Emmaus 17 settembre 2019

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EmmeTv Sante Messe da Loreto

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lle 7.30, dal lunedì al sabato, su EmmeTv Canale 89 viene traA smessa in diretta la Messa celebra-

Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

ta nella Santa Casa. La domenica viene invece trasmessa alle ore 10 la Messa solenne celebrata nella Basilica di Loreto. Oltre agli appuntamenti liturgici, il sabato, dalle ore 12.50 alle 13.05 viene trasmesso “Santa Casa News”, il magazine di notizie su tutto ciò che riguarda la vita del Santuario.

A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567

Martedì, 17 settembre 2019

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MACERATA

Macerata. Ripensare la città coinvolgendo i centri vicini

Da soli non si può più Il vescovo: «Il bene comune da costruire non può essere troppo ristretto: non reggerebbe alla sfida del mondo che si muove intorno a noi» Segue il testo dell’omelia che il vescovo Nazzareno Marconi ha pronunciato nel corso della Santa Messa celebrata il 31 agosto scorso in occasione della festa del Santo patrono. DI

NAZZARENO MARCONI *

N

ell’ultima festa di S. Vito, patrono di Recanati, ho ricordato che «l’omelia per la festa del Santo Patrono di una città non è solo una riflessione spirituale, ma un momento in cui il Vescovo, nella sua responsabilità di Padre e Pastore è chiamato ad offrire una parola di saggezza a tutta la società civile». Questa Santa Messa, celebrata in piazza e guardando verso il centro della Città – davvero una Messa “in uscita” – mi motiva ancora di più in questa scelta. Spero di essere ben compreso: non penso che il Vescovo debba indirizzare le scelte sociali, né tantomeno politiche di una città, ma rispondendo ad una richiesta che Gesù fa nel Vangelo, debba aiutare i credenti e tutti gli uomini di buona volontà a “leggere i segni dei tempi” (Mt 16,3), a riconoscere la realtà in cui viviamo e le sue caratteristiche dominanti. Una città si può guidare seguendo le idee oppure le ideologie. Le idee si fondano su una lettura dei fatti, le ideologie sui desideri, le promesse o peggio le voglie di qualcuno. La scelta cristiana è indubbiamente quella di pensare a partire dai fatti. A tre anni dal terremoto fisico e da vari terremoti sociali ed emotivi che ci hanno colpito, tutti ci rendiamo conto che il mondo attorno a noi, e di conseguenza la Città, sono cambiati e sono tuttora in cambiamento. La città serena, abitata da impiegati con la certezza dello stipendio e la prospettiva di trasmettere il lavoro ai figli, sta sparendo. La riorganizzazione e centralizzazione dei sistemi di governo, sia pubblici che privati, non sembra dare prospettive all’idea di Macerata centro dirigenziale di un territorio, come era nel passato. L’Università è certo una grande risorsa, ma non può dare lavoro a tutta la popolazione, né essere l’unico centro progettuale della Città. Il turismo può dare un aiuto, ma non siamo né Firenze, né Roma ed è bene che non ci illudiamo. La grande distribuzione e il commercio online stanno mettendo in crisi anche la città come centro commerciale del territorio, basti vedere quanti negozi chiudono. Sono situazioni che oltrepassano le possibilità operative di un’Amministrazione. Si può criticare chi amministra, ma è bene allargare lo

