Emmaus e Avvenire. Martedì 17 gennaio 2023

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Martedì, 17 gennaio 2023

Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

Casa di Bethlem: servizio di carità per tutta la diocesi

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Inserto di

Il ricordo grato e l’ultimo saluto a Joseph Ratzinger

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Servizio civile: in Caritas diocesana bando per 3 posti

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Costante coerenza tra magistero e testimonianza di vita. Nei suoi scritti la semplicità del vero

La lezione di Benedetto

DI NAZZARENO MARCONI *

Una frase dell’ Evangelii Nuntiandi di Paolo VI è rimasta giustamente famosa: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Questo spiega il rispetto e la stima mondiale, inaspettati per i numeri e l’intensità, riconosciuti ad un grande maestro come Joseph Ratzinger in occasione della sua morte. La prima lezione di Benedetto è stata infatti la costante coerenza tra magistero e testimonianza di vita. Nei suoi scritti le idee dominanti erano poche e luminose e secondo quelle idee ha vissuto. A quanti ritengono di esaltare la dignità umana riducendo lo spazio dedicato a Dio entro la sfera pubblica dell’esistenza, per una visione laicista e non laica della società, Benedetto ha ricordato la centralità di Dio in tutti campi dell’esistenza. Dio è l’unico fondamento solido su cui basare la dignità della persona umana. Il cardinale Marc Ouellet ha riassunto così il pensiero costante di Benedetto XVI: «Il grande problema dell’Occidente è l’oblio di Dio, del senso religioso originario senza il quale non ci può essere una morale e un’etica» . Di questa centralità di Dio, che non umilia l’umano ma ne fonda la dignità assoluta in quanto creatura di Dio, ha offerto una chiara testimonianza di verità ed umiltà, riconducendo anche il suo ministero petrino nei limiti di un semplice servizio a Dio ed alla Chiesa.

A quanti amano ammantare le idee di un linguaggio complicato e contorto, ha testimoniato con ogni suo scritto la semplicità del vero. Fino a dedurre con scioccante linearità che anche il ministero del Papa deve continuare finché serve; quando non si è più in grado di fare un buon servizio, si lascia ad altri il compito, perché solo Dio è Dio.

Dall’ultimo apprendista catechista, fino al Papa, tutti abbiamo bisogno di questa semplicità che riconduce al vero: tutti «siamo servitori utili solo finché serviamo», forse la miglior traduzione dell’espressione evangelica «siamo servi inutili».

A tanti, anche tra i credenti, che vivono come individui separa-

La salma di Benedetto XVI esposta nella Basilica di San Pietro

ti ed autoreferenziali, che vedono la Chiesa come una organizzazione benefica a cui aderire solo in quanto e per quanto ci appare personalmente utile, Benedetto ha ricordato il nostro essere in Cristo un solo corpo. La vera Chiesa: unico corpo articolato nelle sue membra e nel ruolo e nella re-

Dall'omelia delle esequie

Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l'unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l'amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”. Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell'udire definitivamente e per sempre la sua voce! Papa Francesco

Siamo ormai in una “permacrisi”: è necessario abbandonare le zavorre per salvare l’essenziale facendo crescere ciò che salvaguarda e rigenera

sponsabilità diversa di ciascuno. Ci ha insegnato, con la parola e con l’esempio, a non pensare la Chiesa a partire dal mio io, ma piuttosto a considerare il mio io a partire dalla sua collocazione nella Chiesa. Se la modernità è la “morte di Dio”, Benedetto è stato serenamente e positivamente anti-

moderno. E questo molti gli hanno rimproverato, definendolo conservatore o addirittura reazionario. Ma da grande maestro e testimone della fede Egli aveva solamente e chiaramente ribadito che la “morte di Dio” è solo una delle tante vie della modernità. La grande cultura occidentale moderna non

Epifania, i Magi in cammello accolti dai

Il 6 Gennaio scorso, solennità della Epifania del Signore, accoglienza dei Magi al Seminario Redemptoris Mater di Macerata con tantissimi fedeli giunti in contrada Valle per «adorare il Signore Gesù» alla presenza del vescovo Nazzareno Marconi e del rettore don Mario Malloni. Al termine della giornata sono stati poi celebrati i Vespri solenni per ringraziare il Signore di tanti doni fatti durante lo scorso anno e le festività.

Da Papa emerito ha avuto il coraggio di insegnare a un mondo iperattivo e rumoroso che si collabora con Dio alla salvezza degli uomini soprattutto con l’inattività della contemplazione e il silenzio dell’orazione

va ridotta solo alla mondializzazione materialista ed atea. Come ogni grande pensatore è stato capace di vedere oltre la cultura di massa, di riconoscere che nella modernità ci sono importanti “minoranze creative” capaci di trovare nuovi e positivi equilibri nel rapporto fede-ragione. Avvertendoci che, come spesso accade nella storia, saranno probabilmente queste “minoranze” che segneranno il futuro. Infatti, non tutto ciò che viene dopo ed è nuovo, è di per sé stesso modernità e progresso. Da Papa emerito, un «lavoro nuovo nella vigna del Signore» che ha saputo inventarsi con semplicità e genialità, ha avuto il coraggio di insegnare ad un mondo iperattivo e rumoroso che si collabora con Dio alla salvezza degli uomini soprattutto con l’inattività della contemplazione ed il silenzio dell’orazione. Una lezione da rileggere con calma, per comprenderne tutto il valore. Infine, la sua profonda conoscenza dei Grandi del passato, come sant’Agostino e san Bonaventura, non ha permesso alla sua onestà intellettuale di seguire le mode del momento: conosceva troppo bene i grandi per credersi grande e soprattutto per lasciarsi affascinare dalle supposte grandezze degli uomini di successo di ogni epoca.

Questo è il papa Benedetto XVI che ho ascoltato da prete e il professor Ratzinger che ho letto avidamente da giovane curioso di teologia. Spesso ci si accorge della luce solo quando qualcuno spegne il lampadario; sono certo che molti si accorgeranno solo nel tempo della preziosità di questa bella persona che il Signore ha donato per tanti anni alla sua Chiesa. * vescovo

In vacanza con semplicità per divertirsi ma anche riflettere

La Pastorale familiare diocesana propone anche per quest’anno, nel mese di agosto, il campo estivo per le famiglie. Si tratta di un’esperienza di condivisione e di fraternità, che mette al centro la cura delle relazioni, nella coppia e tra famiglie. In un tempo di riposo, tra le bellezze della montagna di Spiazzi di Gromo, in Val Seriana, nella Bergamasca, si vivranno momenti di formazione e di riflessione, per nutrire il percorso di fede delle famiglie. Ma sarà anche un’esperienza di vacanza, con passeggiate ed escursioni condivise con i figli. Un’occasione per vivere qualche giorno di vacanza insieme, in un modo semplice, con uno stile di accoglienza reciproca e d’amicizia.

