Atlas Magazine - Il mondo sulle nostre spalle

BIMESTRALE N. 07 USCITA DEL 09/21

LE RICETTE DI ATLAS:

L’ITALIA S’È DESTA:

FLOWE:

pag. 12

pag. 9

pag. 16

mandorle, carote, arancia e cannella

storie di vittorie e di condivisione

il conto corrente digitale gratuito ed ecosostenibile

RIENTRO A SCUOLA?

Inizia al meglio il nuovo anno scolastico con le nostre guide digitali!

GRAZIE A riuscirai a tenere desta l’attenzione dei tuoi alunni e alta la motivazione all’apprendimento!

EDITORIALE

VOCE DEL VERBO CONDIVIDERE

ATLAS MAGAZINE | 3

E

siste un campo della psicologia dedicato alla condivisione.

Noto come psicologia dello sharing, termine che oggi, nell’era digitale, assume un’accezione social, ma che racconta una storia di significati e, per certi aspetti, di sentimenti. Dal latino cum e dividere, spartire insieme con altri, provare qualcosa insieme ad altri, possedere qualcosa in comune.

Condividere l’appartamento, condividere emozioni, condividere esperienze di vita. Vivere insieme un’opinione, un evento, un’avventura, una comunità,... un “semplice” concetto, un valore da insegnare ai nostri bambini. Condividere: avere in comune con altri.

Condivisione, associazione, per fare gruppo, cultura, per sostenere i processi di integrazione sociale. E non solo. Un “semplice” concetto, ma anche uno strumento grazie al quale tutti noi, ogni essere umano e, più in generale, vivente, ha la possibilità di evolversi, apprendere, scoprire e dare significato alle cose, aiutandosi e collaborando l’uno con l’altro. Di diffondere conoscenza.

Condividere, infatti, è essenziale per creare cultura. Per far scoprire e conoscere nuove idee, per migliorare e cambiare le cose. Un concetto, uno strumento, grazie al quale è possibile creare collettività e, di conseguenza, se adoperato correttamente, intelligenza collettiva, ovvero distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata.

Creare condivisione è possibile in differenti aspetti della nostra vita, della quotidianità, per apportare valore. Esistono – oggi più che mai – diversi spazi per condividere, diversi strumenti e meto-

ATLAS MAGAZINE | 4

dologie. E il termine ha assunto più significati. Anche (e soprattutto) grazie ai differenti canali di comunicazione. Condividere sui social network, ad esempio.

Ma la condivisione, nel senso originale del termine, è un’altra cosa. È creare valore. Creare una comunità più performante, più ricca, migliore e in grado di migliorare. Come, ad esempio, una comunità energetica rinnovabile, ovvero un insieme di individui, persone, che condividono energia rinnovabile e pulita, in uno scambio tra pari. Che condividono da Fonti Energetiche Rinnovabili per ridurre le emissioni di CO2, risparmiare sia energia che spese in bolletta, e apportare un vantaggio sia al singolo che alla collettività, ma anche al mondo che abitiamo.

INDICE

ORANGE FIBER: LA NUOVA STRADA DELLA MODA SOSTENIBILE

7

L’ITALIA S’È DESTA: STORIE DI VITTORIE E DI CONDIVISIONE

9

RUBRICA - LE RICETTE DI ATLAS MANDORLE, CAROTE, ARANCIA E CANNELLA

12

FLOWE: IL CONTO CORRENTE DIGITALE CON IBAN ITALIANO, GRATUITO ED ECOSOSTENIBILE

16

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE: LA SITUAZIONE ITALIANA, PRIMA E DURANTE IL COVID

17

FOREST THERAPY: IMMERSIONE BENEFICA NELLA NATURA

20

IN VIGORE DAL 3 LUGLIO LA DIRETTIVA COMUNITARIA CONTRO LA PLASTICA MONOUSO

22

RUBRICA - PILLOLE DELL’AVVOCATO LA NORMATIVA IN MATERIA DI UTILIZZO DEI DRONI

23

HAND CARE & FOCUS SALVAGUARDIAMO IL PRIMO STRUMENTO COMUNICATIVO E FUNZIONALE DI CUI DISPONIAMO: LE MANI!

25

GIOVANI, SOSTENIBILITÀ E INFLUENCER: SUI SOCIAL PER PROMUOVERE E SCOPRIRE LA CULTURA GREEN!

27

FORMAZIONE ATTITUDINALE: PROGRAMMI, STRATEGIE E OFFERTE BY ENERGY ACADEMY

28

RUBRICA - DETTO TRA NOI...

MAI INVERTIRE I TERMINI

30

LEGENDA SANO

SOCIALE

SOSTENIBILE

PROGETTA INSIEME A NOI GLI INTERVENTI DEL SUPERBONUS 110% PREVISTO DAL DECRETO RILANCIO. VUOI RICEVERE INFORMAZIONI? info@energying.it

095/8168696

ORANGE FIBER: LA NUOVA STRADA DELLA MODA SOSTENIBILE di Leonardo Tiene

S

ostenibilità è un termine sempre più cruciale al giorno d’oggi, in grado di muovere i pensieri di tutti verso una collaborazione per il bene comune, la salvaguardia del nostro pianeta.

Durante tutti questi anni di progressi e innovazione siamo passati dalle macchine elettriche ai pannelli fotovoltaici, dal riciclo dei rifiuti all’utilizzo consapevole delle materie prime e naturali. Tutte attività che puntano a far crollare le emissioni di CO2 nell’aria, ma c’è di più.

Potrei elencarvi altre 10, 100 attività per contrastare il surriscaldamento globale, ma quella che oggi noi di Atlas Magazine vogliamo portare ha davvero dell’eccezionale.

Stiamo parlando di Orange Fiber, azienda italiana originaria di Catania che ha un obiettivo: sostenere il nostro pianeta evitando uno dei tanti sprechi di cui siamo tutti protagonisti, quello del cibo. Nel loro specifico caso lo evitano grazie al riciclo degli avanzi delle arance!

Grazie ad un avanzato processo, sono riusciti a trasformare quello che prima inutilizzabile o meglio sprecato, in materiale utile per la creazione di tessuti, dando vita nuova e utilizzo rinnovato, aprendo le porte per la moda sostenibile.

Ma come al solito bisogna partire dalle fondamenta per capire appieno il processo e l’importanza di questa realtà.

COM’È NATA L’IDEA Lo sviluppo di questa realtà ha preso piede dentro l’ambiente

universitario, dal progetto di tesi fino alla collaborazione con il laboratorio di Chimica dei Materiali del Policlinico di Milano, grazie al quale è stato possibile brevettare un processo che consente di sfruttare le potenzialità del “pastazzo” (ossia l’insieme di residui di polpa, bucce e semi degli agrumi) per l’estrazione della cellulosa di agrumi, da cui realizzare un filato che può essere tessuto, tinto e confezionato. Enrica Arena, presidente di Orange Fiber, racconta anche che l’azienda assorbe una parte del sottoprodotto di alcune realtà che si occupano della spremitura degli agrumi in Sicilia e fornisce ai brand e alle case di moda italiane un prodotto innovativo, sostenibile, incentivando anche quella che si definisce come “economia circolare”: riutilizzare la materia prima già disponibile senza doverne riutilizzare di nuova, nuocendo l’ambiente.

LA SITUAZIONE IN ITALIA Quanto viene prodotto in Italia per quanto riguarda gli scarti degli agrumi? Ogni anno si produce una quantità compresa tra 700.000 e 1 milione di tonnellate di scarti, che le aziende si trovano a dover smaltire con un costo economico e ambientale piuttosto alto. E non è tutto, infatti quel che rimane dopo la spremitura del frutto è ben il 60% del peso originario, composto da materiale non commestibile.

Orange Fiber, invece, propone un’alternativa, partendo da questo sottoprodotto per dargli nuova vita: non soltanto un’azione di rici-

ATLAS MAGAZINE | 7

clo, ma di quello che tecnicamente viene chiamato “upcycling”, ovvero un processo di riuso e conversione migliorativi a partire da materie di scarto.

LA LAVORAZIONE La lavorazione del sottoprodotto prevede diverse fasi: si comincia dalle aziende che si occupano della spremitura di arance e di limoni, si recupera lo scarto e si lavora nell’impianto in Sicilia di Orange Fiber, dove viene trasformato in cellulosa per il tessile.

Grazie alla preziosa partnership con altri produttori, questo materiale prende la forma del fiocco, come accade per il cotone, oppure del filato e, insieme ad alcune aziende del comasco, viene creato il tessuto.

In un’intervista la fondatrice ha anche spiegato che la ricerca è stata atta a sviluppare un prodotto che ricordasse la seta, perché si voleva avvicinare al mondo dell’alta qualità e del lusso.

Ma sono le aziende che, partendo dal tessuto che ha colore neutro, poi sviluppano un’idea creativa e una stampa e confezionano il capo finito.

“Dal canto nostro”, continua Enrica Arena, “possiamo a partire dalla stessa materia prima sviluppare anche tessuti più vicini al mondo della camiceria, facendo dei mix con il cotone, prediligendo quello biologico, oppure a quello delle textures elasticizzate.”

Orange Fiber è una realtà incredibile quindi: capace di affrontare le avversità con versatilità e, di fatto, va ad offrire un’alternativa sostenibile ed ecologica ad un’industria, quella della moda, che ha un drammatico impatto ambientale, in particolare per via delle emissioni di gas serra e del consumo idrico legato alla produzione.

I TRAGUARDI RAGGIUNTI E IL FUTURO Sembra quasi un punto scontato, ma gli obiettivi sono diversi e sempre interessanti da analizzare.

Il primo obiettivo è quello di aumentarne la produttività chiaramente, rendere il mercato della sostenibilità nella moda sempre più una normalità, una prassi comune e preferita alle tradizionali vie delle produzioni, non solo nel mondo del lusso.

