’attività all’aria aperta, e connettersi con una comunità globale di persone che condividono la stessa passione per l’avventura. Inoltre, è un’attività che può essere adattata alle tue esigenze e preferenze, offrendoti sempre una nuova sfida e una nuova scoperta.
Che tu sia un esploratore urbano, un amante della natura o semplicemente qualcuno in cerca di un nuovo passatempo, il geocaching ha qualcosa da offrire. Allora, cosa aspetti? Prendi il tuo GPS, scarica l’app e inizia la tua avventura!
LA LISTA DEL “DA SETTEMbRE”: RIMETTERSI IN FORMA! di Martina Campanelli
L’Equinozio di autunno apre, come ogni anno, una intensa stagione di bilanci e di nuovi inizi, insomma diventa una specie di secondo capodanno.
Con le vacanze estive ormai alle spalle, viviamo un periodo dell’anno caratterizzato da sentimenti contrastanti: c’è chi ama l’autunno, per i suoi colori caldi e per il fatto che rappresenta un momento di ripartenza e di ripresa delle attività, e chi teme l’accorciarsi delle giornate e l’arrivo dei primi freddi.
Dopo il break estivo ci ritroviamo alle prese con la classica frase pre-vacanziera: “Se ne riparla a settembre!”
Il momento in questione è arrivato e ci incalza con gli obiettivi che ci eravamo prefissati.
Possiamo correre il rischio di farci travolgere dalla smania di lanciarci in programmi ambiziosi e di rimanere così intrappolati da aspettative poco realistiche; si innalza di molto l’asticella delle cose da fare, facendoci credere che la possibilità di cambiare, di iniziare nuovi percorsi, si possa concretizzare solo “ora o mai più”. In realtà i processi di cambiamento cominciano quando lo vogliamo noi. Ogni giorno è quello giusto per un nuovo inizio: l’importante è fare il primo passo, quello da cui comincia ogni viaggio. Tra le prime posizioni nelle liste dei buoni propositi intitolate “da settembre” figura sempre il rimettersi in forma nell’accezione di “rimettersi in salute” perché lo sport (abbinato ad una corretta alimentazione) non è solo migliorare il fisico ma il proprio benessere psico-fisico. Lo sport infatti:
• Riduce stress e ansia. Quando le vacanze finiscono e la pesantezza della solita routine quotidiana inizia a farsi sentire, è facile cadere preda di stress da prestazioni e ansie quotidiane; lo sport è un buon modo per eliminare tutto ciò, scaricando le tensioni con del sano movimento.
• Migliora l’umore. L’attività fisica migliora l’umore grazie al rilascio di endorfine che combattono stress e migliorano la quantità e la qualità del sonno.
• Regala benefici a tutto il corpo. Tutto il corpo beneficia, in ogni suo aspetto, dell’attività fisica: aiuta l’attività respiratoria, cardiovascolare, diminuisce stati depressivi, previene molte patologie, migliora l’ossigenazione di cuore e tessuti, riduce i rischi cardiovascolari e la perdita di efficienza respiratoria, migliora l’equilibrio, aumenta la massa muscolare e le aspettative di vita, ecc…
Di seguito alcuni suggerimenti di sport che si possono praticare all’aria aperta, approfittando della bellezza dei colori, dei suoni e dei profumi autunnali e godendo così dei molteplici benefici dell’attività a contatto con la natura, soprattutto psicofisici:
• Trekking. Le escursioni tra i boschi hanno una serie di benefici perché migliorano la circolazione e le capacità respiratorie. Iniziando da percorsi semplici e poi aumentando gradualmente la difficoltà ti accorgerai di avere dei vantaggi non solo sul piano fisico, ma anche sull’umore. Inoltre, è uno sport che non ha bisogno di un’attrezzatura particolare, devi solo avere scarpe comode, una giacca a vento, pantaloni pratici e uno zaino in cui inserire gli oggetti più importanti. Sono molteplici gli effetti benefici per la salute legati alla pratica del trekking: affina le funzioni respiratorie, migliora la circolazione sanguigna, è un’ottima arma contro l’osteoporosi, aiuta a prevenire le malattie da raffreddamento, dona benessere fisico e mentale grazie all’ immersione nella natura e la luce naturale che aiuta a combattere stress e stanchezza fisica e psicologica.
• Arrampicata. Praticare questo sport ha benefici per tutto il corpo perché migliora la forza nelle braccia, l’equilibrio e la coordinazione, riducendo stress, ansia e aiuta la concentrazione. Munito di corda, scarpe e imbracatura, puoi iniziare al chiuso ed esercitarti su apposite pareti, ma approfittando degli stessi vantaggi della scalata all’aperto (eccetto quelli derivanti dal contatto con la natura).