Calcio: Maceratese rafforzata con Giorgio Pagliari

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Una settimana nella luce del Curato d’Ars

DI GIANLUCA MERLINI

Dal

9 al 14 gennaio il nostro Vescovo è partito insieme ai sacerdoti che hanno accolto la proposta per un momento di ritiro spirituale. La base è stata Ars, piccolissima città nel sud della Francia, vicino Lione, la parrocchia che ancora oggi ha la grazia di custodire la storia, le vicende, il carisma di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars appunto, patrono di tutti i sacerdoti in cura di anime. Il nostro Vescovo ha coinvolto i 13 sacerdoti partecipanti a scoprire le scelte di san Giovanni, ha indicato i punti fermi del sacerdozio, ha spronato all’imitazione e all’ascolto della sua testimonianza oltre che a pregarlo. Ma Ars è stata solo la base operativa, perché il Vescovo aveva guardato molto più avanti. Già la prima tappa della partenza è stata a Torino, alla scuola di San Giovanni Bosco con la celebrazione nel Santuario di Maria Ausiliatrice che custodisce la sua tomba insieme a quella di santa Maria Domenica Mazzarello, fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Fma), e la tomba del piccolo – grande! – san Domenico Savio. Insomma un inizio segnato da una spiritualità tutta attenta ai giovani! Arrivarti ad Ars, la visita al Santo Curato e il giorno seguente la visita alla cappella delle Apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a santa Margherità Maria Alaquoque a Paray Le Monial. Qui abbiamo incontrato anche la figura del suo padre spirituale, don Claude de la Colombière SJ, anche lui… santo! Non contenti di tanto ci siamo spinti fino a Nevers: luogo che con silenzioso rispetto custodisce la piccola grande santa Bernadette Soubirous, colei che a Lourdes ebbe l’esperienza della Signora! Pieni di queste fantastiche figure abbiamo trascorso un’intera giornata eucaristica: celebrazione e adorazione fatte con attenzione, solennità e silenzio, ringraziando per quanto si era già ricevuto. Partecipi della sfida del Santo Curato di non fermarsi davanti anche a quelle che agli occhi di alcuni possono essere novità incomprese, siamo andati a Taizé per ascoltare la testimonianza di un monaco e per partecipare alla preghiera comunitaria che ha toccato i nostri cuori. Rientrando a casa, come non fermarsi in un luogo che per secoli è stata la culla della cristianità e del monachesimo di tutta Europa: Cluny? Non ci siamo poi fatti scappare l’occasione di salutare il grande padre e guida dello spirito san Francesco di Sales ad Annecy che, insieme a santa Giovanna Francesca de Chantal, ci ha riportato a Macerata con un’ultima spinta… che sicuramente ci mancava! Ancora immersi nella presenza dei Santi, ascoltando il loro insegnamento e guardando il loro esempio, con la volontà di provare ad imitarli, ritorniamo all’ordinarietà della vita cercando di fare tutto il possibile per vivere pienamente il sacerdozio come dono e mistero!

È l’ora di agire per i «restauratori di speranza»

DI GIANCARLO CARTECHINI

Èdomenica

mattina, la seconda dell’anno. C’è il sole, e un caldo decisamente fuori stagione. Una coppia giovane, con un bambino seduto sul carrello, sta uscendo dal supermercato. Il papà ha appena salutato la commessa che l’ha aiutato a posizionare correttamente lo scontrino nel lettore ottico che sblocca la sbarra di uscita. Affissa alle porte scorrevoli c’è la locandina di un quotidiano. L’uomo legge distrattamente la notizia: su disposizione del Governo la nave della Ong Ocean Viking dovrà sbarcare nel porto di Ancona. «Li portano fin quassù a rompere, gli immigrati!». «Ah sì? – risponde lei – A proposito, abbia-

mo preso i tovaglioli di carta?». Ecco ciò che siamo diventati, viene da dire. Anche se non ce ne rendiamo conto, facciamo tutti parte di quella «disumanità tranquilla, implicita, a tratti forsennata» di cui parla Edgar Morin nel suo ultimo saggio “Svegliamoci”. Di fronte alla minaccia delle gigantesche crisi che caratterizzano il nostro tempo, siamo tutti parte di una medesima “comunità di destino”. Però si tratta di una comunità incosciente – afferma il filosofo francese – caratterizzata da sonnambulismo e cecità.

È proprio così? Secondo il dizionario britannico Collins la parola “permacrisi” è quella che meglio rappresenta quanto è accaduto nell’anno 2022. Il neologi-

smo indica una condizione di crisi permanente caratterizzata dal susseguirsi e dal sovrapporsi di eventi pericolosi e destabilizzanti, nei confronti dei quali la nostra capacità di reazione sembra essere congelata. Non è forse vero che, fatta salva qualche voce isolata, stiamo assistendo alla guerra in Ucraina con una rassegnazione preoccupante? Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che si tratta di crisi concatenate tra loro, tutte causate dai medesimi fattori, e i loro effetti tendono a moltiplicarsi in maniera esponenziale: cambiamento climatico, perdita della biodiversità, rischio di nuove malattie, carestie, flussi migratori, guerre. Anche la nostra regione è toccata da

queste crisi: la valle glaciale del lago di Pilato è stata inserita, in una “Guida turistica ai deserti d’Italia” del fotografo Gabriele Galimberti, tra i territori italiani a rischio di desertificazione. Che fare dunque? Come scrollarci di dosso questa pericolosa apatia? In fondo la parola “crisi” è un termine ambivalente. Indica certamente un grave pericolo, ma anche una opportunità di cambiamento e di rinascita. La prima cosa da fare è proprio prendere coscienza del fatto che siamo tutti parte della stessa comunità di destino: gridiamolo forte, scriviamolo sui muri delle nostre case. Nei momenti di crisi, poi, è necessario abbandonare zavorre inutili per salvare l’essenziale. Dice Edgar Morin che è

tempo di promuovere politiche che assicurino la crescita di ciò che salvaguarda e rigenera, e facciano decrescere ciò che inquina e distrugge. Il suo libro è ricco di esempi. Ma soprattutto è necessario presentare prospettive credibili, in grado di mobilitare energie e di rompere l’incantesimo della rassegnazione. La storia ci insegna che a volte ciò che appare improbabile può accadere. La mente umana è ricca di potenzialità inespresse che attendono solo di essere attivate. Ci sono ferite luminose, squarci di luce, e segni di chiaroveggen- za. È tempo di alzarsi dai bordi delle strade, è tempo di riprendere a camminare insieme. Chi lo farà, conclude Morin, sarà chiamato restauratore di speranza.