sguardo: i nostri problemi non nascono tutti dentro le mura e non si risolveranno se restiamo mentalmente chiusi dentro di esse. La Chiesa è definita da un bell’aggettivo: cattolica. Cattolico significa: universale, che pensa in grande, che progetta inclusivamente, che è aperto alle sinergie, che dialoga per abbattere le separazioni. Per dare un futuro alla nostra città, è necessario un pensiero veramente “cattolico”, non in senso confessionale ma etimologico. Macerata, prima con la testa e poi con i piedi deve uscire dalle mura, deve ripensarsi insieme con le città vicine, non in alternativa. Qualcuno si ricorderà della metafora usata dal Manzoni ne “I Promessi Sposi” quando descrive Renzo che va dall’Azzeccagarbugli, portandogli in dono quattro capponi, che tiene per le zampe e a testa in giù, con le povere bestie – dice l’Autore –: «le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura». Da Civitanova a Camerino c’è un mondo di piccoli borghi e medie cittadine che si salveranno solo se agiranno insieme. Per questo è indispensabile incontrarsi, confrontarsi, leggere insieme la realtà e insieme trovare soluzioni: il “Bene comune” da costruire non può essere troppo ristretto, non reggerebbe alla sfida del grande mondo intorno a noi. Allargando lo sguardo alla realtà sociale dell’Italia, vedo altri fattori che mi sembra saggio considerare. Sono finiti i tempi in cui a una generazione di padri di destra, si con-

l’altra patrona l calendario celebra la Madonna della Misericordia il primo settembre, giorno immediatamente successivo a quello del’altro patrono San Giuliano. La festa come al solito ha visto la coreografica processione delle canestrelle, con le parrocchie cittadine che hanno portato in dono alla Madonna il grano, in segno di gratitudine per i frutti della terra. Nel corso

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trapponeva la generazione giovane a sinistra. Mi sembra passato anche il tempo in cui ai nuovi padri di sinistra, si contrapponevano i nuovi giovani di destra. Si sta ricompattando una sinistra che cerca di tenere insieme un’anima anziana e una più irrequieta realtà giovanile. E lo stesso si muove specularmente a

della Santa Messa conclusiva, il vescovo Marconi, ha ricordato che «il Misericordioso per eccellenza è Dio» e che questo titolo gli è riconosciuto anche da islam ed ebraismo. Ha quindi sottolineato che noi «sappiamo con certezza che Gesù suo Figlio è venuto sulla Terra e si è fatto uomo proprio per rivelarci l’amore misericordioso del Padre» e che «Maria ci mostra l’aspetto materno dell’amore misericordioso di Dio».

destra. Ci attende un tempo in cui la grande tentazione sarà, per tenere unite nelle due case politiche queste anime irrequiete: di rafforzare lo scontro, di compattare le generazioni entro le famiglie ideologiche, demonizzando l’avversario e descrivendolo come “il male assoluto”. Il tempo delle scomuniche reciproche

Tolentino, riaperto il chiostro della basilica di San Nicola

Nei giorni scorsi è stato riaperto a Tolentino il chiostro di San Nicola. Il 10 Settembre 1305 avvenne il pio transito alla vita eterna del santo, patrono delle anime del Purgatorio e degli Agostiniani d’Italia, che con le sue virtù e miracoli illumina il nostro cammino. Il chiostro, riaperto dopo il rovinoso terremoto dell’autunno 2016, è uno spazio splendido di arte, armonia, silenzio. In

esso vi è il pozzo quadrato scavato su indicazione del santo. La riapertura ha suscitato grande gioia e speranza negli abitanti di Tolentino e in tutti i devoti del santo ed ha permesso domenica scorsa per la Festa del perdono di San Nicola di accedere agevolmente al Cappellone per ricevere l’indulgenza plenaria, concessa dal Papa Bonifacio IX nel 1401, e di recente confermata in perpetuo.

