Emmaus e Avvenire. 19 aprile 2022

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Martedì, 19 aprile 2022

CARITAS

Aiuto al popolo ucraino

La nostra diocesi ha un rapporto diretto e privilegiato con il vescovo di KievZhytomyr Vitalii Kryvytskyi e abbiamo tra noi un sacerdote di origine ucraina, don Igor Olkhovskyi. Di fronte alla volontà di contribuire ad alleviare le sofferenze e i bisogni della popolazione civile abbiamo optato, valutandola come scelta più rapida e agevole di intervento, di raccogliere offerte in denaro. Chi vuol contribuire può effettuare un bonifico sul conto della Caritas diocesana di Macerata

Iban: IT 75 K 06150 13400 CC0320105710)

Inserto mensile della diocesi di Macerata

Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

Don Luigi Taliani: la Messa funebre e le testimonianze

alle pagine 2 e 3

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Inserto di

Don Luigi Taliani: ricordi di Accattoli e Giuliodori

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L’impegno in Africa dei cappuccini delle Marche

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Gioia di vedere un amore grande in azione; spinta a fare della vita un dono per gli altri

Pasqua, vittoria della luce

DI NAZZARENO MARCONI *

Il messaggio della Pasqua, che si rinnova ogni anno, è l’annuncio di una luce che brilla oltre la morte e apre a un futuro di bene. In questo tempo, così segnato da paure e sensi di sconforto, ne abbiamo un bisogno davvero pressante. In parallelo col risveglio della natura a primavera, abbiamo bisogno di cercare i germogli di una nuova bella stagione per l’umanità, che timidamente stanno cominciando a farsi vedere. Un primo segno di speranza è stato la possibilità di ricominciare a incontrarsi, a popolare le nostre chiese, a celebrare insieme i riti della Settimana Santa, quei segni della fede e della tradizione che ci ricollegano con Dio e tra di noi. La fede non si riduce certo a riti e tradizioni, come il genio di un pittore non è certo determinato dai tubetti di colore che usa, ma è tuttavia attraverso quei colori e quelle tele che si esprime e diventa concreto. Così tutti noi abbiamo bisogno di una fede che si fa incontro, che si fa canto, che si esprime nella luce e nel condividere gli spazi e le strade. Tornare a una fede che celebra la Pasqua nella bellezza di tutto questo è un primo timido ma concreto segno di speranza dopo le lunghe stagioni in cui la pandemia ci ha costretto al distanziamento fisico. Un secondo segno incoraggiante è l’accoglienza generosa e diffusa dei profughi in fuga dalla guerra scatenata contro l’Ucraina. Se la tragedia dalla guerra ci fa sperimentare come il mistero dell’iniquità possa ancora infettare i cuori degli uomini e trasformarli in demoni, è però ancora possibile rimanere umani.

Tanti si sono mobilitati per dare un aiuto economico, per collaborare ad accogliere, per portare una presenza umana e condividere un sorriso con chi giungeva. Ho anche visto un certo positivo

Veglia pasquale celebrata dal vescovo all’Abbadia di Fiastra

pudore nei mass media: fare della guerra un grande spettacolo, solo una macchina per alzare l’audience, ha infettato alcuni, ma fortunatamente non tutti. Commozione, attenzione e partecipazione umana sono state quasi sempre vere e in un mondo

UNIVERSITÀ

Unimc dal Papa il 9 maggio

Macerata torna da papa Francesco a pochi giorni di distanza dal grande incontro di ieri al quale è dedicata la fotonotizia qui a fianco.

L’Università del nostro capoluogo è infatti riuscita a ottenere un’udienza particolare in Vaticano per il lunedì 9 maggio prossimo.

L’evento, fortemente voluto dal rettore Francesco Adornato, che si avvia a concludere il proprio mandato, sarà occasione per sottolineare che la cultura e il dialogo sono le vie privilegiate per la pace e il progresso fraterno dell’umanità.

Sui social rilanciamo solo notizie verificate personalmente o provenienti da fonti affidabili. E ogni tanto regaliamoci una pausa

così pieno di falsità come è spesso quello dei mass media, è stato un altro segno di speranza. L’umanità non è finita finché siamo capaci di commuoverci per andare incontro a chi soffre. Nella nostra diocesi, questo aprile di Passione e

Resurrezione, si chiuderà con un altro bel segno di speranza. Il prossimo 23 aprile, alla Abbadia di Fiastra, diventeranno sacerdoti due nostri giovani: don Filippo Gobbi e don Luca Riz, della comunità dei Figli del Sacro Cuore, che hanno

Da Macerata a Piazza S.Pietro 600 adolescenti dal Papa

Accompagnati dal vescovo, sono stati 600 gli adolescenti della nostra diocesi – in rapporto alla popolazione, forse il gruppo più numeroso – e 2.750 in tutto i marchigiani che ieri Lunedì dell’Angelo hanno partecipato a Piazza San Pietro all’incontro con papa Francesco. C’è stato un momento di dialogo fra il Santo Padre e i ragazzi, seguito da una Veglia di preghiera. I ragazzi hanno rinnovato la propria fede davanti alla tomba dell’Apostolo.

Segno di speranza è la possibilità di tornare a incontrarsi, a popolare le nostre chiese per i riti della Settimana Santa, segni della fede e della tradizione che ci ricollegano con Dio e tra di noi

completato il loro percorso formativo al Seminario Romano. Il fatto che ancora oggi ci siano dei giovani che regalano la loro vita per mettersi a servizio della fede dei fratelli getta una luce di speranza su questo nostro mondo spesso intriso di egoismo. All’odio ed alla violenza della guerra che travolgono una generazione di giovani ponendoli sulle barricate dell’odio, si può rispondere solo seguendo Gesù nel dono della propria vita. Poco dopo l’inizio della guerra, in una cornice di festa da stadio, ho sentito Putin citare addirittura il Vangelo, dicendo che i suoi soldati morivano fianco a fianco secondo la parola di Gesù che dice: «non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici». Mi è sembrata una profanazione diabolica di queste parole così sacre e belle. D’altra parte, nel vangelo delle tentazioni di Gesù anche il diavolo cita la Bibbia! Le celebrazioni pasquali, l’impegno di tanti per l’aiuto e l’accoglienza ai perseguitati dell’Ucraina, e anche l’Ordinazione presbiterale ormai vicina di Luca e Filippo, mi sono sembrate invece un rinnovato omaggio a quelle parole sante che la violenza bruta aveva cercato di insozzare.

Questa è la Pasqua, la gioia di vedere ancora oggi un amore grande in azione, quando tanti di noi cercano di fare della loro vita un dono di amore per gli altri. Buona Pasqua di Resurrezione. * vescovo

Causale: Aiuto al popolo ucraino Al medesimo fine, in via straordinaria, sono state destinate anche le raccolte effettuate per la “Quaresima di carità”.

Università: inaugurato il 732° anno accademico

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ORDINAZIONE

Filippo e Luca, pronti per dare il loro «Eccomi»!

