Emmaus 19 novembre 2019

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Avvento Veglia a Recanati

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l 6 dicembre alle ore 21.15, nella chiesa di Sant’Agostino a IRecanati si svolgerà la Veglia di

Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

Avvento presieduta dal vescovo Nazzareno Marconi. Traccia per la riflessione il verso leopardiano «Che fai tu luna in ciel...», messo a confronto con il Vangelo di Luca: «C’erano in quella regione dei pastori che pernottando all’aperto vegliavano tutta la notte» (2,8).

A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567 e-mail: redazione@emmetv.it facebook: emmetvmacerata twitter: emmetvmacerata

MACERATA

Martedì, 19 novembre 2019

Visita pastorale. Il vescovo: incontri semplici ma preziosi

Il Signore e il suo popolo DI

«Vorrei vivere una “Chiesa in uscita” per ascoltare, per vedere la fede, per pregare e benedire, per portare il Signore nelle case e nella vita»

NAZZARENO MARCONI *

H

o appena terminato la prima tappa della Visita pastorale nella unità pastorale di Cingoli, Moscosi, Sant’Angelo. Sono stati quindici giorni intensi che mi hanno dato modo di iniziare a comprendere come la Visita pastorale possa essere un evento di grazia soprattutto per il vescovo. La nostra vita frenetica, in un mondo dove tutto sembra funzionare perfettamente senza Dio, come se Dio non ci fosse, può intossicare anche l’anima di un vescovo. Lo dico con piena sincerità: facendo tante cose per Dio

e per gli altri, tutti corriamo il rischio di concentraci sulle cose, mettendo tra parentesi non solo gli altri, ma anche Dio. In questi passi iniziali della prima visita pastorale ho sperimentato tante volte che non era il vescovo

a incontrare le persone, ma davvero, anche per mio tramite, era il Signore che visitava il suo popolo, e proprio perché era Lui, e il popolo era davvero Suo, ho contemplato tante volte come il Signore e i credenti si siano subito

riconosciuti. Non sono state né le celebrazioni solenni, né gli incontri ufficiali i momenti più chiari di questa scoperta, ma soprattutto gli incontri semplici ed umili, quasi inaspettati. Una vera esperienza di grazia è

Vaticano Incontro speciale per cinque preti a mattina dell’11 nol’arcivescovo Lvembre

Renzo Fratini e don Luigi Taliani hanno concelebrato l’Eucaristia con papa Francesco a Santa Marta alle ore 7 in ricordo del 50° della loro ordinazione presbiterale. I due erano accompagnati da don Alberto Forconi, don Renato Buccolini (sacerdote attualmente in Belgio) e don Egidio Tittarelli. Subito dopo la celebrazione i cinque sacerdoti maceratesi hanno potuto salutare personalmente il Papa che li ha ringraziati per il servizio svolto. Il gruppetto ha poi visitato la Basilica di San Pietro sostando sulla tombe dei Papi e di San Pietro. «Un incontro emozionante – ha detto don Luigi Taliani – per le parole e l’attenzione che il Papa in maniera paterna e fraterna ci ha rivolto. Certamente è stato un bagno di forte spiritualità sia per l’incontro col Pontefice che per la lunga sosta nella Basilica di San Pietro». (P.Chi.)

A destra, la chiusura della Visita

Il Papa con monsignor Renzo Fratini e con don Luigi Taliani

Festeggiati Mimma e Pierino Mari, sposi da 70 anni

Settant’anni di matrimonio: è lo straordinario traguardo festeggiato domenica 27 ottobre da Pierino Mari e Filomena (Mimma) Menchi, rispettivamente 96 e 93 anni, all’Abbadia di Fiastra. Sposi l’11 settembre 1949, dopo 6 anni di fidanzamento intervallati dalla guerra che vide Pierino, fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre ‘43, rientrare in Italia solo nel 1946,

dopo essere finito coi russi addirittura a Odessa. A far corona c’erano i figli Rita, Albina e Albino, X nipoti e 5 pronipoti. Proprio per aspettare la nascita dell’ultimo di questi, si è posticipata la festa. Ovviamente, quando il celebrante don Rino Ramaccioni ha comunicato ai presenti alla Messa delle 10 cosa si festeggiava, l’applauso è scoppiato immediato e fragoroso. (P.Chi.)