DI

GIUSTINO CASCIANO *

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a vita e i miracoli di San Nicola da Tolentino (1245–1305) sono storicamente ben attestati. I celebri affreschi del Cappellone di San Nicola, di Pietro da Rimini e della scuola di Giotto, risalgono appena a 15 anni dopo la morte. Il Processo di canonizzazione fu celebrato dal 7 luglio al 28 settembre 1325. Dello stesso anno è la prima biografia, scritta da Pietro di Monterubbiano, suo coetaneo e confratello. La vita San Nicola da Tolentino nacque nel 1245 a S. Angelo in Pontano (Mc). I suoi genitori Compagnone e Amata lo concepirono a Modugno, nel ritorno dal loro pellegrinaggio a Bari e per grazia ricevuta, al Battesimo, lo chiamarono Nicola. La vocazione religiosa si manifestò chiaramente ascoltando l’agostiniano padre Reginaldo e a 15 anni divenne novizio tra gli Eremitani di Sant’Agostino, ordine fondato per volere del papa Alessandro IV nel 1256. Durante gli anni di formazione Nicola praticò con fervore la Regola di Sant’Agostino. Essa, per attualizzare la vita dei cristiani descritta dagli Atti degli Apostoli (cfr 2,42), pone al centro l’ideale di un cuore solo proteso verso Dio. Compiuti gli studi, Nicola venne ordinato sacerdote nella cattedrale di Cingoli nel 1273 dal vescovo Benvenuto di Osimo. Dopo varie predicazioni in conventi delle Marche, fu inviato a Tolentino dove esercitò il sacerdozio in modo esemplare per 27 anni. Morì il 10 Settembre 1305 in fama di grande santità. Il processo di Canonizzazione elenca 301 miracoli, di cui 26 durante la vita.

Macerata, Messa per la festa di san Giuliano celebrata sul sagrato del duomo

La festa per la Mater Misericordiae

San Nicola. Tolentino: i giorni della festa

e dello scontro anche armato, lo abbiamo già vissuto e non ha prodotto niente di buono. Questo stile di guerra perenne contro l’altra parte non è un pensiero buono, non è cattolico, non è universale, non pensa in grande, non progetta inclusivamente, non opera in sinergia con molti, non dialoga per abbattere le separazioni. Un’Italia tanto divisa anche all’interno di schieramenti ed alleanze, dentro un mondo sempre più grande e potente, rischia di fare la fine dei capponi di Renzo! Vorrei consegnare a san Giuliano e alle menti e ai cuori degli uomini di buona volontà, questi miei pensieri, nati dall’amore per questa Città e per tutta la nostra Diocesi, senza giudizi e senza condanne. Il Vescovo, come ho detto altre volte, non si schiera! Non per tatticismo o per altri interessi, ma per la profonda convinzione che un pensiero e una conseguente azione che nascono sentendosi in guerra contro un nemico, non sono cattolici. Non credo che la storia proceda verso il bene attraverso la rivoluzione, ma come ci insegna la natura: sempre attraverso l’evoluzione. Chi vuol impegnarsi per tutto questo troverà il mio incoraggiamento e sostegno. Che san Giuliano ci aiuti e ci benedica. * vescovo

La carità verso le anime del Purgatorio A seguito delle apparizioni dell’anima del defunto frate agostiniano Pellegrino da Osimo e dell’anima del cugino Gentile e di una folla di anime purganti che riempivano la valle di Valmanente (Pu), imploranti aiuto, san Nicola è stato proclamato dal papa Leone XIII patrono delle anime del Purgatorio. Ogni giorno nella Basilica di Tolentino viene celebrata la santa Messa per tutti gli iscritti alla Pia Unione Primaria di S. Nicola da Tolentino. La carità verso malati, poveri, peccatori Dedicava molte ore al confessionale. Erano molto frequenti le sue visite ai malati e ai poveri di Tolentino. Lui stesso, gravemente malato, venne guarito da un’apparizione della Vergine Maria, che gli prescrisse di inSan Nicola (affresco) tingere un pezzetto di pane nell’acqua. L’uso dei panini benedetti di San Nicola, come sacramentale, è tuttora molto diffuso e nella quarta Domenica di Quaresima viene celebrata la festa del pane di San Nicola. Una santità ricca di umanità La santità di Nicola, vera, altissima, è fatta di semplicità, di bontà, di affabilità. Il Compendio del processo di canonizzazione fa questa sintesi: «Nicola era pudico, casto, modesto, riservato, sereno, generoso, tranquillo, alieno da invidia, nemico degli scandali, per nulla ambizioso, né stravagante; era morigerato, giusto, saggio, prudente, discreto… Dotato di buon senso, era fedele, umile, cortese». Questo gigante della santità cristiana è raffigurato di solito con il giglio per la sua illibata castità, con il libro della Parola di Dio, con una stella o un sole come segno della luce che emana dalla santità. * agostiniano priore della comunità di San Nicola

