Emmaus 21 gennaio 2020

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Martedì, 21 gennaio 2020

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prossima uscita martedì 18 febbraio 2020

online La diocesi su Internet utti i servizi che la Chiesa locale offre attraverso la Rete sono totalmente gratuiti e T curati con generosità da un gruppo di giova-

Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

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Gennaio, secondo tradizione, resta il mese del maiale

A Roma conferito il Lettorato a Luca Riz e Filippo Gobbi

Montelupone: completata la Visita pastorale nell’UP

Recanati: il vescovo nella parrocchia di Cristo Redentore

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Domenica della Parola. Una lettura che va fatta nella comunità, nella fede di tutta la Chiesa

Caritas

Cristo si conosce nella Bibbia

Cerquetella: «Più presenti e attivi in tutta la diocesi»

L’ascolto della Scrittura diventa vera comprensione solo se ci fa conoscere “di persona” il Signore risorto e vivo oggi nella storia DI

NAZZARENO MARCONI *

D

Lorenzo Lotto, “Matrimonio mistico di Santa Caterina”, 1524, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini (Roma)

fede della Chiesa: farci conoscere Cristo! E non semplicemente farci sapere delle cose su Gesù di Nazareth, che è vissuto in Palestina 2000 anni fa, ma farci conoscere “di persona” Gesù Cristo risorto e

vivo oggi nella storia. La preziosità della Bibbia per l’umanità, che la Chiesa vuol testimoniare con una celebrazione speciale, consiste proprio nella potenza spirituale che la Bibbia ha e che la comunità

dei credenti può offrire al mondo. Cristo risorto e vivo, il Signore della storia, il Figlio di Dio, ciascuno di noi può conoscerlo di persona ed entrare in dialogo, in confidenza con Lui. Questa è la

da sapere

La prima volta della ricorrenza apa Francesco, con la Lettera apostolica in P forma di Motu proprio dal titolo “Aperuit illis”, ha stabilito che «la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio». Il titolo, tratto come al solito dalle prime parole del testo, si rifà a un versetto del Vangelo di san Luca: «Aprì loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,45). Il documento è stato pubblicato lunedì 30 settembre 2019, nella memoria liturgica di san Girolamo, all’inizio del 1600° anniversario della morte del celebre traduttore della Bibbia in latino. Domenica prossima, sarà quindi la prima celebrazione della ricorrenza.

AUGURI DELLA ONE

omenica prossima 26 gennaio, terza del tempo ordinario, per volontà di papa Francesco sarà per tutta la Chiesa la Domenica della Parola di Dio. È perciò un’occasione preziosa per prendere coscienza della importanza della Parola di Dio nella vita del cristiano. In questo ambito, a partire dal Concilio si sono fatti dei significativi passi avanti, ma la Chiesa ha da sempre avuto coscienza che la Parola di Dio era fondamentale per la sua vita. Già san Girolamo, vissuto nel IV secolo, diceva con chiarezza che un cristiano, per essere tale deve sforzarsi di conoscere la Bibbia, perché: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo». È una frase famosa che andrebbe meditata a lungo, soprattutto se la volgiamo in positivo: «La conoscenza delle Scritture, è conoscenza di Cristo!». Questa formulazione positiva ci aiuta a comprendere una lettura speciale della Bibbia, fondamentale per noi cristiani, che è la lettura ecclesiale: la lettura fatta nella fede della Chiesa. Infatti la Bibbia può essere letta per curiosità storica, e diventa una fonte interessante per ricostruire insieme all’archeologia e ad altre scienze un pezzo di storia dell’umanità. La si può leggere per curiosità artistica, ed è certo una raccolta di poesie, racconti, narrazioni di particolare antichità e bellezza, a cui tanta arte posteriore si è ispirata. La si può infine leggere per accrescere la nostra conoscenza, ed è innegabile che la Bibbia sia «il grande codice della cultura occidentale», come ha affermato forse per primo ma non certo per ultimo, il grande poeta e pittore inglese settecentesco William Blake. Ma tutti questi modi di leggere la Bibbia non sono ancora nulla rispetto alla grandezza di ciò che la sua lettura può operare, se realizzata nella

