Inserto mensile della diocesi di Macerata
Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia
A cura della redazione EMMETV
Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata
Don Antonino missionario in Finlandia
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Inserto di
Ucraina, la guerra vicina a noi e le sue storie
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Martedì, 15 marzo 2022
CARITAS
Emergenza profughi
La nostra diocesi ha un rapporto diretto e privilegiato con il vescovo di KievZhytomyr Vitalii Kryvytskyi e abbiamo tra noi un sacerdote di origine ucraina, don Igor Olkhovskyi. Di fronte alla volontà di contribuire ad alleviare le sofferenze e i bisogni della popolazione civile abbiamo optato, valutandola come scelta più rapida e agevole di intervento, di raccogliere offerte in denaro. Chi vuol contribuire può effettuare un bonifico sul conto della Caritas diocesana di Macerata - Iban: IT 75 K 06150 13400 CC0320105710) – Causale: Aiuto al popolo ucraino. Al medesimo fine, in via straordinaria, sarà destinata anche la raccolta della Quaresima di carità.
Mof 2022: programmazione ricca e varia
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Marconi alla diocesi: chi condivise la vita terrena di Gesù sia modello per le parrocchie
Chiesa, sempre apostolica
DI NAZZARENO MARCONI *
Leggere l’immagine della Parrocchia secondo il Concilio sul filo delle caratteristiche fondamentali della Chiesa che è Una, Santa, Cattolica ed Apostolica ci conduce a completare la nostra riflessione soprattutto attorno al tema dell’Apostolicità.
Come insegna Lumen Gentium
23 «I singoli vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari; queste sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica». L’unità della Chiesa non è l’unità di un esercito, o di una organizzazione produttiva, ma quella di un corpo che nasce dalla sinergia libera e positiva in cui ogni membro è valorizzato e contribuisce al cammino comune.
A partire da questa “unità cattolica” possiamo riflettere sul tema dell’Apostolicità della Chiesa, che non è semplicemente il fatto che in ogni Chiesa particolare c’è un successore degli Apostoli che la collega vitalmente con Gesù.
L’Apostolicità della Chiesa, che deve riverberarsi nella parrocchia, ci porta al confronto vitale con una realtà molto concreta: il gruppo degli Apostoli di Gesù e la loro vita di fede. Dice Lumen Gentium 20 «La missione divina affidata da Cristo agli apostoli durerà fino alla fine dei secoli (cfr. Mt 28,20), poiché il Vangelo che essi devono predicare è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo […] I vescovi dunque hanno ricevuto il ministero della comunità per esercitarlo con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi […] essi presiedono in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa».
La continuità tra il gruppo degli Apostoli di Gesù e lo stile di vita della comunità ecclesiale in tutte le sue articolazioni appare molto forte. Tutta la parrocchia secondo il Concilio deve vivere avendo lo stile apostolico come modello e il vescovo e i suoi collaboratori debbono essere maestri, testimoni e modelli di questo stile apostolico. Perciò l’idea di parrocchia che troviamo nei documenti del Vaticano II non è di certo quella di un gregge che segue passivamente i propri pastori. Nella comunità matura
Porto Recanati, una parrocchia che guarda avanti
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Don Ihor: «Crimini intollerabili»
Il vescovo: il pastore e i suoi collaboratori debbono essere maestri e testimoni. Nella comunità matura non ci sono da una parte i protagonisti e dall’altra i consumatori, ma tutti sono membri attivi
non ci sono protagonisti e consumatori, ma tutti sono membri attivi. Dice Lumen Gentium
32: «Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia, vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli per l’edi-
AGENDA
Celebrazioni verso la Pasqua
10 aprile - Domenica delle Palme - ore 10.30 Benedizione delle palme in Piazza della Libertà. A seguire S.Messa ai giardini Diaz ore 18.00 Apertura 40 ore san Flaviano (Recanati)
14 aprile - Giovedì Santoore 10 Messa crismale all’Abbadia di Fiastra ore 18.30 Messa in Coena Domini a San Giorgio (Macerata)
15 aprile - Venerdì Santoore 17.30 Liturgia dell’adorazione della croce a San Giorgio (Macerata) ore 21.00 Liturgia del Cristo Morto - partenza dalla Chiesa del Sacro Cuore (Macerata)
16 aprile - Sabato Santoore 21.00 Veglia di Pasqua a San Giorgio (Macerata)
Non c’è solo una diffusa povertà di compagnie o di intimità: tanti si sentono abbandonati ed esclusi Questo genera rabbia e ostilità
ficazione del corpo di Cristo. La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio include l’unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra loro da un comune necessario rapporto». Nel gruppo degli apostoli che seguivano Gesù appare una immagine di comunità fortemen-
te diversificata, nella quale si riconoscono dei ruoli diversi: Pietro ha l’innegabile compito di essere un riferimento unitario e unificante, ma nella piena coscienza che Pietro da solo ha limiti di carattere, di valutazione, di poca fede soprattutto davanti alla prova. Tanto da giungere a rinnegare il Signore. Il libro de-
Luigi
Don Luigi Taliani si è spento ieri alle 15, dopo una lunga malattia che lo aveva costretto a numerosi e prolungati periodi di ricovero. Alle 12 aveva ricevuto i conforti religiosi. Nato il il 26 ottobre del 1943 a Villa Torre di Cingoli, vicario parrocchiale all’Immacolata di Macerata, è stato a lungo direttore di “Emmaus” e di “Radio Nuova Macerata”, oltre che responsabile delle Comunicazioni sociali diocesane. Per molti anni è stato assistente diocesano e regionale dell’Azione cattolica ragazzi, e ancora attualmente della Fuci.