Ma viene anche evidenziato un ostacolo non da poco, il Covid-19.

ATLAS MAGAZINE | 8

Anche in questo ambito c’è stato un brusco rallentamento e interruzione se vogliamo, proprio nel momento cruciale di raccoglimento degli agrumi, ma soprattutto proprio nel momento in cui c’era apertura mentale, curiosità.

A dimostrare questo è stata aperta anche una raccolta fondi che ha permesso di raccogliere ben 650.000 Euro per aumentare la capacità produttiva. Anche Enrica Arena, sempre durante una sua intervista, cita questo periodo increscioso nel punto più alto finora raggiunto da Orange Fiber: “questo è il tema su cui stavamo lavorando quando è subentrata la crisi del Coronavirus, che ha bloccato le attività di produzione in piena campagna agrumaria.

Speriamo di riprendere presto, e l’obiettivo è produrre, entro il 2021, 60 tonnellate all’anno di tessuto da agrumi e consolidare partnership lungo tutta la filiera, per renderlo disponibile il più velocemente possibile. I prodotti realizzati fino ad ora sono andati sold out molto in fretta, e ci dispiace che non ci sia abbastanza materiale per produrne di più e renderlo più accessibile”.

Un nuovo spiraglio che permette ancora una volta a tutti noi di intervenire concretamente con scelte consapevoli sul futuro del nostro pianeta, valorizzando non solo i suoi prodotti ma anche quello che noi consideriamo rifiuto, dando vita al circolo virtuoso della moda sostenibile e chissà, anche in altri nuovi interessanti ambiti in cui la nostra impronta si fa sentire in maniera prepotente.

Processo di trasformazione

L’ITALIA S’È DESTA: STORIE DI VITTORIE E DI CONDIVISIONE di Martina Campanelli

1 Campionato Europeo di Calcio

10 Medaglie D’oro alle Olimpiadi di Tokyo

40 Medaglie complessive, record italiano

1 EuroVision Music Contest

I

l 2021 è un anno complicato.

Il mondo è dilaniato da una pandemia con inevitabili effetti collaterali sulla sanità, società ed economia e anche ovviamente su aspetti della sfera psicologica.

L’Italia però reagisce con il suo desiderio di ripartenza e di ritorno all’umanità, di tornare a sorridere e vincere.

E di vittorie ne sono arrivate tante, vittorie che esprimono la voglia di riscatto, l’entusiasmo, l’energia e la voglia di condivisione che contraddistingue il nostro Paese.

Una vera esplosione arriva con la vittoria dei Maneskin all’Eurovision 2021, il 22 maggio in diretta da Rotterdam.

L’Europa ha votato per i quattro ragazzi di Roma, per la loro musica, per la loro energia, per la loro forza. È una grandissima soddisfazione, è un’Italia nuova, un’Italia giovane, elettrica e rock. Non si può non essere contenti di vedere un gruppo di ventenni italiani, partiti dal suonare in strada in via del Corso e arrivati in pochi mesi a trionfare a Sanremo e a Rotterdam. I Maneskin e l’Italia si sono ritrovati sul tetto d’Europa; hanno vinto, dominando il voto popolare, meritatamente con la loro libertà e la loro passione.

Dall’Europa sono arrivati in vetta alle classifiche mondiali: su Spotify nell’ultimo mese hanno avuto 22 milioni di ascoltatori, «Beggin’» è da tre settimane la canzone più ascoltata nel mondo con picchi di 7 milioni di stream al giorno e «I Wanna Be Your Slave» è in top 10.

Cose mai accadute prima a un artista italiano e risultati invidiabili anche da star internazionali.

Ma la vittoria all’Eurovision non è stata l’unica occasione in cui ci siamo ritrovati in vetta.

A breve distanza siamo stati dominatori d’Europa anche grazie alla nostra nazionale di calcio: un gruppo coeso, che ha fatto dell’unione la forza. Partita dopo partita ci siamo ritrovati a sfidare la nazionale inglese in una finale combattuta e che sembrava in-

terminabile e che, forse anche contro ogni pronostico che vedeva la padrona di casa favorita, ci ha portati ad esultare a quell’ultimo e decisivo rigore parato dal nostro Gigi Donnaruma (e forse qualcuno di noi non si è subito reso conto, come il nostro portiere, dell’impresa compiuta!!).

Ed è dal mondo dello sport che sono poi arrivate altre tantissime e bellissime vittorie.

Per la prima volta nella storia del torneo un italiano è arrivato in finale a Wimbledon 2021: si tratta di Matteo Berrettini, il primo italiano in finale in 134 anni di Wimbledon. Il tennista ha sfidato Djokovic l’11 luglio 2021 in una finale che ha giocato con talento ed entusiasmo, e che, nonostante sia stata persa, gli ha reso onore, segnando l’inizio di un brillante futuro.

All’italiano arrivano i complimenti anche dallo sfidante: «Non è bello perdere in finale, però sono sicuro che hai una grande carriera davanti a te. Hai un gioco incredibile, potente, un vero martello», ha detto il vincitore rivolgendosi a Berrettini.

In un tweet anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi si congratula con lui per lo straordinario percorso al Torneo di Wimbledon.

La nazionale di Basket si qualifica alle Olimpiadi 2021. Dopo ben

I Måneskin durante la premiazione all’EuroVision 2021

Nazionale Italiana di calcio durante la premiazione agli Europei 2021

ATLAS MAGAZINE | 10

Da sx.: Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi

17 anni, dalla Medaglia d’Argento vinta ad Atene nel 2004, la nazionale Italia Basket è tornata alle Olimpiadi: la squadra italiana si è qualificata battendo la Serbia alla finale del Preolimpico, ed è volata a Tokyo 2020.

Le Azzurre della squadra di Sotfball hanno battuto l’Olanda per 9-5 durante la finale del Campionato Europeo portando a casa il titolo di Campionesse d’Europa per il secondo anno consecutivo.

Una grandissima squadra, che ha dedicato la vittoria al CT Enrico Obletter, scomparso per Covid lo scorso febbraio.

E cosa dire del record storico di medaglie alle Olimpiadi, fermo alle 36 di Roma 1960 e di Los Angeles 1932 che ci ha visto chiudere i Giochi di Tokyo a quota 40, grazie all’impresa delle Farfalle Azzurre nella ginnastica ritmica.

Tutte le medaglie sono state frutto di sacrifici e di tanto lavoro da parte degli atleti e di gioia, di entusiasmo per noi pubblico: chi non si è alzato incredulo dalla sedia quando Marcell Jacobs è arrivato primo nella finale dei 100m, primo italiano della storia a portare a casa la medaglia d’oro in questa disciplina che lo ha incoronato l’uomo più veloce del mondo, medaglia duplicata con la staffetta 4x100, altro risultato incredibile, mai raggiunto.

Un’Italia che ci ha stupito ed appassionato, con la sua voglia di vincere, di credere che i sogni si possono realizzare e che ci ha insegnato a gioire insieme.

Un’Italia che ci ha regalato momenti di sport indimenticabili, che resteranno nella storia delle Olimpiadi in cui lo sport è diventato sinonimo di inclusione concretizzando il vero spirito olimpico e dello sport in generale; il valore della condivisione (così tanto fuori moda in quest’epoca in cui l’egoismo è diventato addirittura “obbligatorio”).

L’immagine più bella di queste numerosissime e bellissime vittorie (dedicate da tutti gli atleti oltre alla famiglia a tutti noi italiani, con cui hanno voluto condividere la loro gioia) è senza dubbio quella dell’italiano Gianmarco Tamberi e il qatariota Mutaz Barshim, campione del mondo in carica, che hanno condiviso la me-

daglia d’oro, ricevendone una a testa.

Hanno dimostrato con un gesto semplice, perfino naturale nel suo svolgimento avvenuto in diretta sotto gli occhi di tutto il mondo che la condivisione moltiplica i successi.

Le immagini dei due altisti, accomunati dalla rinascita dopo lo stesso infortunio, hanno fatto il giro del mondo diventando il momento della premiazione, uno dei più significativi delle Olimpiadi: prima la scelta di condividere l’oro (possibilità contemplata dal regolamento dell’atletica ma senza precedenti in una finale olimpica), poi, al momento della premiazione, lo scambio delle medaglie.

Ed è una lezione di sport ma è soprattutto un modo di intendere la vita: per raggiungere i propri obiettivi, mentre il mondo vorrebbe insegnarci ad essere sempre più competitivi fino allo sfinimento, si possono anche onorare i propri valori, le persone intorno, le esperienze vissute.

Tra le innumerevoli vittorie, abbiamo citato quelle forse più sensazionali, quelle che ricorderemo e racconteremo; storie di sacrifici, storie di vittorie frutto della forza del gruppo o semplicemente di valori umani.

E se vogliamo è una trasposizione anche di questi ultimi difficili anni: accomunati da uno stesso male, la rinascita e la gioia ad essa conseguente è più forte se condivisa, e sarà la vittoria più bella.

Le Farfalle Azzurre

ATLAS MAGAZINE | 11

Le ricette di Atlas

MANDORLE, CAROTE, ARANCIA E CANNELLA

[4 dei sapori che più amo per 2 ricette: una si mangia, l’altra si beve] di Domiziana Coracci

Piatto a cura di Domiziana Coracci

E

BOOM: partiamo subito con gli ingredienti, per poi focalizzarci sulle proprietà degli alimenti!

ATLAS MAGAZINE | 12

TORTA

(GLUTEN FREE: sono certa che vi sarete abbuffati e vi abbufferete ancora di spaghetti alla carrettiera, quindi ho pensato ad un dolcino un pochino più leggero e davvero facile da preparare).

