Emmaus e Avvenire. Martedì 21 settembre 2021

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Martedì, 21 settembre 2021

LA CELEBRAZIONE

Domenica 17 ottobre alle 16 l’apertura diocesana del Sinodo che coinvolgerà tutte le Chiese locali nostro Paese nei prossimi due anni, muoIveràldelSinodo il suo primo passo ufficiale nella nostra dio-

Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

Telefono 0733.231567 E-mail: redazione@emmetv.it Facebook: : emmetvmacerata Twitter: emmetvmacerata

cesi domenica 17 ottobre alle ore 16, nell’abbazia di Fiastra, con una Solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Nazzareno Marconi. Lo slogan che accompagnerà il cammino è: «Per una Chiesa sinodale: partecipazione, comunione, missione». Sono invitati sacerdoti, diaconi, consacrati, i membri dei consigli delle Unità pastorali, i rappresentanti di gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali. Diretta streaming dell’evento: canale YouTube della Diocesi ed EmmeTV Canale 89. Info: segreteria@diocesimacerata.it

Inserto di

Padre Panichella in Amazzonia con gli ultimi

Macerata al fianco degli afghani in cerca di futuro

Nuovi sacerdoti e diaconi per la Chiesa locale

Cistercensi, convegno storico a Fiastra

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Nella Messa per la festa del patrono san Giuliano, il messaggio del vescovo Marconi alla città

Vincere il cuore indolente «Contro il virus ci attende una guerra di trincea in cui contano soprattutto la solidarietà e la collaborazione Questo tempo potrebbe produrre il bene di renderci più responsabili, più solidali, più maturi»

Pubblichiamo ampi stralci dell’omelia pronunciata dal vescovo NAzzareno Marconi il 31 agosto scorso nella festa del patrono di Macerata. DI NAZZARENO

MARCONI *

C

Un momento della celebrazione nella Basilica Mater Misericordiae

tanti, che poi magari si lagnano degli effetti negativi di questo modo di fare. Oggi tanti parlano in Tv. Moltissimi scrivono su Internet quello che pensano, ma pochi pensano davvero a quello che scrivono. Pochi si prendono la responsabilità seria di valutare ogni parola pronunciata. Molti cercano il successo veloce, creato dall’emozione o da chi la spara più grossa. Papa Francesco dice che ogni cristiano deve chiedere a Dio prima di tutto il dono del discernimento: quella sapienza che è dono dello Spirito santo che fa riconoscere la verità anche quando è scomoda, quando è impegnativa, quando ci chiede di fare scelte che costano fatica e rischio personale, ma portano al bene di tutti. Usate più la testa e la coscienza e meno lo stomaco, quando leggete i post su Internet o seguite un dibattito urlato in Tv! La seconda ricetta contro l’indolenza è vedere con verità cosa possiamo concretamente fare. I competenti che a me sembrano più avveduti, dicono che il virus diventerà endemico, cioè resterà presente. Ci attende una guerra di trincea. Abbiamo delle armi: dai vaccini a una migliore conoscenza delle cure e della prevenzione. Sappiamo meglio come radunarci, lavorare, studiare senza correre gravi rischi. In una guerra di trincea la prudenza è più importante del coraggio, ma non deve diventare paura. Dobbiamo riprendere a vivere, la-

vorare, studiare, ma in modo nuovo, più cosciente e responsabile verso noi stessi e verso gli altri. In una guerra di trincea, la solidarietà e la collaborazione a lungo termine sono più importanti dei gesti isolati e dell’eroismo individuale. Non si può restare in una buca attendendo che altri lottino per noi.

La sfida di questo tempo è preziosa. Da ogni male Dio sa trarre un bene e questo tempo potrebbe produrre il bene di renderci più responsabili, più solidali, più maturi. Nel 2015, a 100 anni dalla Grande Guerra, il presidente Mattarella ha detto: «I soldati italiani, in maggioranza contadini, provenienti da storie e regioni di-

La «Giornata del laureato» si allarga e unisce le generazioni l Teatro Lauro Rossi ha dato il bentornato ai laureati dell’Università di Macerata con la 17ª edizione Idella “Giornata del Laureato”. La manifestazione che