gli Atti sembra riconoscerlo, tanto che quando Pietro sarà in prigione, tutta la Chiesa si metterà in preghiera per lui per sostenerlo (At 12,1-17). Accanto a Pietro altri due: Giacomo e Giovanni sono più vicini a Gesù e testimoni privilegiati di momenti chiave come la trasfigurazione (Mc 9,1) e l’agonia nell’orto (Mc 14,33). Ma nel gruppo degli Apostoli c’è ancora diversità di compiti e responsabilità, come l’amministrazione dei beni per i poveri affidata a Giuda (Gv 12,4-6), o la cura per la preparazione dell’ultima cena (Mt 21,1) affidata a due discepoli di cui non sappiamo il nome. Per raggiungere nella concretezza questa azione corresponsabile entro la Chiesa locale fino alla sua articolazione in Parrocchie o Unità Pastorali, il Concilio ha raccomandato l’istituzione di una serie di Consigli «sia a livello diocesano che parrocchiale o interparrocchiale […] nei quali collaborino convenientemente clero e religiosi con i laici […] che aiutino il lavoro apostolico della Chiesa, sia nel campo dell’evangelizzazione e della santificazione, sia in campo caritativo, sociale e altri» (AA 26). Nella nostra Diocesi si cammina secondo questa visione con la costituzione dei Consigli pastorali di Unità pastorale che tramite i loro Segretari laici formano l’ossatura del Consiglio pastorale diocesano, così come i presbiteri coordinatori delle stesse Unità pastorali formano il Consiglio presbiterale, per dare unità nella diversità al cammino di tutte le nostre parrocchie. Ma se tutto quanto precede non diventa convinzione profonda e regola di vita per pastori e fedeli, non saranno certo i Consigli a fare magicamente sia la comunione dei fedeli, che il rinnovamento delle parrocchie e diocesi che il Concilio ci indica. * vescovo
Dal 24 febbraio scorso le bombe della Russia di Putin non sono cadute soltanto dal cielo dell’Ucraina, ma hanno risuonato in tutto il Vecchio Continente, scuotendolo dalle certezze di una pace duratura, pur tra i molti distinguo e le controversie della storia. «L’Europa ha capito, spero non sia tardi, è il tempo delle tenebre, chiedo al Signore che infonda la luce in tutti noi», afferma come da eco don Ihor Olkhovskyi rivolgendosi a Dio e agli uomini. In questa ferma preghiera del direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della diocesi di Macerata si comprende però come non sia questo il tempo della rassegnazione. Nato in Ucraina, fin dalle prime fasi dell’invasione russa don Ihor si è mosso per tenersi in stretto contatto con i familiari rimasti al confine con la Crimea e con i primi connazionali, donne e bambini, in fuga verso l’Europa. Un ponte umanitario necessario quanto fondamentale da contrapporre a un’operazione militare tutt’altro che «speciale», come descritta dal presidente russo Vladimir Putin. Alla distruzione delle città ucraine è infatti seguita la diaspora vicina ormai ai due milioni di persone scappate nei vicini Paesi europei, alcune delle quali dirette in Italia. Nonostante ciò, nelle parole di don Ihor vive una speranza di pace: «Come sacerdote posso solo invitare a pregare perché cessi questo conflitto assurdo – afferma –, persone uccise, territori bombardati, un’azione bellica guidata da motivazioni assurde». Don Ihor non dimentica come l’Ucraina sia in realtà da ben otto anni in conflitto: «Una guerra creata artificialmente – spiega –, attraverso l’annessione dei territori come la Crimea e il supporto di separatisti manipolati dall’esercito russo». Il pensiero del direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso va poi al popolo russo: «Credo che viva in ostaggio della pazzia di Putin –commenta –, di un uomo che minaccia il mondo col terrore che incutono le armi nucleari. I russi sono vittime del proprio presidente. Spero che reagiscano, che facciano anche loro qualcosa, perché il mondo è sul crinale più pericoloso dalla sua storia. Le maschere sono state tolte, siamo assistendo a intollerabili crimini di guerra contro bambini e famiglie».
Andrea Mozzoni
Contro la solitudine, esserci uno per l’altro
DI GIANCARLO CARTECHINI
«Quando
potremo riabbracciarci?». Sto tornando a casa insieme a mio figlio. La cena è andata bene. L’anniversario di un viaggio in India è stato il pretesto per ritrovarmi con Sauro e Rita dopo tanti anni. Ci siamo lasciati da vecchi amici, uscendo dal ristorante singalese nella zona del porto. «Namasté!». «Alla prossima!». E poi, inevitabile, l’imbarazzo al momento del saluto: carezza? Tocco sulle spalle? Un goffo accenno di abbraccio, scrutando le reazioni dell’altro… «Quando torneremo ad abbracciarci?». Gli interrogativi di un figlio sono sempre in agguato. A volte ci colgono di sorpresa, col-
piscono in ripartenza. Altre volte, invece, giocano di anticipo. Esprimono qualcosa che anche tu stai pensando. Un attimo prima, però. «Mi è sempre piaciuto abbracciare le persone, cercarne il contatto; ma ora mi chiedo se sarò ancora in grado di farlo, quando tutto sarà passato. Riusciremo a tornare come prima?». Già. Riusciremo a tornare come prima? Me lo sto chiedendo anche io. Shamsia Hassani, una artista afghana che espone in tutto il mondo, ed orna di murales visionari i muri diroccati degli edifici di Kabul, ha scritto in un graffito: «L’acqua può ritornare in un fiume arido, ma cosa succede al pesce morto?». Viviamo nel “secolo della solitudine”, afferma
l’economista inglese Noreena Hertz nel saggio omonimo. La mancanza di contatto fisico, con tutto il malessere che ne consegue, rappresenta solo uno degli aspetti più evidenti di un fenomeno tentacolare, radicato all’interno di un ecosistema nel quale sembra non trovare ostacoli: ha risvolti pesanti dal punto di vista sanitario (ci si ammala di solitudine nel corpo, non solo nella psiche), sociale e perfino politico; rappresenta una minaccia per una democrazia che voglia essere tollerante ed inclusiva.
Il fenomeno ha origini lontane: la crisi pandemica non ha fatto altro che accentuare un processo iniziato con la svolta neo liberista degli anni 80, quando molti valori della vita sociale – la soli-
darietà, la comunità, e perfino la gentilezza – sono stati marginalizzati. La solitudine non è solo il disagio che prova chi è povero di compagnie, o di intimità. Non riguarda solo la sfera degli affet- ti. È anche la frustrazione provata da chi sente di essere abbandonato da parte dei propri concittadini, dai datori e compagni di lavoro, dalle istituzioni. È la percezione di sentirsi politicamente ed economicamente escluso. Un sentimento che genera rabbia, ostilità, e ha una ricaduta pesante anche nelle urne elettorali. Cosa si può fare, allora, affinché le persone si sentano accudite, in un mondo in cui le risorse sono sempre più scarse? Come fare in modo che gruppi sociali già vulnerabili non siano emarginati an-
cora di più? Insomma: come riunire le persone in un mondo che si sta disgregando? Il saggio è ricco di esempi virtuosi relativi alla vita in famiglia, al mondo del lavoro, al quartiere nel quale si abita. Possono sintetizzarsi in un unico suggerimento: favorire incontri, micro interazioni, progetti comuni, tra persone di diversa estrazione e cultura. L’esatto contrario degli algoritmi, che propongono sempre pensieri a noi affini, e i diversi solo per consentirci di polemizzare urlando. In fondo – conclude l’autrice – l’antidoto al secolo della solitudine può essere solo l’esserci l’uno per l’altro. Il futuro è nelle nostre mani, in mille piccoli abbracci d’argento sopravvissuti alla siccità.
