Emmaus 17 marzo 2020

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Martedì, 17 marzo 2020

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prossima uscita il 21 aprile 2020

celebrazioni La Messa del vescovo in tv e via streaming Internet l vescovo Marconi celebra quotidianamente la Santa Messa all’altare della MaIdonna della Salute (chiesa di San Giorgio,

Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

Macerata): dal lunedì al sabato alle ore 7.30 e la domenica alle ore 10.30. Nell’impossibilità di partecipare in chiesa alla Santa Messa per le misure restrittive che impediscono lo svolgimento di tutte le manifestazioni civili e religiose, è possibile seguire in diretta la liturgia in televisione, su EmmeTv canale 89 del digitale terrestre, e in streaming dalla app (scaricabile dagli store per Android o iOS) o dal sito di EmmeTv (www.emmetv.it).

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Coronavirus, Marconi: la difficoltà di essere un Pastore in questa crisi inedita

C’è una «bellezza collaterale» di questi giorni

Tempo di discernimento «È momento di prova severa che può essere di maturazione e anche di crescita nella fede Le scelte sono maturate cercando di valorizzare la sinodalità» DI

NAZZARENO MARCONI *

I

n questi sei anni di episcopato tante volte mi è capitato di dire: «Se lo avessi saputo… avrei detto no!». Di fatto poi non ne sono convinto perché, come per il fatto di diventare prete, anche per l’episcopato avevo ben chiaro quali guai mi attendevano. Ho sempre avuto cara una frase di santa Teresa di Lisieux: «Entrando nella vita religiosa, non mi sono mai fatta illusioni». La condizione di un vescovo, senza falsi eroismi, è simile a quella di un padre con dei figli adolescenti: deve avere ben chiaro che ogni decisione che prenderà potrà essere sbagliata, ma la decisione sicuramente sbagliata sarebbe quella di non decidere. Di fatto nella realtà di oggi, così complessa perché le connessioni sono a livello mondiale, non è possibile trovare un manuale che indichi infallibilmente le soluzioni. Perciò la costante tentazione è quella di essere: radicalmente conservatori o audacemente progressisti. In ambedue i casi si cercano soluzioni veloci, guardando al reale con la semplificazione delle foto in bianco e nero. Il reale invece, accolto nella quasi infinita sfumatura dei suoi colori, richiederebbe una tecnica decisionale paziente e complessa di tipo ben diverso: il discernimento. È questo un termine molto caro a papa Francesco e che possiamo sintetizzare con una formula di san Paolo: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1Ts 5,21). Fare discernimento è infatti esaminare tutti i multiformi e spesso contraddittori aspetti della realtà in cui siamo inseriti. Poi con decisione scegliere ciò che è buono, non soltanto “buono per me”, ma buono per tutti, o almeno per il maggior numero possibile: quel bene comune che è l’obiettivo della scelta cristiana. Evangelii gaudium soprattutto in un mondo globalizzato, ci ricorda il valore dello sguardo ravvicinato ai problemi. La facilità di comunicazione e informazione nel mondo tutto interconnesso, tende infatti a spinge-

re alla centralizzazione di ogni processo decisionale: dovrebbe decidere tutto “il governo centrale”. Sia un tale governo: il parroco, il vescovo, la Cei o il Papa in persona. Papa Francesco invece lega il buon discernimento alla sinodalità, insegnando che è alle Chiese particolari e ai rispettivi episcopati locali, che compete il «discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori», nella logica di una «salutare “decentralizzazione”» (EG 16). Tale processo di decentralizzazione, deve comprendere anche una responsabilizzazione maggiore dei fedeli, poiché «come parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio» (EG 119) e la Chiesa gerarchica, in cerca di un buon discernimento, non dovrebbe mai sottovalutare l’apporto dei singoli fedeli al suo compito di analisi e decisione. Tutto questo comporta un carico significativo di responsabilità sulle spalle di ogni vescovo, ma anche l’indicazione di un modo di procedere che in vari vescovi stiamo cercando di seguire. La domanda di indicazioni nette e deresponsabilizzanti da parte di alcuni fedeli continua a giungermi, ma debbo riconoscere che il numero di cristiani generosi e maturi, che si impegnano a trovare insieme ai pastori le vie giuste per dare concretezza e solidità alla costruzione del bene comune, è in crescita e non solo tra i giovani. Anche questo tempo, come ogni tempo di prova, è tempo di maturazione e di crescita nella fede per tutti. Non so dire se almeno io sto davvero crescendo nella fede, ma posso testimoniare che per grazia di questo tempo difficile, sento almeno in me il desiderio della fede, con una intensità mai vissuta in passato. Che il coronavirus faccia il miracolo di convertire almeno un vescovo? Lasciatemelo sperare. * vescovo

