Emmaus e Avvenire aprile 2019

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A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567

particolare saranno trasmesse sul Canale 89 del digitale terrestre e in streaming sul canale Youtube della diocesi di Macerata tutte le celebrazioni del Triduo pasquale che il vescovo Marconi presiederà all’abbazia di Fiastra.

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MACERATA

Martedì, 16 aprile 2019

Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

giovani. L’esortazione «Christus vivit» ci chiede dei cambiamenti profondi

Ripartire ancora da Cristo Per il Papa la Chiesa deve saper accogliere, accompagnare, aiutare a discernere il bene e così integrare nel popolo di Dio tutti i giovani del mondo DI

NAZZARENO MARCONI *

S

e il messaggio di San Giovanni Paolo II ai giovani si poteva riassumere nell’invito: «Non abbiate paura», quello di papa Francesco, che emerge anche dalla recentissima Esortazione apostolica post–sinodale “Christus vivit”, si potrebbe invece sintetizzare in: «Non lasciatevi rubare la speranza e la gioia!». Il segreto per vincere la paura e alimentare la speranza e la gioia di vivere, che ambedue i Papi presentano, è sempre lo stesso: il cuore dell’annuncio cristiano, che cioè Cristo è vivo, è presente e opera nella storia per la nostra salvezza. Papa Francesco lo ha messo nell’incipit stesso dell’Esortazione: «Cristo è vivo e ti vuole vivo»; oppure come ad un orecchio contemporaneo suona più intenso: Cristo è il vivente e ti invita a essere vivente. Il Papa a più riprese mette i giovani davanti al rischio di una realtà in cui potrebbero morire dentro, pur mantenendo un’apparenza superficiale di vita, un rischio reale per tanti giovani diventati un corpo unico con lo smartphone, a cui affidano la sorgente dei loro pensieri e forse anche dei loro sogni. Mentre, come dice il Papa: «un giovane non può essere scoraggiato, la sua caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo, saper accettare proposte impegnative e voler dare il meglio di sé per costruire qualcosa di migliore» (CV 15). Papa Francesco però, pur guardando con grande lucidità e senza fare sconti alla situazione giovanile odierna, non cede mai al catastrofismo. «Questi giovani possono volare», è il suo costante atto di fede in loro. E non sta parlando solo dei giovani cristiani, quelli che vediamo dentro le nostre parrocchie e oratori e ai quali è stata finora indirizzata la Pastorale gio-

vescovo Il Triduo pasquale all’Abbadia di Fiastra Giovedì Santo – 18 aprile ore 10 – Messa crismale, con la consacrazione degli oli santi e il conferimento dei ministeri del lettorato e accolitato ai candidati al diaconato permanente ore 18.30 – Messa in Coena Domini Venerdì Santo – 19 aprile ore 18.30 – Adorazione della Santa Croce Sabato Santo – 20 aprile ore 21.30 – Solenne Veglia pasquale Santa Pasqua – 21 aprile ore 10.00 – Solenne Messa di Risurrezione

il sacramento

La Confessione: solo l’amore rende liberi DI FLAVIANO

D’ERCOLI

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vanile. Se infatti Francesco si indirizza ogni tanto a loro, lo fa solo per inviarli come annunciatori e testimoni del Vangelo a tutti i loro coetanei. Il cambiamento pastorale, anzi la vera conversione pastorale che il Papa domanda oggi a tutta la Chiesa, è primariamente una conversione dello sguardo: smettere di fissare le giovani pecorelle rimaste dentro l’ovile, le cui file si assottigliano sempre di più, per guardare invece a tutte quelle che si affollano sui monti e nelle valli del nostro mondo globalizzato. Per Bergoglio la Chiesa deve lavorare per accogliere, accompagnare, aiutare a discernere il bene e così integrare nel popolo di Dio tutti i giovani del mondo. Si tratta di un percorso pastorale che ormai ben conosciamo, almeno in teoria, ma sul quale è bene confrontarsi con chiarezza. È ormai chiaro che questo nuovo stile di Chiesa non è determinato dalla paura di non avere più “clienti”, per cui si tentano delle “offerte speciali” di misericordia. Papa Francesco è invece convinto che questo stile di apertura, inclusivo, accogliente, che privilegia l’ascolto rispetto all’annuncio, il discernimento rispetto al giudizio, stile simboleggiato dal racconto di Emmaus, debba essere la modalità pastorale caratteristica del cristianesimo del nuovo millennio. Dobbiamo però capire, per evitare equivoci pericolosi, che le parole di Bergoglio vengono da un vocabolario diverso dal nostro. Non si tratta solo di tradurre dall’argentino all’italiano, ma dalla sua esperienza di Chiesa latino–americana, giovane, nata dall’accoglienza di tanti popoli, protesa al futuro, e carica di una grande voglia e gioia di vivere, rispetto alla nostra impaurita Chiesa occidentale, che cerca sicurezze nei propri confini e guarda nostalgica al passato. Perciò l’“accogliere” nasce dalla convinzione che chi giunge è portatore di valore e di bene. “Accompagnare” significa predisporsi a un lungo cammino, dandosi a vicenda coraggio e sostegno. “Discernere”, secondo la grande tradizione gesuitica, è ricercare insieme la via più giusta che conduce al bene. Infine “Integrare nel Popolo di Dio” è forse per noi il concetto più complesso da comprendere. Il Papa ha detto più volte che per lui “popolo” è una categoria “mitica” (un concetto questo che all’inizio non aveva capito neppure l’Osservatore Romano, tanto da tradurlo con “mistica”!). Non sto parlando di filosofia astrusa, ma di concetti basilari per capire il pensiero del pontefice. Un Popolo, anche il Popolo di Dio che è la Chiesa, per Bergoglio è una realtà viva e cangiante, che cresce e si unifica condividendo la memoria di un racconto comune del suo passato, che ne determina l’identità. Per questo fa riferimento al concetto di “mito”. Per il Popolo di Dio questo racconto è la stessa Parola di Dio, come ribadisce l’”Evangelii Gaudium” e la storia di santità della Chiesa come ha insegnato più