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FAMIGLIE
5 GENNAIO
EDEMPTORIS M ATER
R
fedeli in Seminario
SACERDOTI
Edgar Morin

Al via la Scuola missionaria diocesana

Quest’anno

la Scuola missionaria diocesana si arricchisce per la preziosa collaborazione con la Caritas. In fondo la Chiesa ha un’unica missione: portare Cristo. I nostri “uffici” tentano di farlo declinando questo “portare Cristo” nella Carità (un amore che lo manifesta) come anche “portare Cristo” come seme di riconciliazione e di pace. Quindi come Caritas e Centro Missionario abbiamo sentito l’urgenza di vivere una “scuola che promuova la pace interrogandoci sulle sfide che urgono in questo tempo. Da un anno a questa parte un grave conflitto imperversa nel nostro continente; la sua cruda realtà ha determi-

Una nuova iniziativa della diocesi di Macerata in favore delle persone senza fissa dimora o in condizione di disagio abitativo: 22 camere a disposizione. Già 14 le domande

La Casa di Bethlem dove abita la carità

DI ANDREA MOZZONI

L a nuova struttura di prima accoglienza “Casa di Bethlem”, nel Centro storico di Macerata, è la risposta diocesana al bisogno di un letto e di un pasto caldo per le persone senza fissa dimora, per chi si trova in una condizione di disagio abitativo o per chi, vittima di violenza, possa avere bisogno di una specifica tutela. In attesa che giungano nel breve periodo le ultime autorizzazioni burocratiche da parte degli Enti preposti, in particolare Comune e Ambito territoriale sociale, una volta inaugurata “Casa di Bethlem” ospiterà anche un ambulatorio medico gestito dall’Associazione Medici Cattolici di Macerata. «Si tratta di una realtà che vuole cogliere tutte le forme di emarginazione e che oggi non hanno nessuna alternativa – spiega il direttore della Caritas di Macerata Denis Marini –, persone senza fissa dimora che nella nostra società vengono individuate come gli “invisibili”, gli emarginati, i poveri dei poveri. “Casa di Bethlem” è perciò la Chiesa che si vuole fare prossima – aggiunge Marini –, vuole condividere direttamente queste sofferenze e vuole sostenere queste forme di povertà, partendo proprio dalla storia di ognuno, ospitando, offrendo un pasto caldo e rispondendo ai bisogni imminenti di questi stati di povertà». Per affrontare tutto questo, la risposta della Diocesi di Macerata è, appunto, “Casa di Bethlem”, la quale, nelle intenzioni del vescovo Nazzareno Marconi, rappresenta un patrimonio fatto di impegno sociale e solidale appartenente a ogni fedele nel

territorio diocesano e per il quale ognuno di questi fedeli debba sentire una personale responsabilità:

«Attualmente abbiamo 22 camere con 23 bagni e sono 14 le persone in attesa – continua il direttore della Caritas –, sia doppie che singole, oltre ad alcuni spazi che fungono da refettorio e che hanno l’opportunità di generare anche una occasione di incontro: non garantiamo infatti l’apertura soltanto erogando dei servizi, ma mettendo comunque in atto vero e proprio senso di condivisione con tutti i gruppi di giovani e non solo che vogliono vivere questa esperienza. Vogliamo puntare sulle relazioni – sottolinea ancora Marini –, perché siamo convinti che possiamo lottare contro le povertà con l’accoglienza e con la relazione, mettendosi a confronto e in dialogo, cercando di capire come reinserire nella società le persone che si rivolgeranno a “Casa di Bethlem”». Una casa diocesana che esprime la carità: «Rappresenta tutto questo

nato la scelta compiuta dall’équipe, con la speranza che dalla guerra si intraprenda al più presto un cammino proteso verso il raggiungimento della pace. Ma il primo passo da compiere deve avvenire all’interno delle nostre anime, poiché la vera pace si ottiene solo quando avremo sanato il conflitto nel nostro cuore. Dall’interno all’esterno, dalla guerra alla pace, ecco i due itinerari da percorrere con impegno e speranza. Non vogliamo solo fare incontri che diano delle “informazioni” sui conflitti esistenti, cosa anche questa buona per essere consapevoli delle “ferite” che il nostro monda sta vivendo; cercheremo anche di vedere

Iniziativa condotta in collaborazione con la Caritas. L’obiettivo è fornire un quadro dei conflitti in corso nel mondo e individuare i segni di speranza, di pace e di riconciliazione

i segni di speranza, conoscere donne e uomini che si stanno spendendo per essere segno di pace e riconciliazione dentro ai conflitti. La Scuola missionaria 2023, propone dunque un cammino fondato sui termini mis-

sione e pace. Essere missionari, infatti in questi giorni che ci interrogano sul nostro ruolo di cristiani nella storia, appare in definitiva come la scelta più vera e più giusta. Il programma prevede: 11 Febbraio: cogliere semi di pace dentro il conflitto, A. Angelozzi, pedagogista. 4 Marzo: viaggi di pace. Racconto del viaggio di alcuni giovani marchigiani in Bosnia ed Erzegovina, lungo la rotta balcanica. 15 Aprile: le guerre nel mondo, Attilio Ascani, CVM, Testimonianza di Nello Scavo giornalista di Avvenire . 6 Maggio: protagonisti della Nonviolenza. Confronto con gli operatori di “Operazione Colomba”, corpo non violento dell’Associazione Gio-

vanni XXIII. Cena insieme. Giugno: weekend conclusivo (Loreto-Avenale). Essere oggi costruttori di pace. Collegamento con il Sermig (Torino) e con I. Scoccia, missionario in Mozambico, terra di guerra. Gli incontri avverranno a Tolentino, Parrocchia Spirito Santo, sabato, dalle 17 alle 19, ringraziamo di cuore la preziosa collaborazione con il parroco don Vito. Sentiamo anche che il Centro Missionario debba animare i territori della diocesi e quindi i vari appuntamenti sono ogni anno dislocati su tutto il territorio e non solamente in alcune zone. L’équipe del Centro missionario

L’ingresso della Casa di Bethlem, in via Gioberti a Macerata

rappresentandoci tutti – ribadisce –; possono partecipare tutti gruppi giovani e gli ambiti pastorali; abbiamo un numero come Caritas che fa riferimento alla “Casa di Bethlem”, che raccoglie tutte le disponibilità e le forme di volontariato, con lo spirito di comunione e quello di voler lavorare insieme. Periodicamente, la Pastorale giovanile organizza a tal scopo delle raccolte alimentari per rifornire la cucina». Già da subito c’è chi si è messo in moto per raccolte alimentari e altro: «In molti si sono resi disponibili per le pulizie, per il controllo, per la formazione e per l’animazione – conclude Marini –, oltre a ciò, abbiamo creato una rete sociale, fatta di associazioni, che sono pronte a rispondere e a collaborare a questo grande progetto». Tra queste, appunto, l’Associazione Medici Cattolici italiani: «Realizzeremo a “Casa di Bethlem” un punto di ascolto socio-sanitario – aggiunge il dottor Andrea Corsalini, presidente di Amci Macerata –; non vuole essere un luogo di trattamento delle patologie, non volendo sostituire i medici curanti ma integrando un servizio, rispondendo ai dubbi che potranno esserci e rispondendo a qualche necessità di natura sanitaria. Nel tempo, poi, aiuteremo quelle persone che avranno poche possibilità di riuscire a completare l’analisi del proprio quadro sanitario». Chi volesse contribuire economicamente all’opera di “Casa di Bethlem” può farlo attraverso l’Iban: IT75K0615013400CC032015710; Intestazione Diocesi di MacerataCaritas; causale “Casa di Bethlem”.