Ingredienti per una tortiera di 24 centimetri di diametro: • 250 grammi di carote; • 250 grammi di mandorle con la buccia; • 200 grammi di zucchero di canna mascobado (mi auguro ormai lo abbiate già in dispensa!!!); • 3 uova (4 se piccoline); • 1 cucchiaio di cannella in polvere; • 1 arancia (solo la scorza).

PROCEDIMENTO Preriscaldare il forno statico a 170°. Pelare le carote, tagliarle a pezzetti e frullarle in un robot da cucina. Dopo 15-20 secondi aggiungere le mandorle e far andare il frullatore finché non si otterrà una massa tritata finemente. A seguire addizionare anche lo zucchero, le uova, la cannella e la scorza dell’arancia precedentemente grattugiata, azionando nuovamente le lame.

Dopo un paio di minuti il composto sarà pronto per essere versato nella tortiera. Se ne avete una in silicone potete farlo direttamente, altrimenti utilizzate della carta forno per foderarla.

Cuocere in forno per 40 minuti. Sformare la torta solo quando sarà a temperatura ambiente.

CENTRIFUGATO O FRULLATO

(Dipende dallo strumento di cui disponete: se non avete una centrifuga sarà necessario utilizzare il succo dell’arancia di cui avete grattato la scorza per la torta. Siamo sostenibili anche nei dettagli!!!)

Ingredienti per 400 ml di succo: • 10 grosse carote; • 10 mandorle; • 1 pizzico di cannella; • 1 arancia (succo: necessario se usate il frullatore: ci tengo a ribadirlo, tanto ormai sapete quando io sia puntigliosa e so che comunque apprezzerete).

PROCEDIMENTO Nel caso in cui disponiate di una centrifuga, non servirà pelare le carote, basterà lavarle accuratamente e centrifugarle insieme alle mandorle, mescolando poi al succo ottenuto un pizzico di cannella. Potete scegliere se centrifugare anche l’arancia (in

questo caso vi consiglio di togliere la parte bianca solo se non siete particolarmente amanti del retrogusto amarognolo che potrebbe conferire) oppure spremerne il succo e aggiungerlo al composto.

Qualora invece utilizzaste un frullatore, sarà necessario pelare le carote e grattugiarle. Il primo ingrediente da frullare saranno le mandorle, fatelo finché non avrete ottenuto una consistenza quasi farinosa. A questo punto aggiungere le carote grattugiate e azionare il mixer. Quando il composto sarà simile ad una purea, aggiungere un po’ alla volta il succo dell’arancia, precedentemente spremuta, vellutando gradualmente. Se il tutto risultasse troppo denso, aggiungere dell’acqua fino ad ottenere la liquidità desiderata.

Piatto a cura di Domiziana Coracci

ATLAS MAGAZINE | 13

MANDORLE Le mandorle (Prunus dulcis), sono semi oleosi ricchi di vitamine e minerali. Aiutano a mantenere in buona salute il cuore, le arterie e le ossa, e rappresentano anche un valido rimedio naturale contro l’anemia.

Sono costituite per il 50% da grassi monoinsaturi e polinsaturi, rappresentano una preziosa fonte di energia e hanno un potere calorico elevato (600 kcal ogni 100 gr.) per questo vanno quindi consumate con parsimonia.

Sono una preziosa riserva di vitamina E e sali minerali come il magnesio, il ferro e il calcio.

Tra tutti i semi oleosi sono quelli che vantano il più alto contenuto di fibre, circa il 12%.

Grazie all’alta percentuale di grassi “buoni”, sono tra gli alimenti anti-colesterolo più importanti perché appunto abbassano il livello di colesterolo nel sangue, contribuendo così alla salute di arterie e cuore.

Sono un potente antiossidante naturale, preservano la giovinezza, la bellezza della pelle e il benessere dei capelli.

Grazie alle elevate quantità di ferro sono un buon rimedio contro l’anemia, mentre il calcio le rende preziose per la salute delle ossa.

Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che le mandorle hanno effetti positivi su chi è affetto da diabete di tipo 2, migliorando la sensibilità verso l’insulina.

CANNELLA La cannella (Cinnamomum verum) è una spezia che si ricava dalla corteccia interna dell’albero di cannella, appartenente alla famiglia delle Lauracee e originario dello Sri Lanka.

Esistono diverse varietà di cannella, ma le principali sono quella del Ceylon e la Cassia.

Dal profumo intenso e sapore deciso, la cannella fa bene alla salute ed è ricca di nutrienti e proprietà: • ricca di antiossidanti, contrasta lo stress ossidativo e le malattie ad esso associate; • potente antinfiammatorio; • migliora la glicemia e la colesterolemia; • riduce il rischio cardiovascolare; • migliora la sensibilità all’insulina; • riduce il rischio di malattie neurodegenerative; • riduce il rischio di cancro; • antimicrobica; • riduce i livelli di zuccheri nel sangue e aumenta la termogenesi, ovvero, favorisce l’utilizzo dei depositi di grasso.

CAROTE Le carote (Daucus carota), ricche di antiossidanti e vitamine, sono alimenti preziosi per mantenere in buona salute l’intestino e gli occhi.

Sono ortaggi a radice ricchi di nutrienti e proprietà. Ne esistono diverse varietà che distinguiamo soprattutto in base al colore, che dipende dal pigmento maggiormente presente. Tra queste, troviamo le classiche carote arancioni (ricche di beta carotene), le carote rosse (ricche di licopene), le carote viola (ricche di antociani), le carote gialle (ricche di luteina) e le carote nere.

In generale, sono un’ottima fonte di: • beta carotene: un pigmento da cui dipende il loro caratteri-

ATLAS MAGAZINE | 14

stico colore arancione. Questo viene utilizzato dall’organismo per la produzione di vitamina A, importante per la vista, il sistema immunitario, la crescita e lo sviluppo. Viene assorbito meglio quando le carote vengono consumate cotte; • luteina: potente antiossidante coinvolto nella funzione visiva; • potassio: un minerale essenziale importante per la regolazione della pressione arteriosa; • vitamina k1: importante per il processo di coagulazione del sangue e la salute delle ossa.

Grazie alle loro caratteristiche nutrizionali, le carote si rivelano utili per: • contrastare disturbi e malattie dell’occhio, come la cecità notturna e la degenerazione maculare, grazie all’elevato contenuto di beta carotene; • contrastare lo sviluppo di alcuni tumori, tra cui allo stomaco e al colon, grazie alla presenza di carotenoidi; • favorire il senso di sazietà e contrastare l’ipercolesterolemia, grazie all’elevato contenuto di fibre; • regolarizzare le funzioni intestinali, agendo da lassativo o antidiarroico, a seconda delle necessità, grazie alla presenza di fibre.

Rispetto ad altri ortaggi e verdure, le carote presentano un contenuto di carboidrati e zuccheri semplici leggermente maggiore, ma non per questo vanno demonizzate! Anzi, assumerle crude prima di un pasto favorisce il senso di sazietà, inducendo a consumare meno cibo.

Inoltre, sebbene l’Indice Glicemico delle carote cotte sia più elevato, è importante considerare sempre il Carico Glicemico, che dipende dalla porzione consumata che difficilmente inciderà eccessivamente sulla risposta glicemica.

Ad ogni modo, i tipici picchi glicemici post-prandiali si possono ridurre associando ad una porzione di carote una fonte di proteine e una di grassi (cosa fatta in entrambe le nostre ricette).

ARANCE Le arance, (Citrus sinensis), sono frutti utili per il sistema immunitario, contengono pectina e sono antiossidanti contro i radicali liberi.

Ricchissime di vitamina C, le arance aumentano la resistenza del corpo umano contro i vari agenti chimici, fisici e ambientali, soprattutto d’inverno.

Aumentando le difese immunitarie contro virus e batteri, prevengono i disturbi cardiovascolari e svolgono un’azione antistress. Le arance rallentano forme degenerative tumorali, grazie alla forte azione antiossidante esercitata nei confronti dei radicali liberi.

Infine, assicurano un controllo attivo contro i radicali acidi, che non sono altro che sostanze chimiche tossiche prodotte da un’errata alimentazione.

Tenete presente poi che le arance conviene mangiarle a spicchi, perché metà della pectina di un’arancia si trova nell’albedo, la parte bianca e spugnosa che riveste internamente la scorza. Meglio quindi non essere troppo meticolosi nello sbucciarle, perché mangiando un po’ di pellicina bianca vi assicurerete la giusta dose di questa importante fibra.

CREA LA TUA

CON

• CONDIVISIONE DI ENERGIA PULITA • RISPARMIO IN BOLLETTA • IMPORTANTI INCENTIVI STATALI

FLOWE: IL CONTO CORRENTE DIGITALE CON IBAN ITALIANO, GRATUITO ED ECOSOSTENIBILE di Debora Bizzi

U

n progetto italiano, lanciato dall’omonima società a giugno 2020, nata e controllata da Banca Mediolanum. Flowe è il nuovo conto corrente digitale, gratuito ed ecosostenibile, che si rivolge a tutti coloro che sono sensibili ai temi della sostenibilità ambientale. Un conto Smart, associato a una carta Mastercard virtuale, o anche a una carta fisica dalle caratteristiche uniche, che permette diverse operazioni bancarie ma anche – e soprattutto – di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente che abitiamo.

Un progetto innovativo, che consente di effettuare operazioni bancarie senza costi aggiuntivi. Ideato per i giovani (e non solo) tecnologici, legati alle tematiche green e alla sostenibilità.

Un servizio fintech, esclusivamente mobile, fruibile attraverso un’apposita app, compatibile con Apple Pay e Google Pay, che consente di gestire la carta in ogni suo aspetto, in sicurezza e affidabilità, oltre alle più consuete operazioni bancarie, come la gestione dei limiti di spesa, l’accredito dello stipendio, il trasferimento di denaro, il cambio del codice PIN, e molto altro ancora.

