Atlas Magazine - Il mondo sulle nostre spalle

BIMESTRALE N. 06 USCITA DEL 07/21

LA POSTURA:

sintomo e medicina del nostro stato d’animo pag. 9

CERCASI UMANI:

intervista a Cinzia Brentani, coordinatrice del Centro Servizi Volontariato di Verona pag. 12

LE COMUNITÀ ENERGETICHE:

quando l’unione fa la forza pag. 29

Insegnante anche d’estate!

Prepariamoci al nuovo anno scolastico con

INSEGNARE È IL LAVORO PIÙ BELLO DEL MONDO!

EDITORIALE

ENERGIA PULITA E CONSUMI INTELLIGENTI

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ensibilizzare la popolazione tutta e le future generazioni per un futuro più green. Educare il cliente-consumatore a queste tematiche.

Agire insieme per costruire un futuro sostenibile, e responsabile, con l’obiettivo di realizzare una vera transizione ecologica. Ovvero quel processo di innovazione tecnologica, di trasformazione dei comportamenti e delle abitudini quotidiane di ogni individuo, nell’ottica del rispetto dei criteri per la sostenibilità ambientale e, pertanto, a ridurre (se non addirittura azzerare) le emissioni di CO2 nell’atmosfera.

Agire insieme per produrre energia sicura, pulita ed efficiente. È questo il principale obiettivo che tutti noi di Atlas Magazine – Il mondo sulle nostre spalle ci proponiamo di raggiungere, impegnandoci quotidianamente con azioni volte a sensibilizzare i nostri lettori, i nostri cari, per salvaguardare l’ambiente che abitiamo e donare ai nostri figli, nipoti, un futuro migliore.

Con il termine transizione ecologica ci riferiamo al processo di innovazione tecnologica che rispetta la sostenibilità ambientale, a tutte quelle politiche territoriali, ambientali ed energetiche volte a incrementare l’utilizzo di energie rinnovabili, a promuovere investimenti sostenibili.

E nell’ottica di un impegno globale, per sensibilizzare tutti i cittadini a un uso consapevole dell’energia e delle innovazioni a noi oggi disponibili, è necessario oggi adottare comportamenti virtuosi, già – e soprattutto, dal nostro quotidiano. Eliminando, ad esempio, gli sprechi. O scegliendo di investire in quelle innovazioni tecnologiche che riducono l’emissione di CO2, che contribuiscono al risparmio energetico, adattan-

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do il più possibile le nostre abitudini nel rispetto dell’ambiente.

Consumando intelligentemente. Quella dei Consumi energetici intelligenti è difatti una delle azioni citata tra i diciassette obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: il programma d’azione che vuole garantire l’accesso universale a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni.

Energia sostenibile significa, anche e soprattutto, dignità per tutti. E ogni singolo individuo contribuisce, in un ruolo chiave, a una gestione senza sprechi e più efficiente. Agire insieme. È sicuramente il punto di partenza, non solo per quel che concerne l’utilizzo dell’energia ma anche gli alimentari, oggetti tecnologici, indumenti, eccetera.

Favorire una cultura basata sul consumo intelligente è essenziale per accelerare il processo di transizione ecologica, il processo di trasformazione delle nostre abitudini, per salvaguardare il nostro Pianeta.

Dai consumi e dai comportamenti domestici, piccoli e grandi accorgimenti possono contribuire al risparmio energetico. Dalla gestione intelligente dell’acqua e dell’energia a livello domestico, per utilizzare le risorse naturali della Terra a un ritmo che permetta loro di ricostruirsi.

Rendere i cittadini partecipi del percorso di transizione ecologica. Anche attraverso innovativi modelli di condivisione energetica.

Con questa premessa, invitiamo i nostri lettori a un consumo più responsabile, intelligente, così da prenderci tutti noi cura del nostro Pianeta.

INDICE

5 GIUGNO: GIORNATA MONDIALE DELL’ AMBIENTE

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LA POSTURA: SINTOMO E MEDICINA DEL NOSTRO STATO D’ANIMO

9

PERCHÉ SCEGLIERE DI ESSERE UN VOLONTARIO. VALORE SOCIALE E CRESCITA PERSONALE

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CERCASI UMANI: INTERVISTA A CINZIA BRENTANI, COORDINATRICE DEL CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO DI VERONA

12

RUBRICA - LE RICETTE DI ATLAS 15 DU SPAGHI ALLA CARRETTIERA DE SGOMBRO… COME PIACCIONO AL DO’ RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA: COS’È, COME FUNZIONA, QUALI SONO GLI INTERVENTI E I VANTAGGI

17

L’OSTEOPATIA: DISCIPLINA E SCELTA DI VITA

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RUBRICA - PILLOLE DELL’AVVOCATO IL SILENZIO ASSENSO E LA SUA ATTESTAZIONE TELEMATICA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

21

RUBRICA - DOS AND DON’TS DI ATLAS MAGAZINE TRUCCHI E SEGRETI PER UN ‘ABBRONZATURA HEALTHY!

24

PIANTARE UN ALBERO EFFETTUANDO RICERCHE ONLINE. CON ECOSIA POSSIAMO ESSERE PIÙ GREEN!

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RUBRICA - DETTO TRA NOI...

QUELLA CAREZZA IN PIÙ

28

LE COMUNITÀ ENERGETICHE: QUANDO L’UNIONE FA LA FORZA!

29

LEGENDA SANO

SOCIALE

SOSTENIBILE

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5 GIUGNO: GIORNATA MONDIALE DELL’ AMBIENTE di Martina Campanelli

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gni anno il 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1972 con la Risoluzione 2994.

La data fu scelta per ricordare la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente tenutasi a Stoccolma dal 5 al 16 giugno del 1972, occasione in cui che venne adottata la Dichiarazione di Stoccolma che definì i 26 principi sui diritti e le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente.

Il tema della Giornata dell’Ambiente di quest’anno sarà il “Ripristino degli Ecosistemi”, con l’obiettivo di prevenire, fermare e curare i danni arrecati agli ecosistemi del Pianeta, cercando dunque di passare dallo sfruttamento della natura alla sua guarigione.

Cosa è un ecosistema e perché è così importante?

Un ecosistema è l’unità ecologica fondamentale, una comunità di organismi viventi di specie diverse che vivono in un particolare luogo e ambiente fisico. Tra gli organismi di un ecosistema e l’ambiente si innestano delle relazioni che danno vita a un continuo scambio di materia ed energia. Tutti i giorni usufruiamo inconsapevolmente dei benefici che ci offrono gli ecosistemi naturali; servizi ecosistemi vengono definiti proprio i benefici che l’ambiente, di cui gli umani fanno parte, ottiene dagli ecosistemi e possono essere raggrupparti in quattro grandi insiemi: • servizi di approvvigionamento come cibo, acqua dolce e risorse ge-

netiche; • servizi di regolazione: coinvolti nella regolazione del clima, nel controllo delle malattie, nel controllo dell’erosione, nell’impollinazione e nella regolazione dei processi naturali come inondazioni, e incendi boschivi.

• Servizi culturali: i servizi ecosistemici non solo forniscono cose concrete come il cibo o servizi essenziali come la filtrazione dell’acqua, ma anche benefici spirituali, ricreativi e culturali (ad esempio possono essere ricca fonte di ispirazione per l’ arte, l’ architettura….).

• Servizi di supporto: sono i servizi che mantengono le condizioni per la vita sulla terra e sono necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici. I loro impatti sulle persone sono indiretti come ad esempio il ciclo dei nutrienti, la formazione e la conservazione del suolo.

In sintesi ecosistemi equilibrati e sani forniscono importanti servizi ecosistemici; non sono solo importanti per darci aria pulita, acqua, suolo e cibo e per proteggerci da inondazioni e malattie ma anche per fornirci paesaggi meravigliosi in cui vivere.

Purtroppo gli ecosistemi mondiali sono in grande pericolo; circa un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione. Fino a pochi mesi fa diversi studi stimavano che tra il 20% e il 50% degli ecosistemi oceanici e costieri sia già danneggiato. Ma un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Forests and Global Change, ha rivelato uno sce-

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nario più tragico: solo il 3% delle terre emerse sarebbe ecologicamente intatto, con una popolazione sana di tutti i suoi animali originali e un habitat non violato.

La Giornata del 5 giugno lancerà ufficialmente il Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino dell’ecosistema, introdotto con l’obiettivo di far rivivere miliardi di ettari: dalle foreste, ai terreni agricoli, dalla cima delle montagne alle profondità del mare.