Corsa. La corsa non conosce stagione ed è tra gli sport più amati perché ti regala una serie di aspetti positivi, difficili da elencare tutti. In particolare accelera il metabolismo, favorisce la circolazione del sangue e le capacità respiratorie. Se non hai mai praticato questa attività è bene procedere per gradi.
• Yoga. Come la corsa, lo yoga è uno sport intramontabile, ma molto più calmo perché è ideale per scaricare lo stress, le ansie e ritrovare il proprio equilibrio. A differenza di quello che si crede, praticare questa disciplina è molto impegnativo perché richiede concentrazione e flessibilità. Gli esercizi da eseguire sul tappetino assicurano movimenti fluidi, distendono i nervi e tonificano i muscoli.
In questo articolo voglio però porre attenzione sugli sport acquatici che si possono praticare in autunno ed i loro benefici. Per chi come me, quest’anno ha deciso di puntare su quelli, forse non ancora pronta a lasciare la stagione estiva e il ricordo delle nuotate nell’azzurro del mare, qualche riga sul perché ed il come.
Il panorama non sarà lo stesso, l’acqua non sarà salata ma i benefici gli stessi; vediamoli insieme.
• Si limitano i traumi. L’acqua riduce notevolmente il peso corporeo, il che significa che è possibile allenarsi con una minore pressione sulle articolazioni. Questo è particolarmente salutare per chi soffre di dolori articolari, artrite o lesioni. Il galleggiamento dell’acqua migliora anche la mobilità delle articolazioni e consente movimenti più fluidi, riducendo il rischio di traumi.
• Si migliora la circolazione venosa. La pressione dell’acqua e l’idromassaggio creato dai movimenti stimolano il ritorno del sangue verso il cuore. Le caviglie sono drenate bene in quanto la pressione dell’acqua è maggiore in profondità.
• Un efficace allenamento cardiovascolare. La resistenza naturale dell’acqua aiuta a tenere allenati cuore e polmoni, migliorando la resistenza e la capacità respiratoria.
• Rafforzamento in generale dell’apparato locomotore.
La resistenza dell’acqua agisce in tutte le sue direzioni, indipendentemente dalla forza di gravità e dal peso del soggetto; con un solo gesto vengono coinvolti sia i muscoli protagonisti sia gli antagonisti, potenziandoli in toto.
• Riduzione della rigidità muscolare.
• Riduzione di sintomatologie dolorose. Il movimento in acqua crea un naturale massaggio che ha un effetto antalgico sulle zone doloranti o contratte.
• Miglioramento della coordinazione motoria. Ogni esercizio viene svolto in equilibrio grazie alla spinta ascensionale, la difficoltà di ogni gesto può essere graduata grazie all’ausilio dei piccoli attrezzi
• Si tonifica il corpo in modo uniforme. Per muoversi nell’acqua si usano tutti i muscoli, senza rendersene conto. Il corpo diventa tonico e armonioso.
Oltre al classico nuoto, diverse sono le attività sportive praticabili in acqua; elenco alcuni esempi.
• L’acquagym: la ginnastica praticata con supporti per migliorare l’intensità del lavoro;
• l’acquawalking: camminare in acqua con il supporto di un tappeto simile a quello utilizzato per il walking a terra;
• l’acquabike: si esegue immergendo delle bici in acqua.
• l’acquastep: lo step tradizionale ma eseguito in acqua;
• l’acquakickboxing: questa attività richiede degli strumenti molto simili a quelli che si utilizzano fuori dall’acqua. Anche i movimenti sono molto simili, ma l’acqua li rallenta e richiede maggiore sforzo fisico.
Per concludere, a terra o in acqua, all’aperto o al chiuso, abbiamo una scelta di sport veramente ampia per depennare dalla lista “da settembre” il rimettersi in forma …o almeno per fare il primo passo, che risulta sempre quello essenziale e decisivo, per arrivare all’obiettivo!
OPPORTUNITÀ MANCATE E SFIDE FUTURE NELLA RIFORMA PENITENZIARIA
dell’Avv. Simone Facchinetti
La Legge di Conversione n. 112/2024 ha apportato modifiche sostanziali al Decreto-Legge n. 92/2024, recante misure urgenti in materia penitenziaria e di giustizia penale. Questa legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 10 agosto 2024, rappresenta un tentativo significativo di rendere il sistema carcerario italiano più umano e di affrontare problemi cronici come il sovraffollamento e la gestione delle pene.