E sono ben tre i motivi che rendono unico il progetto proposto dalla società Benefit, impegnata in differenti iniziative che contribuiscono a compensare le emissioni di CO2 e a fermare la deforestazione. Primo fra tutti, la natura stessa dell’azienda controllata al cento percento da Banca Mediolanum: una Carbon Neutral, ovvero una realtà che pur rincorrendo un profitto, ha delle finalità nobili, pertanto, ogni acquisto eseguito attraverso Flowe rappresenta un contributo alla salvaguardia dell’ambiente. Ma anche il fatto che le spese effettuate vengono “premiate” con buoni rega-

ATLAS MAGAZINE | 16

lo, come buoni Amazon, o gemme – una valuta virtuale da spendere in gift card e video corsi motivazionali, sul benessere o sulla crescita personale, con l’obiettivo di migliorare sia il benessere fisico che mentale. E, infine, Flowe offre la possibilità ai clienti di usare una carta di debito Mastercard con IBAN italiano in legno, e per ogni carta di debito richiesta l’azienda si impegna a piantare un albero!

La carta in legno, con tecnologia contactless, è un servizio aggiuntivo e opzionale. Utilizzabile per i normali acquisti in negozio, costa 15 euro, per entrambi i piani tariffari proposti da Flowe: FAN, completamente gratuiti, e/o FRIEND, a pagamento e con maggiori servizi.

Semplice e a portata di mano, così come scrivono sul sito di Flowe, sia nell’utilizzo che nell’apertura vera e propria del conto. Bastano infatti pochi minuti, uno smartphone (per scaricare l’applicazione dedicata) e un selfie (per verificare la propria identità)!

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE: LA SITUAZIONE ITALIANA, PRIMA E DURANTE IL COVID di Leonardo Tiene

I

l lavoro è un tema cruciale nella vita di ognuno di noi, forte pilastro per sentirci parte di una società che ci motiva a dare il meglio e mettere in mostra tutte le nostre qualità uniche della nostra persona. Diciamolo pure quindi, “lavoro” è sinonimo di “soddisfazione”: plasmi te stesso, la tua vita attorno, raggiungi ciò che hai sempre voluto e fai del bene per la società.

Ma come ogni cosa o stato sociale viene da chiedersi: come si raggiunge un obiettivo di questo genere? Educazione, cultura, impegno, certo, ma purtroppo spesso non basta.

La situazione, infatti, che vede come protagonista la nostra nazione è tutt’altro che rosea, che vede ancora in crisi la situazione lavorativa, soprattutto per chi ancora nella fase “embrionale” del mondo professionale.

Giovani e giovanissimi si ritrovano ad accettare lavori con condizioni contrattuali sempre più scomode, non garantendo soprattutto una formazione lavorativa, senza poi contare che quasi sicuramente il suddetto contratto non viene confermato o rinnovato.

Una situazione analoga possiamo trovarla anche nei lavori più comuni tra i giovanissimi: camerieri, baristi, assistenti e via dicendo. La sensazione è quella di sfruttare al massimo i giovani intraprendenti, con grande voglia di rivalsa e conquista della propria autonomia, concedendo loro un tempo di lavoro tendente a tempi infiniti (spesso si sfora tranquillamente il tetto delle 8 ore lavorative, non pagando le ore in eccesso) oppure facendo firmare contratti che di tali hanno poco.

Insomma, il nostro paese è una Repubblica fondata sul lavoro,

già, ma i dati ad oggi sono eloquenti e parlano chiaro: i giovani fanno fatica a trovare un’occupazione, senza contare la convivenza con il Covid.

Andiamo ad analizzare gli aspetti principali di questo tema, esplorando i dati e provando quantomeno a dare un senso per provare a capire come si potrebbe agire.

UN PO’ DI DATI L’Ansa ha distribuito dei dati molto interessanti pubblicati questo maggio dall’OCSE, organismo europeo dedicato all’organizzazione e allo sviluppo economico.

Ma rimaniamo in Italia: “il tasso di disoccupazione giovanile è salito ulteriormente da un livello già molto alto di 28,7%, raggiungendo il 33,8% nel gennaio 2021”: è quanto si legge nella scheda dedicata all’Italia delle Prospettive occupazionali dell’Ocse.

E non è tutto, infatti l’organismo europeo avverte il nostro paese: “L’Italia è uno dei pochi paesi Ocse in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto vicino al suo livello massimo per tutta la primavera del 2021”.

Quello che ancora più grave è la seguente constatazione da parte OCSE, in cui si prevede che il livello di disoccupazione italiana tornerà ai livelli che anticipavano la pandemia.

Per i giovani chiaramente la musica non cambia se non addirittura è ancora più seria: “I giovani sono stati particolarmente colpiti dalle devastazioni della crisi” legate al Coronavirus.

L’organismo conferma che nei paesi dell’area Ocse “le ore lavo-

ATLAS MAGAZINE | 17

rate dai giovani sono diminuite di oltre il 26%, quasi il doppio della caduta osservata tra adulti e anziani (15%). L’Ocse sottolinea che molti giovani, spesso “impiegati in settori duramente colpiti” con “contratti precari hanno perduto il lavoro”, mentre quelli che stavano per accedere al mercato del lavoro dopo aver terminato gli studi “hanno faticato a trovare lavoro in un contesto di posti vacanti limitati”. Di conseguenza, il tasso di persone senza lavoro, istruzione o formazione (neet) è aumentato dall’inizio della pandemia.

IL LATO POSITIVO DALLA PANDEMIA Con la tecnologia al giorno d’oggi, il lavoro è stato facilmente adattato e modellato secondo le nostre esigenze quotidiane. Il famoso smart working, le call su Zoom, Skype, Teams e chi più ne ha più ne metta, accorciando perlomeno la distanza tra tutti noi durante la quarantena. Ci si chiede quindi, grazie a ciò è stato possibile salvare parte dei posti di lavoro? Assolutamente si, ma purtroppo in molti sono rimasti a piedi.

Il telelavoro “ha permesso di salvare milioni di posti di lavoro, ma ha anche generato tensioni sul fronte dell’equilibrio tra via privata e lavorativa” e ha anche generato disparità fra i lavoratori.

“Nell’aprile 2020, il 60% dei dipendenti con istruzione universitaria ha lavorato da casa, ma solo un numero trascurabile di lavoratori con basse qualifiche ha potuto fare altrettanto”, evidenzia l’Ocse, secondo cui in Italia “il 58% dei lavoratori con basse qualifiche ha dovuto interrompere l’attività lavorativa”, un risultato “20 punti percentuali più alto rispetto alla media” dei Paesi membri dell’organizzazione.

Che cosa possiamo quindi trarre da questi numeri dolceamari?

Purtroppo, la pandemia ha tolto risorse economiche di certo ma ha fatto anche di più, ossia ha allargato le disparità sociali tra chi ha una laurea, ad esempio, e chi invece aveva appena concluso magari la maturità (o comunque con un’istruzione di base) e ot-

ATLAS MAGAZINE | 18

tenuto un lavoro in grado di sostentare le proprie spese, ma non in grado di essere traslato virtualmente.

COME SI PUÒ MIGLIORARE Una provocazione per smuovere le nostre menti e svoltare la giornata è sempre una soltanto: possiamo fare di più? Come si migliora la società di fronte ad un problema così grande e fondamentale?

L’educazione ricopre un ruolo cruciale, ci plasma le menti, ci forma per affrontare il futuro sin da piccoli, ponendoci domande e per guidarci nella scelta della strada da intraprendere nella nostra vita, tra cui il lavoro che vorremmo fare. Sicuramente dal punto di vista dell’istruzione si potrebbe incentivare i ragazzi a capire meglio dove si trovano, non solo a studiare e prendere bei voti, ma incentivarli a coltivare la loro cultura del lavoro insegnando che strade si possono intraprendere Tutte tematiche che non vengono assolutamente toccate al giorno d’oggi, se non superficialmente.

Ma a livello dello Stato? Quali sono i cambiamenti che possono essere proposti?

Il segretario generale dell’Ocse, Mathias Cormann, affermava a maggio che “è cruciale attuare un quadro d’azione volto ad incoraggiare l’investimento delle aziende e la creazione di posti di lavoro, ma anche favorire le necessarie evoluzioni in termini di aumento delle competenze, conversione e adeguamento tra competenze e posti di lavoro disponibili, per fare in modo che ognuno abbia la possibilità di partecipare alla ripresa dell’economia e trarne profitto”. Per lui, “un ritiro prematuro degli aiuti metterebbe in pericolo la ripresa economica”.

La crisi legata al Coronavirus, ha avvertito Cormann, “ha colpito i gruppi più vulnerabili: giovani, donne e lavoratori poco qualificati”. I piani di rilancio sono oggi una ”occasione unica” per potenziare il mercato del lavoro e renderlo più inclusivo.

FOREST THERAPY: IMMERSIONE BENEFICA NELLA NATURA di Martina Campanelli

L

o scrittore e filosofo americano Henry David Thoreau nella sua opera “Camminare” del 1862 scriveva: “Penso di non poter preservare la mia salute e la mia anima, a meno che non trascorra almeno quattro ore al giorno a passeggiare tra i boschi e sulle colline e sui campi, assolutamente libero da tutti gli impegni mondani.”

Chi di noi, almeno per una volta nella vita, almeno per un momento, non ha provato il desiderio di fuggire dalle proprie responsabilità quotidiane, dalla routine, dai ritmi frenetici, dalla reperibilità h 24 dei social network, dal caos, dall’inquinamento e sostituire il rumore dei clacson e delle notifiche con il delicato fruscio del vento tra le foglie? È sempre maggiore la voglia di immergersi nella natura per lasciarsi alle spalle lo stress della città e il tram tram quotidiano, voglia che va di pari passo con la diffusione dell’idea di un turismo sostenibile a contatto con la natura, per riscoprire luoghi incontaminati e viaggiare rispettando l’ambiente.