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Messa Crismale all’Abbazia di Fiastra nel 2019
LUTTO
IL
Si è spento don
Taliani anima dei media diocesani
UCRAINA
Un murale di Shamsia Hassani
DI ANTONINO VALENTINO *
La
Missio ad gentes di Mikkeli, in Finlandia, dove mi sono trasferito circa due anni fa, è iniziata nel marzo 2015, su richiesta del vescovo di Helsinki e con l’invio e la benedizione delle prime quattro famiglie, nell’aula Paolo VI in Vaticano da parte di papa Francesco. In quell’occasione fu lo stesso Pontefice a spiegare il carisma di queste famiglie, provenienti dal Cammino neocatecumenale e la loro specifica missione per la “nuova evangelizzazione”, dicendo: «Sono particolarmente contento che questa missione si svolga grazie a famiglie cristiane che, riunite in una comunità, hanno la missione di dare i segni della fede che attirano gli uomini alla bellezza del Vangelo [...]. Que-
L’esistenza può essere valutata come tempo cronologico, ma anche condizione fisica, psicologica e persino pedagogica, con i bisogni educativi enormemente ampliati
ste comunità — disse il Papa — sono formate da un presbitero e da quattro o cinque famiglie, con figli anche grandi, e costituiscono una Missio ad gentes, con un mandato per evangelizzare i non cristiani, quelli che non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo, e i tanti non cristiani che hanno dimenticato chi è Gesù Cristo, i non cristiani cioè battezzati, ai quali la secolarizzazione, la mondanità e tante altre cose hanno fatto dimenticare la fede […]. Voi — rivolgendosi alle famiglie — avete ricevuto la forza di lasciare tutto e di partire per terre lontane grazie a un cammino di iniziazione cristiana, il Cammino neocatecumenale, vissuto in piccole comunità, dove avete riscoperto le immense ricchezze del vostro Battesimo […] e che sta realizzando queste Missio
Don Antonino Valentino opera in Finlandia dove i cattolici sono solo 11mila, in aumento solo grazie agli immigrati
ad gentes in mezzo ai non cristiani, per una Implantatio Ecclesiae, una nuova presenza di Chiesa, là dove la Chiesa non esiste o non è più in grado di raggiungere le persone» (Francesco, Discorso ai rappresentanti del Cammino neocatecumenale, 6/03/2015). Mikkeli, situata a Sud Est nella ragione finlandese più ricca di laghi, è una cittadina con circa 50 mila abitanti e pur avendo avuto dei trascorsi cattolici fino al XVIII secolo, oggi è di professione evan-
Nell’età più avanzata ancora una vita piena
DI EUGENIO LAMPACRESCIA
gelica luterana con una piccola minoranza di ortodossi. Non ci sono edifici di culto cattolici e noi della Missio celebriamo l’Eucaristia o la liturgia della Parola di Dio in saloni affittati. In altre occasioni, con l’autorizzazione del vescovo, celebro l’Eucarestia presso le famiglie in casa, per sostenere la loro fede, come occasione di lode a Dio e per fortificare la comunione. Sono momenti belli ed intensi che aiutano tutti, anche me, e dove mi sembra di vivere l’esperienza della Chiesa apostolica delle origini. I finlandesi, anche se sono di indole riservata e vivono la fede in modo molto personale, restano attratti dallo stile di vita di queste famiglie e ne accolgono di buon grado e con timida curiosità la testimonianza. E questo avviene sia nella parrocchia, quan-
do la Missio si trova all’interno del suo territorio, come ad esempio a Kuopio, sia nel dialogo con i rappresentanti della Chiesa luterana, laddove è possibile organizzare incontri e momenti di preghiera ecumenici. La Chiesa cattolica finlandese pur ridotta nei numeri – poco più di 11mila membri –, è molto attiva e vivace ed è in aumento grazie all’arrivo di cattolici stranieri; anch’essa si sta preparando a celebrare il Sinodo indetto da papa Francesco e lo fa nell’attesa del suo nuovo vescovo e con il suo apporto di Chiesa aperta all’accoglienza e alla testimonianza, aperta al confronto e all’integrazione, com’è d’altronde tipico della cultura finlandese. * presbitero della diocesi di Fermo, formato al Seminario “Redemptoris Mater” di Macerata
Un Centro di ascolto aperto a Santa Croce Sono
trascorsi esattamente quattro mesi da quando nell’Unità pastorale ImmacolataSanta Croce è diventato operativo il Centro d’ascolto, attivato in collaborazione con la Caritas diocesana per cercare di dare risposte a situazioni di difficoltà sociali ed economiche, molte delle quali aggravatesi per il lungo periodo di pandemia. Aperto ufficialmente il 14 novembre, in concomitanza con la V Giornata mondiale dei poveri, il nuovo servizio «è stato subito accolto con grande favore dai parrocchiani», sottolinea Giovanni Gentili, che, insieme a Raffaela Fermani e Cristina Turini, fa parte dell’équipe di operatori del Centro.
La
vita si è allungata per tutti. E così i tempi dell’età avanzata. I sessantenni non sono più considerati vecchi. Questo però non per tutti significa benessere pieno. Talvolta per gli acciacchi fisici che via via si affacciano. Altre volte per difficoltà causate dalla inattività e dal ritiro sociale.
Imparagonabile la qualità della vita rispetto a quella dei nostri genitori e nonni. In linea generale si sta meglio, tanto che si è resa necessaria anche una nuova classificazione proposta dalla Società italiana di gerontologia. Giovani anziani dai 64 ai 74 anni, anziani dai 75 agli 84, grandi vecchi dagli 85 ai 99 ed infine i centenari. La buona notizia è che non si è vecchi prima di un’ottantina e un po’.
Il counter aging, per dirla in italiano lo “svecchiamento” della società, è osservabile nella realtà aldilà dell’anagrafico invecchiamento della popolazione e nonostante il progressivo pesante calo della natalità. Insomma, si può essere giovani anche da anziani contribuendo ad attenuare la percezione di invecchiamento generale della società.
L’età è qualcosa di molto complesso. Essa è tempo cronologico, ma anche condizione fisica, psicologica e persino pedagogica, in quanto i bisogni educativi si sono ampliati fin verso l’età matura e oltre. È per questo che una persona di ottanta anni che ancora progetta e lavora o dedica il suo tempo libero agli altri, fa sport, ha uno sguardo di futuro, è attivo a livello sociale e porta il suo contributo a livello intergenerazionale, può considerarsi giovane e prepararsi meglio alla certa conclusione della vita. Così, come in un circolo virtuoso, migliorando le condizioni fisiche e intellettuali, si migliora complessivamente il capitale umano. In questo senso c’è tutto un lavoro pe-
(Foto Sir/Marco Calvarese)
dagogico e di strategia formativa da pensare e mettere in campo, con necessità di personale qualificato, non sanitario che si occupi non solo di assistenza e cura, ma di educazione alla cittadinanza attiva. Poi non può mancare l’impegno individuale. Personalmente ho superato da un po’ i sessanta anni. Non mi sento vecchio, anzi mi considero persino più forte e lucido di prima. Ringrazio per quello che ho avuto e fatto fin qui nella vita, specie in questi ultimi anni più maturi. Vado avanti convinto. Ho la fortuna di vivere il mio tempo occupato come tempo liberato. La mattina, al risveglio, ho voglia di ricominciare. Non saprei dire quando e se si diventa vecchi veramente. Ho visto però i
miei genitori invecchiare. Mamma, sempre indomita, ha cominciato quando non è stata più in grado di mandare avanti il negozio che era anche un crocevia di incontri. Poi nel momento in cui è diventata un pericolo pubblico alla guida. E infine quando l’Alzheimer se l’è portata via a 91 anni. Mio padre ha cominciato a invecchiare quando, da imprenditore, ha lasciato l’azienda, rifugiandosi spesso da solo in campagna e non coltivando più relazioni sociali. Da allora non si è più ripreso. Fino al primo problema cardiaco che l’ha portato a chiudersi sempre più. Da ultimo, rotto un femore, non siamo più riusciti a farlo alzare dal letto, per il cattivo umore, non per la frattura. Ha concluso la sua vita terrena a
92 anni. Mi sa che, per entrambi, la vecchiaia vera sia cominciata con la solitudine. Spesso la solitudine dipende dalla “cultura dello scarto”, tanto spesso evocata da papa Francesco, di chi vede gli anziani come un peso e non una risorsa di memoria e saggezza. Altre volte perché a questa età ci si scarta da soli.Per questo voglio continuare a fare progetti, almeno finché avrò salute sufficiente. A rimanere curioso di viaggi in posti nuovi e anche dei viaggi della mente. Ad avere magari pochi, ma buoni amici con cui condividere questa fase della vita. In fondo come afferma acutamente Philippe Geluck «Essere vecchi non è che essere giovani da più tempo degli altri».
