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A Loreto, cammino nel segno della pace

DI GIUSEPPE LUPPINO

Èstata un po’ un’avventura, come per la prima volta... Come se fosse una esperienza nuova e tutta da vivere, dopo un gran fermento delle ultime settimane e la lunga attesa per lo stop di due anni dovuto al Covid 19. Una edizione del Pellegrinaggio da Macerata a Loreto, 44ª della serie, che ha colto di sorpresa tutti: autorità locali e territoriali in primis, organizzatori e partecipanti. Il desiderio di ripartire di don Giancarlo Vecerrica, ideatore e guida sempre in forma, ha però trascinato tutti: «Mi commuovono la sua passione e la sua gioia. Questi due anni di “fermo” per lui debbono essere stati terribili», dirà il cardinale Zuppi alla fine della santa Messa all’interno dello Sferisterio. Ed eccoli: più di un migliaio i pellegrini –numero volutamente limitato dagli organizzatori; molte le richieste di partecipazione che non è stato possibile esaudire per motivi di cautela – e i volontari assegnati ai vari servizi che ripartono come un nuovo inizio, con qualche incertezza nel ritrovarsi in strada all’uscita e nell’avviarsi nella notte, ma con gli occhi e il cuore rivolti alla Madonna di Loreto. Papa Francesco anche quest’anno in diretta telefonica, poco prima della Celebrazione eucaristica, rivolge il suo saluto ai presenti: «…portate la voglia della pace, chiedete alla Madonna la grazia della pace e impariamo a vivere in pace. Chiedete, per il dramma della guerra, che questa guerra finisca, che il popolo ucraino non soffra più, che abbastanza sta soffrendo, chiedete la pace, la pace. Vi accompagno con questo pensiero, questa petizione alla Madonna… Ecco, e così la Madonna continua a pregare su tutto il mondo anche per la Russia e l’Ucraina, che sono state consacrate». Migliaia di persone seguono invece l’evento attraverso tv e radio che trasmettono la diretta. La Messa presieduta dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, è concelebrata dal cardinale Menichelli, dal vescovo di Macerata Marconi e dall’arcivescovo di Fermo Pennacchio. Circa trenta i sacerdoti e i diaconi presenti. Il Cardinale durante l’Omelia invita al cammino della vita senza avere paura, «perché anche nelle valli più oscure si scopre che il pastore è con noi; Lui, l’unica vera sicurezza nella notte del potere delle tenebre, nella notte terribile della guerra… Guardiamo il cielo e le stelle che illuminano le notti più scure. La luce si vede di più proprio quando il buio è più fitto». Tra le testimonianze, due in particolare: di Elena Mazzola, docente universitaria a Kharkiv in Ucraina, presidente di Emmaus, organizzazione no profit che accoglie giovani con disabilità, orfani e bambini appartenenti a famiglie rifugiate a causa della guerra, e di Gemma Calabresi, moglie del commissario di polizia Luigi ucciso da terroristi di Lotta Continua nel 1972: «Il perdono non è una debolezza, ma una forza» afferma. senza viva in mezzo a loro? Cercare la gente più povera ed emarginata è la mia missione, dice don Felice, e se vuoi vivere veramente in Vangelo con loro devi starci. In Africa la situazione è difficile e il governo purtroppo non aiuta la popolazione, ma in compenso moltissimi giovani durante l’anno arrivano in Kenya per dedicare un po’ di tempo alla missione di Don Felice. È importante far conoscere la situazione soprattutto quando si rientra in Italia, far conoscere al mondo quello che abbiamo visto e vissuto e magari cambiare anche il modo di vivere. Purtroppo, la televisione e i media riferiscono ben poco della situazione africana e spesso con notizie forvianti.

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La situazione in Ucraina ha spo-

Si definisce: «un salesiano del fare» e spesso racconta che i «miracoli» avvengono, come quando qualcuno si accorge dell’altro Don Felice con un bambino di strada di Nairobi stato molto l’attenzione dall’Africa causando una grave perdita nell’ambito economico, la crisi alimentare dovuta alla guerra sta impoverendo ancora di più il continente africano, ma questo purtroppo non fa notizia.