giovani

DI SAMUELE

SAPIO

«A

Celebrazione alla Madonna della Salute

Ac, riscoprire «le vie della memoria» l settore adulti dell’Azione cattolica diocesana propone annualmente un percorso sui temi Idell’accoglienza, della solidarietà e del bene comune, una bella iniziativa rinviata a data da destinarsi, ma che merita di essere illustrata. A 75 anni dalla Liberazione si è voluto riflettere sull’abitare da credenti la città, partendo dai valori della libertà, della democrazia e della memoria. Nasce così la collaborazione con l’Anmig Sezione di Macerata che ha aderito al progetto “Abitare le vie della memoria”. Un percorso di scoperta di luoghi dedicati ai testimoni per la libertà. Siamo abituati a vivere Macerata camminando tra vicoli, strade, piazze citandone i nomi. Raramente pensiamo che molti di quei nomi appartengono a persone che hanno sacrificato la loro vita per gli ideali di libertà e democrazia.

Nel Maceratese ci fu anche resistenza civile, e ne sono esempio i parroci che si sacrificarono per cercare di salvare i propri parrocchiani, come don Pocognoni, ucciso nell’eccidio di Braccano, don Felice Francalancia, don Antonio Salvatori, don Mario Vincenzetti… un elenco lungo che termina col grande vescovo Domenico Argnani che fronteggiò le autorità fasciste e naziste intervenendo a favore di tante giovani vite. È in via di pubblicazione il libro Abitare le vie della memoria che raccoglie le storie delle persone a cui sono dedicati luoghi in cui viviamo o attraversiamo e che della loro vita donata, ricordandoci che siamo debitori verso chi ha contribuito a regalarci la pace come bene prezioso e che dobbiamo lavorare sempre per promuoverla. Daniela Meschini

come comportarsi

Vita pastorale: regole per le parrocchie 1. Sono sospese le celebrazioni di Sante Messe e altre riunioni di preghiera. 2. Le chiese restano aperte per la preghiera personale, rispettando le norme di distanza e attenzione. 3. Sono sospesi i funerali. Il sacerdote può solo benedire la salma al cimitero. 4. I sacerdoti a porte chiuse celebrino ogni giorno la Santa Messa senza il popolo. 5. Si possono suonare le campane per invitare le persone a pregare in casa. 6. Le comunità religiose possono celebrare la liturgia a porte chiuse.

Lapide a Salvo D’Acquisto collocata a Piediripa di Macerata

vrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!», esclamò Frodo. «Anch’io – annuì Gandalf –, come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato». Trovo illuminante questa citazione di Tolkien ne “Il Signore degli anelli”. Frodo è stanco, come tanti nostri giovani, stanco di portare un fardello che non si è scelto, che gli è capitato tra le mani. Come ognuno di noi, del resto. Da giorni le nostre abitudini sono sconvolte: lavoro, scuola, sport, cinema, calcio. Viviamo in un tempo che non abbiamo scelto e che non avremmo mai voluto vivere, forse. Questo piccolo e quasi invisibile tarlo, ha messo in scacco una società abituata a una presunta onnipotenza. Anche le parrocchie sono toccate da questi eventi: vuote, spoglie, silenziose. I giovani sono invitati a stare a casa. E la tentazione potrebbe essere quella di “sopravvivere”, di “vivacchiare” come dice Frassati, per mettere una parentesi a questi giorni così bui. Gandalf risponde: «Ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è stato dato». Ma come poter approfittare? Come fare buon uso del tempo? Noi stiamo proponendo di riscoprire il valore autentico della preghiera, non come una semplice ripetizione di formule o un esercizio di concentrazione mentale, ma come una disposizione del cuore che si lascia “istruire” da Dio. Anche noi ripetiamo attraverso tutti i canali: stai a casa, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Cfr. Mt 6,6). Lo stare a casa diventa un’occasione per imparare a guardare sinceramente dentro noi stessi, scendere in quel segreto dal quale troppe volte evadiamo impauriti, scoprire che Dio non si trova soltanto in belle celebrazioni eucaristiche o adorazioni emozionanti, ma anche nelle situazioni più semplici e banali della vita domestica: «Dio sta tra le pentole», amava ripetere santa Teresa. Le parole della fede ci abituano a pensare di essere figli che invocano un padre: allora anche tu diventa figlio, approfitta di questo tempo per fermarti, per dialogare, per ritrovare relazioni perdute tra le quattro mura di casa. E questo molti giovani lo stanno vivendo. Tanti i messaggi ricevuti in questi giorni, tante le idee; dalla cappellina dell’oratorio della parrocchia di Cristo Redentore a Recanati, ci troviamo in video conferenza con i giovani per cantare insieme il Vespro, incoraggiandoci a vedere la “bellezza collaterale” di questo tempo, ad alzare gli occhi al cielo dalle nostre domus ecclesiae per essere liberati dalla morsa della paura di morire, sapendo che c’è un Padre nel cielo che da tutto questo trarrà vita nuova, una benedizione… che questa storia andrà bene!