In questi mesi, nonostante difficoltà operative legate alle disposizioni anti Covid, sono stati affrontati diversi casi, per lo più segnalati da parrocchiani. Alcuni già risolti, altri tuttora “aperti”. La prima preoccupazione di chi opera nel Centro è di tutelare la riservatezza e far sì che le persone si avvicinino senza timore. Un aspetto, questo, che risulta assai problematico, soprattutto quando il problema è essenzialmente di carattere sociale. Situazioni di povertà se ne sono presentate al Centro meno di quanto ci si poteva aspettare. Secondo Gentili a contenere le esigenze di aiuto economico sono essenzialmente il Reddito di cittadinanza e – forse ancor di più – il nuovo Assegno unico per i figli, di cui possono godere anche coloro che non lavorano.
Questi due sostegni statali hanno altresì cambiato la percezione della mancanza di lavoro, che ora viene sentita molto di più sul piano sociale e psicologico, soprattutto da coloro che il lavoro lo perdono in età non giovanile.
Anche la “solitudine”, che in passato veniva considerata come una situazione tipica di molte persone anziane, è diventato un problema per persone in età lavorativa, anche giovani. L’esperienza di questi mesi ha dimostrato un aumento di condizioni di “autoisolamento”. Colpisce indistintamente uomini e donne, che per problematiche diverse si isolano in casa, allontanandosi senza apparenti ragioni da familiari e amici. Il Centro d’ascolto, organizzato nei locali della parrocchia di Santa Croce, è uno spazio di attenzione ai bisogni della gente. Chiunque si presenti viene accolto avendo a cuore il rispetto della sua dignità e della riservatezza. È necessario prendere appuntamento telefonico chiamando (tra le 15 e le 18) il numero 351-7525956. «Noi –tengono a sottolineare gli operatori del Centro – non ci sostituiamo alla persona, ma la vogliamo solo aiutare a camminare con le proprie gambe». (Ale.Fel.)
Lavandaie, tanta la fatica prima delle lavatrici
Una lavandaia all’opera nel fiume Potenza
Per lavare bene non bastavano i lavatoi, serviva l’acqua di un fiume. A Macerata bisognava scendere a Villa Potenza
DI UGO BELLESI L a prima lavabiancheria è “arrivata” in Italia nel 1945. Inventore era stato un teologo tedesco nel 1767 con centrifuga manuale. Nel 1797 un americano ottenne il primo brevetto. La prima, messa in commercio nel 1874, era ad energia elettrica. E prima della sua diffusione come si faceva? Ne abbiamo notizia attraverso le interviste fatte alle lavandaie della prima metà del 20° secolo dagli alunni delle elementari “Anna Frank” di Villa Potenza, pubblicate nel 1998 nel volume “Villa Potenza – il fiume la fatica”. Nelle case ovviamente l’acqua non arrivava. Macerata però ave-
va alcuni lavatoi, come a fonte Pozzo di Mercato, a fonte Maggiore e sotto Porta San Giorgio all’imbocco della stradina per Santo Stefano. Ma per lavare bene occorreva l’acqua di un fiume e quello più vicino alla città era il Potenza. D’altra parte proprio dalle rovine di Helvia Recina era nata Macerata e quindi il legame con Villa Potenza era fortissimo. È da quella frazione che tutti i lunedì arrivavano in città frotte di lavandaie. Erano trenta, quaranta, forse più. Ritiravano i panni sporchi (tranne la biancheria intima) dalle famiglie dalle quali avevano avuto questo incarico e ritornavano a Villa Potenza recandosi al fiume solo al pomeriggio per insapo-
nare tutti i panni sporchi che poi venivano portati a casa e tenuti sotto sapone. Se lo sporco non andava via si usava il sistema della liscivia, impiegando la cenere posta sopra un telo che copriva il bucato e gettandovi sopra acqua bollente. Se necessario si ricorreva anche a polvere di potassa. Infine il mercoledì si sciacquava tutto al fiume. Subito dopo i panni si stendevano ad asciugare sui fili stesi nei cortili attorno le loro case o sulle siepi. Quasi tutte preferivano il lunedì per consegnare i panni asciutti e ritirare quelli sporchi. Quale era il compenso? Nel 1930 una lira e 50 cent. per un paio di lenzuola matrimoniali, 4 soldi per un asciugamano, 2 soldi per un tovagliolo.
Molto impegnativo il lavoro della lavandaia che riceveva la biancheria sporca dalle monache dell’Istituto San Giuseppe che avevano un collegio con 70 studentesse. La stessa aveva l’incarico di lavare anche la biancheria del vescovo Ferretti. Un’altra lavandaia si occupava della biancheria dell’ospedale che allora si tr ovava in piazza Mazzini. Faticoso anche il lavoro di quella che aveva l’incarico di lavare i panni dei soldati dell’Aeronautica alle Casermette, che nel 1947 erano mille. Portavano a Villa Potenza duemila lenzuola con un camion. Anche le caserme di Falconara e di Potenza Picena portavano i panni da lavare a Villa Potenza. C’era invece chi
doveva lavare asciugamani, tovaglie e tovaglioli della Società Filarmonica. Allora non c’erano le strade asfaltate ed era la breccia che rendeva più faticoso il trasporto della biancheria con i carretti tirati a mano da Villa Potenza a Macerata. Tra l’altro la polvere arrivava alle ginocchia. D’inverno quando c’era la neve bisognava prendere a noleggio un carrettiere che aveva il cavallo con cui si potevano trascinare fino in città anche quattro o cinque carretti legati uno dietro l’altro. Spesso le lavandaie si dovevano recare al fiume all’una di notte ed era buio. Portavano con sé un lume, che appendevano in cima da un palo. Restava acceso fino all’alba.
