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RUBRICA - DETTO TRA NOI... IL BUONO IL BRUTTO E IL CATTIVO
IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO
Il titolo che volutamente ho voluto dare alla rubrica per questo numero, mi riporta alla mente uno dei migliori film, spaghetti western, di Sergio Leone. Un titolo che, di primo acchito, poco si presta per meglio raffigurare gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, ma che, con un gioco lessicale di fantasia, potrebbe invece aiutarmi ad esprimere al meglio alcuni concetti ad essa riferiti. Partiamo innanzitutto da questo: il film uscì su tutti gli schermi cinematografici nell’autunno del 1966. Un anno cruciale per le trasformazioni delle sensibilità verso i problemi della salvaguardia della natura. Incominciamo dal “brutto”. In Italia si verificarono, nel corso dei mesi, tre gravissime alluvioni: Trentino, Firenze e Venezia. Catastrofi gigantesche, che costarono vite umane, la rovina dei monumenti, lo stravolgimento delle infrastrutture, la perdita di reperti storici, la distruzione di attività di ogni genere, la disperazione e la paura. Poi arrivò il “cattivo”. Furono costruite, sempre in quell’anno, duecento villette nel Parco d’Abruzzo, alla faccia dei più elementari vincoli paesaggistici. Un parco, attrezzato tra il 1947 ed il 1951, che risultava essere il primo del suo genere nel territorio Italiano, profanato nella maniera più palese. Erano sempre gli anni in cui, chi uccideva un lupo o una volpe, non solo non veniva multato e legalmente perseguito, ma veniva premiato. L’economia nazionale verteva soprattutto sul settore dell’agricoltura, della pastorizia e della zootecnica. I lupi e le volpi facevano razzia di animali, sia ogni qual volta si avvicinavano ad una azienda agricola, sia quando incrociavano le loro vittime lasciate allo stato brado. Il cacciatore che abbatteva uno di questi predatori, lo appendeva ad un bastone, se lo caricava sulle spalle, ed iniziava a fare il giro dei casolari, per ricevere in cambio: uova, formaggio, salumi. Alla fine del giro, il sacco dei doni riconoscenti, pesava molto di più del povero lupo o della spelacchiata volpe. Al momento della emanazione di una apposita legge di tutela, in Italia erano sopravvissuti soltanto un centinaio di lupi. Di volpi ce n’erano di più, ma venivano conteggiate anche le persone! Poi, sempre per quanto riguarda la sostenibilità e la salvaguardia della natura, eccoti spuntare il “buono”. Un gruppo di borghesi illuminati, guidati da Fulco Pratesi, diede vita ad una Associazione con finalità ambientalistiche: si chiamava WWF. Iniziarono a scrivere di ecologia sui maggiori quotidiani nazionali. Si accorsero però che tra i lettori adulti, cristallizzati nelle loro durature abitudini e credenze, non riscuotevano tanto successo. Dovevano quindi stimolare la sensibilità partendo da
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DETTO TRA NOI...
di Sergio Grifoni
chi stava ancora nella fascia dell’adolescenza, al fine di inculcare le ragioni ambientali. Cosa si inventarono? Una bella rubrica su due periodici a larga diffusione: Topolino ed il Corriere dei Piccoli. Di necessità virtù! L’Associazione fu pioniera nel proporre anche le Oasi naturalistiche, la prima delle quali, vide la luce nel 1968 intorno al lago di Burano. A dir la verità nel nostro Paese esistevano già due entità associative che trattavano di ambiente, ma non erano mirate alla sostenibilità, intesa come la intendiamo oggi. In Trentino operava la Societè de la Flore Valdotaine, guidata da Renzo Videsott, che aveva dato vita al Movimento Italiano per la Protezione della Natura. Non decollò perché di italiano aveva solo il nome, essendo operativa in uno stretto territorio. Poi c’era Italia Nostra, fondata a Roma nel 1955, ma che difendeva solo i valori storici e culturali, e non anche quelli ambientali. Più tardi, fra gli anni settanta ed ottanta, arriveranno gli Amici della Terra, la Lega Ambiente e Greenpeace italiana. Le prime campagne per la salvaguardia della sostenibilità ambientale, vennero incentrate contro l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, facendo focus su due elementi da combattere: i componenti biodegradabili dei saponi e l’emissione dei veicoli a motore. Ed ecco riapparire di nuovo il “brutto”, ovvero il comparto economico imprenditoriale, che stava invece proteso verso un entusiasmante sviluppo industriale fuori da ogni previsione e controllo. Passo, passo, lo seguiva anche il “cattivo”, vestito dall’incontrollabile entusiasmo della gente che assaporava, dopo anni di sacrifici e rinunce, il gusto del boom economico degli anni sessanta, con buona pace dei fattori inquinanti. Non solo, ma a peggiorare la situazione ambientale, arrivarono anche le iniziative dei sostenitori del benessere ad ogni costo, che portarono ad una selvaggia e non sempre controllata urbanizzazione delle periferie cittadine. Erano gli anni durante i quali, per esempio, i palazzi multipiano invadevano le aree verdi a ridosso dei centri storici, diventate zone Peep o di edilizia residenziale pubblica. Tre sciagure ambientalistiche diedero però un forte scossone alle coscienze umane. L’affondamento della superpetroliera Amoco Codiz e, soprattutto, l’esplosione della Centrale nucleare di Cernobyl. Coscienze scosse più dalla paura, che dalla vera cognizione di causa o dalla consapevolezza. Si incominciò a parlare di buco dell’ozono, di futuro dei figli minato e quello dei nipoti compromesso. Iniziava a riapparire il “buono”. La crescita delle coscienze portò alla riflessione polito-sociale ed alla biodiversità. Man mano che il legislatore prendeva atto del problema
della sostenibilità ambientale, diminuiva di riflesso l’influenza e lo sviluppo esponenziale delle associazioni ambientalistiche. Quello che prima era un puro attivismo, stava trasformandosi in pressione politica. Tant’è che si arrivò, nel 1982, a dar vita anche alla prima Università Verde, in quel di Mestre, per l’alfabetizzazione delle tematiche ambientali. Molti ricorderanno nel 1988 il passaggio nelle principali stazioni italiane del suggestivo Treno Verde, con i suoi variopinti colori, i tanti messaggi cartacei lanciati dai finestrini, le sensibilizzazioni sonore, la frenesia che lo accompagnava all’arrivo e lo strascico di consapevolezza che lasciava alla partenza. Oggi il livello di discussione si è internazionalizzato, adeguandosi a quel valore della globalità totale, che fa della forza dell’insieme l’unico sistema per poter combattere l’inquinamento nelle sue varie sfaccettature. Tanti trattati che dettano impegni e scadenze, poi sistematicamente disattese. Tanti ripensamenti e buoni propositi, poi caduti nel cassetto del dimenticatoio. E qualcuno più sensibile ed accordo, potrebbe chiedersi: ma perché questo accade? Perché, detto tra noi, da che mondo è mondo, esisteranno sempre e comunque: il buono, il brutto e il cattivo!
Parco Nazionale d’Abruzzo