Che madri sono quelle che lasciano partire così i figli? La sconvolgente presenza sui barconi di tanti bambini scava al fondo della nostra umanità DI

GIANCARLO CARTECHINI

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notte, il mare è mosso. Voci concitate si confondono con il pianto dei bambini. Una motovedetta della Guardia Costiera affianca la nave Mare Jonio. A bordo della nave ci sono alcune persone tratte in salvo, il giorno prima, da un gommone alla deriva intercettato al largo della Libia. Provengono da diversi Paesi africani: 30 sono minori, 22 hanno me-

no di dieci anni, 7 donne sono in stato di gravidanza. Benché le condizioni atmosferiche siano avverse, alla nave della Ong, considerata “non inoffensiva”, è stato vietato l’ingresso nelle acque territoriali italiane. Proprio così. Per “motivi di sicurezza nazionale” la nave deve restare al largo e i bambini, per i quali comunque è arrivata l’autorizzazione allo sbarco, dovranno essere trasferiti sulla unità navale della Guardia Costiera che li trasferirà a Lampedusa. I piccoli naufraghi passano di mano in mano, di notte, in alto mare, sopra le teste dei volontari. Le braccia che li affidano ai soccorritori sono alzate come quelle di un sacerdote nel momento della elevazione del pane. L’immagine della bambina seminuda e smarrita, che guarda verso l’obiettivo mentre è so-

spesa a mezz’aria, resta una delle testimonianze più significative della disumanità nella quale siamo precipitati. E forse, più ancora dell’immagine, colpiscono le parole incoscienti che a partire da questo avvenimento sono state pronunciate. «Le Ong usano donne e bambini come scudi umani»: ha affermato proprio così, in un tweet da Paese in guerra, il leader di uno dei maggiori partiti italiani. Si è diffusa, nel Web, una domanda retorica che acceca gli animi e nega ogni pietà: «Ma che madri sono quelle che mettono a repentaglio la vita dei loro figli? In fondo se la sono voluta, perché dovremmo prestare loro aiuto?». Eppure sarebbe facile ritorcere questa domanda contro i suoi stessi autori, prendendo in prestito la terribile accusa lanciata da Pier Paolo Pa-

solini nella sua “Ballata delle Madri”: «Mi domando che madri avete avuto… Madri feroci, che vi hanno detto: sopravvivete! Pensate a voi! Non provate rispetto o pietà per nessuno, covate nel petto la vostra integrità di avvoltoi…». Già, che madri abbiamo avuto? E che genitori siamo, noi? Che idea di mondo stiamo consegnando ai nostri figli? Il sociologo Richard Sennett ha scritto che le società occidentali sono divenute società fortemente tribali: la solidarietà per chi considero mio simile si associa con l’aggressività nei confronti del diverso da me. L’ignoranza genera paura, la paura una chiusura disumana. Il fenomeno migratorio è di una complessità straordinaria, ed è indispensabile tentare di conoscerne le cause. Forse sarebbe sufficiente ascoltare le parole di Khalif,

nove anni, uno dei bambini salvati dalla nave Mare Jonio che ha intrapreso – da solo! – il viaggio verso l’Europa: «Non ho nessuno che mi aspetta. Ma è sempre meglio che da noi. SaPiccola migrante su una nave della Guardia costiera rei finito a fare il soldato. Mia mamma dice che non è giusto duto. Perché una tartaruga è anche la uccidere». Eccolo tornare, il tema delprotagonista di una poesia di Alda Mele madri che lasciano partire i loro picrini dedicata a Lampedusa, isola la cui coli, in un contesto che resta per noi forma ricorda un carapace: «Così, fiincomprensibile. gli miei, una volta vi hanno buttato Il politologo Robert Putnam ha parnell’acqua, e voi vi siete aggrappati al lato di “effetto tartaruga” per signifimio guscio, e io vi ho portati in salvo, care il rinchiudersi nel proprio guscio perché questa testuggine marina è la da parte delle persone che rifuggono terra che vi salva». dalla diversità. Però non tutto è per-


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