Epifania: l’arrivo dei tre Re Magi al Seminario Redemptoris Mater nche questo 6 gennaio i magi sono passati al Seminario Redemptoris Mater, evento che da 10 anni ottiene una rispoA sta entusiasta da parte di bambini e adulti. Si sono rivissuti eventi alla base della nostra fede: l’incontro dei magi con Erode, la Natività e il dialogo dei magi con i bambini, quando anche il vescovo Marconi ha rivolto una parola di consolazione ai presenti. Quindi il momento conviviale, con dolci e cioccolata calda per tutti. La giornata è terminata con i Vespri solenni. i seminaristi

cosa straordinaria che la lettura della Bibbia può permetterci. Perché una cosa così unica possa compiersi, non basta però leggere la Bibbia come fosse un romanzetto da metropolitana, quei libri facili e ed appassionanti che si leggevano sui mezzi pubblici, almeno finché non hanno inventato i cellulari. La Bibbia infatti è una voce attraverso cui possiamo udire la Parola, il Verbo di Dio, ma questo ascolto diventa vera comprensione e concreto incontro solo se lo facciamo nella fede. Una lettura della Bibbia senza fede è davvero poca cosa. L’immagine migliore di questa lettura ce la offre la prima parte della Messa, in quella che si chiama la liturgia della Parola. È una lettura fatta insieme, da un popolo credente, dove ci sia aiuta tra fratelli. Alcuni leggono e altri ascoltano, ma nessuno legge soltanto, senza poi farsi ascoltatore, perché la Bibbia deve sempre risuonare attraverso la voce di un fratello. Questo ci aiuta ad accoglierla come un dono e mai come un possesso. Si legge poi sia l’Antico che il Nuovo Testamento per culminare nel Vangelo, perché tutta la lettura della Bibbia, se non ci porta a Cristo, perde la via della verità e della vita. Al centro di questa lettura, attraverso il salmo ed il canto dell’Alleluja, la Bibbia diventa preghiera, la nostra preghiera. Perché si conosce qualcuno dialogando con lui, così nella lettura liturgica si ascolta e si parla, lasciandoci suggerire da Dio le parole della preghiera. La lettura cristiana della Bibbia è così un grande dialogo: tra un Noi che è la comunità credente e Gesù Signore, la Parola di Dio fatta carne, che ci viene incontro attraverso la voce della Bibbia che udiamo leggere. La lezione più bella su questa lettura credente della Bibbia la offre il grande pittore Lorenzo Lotto, nel suo Matrimonio mistico di Santa Caterina un’opera del 1524 oggi nella Galleria Nazionale di Palazzo Barberini. Vi è ritratto su un lato San Girolamo, il grandissimo studioso della Sacra Scrittura, che apre la Bibbia, ma è la Madonna seduta in trono e con Gesù in braccio, che gli sorregge la pagina giusta. La Madonna è in quest’opera immagine della Chiesa, che ci fa incontrare Gesù Signore, vivo e parlante attraverso la sua Parola. Senza l’aiuto della Chiesa ed il dono della fede, tutta la nostra scienza personale, sarebbe poca cosa per leggere la Bibbia e trarne il prezioso frutto spirituale. * vescovo

DI

TIZIANA TIBERI

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n progetto comune nella diversità: Lorenzo Cerquetella direttore da un anno della Caritas diocesana di Macerata, traccia un bilancio delle attività svolte e parla di progetti. Com’è stato questo primo anno? Un’esperienza bella, anche se impegnativa e faticosa. Insieme ai collaboratori Franco Berardi e Carlo Tirabassi abbiamo cercato di dare un’impronta sempre più diocesana, che vada oltre Macerata città. Ogni Caritas parrocchiale ha la sua identità: puntiamo a una maggiore uniformità pur nella diversità, a questo fine stiamo incontrando i parroci e conoscendo le varie esperienze. Quali sono le povertà che incontrate? Le povertà di fondo sono sempre le stesse: mancanza di sicurezza economica e di lavoro, o la perdita del lavoro in età avanzata, la difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Mi ha impressionato scoprire la diffusione del problema della solitudine, soprattutto degli anziani ma non solo. Non possiamo accontentarci di gesti come la raccolta dei panni, che io ho cercato di limitare ai casi di effettiva necessità. Dobbiamo intercettare la solitudine e il disagio psicologico attraverso le antenne di cui le parrocchie dispongono, Cerquetella per venire incontro alle persone. Emergono nuove necessità riguardo a operatori e volontari. E qui faccio un appello, ad esempio, agli infermieri in pensione perché dedichino un po’ di tempo a chi è in difficoltà. Magari andare a trovare una persona anziana sola: misurare la pressione, vedere se prende regolarmente le pillole... L’Albania il 26 novembre scorso ha subito un terremoto di magnitudo 6.5. Voi avete avviato una raccolta fondi che si sta ultimando in questi giorni. Come sta andando? Il terremoto in Albania ci ha toccato da vicino: sia perché anche noi abbiamo fatto questa triste esperienza, sia perché la nostra diocesi è particolarmente legata a Batore una parrocchia nella periferia di Tirana dove hanno operato alcuni sacerdoti come don Patrizio Santinelli e la cui chiesa è stata costruita anche con il contributo e l’8xmille della diocesi di Macerata. Col ricavato della raccolta effettuata nel periodo natalizio realizzeremo un progetto che la Conferenza episcopale albanese ci indicherà. Per il 2020 partecipiamo inoltre a un progetto lanciato da Caritas nazionale per i comuni del cratere per un importo di circa 200mila euro, con l’obiettivo di stimolare la rinascita attraverso la ripresa economica e la valorizzazione del turismo religioso, tra cui i Cammini Lauretani. Progetti che si aggiungono al lavoro quotidiano che vuole essere qualcosa di vivo: un cuore che batte a favore di chi è più in difficoltà e solo.