IL DOCUFILM

Alla Divina Pastora «The Letter»: col Papa l’impegno per la Terra

Una cinquantina di persone si sono ritrovate la sera del 3 gennaio nei locali annessi alla chiesa della Divina Pastora di Tolentino per assistere e discutere del docufilm “The Letter” diretto dal regista Nicolas Brown. Il docufilm racconta la storia dei viaggi a Roma di diversi personaggi, provenienti vari continenti, impegnati in prima linea nella cura del pianeta Terra, la nostra casa comune. Scopo del loro viaggio è parlare con papa Francesco della enciclica Laudato si’ Il video ci presenta Arouna Kandé, giovane studente senegalese musulmano, che si confronta con le vicende del capo indigeno brasiliano Cacique Odair Dadá Borari, della quattordicenne e già “attivista” indiana Ridhima Pandey, dei biologi marini (e coniugi) americani Asner, e dell’irlandese Lorna Gold. Nel filmato appaiono come portavoce delle moltitudini sempre più numerose di vittime, senza alcuna responsabilità, dei disastri che colpiscono l’ambiente naturale a causa del cambiamento climatico frutto di scellerate azioni umane. Queste persone, leader in quanto riferimen-

Sant’Antonio abate, le radici di una festa antica

La ricorrenza, che cade proprio oggi, 17 gennaio, veniva resa solenne da Messe, processioni e anche spari di mortaretti

DI UGO BELLESI

L a civiltà contadina ha tenuto sempre in grande considerazione gli animali, sia che si trattasse delle bestie nelle stalle, perché costituivano la “forza motrice” indispensabile per il lavoro nei campi, sia che ci si riferisse agli animali di bassa corte che costituivano una fondamentale fonte di alimentazione. Ne è la riprova il fatto che la giornata

odierna, 17 gennaio, festa di sant’Antonio abate, era considerata festa di precetto da celebrare solennemente con Messe, processione e panegirico con sparo di mortaretti dal primo mattino e per tutta la giornata. Per organizzare la festa c’era un comitato (chiamato li festaroli de sant’Andò) che al tempo della trebbiatura raccoglieva le offerte girando per le case dei contadini, che non si tiravano certo indietro, tanto che alla fine ci si ritrovava con molti quintali di grano, la cui vendita fruttava un bel gruzzolo. Parte del grano però era consegnata al fornaio che doveva preparare una certa quantità di panini (le panette de sand’Andò) che venivano benedetti dal parroco e distribuiti a coloro che avevano of-

ferto il grano. Le panette la mattina del 17 gennaio venivano fatte mangiare alle bestie nella stalla per essere “protette” dal Santo. Sempre nella mattina della festa i festaroli offrivano la colazione (la magnata) a tutti gli uomini che si occupavano dei bovini nelle stalle. Altra tradizione riguardava la vigilia della festa di sant’Antonio abate. Infatti il 16 gennaio chi aveva a disposizione del bestiame gli dedicava una particolare attenzione. Così i carrettieri ripulivano molto bene i loro cavalli e servivano loro una doppia razione di biada. Altrettanto facevano i contadini con i bovini ai quali riservavano una quantità maggiore di ottimo fieno. Agli animali da cortile veniva distribuita una doppia

razione di becchime. Questo trattamento particolarmente ricco di cibo veniva chiamato satollacciu Aveva lo stesso nome infatti del cenone che si faceva in campagna la sera che precede l’Epifania. In vari comuni del Maceratese questo lauto pasto si chiamava anche crepaccione. Era una cena particolare perché a base soprattutto di legumi preparati in varie maniere, ma c’erano anche lo stoccafisso, il baccalà e pesce di varie qualità. E per dolce si serviva il classico crustingu Da cosa ha origine questo trattamento speciale degli animali? Da una tradizione antichissima secondo la quale si credeva che sant’Antonio, la notte della vigilia della sua festa, visitasse tutte le stalle per controllare la pulizia

to per le rispettive comunità, sono state raggiunte da una lettera partita dal Vaticano. Da quel momento cominciano un viaggio che ci fa conoscere la loro vita e quindi li fa giungere in Vaticano dove Papa Francesco sviluppa con loro un dialogo di grande confidenza e ascolto attento. L’azione del docufilm si sposta quindi ad Assisi, terra di san Francesco, dove il cardinale francescano Raniero Cantalamessa aiuta a cogliere in tutta la loro ricchezza le radici francescane del messaggio dell’enciclica Laudato si’, dedicata da Papa Francesco alla cura della “casa comune” che è la terra. L’incontro alla Divina Pastora ha fatto cogliere l’utilità di una visione comunitaria: grazie al confronto che spontaneamente scaturisce dalle storie e dalle parole ascoltate, si è alimentata la consapevolezza e la decisione di fare qualcosa per quella salvaguardia della “casa comune”, l’obiettivo urgentissimo cui ci sollecita papa Francesco con la sua enciclica. Per chi volesse replicare l’esperienza, informazioni e prenotazioni presso il Circolo Laudato si’ dell’Abbadia di Fiastra, facendo riferimento al sottoscritto (tel. 333.1471791).

Immagine devozionale di sant’Antonio abate, in gesto benedicente, attorniato da animali

delle stesse e per parlare con gli animali e chiedere loro come venivano trattati. Se le bestie si lamentavano, il Santo avrebbe maledetto l’uomo incaricato di custodire gli animali. Invece lo avrebbe benedetto se gli animali gli avessero parlato bene di lui. Altra tradizione del mese di gen-

naio è quella di solennizzare la sera della vigilia dell’Epifania organizzando dei gruppi, con accompagnamento musicale (inizialmente era soltanto con un organetto e poi anche con piccoli complessi), che giravano nei paesi e nelle campagne cantando la Pasquella e ricevendo doni.