S otto la protezione della Madonna della Misericordia, il 2 settembre 2018, per verificare e far crescere la disponibilità a divenire sacerdoti, il vescovo Marconi disse che eravamo consegnati come «due semini di grano a Maria». La vocazione al sacerdozio è maturata da una richiesta da parte della Chiesa, per mezzo del Vescovo, di continuare la nostra strada di discepolato intrapresa ormai da diversi anni in un cammino costante e perseverante alla sequela di Cristo. Nella nostra vita abbiamo ricevuto molteplici chiamate. Da piccoli abbiamo ricevuto la nostra prima chiamata con il Battesimo diventando, in questo modo, figli di Dio. Successivamente, con la Consacrazione al Cuore immacolato di Maria Regina dell’Amore, la Madonna ci ha chiamati ad affidarci a Lei per arrivare in maniera speciale a suo Figlio. Alla scuola di Maria abbiamo imparato ad avere fede in Dio, a vivere la vita con uno sguardo di speranza, con la carità di Colui che veramente ci ama. Infine il Signore, dall’alto della croce, ci attirava ad alzare lo sguardo su di Lui, aveva sete di noi, aveva sete di una conformazione più profonda a Lui; ci chiamava a restituire a Lui il dono della vita che avevamo ricevuto dai nostri genitori: con questa consapevolezza abbiamo consacrato totalmente la nostra vita a Lui all’interno della Comunità dei “Figli del Sacro Cuore di Gesù” con i voti perpetui di obbedienza, povertà e castità. Come tutti i cristiani continuiamo a chiedere, in un tempo che sembra senza speranza, di essere quel riflesso di luce di Cristo che brilla nel mondo, un riflesso del Padre perché la testimonianza di ogni discepolo rende visibile la presenza di Cristo nel mondo. Arricchiti dal percorso nel Pontificio Seminario Romano, quei “due semini di grano” offerti a Maria, sono stati valutati pronti a sbocciare nella loro pienezza per essere frutto di speranza e misericordia nel cuore degli uomini e divenire sacerdoti secondo il suo Cuore. Sacerdoti –Consacrati nella Comunità dei “Figli del Sacro Cuore di Gesù” a servizio della Diocesi di Macerata, a disposizione del Vescovo e del popolo che ci verrà affidato. Filippo Gobbi e Luca Riz

Infodemia, se tutti parlano e nessuno ascolta...

DI GIANCARLO CARTECHINI Nel libro “I doni della Morte” Harry Potter e i suoi amici, Hermione e Ron, salgono a bordo di un carrello che li conduce sferragliando, curva dopo curva, nei sotterranei della Gringott, la banca dei maghi. Di lì a poco riusciranno ad entrare nella camera blindata di Bellatrix Lestrange, per cercare una coppa nella quale è conservata una parte dell’anima del perfido Voldemort. Compito non semplice, perché il calice è nascosto tra cumuli di monete d’oro, armature, pelli di strane creature, teschi. E soprattutto perché la stanza è protetta dalle maledizioni “Flagrante” e “Geminus”: ogni oggetto che viene urtato ustiona chi lo tocca

e si duplica all’istante, generando in breve una marea spaventosa e soffocante. Un sortilegio, quello della moltiplicazione fuori controllo, che conosciamo bene anche noi babbani. «Ogni cosa si allarga e prolifera», avverte il filosofo Byung Chul Han nel saggio Le non cose: come abbiamo smesso di vivere il reale. La realtà rischia di evaporare, ridotta a semplice sostrato di un flusso continuo di informazioni. Siamo sommersi da cumuli di spazzatura digitale che nasce da una coazione a comunicare da cui tutti siamo contagiati. Produciamo a getto continuo informazioni che devono piacere agli altri. Non si può forse riassumere in questo modo la nostra attività sui social?

Nessuno si ferma più ad ascolta-

re. Siamo diventati ciechi nei confronti delle cose ordinarie. Non siamo più capaci di indugiare in silenzio. Condividere è più importante che pensare. Secondo l’Accademia della Crusca, il termine “infodemia” indica un abnorme flusso di informazioni su un determinato argomento, prodotte e messe in circolazione con estrema rapidità e capillarità, tale da generare disinformazione. Conseguenze? Una distorsione della realtà ed effetti potenzialmente pericolosi sul piano delle reazioni e dei comportamenti sociali.Questo fenomeno è diventato endemico. Si è manifestato in maniera impressionante durante la pandemia, ha subito una ulteriore recrudescenza dopo lo scoppio della guerra

in Ucraina. Il risultato è un senso di smarrimento derivante dalla consapevolezza di trovarsi immersi in un mare di nebbia, in buona parte autoprodotta. Un po’ come annaspare nelle sabbie mobili, risucchiati in basso dalla stessa smania di comprendere tutto, di trovare giustificazioni che sostengano le nostre convinzioni, e smontino quelle di chi non la pensa come noi: «O sei in cattiva fede, o sei disinformato, o più semplicemente sei assuefatto alla propaganda mainstream». Quante volte abbiamo sentito questa frase?

In un articolo pubblicato su “Avvenire” lo scorso 4 marzo, Gigio Rancilio ci ha ricordato uno dei tanti bias cognitivi (pregiudizi) di cui siamo vittime: quello che ci

spinge a cercare ovunque, in maniera spasmodica, informazioni. Crediamo in questo modo di riuscire a dare un senso a ciò che sta accadendo. In realtà otteniamo esattamente l’effetto opposto: aumentiamo la nostra confusione, e rischiamo di diventare vettori inconsapevoli di disinformazione. «Ogni cosa che facciamo sui social ha sempre delle conseguenze». Cosa dobbiamo fare, dunque? Rilanciamo solo notizie provenienti da fonti affidabili. E ogni tanto regaliamoci una pausa. Potremmo guadagnare tempo per passeggiare tra gli edifici di Diagon Alley, entrare nella bottega di Olivander, e cercare una bacchetta di sambuco che ci liberi da questo incantesimo di parole senza misura.

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PELLEGRINAGGIO

inesausta per i giovani e per la Chiesa»

Il sacerdote, scomparso il 14 marzo scorso, nel 50° di sacerdozio volle essere fotografato con tutti gli intervenuti alla festa

Ricordo ancora gli occhi di don Luigi Taliani quando si illuminavano in un sorriso carico di speranza e di futuro mentre parlava di comunicazioni sociali, di nuove iniziative da realizzare, di convegni a cui partecipare o da progettare insieme perché a questa nostra diocesi non mancassero un clima culturale favorevole all’annuncio del Vangelo con tutti gli strumenti possibili a sua disposizione. Don Luigi apparteneva a quella generazione di sacerdoti che si