In vista della Giornata mondiale dell’Ambiente il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha lanciato due strumenti: • La Guida pratica della Giornata Mondiale dell’Ambiente 2021 (nota anche con il nome di The Ecosystem Restoration Playbook). Essa si rivolge a chi sia interessato al ripristino degli ecosistemi, offrendo spunti di riflessione, percorsi e consigli per agire subito a favore del Pianeta; n particolare, fornisce un’introduzione dettagliata alla vasta gamma di azioni che possono esser messe in atto fin da subito per rallentare e fermare il degrado degli ecosistemi e favorire il loro pieno recupero.

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• Il sito web della Giornata Mondiale dell’Ambiente, costantemente aggiornato per consultare e vedere le ultime news su eventi e iniziative.

Ambiente e cambiamento climatico dovrebbero essere priorità per le agende politiche di tutto il mondo. È importante ricordarlo anche nel mezzo dell’attuale pandemia.

Anzi, risanare l’ecosistema è anche una via obbligata per affrontare e superare proprio la pandemia di coronavirus e ridurre le possibilità di nuove crisi simili. Sono queste le conclusioni del rapporto pubblicato a fine ottobre 2020 da IPBES. Il documento dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, massima autorità scientifica su natura e biodiversità, descrive infatti in modo dettagliato i nessi tra declino della biodiversità e pandemie.

La conclusione è sempre la stessa: preservare l’ ambiente non è solo un dovere morale ma scelta obbligata se vogliamo aumentare la qualità della nostra vita.

LA POSTURA: SINTOMO E MEDICINA DEL NOSTRO STATO D’ANIMO di Martina Campanelli

G

li esseri umani non comunicano solo verbalmente e, all’interno degli indici di comunicazione non verbale, oltre alla gestualità e alla mimica facciale, troviamo anche la postura.

La postura è il nostro biglietto di visita; il corpo infatti è un ottimo strumento di comunicazione, basti pensare come ad esempio esso condizioni direttamente l’impatto e l’efficacia di un discorso. Le posizioni che portano il corpo a ritrarsi, come le braccia conserte, sono sicuramente un ostacolo al fluire efficace della comunicazione: non sembra anche a voi un gesto che anticipa un atteggiamento di chiusura, quasi di disaccordo nella comunicazione? Contrariamente, posture aperte come braccia che non si incrociano e spalle rilassate contribuiscono ad aumentare il grado di efficacia della stessa.

La postura ritrae la capacità della persona di gestire ed insediarsi in uno spazio fisico e psicologico; psicologia e postura sono quindi strettamente interconnesse.

Le situazioni che viviamo nella vita di tutti i giorni, suscitano in noi diversi tipi di emozione: rabbia, gioia, paura, disgusto, sorpresa e molto altro. Esse generano una serie di cambiamenti che avvengono a livello corporeo esterno come nella mimica del nostro viso, nei toni della voce e della gestualità corporea. A seconda dell’emozione che si prova, la nostra postura cambia, perché ogni emozione è associata a particolari segnali del corpo.

Se osserviamo le nostre spalle quando siamo tristi ci rendiamo conto

che esse tendono a chiudersi, il torace è incassato e la schiena si incurva; questa postura influenzerà anche la nostra respirazione che si farà meno regolare e meno profonda, limitando così l’apporto di ossigeno nel nostro organismo privandoci di energia. Il nostro corpo invia al cervello un segnale ben preciso: sono triste. Questo pensiero non farà altro che alimentare le sensazioni negative legate a questo stato d’animo, portandoci a mantenere nel tempo un atteggiamento posturale scorretto di chiusura che non farà altro che spegnere le nostre energie.

Quando, al contrario, siamo entusiasti e felici la nostra postura è sicuramente più sicura ed aperta. L’assunzione di una posizione eretta manderà un messaggio positivo al nostro cervello che gioverà, non solo al nostro umore, ma anche al nostro livello di energia. Ciò avviene perché una postura più eretta ed aperta consente alla nostra respirazione di essere più regolare, e al nostro organismo di usufruire del giusto apporto di ossigeno.

Essendo la postura un’espressione somatica e comportamentale determinata da fattori strutturali, biochimici e psichici, non solo è influenzata dalla nostra mente ma vale anche il contrario: assumendo una determinata mimica facciale o una certa postura, potrai influenzare il tuo umore!

Studi recenti hanno infatti dimostrato che uno stato emotivo è in grado di influenzare la postura del nostro corpo e viceversa ma anche che, modificando la postura, si ha un miglioramento dell’umore e del proprio

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livello di energia.

Un esperimento ad hoc è stato quello della Marshall University, in California, condotto da Vanessa K. Bohns e Scott S. WilterMuth, in cui è stato dimostrato che mantenere la testa alta e le spalle dritte non solo riduca la soglia del dolore percepito, ma che induca anche un maggior benessere psicologico, una visione più positiva ed una maggiore sicurezza.

La ragione sta nel fatto che assumere tali posture induce a livello biochimico un maggior rilascio di testosterone.

Uno studio pubblicato dall’Heath Psychology e riportato dall’American Psychological Association, ha invece esaminato gli effetti della postura sul cuore e sulla mente di 74 persone alle quali è stata assegnata una determinata postura.

I ricercatori hanno monitorato parametri vitali come la pressione sanguigna, i battiti cardiaci, il livelli dello stress, gli stati d’animo e l’autostima dei partecipanti e, tutti coloro i quali avevano mantenuto una posizione eretta riferivano di essere di buon umore, di sentirsi pieni di energia e di godere di una maggiore autostima di quanto non provassero prima

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dell’esperimento.

Al contrario, chi durante il test aveva tenuto la schiena inarcata e le spalle chiuse, riferiva pensieri tristi, sensazioni di noia, emozioni negative e in alcuni casi anche fobia sociale e ansia.

La tristezza, la gioia e la rabbia possono influenzare la nostra postura ma, dunque, è vero anche il contrario: chi tende a inarcare la schiena, chiudere le spalle e affondare la testa nelle spalle, è più predisposto alla produzione degli ormoni dello stress.

Questi sono esempi semplici che ci indicano come il corpo e la mente siano strettamente connessi tra loro.

La postura comunica a noi stessi e agli altri il modo in cui affrontiamo il mondo e viviamo le emozioni; così come uno stato emotivo può influenzare il nostro corpo, questo a sua volta influenza le nostre emozioni ed i nostri pensieri. Mantenendo un atteggiamento posturale corretto, lavorerete positivamente sulle vostre sensazioni.

Affrontiamo la vita con energia e positività: posizione eretta e un bel sorriso!!!

PERCHÉ SCEGLIERE DI ESSERE UN VOLONTARIO. VALORE SOCIALE E CRESCITA PERSONALE di Debora Bizzi

“V

olontario è la persona che, adempiuti i doveri di ogni cittadino, mette a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per gli altri, per la comunità di appartenenza o per l’umanità intera. Egli opera in modo libero e gratuito promuovendo risposte creative ed efficaci ai bisogni dei destinatari della propria azione o contribuendo alla realizzazione dei beni comuni.” È questa la definizione, presente all’articolo 1 della “Carta dei valori del volontariato”. Un documento, ufficialmente presentato a Roma, il 4 dicembre 2001, e predisposto da FIVOL, Fondazione Italiana per il Volontariato e dal Gruppo Abele con il coinvolgimento di tutto il volontariato italiano.

Un volontario è, in sintesi, un buon cittadino che offre parte del suo tempo (e le sue energie) gratuitamente per una causa o azione sociale a favore della comunità. Un volontario, ovvero un soggetto che decide per libera scelta di impegnarsi a favore degli altri. Decide di impegnare il suo tempo e le sue energie, gratuitamente, per la collettività. Una scelta di vita, per lavorare per le persone e con le persone, all’interno della propria comunità.

Un buon cittadino che decide di intraprendere un’attività di aiuto e di sostegno di varia natura: solidale, di giustizia sociale, di altruismo, filantropia, eccetera. Dall’assistenza a soggetti (adulti o bambini) in difficoltà o con problemi da varia natura, alla tutela della natura e degli animali.

Ma anche per fronteggiare emergenze occasionali.