Si è diffusa negli ultimi anni una pratica molto interessante, la Forest Therapy o Shinrin-Yoku, che può essere praticata nei boschi, dove è più semplice trovare il contatto con la natura, i suoi colori e i suoi odori (e se proprio non riuscite ad addentrarvi in un vero bosco, potete sempre recarvi nei parchi cittadini o in spazi dove ci sia molto verde!!!).

ATLAS MAGAZINE | 20

Immergersi nel verde e riconnettersi con il mondo naturale per ritrovare noi stessi: questi sono i principi del Forest Bathing, un efficace antidoto allo stress a cui ci sottopone la società moderna.

Questa pratica nasce in Giappone con il nome shinrin- yoku, la cui traduzione letterale è proprio “bagno nella foresta”. Il termine fu coniato nel 1982 dal direttore generale dell’agenzia dell’agricoltura, il quale inserì lo Shinrin-Yoku in un progetto per promuovere il contatto con la natura e i suoi benefici per la salute pubblica. Essa è parte di un programma sanitario nazionale progettato per ridurre i livelli di stress della popolazione; non è una semplice passeggiata nel verde ma una vera e propria immersione nella natura, che unisce scienza e spiritualità per apportare benessere al corpo e alla mente.

Il Forest Bathing, un bagno di natura a tutti gli effetti, è un’esperienza immersiva nel verde davvero rigenerante, capace di operare una disintossicazione fisica e mentale grazie ai numerosi benefici che alberi e piante hanno sul sistema nervoso umano.

Le foglie degli alberi inoltre rilasciano sostanze che producono effetti benefici atti a lavorare sul sistema immunitario e sull’attività delle cellule NK (Natural Killer), adibite alla protezione di quest’ultimo: ad esempio è stato dimostrato che dopo tre notti nella foresta si ha un incremento dell’attività di queste cellule dal 17% al 27%.

Secondo gli esperti, una sessione di Forest Bathing dovrebbe durare circa 4 ore e comprendere una passeggiata nel bosco di almeno 5 km, durante la quale alternare brevi soste. Un’esperienza completata seguendo un preciso protocollo che prevede l’utilizzo dei nostri cinque sensi: sarebbe questa la tecnica per migliorare il nostro equilibrio psicofisico e godere di una vasta gamma di benefici. Tra gli altri ricordiamo: • miglior risposta allo stress, grazie al naturale abbassamento dei livelli di cortisolo; • rafforzamento del sistema immunitario; • riduzione della pressione sanguigna; • miglioramento della qualità del sonno; • aumento della nostra capacità di concentrazione (e per questo la Forest Therapy è particolarmente indicata per bambini affetti da disturbi dell’attenzione); • miglioramento dell’umore grazie all’incremento nella produzione di serotonina Nella nostra penisola i luoghi dove dedicarsi alla Forest Therapy di certo non scarseggiano; dalle Alpi alla punta dello stivale, sono molte le località in cui sono stati allestiti veri e propri percorsi per dedicarsi a questa benefica pratica.

Tra le regioni settentrionali consigliamo il cammino del Bosco del Sorriso, presso l’Oasi Zegna in Piemonte; in Trentino, inve-

ce, nella località Fai della Paganella, particolarmente suggestivi sono i percorsi di Forest Bathing dei Giganti e del Respiro degli Alberi; spostandoci in Friuli troviamo invece nella Valle del Natisone sentieri studiati per diverse età e livelli di difficoltà.

Per quanto riguarda le regioni centrali, la Toscana offre diverse possibilità per praticare il Forest Bathing: basti pensare ai 3.000 ettari di bosco che compongono il bellissimo Parco della Maremma, o alla foresta di abeti bianchi di Camaldoli, dove si trova un percorso che corre sul confine tra Emilia-Romagna e Toscana. Oltre alle zone boscose toscane, degni di nota sono senza dubbio i sentieri del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ma anche i suggestivi boschi di frassini, ontani neri e pini marittimi del laziale Parco del Circeo, in provincia di Latina.

Insomma, i buoni motivi per abbandonare i ritmi frenetici della vita cittadina e dedicarsi al Forest Bathing non mancano, e i luoghi green in cui praticarlo in Italia nemmeno.

E come scrisse John Muir, ingegnere, naturalista e scrittore statunitense: “Lascia che la pace della natura entri in te come i raggi del sole penetrano le fronde degli alberi.

Lascia che i venti ti soffino dentro la loro freschezza e che i temporali ti carichino delle loro energie.

Allora le tue preoccupazioni cadranno come foglie d’autunno.”

ATLAS MAGAZINE | 21

IN VIGORE DAL 3 LUGLIO LA DIRETTIVA COMUNITARIA CONTRO LA PLASTICA MONOUSO: COSA È CAMBIATO E TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE di Debora Bizzi

S

top alla plastica monouso. A renderlo ufficiale è la direttiva 904 Single Use Plastic (Sup) in vigore dallo scorso 3 luglio e varata dal Parlamento Europeo nel giugno 2019. Il provvedimento dell’Unione Europea si pone l’obiettivo di ridurre il consumo di plastica monouso e, di conseguenza, di limitarne la dispersione nell’ambiente e negli oceani. La direttiva pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’UE (però) è limitata ad un numero ridotto di oggetti e, in particolar modo, a tutti quelli “di cui si può fare a meno”: bandisce, pertanto, solo le cannucce per le bibite, le stoviglie, contenitori usa e getta, bastoncini cotonati e palloncini.

E invita a ridurre il consumo dei bicchieri di plastica, e di quei prodotti per i quali è più difficile trovare alternative riutilizzabili. Inoltre, soltanto oggetti prodotti con plastica tradizionale. Ovvero tutti quei prodotti realizzati con i polimeri di sintesi, provenienti dal petrolio, ma anche le bioplastiche compostabili.

Tutti quei prodotti ritenuti dannosi per l’ambiente. Che non possono più essere venduti in tutti i Paesi membri dell’UE, pena il possibile scatto della procedura d’infrazione, in caso di mancato recepimento dei Paesi interessati, entro il 3 luglio. O, meglio, che possono essere venduti fino ad esaurimento scorte, poi saranno proibiti, messi al bando.

Un piccolo passo, per “abituarci” ad un obiettivo più grande. La salvaguarda dei mari, degli oceani, delle spiagge, del mondo. Un “solo” simbolo di un importante passo in avanti, un atto concreto verso l’attuazione della Plastic Strategy europea: del gennaio 2018, un piano d’azione per l’economia circolare dell’UE, a emissioni zero, per ridurre i rifiuti di plastica e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

Secondo la Commissione europea, oltre l’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica. I prodotti coperti dalla legislazione costitui-

ATLAS MAGAZINE | 22

scono il 70% di tutti i rifiuti marini.

Un primo passo per ripulire i mari, ma, più in generale, il mondo, dalla plastica accumulata e dispersa nell’ambiente.

Recepita dall’Italia con la legge 53/2021, la direttiva Sup cambia (ma non drasticamente) le nostre abitudini e, attraversa nei mesi un iter convulso. Spingendo alcuni dei vertici della penisola a chiarimenti da parte dell’Europa, e definendo la direttiva “poco chiara” e tediosa. Il provvedimento europeo – ha lamentato l’Italia - non fa distinzione fra oggetti in plastica tradizionale (prodotta dal petrolio e non biodegradabile) e oggetti in plastiche bio, prodotti da materie prime naturali come il mais, biodegradabili nell’ambiente e compostabili (cioè trasformabili in fertilizzante compost). Tanto da recepirlo con un’esclusione: quella delle plastiche usa e getta compostabili, nelle quali la nostra industria è molto forte. O lanciando obiezioni relative le linee guida della direttiva, obiezioni poi accolte dall’UE, a seguito di un confronto, impegnandosi a rivederle.

Così, il testo della legge 53/21 riprende i punti della direttiva europea, eccetto negli articoli 4 e 5.

E un’altra importante modifica riguarda invece i prodotti per l’igiene personale e della casa. Come le salviettine umidificate e gli assorbenti, tamponi igienici e applicatori per tamponi, i quali devono ora riportare una precisa etichettatura che ne evidenzi il contenuto di plastica e le conseguenze della dispersione nell’ambiente. O i prodotti del tabacco con filtri e le tazze per le bibite, se contengono plastica.

Rese obbligatorie direttiva e legge nazionale, ora spetta al consumatore l’attuazione. Per contribuire all’effettiva riduzione dei rifiuti di plastica, e al corretto smaltimento.

LA NORMATIVA IN MATERIA DI UTILIZZO DEI DRONI dell’Avv. Simone Facchinetti

I

droni, ben lungi dall’appartenere al solo immaginario fantascientifico, fanno ormai parte della realtà. È ormai dai primi anni 2000 che gli stessi vengono abitualmente utilizzati nei conflitti armati, sia a scopi ricognitivi e di sorveglianza, sia a scopi di attacco e di difesa.

Da allora, i droni vengono sempre più utilizzati anche in ambito civile, sia a scopi ricreativi sia a scopi commerciali: da un lato, infatti, vi chi li utilizza per effettuare spettacolari fotografie e riprese aeree; dall’altro, invece, vi è chi li usa per la consegna di merci, come il colosso “Amazon”, che negli USA, con l’autorizzazione della “Federal Aviation Administration” (FAA), ha avviato già dall’estate 2020 il servizio “Amazon Prime Air” che consente la consegna dei prodotti in circa 30 minuti.

Il potenziale dei droni non si ferma qui: aziende come “Uber” e “Hyundai” hanno progettato dei taxi volanti, che con ogni probabilità saranno pronti entro il 2023. È evidente, pertanto, l’impellente necessità per tutti gli ordinamenti di dotarsi di un’efficace normativa in materia di droni.