Il ricordo commosso del confratello, amico di sempre, pronunciato nel corso della liturgia

sono fatti “ponte” tra istanze differenti per poter permettere a tutti di accedere alla sacralità della Vita, facendoci via e cercando in tutto e tutti la verità. Il passo di Antoine de Saint-Exupéry: «È urgente che la scala permetta l’accesso al tempio, altrimenti esso rimarrà deserto» sintetizza il suo lavoro come insegnante di religione e quello come assistente della Fuci diocesana. Non è semplice parlare di don Luigi come sacerdote, insegnante di religione, sociologo, giornalista. Le sue abilità differenti erano tenute insieme da un amore, che trasformato in passione per i giovani e la Chiesa diocesana, ha reso possibile molte iniziative che l’hanno visto protagonista nello scenario culturale, sociale ed ecclesiale degli ultimi cinquanta anni. La mia conoscenza con don Luigi risale alla fine degli anni Ottanta. Nel 1993 mi ha proposto di partecipare alla redazione di Emmaus, un giornale mensile che da foglio di

collegamento interno all’Azione Cattolica diocesana avrebbe voluto diventare un giornale al servizio della Diocesi. Quello che sul nascere era un sogno ambizioso e utopico, nel tempo è diventato una realtà consolidata. La redazione da sempre è stata un laboratorio di idee e di pensieri differenti che solo grazie alla sua sensibilità unita alle sue capacità intuitive, di dialogo e di sintesi, riuscivano a trasformarsi in un comune sguardo attento sulla realtà e le sue difficoltà. Don Luigi non avuto paura di affrontare la sua ritrosia nell’essere fotografato o ripreso, che aveva caratterizzato gli anni giovanili. Con il tempo aveva accettato che fare il giornalista oggi richiedeva di farsi accompagnare da una telecamera per andare e intervistare persone che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di esprimere la loro esperienza spesso ricca. Ricordo la festa per i cinquanta anni di sacerdozio alla quale

aveva invitato tutti gli amici vecchi e nuovi. Per quell’occasione gli era stata regalata una telecamera semiprofessionale con la quale ha voluto che riprendessi tutti i momenti salienti, dalla Messa al pranzo. Volle essere fotografato con tutti gli intervenuti per non perdere nessun volto o attimo gioioso di amicizia e di spensierata serenità. Gli ultimi periodi della sua vita sono stati caratterizzati dall’invio mattutino di una frase di don Tonino Bello, da lui conosciuto e intervistato. Voglio ricordarne una in particolare: «Non siete inutili, siete irripetibili. Ognuno di voi è una parola del vocabolario di Dio che non si ripete più. Nella vita non dobbiamo fare faville, non dobbiamo fare scintille, dobbiamo fare luce.». Spero che tu caro don Luigi possa fare molta luce per illuminare il nostro cammino e la nostra comunicazione nei giorni a venire.

«Tre amori: Ac, parola e Vangelo letto oggi»

DI PIERO TANTUCCI

Ho letto da ragazzo Per chi suona la campana di Ernest Hemingway e da allora mi è rimasta impressa nella memoria la frase di John Donne che apre la prima pagina e dà il titolo all’opera: «...e così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te». In qualche maniera, talmente siamo stati amici e tali siamo ancora con Luigi, che è una parte di me stesso che muore insieme con lui, per risorgere – questa è la speranza cristiana – insieme con lui. Che cosa possiamo cogliere dell’aspetto umano di Luigi? Nella Sacra Scrittura la Lettera ai Romani propone queste espressioni: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!» (10,13-15).

Sulla scorta di questa Parola ho raccolto tutti i servizi che Luigi ha svolto in tre “amori” essenziali, perché la fede non può essere semplicemente ideologia, né la Chiesa si riduce a una serie di strutture. Sono delle relazioni, sono degli amori. Amori legati appunto al dono del Vangelo, che non è un libro ma una persona, così il primo è l’Azione cattolica nelle varie ramificazioni e ultimamente la Fuci, alle quali ha dato molto: non ha dato solo la parola ma la vita, l’esperienza. Il secondo amore: la comunicazione. Quando noi ancora eravamo un po’ titubanti per la stampa, per la televisione, per la radio, lui già ne aveva compreso l’importanza. Lo sta a indicare l’impegno con Emmaus, Radio Nuova Macerata, EmmeTv e inoltre l’insegnamento di Religione nelle varie scuole. A proposito dei mezzi di comunicazione, don Luigi ha dato l’attività, ha dato la vita, ha dato i sacrifici, ha dato anche economicamente… molto. Faccio timidamente una proposta: perché non intito-

lare uno studio, una stanza dove solo attualmente i mezzi di comunicazione della Diocesi, a lui che li ha vissuti, rappresentati, dedicando loro tutto se stesso? Il suo terzo amore è stato l’anelito a coniugare insieme la modernità e il Vangelo, la Parola di Dio e la città degli uomini; così anche la laurea in sociologia non è stata semplicemente un titolo in più di cui fregiarsi – come qualcuno gli aveva rimproverato – ma gli è servito per la lettura del tempo presente, per comprendere una società in cambiamento e quindi ricercare modalità nuove nel presentare la Parola di Dio. È stato molto importante questo: ne parlavamo e tante volte ci siamo scambiati libri oppure articoli che ritenevamo significativi. Da ultimo vorrei aggiungere due aspetti più intimamente umani, che in genere nei fu-

nerali non vengono proposti. Uno lo chiamo così: l’effetto Scorpione, nel senso che Luigi era molto immediato e diretto; alcune volte ti arrivavano dei “cazzottoni” sullo stomaco, io avevo imparato come fare: mi azzittivo e dopo un po’ si tornava normali e poi lui mi spiegava «ricordati sempre che io sono dello Scorpione e lo scorpione punge». Questo è un aspetto umano che dobbiamo accettare, perché abbiamo sia aspetti positivi che qualche lato un po’ rude, che nel suo caso era dettato dal non essere falso, ma sempre diretto e sincero. L’altro aspetto che coglie un po’ tutti noi e che lui pure ha vissuto: l’oscurità, la notte della vita, le incomprensioni che creano sofferenza – certamente una sofferenza fisica in questo anno e mezzo finale, ma non solo sofferenza fisica: quando stiamo male c’è anche una

sofferenza interiore conseguente al dover chiedere servizi a tutti, anche quelli più umili e che costano tanto –. Oscurità e notte nella vita di Luigi date anche da incomprensioni, che non nascono solo in famiglia e nella società, ma pure nella comunità cristiana, anche tra noi preti, anche tra preti e vescovi: cose normalissime, magari non fatte con cattiveria ma che pesano… e di queste amarezze Luigi ne ha avute diverse, molte, forse anche per il suo carattere estremamente sensibile. Ce ne si potrebbe anche accorgere, per aiutarci. Qualche volta scherzosamente diceva: «Forse qualcuno mi ha fatto il malocchio, perché si arriva fino a un certo punto e va tutto bene, poi improvvisamente si scatena l’inferno…». Ecco, questo è quanto credo di poter dire con sincerità di Luigi.

Vero «prete in uscita» con stile missionario

DI ROMOLO SARDELLINI

Èdifficile commemorare don Luigi Taliani senza lasciarsi condizionare dall’essere stati amici e aver percorso strade sostanzialmente simili all’interno del mondo della stampa cattolica. Avendo avuto modo di confrontarmi con lui su molteplici questioni, non solo di natura giornalistica, credo che gli sarebbe piaciuto far emergere un ritratto del suo operato che risponda a una domanda di fondo: è stato più sacerdote o più giornalista? Personalmente credo che sia stato più sacerdote, anzi “prete in uscita”, come direbbe papa Francesco, e che abbia usato la sua indubbia capacità di gestire i mezzi della Comunicazione sociale, per essere annunciatore del Vangelo con un linguaggio parallelo a quello che comunemente si usa nel nostro quotidiano. In una società dove l’evoluzione del linguaggio è veloce e dove l’indice della cultura del singolo tende ad abbassarsi, non è facile essere direttori di una testata che si rifà ai valori del Vangelo. Radiografare la mutazione sociale continua e dover parlare di valori trascendenti per giungere al cuore di chi, anche dentro la tua stessa Chiesa, è imbevuto delle idolatrie derivanti da un individualismo esasperato, non è per niente facile. Ecco, su questo punto specifico, più volte, ci siamo confrontati. «Come fa il cardinale Tonini a trovare parole così semplici per trasmettere concetti così complicati?» mi chiese, telefonandomi da Macerata a Ravenna alle 7 del mattino, dopo averlo ascoltato in un intervento sul tema della bioetica. Ecco perché –lo dico soprattutto a chi lo ha incontrato con una certa frequenza – mentre si parlava, lo vedevi talvolta quasi astrarsi per fermarsi a meditare qualche secondo. Stava cercando già come “tradurre” quei concetti che avevamo fissato nel nostro dialogo in articoli o servizi televisivi accessibili a tutti.