Un buon cittadino solidale. Che sceglie di dedicare il proprio tempo per incontrare la fragilità di altri cittadini, vivendo un percorso volto sicuramente a sostenere il più fragile ma che apporta un valore aggiunto anche nel soggetto volontario. Un valore sociale e una crescita personale. Colui che sceglie di essere un volontario, infatti, si trova spesso a vivere situazioni che contribuiscono ad accrescere (o sviluppare) nuove competenze, a conoscere nuovi cittadini e dare vita a rapporti di amicizia differenti, a valutare le situazioni quotidiane sotto altri punti di vista, migliorando anche le reazioni sul lavoro, sulla vita di tutti i giorni. Una crescita personale. Che crea condivisione, collaborazione, responsabilità e amore.

Il volontariato è molto importante nella società in cui viviamo, soprattutto lo è stato (e lo è tutt’ora) in una situazione emergenziale come quella del Covid-19m che stiamo ancora oggi affrontando e che ha cambiato molto le nostre vite, le nostre abitudini. L’emergenza Covid-19, infatti, ci ha obbligati a rivalutare l’importanza di “essere vicini”, di cooperare, di adattarci. Obbligandoci ad applicare nuove strategie di vita, di approccio alla comunità, volontariato. Obbligandoci, sotto certi aspetti, a rivalutare anche il concetto di “essere un volontario”: un buon cittadino, solidale, che offre il suo tempo e le sue energie in favore della comunità, forte e virtuoso. Impegnato e generoso.

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CERCASI UMANI: INTERVISTA A CINZIA BRENTANI, COORDINATRICE DEL CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO DI VERONA di Leonardo Tiene

I

n questo nuovissimo numero di Luglio avremo come intervista per Atlas Magazine un tema molto importante, il tema del sociale e del volontariato. Un argomento che ha come pilastri fondanti sicuramente la sensibilizzazione della forza della comunità e della persona all’interno di essa, quanto sia in grado di cambiare le cose all’interno della società con il buon esempio e la cura verso il prossimo. Ma non solo. Il “volontariato” è un concetto ormai reso istituzionale, non appartiene alle persone, o meglio, ai tipi di persone. Un concetto perciò freddo, senza emozioni e non in grado di smuovere la forza di volontà di ciascuno di noi, molto probabilmente perché pensiamo sia un campo noioso e poco attraente per le attività da intraprendere, spesso “faticose” o così almeno crediamo con il pregiudizio appunto che abbiamo per il concetto stesso dell’essere volontario, ossia un lavoro gratuito e noioso.

Proprio per tale situazione, questo tema in Atlas non è rimasto sospeso ma anzi siamo riusciti a intervistare i protagonisti del cambiamento sociale e del pregiudizio sul tema fondamentale del volontariato. Stiamo parlando dell’iniziativa “Cercasi Umani”, che è partita dal Centro Servizi del Volontariato (CSV) e da Verona Volontariato e che ha come portavoce Cinzia Brentani, coordinatrice del CSV e nostra intervistata!

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L: Buongiorno Cinzia e grazie per averci dedicato il tuo tempo per spiegarci bene in cosa consiste la vostra iniziativa “Cercasi Umani”. Ci puoi dire come è nata?

C: Ma certo Leonardo, anzi grazie a voi di Atlas Magazine per aver notato questo nostro esperimento sociale, perché proprio di questo si tratta.

“Cercasi Umani” vuole essere un nuovo punto di partenza per il nostro ambiente e la nostra società, a partire dalla cultura che abita le nostre menti e i nostri giorni. Quotidianamente, infatti, il “volontario” è una persona sicuramente piena di buona volontà e tanta voglia di mettersi a disposizione per i più bisognosi, ma spesso è una figura poco gettonata.

Il senso di questo è presto spiegato: in pratica è un lavoro per così dire poco stimolante anche se in realtà sappiamo benissimo che è frutto del pregiudizio. Ecco perché dunque “Cercasi Umani”: cerchiamo persone volenterose, come sempre. Ma vogliamo andare ancora più nel profondo di ognuno di noi. Cerchiamo la persona pigra, la persona egoista, e perché no il presuntuoso, l’annoiato e diciamo anche il sognatore! Questi siamo tutti noi, ognuno di noi ha sempre e comunque il potenziale di cambiare il mondo che abitiamo nel meglio, tutti e proprio tutti possono

sempre fare qualcosa di buon ogni giorno e dedicando il tempo che si può donare.

“Cercasi Umani” non cerca semplici e freddi volontari ma persone colorate, emozionate (nel senso che hanno qualsiasi emozione), in grado di colorare a loro volta le vite altrui.

L: Molto interessante, quindi il vostro obiettivo è cambiare la cultura che si ha del volontario?

C: Diciamo di si ma andiamo per gradi. L’obiettivo a breve termine con questo nostro esperimento infatti vuole certamente essere quello di colpire il nostro target, che non significa per forza avere tantissimi candidati. Certo, sarebbe un risultato grandioso ma appunto, andiamo per gradi. Il nostro obiettivo a breve termine è infatti quello di scuotere le menti! Sorprendiamo i nostri cittadini, i passanti, i visitatori e le associazioni! Sempre di più sono i protagonisti del volontariato e questa moltitudine di realtà non possono che essere colpite dal colore che più le rappresenta. Sdoganiamo ogni pregiudizio ormai vecchio e passato di moda e ringiovaniamo il termine “volontario”, “volontariato” e anche “essere umano”, che purtroppo anche lui sembra passare a miglior vita come concezione vitale per una società sana.

L: non potrei essere più d’accordo con le tue parole e ne approfitto anche per complimentarmi, un’iniziativa del genere non passa inosservata. Prima hai parlato di “associazioni”, quante realtà sono arrivate anche grazie a questa iniziativa?

C: già prima di questa iniziativa eravamo una bella squadra ma giustamente come tu hai chiesto viene anche da domandarsi quali possano essere i risultati. Ebbene, abbiamo nella nostra numerosa squadra ben 50 associazioni pronte a dar man forte nella realtà in cui viviamo oggi, mettendo a disposizione risorse e nuove sfide da presentare a tutti i candidati che vogliono entrare nel mondo del volontariato.

Diventa imprescindibile anche la parola “inclusività”: portare dentro persone, aziende e chiunque voglia dimostrare il proprio essere umano alla società, quando bello può esserlo al giorno d’oggi. Basta non avere

paura del pregiudizio che ci siamo costruiti finora, basta avere il coraggio di ammettere che è bello fare del bene.

L: assolutamente Cinzia. Ammetto che mi incuriosisce sempre di più l’offerta della vostra iniziativa. Parlando di comunicazione invece, come avete costruito la strategia per raggiungere quante più persone possibili?

C: partiamo dalle origini: la font! “Cercasi Umani”, così come “Verona Volotariato”, esprime la variegata natura umana che ci caratterizza.

Ecco perché abbiamo creato la font “volontario”. Caratteri tutti diversi e particolari, in grado di colpire l’attenzione e attirare curiosità, uno stile insomma che non ricorda in alcun modo lo stile che più rappresentava l’istituzione del volontariato.

Per quanto riguarda invece la comunicazione online e offline, sembrerà strano ma anche qui abbiamo cercato di essere il più diretti possibili, senza particolari stratagemmi. Ad esempio, come detto prima le associazioni che ci seguono ormai sono davvero tante. Ecco che il gioco di squadra ha fatto il resto! Ciascuna diffondeva il messaggio genuino che volevamo trasmettere, tramite social soprattutto. C’è da menzionare anche la cartellonistica, dove gli umani sicuramente potranno vedere il nostro messaggio per loro e con quei colori sgargianti che abbiamo scelto, non possiamo che attirare la loro attenzione, che ricordo essere uno degli obiettivi primari della nostra campagna che durerà fino al prossimo 20 giugno. Da quel giorno in poi si passerà sempre per il portale “Verona Volontariato”, dove il nome cambia ma il senso dell’iniziativa no!

La comunità ha bisogno dei volontari, vero spirito dell’essere umano a concedere il proprio tempo per curare ciò che è attorno a lui. Ma anche il volontariato ha bisogno di esseri umani, non solo per il fattore delle persone fisiche ma anche del pregiudizio coltivato finora e questo il Centro Servizi del Volontariato l’ha intuito. Bisogna coltivare lo spirito umano certo ma anche dare una nuova vita, svecchiare quello che un po’ per tutti è un argomento ad oggi grigio, senza spina dorsale (solo all’apparenza sia chiaro). Che sia partita una nuova rinascita per il volontariato?