L’Esortazione «Christus vivit» firmata a Loreto da Papa Francesco esposta nel Museo della Santa Casa

recentemente la “Gaudete et exsultate”. Accade a questo popolo come a una famiglia, che vivendo insieme costruisce la sua storia e la sua identità. Così ogni bambino che nasce, ogni nuova sposa o sposo che entra in famiglia, si sente raccontare questa storia, che sarà anche la sua storia, la chiave della sua identità. Ma è una storia che procederà d’ora in poi anche con il loro contributo includendo pure la loro storia passata. Per questo il Popolo di Dio è ben diverso da uno Stato, che nasce da una storia, ma anche da un “contratto scritto” come la nostra Costituzione, ha dei confini geografici, una lingua che lo identifica, ed è perciò necessariamente più rigido nell’accogliere sia il cambiamento che i nuovi cittadini. Forse in Europa abbiamo pensato la Chie-

sa, almeno fino al Concilio, più come uno Stato, una Nazione, che come un Popolo in cammino verso il Regno di Dio. Questo comporta progettare la pastorale, cioè lo stile di vita della Chiesa, in maniera diversa. Nella Chiesa, dare più valore ad autorità, strutture e norme rispetto alla vita e alla fede del Popolo è l’errore che papa Bergoglio chiama “clericalismo”. La grande domanda a cui il Papa cerca di rispondere con questa lettera mi sembra perciò: come fare dei giovani degli alleati per portare avanti questo modo nuovo di essere Chiesa? E ciò prendendo molto sul serio la definizione conciliare della Chiesa data dalla “Lumen Gentium” di Popolo di Dio in cammino verso il Regno (LG 9). * vescovo

Domenica delle Palme: il Signore dà occasioni, accogliamole

La chiesa abbaziale di Fiastra gremita ha vissuto la mattinata della Domenica delle Palme col vescovo Nazzareno. La Messa è stata preceduta nel chiostro dalla benedizione delle palme e dei ramoscelli d’ulivo. Quindi, seguendo la croce e il vescovo, la processione è entrata in chiesa. Qui il vescovo ha omesso l’omelia («Nessuna parola umana è adeguata a commentare la

Passione del Signore»), limitandosi a poche parole introduttive alla “Via Crucis” di san Luca. «Lungo la nostra vita il Signore passa portandoci la misericordia. Il buon ladrone ha avuto l’occasione per salvarsi, non l’ha persa: è il primo santo. Il Signore passa, dà delle occasioni per cambiare vita, per allontanarci dal male, per affidarci a lui: non perdiamo queste occasioni». (P.Chin.)

onfessare significa dire la verità, raccontare le cose così come stanno. «Ho detto solo la verità e tutta la verità»: che bello! Ciascuno comprende, per esperienza personale, che questo passaggio della coscienza mette le ali all’anima, le consente di volare, di librarsi leggera su qualsiasi situazione della vita. La verità rende liberi, dice Gesù. Eppure... Eppure la confessione dei propri peccati è un ostacolo spesso insormontabile: ammettere, di fronte a se stessi, la verità di questioni che vorremmo non fossero mai esistite, che minano alla base la stima che abbiamo di noi stessi e che gli altri hanno di noi beh… Rivelare le è nostre oscurità questo difficilmente a una persona sopportabile. Figuriamoci di che ci vuole fronte al bene è l’unico sacerdote. Meglio tacere. modo per Meglio dimenticare. parlarne Meglio negare. con verità: Ma Gesù ci vuole liberi e ci offre la chi ci ama il non smetterà libertà: sacramento della Riconciliazione. di amarci Rivelare le nostre oscurità a una persona che ci vuole bene è l’unico modo per parlarne con verità, senza mistificazioni: chi ci ama, pensiamo, non smetterà di amarci per quello che raccontiamo; questo amore è la nostra forza e la luce del nostro sguardo. Da soli ci nascondiamo; amati ci riveliamo: e ci amiamo di più. Confessarsi significa essere resi liberi grazie alla verità dell’amore. Non è un caso che spesso i bambini preferiscano raccontare le questioni più difficili che si trovano ad affrontare soprattutto ai nonni. Nel loro cuore, inconsapevolmente, sanno che i nonni ne hanno viste tante; sanno che non si scandalizzeranno; sanno che, se anche fossero scandalizzati, il loro affetto non verrebbe meno e continuerebbe a prevalere su tutto. Il legame è forte. I nonni sono fedeli. I nonni custodiscono i nipoti. Un nonno è per sempre. Questa immagine semplice della misericordia dei nonni trova la sua radice nell’amore del Padre celeste, il nonno di tutto il mondo. Egli è il Padre di Gesù, il Salvatore. Lo ha accompagnato a morire per i nostri peccati. Ha sostenuto Lui e ha perdonato noi: davvero grande è il suo amore. E davvero grande è anche la compassione di Gesù: tradito, perdona. «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno». Gesù ha imparato dal Padre: quale Padre, tale Figlio. Se uno è amico di Gesù, confessarsi con Lui è cosa semplice: «Tu sai Gesù che ti voglio bene, abbi pietà di me!». Buona Pasqua. W la libertà.