Ma cos’è un drone?

Nell’ambito dell’ordinamento italiano, una definizione normativa di “drone”, o “Aeromobile a Pilotaggio Remoto” (APR), si rinviene nell’art. 246 Cod. Ord. Militare (Decreto Legislativo n.66 del 2010) che lo definisce come “mezzo aereo pilotato da un equipaggio che opera da una stazione remota di comando e controllo”.

I regolamenti dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) non offrono, invece, una compiuta definizione di “drone” e si limitano a disciplinarne le regole di utilizzo, distinguendo i droni in varie categorie di rischio sulla base delle dimensioni e delle funzioni svolte dall’aeromobile.

Il vecchio Regolamento ENAC del 2015, ad esempio, operava una prima distinzione tra “Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (SAPR)” e “Aeromodelli” sulla base delle funzioni concretamente svolte dal velivolo: mentre i droni rientranti nella prima categoria erano quelli destinati all’impiego in attività scientifiche di sperimentazione e ricerca, quelli della seconda categoria erano quelli usati esclusivamente a scopi ricreazionali e sportivi.

La suddetta distinzione aveva immediate ripercussioni sulle regole di utilizzo dello stesso aeromobile: infatti, i “SAPR” erano considerati aeromobili ai sensi e per gli effetti dell’art. 743 Cod. Nav. con conseguente applicazione delle norme di diritto della navigazione e regole più stringenti in merito alla preparazione dei piloti e alle regole di volo; gli “aeromodelli”, invece, non erano considerati aeromobili e il regolamento si limitava a prescrivere delle regole di diligenza e prudenza, stabilendo al contempo che, al ricorrere di determinati requisiti (es.: massa <25kg; cilindrata <250cm³ etc.), il pilota dovesse avere almeno 18 anni e l’attestato di “aeromodellista” rilasciato dall’Aero Club d’Italia.

Ora tale normativa non è più applicabile, stante l’approvazione del nuovo Regolamento ENAC del 2021 (Regolamento UAS-IT), emesso in data 04.01.2021 a seguito dell’entrata in vigore in data 01.01.2021 del Regolamento Europeo n.947 del 2019.

Il nuovo regolamento garantisce l’attuazione della nuova disciplina europea, fortemente voluta dall’EASA (European Union Aviation Safety Agency), con lo scopo di garantire uniformità nella regolamentazione della sicurezza dell’aviazione civile nello spazio europeo e di favorire lo sviluppo del sistema “U-Space”, comprensivo delle infrastrutture, dei servizi e delle procedure volte ad assicurare la sicurezza delle operazioni “UAS”.

ATLAS MAGAZINE | 23

La normativa europea prevede che i droni, ora denominati “UAS” ovvero “unmanned aircraft system” (in italiano, aeromobili senza equipaggio), debbano essere distinti in tre nuove categorie, con regole specifiche e differenziate in base alle caratteristiche tecniche del velivolo, alla natura e al rischio dell’attività da svolgere, nonché alle peculiarità della stessa area operativa (es.: densità della popolazione, caratteristiche della superficie, presenza di edifici): 1) CATEGORIA APERTA: vi rientrano i droni impiegati in attività a basso rischio, ad esempio di tipo ricreazionale e sportivo; per rientrare in tale categoria, il drone deve avere massa <25kg; le operazioni poste in essere non sono soggette ad autorizzazione preventiva, ma il pilota dovrà mantenere la distanza di sicurezza dalle persone e non sorvolare assembramenti, non potendo in ogni caso superare la quota massima di volo di 120 metri di altitudine; l’aeromobile non può trasportare merci pericolose; 2) CATEGORIA SPECIFICA: vi rientrano i droni impiegati in attività a medio rischio e che comunque non soddisfino i requisiti per rientrare nella categoria aperta; in tal caso, è sempre necessaria la previa autorizzazione della competente autorità e l’aeromobile può volare anche al di fuori del campo visivo dell’operatore; 3) CATEGORIA CERTIFICATA: vi rientrano i droni impiegati in attività ad alto rischio, che comportano sorvolo di assembramenti e/o trasporto di persone e/o trasporto di merci pericolose; oltre all’autorizzazione, è necessaria la certificazione dell’UAS e dell’operatore UAS. La normativa europea dispone che il pilota debba essere dotato di apposito patentino (si distingue tra certificazione di competenza e attestato di pilota a seconda della categoria), ad eccezione del caso in cui il drone, rientrando nella categoria aperta, abbia una massa inferiore a 250 grammi e/o non sia dotato di sensori in grado di rilevare dati personali.

Il Regolamento ENAC UAS-IT prevede inoltre che sia il pilota sia l’aeromobile debbano essere registrati sul portale D-Flight, con conseguente dotazione di apposito QR Code da esporre non solo a fini identificativi, ma anche di imputazione delle eventuali re-

sponsabilità civili e penali (si segnala, a riguardo, che il nuovo regolamento impone l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi).

Il medesimo portale D-Flight deve essere utilizzato anche per richiedere le eventuali autorizzazioni necessarie al compimento dell’operazione, senza dimenticare che tramite esso è altresì possibile consultare le mappe aree al fine di evitare le c.d. “no fly zone”.

La conseguenza più importante della nuova normativa è, dunque, il venir meno della vecchia distinzione tra “SAPR” e “Aeromodelli”: infatti, ora entrambi rientrano nella macrocategoria degli “UAS” e vengono considerati aeromobili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 743 Cod. Nav. con conseguente applicabilità delle norme di diritto della navigazione anche ai droni utilizzati per scopi meramente ricreativi.

In caso di inosservanza delle norme regolamentari, l’articolo 1174 Cod. Nav. prevede l’applicazione di varie sanzioni amministrative; nel caso di violazione di norme sulla sicurezza della navigazione, si applica invece l’articolo 1231 Cod. Nav. il quale prevede specifiche sanzioni penali, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.

Ad esempio, nel caso in cui il drone venga usato per procurarsi indebitamente notizie e immagini relative all’altrui vita privata che si svolge nell’altrui privato domicilio, è configurabile il reato di “interferenze illecite nella vita privata” previsto e punito dall’articolo 615 bis Cod Pen. Ancora, rischia di incorrere nel reato di “attentato alla sicurezza dei trasporti” previsto e punito dall’art. 432 Cod. Pen. chi, superando i limiti di quota consentiti, faccia volare il drone in prossimità degli aerei di linea.

Lo scenario normativo che ne emerge è dunque quello di una regolamentazione ancora giovane, in continuo divenire e in piena evoluzione, che deve continuamente adattarsi alla rapida evoluzione tecnologica del settore in questione, senza mai tralasciare la necessità di tutelare i superiori interessi alla privacy e alla sicurezza.

da sinistra verso destra: Dott.ssa Federica Suma, Avv. Monica Lunardi, Dott.ssa Zainab Bougataya, Avv. Simone Facchinetti, Sig.ra Loredana Biffi, Avv. Eleonora Busnelli, Dott.ssa Alice Dondina

ATLAS MAGAZINE | 24

HAND CARE & FOCUS SALVAGUARDIAMO IL PRIMO STRUMENTO COMUNICATIVO E FUNZIONALE DI CUI DISPONIAMO: LE MANI! di Domiziana Coracci

L

e mani, più o meno curate, parlano di noi… Testimoniano la nostra attività, la nostra personalità e la nostra età.

Al di là della cura delle unghie, più estetica che curativa, sono ancora molte le persone che non prestano molta attenzione alle mani.

Strumento senza dubbio impareggiabile dal punto di vista comunicativo e funzionale, sono la parte del nostro corpo continuamente esposta e con minori difese all’azione di agenti irritanti ed atmosferici, poiché non esiste lavoro o attività che non ne preveda l’utilizzo. Acqua, freddo, sole, sostanze chimiche ne minano in ogni momento l’integrità della pelle danneggiandola, invecchiandola, lasciando trasparire la nostra età.

Prendersi cura delle proprie mani è importante per mantenerle sempre idratate, morbide e belle.

La pelle delle mani deve ricevere le stesse attenzioni della pelle del viso, anzi gli stessi procedimenti di cabina, trattamenti antirughe, antimacchia, acido glicolico o jaluronico, aromaterapia a mezzo di cocktails di oli essenziali. Nei casi specifici di inestetismi quali macchie, o peli eccessivi, mal sopportati dalla donna quanto dall’uomo, volendo risolvere definitivamente il problema, si

può ricorrere a laser, luce pulsata, radiofrequenza o termolisi.

Ovviamente la pelle delle mani presenta caratteristiche pressoché uniche, molto differenti rispetto a quella del viso e di qualsiasi altra zona del corpo: • nei palmi, le mani presentano un’epidermide spessa, caratterizzata da solchi, creste e priva di peli. Ogni palmo è attraversato da pieghette, che si formano inevitabilmente ogni qualvolta si muove o si flette la mano. Lungo tutta la superficie del palmo sono presenti migliaia di recettori nervosi e ghiandole sudoripare, importantissimi per captare ogni stimolo termico, sia esso irritante o di altra natura; • nei polpastrelli si notano cerchi concentrici che vanno a formare i dermatoglifi (le cosiddette impronte digitali); • a livello del dorso, lo spessore della pelle è medio, né troppo spesso come quello della pianta del piede, né troppo sottile come quello del contorno occhi.

A differenza delle altre parti del corpo, le mani vengono (giustamente) lavate molto spesso.

Il problema fondamentale è che si tende a non badare alla composizione del detergente, rischiando così di utilizzare prodotti

ATLAS MAGAZINE | 25

fortemente sgrassanti ed irritanti. Così facendo, il naturale film idrolipidico che ricopre l’epidermide viene via via danneggiato.

