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Martedì, 19 ottobre 2021
TOLENTINO «Francescani nelle Marche» Il 23 convegno al teatro Vaccaj abato 23 ottobre al teatro Vaccaj di Tolentino si tiene un convegno sulla presenza dei “FranScescani nelle Marche, dai primi insediamenti al-
Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata
Telefono 0733.231567 E-mail: redazione@emmetv.it Facebook: : emmetvmacerata Twitter: emmetvmacerata
le missioni in Oriente”. L’incontro rientra nelle celebrazioni per il settimo centenario del Beato Tommaso e si articola in due sessioni: al mattino (ore 9,30) su temi legati alla storia del francescanesimo marchigiano ed al pomeriggio (14,30) sulla figura di Tommaso, il suo martirio e l’origine del culto. Le conclusioni saranno a cura di padre Simone Giampieri, provinciale dei Frati Minori “San Giacomo della Marca”. Per l’ingresso sarà necessario il Green Pass. I posti si possono prenotare gratuitamente sulla piattaforma Eventibrite.
Inserto di
Dopo 20 anni La Goccia guarda ancora al futuro
Don Spernanzoni: «Il mio amico vescovo Conti»
Progetto Policoro: da otto anni anche a Macerata
Famiglia, sempre più al centro dell’attenzione
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Si punta sui Consigli di Unità pastorale, su quello diocesano e presbiterale, veri “canali di ascolto” delle comunità
Sinodo, si parte anche da noi La grande sfida, a partire da questo primo anno, sarà rendere lo stile pastorale improntato alla partecipazione, diffuso su tutto il territorio della Chiesa locale e metodo normale e costante di azione nella e della comunità cristiana
DI NAZZARENO MARCONI *
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uesto primo anno di Cammino sinodale sia della Chiesa universale che delle Chiese italiane procede insieme e dalla segreteria del Sinodo sono giunte chiare indicazioni che invitano a partire valorizzando i Sinodi diocesani celebrati nel passato, e piuttosto che creare nuove strutture, ripensare e rilanciare le strutture sinodali esistenti. Per questo a livello diocesano si è deciso di non creare “commissioni sinodali” destinate a nascere e morire in breve tempo, ma di consolidare e migliorare le due principali strutture di comunione e confronto ispirate dal Concilio e già presenti in Diocesi cioè il Consiglio presbiterale ed il Consiglio pastorale diocesano. Perché il cammino sinodale lasciasse un duraturo cambio di stile nel nostro modo di lavorare in pastorale.
Abbadia di Fiastra, 17 ottobre: celebrazione di apertura del Sinodo
e che lo Spirito opera anche fuori dei confini della Chiesa» (SD 193). Perciò «La parrocchia deve essere aperta a tutte le persone superando la distinzione e separazione tra: vicini e lontani. La sua presenza deve sempre
conservare lo stile del servizio, ma non può rinunciare ad essere istanza critica e profetica quando le strutture locali non promuovono la dignità della persona» (SD 195). Si indicavano quindi degli strumenti
concreti di questa conversione: primo tra tutti «il Consiglio pastorale, deputato al discernimento dei bisogni della comunità in ordine ad evangelizzazione, liturgia e carità; che operi suggerendo metodi e strumenti
VATICANO Papa Francesco avvia il Sinodo omenica 10 ottobre papa Francesco ha D inaugurato il Sinodo, nel-
la basilica di San Pietro, esortando la Chiesa a un esame di coscienza sulla capacità di incarnare lo «stile di Dio», fatto di incontro, ascolto e discernimento e incarnato dall’atteggiamento di Gesù, che «non guardava l’orologio» pur di mettersi a disposizione delle persone. «Noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” e del “si è sempre fatto così”?».