Perché questo era il suo cruccio vero: trasmettere la fede, essere missionari della Parola con il medesimo strumento che usava Cristo, le parabole. E don Luigi aveva questo desiderio: scovare parabole moderne che potessero “toccare” i lettori di Emmaus e poi telespettatori di EmmeTv.

Le nostre relazioni si sono consolidate quando don Luigi venne a Ravenna per rendersi conto di come organizzare il nuovo settimanale diocesano e anche quando si adoperò per far conferire la cittadinanza onoraria di Macerata a Tonini. Sembrerebbero eventi non particolarmente significativi, ma in entrambi era insito, invece, il desiderio di dare basi certe e visibilità alle Comunicazioni sociali della nostra Diocesi e quindi poter veicolare il Vangelo. È su queste basi, allora, che possiamo affermare che in don Luigi è prevalsa la volontà di usare i suoi carismi di comunicatore quali strumenti per essere “sacerdote e missionario”.

«Maestro, testimone, amico sempre presente»

Ha incarnato una Chiesa attenta alle persone, aperta a tutti e accogliente con tutti. È stato un fedele compagno di strada

PerVincenzo Varagona, volto noto della Tgr Rai Marche e presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) «raccontare don Luigi significa raccontare una grande, bella amicizia che ci ha accompagnato per tanti anni. Impossibile pensarlo senza un microfono in mano, senza una telecamera vicino: la radio e i mezzi di comunicazione sono stati per lui strumenti più di vita che di comunicazione; e comunicare era un modo per annunciare Vangelo e fare crescere la Chiesa. La sua capacità di mettersi in sintonia con gli altri, di raggiungere il cuore, gli ha permesso negli anni di avere tanti amici che lo hanno stimato».

Giancarlo Cartechini, storico collaboratore di Emmaus, ricollega lo stile di don Luigi a «un libro che gli era caro, Chiesa estroversa di Severino Dia-

nich ed è questo che ha testimoniato: la capacità di essere all’interno delle problematiche contemporanee, mostrando una Chiesa credibile, non giudicante, non intollerante, capace di leggere la realtà. La cosa più bella che noi potremmo fare per ricordarlo e per onorare il tanto di bello che ci ha lasciato, sarebbe raccontare il cammino della Chiesa maceratese nel post-Concilio: tutto il fervore, tutta la la bellezza dei momenti che abbiamo vissuto insieme, un seme che merita di venire nuovamente piantato, così da portare frutto ancora per tanti anni». Stefano D’Amico, architetto e insegnante, ha conosciuto don Luigi nel 1974, suo supplente di religione a scuola, scoprendo un «sacerdote dallo sguardo buono che ci voleva bene per come eravamo». Da lì è iniziata

un’amicizia: «non ci siamo mai persi di vista; ha accompagnato la mia vita e quella della mia famiglia sempre con quello sguardo buono che trapelava a volte sotto tratti un po’ rudi. Dopo i nostri genitori, don Luigi è sicuramente la persona più importante della nostra vita: c’è stato padre nella fede, maestro nella cultura, amico su cui contare veramente sempre. Massimo Magi, medico, segretario regionale della Fimmg, ricorda don Luigi come «amico, confidente, direttore spirituale, presente anche nei momenti in salita che inevitabilmente si incontrano nella vita. La sua intelligenza, la sua ironia simpatica, sempre acuta e puntuale, è stata di grande stimolo alla crescita non solo mia personale ma di tutto il gruppo che attorno all’Azione cattolica degli anni 70-80 viveva un’esperienza ecclesiale

di grande intensità e profondità».

Roberto Mazzoli, direttore de “Il nuovo amico” di Pesaro ha conosciuto don Luigi «quasi 20 anni fa, ma l’episodio che più mi rimane impresso è quello, in epoca di pandemia, della morte di un sacerdote di Pesaro, don Orlando Bartolucci che era stato un suo compagno di studi al seminario e grande amico; lui riuscì a organizzare gran parte dei vecchi compagni di classe del seminario, che vennero al funerale. Ecco credo che la cifra di Don Luigi si riassuma nella sua grande amicizia, nella sua semplicità, nell’umiltà, nell’amore verso tutti e verso il sacerdozio». Eugenio Lampacrescia, pedagogista: «Don Luigi è stato un maestro; lui c’era, era presente tutte le volte che c’era necessità. Sapeva riconoscere le fragilità e aveva un sano senso

dell’autostima: ci aiutava a valorizzare le nostre capacità e a riconoscere e sostenere le nostre parti fragili. Lui non ha mai negato le sue parti fragili anche nella relazione educativa. Provo una gratitudine immensa per quest’uomo, per questo prete maestro di fede e mi sono preso l’impegno a intitolargli una scuola per genitori o per educatori».

Simona Mengascini, già collaboratrice di Emmaus: «L’ho conosciuto alla metà degli anni 90; a volte incuteva un po’ paura per i suoi modi impetuosi e anche per le sue sfuriate, ma mi affascinava perché era una persona capace di offrirti sempre nuove prospettive; un vulcano di idee e un archivio infinito di ricordi. Don Luigi mi ha aiutato a scoprire la mia prima vocazione, il giornalismo e so che mi ha voluto bene».

MARTEDÌ 19 APRILE 2022 2 DON LUIGI TALIANI / 1
Don Taliani alla presentazione di Emmaus, prima App per la lettura su tablet del settimanale diocesano, nel 2011
Si spese senza risparmio, con grande generosità. Soffrì per le incomprensioni
funebre, con le tante luci ma anche le ombre sofferte nell’esercizio del suo ministero
Emmaus tra le mani
MEDIA
«Passione
Don Taliani durante un’uscita con i giovani

Un cronista di Dio all’opera a Macerata

Gli sono stati propri lo sguardo curioso del giornalista e l’appassionato servizio alla Chiesa

DI CLAUDIO GIULIODORI *

Losguardo curioso del giornalista e l’appassionato servizio alla Chiesa. Sono i due aspetti che mi hanno sempre colpito nella personalità di don Luigi Taliani. Un sacerdote che ho conosciuto negli anni della giovinezza ancor prima di essere ordinato a mia volta. L’ho incrociato più volte nel cammino di rinnovamento dell’Azione Cattolica alla fine degli anni