Don Felice si definisce: “un salesiano del “fare” e spesso racconta che i “miracoli” avvengono! «Il primo miracolo è quello di dare la vita a chi non ha niente», «un miracolo è quello che sto vivendo in questi giorni, l’incontro con i ragazzi che sono nel carcere minorile», «il miracolo della cura di chi sta male», «il miracolo più grande è quando qualcuno si accorge dell’altro».

* Ser.Mi.G.O. Macerata

Uno scatto della messa presieduta dal cardinale Matteo Maria Zuppi allo Sferisterio SOLIDARIETÀ

2080 i presenti alla celebrazione eucaristica; molte le autorità (tra le quali il prefetto di Macerata Flavio Ferdani, il sindaco Sandro Parcaroli, il presidente della regione Marche Francesco Acquaroli, il Rettore di UniMc Francesco Adornato). Impegnati al montaggio e allo smontaggio della scenografia allo Sferisterio 23 persone, coordinate da Sergio De Carolis; circa 300 i volontari a disposizione del Servizio d’ordine, guidato da Massimo Orselli e Maurizio Paoletti, una trentina di persone impegnate a spingere carrelli di amplificazione e illuminazione; 60 i coristi allo Sferisterio e una decina lungo il cammino sotto la guida di Luigi Baldassarri. 32 medici impegnati, 20 ambulanze, 4 postazioni mediche e 4 di pronto intervento lungo il percorso, oltre 150 volontari tra cui oltre 40 infermieri, tutti coordinati dal dottor Mariano Avio, con il coinvolgimento della Croce Rossa di Macerata e di Loreto, la Croce Verde di Macerata, l’organizzazione “Macerata soccorso”, e l’Ordine di Malta. A Loreto, inoltre, altre 33 persone sono addette all’accoglienza e alla colletta. Ed ecco l’arrivo a Loreto, sono le 6 di domenica mattina: i pellegrini sono accolti dal cardinale Zuppi e dall’arcivescovo e delegato pontificio di Loreto Fabio Dal Cin. Monsignor Vecerrica ringrazia tutti e invita il direttore del “Comitato Pellegrinaggio” Ermanno Calzolaio a leggere un appello rivolto ai due presidenti di Russia e Ucraina: «…Noi abbiamo camminato con fiducia, perché siamo figli di don Giussani, il sacerdote milanese che ci ha introdotto alla bellezza dell’essere cristiani, il quale ci ha insegnato che la suprema categoria della ragione è quella della possibilità. Abbiamo questa ingenua e ragionevole fiducia che Lei, presidente Putin, e Lei, presidente Zelenskyj, possiate, come Mosè, aprire una nuova strada nel Mar Rosso, che faccia passare il popolo all’asciutto».

L’accoglienza al popolo ucraino si concretizza anche d’estate

Inun comune salone parrocchiale, che prima della Pandemia da Covid ha ospitato decine e decine di gruppi, si è svolta una cena che poteva sembrare un semplice momento di convivialità ma che ha espresso una tra le più concrete e genuine testimonianze di generosità e operosità del nostro territorio. Presso la parrocchia di Sant’Elena ad Avenale di Cingoli, dove soggiornano una decina dei profughi ucraini accolti dal CAS messo in piedi dalla Diocesi di Macerata, si sono ritrovati i gruppi che attualmente si trovano nelle strutture di San Lorenzo di Treia e della Domus San Giuliano di Macerata, insieme al vescovo Nazzareno Marconi e i vari operatori che in questi mesi si stanno adoperando per l’emergenza ucraina. Si tratta di una delle occasioni di integrazione che si cerca di mettere in atto per offrire a queste persone in fuga dalla guerra uno spaccato di serenità e l’occasione di andare avanti con le proprie vite.

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