AFFRONTARE IL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO
Il sovraffollamento carcerario è uno dei problemi più gravi del sistema penitenziario italiano, e la Legge n. 112/2024 si propone di affrontarlo con diverse strategie, tentando di dare una risposta concreta agli allarmanti numeri forniti dal Garante nazionale, il quale ha riportato l’esecuzione di ben 47 suicidi nel primo semestre del 2024. Tra queste misure, è prevista l’assunzione di 1.000 nuove unità di polizia penitenziaria, suddivise tra il 2025 e il 2026, rappresentando un passo concreto per rafforzare il controllo e la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari. A ciò si aggiunge lo scorrimento delle graduatorie per i concorsi dei funzionari e ispettori di polizia penitenziaria, con l’obiettivo di incrementare il personale dirigente e migliorare l’efficienza amministrativa.
Un altro intervento chiave è l’incremento della capacità delle strutture carcerarie, reso possibile dall’istituzione di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, incaricato di coordinare la costruzione di nuovi padiglioni e la ristrutturazione degli edifici esistenti. Questa figura avrà il compito di affrontare con urgenza il grave problema del sovraffollamento, garantendo che
i nuovi spazi siano adeguati alle esigenze dei detenuti. UN CARCERE PIÙ UMANO E L’ASSISTENZA SANITARIA
La legge presta particolare attenzione alla salute e al benessere dei detenuti, elementi fondamentali per un carcere più umano. Il nuovo art. 2 quater prevede che i medici convenzionati che operano negli istituti penitenziari possano svolgere un secondo incarico presso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), fino al completamento delle 38 ore settimanali. Particolare attenzione è stata altresì riservata alla condivisione dei dati sanitari dei detenuti tra il Ministero della Giustizia (nello specifico denominato SIAP/ AFIS, riguardante il sistema informativo anagrafica penitenziaria) e quello della Salute, come stabilito dal nuovo art. 6 bis. Questo scambio di informazioni è essenziale per garantire un trattamento adeguato, specialmente per i detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze, settori in cui il sistema penitenziario ha spesso mostrato molte carenze.
MISURE PER IL REINSERIMENTO SOCIALE
La legge di conversione dedica ampio spazio anche alle misure di reinserimento sociale, fondamentali per prevenire la recidiva. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, introduce una procedura che coinvolge il magistrato di sorveglianza prima dell’emissione dell’ordine di esecuzione della pena per i condannati con più di 70 anni e per quelli in gravissime condizioni di salute. Questa procedura consente di valutare la possibilità di concedere la detenzione domiciliare o altre misure alternative, tenendo conto della situazione personale del detenuto.
Inoltre, la legge rafforza i benefici premiali, prevedendo che il
Pubblico Ministero indichi chiaramente le detrazioni previste dalla liberazione anticipata nell’ordine di esecuzione della pena. Questo permette al detenuto di conoscere con esattezza il termine finale della pena e di essere consapevole che la mancata partecipazione al processo di rieducazione può precludere l’accesso a tali benefici. È previsto anche un controllo più rigoroso da parte del magistrato di sorveglianza, che dovrà verificare la sussistenza dei requisiti per la concessione di misure alternative come la semilibertà e l’affidamento in prova.
Un’altra importante novità riguarda l’introduzione di un servizio di volontariato o di utilità sociale per i detenuti che non offrono garanzie di reinserimento lavorativo. Questa misura, introdotta con l’art. 10 bis, rappresenta un’opportunità per i detenuti di contribuire alla comunità, anche senza remunerazione, favorendo il loro reinserimento sociale.
STRUTTURE RESIDENZIALI E MINORI
Un’ulteriore novità introdotta dalla Legge n. 112/2024 riguarda la creazione di un elenco di strutture residenziali destinate ad accogliere i detenuti che, una volta scontata la pena, si trovano privi di abitazione e in condizioni sociali, economiche o di salute precarie. Queste strutture sono pensate per facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, fornendo loro un supporto fondamentale in una fase delicata del loro percorso di riabilitazione. Per quanto riguarda i minori e i tossicodipendenti, la legge prevede il loro trasferimento dalle carceri alle comunità – autorizzan-
do a tal proposito, sul piano economico, la spesa massima di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 – rispondendo alla necessità di cure specifiche e contribuendo al decongestionamento delle strutture penitenziarie. Queste misure riconoscono l’importanza di un approccio differenziato per queste categorie, che richiedono un trattamento più mirato e umano.