Il Seminario Redemptoris Mater, 30 anni di prezioso e fedele servizio SACERDOZIO
Un memoriale del nostro Sinodo Diocesano Rileggendo il libro del nostro Sinodo diocesano (SD) chiuso nella Pentecoste del 1995 dal vescovo Tarcisio Carboni e promulgato da monsignor Luigi Conti l’11 maggio 2000, emerge con chiarezza la presenza di una visione profetica nell’obiettivo che proponeva a tutta la comunità ecclesiale. Questo era prima di tutto: «illustrare la vera natura della Chiesa, che è Popolo di Dio animato dalla comunione e chiamato alla evangelizzazione ed alla testimonianza della carità»; mentre si continuava e forse si continua ancora a pensare e progettare la Chiesa come: «società, simile ad una organizzazione umana, politico-economica e ad una associazione assistenzialeumanitaria» (SD 20). Questa nuova visione di Chiesa doveva e dovrà comportare una concentrazione sull’essenziale: «la fede, la speranza e a carità» (SD 32-35) ponendo tre obiettivi primari all’azione pastorale: «Formare una Chiesa tutta ministeriale. Evitare il clericalismo accentratore, ma anche l’invadenza laicale in ambiti non propri. Attivare strumenti ed organismi di partecipazione ecclesiale» (SD 21-23). In particolare già il nostro Sinodo proponeva una “conversione pastorale” delle parrocchie che conserva ancora un profondo valore: «Occorre sempre proporre la fede, non supporla. La comunità parrocchiale deve sentirsi in missione permanente, innanzi tutto verso il popolo di Dio pellegrino nel suo territorio; deve evitare i pregiudizi nei confronti degli altri, nella consapevolezza che la fede esige un cammino di conversione permanente
Il 6 Ottobre 1991 è nato il Seminario Redemptoris Mater di Macerata, per volontà dell’allora vescovo Tarcisio Carboni. A 30 anni da quella data si è svolta una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Marconi. All’inizio ha preso la parola Eusebio, catechista itinerante del Cammino neocatecumenale, che ha ricordato come il seminario sia stato tra i primi al mondo, modello per i successivi, giunti a 120. Il vescovo ha concluso l’omelia riconoscendo di essere «un vescovo fortunato perché i miei preti, i mei seminaristi, questo seminario sono una grande consolazione».
per una azione pastorale efficace e verificando poi le iniziative attuate» (SD 197). Un ulteriore prezioso strumento indicato dal nostro Sinodo erano le Unità pastorali. «Per attuare una nuova evangelizzazione, non si cerchino tanto nuove attività, quanto impostazioni “nuove” delle iniziative già in atto, sperimentando, ad esempio, le Unità pastorali” (SD 199). Questa visione del Sinodo è ancora attuale e ci spinge a procedere in maniera più forte e decisa verso questi obiettivi. Rinnovare le strutture Comunionali e di Confronto diocesano Per tutto questo mi sembra molto coerente la nostra scelta diocesana di rinnovare le fondamentali strutture comunionali e di confronto a livello diocesano fondandosi sul crescente protagonismo pastorale delle Unità pastorali. A partire dalle Unità pastorali il nostro Consiglio presbiterale è già da qualche anno formato dai 19 presbiteri coordinatori delle UP, più un sacerdote rappresentante del Seminario diocesano, uno del Clero più giovane ed uno di quello Religioso. Sulla stessa linea si è invitata ogni UP a dotarsi di un Consiglio pastorale di UP, una struttura agile che favorisca il lavoro in comunione delle parrocchie di uno stesso territorio coordinando l’azione di più sacerdoti, religiosi e laici. Questi Consigli pastorali di UP avranno ciascuno un Segretario scelto
tra i laici e dovranno soprattutto agire per far crescere la relazione fra la Chiesa ed il territorio, valorizzando le relazioni con gli enti locali, le strutture produttive, le scuole, la realtà del volontariato e i luoghi di aggregazione. Così, in maniera simile al Consiglio presbiterale, anche il nuovo Consiglio pastorale diocesano sarà formato dai 19 laici Segretari dei Consigli pastorali di Unità pastorale assieme ad un rappresentante dei Diaconi permanenti e a due rappresentanti della Consulta delle Aggregazioni laicali. Data la loro importanza questi due Consigli sono sempre presieduti dal Vescovo o dal suo Vicario Generale.Il compito principale di tutti questi organismi di comunione e confronto, non sarà quello di essere un canale di trasmissione dall’alto verso il basso di direttive legate a un progetto o piano pastorale teorico, ma piuttosto di essere canali di ascolto. Strutture capaci