Don giovanni simonetti

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Ricordo di Don Giovanni Simonetti Tecnostampa di Recanati 2015



Don Giovanni Simonetti • Nasce a Castelfidardo il 9 Settembre 1925 da babbo Emilio e mamma Arduina. • Riceve la vocazione sacerdotale già alle elementari. • Entra nel Seminario Diocesano di Recanati dove frequenta la Scuola Media. • All’età di 15 anni entra in Seminario a Fano dove frequenta il Liceo completando gli studi di Filosofia e Teologia. • L’11 Aprile del 1950 viene ordinato Sacerdote nella chiesa Collegiata di S. Stefano in Castelfidardo, dal Vescovo Mons. Aluigi Cossio. • Dal 1950 al 1968 è Concurato a Castelfidardo nella Parrocchia di S. Stefano. Tante sono le attività che svolge ma la più importante è sicuramente seguire i ragazzi nel Circolo Ricreativo Toniolo, ideato e creato da don Paolo Pigini. • Consegue la Laurea in Filosofia nella Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Perugia. • Dal 1968 al 1972 è Direttore Spirituale del Seminario di Fano. • Dopo una esperienza lavorativa e spirituale in Germania, assieme ad alcuni suoi studenti del Seminario, sollecitato fortemente dal Vescovo Mons. Tonini, fa rientro a malincuore in Italia e in Diocesi accettando l’ultima opzione di una lista di prestigiose offerte pastorali a lui presentata: diviene Parroco della Parrocchia di campagna San Giuseppe in Tolentino. • Dal 1975 al 1991 gli viene assegnata la cattedra di Filosofia presso il Liceo “G. Leopardi” di Recanati. Nel frattempo sceglie di amministrare la piccola Parrocchia di Santa Croce in

Recanati ove pone anche la sua residenza, sino al 1986. • Dal 1986 ad oggi diventa co-parroco della Parrocchia di SS. Agostino e Domenico in Recanati. • Tra le sue tante attività benefiche, non solo verso i poveri e le persone più disagiate, vogliamo ricordare di aver fondato l’Università della Terza Età, ove ha profuso con capacità e sacrificio tutto il suo impegno, ricoprendone l’incarico di Presidente per molti anni. • Profondo conoscitore della storia della nostra zona, sacerdote esemplare, amato e benvoluto da tutti.

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Un Sacerdote, maestro di spiritualità e di profonda cultura Ci scusiamo con tanti suoi amici ed estimatori che avrebbero voluto portare il loro contributo, ma non è stato possibile inserire tanti ricordi se non realizzando un grosso volume invece di questo piccolo libro.

Introduzione

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on Giovanni Simonetti non avrebbe gradito la stampa di questo opuscolo: chi lo ha conosciuto, così schivo e umile, lo può affermare con certezza.

La quarantina di testimonianze riportate ci aiuteranno a comprendere quanto grande, sotto tutti i punti di vista, fosse stato Don Giovanni e come la Grazia abbia operato per tanti anni nella Sua anima, arricchendola dei suoi preziosi doni.

Il presente fascicolo però non viene scritto per Don Giovanni, ma per tutti coloro che hanno avuto il piacere di incontrarlo e che, leggendo alcuni pensieri qui raccolti, potranno ricordare il Suo grande valore spirituale, culturale e umano.

Leggendo le parole delle persone che gli sono state accanto, non possiamo che rimanere fortemente commossi e dire a noi stessi che avremmo dovuto avere più contatti con Don Giovanni per poterlo apprezzare meglio e perché i Suoi esempi e le Sue parole avrebbero potuto far crescere maggiormente la nostra spiritualità. Ringraziamo tutti vivamente la Divina Provvidenza di aver donato alla nostra comunità un Sacerdote tanto vicino ai suoi fedeli e che ora dal Cielo continuerà a pregare per noi. Don Giovanni ci stringeva le mani, soprattutto nel momento del commiato, dicendoci: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE e noi ripetiamo queste stesse parole proprio a lui perché siamo stati veramente fortunati di averlo conosciuto. Per il Comitato don Lamberto Pigini

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Sua Eminenza il Cardinale Edoardo Menichelli

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Signore, e splenda a Lui la luce perpetua, riposi in pace. Amen”. La Comunità di Castelfidardo ricorderà Don Giovanni Simonetti nel giorno della Trigesima della sua scomparsa, il 28 marzo, nella Chiesa Collegiata alle ore 18.30. Mentre la Comunità di Recanati lo ricorderà nel giorno della Trigesima, sempre il 28 marzo, ma alle ore 18 nella Chiesa di Sant’Agostino. Sua Eminenza il Cardinale Edoardo Menichelli

e comunità di Castelfidardo e Recanati sono molto grate a Sua Eminenza il Cardinale Edoardo Menichelli per la particolare attenzione che ha messo verso don Giovanni Simonetti negli ultimi giorni della sua vita, andandolo a trovare per portargli la Sua benedizione nell’ospedale di Osimo e soprattutto per aver partecipato il 26 febbraio ai suoi funerali a Castelfidardo.