CONCLUSIONI
La Legge di Conversione n. 112/2024 rappresenta un passo verso la riforma del sistema penitenziario italiano, con l’obiettivo di migliorare le condizioni dei detenuti e rafforzare l’efficacia della giustizia. Tuttavia, il vero impatto di queste misure dipenderà dalla loro effettiva implementazione, e nonostante le buone intenzioni, l’impianto riformatore appare meno incisivo di quanto ci si aspettasse.
Considerando le difficili condizioni nelle carceri italiane e il crescente clima di tensione, erano attese soluzioni più coraggiose e applicabili sin da subito. Si sarebbero potuti introdurre meccanismi più defatigatori per la liberazione anticipata, senza la necessità di continui accertamenti da parte della Magistratura di Sorveglianza, oppure previsioni normative volte investire ancora maggiormente nell’assunzione di operatori penitenziari e nell’ampliamento dei reparti per semiliberi.
Anche l’attenzione al reinserimento sociale avrebbe potuto essere più concreta, con misure per garantire la vicinanza familiare, recependo le fondamentali indicazioni rassegnate della Corte Costituzionale con la Sent. n. 10/2024 sull’affettività in carcere. Invece, molte delle modifiche rischiano di creare ritardi oppure di tradursi in promesse sospese nel tempo.
Considerando questi aspetti, emerge il sospetto che la decretazione d’urgenza sia stata impiegata più per mostrare un apparente intervento, piuttosto che per affrontare in modo efficace e risolutivo i problemi strutturali del sistema penitenziario. Il vero valore di questa riforma, come di ogni riforma, sarà evidente solo nella sua effettiva applicazione e nei risultati ottenuti nel tempo. Tuttavia, l’approccio adottato, allo stato, potrebbe risultare inadeguato rispetto alle aspettative e alle reali esigenze del sistema penale e penitenziario italiano.
A sx: l’Avvocato Simone Facchinetti
In basso: lo staff dello Studio Legale Facchinetti
EFFICIENZA ENERGETICA A CASA: COSA FARE IN INVERNO
Risparmiare energia è importante per l’ambiente e per l’economia domestica. Con l’inverno in arrivo è importante sapere come fare, a partire dall’isolamento della propria casa, fino alle buone abitudini quotidiane.
L’efficienza energetica della propria abitazione dovrebbe essere un obiettivo condiviso, sia per dare il nostro contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, sia per risparmiare sui costi di gestione della casa. Consumare meno energia, significa ridurre le spese per le bollette di luce e gas. Con la stagione invernale in arrivo, soprattutto ora, con l’aumento del costo dell’energia il pensiero non può che andare alle spese che si dovranno sostenere nei prossimi mesi per riscaldare casa, per usare l’acqua calda, illuminare gli ambienti e far funzionare tutti i dispositivi elettronici presenti.
La soluzione potrebbe essere quella di aumentare l’efficienza energetica della propria abitazione. Un edificio di recente costruzione, ben isolato e con impianti tecnologici all’avanguardia, consuma una quantità di energia molto inferiore rispetto ad un edificio di pari dimensioni del 1970 e
mai riqualificato. La quantità di energia consumata, infatti, dipende proprio dalle prestazioni dell’involucro (quanto e come sono isolate termicamente le pareti e gli infissi, per limitare le dispersioni energetiche) e dall’efficienza degli impianti installati. A tutto ciò, si aggiungono in ultima battuta le abitudini delle persone, che possono incidere sia positivamente, che negativamente, sul bilancio dei consumi energetici. Se in una casa ben isolata e attrezzata di pompa di calore efficiente si setta una temperatura del riscaldamento a 26°, è chiaro che si avranno comunque importanti sprechi.
Oltre ad intervenire sull’edificio, è importante prepararsi alla stagione invernale potendo contare su impianti per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria performanti e affidabili. Chi ancora ha una vecchia caldaia a gas deve provvedere il prima possibile alla sostituzione con una nuova caldaia a condensazione, una pompa di calore o un sistema ibrido, che sfrutta le potenzialità di entrambe. Dopo di che, meritano attenzione anche i sistemi di distribuzione. I nuovi pannelli radianti, ad esempio, sono molto più efficienti dei vecchi radiatori,
in quanto l’acqua che circola all’interno è a temperature decisamente inferiori (temperatura più bassa, significa meno energia consumata per riscaldare).