di raccogliere i pensieri propositivi e le buone pratiche che sorgono a livello del Popolo di Dio, come anche di identificare le necessità e le situazioni critiche, che abbisognano di un discernimento comunitario per trovare risposte sagge ed efficaci. Come diceva il Concilio spero che questi nuovi Consigli diocesani aiutino la nostra Chiesa ad ascoltare, comprendere e prendere a cuore: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono». Perché la Chiesa «è composta di uomini che, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti» (Gaudium et Spes, 1). Tutto questo già avviene nella nostra diocesi, ma non sempre e non dovunque. La grande sfida del Sinodo, a partire da questo primo anno, sarà proprio quella di rendere questo stile pastorale diffuso su tutto il territorio e metodo normale e costante di azione. * vescovo
Se un blackout digitale sembra spegnere anche la vita DI
GIANCARLO CARTECHINI
N
Le tecnologie non sono neutrali: possono favorire le relazioni o accentuare conflitti. A ciascuno la responsabilità di orientarle
iente da fare. Sono le 23.30 del 4 ottobre, la rotellina continua a girare. Fai un ultimo tentativo, mezzo addormentato, ma la pagina ancora non si carica. Il blackout è iniziato di pomeriggio. Un lungo periodo di isolamento, interrotto solo da uno scambio di sms: «Funziona Whatsapp? A me no». «Whatsapp, Facebook, Instagram, bloccati in tutto il mondo». «Adesso è ok?». «Ancora no». A tutti è capitato di smarrire un foglio di appunti, scrive il filosofo francese Bernard Stiegler all’inizio del saggio “Platone digitale”. In quel preciso momento, sottolinea, ci rendiamo con-
to che una parte di noi – la memoria – è fuori di noi, e ne possiamo perdere il controllo. Già, ma cosa accade se a smarrirsi non è la lista della spesa, ma un intero mondo di relazioni? E poco importa se si tratta di relazioni mediate da un piccolo schermo luminoso. La separazione tra reale e digitale non ha più ragion d’essere. La nostra vita trascorre in una dimensione ibrida, “OnLife”, per usare le parole dello studioso Luciano Floridi. Abbiamo riflettuto sulle comunità digitali, sulla qualità delle conversazioni che si sviluppano in rete, sulle invettive che circolano, sulla radicalizzazione delle posizioni. Ma in questo caso si tratta di un problema più profondo. È l’hardware che ha ces-
sato di battere per qualche ora. Il sistema, per una volta, ha fatto cilecca. Ivana Pais, docente di sociologia economica presso la Cattolica di Milano, ha approfondito il tema delle piattaforme digitali (“Futuro prossimo. Città delle prossimità e piattaforme digitali”). Le piattaforme sono infrastrutture, al pari di autostrade, ferrovie, sistemi fognari. Ferraglie, asfalto, tubature virtuali, che rendono possibile il rapporto tra diversi soggetti. Non solo: le piattaforme digitali sono in grado di trasformare in dati ogni forma di interazione umana, e di vendere i dati raccolti. Come sia possibile monetizzare i battibecchi che infestano i social resta un mistero, eppure è proprio così. La maggiore responsabilità
degli oligarchi della Silicon Valley è rivolta nei confronti degli investitori, non certo degli utenti della rete. Le tecnologie che usiamo tutti i giorni non sono neutrali: possono essere progettate per favorire le relazioni o per accentuare conflitti, per accentrare il potere o per distribuirlo, per sfruttare gli utenti o per rendere loro un servizio. Contribuiscono a costruire scenari futuri, orientano le azioni nel presente. La loro concentrazione nelle mani di pochi rappresenta un problema enorme di democrazia a livello mondiale. Talmente grande che nessuno sembra coglierne la gravità. Nessuna mobilitazione, nessuna piazza gremita, nessuna protesta. All’una di notte l’arit-
mia è superata. Quando ti svegli il feed di Whatsapp è nuovamente attivo. Il primo messaggio che si fa beffa di quanto accaduto lo veicola un Minion, salopette di jeans, capelli a spazzola e occhialone al centro della fronte: «Si è registrato un calo significativo nel flusso planetario di sciocchezze» (il termine usato è più diretto). Mentre bevi il caffè, pensi che abbiamo affidato al mondo dell’informazione digitalizzata gran parte della nostra vita, costretta a districarsi in un sottobosco caotico dove tutto si confonde, che poggia su interessi economici e strutture decisionali per nulla trasparenti: cosa succederebbe se potessimo riappropriarci della rete, per costruire relazioni di prossimità?