Strada, coscienti dei nostri limiti per evitare tragedie Non dovremmo dimenticare che guidare non è “naturale”. Che percezione abbiamo del mondo esterno quando siamo chiusi dentro l’abitacolo dell’auto? DI

GIANCARLO CARTECHINI

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l cielo di questa domenica di metà gennaio è terso. Sto percorrendo la variante alla statale 77, e devo prestare attenzione: il fondo è gelato. Niente distrazioni, please. Nel 2018, in provincia di Macerata, gli incidenti stradali hanno causato 22 morti e 1.356 feriti.

Lo dice un’indagine Istat pubblicata lo scorso novembre. Un incidente su cinque è stato determinato da guida distratta. In altri casi, come testimoniano i gravi fatti di cronaca con i quali si è aperto il nuovo anno, si è trattato di un mix micidiale di stordimento, abuso di alcool, mancato rispetto delle regole di sicurezza. Benché il trend sia in diminuzione, dal 2010 al 2018 i dati riferiti all’intera regione Marche parlano di 2.413 morti e più di 171.000 feriti. Il costo sociale di questa guerra non dichiarata è stimato, per il solo 2018, in 500 milioni di euro. Neanche questi numeri riescono a dare un’idea di quanto il fenomeno venga sottovalutato, e, più in generale, di come sia distorta la percezione attraverso la quale

leggiamo i fatti di cronaca. Perché queste morti non generano allarme sociale? Perché non determinano la stessa angoscia che potrebbe causare una serie prolungata di delitti? Cosa accadrebbe se un numero analogo di morti fosse causato dalla presenza, tra le nostre case, della criminalità organizzata? Il fatto è che in questo caso non possiamo alzare il tiro della nostra indignazione, perché sappiamo di recitare contemporaneamente due parti in commedia: potenziale vittima e potenziale carnefice. Non a caso i commenti postati sui social si dividono tra coloro che biasimano il comportamento irresponsabile dei guidatori e coloro che invece tendono ad immedesimarsi nella loro con-

dizione («Uno sbaglio però può capitare a tutti…»). Mettiamola così: non siamo fatti per guidare. Il nostro cervello non è adatto alla velocità. Abbiamo regalato, a un io ipertrofico, macchine troppo potenti. Non c’è nulla di naturale nel guidare, non dovremmo dimenticarlo mai. Che percezione abbiamo, del mondo esterno, quando siamo chiusi dentro un abitacolo? Mentre spingiamo sull’acceleratore il campo visivo si distorce: immagini laterali ci corrono incontro, ma non ce ne curiamo. La nostra attenzione è fissa di fronte a noi. La velocità su gomma non costa fatica. Non è necessario avere muscoli buoni o fiato nei polmoni per azzardare un sorpasso. Degli odori e dei suoni esterni sappiamo poco o nul-

la. Ci fanno compagnia il rumore del motore, quello dei nostri pensieri, e il cigolio degli ammortizzatori mentre percorriamo strade dissestate. Però le sconnessioni più pericolose sono quelle che si formano dentro di noi: a volte inseriamo il pilota automatico, e ci perdiamo, senza accorgercene, nel groviglio di quelle che la tradizione buddista chiama “proliferazioni mentali”. Sentimentali, arrabbiati, semplicemente stanchi. Oppure distratti dalle molteplici identità digitali. Dovremo dunque attendere la diffusione in larga scala delle auto a guida autonoma per ridurre drasticamente il numero di incidenti? Nell’universo immaginato da Ian Mc Ewan nel romanzo “Macchine come me”, auto senza conducen-

L’auto che nella notte di sabato 4 gennaio a Lutago (Bz) ha falciato un gruppo di giovani tedeschi causando la morte di 7 di loro

te vengono progettate per rimediare al comportamento di uomini inaffidabili. L’esperimento però fallisce, di fronte al susseguirsi di colossali ingorghi e alla impossibilità di dirimere complicati dilemmi relativi alle persone da sottrarre alla morte, in caso di incidente, qualora non sia possibile salvare tutti.

Non resta che confidare in noi stessi, cercando di rispettare le regole del gioco: nessuno si illuda di trasformarsi in un cyborg fatto di muscoli e pistoni. Restiamo fragili, umorali: e forse proprio la coscienza dei nostri limiti rappresenta una possibile via di salvezza, per noi e per coloro che ogni giorno incrociamo per strada.


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