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Le ricette di Atlas

“DU SPAGHI ALLA CARRETTIERA DE SGOMBRO… COME PIACCIONO AI Do’” di Domiziana Coracci

Piatto e foto a cura di Domiziana Coracci

C

ome potete già intuire dal nome, questa sarà una ricetta in lingua…

Arbitrariamente intitolata a gusto della sottoscritta (Domiziana) a rivisitazione di quello dell’eroe (Domenico, il quale non ringrazierò mai abbastanza) che mi ha fatto assaggiare per la prima volta la carrettiera… O meglio la sua carrettiera, in quanto ricercando nel web una ricetta generica ho scoperto che in realtà nessuno degli ingredienti di mia conoscenza ed utilizzo viene menzionato.

Di seguito il necessario per questa versione che con qualche accortezza nella selezione degli alimenti e nel metodo di preparazione, da il meglio di sé in termini di leggerezza ed equilibrio!

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INGREDIENTI (solite dosi per 3-5 persone, in base all’appetito): • 500 gr. di spaghetti .

• 300 gr. di cipolla rossa di Tropea (corrispondono circa a 2 cipolle di media grandezza. Sono pignola e mi raccomanderò tutte le volte nel ricordare che le cipolle non si “lasciano mai aperte”: non si conserva una mezza cipolla! MAI!!! La cipolla è un forte antibatterico e antivirale, come l’aglio del resto, ma per la precisione, questi alimenti non sono “anti-niente”. Nella pratica infatti attirano verso di sé batteri e virus: sono delle vere e proprie calamite! Dunque lasciare una cipolla aperta, anche per un sola notte, significa farle assorbire tutti i batteri nell’ambiente circostante, compreso se lasciata in frigo. Unico metodo di conservazione è quindi la congelazione).

• 300 gr. di sgombro in scatola al naturale.

• 200 gr. di pangrattato.

• Q.B. di aceto di mele.

• Q.B. di origano secco.

• Q.B. di peperoncino secco.

• Q.B. di olio extravergine d’oliva.

• Q.B. di sale.

PROCEDIMENTO La prima cosa da fare è mettere a bollire l‘acqua per cuocere gli spaghetti. Come tutti i miei piatti “dietetici” si prepara in un lampo e per rendere cremoso il condimento, avremmo bisogno di stufare la cipolla con l’acqua amidosa di cottura della pasta.

• Tagliare le cipolle a listarelle (togliere qualche camicia fino ad arrivare a quella croccante, poi dividerle a metà e poggiandole sul piano per il lato piatto ottenuto procedere ad affettarle).

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• In una padella antiaderente sbriciolare un peperoncino secco e aggiungere la cipolla.

• Tostare gli ingredienti a fuoco vivace, saltandoli in continuazione per evitare che si brucino e quando saranno dorati, aggiungere il sale.

• Sfumare con due/tre cucchiai di aceto di mele (che fa barrique, fa decisamente la differenza).

• Buttare gli spaghetti nell’acqua bollente e non appena si formerà la schiuma bianca in superficie, iniziare a stufare le cipolle, aggiungendola poco alla volta.

• In un’altra padella antiaderente piccola, mettere il pangrattato, salare e saltare continuamente fino a tostatura desiderata (c’avete du mani?!?

Usatele!!!) Ricordatevi poi di spegnere il fuoco e metterlo da parte: va proprio tolta la padellina dal fuoco, anche se pento, altrimenti continua a cuocersi e ve se brucia!!! Date retta a chi è già capitato!!!

• “Scolare” gli spaghetti direttamente in pentola, 4 minuti prima della cottura per “risottarla” in padella con il condimento.

• Aggiungere abbondante origano secco e ultimare la cottura.

• Spegnere il fuoco, lasciando il fondo della padella un po’ acquoso.

• Aggiungere lo sgombro al naturale scolato e pulito (se cocete il pesce azzurro in scatola quanno ce fate la pasta, mi materializzo lì do state pe tajavve le mani) e quel benedetto Q.B. di olio a crudo.

• Saltare per mescolare gli ingredienti, incorporando aria, così da lucidare lo spaghetto ed equilibrare le diverse temperature degli ingredienti.

• Impiattare, ricoprendo generosamente con il pangrattato.

• Ultimo filo d’olio a guarnire e divorare!!!

RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA: COS’È, COME FUNZIONA, QUALI SONO GLI INTERVENTI E I VANTAGGI di Debora Bizzi

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iqualificare energicamente un immobile significa, innanzitutto, razionalizzare i flussi energetici tra l’edificio e l’ambiente esterno. Con l’espressione riqualificazione energetica di un edificio si intende l’insieme delle attività di tipo tecnologico e gestionale volte a fornire una migliore prestazione dell’immobile dal punto di vista energetico, quindi, tutti quegli interventi volti a ridurre il fabbisogno energetico. Interventi estetici e strutturali, al fine di apportare un vantaggio per l’ambiente.

Si tratta di un’espressione, un insieme di attività, protagonista degli ultimi mesi, in quanto sono state attuate differenti strategie di applicazione, al fine di agevolare tali lavorazioni e migliorare il comfort degli ambienti interni, ridurre le emissioni di inquinanti e il relativo impatto sull’ambiente, ma anche contenere i consumi energetici, utilizzare in modo razionale le risorse, attraverso l’applicazione di fonti di energia rinnovabili invece che di combustibili fossili. Protagonista degli ultimi mesi italiani, ma anche internazionale, in quanto sono state attivate differenti strategie di intervento finalizzate a coinvolgere un numero maggiore di interessati a riqualificare il proprio immobile, introducendo incentivi economici per agevolare le lavorazioni, per la salvaguardia dell’ambiente e per la tutela della salute e del benessere dell’uomo.

Riqualificare energeticamente un immobile significa, quindi, apportare modifiche con interventi di tipo strutturale o edilizio e di tipo impiantistico, finalizzati al contenimento delle dispersioni e consistono (quelli di tipo strutturale) nell’isolamento termico delle pareti, dei tetti, mentre quelli di tipo impiantistico sono finalizzati al miglioramento dei siste-

mi di produzione termica per soddisfare i nuovi fabbisogni energetici dell’immobile, a seguito dell’isolamento termico.

Interventi di differente tipologia. Con l’obiettivo di contenere i consumi, ridurre le emissioni di fattori inquinati e utilizzare al meglio le risorse di energia. Come il miglioramento delle prestazioni dell’involucro edilizio (cappotto termico), l’installazione di sistemi di schermatura solare o di impianti che sfruttano energie pulite e rinnovabili (pannelli solari e fotovoltaici), la sostituzione dei serramenti o di impianti di illuminazione obsoleti. Ed ancora gestione della ventilazione naturale e del raffrescamento passivo per limitare i consumi degli impianti di condizionamento estivo e l’introduzione di sistemi di contabilizzazione individuale dell’energia. Interventi trainanti e trainati, principali e aggiuntivi. Su differenti tipologie di abitazione, e per tutte sono state introdotte diverse detrazioni con l’obiettivo di usufruire dei vantaggi della riqualificazione energetica per un numero maggiore di immobili.

Detrazioni fiscali e incentivi di vario genere. Tra i quali, sicuramente, il più noto è il Superbonus 110%, l’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio, riconosciuta nella misura del 110% da ripartire tra gli aventi diritto in più quote annuali di pari importo, entro i limiti di capienza dell’imposta annua derivante dalla dichiarazione dei redditi. O altri incentivi che consentono di usufruire dei numerosi vantaggi della riqualificazione energetica dell’immobile, sia al proprietario che all’intera comunità, salvaguardando l’ambiente che abitiamo.

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L’OSTEOPATIA: DISCIPLINA E SCELTA DI VITA di Leonardo Tiene

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a salute è in continua evoluzione, come ogni aspetto della nostra società. Tutto questo gtazie alle nostre conoscenze, cultura e innovazione tecnologica. Tanti sono i campi che potremmo approfondire infatti, ma da quali sarebbe l’ideale iniziare? Quello che più negli ultimi tempi è in tendenza, una disciplina inizialmente vista in malo modo dall’organizzazione medica ma che piano piano sta aprendo le proprie strade in mezzo ai professionisti della salute e no. Stiamo parlando dell’Osteopatia.

Secondo la “World Osteopathic Health Organization” (WOHO), l’osteopatia è un sistema affermato e riconosciuto di prevenzione sanitaria che si basa sul contatto manuale per la diagnosi e per il trattamento.

Esso rispetta la relazione tra il corpo, la mente e lo spirito sia in salute che nella malattia: pone l’enfasi sull’integrità strutturale e funzionale del corpo e sulla tendenza intrinseca del corpo ad auto-curarsi. Il trattamento osteopatico viene visto come influenza facilitante per incoraggiare questo processo di auto-regolazione. I dolori accusati dai pazienti risultano da una relazione reciproca tra i componenti muscolo-scheletrici e quelli viscerali di una malattia o di uno sforzo.