MARTEDÌ 15 MARZO 2022 2 SOCIETÀ
«La mia missione nella terra dei mille laghi»
Davanti alla chiesa luterana di Kuopio
La vecchiaia spesso comincia con la solitudine legata alla “cultura dello scarto”
MACERATA
Chiesa di Santa Croce
Sopra:
l’Annunciazione del Beato Angelico
A fianco: una raffigurazione di san Giuseppe col Bambino Gesù
Le «carezze» della Quaresima
DI GIANLUCA MERLINI
LaQuaresima è un’esperienza unica, coinvolgente! Un’esperienza che continua ad essere proposta non esclusivamente come un tempo di penitenza e di particolare preghiera ma, anche e soprattutto, come tempo speciale di conversione: di ritorno a Dio con tutto il cuore, l’anima e la mente! Amarlo è possibile solo quando siamo sintonizzati con Lui, quando ci siamo rinnovati alla luce della Sua Parola, quando abbiamo deciso nuovamente di seguirlo come discepoli attenti, entusiasti e responsabili della chiamata che abbiamo ricevuto, della fede a cui vogliamo rispondere nell’obbedienza alla Parola, della speranza a cui abbiamo deciso di dare ragione con la vita e, soprattutto, della carità per mezzo della quale manifestiamo Dio nella e con la nostra vita, permettiamo a Lui di vivere in noi, con noi e attraverso di noi.
Il cammino di Quaresima è, appunto, cammino di conversione, penitenza, elemosina, preghiera e digiuno: non sempre è facile condurre uno stile di vita che ci aiuti a vivere con gli strumenti del cammino quaresimale e allora cosa si fa? La sapienza della Chiesa, madre e maestra, inserisce nel cammino dei quaranta giorni due solennità che
Il direttore Caritas: si attendono molte migliaia di persone in fuga. «Lo slancio di generosità di singoli e comunità, per essere efficace, deve concretizzarsi in forma ordinata»
alleggeriscono il tono penitenziale complessivo: il 19 e il 25 marzo! Date che ci fanno sostare e contemplare due figure fondamentali per la nostra fede. San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, che ha accettato di coinvolgersi totalmente con Dio, che si è fidato esclusivamente di Lui e che si è lasciato condurre nel cammino che Dio aveva già preparato. Insieme a Lui il 25 marzo viviamo la solennità dell’Annunciazione: Maria Santissima aiuta e sprona, incoraggia e sorregge il cammino della Chiesa e di ogni fedele.
Con loro viviamo il tempo di Quaresima ricordando l’evento dell’incarnazione, prima ancora che il dramma della morte e risurrezione che sottolinea ed evidenza la nostra vita concreta, la nostra fede reale, la speranza ritrovata e ricentrata in Dio e la carità, che non resta solo opzione fondamentale, ma opera reale di misericordia e di amore! Allora la Santa Famiglia di Nazareth cammina con noi nel tempo quaresimale e con le due solenni soste accarezza la nostra anima, ci conferma nel cammino e ci sostiene, per vivere sì nella concretezza, spronandoci a camminare dritti avanti perché Dio sia tutto in tutti e si compia totalmente il progetto d’amore di Dio Padre su ognuno e su tutti!
«L’Ucraina arriva da noi»
Don Cerquetella: la diocesi ha messo a disposizione strutture per ospitare circa 100 profughi. Attivata una raccolta fondi destinati al vescovo di Kiev
DI TIZIANA TIBERI
Arrivo di profughi dall’Ucraina, il direttore della Caritas diocesana Lorenzo Cerquetella spiega cosa fare e le procedure da seguire.
Qual è l’impegno di Caritas Italiana per aiutare le popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina?
La Caritas Italiana si è attivata fin da subito con le Caritas locali per essere vicina alla popolazione ucraina, scegliendo di attivare raccolte fondi anziché di materiale (cibo o abiti). Oltre al sostegno economico, si sta attivando la rete di accoglienza dei profughi attraverso le Caritas diocesane e in collaborazione con le autorità civili. Don Marco Pagniello, il nuovo direttore di Caritas Italiana, è andato personalmente nei centri profughi situati in Romania, Moldavia, Polonia e nei paesi ai confini dell’Ucraina per aiutare quelle popolazioni.
Come si fa l’accoglienza?
Oltre alla generosità dei nostri cuori, dobbiamo rispettare procedure precise relative all’accoglienza di stranieri provenienti da zona di guerra, la tutela dei minori, obblighi sanitari.
In ogni caso le persone che arrivano dovranno essere presentate alla Prefettura per le necessarie autorizzazioni e segnalate sul territorio tramite l’ufficio immigrazione della Questura.
Occorre rispettare anche gli obblighi sanitari dettati dall’emergenza Covid ancora in corso (solo il 20-30% delle persone che arriva è vaccinata, con dei vaccini non riconosciuti in Europa).
Dunque, chi arriva, entro 48 ore deve essere sottoposto a tampone molecolare o antigenico; nei 5 giorni successivi va osservata la quarantena, poi entro altri 5 giorni viene garantita la somministrazione del vaccino. Inoltre, i bambini dovranno essere sottoposti
anche ad altre vaccinazioni, tipo poliomielite e morbillo, considerando casi recenti segnalati in Ucraina. Chi arriva viene accolto nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) che già esistono sul territorio, per essere seguito in tutto, anche da un punto di vista economico. Vorrei sottolineare che nessun sostegno economico è previsto per chi si rende disponibile ad accogliere in casa delle persone; chi lo fa dovrà farsi carico di tutte le spese. Alle famiglie che danno disponibilità per l’accoglienza proponiamo di offrirsi come tutor: non si ospitano le persone, ma le si affianca per alcune necessità, come ad esempio accompagnare i bambini dal pediatra o a scuola. La Caritas Diocesana resta a disposizione per chiarimenti e per aiutare a risolvere eventuali problemi burocratici. Cosa sta facendo la Caritas Diocesana di Macerata? Siamo in contatto quotidiano con Caritas Nazionale e con le Autorità locali a partire dalla Prefettura cui spetta il coordinamento delle attività. Bisogna stare attenti a come si fa accoglienza e camminare tutti insieme. La diocesi ha messo a disposizione alcuni luoghi sul territorio dove sarà possibile ospitare poco più di un centinaio di persone; già da questa settimana ne arriveranno una trentina che accoglieremo a San Lorenzo di Treia. Il vescovo Marconi ha deciso in sintonia con quanto stabilito dalla Conferenza Episcopale Italiana e la Caritas nazionale, di avviare una raccolta fondi “Quaresima di Carità” a favore dell’Ucraina; già siamo riusciti ad inviare, grazie alle generosità di molti, diecimila euro per le primissime emergenze. (Nella prima pagina, in alto le indicazioni per il versamento, ndr).