Settanta, soprattutto nell’ambito dell’Acr e dei giovani, e da allora c’è stato sempre un rapporto di simpatia e di reciproca stima, anche nel cambiamento dei ruoli e delle responsabilità.Fin dall’inizio della nostra conoscenza, poi diventata stretta collaborazione negli anni del mio episcopato a Macerata, ho apprezzato la vivacità delle sue riflessioni, ricche di intuizioni non scontate, l’ampio approccio culturale con cui declinava istanze evangeliche e attenta lettura dei segni dei tempi, l’impegno generoso a servizio della Chiesa locale, senza chiusure o preclusioni, con spirito di grande libertà ma sempre all’interno di un onesto e chiaro rapporto di obbedienza e di condivisione ecclesiale. Già

durante il decennio in cui ho guidato l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, dal 1998 al 2007, ho avuto la possibilità di coltivare il rapporto con don Luigi che è stato sempre uno dei più assidui partecipanti ai convegni e gli eventi nazionali. Con lui spesso mi confrontavo, anche riservatamente, per capire che cosa accadeva nel mondo dei settimanali o delle radio cattoliche e per tastare gli umori della realtà pastorale nel campo delle comunicazioni sociali. Ho sempre trovato interessanti le sue considerazioni e ho ricevuto consigli preziosi. Ma è negli anni del servizio pastorale nella diocesi di Macerata (2007-2014) che i rapporti si sono fatti più intensi. Oltre alla conferma delle qualità che già conoscevo, ho

Nell’omelia della Messa funebre il ricordo di un «servo buono» del Vangelo la cui vita è stata spesa fino alla fine, senza risparmio, nel segno dell’“I care” di don Lorenzo Milani

potuto apprezzare altri tratti della figura di don Luigi. In quegli anni, nel contesto del grande rinnovamento e rilancio dei media cattolici in Italia, volendo dare ulteriore sviluppo alla Radio diocesana e ad Emmaus, di cui don Luigi era stato fondatore e indiscusso protagonista, abbiamo deciso di fare il salto facendo diventare Emmaus settimanale e introducendo una schiera di giovani nelle redazioni. L’impatto non è stato semplice, ma lui si è rivelato un padre premuroso nei loro confronti aiutando tutti a crescere e a fare squadra. Ha condiviso con loro la sua ricca esperienza e soprattutto ha saputo trasferire nei loro cuori la passione per un giornalismo fatto con intelligenza, nella

ricerca costante della verità e in spirito di autentico servizio ecclesiale. Sono certo che arrivando in Cielo non avrà mancato di mettere sotto il naso di san Pietro il suo inseparabile microfono per intervistarlo sulle ultime news del Paradiso. Ma questa volta sarà stato

Don Luigi insieme a Tiziana Tiberi commenta la Messa per San Giuliano, patrono di Macerata, in diretta su EmmeTv

l’intervistato a fargli qualche domandina. Sono certo che leggendo “l’editoriale della sua vita” lo ha ricompensato per tutto il bene fatto e per la traccia indelebile che ha lasciato con la sua singolare testimonianza di prete giornalista. * vescovo

«Taliani, delicatezza ed empatia»

La sua lezione di comunicatore: voglia di farsi vicino, coinvolgersi, comprendere

DI NAZZARENO MARCONI *

La liturgia cristiana delle esequie si chiude con un rito di benedizione del defunto e di canto dell’assemblea che si chiama “commiato” da cum meare “accompagnare nel passaggio”. Questa è la speranza della nostra fede: accompagniamo con la preghiera e il canto don Luigi in questo suo passaggio verso il Signore, nell’attesa del giorno in cui tutti ci ritroveremo in Dio. Le letture di questo giorno di Quaresima ci offrono una parola preziosa per vivere da cristiani il commiato al nostro don Luigi. Le due letture mettono a confronto due stili di vita, due modi di interpretare il nostro passaggio sulla terra, tra i quali ciascuno è chiamato personalmente a decidersi. Il profeta Geremia sintetizza la scelta che raccomanda a tutti di fare con una benedizione: «Benedetto l’uomo che confida nel Signore» e ci offre una prova per riconoscere chi ha fatto suo questo stile di vita: «sarà come un albero che non smette di produrre frutti». Questo criterio sfugge a tutte le falsità. «Dio che saggia i cuori» dice ancora il profeta, «valuta secondo il frutto delle nostre azioni». Dio vede la scelta che ciascuno ha fatto.

Voi che siete qui, la presenza di tanti in questi giorni, le parole non “di circostanza” che ho udito da tanti su don Luigi, sono il biglietto da visita con cui si è presentato al Signore: un uomo ed un prete che ha confidato nel Signore e ha vissuto impegnandosi a portare frutto. Frutti nell’apostolato dei laici, come hanno testimoniato i messaggi dei vertici nazionali dell’Azione Cattolica, della Fuci e di varie altre realtà a movimenti. Frutti nel mondo dei media, testimoniati da quanto hanno scritto tanti colleghi giornalisti e la dirigenza della Fisc. Infine, tanti frutti nascosti, che solo il Signore conosceva e che oggi parlano. Il vangelo del ricco epulone conferma la necessità di scegliere «la

vita buona del vangelo» come diceva un documento Cei tra i tanti commentati e spiegati da don Luigi. Questa parabola evangelica insegna però “la vita buona” descrivendola al negativo. Un mio amico, un arcivescovo ormai in pensione da anni, mi ha spedito giorni fa le bozze del suo ultimo libro, uno dei tanti libri che anche don Luigi avrebbe amato leggere, intitolato: “Quello che un vescovo non dovrebbe mai fare”. Il vangelo di oggi potremmo intitolarlo: “quello che un cristiano non dovrebbe mai fare” e mi sembra una foto al negativo di quello che ha caratterizzato la vita di don Luigi. Il ricco della parabola: vive una vita comoda centrata su di sé, non dà attenzione a chi gli sta a fianco, in definitiva scava un abisso di incomunicabilità e di mancanza di empatia tra sé e gli altri. Don Luigi si è sempre sforzato di vivere uno stile di vita del tutto opposto. Tanti hanno ricordato episodi in cui si è allegramente scomodato per farsi vicino, per comunicare simpatia, per ascoltare e per comprendere. Se c’è una parola che non definisce lo stile cristiano, ebbe a dire don Milani, era il motto delle squadracce degli anni 20, che non ripeto per non dargli importanza. A loro il priore di Barbiana a cui don Luigi si ispirava, contrapponeva un motto inglese I Care, mi interessa, mi coinvolgo, sono attento, voglio farmi vicino. A un giornalismo che ha la sua molla nell’audience, nel desiderio di stupire e di scioccare, don Luigi ha sempre preferito il racconto che nasce dalla voglia sincera di comprendere, di coinvolgersi, di farsi vicino. È una lezione che spero non vada perduta, vorrei anzi che diventasse un punto fermo dello stile almeno dei nostri media diocesani, che lui ha fatto nascere e crescere. In questo mondo segnato dalla guerra, dove la guerra insozza tutto, anche il mondo della comunicazione, che diventa propaganda di odio, la delicatezza e l’empatia del nostro don Luigi ci mancano molto. Preghiamo per Lui in questa Messa, preghiamo per la pace ed il mondo della Comunicazione, e vorrei ringraziare di cuore soprattutto i suoi cari e tanti amici compresi medici ed infermieri che in questo tempo di malattia si sono presi cura di lui con affetto e delicatezza. * vescovo

