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RUBRICA - PILLOLE DELL’AVVOCATO SISTEMI DI TRUFFA NEL MONDO CRYPTO

SISTEMI DI TRUFFA NEL MONDO CRYPTO
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dell’ Avv. Simone Facchinetti
Le criptovalute che per molti sono sinonimo di fiorenti opportunità finanziarie, nascondono altrettante insidie per gli investitori neofiti che pagano a caro prezzo la scelta inconsapevole di avvicinarsi a questo mondo totalmente impreparati. Nel mare magnum delle cryptocurrency, infatti, sono numerosissime le truffe che ogni giorno invadono il web. A livello statistico, nei 14 mesi tra gennaio 2021 e marzo 2022, secondo le rilevazioni effettuate dalla Federal Trade Commission statunitense, sono state commesse “crypto-truffe” per un valore economico complessivo superiore al miliardo di dollari. Questo dato risulta essere ancora più allarmante e incisivo considerando che la stessa analisi ha osservato che le segnalazioni di truffa effettuate dagli utenti sono state circa 46 mila, ma solamente il 5% delle vittime si stima abbiano denunciato il furto subito e, pertanto, risulta essere un valore da misurare per difetto. La diffusione dell’utilizzo dei social network, unitamente alla loro interfaccia spiccatamente user friendly, ha fatto di essi il terreno fertile nel quale i truffatori posso coltivare le proprie attività illecite, ingannando gli utenti da poco esperti e, solitamente, neoentrati nel mondo delle criptovalute. Proprio in tali luoghi virtuali si sono sviluppati i metodi truffaldini più efficaci, attraverso i quali – letteralmente ogni secondo – vengono sottratte migliaia di criptovalute agli utenti più incauti. Uno dei metodi ingannevoli più utilizzati è, infatti, il Giveaway promosso sui social network. Si tratta di una sorta di “concorso a premi” nel quale, a chiunque partecipa, viene promesso l’ottenimento di un “regalo/ricompensa”. Questo metodo ha uno schema ben delineato: il promotore, spacciandosi per un famigerato operatore finanziario - molte volte sfruttando anche l’identità reale di soggetti molto blasonati nel panorama delle criptovalute - propone agli utenti di inviare, ad esempio, 0,1 BTC (Bitcoin) ad uno specifico indirizzo, in cambio della promessa di riceverne indietro da 1 a 20, ovvero dieci volte tanto. Tutto ciò accompagnato da una fattiva pressione che viene insinuata nella vittima, attraverso l’utilizzo di un countdown in rapida conclusione, che fornisce poco tempo all’utente per decidere. La realtà dei fatti regala a volte anche delle metodologie di truffa che hanno – all’apparenza - quasi del ridicolo, proprio come accaduto nel 2020 nell’ambito della nota truffa legata all’improbabile Giveaway di Bitcoin proposto apparentemente da Elon Musk su Twitter. Il promotore, in questo caso, millantando di essere proprio il CEO di Tesla e di SpaceX, scriveva che per celebrare il successo del lancio Tesla Model S Performance aveva deciso di fare qualcosa di speciale, ovvero il più grande giveaway di Bitcoin al mondo, invitando gli utenti ad inviare 5 BTC o 100 ETH per ottenere in premio la vettura Tesla. Sebbene, come in questo caso, sembra molto facile avvedersi della truffa date le circostanze, molte persone hanno effettivamente effettuato quei versamenti in Bitcoin o Ethereum perché convinte che a proporgli quell’occasione di investimento fosse realmente il sig. Musk. Ciò è stato di fatto possibile poiché il truffatore ha utilizzato un handle Twitter molto simile a quello reale di Elon Musk, ovvero quella stringa che identifica ogni profilo di tale social network (in questo caso, il vero handle è il seguente: https://twitter.com/elonmusk)
Cambiando social network, possiamo osservare diverse metodologie di truffa che, però, hanno il medesimo obiettivo criminoso. Nell’ambito delle criptovalute, infatti, accade molto spesso che, all’interno dei gruppi Telegram che trattano di criptovalute, un utente segnali un problema relativo alla piattaforma di investimento o al proprio wallet virtuale e un altro soggetto utente, spacciandosi per il “supporto clienti”, sottragga occultamente le informazioni personali e la frase seed - solitamente composta da una stringa casuale di 12 parole, ma possono essere anche 18 o 24 - così accedendo indisturbatamente al wallet crypto altrui.
La più diffusa tecnica di truffa nell’ambito delle criptovalute rimane comunque il Phishing, ovvero la captazione di dati significativi nel rapporto tra utenti, mediante l’abusivo inserimento nel sistema informatico della vittima. Questa tecnica è attuabile a diversi
gradi di insidiosità: • Mediante il semplice invio di e-mail, oppure di link che rimandando a siti clone, dirette alle vittime al preciso scopo di disporre operazione in favore degli autori del fatto. • Maggiormente insidioso e rilevabile dall’utente è il Phishing effettuato attraverso l’impiego di software autoinstallanti (come i cd. Trojan Horse) capaci di registrare e trasmettere occultamente i dati mentre l’utente usa il PC o lo smartphone. Di fatto, in questo caso, il soggetto truffato, cliccando un link dannoso inviato appositamente dal truffatore professionista, autorizza il download di un programma (o di un App) all’apparenza invisibile, ma che riesce a svelare alcuni dati crittografati, come quelli necessari per accedere ai wallet contenenti cryptovalute.