In Italia, ma con il cuore lacerato
LA VEGLIA
Preghiera per i martiri missionari
La Chiesa italiana invita a vivere una giornata di preghiera e digiuno in ricordo di quei cristiani, laici, religiose e religiosi, sacerdoti che nel 2021 hanno testimoniato con la vita la fedeltà a Cristo ed ai fratelli. «Voce del Verbo», è l’invito ad ascoltare questa Voce che ci parla di Cristo che ancora oggi, attraverso la sua Chiesa, dona la vita. Una realtà drammatica, spesso sottovalutata nei Paesi dell’Occidente. Pregheremo giovedì 24 marzo, nella chiesa Cristo Redentore di Recanati, alle ore 21.15, insieme al vescovo Nazzareno Marconi, riconoscendo nel sangue versato di questi fratelli un dono per la vita e non per la morte. Diverso da quel sangue che causato dalla guerra e dalla cattiveria dell’uomo fa crescere solo odio e morte. La locandina
«Angoscia per familiari e il nostro ginnasta»
DI GIUSEPPE LUPPINO
iniziata da Tolentino venerdì 4 marzo la serie di Via Crucis quaresimali, guidate dal vescovo Nazzareno Marconi, che toccherà tutte le vicarie della diocesi. Quest’anno l’appuntamento saliente della Quaresima è stato così pensato per consentire di vivere in maniera più coinvolgente e partecipata i quaranta giorni che precedono la Pasqua: una serie di eventi distribuiti sul territorio diocesano, da vivere finalmente assieme, superando insieme la situazione di crisi, soprattutto relazionale, che ci ha portato la pandemia.
Basilica di San Nicola di Tolentino dapprima, e concattedrale
Nina
è una donna, come tante, con il cuore in Ucraina e un tetto in Italia. Sono 19 anni che vive e lavora nel nostro Paese, ma sua figlia Victoria e le tre nipotine Maria, Nadia e Sofia si trovano a Ivano-Frankivs’k, nell’Ucraina dell’ovest, al confine con la Polonia, attualmente in guerra. «Il primo giorno quando mi ha chiamato mia figlia ho avuto una grande paura – racconta –; dall’inizio del drammatico avvenimento ho pianto spesso. Viviamo tutti un incubo improvviso e inaspettato, nessuno di noi pensava che il conflitto esplodesse davvero. Come mamma e come nonna non sto tranquilla;
chiamo spesso mia figlia e lei mi tiene aggiornata su tutto. Anche in situazioni estreme come questa, noi ucraini ci sentiamo molto legati alla nostra terra, anche perché se tutti lasciassero l’Ucrai- na, chi la difenderebbe? È bello che alcune migliaia di persone stiano manifestando, ma non è niente in proporzione a questo enorme Paese, a quello che la gente in Ucraina sta affrontando così coraggiosamente. Siamo nelle mani di Dio, ma credo che la situazione si protrarrà nel tempo. L’Ucraina ha bisogno di un forte aiuto da parte dell’Europa e di tutto il mondo».
Benedetta Petroselli
Il legame tra l’Ucraina e l’Italia a Macerata parla anche la lingua universale dello sport. Sergey, ma ormai per tutti i suoi atleti e non solo “Sergio”, Karpesky è l’allenatore della squadra di ginnastica Virtus Pasqualetti che il panorama nazionale e non solo conosce per i successi passati e recenti messi in bacheca, molti dei quali campeggiano nella sede della storica Associazione. Se lo sport costruisce ponti e dialogo tra le nazioni, le bombe possono distruggere in poche ore quanto realizzato in anni di sacrifici. E dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa in Ucraina, l’angoscia è grande: «Non vogliamo la guerra, la guerra è una cosa tremenda. Il mio stato d’animo è questo, non voglio che si spari ancora e che la gente muoia da ambe le parti - ci dice una volta raggiunto proprio in palestra -, sono triste, angosciato, io provengo da Kiev, molti miei parenti sono ancora lì, per ora lontano da obiettivi militari, ma ho anche familiari e amici dalla parte russa. Davvero non comprendo quanto sta accadendo, come sia possibile risolvere i problemi con la guerra». Per Karpesky è anche importante comprendere cosa ha causato questa escalation: «Bisogna capire la storia e spero che i politici trovino presto le risposte giuste alle nostre domande, noi per ora possiamo aiutare soltanto da qui. Spero che i civili non vengano coinvolti e che passi tutto in fretta». La Virtus Pasqualetti annovera tra le sue fila anche un ginnasta ucraino che da alcune settimane era ritornato nel proprio paese. Il divieto di abbandonare l’Ucraina per ragazzi e uomini dai 16 ai 60 anni, in vista di dover prendere le armi, sta impedendo all’atleta di raggiungere Macerata: «Fa parte della nazionale ucraina e veniva da noi per le gare, con lui abbiamo vinto anche dei titoli - spiega Karpesky -, ora non può muoversi in nessun modo e raggiungere la frontiera. Siamo preoccupati per lui e siamo in contatto quotidianamente: in questa situazione e di guerra, giusto o sbagliato, potrebbe dover combattere». Significativa la solidarietà degli italiani e dei maceratesi in particolare: «Tanta gente ma anche chi non abbiamo mai visto ci sta contattando per raccogliere denaro o quant’altro possa servire ed essere inviato in Ucraina - aggiunge l’allenatore della Virtus Pasqualetti -, la Federazione sta invitando a ospitare, quando possibile, gli sportivi ucraini in Italia, ma rimane il problema di raggiungere la frontiera».
Via Crucis: ogni venerdì il vescovo in una vicaria
di San Flaviano a Recanati poi, il venerdì 11 marzo: ecco due chiese strapiene di fedeli riuniti intorno al Vescovo per pregare e implorare la pace nella memoria delle sofferenze patite per noi da Nostro Signore sulla Via Dolorosa. A Recanati, le 14 Stazioni della Via Crucis sono state animate dai rappresentanti sia delle parrocchie presenti sul vasto comprensorio comunale, sia di gruppi e movimenti ecclesiali. Si sono pertanto alternati sul pulpito i lettori per la lettura del passo del Vangelo, per il commento ad esso – predisposto dalla Curia – e per l’intenzione di preghiera inerente alla stazione assegnata a parrocchie e gruppi. Il tutto ben coordinato dal parroco dell’Uni-
Le quattordici stazioni per chinarsi sulle piaghe del Signore da considerare «come feritoie e non semplici ferite» Molto partecipati i primi due appuntamenti
tà Pastorale n. 11 “Centro Storico”, don Roberto Zorzolo, in collaborazione con gli altri parroci, e svoltosi sotto l’attenta regìa di monsignor Pietro Spernanzoni, parroco del Duomo. Così, in sequenza, si sono susseguiti: parrocchia san Flaviano, con il Gruppo mariano; parrocchia san Francesco, con l’Azione cattolica;