In

Fu un uomo entusiasta, ma senza manie di protagonismo

Un prete appagato dalla sua vocazione. Aperto alle novità, curioso, fedele compagno di strada per tantissime persone

Don Tonino Lasconi, sacerdote di Fabriano, scrittore, catecheta, giornalista conobbe don Luigi in Seminario a Fano, ma ne divenne amico anni dopo, da giovane prete: «Ci siamo incontrati e ci siamo subito capiti. Si era creato un giro di conoscenze, di stimoli che ci faceva bene. Lui era più buono di me; a quel tempo si criticava tutto, ma lui lo faceva in maniera molto più calma e tranquilla, e questo a me faceva bene, perché mi equilibrava un po’. È una persona difficilmente sostituibile. Ce l’ho nei

DI LUIGI ACCATTOLI

Ildono dell’amicizia e quello dell’umiltà: sono le due virtù di don Luigi Taliani, offerte a tutti in trasparenza. Senza doppio fine, senza tenere nulla per sé. L’ho conosciuto bene don Luigi. Coetanei, abbiamo fatto insieme il liceo, sei decenni addietro, poi le strade si sono divise ma non ci hanno divisi.

L’amicizia è cresciuta negli anni, fino alle ultime telefonate, tra un ricovero e l’altro. «Ne ho passate di tutti i colori ma ora sto meglio»: mi disse nell’ultima – un mese prima della partenza – con quella capacità di sopportare la sofferenza che a tutti è parsa più grande di quanto ci saremmo aspettati.

Mi ha chiamato tante volte a collaborare alle sue iniziative. A tenere conferenze, a scrivere per Emmaus, per intervistarmi o farmi intervistare dai collaboratori. Agli incontri annuali con i giornalisti, nella festa di san Francesco di Sales, il nostro patrono. Apprezzando la mia ricerca di “fatti di Vangelo”, mi ha fornito molte informazioni per cercare contatti e nuove storie di testimonianza cristiana. L’informazione ecclesiale era il suo pane e anche il suo tormento. Mi chiamò allarmato quando sentì che chiudeva “Il Regno”, che poi invece si riprese e con me – che collaboro alla rivista bolognese ormai da mezzo secolo – festeggiò la ripresa. Lo chiamai io, altrettanto allar-

Il ricordo affettuoso di Luigi Accattoli, già vaticanista di Repubblica e del Corriere della Sera, coetaneo, compagno degli anni di liceo e amico di tutta la vita

mato, quando sentii che chiudeva l’Emmaus cartaceo. Per fortuna anche in questo caso potemmo poi festeggiare la ripresa online e l’abbinamento con “Avvenire”. Nel 2017 mi accompagnò in macchina da Macerata ad Ancona dove dovevo partecipare a una tavola rotonda su questa dolorosa questione – do-

lorosa per noi giornalisti – della crisi della carta stampata. Si sfogò guidando. Lamentava che i vescovi italiani, compresi i marchigiani, non avessero una percezione adeguata del cambiamento in atto. «Bisognerà comunicare in modo nuovo e non siamo preparati», diceva. Lui per quanto poteva – e con la modestia che lo caratterizzava –si era preparato, sempre si preparava. Era passato con invidiabile facilità dall’articolo scritto all’intervento in voce, a quello televisivo. «Solo qualche over 60 rimpiange il cartaceo: è solo nostalgia tattile?» domandava ancora in quel viaggio in macchina. «Gli studenti a scuola non degnano nemmeno di uno sguardo i quotidiani offerti loro gratuitamente

UNIVERSITÀ

Il ricordo del rettore e del direttore generale

Commosso il ricordo che il rettore di Unimc Francesco Adornato fa di don Luigi, a lungo assistente della Fuci, la Federazione degli universitari cattolici: «Don Luigi era animato da un’autentica passione per il suo lavoroo, per la crescita culturale religiosa e civile dei giovani. Ogni volta che avevo la possibilità di parlare con lui, avvertivo il suo slancio ed era un incoraggiamento, anche se non esplicito, per il mio lavoro di rettore dell’ateneo. Il mio pensiero gli sarà eternamente grato. Il direttore generale dell’Ateneo Mauro Giustozzi, che lo ebbe insegnante di religione al Liceo scientifico, lo ricorda così: «Sul piano personale è stato per me un grandissimo stimolo; un uomo che sapeva guardare alle prospettive di sviluppo future e le indicava prima degli altri. Sempre “sul pezzo”, curioso, ironico; ricordo il suo sorriso, le sue battute. È una grande perdita per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorare con lui, ed è una grande perdita anche per la città.

miei pensieri, nelle mie preghiere, nel mio ricordo».

Luigi Alici, professore di Filosofia morale e già presidente nazionale dell’Azione cattolica, ricorda don Luigi «come un prete appagato della sua vocazione, una vocazione tradotta in una testimonianza instancabile, entusiasta ma non autocentrata, umile e curiosa, aperta e capace di ascolto, pronta intercettare disponibilità e a valorizzare le persone; attenta alle novità, ai passi da fare, alle iniziative da intraprendere. Non si trattava di un attivismo frenetico, perché non c’era mania di protagonismo. Don Luigi ti dava l’impressione che lui c’era sempre. In lui c’era qualcosa che aveva il profumo della Grazia, per questo spero di continuare a sentirlo presente nella mia vita, perché quel sorriso semplice e pulito è ciò di cui oggi tutti abbiamo tanto bisogno».

Gabriele Garbuglia, pediatra e già presidente diocesano di Azione Cattolica, aveva conosciuto don Luigi alla fine degli anni 70

e lo ricorda come «l’uomo del territorio, l’uomo fuori, l’uomo delle strade, l’uomo dell’università, l’uomo dei giornali, l’uomo dei mass media, un uomo innamorato del Vangelo, innamorato della Chiesa, sempre sorridente. Di persone così abbiamo un grande bisogno oggi (e ne avremo anche domani)».

Paolo Carassai, già presidente dell’Azione cattolica diocesana, ricorda come nel momento in cui decise con la moglie Flavia di spostare il proprio impegno dall’Ac alla fondazione dell’associazione La Goccia, ci fu un’incomprensione iniziale, ma chiarita rapidamente, «La Goccia è così diventato il fiore all’occhiello di don Luigi: cioè da quel momento non perdeva occasione di darle spazio su Emmaus, sempre valorizzando le esperienze di accoglienza del nostro territorio. Sono grato a Dio per avermi dato Luigi come amico a fianco nella nostra strada verso Gerusalemme. Ecco a lui, caro amico e compagno di strada, una sola parola: grazie!»

come il Resto del Carlino o Il Corriere della Sera. Non leggendo ma solo osservando in velocità, attraverso i social, la comprensione dei fatti cambia totalmente perché diventa quasi solo emotiva. Questa comprensione emotiva porta a risposte nevrotiche e non razionali agli eventi. Sarebbe invece necessario promuovere dei cuori pensanti». Posso riportare queste sue parole precise perché registrai quella conversazione. Sempre – come educatore, come insegnante, come comunicatore – don Luigi ha mirato a promuovere cuori pensanti. Così lo ricordo, grato per l’amicizia che mi ha sempre riservato e più grato ancora per l’umiltà, l’autoironia, il buonumore con cui ha svolto la sua missione di prete. Don Luigi nella redazione di EmmeTv