stata la visita nelle case che mi ha fatto incontrare tanti anziani e ammalati. Un incontro di sguardi, l’ascolto di ricordi di vita che risalivano lontano negli anni, in un passato costellato di umiliazioni e stenti, ma anche di piccole gioie, tanto più vere e luminose delle nostre risate di oggi. Poi una preghiera fatta insieme, una benedizione, a volte la celebrazione serena e consolante del sacramento dell’unzione dei malati, un vero sacramento del conforto e della guarigione del cuore. «Mi dica alla Madonna che, quando le è comodo, se mi viene a prendere… io per me sono pronta», mi ha detto una signora piena di decoro nei suoi 90 anni ormai passati. In quelle parole semplici e dirette, ho visto la fede, una fede senza fronzoli, che vede già il paradiso e ha confidenza familiare con i santi. Ma ho visto la fede anche in due giovani, bloccati dalla paralisi sulle loro carrozzelle, che però lottano con una forza vitale che non è certo la loro. Una per completare l’università, nonostante le barriere… e non solo architettoniche. L’altro che compone canzoni rap, scrivendole con un computer che manovra con il gomito. La fede di questi giovani, come di tanti altri che ho incontrato è ancora solo voglia di vita, passione di bene, ma prima poi – ne sono certo – prenderà il volto più definito del Dio della vita e del bene. Negli incontri con i ragazzi e i giovani delle scuole, provocando le loro domande, facendomi raccontare le loro giornate, ho visto delle vite belle. Per fortuna molti di loro sono ben diversi dai giovani su cui si concentrano i racconti dei media. Si alzano molto presto e fanno un’ora e mezzo di autobus per venire a scuola, alcuni nel tempo libero fanno piccoli lavori e molti vivono il volontariato, dalla parrocchia alla Croce Rossa. Altri giovani delle scuole professionali nel fine settimana già lavorano in bar e alberghi. Anche il tema della fede, quando è presentata come vita e testimonianza e non come teoria, li appassiona. Certamente andando per strada si incontra di tutto, come un ragazzo dai jeans stracciati a vita bassa, con un giubbotto pieno di stemmi colorati, che vedendo la mia croce pettorale, una semplice croce di metallo sostenuta da una catena, ma ha detto, pensando alle vistose collane con pendagli d’acciaio dei suoi idoli musicali: «Bella sta collana… che fai? Sei un rapper pure tu?». La Visita pastorale, almeno vissuta così, mi è sembrata una bella e tonificante esperienza di quella “Chiesa in uscita” di cui parlano tanti e molti a sproposito. Io vorrei vivere una “Chiesa in uscita” per ascoltare, per vedere la fede, per pregare e benedire, per portare il Signore nelle case e nella vita… e ho sempre più chiara la sensazione che anche il nostro popolo è questa la “Chiesa in uscita” che attende. * vescovo

agricoltura. Un giorno per il grazie al Signore vescovi italiani hanno accompagnato sempre la vita rurale con grande attenzione. Anche la Chiesa universale già dal secolo scorso, soprattutto a partire da papa Pio XII, ha offerto messaggi forti alle imprese agricole e alla nazione italiana sia sul piano sociale che su quello specificamente religioso. La Coldiretti – fondata alla fine del 1944 da Paolo Bonomi, che l’avebbe poi diretta dino al 1980 – ha chiesto ai vescovi la presenza del “Consigliere ecclesiastico” all’interno dei propri organismi, segno dell’adesione a una visione religiosa della vita del mondo rurale, illuminata dalla Dottrina sociale cristiana. La celebrazione annuale della Giornata di Ringraziamento – di norma la seconda domenica di novembre, vicino alla ricorrenza di San Martino – è un momento forte di riflessione per tutta la grande famiglia Coldiretti, ma anche oltre i confini associativi. Del resto l’agricoltura rappresenta ancora una voce importante dell’economia e dell’occupazione in Italia pur in un contesto profondamente mutato nell’arco degli ultimi decenni. Ogni anno la Cei propone e commenta un tema particolare. In questo 2019, la 69ª Giornata di ringraziamento, è stata scandita dal tema: “Dalla terra e dal lavoro: pane per la vita”. Il pane è fonte di vita e di giustizia! – dicono i vescovi. – È forte la riflessione! Pane che dà vita, pane che si fa dono, pane per celebrare l’Eucaristia, mensa della Pasqua: da qui scuola di solidarietà che ci sollecita a spezzare il pane per tutti! «Padre nostro… dacci oggi il nostro pane quotidiano». Che contemplazione del creato, della terra e di tutti i diversissimi frutti del lavoro, delle piante, dell’acqua che disseta e feconda, dei fiori che allietano la vita, delle viti che producono vino… anche per la Celebrazione Liturgica. Che spettacolo di colori e di tutto lo scenario creaturale in questa stagione autunnale! Che spettacolo della vita! Ricordo quando un tempo, durante la “liturgia” della mietitura del grano, davanti alla croce piantata nel campo, c’era motivo di sosta e si pregava a lungo, per ringraziare. E poi il segno di croce su ogni pagnotta di pane, prima di infilarla nel forno di casa. Che pane! Che festa ogni volta che si apriva lo sportello per trarre fuori abbondante pane, magari accompagnato da una grossa, attesa “crescia,” delizia per noi piccoli. Un tempo in cui si baciava il pezzo di pane caduIl Ringraziamento to a terra, quasi a scusarsi di un involontario gesto di disprezzo e quale ringrziamento per il nutrimento dato. Sia lode all’Altissimo! Quante canzoni dedicate al pane! Quanti pensieri e sogni, guardando un mappamondo, sapendo della fame di tanti! Quanti non ce la fanno e chiudono drammaticamente la loro giornata! E che gratitudine verso chi opera generosamente per loro non offrendo un pesce, ma insegnando a pescare. Per fortuna si sta tornando con impegno a custodire il creato, così La Coldiretti provinciale di Macerata ha programmato per il 15 dicembre prossimo, a Recanati. Presiederà la celebrazione eucaristica l’arcivescovo Renzo Fratini, che benedirà i trattori e la campagna. I tanti doni in natura – frutti della terra – portati all’altare durante la Santa Messa saranno offerti a una comunità religiosa della città. L’invito a partecipare è esteso calorosamente a tutta la comunità diocesana. Giuseppe Branchesi, sacerdote