UNIMC

arissimi, la festa del santo Patrono ci parla di una paternità amorevole, di una protezione di san Giuliano verso Macerata, su cui possiamo confidare. La prima lettura della Messa però si chiudeva con un “guai”: «Guai al cuore indolente e che non ha fede, perché non avrà protezione». Cosa ci dice oggi questa Parola rivolta non solo alla Chiesa, ma a tutta la città di Macerata? Mi prendo la responsabilità di dire parole anche dure, che sinceramente ritengo vere, senza pretendere che lo siano. Il vescovo deve essere sincero, ma non pretende certo di essere infallibile. Parlo al vostro cuore ed alla vostra libera coscienza, che la fede cristiana rispetta sempre. La prima tentazione di un cuore “indolente”, mi sembra quella di pretendere da Dio la soluzione dei nostri problemi. Questa è la visione di una fede “di comodo”, con Dio e i santi chiamati ad affrontare i problemi, rispetto alla genesi dei quali non siamo del tutto innocenti. Possiamo e magari dobbiamo chiedere la fine di questa pandemia, ma ciò richiede da parte nostra di superare l’indolenza e la mancanza di fede. L’indolente davanti a un problema non si chiede: «Cosa potrei e dovrei fare in prima persona?», ma cerca colpevoli e complotti, per scaricare sugli altri ogni responsabilità. Pretende soluzioni che non lo costringano a cambiare abitudini, o a fare sacrifici ragionevoli. La Bibbia invece parla di Alleanza tra Dio e l’umanità, in cui ciascuno dei due fa il bene che può, per raggiungere il benessere, la pace, la salute. Bisogna cercare la verità delle cose. Non quella più comoda per noi: quando eravamo piccoli ci fidavamo di giornali e televisione: voci autorevoli perché affidati a professionisti formati con una lunga ed esigente gavetta, rigorosi nel verificare la fondatezza di quanto divulgato. Oggi le cose sono cambiate. I danni di questa pandemia hanno radici lontane e nessuno è del tutto innocente, perché una società che non pretende più studio, sacrificio e competenza per raggiungere posti di responsabilità, nel breve tempo è comoda per

celebra tre generazioni di laureati – quelli di 25 e 50 anni fa, con i neo dottori – in questa edizione si è estesa includendo i Graduation Day in piazza. I laureati premiati sono: Franco Giampaoletti, Marco Fioravanti, Chiara Angelini, Arianna Giulianelli, Luca Moriconi e Serena Sileoni (nella foto col rettore Adornato).

verse, scoprirono per la prima volta, nel senso del dovere, nella silenziosa rassegnazione, nella condizione di precarietà, l’appartenenza a un unico destino di popolo e di nazione». L’Italia l’hanno costruita più le trincee del Carso, dove siciliani e milanesi combatterono e soffrirono a lungo assieme, che gli intrallazzi politici di Cavour o l’impresa fulminea dei Mille di Garibaldi. Nella logica dell’Alleanza biblica è giusto e buono avere fede e chiedere al Signore e a san Giuliano la vittoria su questa pandemia, ma ognuno faccia la sua parte, come tanti stanno facendo da quasi due anni, con impegno e per il bene di tutti. Se per noi la parola guerra è simbolica, tra di noi stanno giungendo da fine agosto delle famiglie afgane in fuga da Kabul per le quali la guerra è ricordo vivo. Da settimane la Diocesi, il Comune, le Autorità locali civili e militari, la Caritas, la “Fondazione Diocesana Vaticano II” e l’associazione “Centro di ascolto e di prima accoglienza” stanno lavorando assieme per dare una accoglienza responsabile, competente e di qualità. Mi sembra già una cosa molto buona che si lavori assieme, che ci si confronti e si cerchi il meglio per chi è in difficoltà: sia per chi arriva da lontano, che per chi vive già qui in situazioni precarie.Accogliere questi perseguitati mentre si continua ad aiutare i nostri poveri e i nuovi poveri è un dovere umanitario. È una testimonianza all’Italia che anche noi Maceratesi sappiamo fare la nostra parte. Ed è anche il modo giusto di onorare i 53 civili e militari italiani che in questi 20 anni sono caduti in terra afghana tenendo fede all’impegno di bene che avevano preso. Che San Giuliano vi benedica e protegga tutti. * vescovo

L’ANNIVERSARIO

Il lavoro torni a dare dignità e speranza

«S

enza lavoro non c’è pace, futuro, libertà, dignità...»: don Rino Ramaccioni, introducendo l’incontro che si è svolto all’Abbadia di Fiastra sabato scorso 18 settembre, nell’ambito degli appuntamenti per i 50 anni di campi scuola Mlac, ha subito indicato un preciso orizzonte alla riflessione nella quale ha coinvolto il presidente nazionale delle Acli Emiliano Manfredonia e il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio. Il lavoro che non si accontenta di essere via al sostentamento fisico, ma che si qualifica come dimensione fondamentale dell’esistenza, come attività nella quale ognuno partecipa all’opera della creazione. La discussione, vivacemente animata dal giornalista fermano Raffaele Vitali, ha preso ovviamente spunto dallo sconvolgimento prodotto dalla pandemia, che nel nostro territorio si è sommato, amplificandone i riverberi, al disastro del sisma del 2016. Così Tarquinio ha annotato come la crisi sia stata un grande evidenziatore che ha fatto risaltare di ogni territorio i punti di forza e quelli di debolezza, da cui ripartire per un recupero duraturo, e di fronte al persistere delle proteste no-vax ha notato come si tratti di reazioni individualiste, autoreferenziali e che paradossalmente «chi rifiuta il vaccino, rifiuta le cure, in modo che è del tutto equivalente a quello di un fautore dell’eutanasia». Manfredonia ha a sua volta rilevato come anche nella Chiesa si sia «manifestato spesso un deficit di relazionalità, che ha coinvolto le stesse Acli», notando poi che «la vita non può essere affrontata come un talent dove tanti partecipano ma solo uno vince: tutti devono essere accompagnati per vincere, e questo nelle nostre comunità molto spesso manca». Il direttore di “Avvenire”, invitando ad avere uno «sguardo integrale sulla vita, che va difesa in ogni suo ”durante” – inizio, fine, tempo intermedio –, ha sottolineato l’importanza dell’enciclica Laudato si’, vera «Carta di Camaldoli dei cattolici di questo tempo», testo guida fondamentale per l’azione su un «terreno di avvicinamento tra credenti, non credenti e diversamente credenti». Rispondendo alla sollecitazione del giornalista Vitali, Manfredonia ha rilevato come all’origine di tante crisi con licenziamenti di massa ci sia il fatto che la conduzione delle aziende non è più in capo a imprenditori, più o meno bravi, ma a fondi finanziari per i quali la responsabilità sociale non è un criterio di valutazione. Per contrastare tali comportamenti, va innescata un’azione a livello europeo per un salario minimo continentale. Piero Chinellato