MARTEDÌ 19 APRILE 2022 3 DON LUIGI TALIANI / 2
Don Luigi celebra una Messa a Roma durante una gita con i collaboratori di Emmaus nel 2010
Ac con lo stile di un sacerdote attento alle persone
A Roma con l’Azione cattolica
«Tratti distintivi: umiltà, autoironia, buonumore»

L’impegno in Africa dei cappuccini delle Marche

Col progetto dell’adozione a distanza ci si prende cura di molti bambini, si condividono le loro gioie, si ascoltano i loro timori e si curano le loro ferite

Daoltre 50 anni la presenza dei nostri frati missionari, sia in Etiopia che in Benin, ha lo scopo di testimoniare, attraverso l’esperienza viva del Vangelo, che nessuno può salvarsi da solo. In quanto esseri umani e fratelli nello stesso mondo, dobbiamo inevitabilmente relazionarci con il nostro prossimo; senza di ciò si correrebbe il rischio di alzare muri anziché costruire ponti. Le nostre opere di amore sono un antidoto all’indifferenza per combattere le

Inaugurazione dell’Anno accademico nel segno dell’Anno europeo dei giovani

La cerimonia l’8 aprile alla presenza della ministra Maria Cristina Messa

Unimc, 732 anni puntando al futuro

DI PIERO CHINELLATO

732 la cifra che indica l’anno accademico raggiunto dall’Università di Macerata che è stato celebrato venerdì 8 aprile. Ha tutti i titoli per rimanere impresso nella memoria di chi ha partecipato o assistito all’inaugurazione. Una festa che, senza enfasi, è stata tutto fuorché ordinaria, a partire dalla Lectio magistralis sostituita da una serie di interventi di cui sono stati protagonisti dei giovani (uno studente, un dottorando, un ricercatore, uno studente internazionale) a dare sostanza allo slogan “Protagonisti del nostro futuro. Più verde, più inclusivo, più digitale”, coniato in stretto raccordo con l’Anno europeo dei giovani. Altro momento saliente è stato il conferimento a Claudia Taurino del premio di laurea “Antonio Megalizzi”, giunto alla sua seconda edizione, alla presenza dei genitori del giovane appassionato dell’Europa e vittima del terrorismo. È stata poi l’ultima inaugurazione presieduta dal rettore Francesco Adornato, giunto all’anno conclusivo del suo sessennio. Epilogo di un mandato coinciso per intero con l’incalzare di emergenze drammatiche: prima il terremoto, poi la pandemia e da ultimo il conflitto in Ucraina, situazioni che hanno visto Unimc reggere le sfide, inclusa quella dei numeri, restando tra gli atenei di medie dimensioni grazie ai 10.022 studenti iscritti del corrente anno accademico.

E poi le 70 bandiere in rappresentanza delle nazionalità dei giovani che frequentano l’Ateneo, inclusi giovani russi e ucraini, a rimarcare come un’universi-

ORDINAZIONE

Filippo Gobbi e Luca Riz nuovi sacerdoti

Sabato prossimo, 23 aprile, Filippo Gobbi e Luca Riz, diaconi che appartengono alla comunità dei Figli del Sacro Cuore di Gesù e che hanno completato la loro formazione nel Pontificio Seminario Romano Maggiore, saranno ordinati sacerdoti dal vescovo Nazzareno Marconi nella chiesa dell’abbazia di Fiastra.

La celebrazione avrà inizio alle ore 17 e sarà trasmessa da EmmeTv Canale 89 del digitale terrestre e sul canale YouTube della diocesi di Macerata.

Don Luca e don Filippo presiederanno la loro prima Santa Messa domenica 24 aprile nella chiesa del Sacro Cuore a Macerata, rispettivamente alle ore 10.30 e alle ore 18.30.

varie forme di povertà che ancora oggi colpiscono gran parte della popolazione mondiale. La carità è infatti la bussola che orienta la nostra vita, dice sempre papa Francesco, e noi come segretariato delle Missioni dei frati cappuccini della Provincia Picena stiamo cercando di prenderci cura di chi ha più bisogno, non tanto da un punto di vista prettamente assistenziale – cosa ovviamente fondamentale e necessaria per tutti i progetti realizzati finora – ma promuovendo principalmente un approccio missionario di accoglienza emotiva ed empatica di un fratello nelle nostre vite. Prendersi cura di un bambino, condividere le sue gioie, ascoltare i suoi timori e curare le sue ferite, perché è tra le sue mani che si nasconde il vero Nome dell’amore. L’adozione a distanza, per esempio, è nata proprio per fronteggiare criticità come fame, carenza di cure mediche, scarsità di acqua potabile e

mancanza di istruzione. Chi “adotta”, o meglio sostiene, un bambino a distanza, si fa carico delle sue necessità primarie, ma simultaneamente avvia un cammino che lo avvicina inevitabilmente all’altro, con le sue differenze, la sua cultura, la sua sensibilità e le sue pene. Dalla metà di febbraio sino al 10 marzo di quest’anno siamo andati in Etiopia per incontrare oltre 2.900 bambini ai quali è stato consegnato il contributo dei tanti benefattori che ci aiutano. L’adozione a distanza rappresenta uno dei più grandi progetti che promuoviamo e, grazie al lavoro instancabile dei nostri frati, riusciamo a sostenere in Benin anche 320 famiglie particolarmente bisognose. Un altro aspetto fondamentale del nostro operato sono i percorsi di educazione scolastica, per noi uno dei punti fondamentali per rendere libera una popolazione. Proprio lo scorso mese infatti, dopo tre anni di lavori, è stata

inaugurata in Etiopia, a Sura Koyo, una scuola superiore per circa 1.500 studenti, dotata di laboratori e di una grande biblioteca dove i ragazzi possono fermarsi per studiare anche dopo le lezioni. In Benin invece è stata approvata la costruzione di un nuovo asilo all’interno dell’orfanotrofio di Djeffà per 70 bambini dai 3 ai 6 anni, per il percorso di prima alfabetizzazione in preparazione alla scuola primaria. La vita è un dono prezioso e la nostra evangelizzazione, con l’annuncio di Gesù Cristo, ha lo scopo di ribadire che non possiamo sentirci con la coscienza a posto finché nel mondo c’è un fratello che muore di fame. I nostri frati missionari si fanno testimoni affinché il resto del mondo possa finalmente aprire gli occhi, perché noi cristiani crediamo che la vita, per quanto difficile possa essere, vale sempre la pena di esser vissuta. * cappuccino

tà “di provincia” sia riuscita a fare dell’internazionalizzazione una sua cifra distintiva.