Questo indebolisce la pelle e la rende particolarmente sensibile e soggetta a screpolature e rossori.

Ci sono poi i raggi UV del sole e l’azione del vento che alterano l’integrità delle fibre di sostegno del derma: l’azione combinata di questi elementi può talvolta provocare l’accumulo di pigmento melanico in alcune zone circoscritte della pelle, ponendo le basi per la formazione di macchie cutanee nelle mani.

Alla luce di quanto detto finora, possiamo confermare a caratteri cubitali (concetto già ampiamente indagato qualche articolo fa…) che la cura delle mani ha inizio già con la detersione.

Detergere le mani è, infatti, un gesto di fondamentale importanza per la propria salute, ma che deve essere eseguito correttamente e con i giusti prodotti.

La pelle delle mani ha bisogno di essere costantemente idratata, nutrita e protetta mediante l’uso di cosmetici idonei, in maniera tale da fornirle tutti gli elementi di cui necessita per riequilibrare la funzione “barriera cutanea”, prevenendo così i segni dell’invecchiamento precoce, le macchie della pelle, le screpolature e gli arrossamenti.

Non a caso, una detersione delicata ed un’accurata idratazione della pelle costituiscono le due regole d’oro per la cura delle mani.

Detersione Anche la modalità di lavaggio è importante per prendersi cura delle mani: a tale scopo, si consiglia di: • utilizzare acqua corrente tiepida e sapone delicato, sfregando tutte le superfici delle mani, compresi polsi, palmi, dorso, dita e

ATLAS MAGAZINE | 26

spazio al di sotto del margine libero delle unghie; • dopo aver strofinato le mani per almeno 20 secondi, si può procedere con il normale risciacquo; • per completare la procedura, si raccomanda di asciugare perfettamente le mani con un asciugamano morbido. Molte persone tendono a tralasciare quest’ultimo passaggio, che si rivela invece indispensabile per mantenere la pelle liscia e morbida quanto più a lungo possibile. Infatti, un’asciugatura non ottimale potrebbe, a lungo andare, causare secchezza e screpolature delle mani.

Idratazione, nutrimento e protezione Per la cura delle mani è necessario applicare regolarmente creme idratanti, nutrienti e protettive sulla pelle, utilizzando prodotti specifici per le mani, formulati con glicerina, sericina (proteina della seta), allantoina, vitamine antiossidanti, pantenolo e burri e oli naturali (burro di karité, olio di argan, olio di cocco, olio di avocado, ecc.).

Infine, non bisogna dimenticare quanto è importante proteggere la pelle dalle radiazioni UV. A tal proposito, risulta pertanto fondamentale l’applicazione di filtri solari con adeguati indici di protezione.

Ovviamente, da ossessionata appassionata quale sono, non vi lascio senza prima aver dispensato anche qualche piccolo consiglio alimentare: - via al consumo di carote, albicocche, zucca per una pelle luminosa; - uova, ricche di ferro, fosforo, calcio e vitamina B, per mantenere una pelle elastica!

GIOVANI, SOSTENIBILITÀ E INFLUENCER: SUI SOCIAL PER PROMUOVERE E SCOPRIRE LA CULTURA GREEN! di Debora Bizzi

#P

lasticfree, #Sostenibilità, #Environment, #Ecofriendly, #Zerowaste, #Savetheplanet e #Recycle. Sono solo alcuni degli hashtag più utilizzati dagli influencer green. Circular economy, eco-friendly, slow fashion. Sono solo alcuni dei trend di cui la community digitale si fa portavoce. Sui social network è oggi di tendenza la sostenibilità!

C’è un movimento volto a sensibilizzare gli altri per salvare il pianeta. Green influencer capaci di rendere i social media un alleato prezioso per sensibilizzare i più giovani (e non solo) sulle tematiche legate alla sostenibilità. Per raccontare storie e trasmettere messaggi su differenti argomenti, tutti collegati al mondo green, per creare informazione o nuovi modelli a cui ispirarsi.

Per condividere non solo informazioni o opinioni, ma consigliare comportamenti o scelte quotidiane nel segno della sostenibilità, con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente che abitiamo.

Dal cibo alla moda, risparmio energetico, riciclo, riuso, … in Italia nel 2020 i post con l’hashtag dell’ecosostenibilità sono cresciuti del 40% rispetto al 2019. Percentuale risultato della ricerca “La solidità della reputazione al tempo della società liquida e della trasformazione digitale”, presentata lo scorso marzo da Sec Newgate SpA, in occasione della Milano Digital Week 2021.

Consigli per sensibilizzare anche i più giovani. Tra le tematiche maggiormente trattate dai green influencer si trovano il cibo – e la pubblicazione di ricette utili a diminuire gli sprechi e creare portate creative e dal gusto delizioso utilizzando gli scarti alimentari, la moda e l’ambiente in generale.

I giovani fruitori del web sono sempre più attenti al tema della sostenibilità, nelle scelte quotidiane, negli acquisti, nelle abitudini.

Uno stile di vita sostenibile, oltre a essere fondamentale per un futuro migliore, è oggi anche una tendenza.

Tra gli account che maggiormente si impegnano (o che sono seguiti) a promuovere una cultura sostenibile su Instagram, e che hanno fatto del digital storytelling (o content creator) la loro professione, troviamo differenti nomi, che si muovono su diverse aree tematiche.

Alex Bellini, ad esempio, è una tra le figure di forte ispirazione. Esploratore, speaker motivazionale, performance coach, che nel 2019 ha avviato il progetto 10 Rivers 1 Ocean e navigato su una zattera i dieci fiumi più inquinati dalla plastica del Pianeta. O Leonardo DiCaprio che ha istituito una fondazione per la salvaguardia dell’ambiente. @Catorilla con oltre 75mila follower, è una designer e content creator italiana che oggi vive a New York, ed è molto sensibile a tutti i temi della sostenibilità: nel suo profilo Instagram ci racconta (e dimostra), soprattutto, come moda e rispetto per l’ambiente “possono andare a braccetto”. E ancora Lisa Casali che nel suo profilo @ecocucina ci racconta di una cucina sostenibile, per

“ridurre il nostro impatto ambientale nelle scelte che facciamo ogni giorno riguardo al cibo. Azzerare gli sprechi e ottimizzare al massimo ingredienti, acqua ed energia”. @storie_sfuse sono quattro ragazze, Anna Meda, Marica, Milena e Anna Milani, tre designer e una logopedista, unite attorno a questo progetto da un intento comune: provare a ridurre il consumo di plastica dalle nostre vite quotidiane. Sul loro profilo offrono soluzioni semplici e pratiche per rendere il nostro stile di vita più sostenibile.

Tra i profili “da seguire”, anche quello della giovane piemontese Giorgia Pagliuca che condivide consigli utili e pratici sul tema della sostenibilità in più ambiti, dalla gastronomia a ridotto impatto ambientale alla cura per la persona e a quello che definisce ecofemminismo. E @teresa_agovino, “ingegnere ambientale, consulente di turismo sostenibile, artigiana della sostenibilità” che si impegna a sensibilizzare i follower sulla necessità di viaggiare in maniera etica e rispettosa dell’ambiente, degli animali e delle comunità. O ancora Nicola Lamberti, che nel suo profilo @Lamberti.nic spiega in modo semplice fenomeni complessi e da piccoli consigli di vita pratica, dalle piante da mettere in casa a come evitare gli sprechi alimentari.

Luca Talotta, invece, è il primo tra i Top Italian Green Influencers individuati da Greenstyle per la categoria mobilità sostenibile.

Insomma, sono davvero tanti i profili che dispensano consigli green, sia italiani che stranieri, su differenti tematiche, ed hanno tutti un obiettivo comune: promuovere una cultura sostenibile e sensibilizzare quante più persone sulle tematiche ambientali, per la salvaguardia dell’ambiente.

ATLAS MAGAZINE | 27

FORMAZIONE ATTITUDINALE: PROGRAMMI STRATEGIE E OFFERTE BY ENERGY ACADEMY di Francesco Briguglio

S

ono convinto che soprattutto nei periodi di crisi, quale quello che attraversiamo attualmente, la formazione attitudinale e comportamentale costituisca un fattore strategico sul quale investire per ridare impulso allo sviluppo delle nostre attività ed a una buona gestione di se stessi.

La vita è una sola, è la nostra unica possibilità PER FARCELA O NON FARCELA. Niente è più potente del pensiero, se pensi di poter vincere puoi farlo. Ma se temi di non farcela, allora, non ce la farai.

Conoscere i meccanismi principali che governano il funzionamento della nostra mente è il primo passo per diventare più consapevoli di quello che siamo e soprattutto di quello che non siamo.

La maggior parte della gente vuole migliorare la propria situazione economica e professionale ma deve avere il coraggio di cambiare, deve stare al passo con i tempi, se vuole avere il potere e il controllo di qualsiasi tipologia di attività, ha bisogno di avere maggiori informazioni e formazione.

Il cambiamento porta insicurezza e indecisione sulle questioni da affrontare e sulle decisioni da prendere, non conoscendo la nuova realtà si ha paura di uscire dal proprio mondo ovattato, di sfidare l’incognito, non si vuole sbagliare per non dire poi a se stessi che si è stati incapaci ad affrontare un nuovo mondo.

Coloro che hanno la volontà di cambiare le cose, con tenacia e convinzione, di intraprendere una nuova strada, devono rompere le abitudini, Siamo creature abitudinarie, una volta che sviluppiamo determinati comportamenti, questi si radicano dentro di noi, influenzando anche i nostri schemi di pensiero, solo attraver-

ATLAS MAGAZINE | 28

so il cambiamento delle convinzioni da limitanti a potenzianti, si modificano i risultati.