parrocchia Santissima Addolorata; parrocchia santi Agostino e Domenico; parrocchia Santa Maria in Montemorello; parrocchia Cristo Redentore; parrocchia san Giuseppe e san Filippo Neri, di Chiarino; parrocchia Santa Maria della Pietà, in località Le Grazie; Santa Maria Assunta, di Castelnuovo; parrocchia santi Francesco e Eurosia, di Bagnolo; parrocchia san Biagio, di Montefiore; Comunione e liberazione; Rinnovamento nello Spirito Santo; Cammino Neocatecumenale. Il tragitto tra le Stazioni è stato percorso con la croce processionale e le candele accese solo da alcuni membri della Confraternita della Misericordia, mentre i fedeli in preghiera hanno segui-
to l’intera funzione dai banchi. A chiudere ogni Stazione, il canto popolare Santa Madre deh! voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. E da qui lo spunto del Vescovo al termine della Via Crucis, prima della santa benedizione, per ricordare che «per ben 14 volte abbiamo implorato Maria di concederci proprio questo per l’intera Quaresima, che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore, nei nostri cuori, e di considerare le piaghe come feritoie, e non semplici ferite», citando così il venerabile don Tonino Bello. Gli altri appuntamenti programmati per la Via Crucis diocesana sono: 18 marzo a Cingoli, 25 marzo a Porto Recanati, 1 aprile a Macerata, 8 aprile a Treia. Via Crucis di Tolentino
MARTEDÌ 15 MARZO 2022 3 ATTUALITÀ
Attenzione a un’accoglienza rispettosa delle regole, coordinata con le autorità
Ucraina, Kharkiv: fila per ricevere gli aiuti umanitari (foto Chiesa greco-cattolica ucraina)
Andrea Mozzoni
SPORT
L’allenatore della Virtus Pasqualetti Sergey Karpesky
È
All’Opera Festival anche cinema e musica sinfonica
DI M. NATALIA MARQUESINI
Ancora pochi giorni e si potranno acquistare i biglietti del Macerata Opera Festival
2022, che dal 19 luglio al 21 agosto offre 22 serate allo Sferisterio e due al Teatro Lauro Rossi. Fulcro del festival saranno tre grandi titoli del repertorio operistico italiano: la Tosca di Puccini, il Barbiere di Siviglia di Rossini e Pagliacci di Leoncavallo affiancati da concerti sinfonici con le più celebri bacchette di oggi con una particolare attenzione alla musica di Beethoven. Ad aprire il festival infatti sarà un concerto dell’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretti da Zubin Mehta, impegnati nella Sinfonia n. 9 di Beethoven. Un set cinematografico anni Cin-
«Cosa ci chiede oggi lo Spirito»: la parrocchia costiera cerca di rispondere alla domanda mettendo sotto esame quanto finora realizzato e ponendo al centro la Parola di Dio
Porto Recanati: «Un sogno ci guida»
DI GABRIELE CRUCIANELLI *
I n questo tempo di Sinodo per tutta la Chiesa, dopo una pandemia... e precipitati addirittura dentro una guerra in questa nostra Europa, noi sacerdoti insieme ai laici della Unità pastorale di Porto Recanati ci siamo voluti fare una domanda: che cosa ci chiede oggi lo Spirito Santo? su quali obiettivi vuole che noi puntiamo? E allora abbiamo avviato da tempo come consiglio pastorale insieme agli animatori dell’oratorio “Don Bosco” un cammino di discernimento. Tutti avvertiamo l’inadeguatezza di una religiosità che si accontenta di ripetere quanto si è fatto in passato. Il mondo è cambiato vertiginosamente e l’annuncio della salvezza donataci dal Signore deve trovare le vie per intercettare le vite, le domande, i dubbi, l’angoscia, anche la rabbia dei nostri contemporanei. Dobbiamo interrogarci a fondo su cosa lo Spirito Santo chiede specificamente a noi, comunità di un centro con 13.000 persone residenti, comunità che in estate triplica i propri numeri per la presenza di turisti, comunità al cui interno si trova una realtà composta da circa 2.500 persone di tante etnie diverse che abitano tutte in uno stesso enorme edificio assurto a notorietà nazionale, l’Hotel House. Qual è stata la nostra strategia? La più semplice: abbiamo cominciato con la preghiera e col confronto schietto e aperto. Da tutto ciò hanno cominciato ad emergere alcune considerazioni che condivido,
quanta sarà l’ambientazione della nuova produzione di Tosca in scena il 22, 24, 29 e 31 luglio, per la regia di Valentina Carrasco, con le scene di Samal Blak, i costumi di Silvia Aymonino e le luci di Peter van Praet; i protagonisti vocali saranno Carmen Giannattasio (Floria Tosca), Antonio Poli (Mario Cavaradossi) e Claudio Sgura (Scarpia). Sul podio ci sarà uno tra i più celebri direttori d’orchestra: Donato Renzetti, dominato direttore musicale del Festival e che torna a dirigere la Tosca dopo la tristemente famosa serata del 30 luglio 1995 durante la quale il tenore Fabio Armiliato fu ferito durante la scena della fucilazione di Cavaradossi. Renzetti tornarà sul podio anche per il concerto con la Filarmonica Gioachino Rossini dedicato ai 90 di John
«Tosca», «Pagliacci» e «Il barbiere di Siviglia»
sono i tre titoli scelti dal nuovo direttore artistico, Paolo Pinamonti
Williams e alla colonna sonora di Star Wars; il direttore musicale guiderà inoltre il Corso internazionale per giovani direttori d’orchestra e giovani cantanti che si terrà a Macerata dal 4 al’11 agosto, importante novità del Festival. Nuova produzione dell’allestimento 2015 di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo 5, 7 e 11 agosto, firmato da Alessandro Talevi, con le scene di Madeleine Boyd, i costumi di Manuel Pedretti e le lu-
ci di Marco Giusti. L’opera sarà preceduta dalla proiezione sul muro dello Sferisterio di uno dei capolavori di Charlie Chaplin, il film The Circus nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna e con la prima esecuzione dal vivo dopo il debutto del 1928 della colonna sonora originale ripristinata da Timothy Brock, specialista internazionale di queste operazioni di recupero di musica e film, che poi nei Pagliacci dirigerà, tra gli altri, i cantanti Rebeka Lokar (Nedda), Fabio Sartori (Caino), George Petean (Tonio). Il barbiere di Siviglia sarà in scena il 12, 14, 19 e 21 agosto; il capolavoro buffo del più celebre e celebrato compositore marchigiano torna dopo quasi venti anni di assenza allo Sferisterio di Macerata con un nuovo allestimento
firmato da Daniele Menghini, con le scene di Davide Signorini, i costumi di Nika Campisi, le luci di Simone de Angelis, e sarà interpretato da Ruzil Gatin (Il conte d’Almaviva), Roberto De Candia (Bartolo), Serena Malfi (Rosina), Alessandro Luongo (Figaro), Andrea Concetti (Basilio). L’allestimento è risultato vincitore al concorso internazionale per regia, scene e costumi riservato ad artisti under35, realizzato nel 2020 in collaborazione con Opera Europa e Rossini Opera Festival. Sul podio uno dei giovani talenti più seguiti del momento, Alessandro Bonato, direttore principale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana che, come tradizione, sarà impegnata in tutti e tre i titoli operistici allo Sferisterio.