Ma non è finita qui, l’osteopatia è una disciplina che ha dei pilastri fondanti che puntano a guidare chi vuole intraprendere questa attività e a sottolineare la forza che possiede il nostro spirito e la correlazione che esiste tra esso e il nostro corpo.

I principi dell’osteopatia 1. L’essere umano è un’unità dinamica di funzioni, il cui stato

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di salute è determinato da corpo, mente, e spirito.

2. Il corpo possiede dei meccanismi di autoregolazione e autoguarigione.

3. La struttura e la funzione sono reciprocamente inter-correlate.

4. La terapia razionale si fonda sull’applicazione di tutti e tre i principi.

Esploriamo al meglio questi 4 princìpi che guidano l’osteopatia e l’osteopata: UNITÀ DEL CORPO L’essere umano è un sistema complesso in grado di generare adattamenti, il suo stato di salute può essere influenzato dalle relazioni con l’ambiente (naturale o socio-culturale), da fattori genetici / epigenetici e da fattori Psicologici.

L’individuo è visto nella sua globalità come un sistema composto da muscoli, strutture scheletriche ed organi interni che trovano il loro collegamento nei centri nervosi della colonna vertebrale.

Ogni parte costituente la persona (psiche inclusa) e l’ambiente in cui essa vive è correlata dalle altre e il corretto funzionamento di ognuna assicura quello dell’intera struttura: dunque, il benessere e la salute.

RELAZIONE TRA STRUTTURA E FUNZIONE L’Osteopatia poteva riassumersi in un’unica frase “la struttura governa la funzione”.

La perfezione di ogni funzione è legata alla perfezione della struttura

portante; se tale equilibrio è alterato ci si trova di fronte ad una disfunzione osteopatica, caratterizzata da una zona corporea in cui è andata persa la corretta mobilità.

L’organismo reagirà a tale disequilibrio creando delle zone di compenso e di adattamenti corporei non favorevoli al benessere generale dell’organismo.

AUTOREGOLAZIONE In Osteopatia non è il terapeuta che guarisce, ma il suo ruolo è quello di eliminare gli “ostacoli” alle vie di comunicazione del corpo al fine di permettere all’organismo, sfruttando i propri fenomeni di autoregolazione, di raggiungere la guarigione.

L’Osteopatia mira a ristabilire l’armonia della struttura scheletrica di sostegno al fine di permettere all’organismo di poter trovare un proprio equilibrio ed un proprio benessere.

L’Osteopatia si occupa principalmente dei problemi strutturali e meccanici di tipo muscolo-scheletrico a cui possono però associarsi delle alterazioni funzionali degli organi e visceri e del sistema cranio sacrale.

Poiché in Osteopatia si ha una visione olistica del corpo umano, è valida anche l’idea contraria: un problema funzionale organico-viscerale può provocare dei dolori di tipo muscolo-scheletrico.

L’Osteopatia, grazie proprio ai principi su cui si basa, interviene su persone di tutte le età, dal neonato all’anziano, alla donna in gravidanza.

Si rivela efficace nel trattamento di diversi disturbi che spesso affliggono l’individuo impedendogli di poter condurre una vita serena, disturbi come: • Cervicalgie; • Lombalgie; • Sciatalgie; • Artrosi; • Discopatie; • Cefalee; • Dolori articolari e muscolari da traumi; • Alterazioni dell’equilibrio; • Nevralgie; • Stanchezza cronica; • Affezioni congestizie come otiti e sinusiti; • Disturbi ginecologici e digestivi.

COME SI CARATTERIZZA IL TRATTAMENTO? Esplorati i temi centrali della filosofia dell’osteopatia, scopriremo i diversi approcci per trattare al meglio il paziente.

APPROCCIO STRUTTURALE Applicazioni di particolari manovre di rilasciamento delle articolazioni e dei muscoli. Ha effetti non solo meccanici, ma soprattutto biochimici, in quanto stimola il corretto scambio di fluidi all’interno delle strutture trattate.

APPROCCIO FASCIALE Tecniche indirizzate al muscolo o alla fascia, che impiegano un continuo feedback palpatorio per ottenere un rilasciamento dei tessuti miofasciali.

Queste tecniche agiscono sulla fascia e la sua relazione fra disturbi muscoloscheletrici, dolori e tensioni e stato globale della fascia.

APPROCCIO VISCERALE Tecniche che ristabiliscono la mobilità e la motilità (espressione della vitalità cellulare) di un organo. Queste tecniche consentono di stimolare l’organo verso una corretta funzione digestiva, di assorbimento o di espulsione, sia in un ambito più meccanico sia in ambito biochimico.

APPROCCIO CRANIALE Tecniche che agiscono sul movimento di congruenza fra le ossa del cranio, andando ad agire a livello osseo, nervoso, meningeo e del liquor cefalorachidiano. Con queste tecniche si agisce in particolare sulla vitalità dell’organismo, qualità fondamentale che permette agli esseri viventi di reagire con efficacia agli eventi di disturbo provenienti dall’ambiente esterno e da quello interno.

La disciplina dell’Osteopatia insomma, alla fine di questo articolo, si può tranquillamente definire come una scienza (visti i numerosi studi su di essa e da essa compiuti) ma prima ancora come una filosofia della vita, in grado di conoscere il proprio corpo e legare in maniera più simbiotica con il proprio spirito. Seguire questa disciplina significa affrontare i problemi fisici e spirituali, un nuovo modo non solo di guarire ma anche di curare noi e il prossimo.

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IL SILENZIO ASSENSO E LA SUA ATTESTAZIONE TELEMATICA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE dell’ Avv. Simone Facchinetti

A

tutela dei cittadini viene previsto dalla normativa attuale e in divenire l’istituto del c.d. “silenzio assenso”.

Il silenzio assenso è una regola introdotta per quanto riguarda la semplificazione dei procedimenti amministrativi. L’obiettivo è quello di evitare che i cittadini possano subire conseguenze negative a causa dell’inerzia della P.A..

L’istituto del silenzio assenso ricorre nei casi in cui il legislatore attribuisce all’inerzia dell’amministrazione il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato.

Per quest’ultimo, dunque, il silenzio assenso rappresenta un rimedio all’inerzia dell’amministrazione che si risolve in un risultato direttamente favorevole sul piano sostanziale, mentre negli altri casi di silenzio il vantaggio è unicamente quello di poter adire il giudice amministrativo.

Uno degli aspetti problematici di tale procedimento riguarda la definizione del suo campo di applicazione, valutando quali sono gli interessi ed i valori in gioco. In alcuni casi, infatti, quando le tematiche sono particolarmente rilevanti, quindi quando si parla di difesa e sicurezza nazionale, tutela della salute, ambiente e patrimonio culturale, il silenzio assenso non è applicabile.

Esistono altri tipi di “silenzio” nei rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, per es. il c.d. “silenzio rigetto”, in tal caso significa come l’istanza sia rifiutata anche in mancanza di una risposta da parte dell’ente. A volte invece una mancata risposta da parte della Pubblica Ammini-

strazione ad una istanza o richiesta del cittadino può essere considerata come un inadempimento (trattasi della situazione purtroppo e spesso più diffusa).

Il decreto semplificazioni 2021 in arrivo mira a ampliare questa ipotesi a tutela dei privati.

L’attuale bozza del decreto semplificazioni 2021 - nel titolo IX - prevede il rafforzamento dell’istituto della disciplina del silenzio assenso e la nuova formulazione dell’art. 20 con l’aggiunta del comma 2bis del seguente tenore: “Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare in via telematica, un’attestazione dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”

L’istituto originario del silenzio assenso disciplinato dal comma 1 dell’art. 20 della legge n. 241/1990 prevede come “nei procedimenti che vengono avviati su istanza di parte per ottenere dei provvedimenti amministrativi il silenzio della PA competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza bisogno d’istanze o diffide, se la PA a cui è stata presentata la domanda non comunica all’interessato, nel termine di 30 o 90 giorni a seconda dei casi, il provvedimento di diniego,

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ovvero non procede alla conclusione del procedimento stesso”.