Evadere dalle gabbie di Internet per restare umani Nel Web imperversano tribù dove informazioni e idee rimbalzano e si autoalimentano DI

GIANCARLO CARTECHINI

L

a stanza nella quale sei appena entrato è buia. Sparsi sul pavimento ci sono alcuni cuscini sui quali sedersi. Sulla parete di fondo scorre a ciclo continuo un’opera di Ryoji Ikeda, artista e compositore giapponese di musica elettronica. Ti trovi a Roma per lavoro, e hai approfittato di qualche ora libera per andare a visitare una mostra di arte contemporanea, “Dream, l’arte incontra i sogni”.

Vicino alla tenda all’ingresso, un cartello avvisa che la visione dell’opera può provocare vertigini. Ora comprendi perché. Lo schermo proietta sequenze ipnotiche di numeri bianchi che precipitano velocissimi, poi si fermano, quindi invertono improvvisamente la direzione. Impossibile distogliere lo sguardo. Assi cartesiani in movimento individuano punti nello spazio definiti da stringhe alfanumeriche. Frequenze anomale, bit, pixel, pulsazioni. Atomi di suono puro, fruscii di fondo. Il battito di un cuore giunge filtrato dal liquido amniotico di cifre nel quale ti senti immerso e che ti affascina inspiegabilmente. Non riesci più ad uscire dalla stanza. Che sia proprio questo, ti viene da pensare, quello che accade nell’universo digitale? Il suo lato segreto, l’of-

ficina di algoritmi che governa il flusso di informazioni e di rapporti che finisce per rinchiuderci (che paradosso!) in gabbie dalle quali non siamo più in grado di liberarci? Walter Quattrociocchi, docente di scienze informatiche all’università di Venezia, ha recentemente affermato che quando navighiamo in rete consumiamo solo informazioni conformi alla nostra visione del mondo: le altre non le prendiamo neanche in considerazione. Adottiamo cioè strategie cognitive primitive. Come i cavernicoli del film “ I Croods”, ci dividiamo in tribù all’interno delle quali celebriamo il nostro credo condiviso. Detta in altri termini, si tratta di un aspetto preoccupante e irrazionale di polarizzazione delle opinioni, chiamato anche echo chamber: un am-

biente chiuso in cui le informazioni, le idee o le credenze rimbombano in continuazione, finendo per autoalimentarsi. Di fronte a questo fenomeno, tentare di fronteggiare il dilagare delle fake news solo con una verifica puntuale dei fatti e delle fonti, rischia di essere poco efficace. Per rompere l’incantesimo, sarebbe necessario cercare di limitare le derive emotive e polarizzanti della comunicazione e della stessa informazione. Uscire dalla stanza, insomma, cercare di abbatterne i muri. Già nel 1998 (età davvero preistorica per Internet) il sociologo francese Michel Maffesoli individuava il tratto caratterizzante della post–modernità proprio nell’incontro tra arcaico e tecnologico. Nella rete – affermava – nascono in continuazione vere e proprie

tribù tenute insieme da un collante di emozioni. E si spingeva ad affermare che la diffusione di Internet, e dei suoi micro gruppi, era la prova lampante della crisi della modernità e dei suoi Un’opera di Ryoji Ikeda valori universali. Le sue parole risuonano profetiche: ci una perenne emergenza. sono conquiste di civiltà che semNo, nessuna corazza, pensi uscenbravano acquisite in via definitiva e do dalla stanza che ti aveva inche invece traballano pericolosaghiottito. Sono le capacità di ramente. Le tecno–tribù veicolano egionare e di provare tenerezza, le mozioni che invece di svanire aucaratteristiche che ci rendono uomentano di volume a ogni passagmini. Non lasciamoci arruolare. gio di testimone. Lo sanno bene quei Piuttosto disertiamo. Alziamo le politici che fomentano odio e invimani nude, e andiamocene altrove. tano alla mobilitazione in nome di


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