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2023 2 COMUNITÀ
Denis Marini, direttore Caritas Macerata La locandina del docufilm Un incontro della Scuola missionaria 2022

I riti avranno luogo nella

Cattedrale di San Giovanni, rispettivamente domenica

22 e sabato 28 gennaio

Tempo di tappe importanti per diversi seminaristi del Redemptoris Mater, il seminario missionario della diocesi di Macerata. Domenica 22 gennaio, infatti, alle ore 17 nella cattedrale di San Giovanni verrà conferito il ministero del lettorato a cinque di loro. Si tratta di Alessandro Trudu, proveniente da Cagliari, Gabriel Falzon Reale, giovane nato nell’isola di Malta, Gianmarco Paoletti di Giulianova, il veneziano Tommaso Via-

ro e Andrea Carbonari da Montefano; i cinque stanno compiendo il percorso di formazione appunto nel seminario maceratese da almeno cinque anni. Il 28 gennaio invece monsignor Nazzareno Marconi presiederà l’ordinazione diaconale di Antonino Pastore, sempre nella chiesa di San Giovanni alle 17. Classe 1975, Antonino è originario di Pescara dove ha vissuto per oltre vent’anni, fino al 2004 quando si è trasferito a Padova. Dallo scorso novembre presta servizio presso la parrocchia di Santa Croce a Macerata. L’abbiamo intervistato alla vigilia dell’Ordinazione. Come hai sentito la chiamata a entrare in seminario? Durante l’adolescenza ho vissuto un tempo di forte crisi che è stata la condizione di possibilità affin-

ché potessi ascoltare e aderire all’annuncio del Vangelo. Tra la fine delle superiori e l’inizio dell’università è iniziato questo processo di conversione maturato in seno alle realtà francescane laicali, accompagnate spiritualmente dai frati minori conventuali d’Abruzzo. Durante gli studi alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Chieti ho avuto modo di partecipare ad un’esperienza missionaria in Burundi. La visita è durata tre settimane ma in quel tempo così intenso ho sentito che il Signore mi stava chiamando a diventare un altro tipo di “medico”. Dopo due anni sono entrato nel postulandato di Assisi dei frati conventuali, presso il Sacro Convento. Il cammino verso questo diaconato è stato dunque particolarmente lungo...

Si, inizialmente sono stato formato alla vita religiosa e sacerdotale dai frati minori conventuali, per un totale di sette anni. Durante l’ultimo anno di formazione (2005/2006), alle porte della professione solenne, sono entrato in una crisi molto forte e ho chiesto ai miei superiori di uscire dalla vita religiosa. Sono seguiti cinque anni di alti e bassi vissuti a Padova. La vocazione era ancora lì, ma io facevo finta di no. Un amico della parrocchia, vedendomi così, mi invitò nel 2009 ad ascoltare le catechesi del Cammino Neocatecumenale. Nel settembre dello stesso anno sono entrato nel seminario diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Kaohsiung in Taiwan. Ho passato sei anni in Asia, anni forti, belli, a volte dolorosi, ma i più preziosi per la mia formazione. Dopo un

ulteriore tempo di verifica in Italia, dall’anno scorso mi trovo qui a Macerata presso il nostro seminario “Redemptoris Mater”, all’ombra della figura del Venerabile padre Matteo Ricci e il prossimo 28 gennaio verrò ordinato dal nostro amato vescovo Nazzareno Marconi. Cosa provi alla vigilia dell’ordinazione? Sono emozionato ma anche sereno, avendo visto lungo tutto il mio percorso che il Signore risorto è sempre stato presente nella mia storia, anche quando non lo vedevo. Ha provveduto alla mia vita e ha saputo condurmi per strade che mai avrei pensato di poter percorrere. Tutto a lode e gloria di Dio che si è mostrato fedele e sapiente, amorevole e paziente nel guidarmi fino a compiere questo importante

Antonino Pastore

«Ratzinger, pastore e maestro»

DI CLAUDIO GIULIODORI *

La

mata da strumento marcio in un frutto grandioso» (9 novembre 2002).

figura di Joseph Ratzinger ha segnato la vita della Chiesa a cavallo tra il secondo e il terzo millennio. Non solo per il pontificato e l’inaspettata decisione di dimettersi. La sua persona ha attraversato le vicende più rilevanti del cammino della Chiesa dal Concilio Ecumenico Vaticano II ai nostri giorni. I suoi manuali di teologia fondamentale e dogmatica sono stati tra i più seguiti e utilizzati per la formazione teologica. Anch’io mi sono formato nel corso degli studi teologici e della preparazione al sacerdozio sui suoi testi. Ricordo come negli anni Settanta e Ottanta sia stato, anche per la mia ricerca teologica, uno degli autori di riferimento assieme a Congar, De Lubac e von Balthasar. Del periodo che lo vide Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ho un ricordo particolare che mi ha molto colpito e che ha segnato anche il mio ministero. Quando nel 2002 ero Direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per le comunicazioni sociali, mi trovai ad organizzare il grande Convegno «Parabole Mediatiche» che si chiudeva in Aula Paolo VI con l’intervento del Santo Padre. Nella sessione che precedette l’udienza, invitai il cardinal Ratzinger a tenere una relazione di fronte a ottomila operatori della comunicazione e della cultura.Il frutto saporito del sapere umano illuminato dalla fede in Gesù Cristo è stato coltivato con grande passione e competenza da Papa Ratzinger sia durante gli studi e le ricerche teologiche sia nel corso del suo pontificato. Oltre ad aver sempre apprezzato i suoi scritti e il suo insegnamento magisteriale, sono personalmente legato a Benedetto XVI anche per avermi chiamato a svolgere il ministero episcopale nominandomi vescovo di Macerata il 22 febbraio del 2007. Qui ho svolto il ministero episcopale a partire dal 31 marzo 2007 fino al 26 febbraio 2013 quando lo stesso Pontefice mi ha nominato assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. È stata la sua ultima nomina, prima di lasciare il ministero petrino (28 febbraio) a seguito dell’annuncio fatto l’11 febbraio 2013.

Attingendo ai Padri della Chiesa, affascinò l’assemblea parlando dell’incisione dei sicomori per spiegare il rapporto tra fede e cultura.

Tutti rimasero profondamente colpiti dall’efficacia dell’esempio, tratto da un testo di san Basilio, e dalle riflessioni che ebbe modo di offrire ai convenuti su un tema assai complesso e di grande attualità. Quell’esempio esprime anche il suo profilo culturale e la sua attitudine teologica per cui è interessante ricordarlo. «Il sicomoro è un albero che produce moltissimi frutti. Ma non hanno alcun sapore, se non li si incide accuratamente e non si lascia fuoriuscire il loro succo, cosicché divengano gradevoli al gusto». Con tale metafora – spiegava – si vuole indicare che mediante l’incisione, realizzata grazie al Logos, è stato messo in salvo ciò che di essenziale e di vero era presente nella cultura antica e pagana. Concludeva l’allora cardinal Ratzinger: «Mediante l’incisione nel sicomoro della cultura antica i Padri l’hanno nel complesso messa in salvo per noi e trasfor-