Avere impianti performanti non è sufficiente, è altrettanto fondamentale assicurare una corretta regolazione del loro funzionamento. Il consiglio, quando possibile, è quello di scegliere una regolazione a zona o, meglio ancora, per ambiente. In questo modo si riscalderà solo dove, come e quando serve, senza sprecare inutilmente energia. Inoltre, i nuovi termostati Smart offrono funzionalità avanzate, come il rilevamento delle finestre aperte, la regolazione automatica in base alla temperatura esterna, l’accensione sulla base del tracciamento GPS e così via. Il controllo da remoto, oltretutto, è molto comodo per avere sempre una casa calda al momento giusto. Questi dispositivi rilasciano anche report e informazioni sui consumi, che aiutano ad acquisire sempre maggior consapevolezza. Per chi ha un impianto centralizzato con i vecchi termosifoni e non riesce a gestire in modo adeguato l’impianto con il termostato, ci sono le valvole termostatiche, che agiscono sul singolo radiatore. Anche di queste, c’è la versione Smart, regolabile da smartphone.
Anche se spesso sono sottovalutate, le buone abitudini in casa per risparmiare energia possono fare la differenza. Questo significa spegnere sempre le luci quando non servono, impostare una temperatura che non supera i 20°, non lasciare mai i dispositivi in stand-by, coprire sempre con i coperchi le pentole quando si cucina, fare lavastoviglie e lavatrici solo a pieno carico. Chi ha i termosifoni, poi, non dovrebbe mai coprirli con mobili, oggetti o tessuti. Un ultimo consiglio è quello di non rinunciare mai a un corretto ricambio d’aria, ma facendo attenzione al tempo in cui si lasciano aperte le finestre. Questa operazione è preferibile farla al mattino. Per ridurre al massimo questa perdita di calore, è possibile ricorre ad appositi impianti di ventilazione meccanica (VMC).
CONTO TERMICO E STUFE A PELLET
II Conto Termico è una forma di incentivo per le stufe a pellet e per altri generatori termici ancora poco conosciuto, ma che ti dà diritto a un rimborso diretto, facile e veloce da ottenere. La prima regola è di avere un vecchio prodotto da rottamare e da sostituire con una stufa a pellet di nuova generazione, certificata 4 stelle in caso di sostituzione di un apparecchio a biomassa o 5
stelle in tutti gli altri casi.
Per accedere al Conto Termico il prodotto deve possedere anche la dichiarazione di conformità al Conto Termico ed il rendimento deve essere superiore all’85%.
Che tipo di prodotti si possono rottamare?
Il Conto Termico ha come obiettivo la sostituzione di alcune specifiche tipologie di impianti obsoleti ed inquinanti rispettando i seguenti requisiti:
1. I prodotti certificati 4 stelle nel caso in cui vengano installati in sostituzione di impianti alimentati a biomassa (legna o pellet 2. I prodotti certificati 5 stelle nel caso in cui vengano installati anche in sostituzione di impianti alimentati a gasolio, olio combustibile, carbone, oltre ovviamente a quelli a legna e pellet. In particolare, le caldaie (EN303-5), le stufe/caminetti/inserti a pellet (EN14785) e le stufe a legna (EN13240) possono sostituire qualsiasi impianto mentre i camini/inserti a legna (EN13229) possono andare a sostituire “esclusivamente i camini o termocamini sia a focolare aperto che chiuso, o stufa a legna, indipendentemente dal fluido termovettore”.
Nella sostituzione devono essere ovviamente rispettate anche le condizioni di stesse utenze, ambienti riscaldati e servizi erogati e i requisiti per l’eventuale sovradimensionamento dell’impianto sostituito.
Per tutti i dettagli si invita ad approfondire e verificare con un professionista il completo rispetto dei requisiti previsti dalle regole applicative GSE del conto termico.
Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Campania hanno introdotto ulteriori incentivi regionali dedicati, integrativi al Conto Termico, che permettono di arrivare a coprire anche fino al 100% delle spese ammissibili per interventi di sostituzione di generatori obsoleti. L’ammontare dell’incentivo varia in funzione della tipologia e performance del generatore e delle specifiche previste dal bando regionale in questione.
Per verificare tutti i requisiti dei singoli bandi e i tempi di presentazione (variabili da Regione a Regione) Vi rimandiamo al seguente Link: https://energiadallegno.it/wp-content/uploads/2023/02/Guida-incentivi-AIEL.pdf
Atlas Magazine - Il mondo sulle nostre spalle via Varesche, 46 - 37010 Costermano sul Garda (VR) www.atlasmagazine.it - info@atlasmagazine.it