Qualsiasi miglioramento desideri ottenere nella tua vita sarà frutto di un processo soggettivo ma che avrà sempre inizio con un denominatore comune: UNA DECISIONE. Tutto quello che ti accade, che si tratti di qualcosa di estremamente bello o che ti conduca di fronte ad una sfida, è determinato dal potere che scaturisce nel prendere una decisione.

Decidere infatti significa tagliar via, mozzare ciò che non serve, il nostro passato, le nostre paure, tutto ciò che ci separa dalla meta.

Una vera decisione deve condurre all’azione, senza di essa tutto ciò che vuoi è destinato a restare solo un desiderio. La decisione ti obbliga ad uscire da quella che viene definita la “zona confort” in cui ti senti sicuro e protetto ma che a lungo andare può diventare una “gabbia mentale” che ti impedisce di crescere. Ecco perché la decisione si accompagna a due altre qualità del cambiamento: il coraggio e la voglia di mettersi in gioco, nella totale consapevolezza che tutto ciò che ti accade dipende dalla tua volontà.

Lanciare una sfida non significa semplicemente partecipare, lo scopo è quello di ottenete la cognizione di misurarsi con gli altri e con se stessi, in modo da aumentare la propria autostima. Vincere una competizione, non vuol dire solo aver raggiunto il traguardo importante per se stessi, ma soprattutto avere la convinzione di essere all’altezza della situazione e quindi di ottenere sempre traguardi più importanti.

La vita, come lo sport, è una sfida continua con se stessi. Se si vuole conoscere il carattere e la professionalità di una persona, basta osservarla mentre pratica lo sport; come si comporta quan-

do è sotto pressione, se è ostico o accondiscendente, il gioco ti fa capire la sua natura scoprendo se ci si può fidare o no. Sotto stress si evidenzia il carattere di una persona, la performance ottimale si raggiunge quando si rompono i freni razionali permettendoci di entrare nel mondo dell’irrazionale facendo scaturire una reazione buona o cattiva.

Le reazioni sono il frutto di una nostra personalissima interpretazione della realtà, e per questo non possono e non devono essere considerate assolute ma relative, diverse da quelle di tutti gli altri UOMINI. Bisogna riconoscere che si possono avere MAPPE MENTALI differenti, diversi punti di vista. Ognuno ha la sua personale rappresentazione interna della realtà.

I modelli mentali e le credenze influenzano il nostro modo di pensare e di agire, talvolta inconsapevolmente. Questo atteggiamento porta spesso a gestire le situazioni allo stesso modo senza considerare strade alternative.

L’orientamento, il raggiungimento di un risultato o di uno scopo, sono scaturiti dal forte desiderio, dall’interesse che devono indurre a perseverare sulla strada intrapresa raggiungendo piccoli obiettivi la cui somma permette di centrare lo scopo finale.

Il sogno prima viene realizzato nel nostro cervello, poi viene materializzato grazie a impegno e convinzione.

Accettare il cambiamento ti conduce al successo personale, perché cambiare significa CRESCERE e crescere significa MIGLIORARSI.

www.energy-academy.it

Abbi fiducia nelle tue capacità, trasformale in abilità e vai fino in fondo: il cambiamento è vita! Cambiare ci permette di: • trovare il nostro coraggio affrontando l’ignoto; • evolverci, proiettandoci verso il futuro; • migliorarci giorno dopo giorno; • farci comprendere le nostre priorità, acquisendo maggiore consapevolezza di noi stessi e dei nostri limiti.

“Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è.”

[Buddha] Il Cambiamento crea nuove abitudini che impattano in modo importante per accelerare il percorso e arrivare al successo. Il potere di cambiare le cose sta nella scelta delle nostre abitudini.

Hai mai partecipato ad un corso di formazione? Come potrebbe cambiare la tua vita se avessi qualcuno che ti sostenesse durante il tuo viaggio?

Scrivi a info@energy-academy.it raccontami la tua esperienza, ti risponderò personalmente.

FRANCESCO BRIGUGLIO Presidente Energy Academy

info@energy-academy.it ATLAS MAGAZINE | 29

DETTO TRA NOI... di Sergio Grifoni

MAI INVERTIRE I TERMINI

S

pirito sano in corpo sano.

Lo affermava un vecchio farmacista della mia città, che ho avuto la fortuna di conoscere negli ultimi anni della sua vita.

Un convinto credente ed un abile speziale che, tra una ricetta da evadere e l’altra, si “divertiva” a miscelare tisane, a scrivere trattati filosofici, ad inventare unguenti, ad istruire la gioventù.

Meticoloso nel mangiare, ferreo nei valori e nei sentimenti.

Corpo e spirito.

D’altra parte anche il celebre Gayelord Hauser, amava ripetere che: “Il corpo e la mente sono mere astrazioni di una realtà concreta, che è l’individuo umano, le cui funzioni sono contemporaneamente influenzate dalla qualità e dalla quantità del cibo ingerito”. Ne ebbe la riprova quando sperimentò questa sua teoria su un discreto numero di nuclei famigliari, appartenenti a più etnie, ricavandone nel tempo un risultato interessante.

Su dieci famiglie esaminate, soltanto una si alimentava fisiologicamente, mentre quattro lo facevano discretamente e ben cinque poveramente.

Attenzione: non solo per quantità, ma soprattutto per qualità ed abbinamento degli alimenti.

Ecco quindi, per esempio, che fra due tribù keniote distanti pochissimi chilometri tra loro, ma con differenti abitudini alimentari, i Masai, rispetto ai Kikuyu, sono di media tredici centimetri più alti, pesano undici chili di più e sono il 50% più forti.

Eppure hanno a disposizione la stessa dispensa naturale, ma la utilizzano in modo diverso.

“Il destino di una nazione, dipende da come riesce a nutrire il suo popolo”, scriveva nei suoi memoriali il noto magistrato e letterato, Savarin.

L’alimentazione è nata con l’origine della vita, con l’uomo atavicamente guidato dall’istinto, unica guida verso la sopravvivenza e la conservazione.

Senza il giusto nutrimento, nessuna manifestazione vitale infatti è possibile. Ma tutto ciò non basta, se non viene calata in un ambiente favorevole, sia per la specie animale, che vegetale.

Il sostentamento vitale, oggi più che mai, è condizionato dalle abitudini, dalle credenze, dalle religioni, dalle economie di mercato, dalle superstizioni.

La tradizione non potrà mai essere una guida sicura, perchè miscela verità e pregiudizi con la medesima frequenza.

Probabilmente però, alcune credenze e dogmi, sono fortemente salutari per la sopravvivenza. Immaginate, per esempio, se il divieto di mangiare carne di maiale e non bere alcolici, proprio dei musulmani, fosse esercitato nei freddi paesi dell’est.

O magari il contrario.

ATLAS MAGAZINE | 30

Sarebbe una devastazione sociale. È anche vero che l’appagamento dell’appetito non è sempre una dimostrazione di adeguatezza alimentare. Come è vero che la quantità di cibo consumato, non varia molto fra i popoli (tranne ovviamente per coloro che purtroppo muoiono di fame), ma la qualità e la tipologia certamente sì.

Ecco perchè alcuni popoli sono in gran percentuale obesi, ed altri no, laddove l’obesità si presenta sempre come la sorellastra della salute. E questo fenomeno non riguarda solo le persone in età avanzata, cioè quelle con un naturale logorío del sistema metabolico, ma si riscontra purtroppo anche nei giovani. Proprio perchè le abitudini non hanno età.

Ed ecco quindi che, agli assiomi religiosi e alle credenze popolari, si sono aggiunte quelle guide nutrizionali che, partendo da cognizioni più o meno scientifiche, offrono consigli per seguire la giusta strada alimentare.

Abbinamento dei cibi, giusta quantità, intervalli temporali.

Con un denominatore comune che è il terrore di chi deve ricorrere a simili restrizioni: le calorie.

Alla fin fine poi, non son altro che la quantità di sostanze necessarie ogni giorno per coprire i propri dispendi energetici, in virtù del proprio peso e del movimento.

E i suggerimenti per trovare il punto di equilibrio, arrivano come fiocchi di neve, che si sciolgono però più dei grassi di chi li riceve.

Tutti figli di teorie partite da lontano, con i vari Regnault, Barral, Dalton, Rubner e così via. Era a metà dell’Ottocento, quando si incominciava già a stabilire che la dottrina dell’alimentazione si basava su due principi: i quantitativi energetici consumati per i minimi bisogni, nonchè la determinazione degli alimenti necessari. Si incominciava a comprendere che non c’era bisogno solo di alimenti energetici, ma anche di altri fattori che, pur non aggiungendo nulla al valore energetico, in assenza renderebbero lo stesso inadeguato. Pochi milligrammi di vitamine, infatti, nulla sono rispetto magari a seicento grammi di proteine, di grassi etc.

Se un popolo però non ne fa uso, prima o poi si spegnerà!!!

La difesa del nostro organismo da molte malattie infettive, dipende infatti più dalla qualità che dalla quantità degli alimenti, con tre step legati ai bisogni nutrizionali: alimentarsi, proteggersi, godere.

Altro non significa che: necessità, sicurezza e piacere.

Spirito sano, in corpo sano.

Non sempre tutto ciò è legato alle diete attuali, che spesso si seguono più per la necessità di piacersi, che per sentirsi meglio.

Certo, quando una persona dimagrisce, aumenta la sua autostima. Manca però il terzo fattore, ovvero la sicurezza che il sistema nutrizionale osservato, diventi una sana abitudine e non un continuo sacrificio.

Detto tra noi, meglio essere affamati di vita che di cibo.

E ve lo consiglia uno che, spesso e volentieri, sicuramente sbagliando, inverte i termini.

Atlas Magazine rispetta l’ambiente ed è stampata su carta FSC (Forest Stewardship Council) via Varesche, 46 - 37010 Costermano sul Garda (VR) www.atlasmagazine.it - info@atlasmagazine.it