A questo incarico il Pontefice mi ha chiamato proprio per rafforzare e animare, dal punto di vista culturale e pastorale, il rapporto tra ragione e fede e il dialogo tra i diversi saperi e la teologia, dimensioni coltivate con grande impegno e abbondanti frutti nell’Università fondato da Padre Agostino Gemelli e dai suoi collaboratori oltre un secolo fa. La spinta data da Benedetto XVI all’approfondimento della fede attraverso la ragione, come espressione irrinunciabile per un autentico annuncio del Vangelo, costituisce uno dei lasciti più rilevanti del-

la sua opera e del suo pontificato. Concludo con un piccolo aneddoto che aiuta a comprendere la sensibilità di Benedetto XVI e la sua ampiezza di vedute. Mi ritrovai a parlare con il Pontefice pochi mesi dopo la nomina a vescovo di Macerata e feci presente che nel 2010 si sarebbe celebrato il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci, il grande gesuita apostolo della Cina. Rimase colpito da questa mia comunicazione e mi disse: «Padre Matteo Ricci è una delle figure più importanti nella storia della Chiesa. Bisogna riscoprirlo e farlo conoscere perché il suo modello di evangelizzazione della cultura è stato profetico ed è attualissimo anche per l’odierna missione della Chiesa». Concetti che poi riprese e approfondì in lettere e discorsi fatti per tale ricorrenza. Segnalando poi alcune difficoltà per la ripresa della causa di beatificazione avviata nel 1983, mi disse ancora: «È troppo importante. Scriverò io stesso alla Congregazione per le cause dei santi». Così fece e la causa riprese il suo percorso. Proprio lo scorso 17 dicembre, papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce le virtù eroiche di padre Matteo Ricci divenuto così venerabile. Un piccolo fatto, ma indicativo della personalità di papa Ratzinger. Con lui certamente Dio ha donato alla Chiesa e all’umanità un grande uomo, un fine teologo e uno straordinario successore di Pietro.

* vescovo

Papa Benedetto accende la fiaccola del Pellegrinaggio Macerata-Loreto

Vecerrica: «La sua gioia di fronte alle piccole cose»

Il fondatore del Pellegrinaggio Macerata-Loreto riporta alla memoria la figura del Pontefice emerito che incontrava per la benedizione della Fiaccola della pace

DI M. NATALIA MARQUESINI

IL LEGAME

Monsignor Georg Gänswein arcivescovo titolare di Urbisaglia

i vescovi marchigiani c’è n’è uno che ogni anno ha un appuntamento fisso con il Santo Padre: monsignor Giancarlo Vecerrica dal 1998 puntualmente il mercoledì che precede il pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, si reca personalmente insieme a una delegazione del comitato organizzatore dal Papa per accendere e benedire la Fiaccola della Pace durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro. «Da quando sono venuto a conoscenza della morte del papa emerito Benedetto XVI – racconta il presule – mi torna spesso alla mente il ricordo di lui di fronte alla fiaccola: l’entusiasmo con cui la prendeva e la sollevava più in alto possibile, sembrava voler arrivare in cielo». Come per Giovanni Paolo II prima e papa Francesco successivamente, l’interesse e l’affetto dei pontefici verso i partecipanti e gli organizzatori del Pellegrinaggio non è mai mancato. Anche papa Benedetto infattinell’accogliere ogni anno la delegazione con la fiaccola accompagnava la benedizione con la gioia nel cuore, anche indossando il tipico cappellino dei pellegrini (foto qui sopra). Tra gli incontri dell’ideatore del Pellegrinaggio Macerata - Loreto e papa Benedetto XVI monsignor. Vecerrica ne ricorda un altro con particolare tenerezza: «Nel 2007 mi recai in visita ad limina dal Santo Padre come vescovo di Fabriano - Matelica. Gli portai in regalo una Madonna impressa su un foglio realizzata con la tecnica della filigrana. Mai dimenticherò di come papa Benedetto si spostava velocemente da una finestra all’altra della sala col desiderio di gustare appieno l’immagine riprodotta. Oggi ripensando a lui mi vengono in mente questi due ricordi ed entrambi mi fanno non solo rallegrare, ma mi spingono a chiedere al Signore di saper anche io entusiasmarmi ed emozionarmi di fronte alle cose, anche piccole come una filigrana, nel modo in cui lo fa un bambino, e nel modo che ho visto in lui».

C’è un legame del tutto speciale, anche se indiretto, che unisce la nostra diocesi a Benedetto XVI. Infatti il suo segretario particolare, monsignor Georg Gänswein, è stato da lui creato arcivescovo il 7 dicembre 2012 attribuendogli il “titolo” di Urbisaglia. Il paese della nostra diocesi nell’antichità è stato infatti sede vescovile. Appresa la notizia il sindaco e il parroco dell’epoca, Roberto Broccolo e don Marino Mogliani, avevano subito invitato monsignor Gänswein, che ha visitato il paese domenica 15 settembre 2013, celebrandovi la Santa Messa.

“Padre Georg”, com’è da tutti conosciuto, è nato in Germania il 30 luglio 1956, nella cittadina di Riedrn am Wald, presso Friburgo ed è stato ordinato sacerdote il 31 maggio 1984. È arrivato a Roma a metà anni Novanta su invito dell’allora cardinale Ratzinger e da allora non si è più allontanato da lui.

Benedetto XVI: «A Loreto tutti siamo a casa»

Riproponiamo uno stralcio dell’omelia pronunciata da papa Ratzinger durante la Messa celebrata nella città mariana nel 50° anniversario del pellegrinaggio di Giovanni XXIII.

Nella

vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione. La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, Benedetto XVI esce dalla Santa Casa Arrivo a Loreto

crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quanto l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. Con Dio anche

nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna. Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fra-

la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta (cfr Ap 21,3). Benedetto XVI

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2023 3 CHIESA
telli e sorelle. Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se
Il ricordo personale di Giuliodori del Pontefice emerito. «Con Macerata una relazione che ha il fulcro nella figura di padre Matteo Ricci, del quale ha “patrocinato” la causa di beatificazione»
Cinque lettori e un diacono al «Redemptoris Mater»
DI M. NATALIA MARQUESINI

MACERATA

Il passaggio dai manoscritti alla prima stampa: una mostra alla Biblioteca Mozzi-Borgetti

Nel pieno dell’era digitale, con le attività legate alla scrittura e alla lettura affidate sempre più spesso a strumenti elettronici, emoziona trovarsi a tu per tu con manoscritti miniati e preziosi incunaboli. La mostra “Virgo hec penna. Dal manoscritto alla prima stampa” allestita, a cura di Laura Mocchegiani, nella biblioteca Mozzi-Borgetti di Macerata ci riporta a oltre sei secoli fa, al cambiamento epocale che ha segnato il passaggio dal manoscritto al testo a stampa. Oltre a proporre il prezioso fondo librario della biblioteca, la mostra permette di entrare in rapporto con la geniale invenzione di Gutenberg, giunta in Italia nel 1465 grazie a monaci tedeschi del monastero di Subiaco. Tra gli incunaboli di maggior pregio in mostra (visite fino al 28 febbraio, dal lunedì al venerdì ore 9-18.30 e il sabato 9-13) figurano due esemplari pergamenacei del fondo Castiglioni di Cingoli, fino ad oggi sconosciuti ai cataloghi. Uno di questi, grande come uno smartphone, è probabilmente uno dei più piccoli incunaboli esistenti. (Ale.Fel.)