Sono state queste decine di bandiere a guidare il corteo che ha dato inizio alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico alla quale ha partecipato la ministra per l’Università e la Ricerca scientifica Maria Cristina Messa. Nel suo intervento, il rettore Adornato ha sottolineato come il contributo più importante di Unimc al territorio sia dato dalle sue relazioni internazionali e come tra i tanti studenti provenienti dall’estero, 28 giungano da Russia e Ucraina. Ha quindi rimarcato come la cultura aperta sia suscitatrice di pace, rivendicando alle università l’essere «luoghi elettivi di alta formazione, ma, altresì, spazi che educano alla consapevolezza, alla responsabilità, alla partecipazione, alla cittadinanza, alla forza inarrestabile della bellezza che sprigiona dai saperi. Questo è il nostro impianto ideale e di valori: europeo, solidale, inclusivo». Adornato ha ripercorso il cammino

con cui l’Ateneo ha reagito alle conseguenze del terremoto arrivando ad attivare «cantieri per 50 milioni di euro che tra non molto tempo renderanno le nostre sedi non solo fruibili, ma ancor più funzionali nella loro agibilità e più luminose nel loro recupero architettonico. Basti citare soltanto quel gioiello neoclassico che è Villa Lauri con in più i suoi 46.000 metri quadrati di parco, che abbiamo affidato all’amministrazione comunale e che quella attuale sta provvedendo a rigenerare. Amministrazione comunale con cui stiamo condividendo percorsi progettuali e iniziative di tipo culturale, sociale e sportivo». Non è mancato il riferimento amaro ai tragici «fatti di Macerata del 2018», con la constatazione che, «forse, l’intera comunità ha rimosso senza adeguata elaborazione quel turbamento, confinandolo nei luoghi più lontani della nostra anima e dei nostri pensieri». E come la pandemia, «inattesa condizione di fragilità globale» abbia innescato disagi profondi con cui bisognerà ancora a lungo fare i conti. La ministra Messa, ricordando di aver partecipato a un’iniziativa di Unimc quando era ancora rettrice dell’università di Milano Bicocca, ha dato atto al nostro ateneo di essere un’«università vivace, ricca di iniziative, inclusiva», che anima la città con uno spirito internazionale. Ha ringraziato il rettore Adornato per aver coniugato un autentico “Umanesimo innovativo”. Quindi ha rivolto uno sguardo all’università che il governo vuole contribuire a costruire e che ha il primo pilastro nel sostanzioso incremento dei fondi investiti. Alla base «sempre ricerca e scienza», con leadership dettate dall’autorevolezza e con lo studente realmente al centro.

MESSA CRISMALE

Preti per questo tempo esigente: liberi dai numeri e forti nella fede

La Messa crismale, che inaugura il Triduo pasquale raccogliendo attorno al vescovo presbiteri e diaconi della diocesi, è stata anche quest’anno un appuntamento di grande significato.

Consacrazione degli oli santi – il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi – e rinnovamento delle promesse sacerdotali sono stati i momenti salienti del rito. A inquadrare tutto, le parole dell’omelia. Il vescovo Marconi ha esordito con l’invito a reinterpretare, in questo tempo per tanti versi eccezionale, l’appello di don Luigi Sturzo a essere «liberi e forti».

E subito dopo la constatazione: «La Chiesa non può più andare avanti per inerzia... La Chiesa di massa dovremo dimenticarla, ci mancherà certamente, ma forse in questo snodo dalla storia c’è anche una purificazione e una crescita che porterà del bene». Nessuna recriminazione, ma realismo e sguardo proteso oltre: «Liberi dalla preoccupazione di avere grandi numeri, di radunare quelle masse che non ci sono più. La Chiesa non deve certo diventare un club ristretto di pochi intimi,

ma se la porta deve essere sempre aperta [...] dobbiamo però essere anche “forti” nella fede e significativi nella proposta del Vangelo». Ci è richiesto di «tornare ai fondamenti, per far risplendere davanti al mondo la luce del Vangelo ed il sale della sapienza cristiana. Dobbiamo tornare alla preghiera [...] Bisogna tornare alla Parola di Dio [...] Dobbiamo tornare all’attenzione alle persone: poche o tante sono preziose, per loro Cristo è morto [...] Infine, dobbiamo tornare alla Carità». E la conclusione, fiduciosa e incoraggiante: «È bello essere un Servo del Signore in questo tempo difficile». Alla fine del rito il ringraziamento al Vescovo da parte del vicario generale don Andrea Leonesi che, ricordando gli anniversari di ordinazione più significativi, ha sottolineato come i 25 anni vedano, dopo alcuni anni deserti, quelli dei primi 5 sacerdoti provenienti dal seminario Redemptoris Mater, ordinati appunto nel 1997. Stessa “anzianità” per il diacono permanente Enrico Medaglia. (P.Chin.)

La Caritas alla scuola dell’Eucaristia

DI GIULIA MARZIONI

Inpreparazione alla Santa Pasqua, la Caritas diocesana ha organizzato due momenti di preghiera e ascolto per tutti i volontari che operano nella nostra Diocesi. Venerdì 8 Aprile presso la chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Passo Treia si è vissuto un momento intenso di adorazione e meditazione della Parola. Il vescovo Nazzareno, che ha guidato l’incontro, ha posto l’attenzione sull’Eucarestia quale sorgente dell’azione caritativa che ponendo le sue radici nel sacrificio del Figlio di Dio, non può che avere come azione principale quella del perdono. Un perdono che deve essere “preventivo” a tutti gli ascolti e gli incontri che il servizio di carità pone sulla via. Meditando la Lavanda dei Piedi descritta dal Vangelo di Giovanni, ha poi ricordato come le azioni di carità non possano prescindere da quel gesto

umile di servo che Gesù ha fatto per primo ai suoi discepoli, mettendo gli ultimi al primo posto e divenendo quindi esempio per l’intera comunità. Il momento di adorazione si è concluso con un gesto: ognuno ha potuto prendere un sacchettino di lievito con l’auspicio di divenire “lievito per la propria comunità”, affinché il gesto di amore che si compie verso il prossimo possa far crescere e contagiare chi incontriamo.

Lunedì 11, presso la Domus San Giuliano, si sono incontrati alcuni dei rappresentati dei Centri di Ascolto parrocchiali insieme con i membri dell’Ufficio diocesano per vivere un momento di ascolto reciproco e condivisione partendo da alcune domande poste da Caritas Italiana in vista del prossimo Convegno nazionale che si terrà a Milano a fine giugno. La traccia suggerita si ispira al discorso del Santo Padre Francesco ai membri della Caritas italiana nel 50° di fondazione. Il Pontefice suggeriva «tre vie

su cui proseguire il percorso»: la via degli ultimi che è la prospettiva di Gesù: uno sguardo fisso sugli ultimi di ogni tempo, che inquieta i cuori; la via del Vangelo, che orienta a uno stile di «amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone e non si impone»; la via della creatività, quella che san Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della creatività, dove lo Spirito Santo è capace di suggerire idee nuove adatte ai tempi che cambiano. Rifacendosi al Vademecum per il Sinodo, si è cercato di vivere l’esperienza di discernimento, partecipazione e corresponsabilità, guidati dallo Spirito Santo. L’obiettivo era di formarsi a uno stile che fa fiorire la speranza, stimola la fiducia, educa a imparare gli uni dagli altri, illumina le menti e rinvigorisce le mani per la missione comune. In questa palestra di preghiera e ascolto si è sognata una Caritas che sia coerente con il tempo che si vive oggi.

MARTEDÌ 19 APRILE 2022 4 ATTUALITÀ
Due bambini dell’orfanotrofio di Djeffà
Celebrazione a Passo Treia
È
La ministra Messa e il rettore Adornato La ministra Messa saluta i genitori di Antonio Megalizzi Consacrazione del Crisma

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