Il necessario cammino verso una «città della cura» DI

GIANCARLO CARTECHINI

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Serve un nuovo urbanesimo che sostenga nella capacità di collaborare, di produrre beni comuni e di avere attenzione reciproca

ecenni fa questo dramma della solitudine non sarebbe accaduto: tutti nel rione si interessavano di tutti, nel bene e nel male. Certo, se fossero stati abitanti delle Fosse, dove c’è ancora vita sociale, li avrebbero scoperti al massimo entro una settimana. Ma quanti anziani muoiono da soli e vengono scoperti dopo alcuni giorni?».. Il sentimento prevalente tra le reazioni seguite alla tragedia della coppia di anziani di Macerata e del loro figlio con problemi di disabilità trovati morti nella villetta di Santa Croce, raccolte sul web, è di disorientamento e di sconcerto. Nostal-

gia per un passato che non c’è più. Accuse alle istituzioni – servizi sociali, parrocchia, Caritas– che non si sono accorte di nulla. Tentativo di contestualizzare quanto accaduto nell’ambito della crisi da Covid: «Eccolo il frutto dei tempi, distanziamento, dignità calpestata…». «Ci vorrebbe un villaggio per avere cura di un anziano o di una persona fragile, ma quel villaggio non c’è più», scrive Ezio Manzini, docente universitario noto per i suoi lavori centrati sul tema della sostenibilità sociale, nel saggio “Abitare la prossimità”. Proprio nel momento in cui è necessario mantenere le distanze, la nuova condizione di vita imposta dalla pandemia mostra in modo tangibile l’importanza del-

la prossimità. La nostalgia, tuttavia, non può suggerirci una via d’uscita. E allora che fare? La sua analisi è lucida. Gli individui hanno sempre meno tempo per prendersi cura gli uni degli altri. D’altro canto i sistemi di servizi sociali hanno sempre meno capacità di farlo, per carenza di risorse certo, ma soprattutto perché l’idea di servizio su cui si basano non riesce a fare fronte alla dimensione e varietà dei problemi da affrontare. È il modello stesso della “città dei servizi” ad avere raggiunto un limite di saturazione non superabile: «Nessun servizio sociale immaginato per intervenire su persone in specifici momenti di difficoltà, può sostenere una situazione in cui, per un numero crescente di

persone, la precarietà tende a diventare la condizione normale di esistenza». La proposta? Bisogna cambiare parametro. Passare da una “città dei servizi”, in cui le persone sono spinte a sentirsi e ad agire come clienti passivi, ad una “città che cura”, in cui i cittadini sono sostenuti nella loro capacità di essere attivi, di collaborare, di produrre beni comuni e di avere cura tra di loro. Il libro presenta una serie di iniziative, già realizzate in diverse città europee, che vanno in questa direzione: condividere spazi comuni, organizzare reti di supporto per anziani e persone fragili, creare circoli di cura in cui gruppi di cittadini, che hanno uno stesso problema, si aiutano vicendevolmente con

l’aiuto di esperti. Porre le basi, insomma, per un welfare relazionale e collaborativo, in cui tutti gli attori in campo si sentano parte di una comunità di cura. L’autore si spinge fino a proporre una differente “ecologia del tempo”, in cui il ritmo uniforme e accelerato della modernità cede il passo al tempo plurimo della “città che cura”, fatto sì di velocità, ma anche della lentezza necessaria per intessere relazioni e favorire la nascita di nuove comunità aperte e inclusive. Una prospettiva interessante, sulla quale potrebbe essere utile confrontarsi: in fondo che cosa è la politica, se non la capacità di lasciarsi interrogare dai fatti che accadono e progettare un futuro possibile?


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