La finalità della nuova formulazione del Decreto Semplificazioni è evidente e a totale favore del cittadino: permettere al privato di chiedere alla P.A il rilascio di una attestazione che dichiari l’accoglimento della sua istanza, se non ha ricevuto risposta dalla PA nel termine di 30 o al massimo di 90 giorni. IN questo modo il cittadino potrà dimostrare anche documentalmente l’avvenuta approvazione della sua richiesta avanti alla Pubblica Amministrazione.

Adempimento a cui gli enti pubblici non potranno sottrarsi anche perché, trascorsi 10 giorni dalla richiesta, il cittadino potrà attestare con au-

tocertificazione ai sensi dell’art. 47 del DPR n. 445/2000 l’accoglimento dell’istanza mediante il meccanismo del silenzio assenso.

Detta nuova proposta di formulazione del silenzio assenso del Decreto Semplificazioni estende l’istituto anche ai rapporti tra PA in riferimento allo sportello unico per le attività produttive e allo sportello unico per l’edilizia.

Quanto appena esposto è – al momento della stesura del presente articolo – ancora una bozza, con l’auspicio possa essere confermato nella formulazione definitiva del Decreto stesso.

da sinistra verso destra: Dott.ssa Federica Suma, Avv. Monica Lunardi, Dott.ssa Zainab Bougataya, Avv. Simone Facchinetti, Sig.ra Loredana Biffi, Avv. Eleonora Busnelli, Dott.ssa Alice Dondina

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Dos and Don’ts di Atlas Magazine

TRUCCHI E SEGRETI PER UN‘ABBRONZATURA HEALTHY! di Domiziana Coracci

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estate è finalmente arrivata ed ora più che mai è il momento di affrontare l’argomento dell’abbronzatura, degli SPF (Sun Protection Factor – Fattore di Protezione Solare) e di come esporsi al sole in sicurezza. Ritengo che la protezione dai raggi solari e soprattutto la prevenzione siano importantissime. Ho un incarnato davvero chiaro e nonostante mi sia sempre battuta per una corretta protezione dal sole, specie in estate, in passato mi è capitato di avere spiacevoli sorprese.

Dopo tutto l’abbronzatura che tanto amiamo non è altro che un meccanismo di difesa della nostra pelle nei confronti dei raggi solari. Di seguito le mie personali linee guida per una sana e corretta esposizione al sole, ma prima un focus sulla cute, che ricordo essere l’organo più grande del corpo umano, con lo scopo di dare consapevolezza e sensibilizzare su un argomento sul quale troppo spesso si chiude un occhio. Un detto narra che il sole bacia i belli e cieca i brutti, quindi indossate un paio d’occhiali specchiati e sbarrate gli occhi: mai abbassare lo sguardo!!!

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La cute è costituita da tre strati: 1. Epidermide: lo strato più esterno, è chiamato strato corneo ed è costituito da cellule epiteliali che vengono eliminate progressivamente e sostituite tramite il processo di desquamazione.

2. Derma: uno strato intermedio costituito da tessuto connettivo, molto vascolarizzato e attraversato da rete linfatica e terminazioni nervose, in cui ci sono ghiandole sudoripare, sebacee e bulbi piliferi.

3. Ipoderma: un pannicolo adiposo sottocutaneo, ricco di tessuto connettivo. Vi sono raccolte cellule adipose in quantità diversa a seconda delle condizioni di nutrizione, sesso e stato ormonale.

Svolge essenzialmente una funzione protettiva contro la penetrazione di sostanze e agenti patogeni, grazie alle proprietà dello strato corneo e tramite la secrezione di un film idrolipidico formato da sebo e da sudore protegge da microorganismi esterni, quali batteri, virus e parassiti. Inoltre,

ha un’elevata impermeabilità a molte sostanze e neutralizza gli effetti dannosi di sostanze ad acidità o alcalinità molto differenti dalla norma. Con la sua elasticità e la sua morbidezza si oppone ad urti e stiramenti. Rappresenta la zona di scambio con l’esterno e svolge un’azione di termoregolazione.

Protegge dalla disidratazione e permette l’assorbimento dell’ossigeno e l’eliminazione delle tossine. Grazie alla presenza dei melanociti, produttori di melanina, pigmento che ci protegge dagli UV ed al quale dobbiamo l’abbronzatura (che ripeto essere un meccanismo di difesa), ha un ruolo di primaria importanza durante l’esposizione ai raggi solari, pertanto è fondamentale contribuire con le giuste precauzioni. Tra i tanti modi di prevenire problematiche varie c’è alla base, e al primo posto per me, eseguire visite periodiche dal dermatologo. Possono essere una volta all’anno, prima dell’estate/primavera o più frequenti se richieste per patologie o se ne sentite il bisogno.

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Dos ✓

1. Scegliere una protezione solare ad ampio spettro, applicandola in modo uniforme, rinnovando l’applicazione ogni due ore o dopo ciascun bagno in acqua. È inoltre necessario che la protezione sia adatta alla propria pelle, per questo è importante riconoscere a quale fototipo si appartiene.

Esistono sei fototipi diversi, individuati in base alla carnagione, al colore dei capelli e degli occhi, alla presenza o meno di lentiggini e alla capacità di abbronzarsi: FOTOTIPO 1 > Protezione molto alta SPF 50+ : pelle chiarissima, lentiggini, occhi chiari, capelli biondi o rossi; FOTOTIPO 2 > Protezione da molto alta ad alta SPF 50 / SPF 30 : pelle chiara e sensibile, occhi e capelli chiari; FOTOTIPO 3 > Protezione media SPF 25 / SPF 20 : incarnato medio, pelle sensibile, occhi chiari/castano chiaro e capelli castano chiaro; FOTOTIPO 4 > Protezione media SPF 20 / SPF 15 : capelli bruni o castani, occhi scuri e pelle olivastra; FOTOTIPO 5 > Protezione bassa SPF 10 : carnagione olivastra, capelli neri, occhi scuri; FOTOTIPO 6 > Protezione bassa SPF 10 / SPF 6 : pelle scura, occhi scuri e capelli neri.

2. Utilizzare cappelli e occhiali da sole con filtri UV. 3. Utilizzare la protezione SOLARE durante l’arco dell’intero anno SOLARE (se si chiama così un motivo ci sarà!!!). I raggi solari ci sono sempre, nonostante temperature mitigate dal vento e nuvole che attenuano la vista del sole! Se il termometro non tocca i 30° non vuol dire necessariamente che i raggi del sole siano più deboli, bisogna in ogni caso prevenire e proteggersi: se vi annoia applicare una crema, sappiate che ad oggi in commercio esistono anche degli spray decisamente più comodi e leggeri).

4. Applicare la protezione prima di esporsi al sole!!! È importantissimo farlo in quanto inizia a fare effetto circa 30 minuti dopo l’applicazione: aspetto poco conosciuto e affatto da sottovalutare! Diffondiamo il verbo di quest’ottima abitudine!!!

5. Idratare la pelle!!! La cute soffre il caldo come d’inverno soffre le temperature fredde. Specie dopo l’esposizione al sole è fondamentale idratarla e darle da bere. I doposoli sono molto efficaci e/o in alternativa si può anche utilizzare un olio, o un burro corpo. Non trascuriamo questo aspetto, se si sente la pelle tirare è un chiaro segnale che ci sta chiedendo da bere.

Don’ts

1. Evitare l’esposizione al sole nelle ore di massima irradiazione (11:00 – 16:00).

2. Evitare lampade e lettini abbronzanti.

3. Evitare di esporsi al sole se si assumono farmaci o cosmetici fotosensibilizzanti: “NO ALL’ACIDO GLICOLICO!!!” per il quale è in atto da sempre una guerra fredda tra chi riceve le famigerate PR Box PIXI con i trattamenti specifici a inizio maggio e ne sponsorizza oltre che il marchio (come giusto che sia) anche l’utilizzo e chi a sua volta sulle proprie stories e/o profilo scrive a caratteri cubitali di non credere alle prime. È vero: niente da dire, personalmente ho accantonato il siero esfoliante e la linea anti-macchie già in primavera. Leggo e vedo però molti che, nonostante ciò, applicano una crema con protezione solare durante il giorno e ne continuano l’utilizzo. Insomma, diverse sono le correnti di pensiero: ognuno è liberissimo di fare ciò che vuole, però sappiate che con i raggi del sole più forti rispetto a quelli invernali prodotti con acidi (glicolico, cogico o mandelico) al loro interno sono vivamente sconsigliati.