fiducioso di contribuire a un cammino che certo non coinvolge solo Porto Recanati ma riguarda tutta la nostra diocesi e l’intera Chiesa. Il primo passo che ci è sembrato necessario proporre è stato quello di una rinnovata proposta di cammini di fede per famiglie e giovani. In questo senso stiamo proponendo catechesi settimanali alla riscoperta dei fondamenti della fede e abbiamo voluto dare nuovo impulso a un cammino di fede permanente rivolto alle famiglie che comprende anche il percorso per coppie che si preparano alla celebrazione del sacramento del matrimonio. Di fronte ai drammi e alle difficoltà che la pandemia ha amplificato si avverte sempre più l’urgenza di essere Chiesa vicina alla gente di cui e con cui condividiamo gioie e problemi, speranze e angosce, luci e tenebre. In questo senso abbiamo scelto in questa Quaresima di tornare a visitare (applicando peraltro le normative vigenti) tutte le
all’aperto
famiglie, di tornare a pregare e a dialogare con ogni famiglia e in ogni attività umana. Vogliamo provare ad avere una cura particolare per i poveri e i bisognosi: la Caritas di Porto Recanati, coordinandosi a livello diocesano, aiuta concretamente ogni quindici giorni 115 famiglie a livello di ascolto, cibo e vestiario. Vogliamo puntare sulla cura delle relazioni con tutti, innervandole di Vangelo: il nostro oratorio ogni giorno accoglie bambini e ragazzi di tutti i popoli e di tutti i tipi offrendoci la preziosa possibilità, non sempre facile da gestire, di una accoglienza per tutti e per ciascuno attraverso lo sport, la fraternità, il doposcuola e momenti di preghiera e cammini di fede a più livelli. Questi impegni, attività, iniziative ci stanno facendo accorgere di una rinnovata sete di Parola di Dio nelle persone che partecipano alla Eucaristia domenicale: per questo stiamo tentando di “far correre” la Parola di Dio nelle liturgie, nella lectio comunitaria e negli incontri godendo anche dei vari carismi e aggregazioni laicali che si trovano nella unità pastorale. Tutto quello che ho condiviso fin qui, però, ha una sorgente: la comunione genuina e impegnativa tra noi preti e di noi preti con i laici e le famiglie attorno alla preghiera e alla Parola. Questo cammino abbozzato ci farà arrivare a giugno formulando per tutta la comunità un sogno missionario con cui percorrere il futuro, un sogno che è già – almeno un po’ – realtà.
* parroco
ANNO PASTORALE
Cammino sinodale diocesano
Il vescovo in ascolto della gente
DI FABIO JOSÉ OLANO CARRANZA
Il cammino sinodale deve diventare uno stile, meglio, un modo di vivere la fede nella Chiesa; questa l’intenzione di papa Francesco. Questo stile cerca di lasciarsi alle spalle la sensazione diffusa che i fedeli siano semplici esecutori di normative e iniziative che calano dall’alto, da una Chiesa vista come istituzione rigida e invecchiata.
Nei mesi scorsi, fino a Natale, il vescovo Nazzareno si è messo in ascolto della sua gente, visitando tutte le Unità pastorali della nostra diocesi, offrendo così occasione a tutti di essere direttamente ascoltati dal pastore della chiesa di Macerata. Sono stati momenti molto belli e proficui, hanno parlato tutti; gli anziani, che hanno espresso la giusta preoccupazione per le nuove generazioni, le quali devono affrontare sfide mai immaginate di
Progetto Policoro, una rete che genera lavoro
Nove braccianti agricoli hanno trovato un’occupazione stabile grazie alla collaborazione tra realtà del volontariato
DI SARA CARLONI
G iovani, Vangelo e lavoro sono i tre pilastri su cui il Progetto Policoro si fonda. Promosso dalla Cei e attivo nella nostra diocesi dal 2013, esso vuole essere un segno reale di cura, vicinanza e accompagnamento ai giovani, per il loro compimento personale e professionale. In un articolo dell’Ottobre scor-
so segnalavo, in qualità di animatrice del Policoro Macerata, che tra i vari obiettivi dell’équipe vi era la volontà di continuare a curare e allargare la rete di partner con i quali collaboriamo per animare il territorio diocesano; proprio il fare rete infatti è uno dei valori chiave su cui il Progetto Policoro innesta la propria azione. A 5 mesi di distanza, la testimonianza odierna racconta un piccolo ma significativo passo compiuto in questa direzione. A dicembre siamo stati contattati da Francesco Ceciliani, un giovane agronomo osimano che lavora per la Tecnovite, un’azienda toscana che offre servizi agricoli specializzata in vigneti ed uliveti; Francesco, in
qualità di referente aziendale per le Marche e l’Abruzzo, si è rivolto alla Caritas diocesana perché l’azienda necessitava di una nuova squadra di braccianti agricoli, da assumere direttamente e impiegare in diverse aziende vitivinicole della zona con contratti regolari. Ho personalmente preso in carico la sua richiesta, con la supervisione dei membri dell’équipe Lorenzo Cerquetella (direttore Caritas) e Mario Torregiani (direttore Pastorale del Lavoro); c’era la necessità di costituire una squadra di 9 persone entro il mese di febbraio, perciò ci siamo subito attivati per individuare dei giovani da presentare a Francesco, perché potesse conoscerli e valutarli.
Nel fare rete per trovare i candidati, di fondamentale importanza sono stati il Centro di ascolto e di prima accoglienza di Macerata, nelle persone di Tiziana e Claudia Manuale, e Refugees Welcome Macerata, nella persona di Maria Giovanna Varagona. Ci siamo rivolti a loro perché sapevamo che potevano aiutarci. Francesco di Tecnovite non solo ha visto crearsi una connessione lavorativa tra offerta e domanda, ma anche una connessione umana tra le esigenze dell’azienda e quelle dei giovani che sono stati assunti. Maria Giovanna ha aggiunto che la riuscita di questa collaborazione (inedita anche per Refugees Welcome) si deve anche alla conoscenza e alla fiducia recipro-
nostri nonni.
Hanno parlato i giovani che hanno espresso la propria intenzione di mettersi in gioco nella vita della Chiesa, a patto di essere realmente considerati non come comparse ma come protagonisti nella Chiesa oggi.
L’incontro a Tolentino
Hanno parlato gli uomini di buona volontà, esprimendo la loro impressione della Chiesa che appare loro a volte troppo burocratizzata, così come poco in grado di stare al passo coi cambiamenti culturali della mentalità della gente di oggi. Si potrebbero elencare ancora molte opinioni, ma basta dire che è stato un momento ricco di condivisione e occasione per gli stessi fedeli di conoscere meglio le varie realtà della diocesi. Ora si procede a preparare la sintesi degli ascolti, che sarà portata dal Vescovo alla segreteria del Sinodo e così concludere la fase diocesana, per iniziare la fase che mette insieme tutta la Chiesa Italiana.
Il logo del Progetto Policoro con gli hashtag che lo caratterizzano #Giovani, #Vangelo, #Lavoro
che tra i giovani immigrati che Refugees accompagna all’autonomia e gli attivisti di Refugees; lo stesso è stato sottolineato anche da Claudia e Tiziana, che hanno più volte collaborato con gli uffici diocesani. Insomma, il valore aggiunto alla base della collaborazione tra
tutti noi è stata la fiducia reciproca, così come anche il frutto principale: il coinvolgimento di tutti ha dato il via ad un circolo virtuoso di collaborazione che sta continuando e da cui tutti abbiamo ricevuto beneficio e soddisfazione, soprattutto i 9 giovani che oggi lavorano.
MARTEDÌ 15 MARZO 2022 4 COMUNITÀ
Gruppo Scout
Messa d’estate
(Foto Alfredo Tabocchini)