Molto diffuse e parimenti difficili da individuare sono le App mobile contraffatte, ovvero quelle applicazioni dannose per lo smartphone, all’apparenza mascherate da importanti compagnie crypto, ma progettate appositamente per truffare le vittime, sottraendogli le criptovalute possedute nei loro wallet digitali. Questa metodologia di truffa ha spesso coinvolto anche gli investitori più accorti, poiché in alcuni casi possono essere scaricate direttamente dagli store ufficiali messi a disposizione da Apple e Google. Nel 2021, sul noto store presente in tutti i dispositivi Android, sono state scovate ben 8 applicazioni (tra le quali, ad esempio, Crypto Holic – Bitcoin Cloud Mining) che ingannavano le vittime facendole guardare annunci pubblicitari, pagare per servizi in abbonamento con tariffe mensili da $ 12,99, convincendole di stare effettivamente guadagnando criptovalute, ma senza poi di fatto ottenere mai nulla in cambio. Allo stesso modo, seppur attinente ad una tecnica di truffa ormai consueta e già sperimentata in altri settori economico-finanziari, il noto Schema Ponzi conserva ancora una notevole attrattività per i truffatori che, attraverso un consolidato sistema di truffa, promettono lauti guadagni ai potenziali investitori a condizione che questi ultimi reclutino a loro volta altri investitori. Tuttavia, si tratta di un’evidente truffa giacché il flusso di denaro che sorregge l’intero schema è alimentato unicamente dai soldi dei nuovi investitori e, pertanto, non appena non si riescono più a sostenere i pagamenti agli investitori più “vecchi”, mancando gli investimenti in entrata, la truffa collassa. Similarmente, gli Schemi a Piramide promettono rendimenti ingenti in cambio del reclutamento di nuovi membri. In cima alla piramide si trova l’organizzatore dello Schema che recluta un certo numero di persone, le quali – a loro volta – reclutano altre persone, e così via. Il risultato è un’enorme struttura ramificata che, a causa della crescita esponenziale direttamente proporzionale all’aumento dei livelli della piramide, non può essere sostenuta finanziariamente nel lungo periodo. Molti sistemi piramidali, infatti, hanno una durata molto breve condizionata dalla velocità con cui i partecipanti richiedono i guadagni promessi, derivanti esclusivamente dell’entrata di nuovi utenti e non scaturenti da un’attività economica reale. Nonostante ormai siano noti i meccanismi e i cd. red flag sottesi allo schema ideato dall’italiano Charles Ponzi, nonché ai più svariati sistemi piramidali, nel 2015 è stato fondato un progetto crypto, chiamato OneCoin che, proprio attraverso l’attuazione di uno schema piramidale, è stato in grado di truffare milioni di persone. La crypto OneCoin, nata apparentemente con l’audace obiettivo di superare Bitcoin, di fatto si è rivelata una cd. scamcoin, ovvero una criptovaluta priva di valore intrinseco, creata con il solo fine, appunto, di truffare gli investitori. Il disegno criminoso è stato attuato attraverso un perfetto camuffamento della sua promotrice, Ruja Ignatova, che millantando di aver studiato alla prestigiosa Università di Oxford ed aver lavorato per la società McKinsey, nonché lanciando il progetto OneCoin in grande stile con eventi spettacolari che coinvolsero miglia di persone (nel luglio 2016, un evento di OneCoin si svolse anche alla Wembley Arena) tanto che la portarono ad ottenere la copertina di Forbes, riuscì a far crescere il progetto OneCoin fino a farlo diventare un fenomeno mondiale, truffando così diversi milioni di persone. L’immenso progetto di truffa che prometteva un guadagno garantito di ben 3 milioni di euro, a fronte di un investimento minimo di 140 euro fino ad un massimo di 27.530 euro, infatti, poi si è rivelato essere tale, posto che la criptomoneta così tanto pubblicizzata esisteva solo sulla carta, non possedeva una sua blockchain e non esistevano minatori.

CONCLUSIONI
I professionisti che operano nel mondo delle criptovalute già da tempo si sono muniti di strumenti utili alla prevenzione e all’identificazione degli schemi di truffa più utilizzati in questo settore, proprio al fine di evitare di esporsi eccessivamente al rischio di subire un depauperamento del loro portafoglio. Oltre ad una notevole conoscenza della criptovaluta che si sta acquistando, l’investitore, in particolar modo se alle prime armi, deve mettere in atto alcuni accorgimenti che gli permettano di stare alla larga da possibili truffe. Più specificatamente, è opportuno che controlli sempre l’URL dei siti web che sta visitando e sui quali intende fare operazioni monetarie, verifichi come sono state distribuite le monete/token, si accerti di quale sia il punto forte del progetto crypto e controlli il curriculum, ove possibile, di chi sta lavorando al progetto. La mancata adozione di tali accorgimenti potrà, al contrario, comportare l’ulteriore rischio che l’investitore prenda parte ad un progetto di una determinata criptovaluta, investendo buona parte dei suoi risparmi, senza accorgersi per un notevole lasso di tempo di essere stato truffato, proprio come nel citato caso di OneCoin.