4. CREPI L’AVARIZIA!!! Applichiamo questa benedetta crema come si deve e in quantità opportuna, non risparmiamola, le scottature sono sempre dietro l’angolo. Non va commesso l’errore di pensare che l’utilizzo della protezione sia un ostacolo all’abbronzatura! Considerando la superficie media del corpo di un adulto, si dovrebbero distribuire circa 30-35 gr. di prodotto per ciascuna applicazione (più o meno la grandezza di una pallina da golf).

Ritengo che la pelle sia uno dei tanti biglietti da visita che una persona ha. Bisogna pertanto amarla, capirne le esigenze, curarla con un’adeguata skincare e proteggerla con creme solari. Così come ci si dedica ad una skincare routine alla sera e/o al mattino, si fanno maschere, peeling e tutto ciò che ne procura giovamento, perché non prendersene cura anche d’estate?!

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PIANTARE UN ALBERO EFFETTUANDO RICERCHE ONLINE. CON ECOSIA POSSIAMO ESSERE PIÙ GREEN! di Debora Bizzi

E

cosia è il motore di ricerca che aiuta l’ambiente.

Nato in Germania nel 2009, e gestito dall’omonima azienda Ecosia GmbH, di cui Christian Kroll è il fondatore e proprietario, il motore di ricerca sostenibile ha l’obiettivo di riforestare il pianeta semplicemente effettuando ricerche su internet. L’idea è molto semplice: ogni utente fa le proprie ricerche online e una parte della pubblicità che si genera dall’utilizzo di questo motore, viene donata per piantare un albero in una zona deforestata nel mondo.

Così, gli utenti di Ecosia hanno oggi contribuito a piantare circa 126.918.689 (dato individuato nel momento esatto della stesura di questo articolo). Con oltre 15 milioni di utenti, Ecosia contribuisce a ridurre l’emissione di CO2 nell’ambiente, piantando alberi dove ce n’è più bisogno e, di conseguenza, portando vantaggia sia all’ambiente, sia alle persone, alle economie locali. Ricordiamo i catastrofici incendi in Amazzonia, nell’agosto del 2019, e solo nella giornata del 22 agosto 2019, quando i media di tutto il mondo annunciavano che l’Amazzonia sta(va) bruciando, più del solito, che il motore di ricerca sostenibile ha contato un aumento del 1.150 percento di installazioni e circa 250mila download in 24 ore.

Ma come funziona Ecosia? Come una community digitale, che investe la maggior parte dei proventi pubblicitari per piantare alberi in ogni parte del mondo. Nato dalla collaborazione con Yahoo, Bing e il WWF, è

un motore di ricerca etico dall’aspetto piuttosto simile al più noto Google e combina un algoritmo proprietario e la tecnologia di Bing.

Non basta (però) una sola ricerca per piantare un albero. I guadagni di Ecosia provengono dai click degli utenti sulle inserzioni pubblicitarie presenti nei risultati di ricerca, ovvero da Ecolinks: link affiliati che compaiono come risultati di ricerca, esattamente come in Google. Insomma, quando un utente clicca sul link sponsorizzato o un annuncio in evidenza, il motore di ricerca riceve denaro dall’azienda che ha messo quell’annuncio o quella sponsorizzazione e, invece che trattenere tutti gli introiti, ne destina una grande percentuale alla riforestazione di zone disboscate in giro per il mondo. E, secondo i calcoli della società, in media servono circa 45 ricerche per piantare un albero! Ovviamente, 45 ricerca a link sponsorizzati o annuncia in evidenza.

Il tutto avendo sempre molta cura della privacy dei propri utenti, dell’ambiente – anche alimentando i server con energia rinnovabile – e completamente trasparente, pubblicando mensilmente i rapporti finanziari, così da consentire a ogni utente di verificare dove sono finiti i profitti generati dalle proprie ricerche.

Io lo trovo meraviglioso e davvero easy easy da utilizzare, e tu?

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DETTO TRA NOI... di Sergio Grifoni

QUELLA CAREZZA IN PIÙ

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uindici lunghi mesi, la maggior parte dei quali privati del bene primario che è la libertà.

Questo è il lungo lasso di tempo che la maledetta pandemia ha sforbiciato dalla nostra vita quotidiana.

Per un giovane è stato come sfilare uno dei primi anelli di una catena ancora da utilizzare per la quasi interezza, tanto da creare un superabile disagio, i cui riflessi negativi si affievoliscono e si smorzano comunque nel futuro.

Le persone significativamente mature, si sono viste invece strappare uno dei pochi anelli rimasti della loro consumata catena, con traumatici ed irreversibili contraccolpi psicologici, cementati in quel che resta del loro presente.

E purtroppo tanti di loro, i nostri vecchi, se ne sono andati, soli, con la rimasta possibilità di stringere nella mano un pugno di ricordi.

Uno dietro l’altro, uno avanti all’altro.

Quelli che, ai nostri occhi, sembravano non avessero più età, indomabili e immortali.

Immortali, perché avevano vissuto e superato guerre e patimenti, fame e carestie, valli e sconfitte.

Si erano rialzati indomiti dopo i bombardamenti, ma nulla hanno potuto contro un nemico invisibile, che non ha fatto rumore, ma ha creato ugualmente macerie umane.

I nostri vecchi.

Erano stati protagonisti di una rinascita fondata sulla necessità di dimenticare, sul desiderio di rivalsa, sulla sete di giustizia sociale.

Non tutti hanno avuto la possibilità di studiare, di erudirsi, di crescere

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culturalmente ed economicamente.

Però tutti sono stati partecipi della faticosa ricostruzione di un domani che non immaginavano ancora, ma che, sicuramente, sarebbe stato migliore di ieri.

La ricerca del lavoro fisso, la prima cinquecento, le prime vacanze al mare, la lavatrice ed il frigorifero, il primo televisore, la carta colorata sulle pareti, le paste alla domenica.

Una discesa in salita, alleviata dall’impulso di arrivare.

I vecchi, allora giovani, quelli che se ne sono andati, da nord a sud.

Tanti, tutti insieme e troppo in fretta.

E poi noi, bambini di quel momento, cresciuti nella cotonata speranza di un domani migliore.

Noi, chiamati magari ad essere quello che i nostri genitori non erano riusciti a diventare.

Per il loro orgoglio, per la loro soddisfazione, per il loro riscatto.

E proprio noi, non abbiamo potuto far nulla, per evitare che questa testimonianza umana si spegnesse giorno dopo giorno: inermi, indifesi, increduli, impauriti.

Una miriade di radici recise da un nemico invisibile, subdolo, spietato, che ci ha costretti a rimanere rinchiusi in casa a combattere una guerra senza trincee e senza le armi che più conoscevamo.

Abbiamo tutti lottato contro le nostre abitudini, il nostro modo di essere, le nostre paventate forze e le malcelate debolezze.

Una guerra dove, ancora oggi, per poter tornare vicini, dobbiamo restare lontani.

Assurdo, ma necessario!

E questo anello della catena, che si è fuso sotto il latente calore del virus, ha cambiato anche il modo di gestire il sociale legato alla terza età.

E non soltanto.

Ci si è resi conto, per esempio, che l’ospedalizzazione, intesa come unica panacea sociale al bisogno di cure, è un principio che, in caso di emergenza generale, non può assolutamente reggere.

Per mancanza di personale, di disponibilità strutturale, di applicazione terapica, di assistenza mirata.

Ecco quindi che prenderanno sicuramente corpo in maniera significativa, i cosiddetti servizi sanitari territoriali e le assistenze domiciliari.

Probabilmente in un prossimo futuro, grazie all’insegnamento maturato dalla necessità pandemica, non saranno tutti i pazienti, soprattutto quelli con minori abilità cognitive, a raggiungere i luoghi di cura, ma saranno le cure a raggiungere i pazienti.

Un’azione assistenziale non traumatica, perché non sradica, anche se temporaneamente, l’anziano dal suo habitat quotidiano.

Laddove custodisce gelosamente, nello scrigno della speranza, i pochi anelli di catena rimasti.

Un giorno, durante il periodo di pandemia, mi soffermai di nascosto ad osservare mia madre mentre, davanti al televisore, sgranava il rosario guardando il Papa che, da solo, riempiva piazza San Pietro.

E riflettevo.

Chi ha il privilegio di poter ancora scambiare due parole con i propri cari, ormai avanti con l’età, lo faccia senza indugio.

Non solo, ma nel farlo, non si vergogni di dir loro: vi voglio bene.

Perché non sempre il tempo aspetta il rinvio, e perché non ve lo chiederanno mai, ma lo vorrebbero ascoltare in ogni momento.