Tutti nella rete del «capitalismo della sorveglianza» DI

GIANCARLO CARTECHINI

P

Si rischia un sistema sociale in cui i valori democratici sono sostituiti da una omologazione di gruppo sostenuta da algoritmi. Che fine fa il diritto a custodire la coscienza?

erfino in questi tempi contaminati è consentita, il sabato mattina, una corsa solitaria per le strade di campagna vicino casa. Scarpe adatte, giacca leggera, auricolari, e via. Spotify oggi mi propone una nuova playlist: insieme alle canzoni che ascolto da una vita ce ne sono altre che non conosco e che mi conquistano subito. Come il brano cantato da Mina e Fossati: «So che qualcosa sta cambiando, serve più coraggio che prudenza per vivere…». C’è anche una canzone di Andrea Cerrato, giovane cantautore che mio figlio mi ha fatto conoscere qualche giorno fa. Mentre lotto contro il fiatone, non so se a prevalere sia la diffidenza o l’ammirazione nei confronti dell’algoritmo di Spotify: os-

servatore attento delle mie preferenze; esploratore instancabile della Rete, battuta palmo a palmo pur di venire incontro ai miei gusti. In uno studio pubblicato di recente, la scrittrice statunitense Shosana Zuboff afferma che siamo entrati in un’epoca caratterizzata da un sistema di controllo senza precedenti, reso possibile dalle nuove tecnologie dell’informazione. Numerosi servizi digitali gratuiti sono entrati a far parte della nostra vita al punto da essere oramai considerati indispensabili. Ci hanno sedotto, promettendo paradisi su misura: in realtà, sono stati utilizzati da alcuni colossi del mondo economico per piegarci ai loro interessi. La studiosa chiama questo sistema, che rischia di trasformare il sogno democratico della rete in un incubo dal quale siamo

spronati a liberarci, “capitalismo della sorveglianza” (questo è anche il titolo del suo libro). E siccome lo studio per la creazione di un vaccino inizia dalla comprensione della malattia da sconfiggere – usa proprio questa metafora, di stretta attualità – gran parte del libro è dedicato a cercare di comprendere le caratteristiche di questo fenomeno. La tesi su cui fonda la sua indagine è questa: la nostra interazione con i servizi offerti dalla rete viene continuamente trasformata in dati, e utilizzata per migliorare i prodotti digitali. Alcuni dei dati raccolti, tuttavia, vengono trasformati in quelli che l’autrice chiama “prodotti predittivi”, algoritmi in grado di anticipare i nostri comportamenti futuri e di generare indagini di mercato che molte aziende, come è facile imma-

ginare, sono interessate ad acquisire. Ma non è questa la parte peggiore della storia: in realtà i processi automatizzati non solo conoscono i nostri comportamenti, ma tendono a manipolarli. Siamo in presenza – è l’opinione dell’autrice – di una ideologia strumentalizzante che conosce e indirizza i comportamenti umani verso nuovi fini. Detta in altre parole, siamo analizzati, sfruttati e modificati. L’approdo finale di questo scenario è un sistema sociale in cui i valori democratici sono sostituiti da una omologazione di gruppo sostenuta dal calcolo computazionale. Raccontata così potrebbe sembrare una preoccupazione eccessiva, ma se pensiamo alla simbiosi che si è sviluppata tra i nostri figli e i loro smartphone, il nostro giudizio potrebbe cambiare. I giova-

ni – precisa la Zuboff – sperimentano nella loro pelle queste dinamiche distruttive. Che fine ha fatto il diritto a custodire quello spazio, intimo e inviolabile, che una volta si chiamava coscienza? Perfino le nostre case, luoghi che dovremmo considerare un rifugio sicuro, sono diventate terra di conquista: il microfono di Google Home o di Alexa, pronto ad intercettare ogni nostro comando, resta sempre acceso… A proposito di casa, la corsa è giunta al termine. Sto per entrare nel viale condominiale. Forse per via delle endorfine entrate in circolazione, o per le parole di Mina che ancora mi risuonano dentro, sento una gran voglia di lottare affinché il nostro futuro digitale resti a misura d’uomo. Però l’algoritmo di Spotify, devo riconoscerlo, oggi è stato proprio bravo.


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