Il bando Caritas è per 3 posti ed è aperto ai giovani con un’età compresa tra i 18 e 29 anni. Scadrà il prossimo 10 febbraio. La durata dell’impegno sarà di dodici mesi

È Virgì Bonifazi l’autore del busto di padre Matteo Ricci

DI ALESSANDRO FELIZIANI

Ilprimo giugno del 1940, quando era direttore dell’Accademia di Brera, Francesco Messina, tra maggiori scultori figurativi del Novecento, in una lettera indirizzata al maceratese Alessandro Bonifazi scrisse: «...per le spiccate qualità artistiche, in speciale modo indirizzate alla scultura, di vostro figlio Virginio, Vi consiglio lasciargli la più ampia libertà nella scelta di un destino che gli auguro felice». Quel Virginio, all’epoca ventiduenne allievo della prestigiosa istituzione milanese, era l’artista che sarebbe diventato un protagonista della vita culturale di Macerata del secondo Novecento, da tutti conosciuto come Virgì, diminutivo con cui veniva chiamato da ragazzino e che lui stesso scelse come nome d’arte.

Virgì – ha scritto di recente il critico d’arte Lucio Del Gobbo – si è espres-

so con varie forme e tecniche artistiche, seguendo molteplici interessi: dal ritratto al paesaggio, dalle nature morte alla caricatura che ha coltivato sin da giovanissimo, affascinato dalle opere di Ivo Pannaggi e di altri esponenti del gruppo futurista maceratese. Il pubblico ha conosciuto Virgì quasi esclu-

sivamente come caricaturista e questa “etichetta” gli è rimasta ancora oggi. A rimuovere, a venticinque anni dalla morte, il velo che ha oscurato a lungo il resto delle sue doti artistiche – in particolare quella di scultore – è stata la mostra che l’associazione “Le Casette” e il Comune di Macerata hanno allestito nel periodo natalizio alla galleria “Antichi Forni” del capoluogo. “Virgì uno di noi” – questo il titolo della mostra – lo ha ricordato a tutti come artista a tutto tondo. Si è trattato di una vera e propria retrospettiva, che ha permesso di sottolineare l’eclettismo dell’artista, con l’esposizione di ritratti a matita, dipinti ad olio, acquerelli e sculture. Tra queste ultime anche il bozzetto originale del busto di padre Matteo Ricci, il grande gesuita maceratese che il 17 dicembre scorso Papa Francesco ha proclamato venerabile.

Realizzato nel 1982, il busto è stato

donato dai Lions Maceratesi al Centro diocesano Padre Matteo Ricci e dal 2009 esso si trova collocato davanti alla Cattedrale di San Giuliano. «Quarant’anni fa, ricorrendo il quarto centenario dell’ingresso di Matteo Ricci in Cina – ricorda Lucio Del Gobbo, che è stato amico di Virgì Bonifazi – negli ambienti artistici e culturali di Macerata si accese un dibattito per la realizzazione di un monumento dedicato all’importante missionario e Virgì, persona sempre concreta e impegnata per la sua città, senza dire niente a nessuno, si mise al lavoro, sorprendendo poi tutti ad opera realizzata». Il busto a padre Matteo Ricci, fotografato da tutti i turisti che transitano per piazza Strambi, non reca la firma dell’autore. Anche questo, secondo Del Gobbo, è un segno della modestia e della semplicità con cui Virgì si è sempre speso per la sua città, come uomo e come artista.

In prima linea con il Servizio civile

Il 15 dicembre 2022 il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale ha emanato un Bando per la selezione di 71.550 operatori da impiegare in progetti di Servizio civile. Il bando è aperto a tutti i giovani con un’età compresa tra i 18 e 29 anni non compiuti e scadrà il 10 Febbraio 2023 alle ore 14.

Dopo un anno di pausa, per mancato finanziamento del progetto, quest’anno la nostra Caritas Diocesana avrà nuovamente un progetto nell’Area Adulti e terza età in condizioni di disagio, dal nome “Abitare la comunità-Marche”. Il servizio durerà 12 mesi e mette a disposizione 3 posti, di cui uno dedicato a giovani con minori opportunità (con Isee uguale o inferiore a 10.000 euro).

Il progetto ha come sede la Caritas diocesana, sita in Piazza Strambi 3, anche se poi si sviluppa sul tutto il territorio di Macerata, impiegando i giovani civilisti in diversi servizi che la Caritas Diocesana svolge. Presso l’ufficio Caritas i giovani potranno affiancare l’operatrice che si occupa degli ascolti agli ultimi che si rivolgono a noi, gestire l’accoglienza delle persone che arrivano e, quando non è possibile ascoltarli subito, gestire gli appuntamenti. In Via Silone 12 invece è situato l’Emporio della Solidarietà, il market solidale che, in collaborazione con altre realtà del territorio come le Acli, i Servizi Sociali del Comune di Macerata, il Gruppo vincenziano, il Centro di ascolto e prima accoglienza Rampa Zara e le parrocchie che hanno una Caritas, sostengono le situazioni di fragilità anche attraverso i generi alimentari ed igienici di prima necessità, ma soprattutto ha l’obiettivo di costruire attorno alla persona in difficoltà una rete e dei progetti che lo accompagnino verso la fuoriuscita dalla situazione di povertà.

Altro servizio attivato nell’ultima progettualità e che ha dato molto ai tre ragazzi che vi hanno prestato servizio, è l’infermieria dei frati cappuccini di Macerata, presso la parrocchia del S.S. Crocifisso. Qui i civilisti saranno di supporto ai frati presenti soprattutto nella somministrazione dei pasti, ma anche nella compagnia e nell’accompagnamento per visite mediche. Infatti presso questo monastero, oltre ai frati che si possono sempre incontrare in chiesa e in oratorio è situata l’infermeria dei frati anziani di tutta la provincia, i quali trascorrono qui l’ultimo tratto della loro vita. L’ultimo servizio si realizzerà presso la Casa di Bethlem, che si trova adiacente alla nostra Caritas diocesana, nel centro di Macerata. Si tratta di una casa alloggio dove si sperimenta il cohousing tra adulti in difficoltà, famiglie che hanno necessità di un tempo di supporto e giovani studenti. Qui,

grazie anche alla collaborazione con il Comune di Macerata e le altre associazioni del territorio, come i medici dell’Aimc, si offrirà l’ascolto, l’accoglienza e l’orientamento necessari a risolvere le povertà e le difficoltà che le persone portano ai Centri di ascolto della nostra Chiesa locale. I giovani selezionati, dopo un primo periodo di sperimentazione dei diversi servizi, troveranno la loro collocazione, anche in base ai loro talenti, così da poterli valorizzare. Si tratta di un anno dove il donare e il ricevere si intrecciano in una reciprocità unica ed irripetibile. Questo tempo che si sceglie di prendere e di offrire, è il tempo della crescita e dell’ascolto di sé e del mondo in cui viviamo, e concede la possibilità di riscoprirsi e di discernere al meglio la direzione del proprio futuro.

