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Don Felice Molino, una voce dal Kenya
DI LEONARDO GIUSTI*
N ell’auditorium della Casa Salesiana di Macerata Venerdì 27 Maggio si è tenuto un incontro con don Felice Molino, missionario in terra d’Africa. Don Felice viene ordinato sacerdote il 17 settembre 1977 nella casa salesiana della Crocetta di Torino.
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Nel 1981 parte missionario in Kenya, la prima destinazione fu Siakago dove contribuì ad apportare alcune migliorie alla missione e nel novembre 1982 fu trasferito a Embu dove ora sorge un grande centro professionale. Nell’agosto del 1987 fu la volta di Makuyu, dove rimase per 21 anni come parroco. Il primo contatto dell’Oratorio con il Kenya fu grazie a Don Ennio Borgogna che in occasione del Giubileo del 2000 propose ai ragazzi scout del Gruppo Macerata 2 di fare un’esperienza estiva di servizio in Africa, da allora per oltre 13 anni l’amicizia con Don Felice ha dato la possibilità ad oltre 300 giovani di essere accolti nelle case salesiane del Kenya per esperienze forti di servizio con i più poveri. Nel 2000 nasce anche il Ser.Mi.G.O. il servizio missionario giovanile oratoriano che promuove attività di sensibilizzazione e attenzione alle problematiche inerenti all’emarginazione, alla povertà e alla cooperazione allo sviluppo. Tutt’oggi l’associazione tiene contatti con l’Africa per il sostegno di piccoli progetti.
Durante l’incontro di venerdì scorso don Felice ha affrontato il tema della pandemia vissuta in Africa e ci ha illustrato la difficile situazione di Kibera, baraccopoli di oltre due milioni e mezzo di abitanti.Il suo lavoro insieme ai volontari e alle suore Missionarie della Visitazione consiste nell’andare nella baraccopoli e incontrare le persone più bisognose, capire la situazione e poi trovare soluzioni per poter aiutarle concretamente. Spesso nei suoi interventi Don Felice riprende le parole di Papa Francesco e ci fa notare quanto interesse ha il Santo Padre verso i poveri: «I poveri vanno cercati, non dobbiamo aspettare che vengano a bussare alla nostra porta». Noi nella nostra vita cerchiamo i poveri? Siamo una pre-
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