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Terremotati: restare per rigenerare comunità e relazioni «Restanza» significa anche investire sulla propria storia senza esserne prigionieri DI

GIANCARLO CARTECHINI

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asali è una piccola frazione di Ussita. La chiesa romanica che si trova all’inizio della strada che risale la Val di Panico, è stata pesantemente danneggiata dal terremoto; l’abside è quasi del tutto crollata. Dalla spianata adiacente si può godere una vista superba sulla parete nord del monte Bove. A pochi passi di distanza, nei pressi di una fonte, c’è un ri-

storante chiuso a causa del sisma. Gli ultimi post registrati dai proprietari nella pagina Facebook risalgono a un anno fa. Provo comunque a mettermi in contatto; vorrei sapere se è possibile raggiungere Casali. «Buongiorno Giancarlo – mi rispondono dopo qualche ora – al momento la strada che sale da Ussita è chiusa: il paese è tuttora in zona rossa». Anche i gestori del Rifugio Casali, trasferitisi altrove, continuano a lanciare segnali di esistenza online: immagini di boschi, profili di monti, e il volto solcato dalle rughe di Antonio, scomparso di recente. Una foto lo ritrae come un vecchio sfollato, cuffia in testa, nel camping di Porto Recanati. «Mi sapete dire dove è sepolto?», chiede qualcuno. «È sepolto a Casali», la risposta. Siamo in autunno inoltrato. La sta-

gione estiva si è conclusa da tempo e le strade danneggiate dal sisma tornano a essere intransitabili. È chiusa la strada per Casali, è chiusa la strada per Castelluccio. Eppure non mancano i segni di rinascita, commoventi come i gerani appesi alle finestre di quelle che chiamano “soluzioni abitative di emergenza”. È di questi giorni la notizia della riapertura della chiesa di Pievefavera e del restauro del suo organo. E lo scorso 9 novembre è stata inaugurata, a Pian di Pieca, la “Casa nel Cuore”, gestita dall’associazione Anfass Sibillini e destinata a ospitare persone con disabilità: a causa del terremoto molti hanno perso l’abitazione, così si è pensato ad allestire una struttura dove i ragazzi possano vivere insieme. Vito Teti, antropologo che ha pubbli-

cato per la casa editrice Quodlibet il saggio “Pietre di Pane”, ha indicato con il termine “restanza” la condizione di coloro che decidono consapevolmente di rimanere nel luogo delle proprie origini con l’intenzione di rianimarlo. Restare – ha scritto – non significa condannarsi a un immobilismo fuori dal tempo, ma attivarsi. Significa coltivare la rete di relazioni che costituiscono la vita di un paese, cercando di rigenerare e reinventarne l’identità. Perché non sono le case ristrutturate a identificare un luogo, ma la comunità che le abita. Resta da capire come questo profondo attaccamento alla propria terra possa conciliarsi con le migrazioni continue che caratterizzano il nostro tempo: «Traggo la mia energia dagli scossoni di un autobus, dal rombo di un

aereo, dal dondolio dei traghetti e dei treni» – fa dire alla protagonista di un suo racconto la scrittrice polacca Olga Tokarczuk, vincitrice del premio Nobel per la letteratura. Forse la contraddizione è solo apparente. Restanza non significa stare fermi, ma essere in perenne ricerca; promuovere forme di democrazia partecipativa e progettuale, anche in forte discontinuità con il passato. Investire sulla propria storia senza esserne prigionieri. In questo senso coloro che hanno deciso di restare rappresentano un approdo per coloro che ritornano. Non a caso a Frontignano è na-

ta una associazione di animazione del territorio, “Casa” (Cosa–Accade–Se– Abitiamo), che si è definita proprio un “porto di montagna”: luogo di confronto tra idee diverse di sviluppo e di ricostruzione. Perché di questo è fatta la vita dei restanti: sentieri solitari, incontri sinceri, e acque vagabonde che non si fermano mai.


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