Gli aspiranti operatori volontari devono presentare la domanda di partecipazione esclusivamente attraverso la piattaforma Domanda on Line (DOL) raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo domandaonline.serviziocivile.it

L’accesso alla domanda è consentito solo attraverso un’identità digitale o lo Spid. I nostri uffici saranno aperti tutti i giorni dal lunedì al venerdì per offrire ulteriori informazioni, per essere supportati e orientati nella compilazione della domanda, anche grazie ai giovani del Progetto Policoro. Siamo raggiungibili anche sui canali social Facebook e Instagram. Tutte le informazioni tecniche sul Bando sono anche disponibili sul sito serviziocivile.gov.it. Le schede sintetiche di ogni progetto sono reperibili al sito di Caritas Italiana e sul sito caritasmarche.webnode.it

Giovani coppie di sposi: pronte per il 2° passo?

Proseguono gli incontri che aiutano a scoprire anche semplici regole di buon dialogo e di buon litigio, nel rispetto reciproco

ComeUfficio diocesano di pastorale familiare abbiamo raccolto la testimonianza di una giovane coppia che ha partecipato al primo incontro del percorso “4 passi nell’amore”. Questo è il loro racconto. «Siamo sposati da tre anni e già nelle prime settimane di vita matrimoniale abbiamo patito il fatto che la gestione della quotidianità si mangia spesso il tempo libero dal lavoro, lasciandoci davvero poco spazio da dedicarci. Così quando siamo stati invitati a ritrovarci con altre coppie, alcune delle quali avevano fatto il percorso di preparazione al matrimonio insieme a noi, ci è sembrato che ci venisse offerta un’occasione per fermarsi. La possibilità di portare con noi il piccolo di due anni ci incoraggiava: un’animatrice, aiutata da alcuni nonni, avrebbe badato ai figli. Che organizzazione! Ci veniva da pensare: “Perché queste coppie più grandi fanno tutto questo per noi?”, “Davvero è importante incontrarsi

con altri sposi, vincendo anche la tentazione del divano nel fine settimana?”. Forse c’è qualcosa che si può imparare, un modo diverso di vivere il nostro tempo. Anche un modo diverso di confrontarci, con alcune semplici regole di buon dialogo e di buon litigio. Noi abbiamo imparato che un confronto profondo e sincero non ha bisogno di tante ore, ma di rispetto della parola dell’altro e di tanto ascolto. E poi “4 passi nell’Amore” ci incuriosiva: che strano nome per una serie di incontri. In realtà abbiamo scoperto con gioia che si trattava dell’inizio di un breve viaggio, appunto quattro passi, quattro appuntamenti, per riscoprire, curare, nutrire, vivere il dono grande dell’Amore celebrato il giorno del nostro matrimonio. Concretamente siamo stati invitati a dare un tempo speciale alla nostra coppia. E la cosa ci è talmente piaciuta che non vediamo l’ora di fare il secondo passo, il prossimo 11 febbraio, sempre all’Oasi Buon Pastore di Macerata, sempre con altri giovani sposi, amici d’esperienza, compagni di cammino».

Per la Maceratese un difficile centesimo anno di gioco

Nonostante una storia oramai secolare, la Maceratese fa fatica a brillare in campo: ora si affida a Giorgio Pagliari, figlio di Giovanni e nipote di Dino

DI ENRICO MARIA SCATTOLINI

Cento anni fa, a fine dicembre 1922, dalla fusione di quattro società calcistiche cittadine (Macerata Footbal Club, Virtus Macerata, Helvia Recina e Robur) nasceva la Maceratese Calcio. Il suo centenario è stato festeggiato con diversi eventi che sono stati

espressione del sentimento di appartenenza della tifoseria e dell’intera città al club. Sino ad un dibattito che si è svolto alla locale Università ed alla pubblicazione di un libro (“Rata da scoprire, i valori nascosti dei cento anni di storia biancorossa”).

Meno brillante è stata invece la risposta sul campo da parte della “Rata”, come viene ora chiamata la squadra del presidente Crocioni; in un campionato, come l’“Eccellenza” marchigiana, abbondantemente sottotono rispetto al passato, la Maceratese fa fatica ad uscire dalle pericolose sabbie mobili della zona playout. Situazione ben diversa dagli auspici estivi della dirigenza e per di più appesantita dall’ultima sconfitta subita sul terreno dell’Atletico Gallo.

Il fatto è che si stanno pagando le conseguenze del peccato originale

commesso alla vigilia della stagione 2022/23. Quando, in luogo della conferma, con qualche eventuale ritocco, della formazione uscita vincente dalla “Promozione” regionale con uno strepitoso finale (che le aveva permesso di superare il Chiesanuova sul filo di lana), Crocioni ed i suoi collaboratori non hanno incredibilmente rinnovato il contratto all’allenatore Sauro Trillini, al Direttore Sportivo Conti ed a diversi giocatori. In particolare al centravanti Tittarelli, che ora sta furoreggiando proprio con il Chiesanuova.

Il mister fu sostituito da Guido Di Fabio, in passato già alla guida della Rata; l’altro da Giuseppe Sfredda, proveniente dal Monturano. La conseguente attività di mercato era stata ambiziosa con l’ingaggio di difensori, centrocampisti ed attaccanti, in al-

ternativa alle succitate cessioni. Altro colpo di scena: l’efficienza della nuova realtà non è stata tuttavia mai verificata da Di Fabio e Sfredda, per la semplice ragione che i due decisero di dimettersi a pochi giorni dall’inizio degli allenamenti estivi.

Il D.s. però ritornò qualche settimana più tardi, stavolta in coabitazione con mister Trillini che, nel frattempo, era stato richiamato da Crocioni sulla panchina della Maceratese.

Ma i risultati hanno continuato ad essere negativi. Al punto che, a metà novembre, è arrivato il secondo giro di valzer: esonero del trainer, rimpiazzato da Peppino Amadio. Che tuttavia non ha fatto miracoli: finora è stato solo ribadito il pesante trend negativo delle partite casalinghe (una sola vittoria all’Helvia Recina nel girone di andata) e sono

sempre più allarmanti i rischi di classifica nonostante qualche exploit in trasferta. Di qui l’urgenza di un robusto ritorno al mercato di riparazione nel mese di dicembre. In entrata i difensori Nicolosi e Iulitti; i centrocampisti Misin e Pagliari; il centrattacco De Iulis e l’esterno offensivo D’Ercole. Il futuro della Rata è in gran parte affidato a loro. Se ne sono invece andati Bergamini, De Marzo, Loviso, Rivamar, Battezzati, Papa e Marino. Con particolare attenzione e curiosità sarà comunque seguito Giorgio Pagliari, figlio di Giovanni Pagliari, attuale allenatore della Recanatese, e nipote di Dino: due icone del calcio biancorosso. Ha 24 anni, proveniente dal Fabriano-Cerreto, esperienze di mediano con Atalanta, Vastese e Tolentino.

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2023 4 ATTUALITÀ
Virgì con il bozzetto del busto Giorgio Pagliari, in maglia biancorossa DI GIULIA MARZIONI Momento di formazione a Loreto dove i giovani civilisti conoscono associazioni, cooperative e micro imprese del territorio DI Un incontro di coppie di sposi

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