E quindi, detto fra noi, se pochi anelli sono rimasti nella vita dei nostri anziani, rafforziamo questa loro catena, con le sensazioni e le emozioni che proverebbero grazie ad una nostra carezza in più.

LE COMUNITÀ ENERGETICHE: QUANDO L’UNIONE FA LA FORZA! di Leonardo Tiene

I

n un periodo di cambiamenti climatici, digitalizzazioni e rivoluzioni della nostra società, il settore dell’energia rinnovabile non poteva rimanere fermo o indifferente.

Partendo dalle basi, dalle fondamenta se vogliamo ossia l’individuo, è immerso nella società e creato dalla stessa come “consumatore”: consuma prodotti, tempo, servizi e, infine, energia.

L’individuo, infatti, finora si è affidato a grandi aziende che avevano come obiettivo quello di distribuire a tutta la rete di clienti “consumatori” la propria fornitura, che sia di luce, gas e via dicendo (per intenderci quelle che noi intendiamo come utenze).

Ma appunto come da inizio articolo la società vive il cambiamento ogni giorno e ogni tema, settore e ambiente quotidiano non ne resta escluso ma viene in qualche maniera risucchiato, perché la natura affascinante del genere umano è quella di non fermarsi, sia nel bene che purtroppo anche nel male. Ma rimaniamo concentrati su quello che è il lato positivo.

Con l’avvento dell’innovazione tecnologica e per contrastare quella che è la minaccia più concreta e pericolosa che si sia affrontata sinora, ossa l’inquinamento da CO2 (anidride carbonica), l’individuo e la società in cui esso è immersa hanno creato i pannelli fotovoltaici, i solari termici, i

sistemi di accumulo e potrei andare avanti per molto ancora. Tutti sistemi che lavorano in maniera armoniosa per ridurre l’impatto negativo che ha, ancora una volta, l’uomo.

E le società? Che altro cambiamento potrebbe subire per l’obiettivo finale? Quali stimoli arrivano dall’individuo?

Grazie agli impianti sopra citati infatti, senza andare troppo nel tecnico, l’individuo non solo ha la possibilità di ridurre l’impatto sulla Terra, risparmiando energia e emissioni CO2, ma anche la possibilità di accumularne l’energia e poterla utilizzare in seguito: l’introduzione dei sistemi di accumulo da collegare ai propri impianti fotovoltaici permette di consumare l’energia al bisogno, minimizzandone l’incostanza nella produzione a seconda delle fasce orarie o delle zone geografiche. Una rivoluzione, un’altra.

Qui cambiano le carte in tavola, l’individuo che abbiamo menzionato ad inizio articolo non è più un soggetto passivo della società del consumo ma diventa anche soggetto attivo, in grado sicuramente di consumare ancora energia ma anche diventare “produttore”, in una parola: prosumer.

Arriviamo dunque al tema centrale dell’articolo, ossia le comunità energetiche. È servito un grande preambolo per introdurre l’argomento più

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importante, proprio per giustificarne la nascita e capirne ancora meglio la grande innovazione che stiamo vivendo. Ma andiamo con ordine.

Che cosa sono le Comunità Energetiche?

Una Comunità Energetica (o Energy Community) è un insieme di persone che condividono energia rinnovabile e pulita, in uno scambio tra pari. Diventano quindi la rappresentazione di un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Questo modello fonda i suoi valori sulla lotta allo spreco energetico e sulla condivisione di un bene fondamentale a un prezzo concorrenziale, grazie all’innovazione che sta rivoluzionando il mercato dell’energia.

Tutto questo si ricollega inevitabilmente ad un altro fattore già citato: la digitalizzazione.

Il mondo digitale, come quello del web, permette una connessione a nodi, peer to peer. Si passa dal classico gestore delle utenze che distribuisce a tanti individui il proprio servizio con la trasmissione one-tomany a una rete digitale decentralizzata, con collegamenti one-toone e many-to-many.

Questa rete è intelligente nella misura in cui incorpora, oltre ai necessari sensori di misura, i complessi algoritmi dell’intelligenza artificiale permettendo la partecipazione attiva anche del singolo cittadino.

Ma giustamente viene da domandarsi come un individuo possa praticamente sostituire un gigante tradizionale che distribuisce a tante persone una grossa quantità di energia?

Attraverso la Smart Grid, grazie alla quale ognuno può diventare parte di una comunità energetica: chi possiede un impianto fotovoltaico connesso in rete (ed è quindi un prosumer) può condividere con altri consumatori (consumer) la sua energia in eccesso. Chiunque può far parte di una di queste comunità che condividono energia pulita, abbattendo così gli sprechi energetici, le bollette e la propria impronta di carbonio.

Questo ovviamente non si applica solo nel nostro territorio ma anche in altri Paesi, anzi in realtà l’Italia è solo uno degli ultimi ad accedere a questo modello innovativo di condivisione energetica. Quello che più ci interessa però è: in Italia come si può entrare a fare parte di una comunità energetica?

Il Decreto-legge Milleproroghe In Italia, lo scorso marzo 2020, è entrato in vigore il Decreto Legge Milleproroghe che prevede e stabilisce le condizioni sine qua non un individuo non può entrare a fare parte di una comunità energetica e si ispira volutamente alla Direttiva U.E. RED II (che ha come Vision l’energia proveniente da FER come indispensabile per un mercato dell’energia equo e sostenibile, basato su economia circolare, che promuova l’innovazione tecnologica e porti al contempo benefici ambientali, sociali, sanitari ed economici). Prima di elencarvi le condizioni spiegate dal Decreto Milleproroghe, è altresì giusto sottolineare come quest’ultimo è anche soggetto ad un’evoluzione: dal primo di luglio ci saranno delle semplificazioni, infatti, sulle quali vi terremo aggiornati!

Scopriamo quindi cosa serve per entrare a far parte di una comunità energetica: 1. Obiettivo Innanzitutto, l’obiettivo primario deve essere quello di fornire benefìci ambientali, economici o sociali alla comunità stessa e all’area locale in cui questa opera. Questa comunità non deve quindi tendere a profitti economici: l’autoconsumo collettivo di energia non deve essere la principale fonte di reddito di chi cede l’energia (i cosiddetti prosumer, appunto).

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2. Accesso La partecipazione a tali comunità deve essere aperta a tutti, anche a chi non è in possesso di un impianto (i cosiddetti consumer), purché i punti di immissione e prelievo siano ubicati su reti elettriche sottese alla stessa cabina di trasformazione media/bassa tensione.

3. Impianti I prosumer che condividono l’energia da FER (Fonti Energetiche Rinnovabili), devono produrla con impianti di potenza complessiva inferiore a 200kW, attivati successivamente all’entrata in vigore del D.L. Milleproroghe e quindi connessi alla rete successivamente al 1° marzo 2020. La condivisione deve avvenire attraverso la rete distributiva esistente con lo scopo dell’autoconsumo istantaneo anche con l’ausilio di sistemi di accumulo.

4. Contratto I rapporti di condivisione devono essere regolati attraverso un contratto di diritto privato. I consumer possono decidere in qualsiasi momento di lasciare la comunità energetica, onorando i contratti concordati precedentemente con i prosumer.

L’impatto ambientale delle Comunità Energetiche Spiegate quindi le regole del gioco, bisogna per forza capirne l’importanza, ossia: cosa succederà quando le Energy Communities si diffonderanno capillarmente anche in Italia?

A rispondere a questa domanda nella maniera più oggettiva e precisa ci ha pensato lo studio dell’European House Abrosetti (assieme al Politecnico di Milano) con una previsione che si stima essere delle più rosee.

Infatti, con una penetrazione del 5% delle 500mila Comunità Energetiche potenziali prevede una riduzione delle emissioni di CO2 di 3,6 milioni di tonnellate. Per i membri delle Energy Community il beneficio economico complessivo potrebbe essere di due miliardi di euro all’anno, considerando i ricavi dell’energia immessa, il risparmio sull’acquisto al netto dell’investimento tecnologico iniziale.

Un risultato che ha dell’incredibile ma che in fin dei conti non lascia troppo sorpresi. La forza dell’uomo nel creare valore con la comunità non è assolutamente un segreto, infatti, e i risultati sono stati sempre fonte di ispirazione per un mondo migliore, sia in termini di economia che di etica. Le Comunità Energetiche sono l’ennesimo esempio di un grande passo avanti, segno del fatto che la Terra può avere ancora speranza, segno del fatto che l’umanità è l’unica in grado di cambiare il suo destino.

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