Il presente opuscolo è stato composto da alcuni estimatori di don Giovanni Simonetti, ma erano tanti che volevano unirsi a loro e si è voluto rispettare la forma dell’opuscolo che non può essere di tante pagine. In ogni modo in questi giorni la figura di don Giovanni Simonetti è stata ricordata non solo in tutta la nostra zona, ma anche altrove perché la sua fama di filosofo scalzo, di cultura superiore, ma soprattutto di grande passione apostolica, era diffusa un po’ ovunque. Chiediamo al Cardinale Menichelli, rammaricato di aver conosciuto troppo tardi e non a fondo Don Giovanni, di unirsi a noi con una preghiera di suffragio, insieme a Mons. Giuseppe Orlandoni, cugino di don Giovanni, insieme al Vescovo di Macerata, Mons. Marconi Nazzareno, al Vicario Generale di Macerata, Mons. Pietro Spernanzoni, a don Bruno, Parroco di Castelfidardo e insieme anche ad altri Sacerdoti della zona come pure insieme a tanti delle comunità di Recanati e Castelfidardo dicendo: “L’eterno riposo dona a don Giovanni, o

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... perché tutti i Preti della mia Diocesi sono sempre nel mio cuore

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ne ricevo commozione e gioia grande, perché tutti i Preti della mia Diocesi sono sempre nel mio cuore. Anche questo opuscolo, nel quale sono invitato ad esprimere un mio pensiero, rappresenta un segno indelebile di quanto stimato e amato fosse stato don Giovanni. Ringrazio la Provvidenza per averci donato un Sacerdote che ha lasciato un segno profondo della Sua vita, oltreché della Sua profonda cultura.

o incontrato solo due volte don Giovanni Simonetti e sono rimasto veramente colpito dalla sua Fede e soprattutto dalla sua Cultura.

Profondo conoscitore di Giacomo Leopardi, mi regalò anche un suo studio sulla figura del grande poeta recanatese.

Mi unisco alla preghiera di tutti i recanatesi che hanno conosciuto e amato don Giovanni e prego con loro, perché il Signore ci doni delle Sante Vocazioni che possano continuare quel lavoro apostolico così prezioso, proprio come fece don Giovanni per tutta la vita. @ Nazzareno Marconi Vescovo di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia

Il giorno dell’ottavario della scomparsa del carissimo don Giovanni ho voluto presenziare alla cerimonia tenuta nella grande Chiesa di Sant’Agostino di Recanati, ove ho visto proprio tantissimi fedeli, ad indicare quanta stima e quanto affetto avessero i Recanatesi per don Simonetti e dissi che tutte le volte che vedo stima, ammirazione e devozione per un Sacerdote da parte dei fedeli,

Città di Recanati

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Un fratello, un padre e un maestro di vita

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n fratello, un padre, un maestro di vita: ecco chi è stato Don Giovanni Simonetti per me. L’ho conosciuto sin da piccolo, anche per via di un certo legame di parentela con la famiglia Bontempi a cui appartenevano sua madre e mia nonna. Ma il mio rapporto con Don Giovanni si è sviluppato soprattutto al Circolo “Toniolo”, dove praticamente sono cresciuto negli anni dell’adolescenza e della giovinezza. In quel tempo all’Oratorio c’era anche, come giovane e dinamico sacerdote, Don Lamberto Pigini.

molti lo ricordano e lo piangono come un proprio famigliare. Vogliamo ringraziare il Signore per averci donato in Don Giovanni un modello di vita: sono certo che quanto ha seminato non mancherà di dare frutto. Lui ormai si trova nell’abbraccio misericordioso del Padre dei cieli: mentre noi ci ricordiamo di lui, lui si ricordi di noi che di questa misericordia e tenerezza abbiamo estremo bisogno.

@ Giuseppe Orlandoni, Vescovo di Senigallia

È proprio dall’esperienza dell’Oratorio che poi è nata la mia vocazione al sacerdozio. Sono tanti e indelebili i ricordi che delineano la sua personalità: un sacerdote tutto d’un pezzo, un vero pastore, animato da una fede granitica, una sapienza lucida, un’umiltà profonda e una carità straordinaria. Si interessava alla vita di chiunque aveva modo di incontrare (ricordandone poi il nome, anche a distanza di tempo), mostrandosi accogliente verso tutti, sia verso i poveri in senso economico, sia verso chi aveva qualche pena e chiedeva un consiglio, un incoraggiamento, una preghiera. Innumerevoli sono i gesti di bontà, di solidarietà, di amicizia che ha disseminato durante i lunghi anni della sua vita. Ha educato una generazione di giovani sia in Parrocchia (Oratorio), sia a Scuola (è stato docente di Filosofia al Liceo), sia in Seminario (come Direttore spirituale). A Castelfidardo e a Recanati, luoghi dove ha trascorso gran parte della sua vita,

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Mio Fratello Don Giovanni

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molto faticoso per me mettere insieme i ricordi del mio amato fratello. Era speciale, dolcissimo, ma allo stesso tempo determinato nelle sue decisioni.

dei nostri cari fratelli. Non ci ha mai lasciati soli!! Ogni istante con lui è un ricordo: la sua Laurea a Perugia, il suo trasferimento a Fano (non passava domenica che io, Alvaro ed Angela non andassimo a trovarlo, e lui aspettava con ansia il nostro arrivo per farci conoscere i suoi Seminaristi!), il periodo trascorso in Germania e le sue telefonate per cercare di tranquillizzarmi. Sapeva però in cuor suo che io non ero serena per quella decisione che aveva preso. Poi finalmente il ritorno a casa e la sua cattedra di Filosofia al Liceo Classico di Recanati, che dava un po’ di serenità a tutti noi.

Ricordo che, quando ero ancora piccola, non mi piacevano in nessun modo le melanzane. Un giorno mi impuntai con mamma e decisi che, pur di non mangiarle, sarei stata a digiuno. Quando arrivò a casa Don Giovanni, mamma gli raccontò quello che stavo facendo e lui risoluto mi disse: “Bene Antonietta, non mangiare, ma sappi che quando avrai fame ci saranno solo melanzane!!!” Per tre giorni di seguito non ho visto altro che melanzane a pranzo e cena. E lui che non tornava sulla sua decisione! Alla fine fui costretta a mangiarle. Da quel momento sono diventate il mio piatto preferito!

Da quando si era trasferito a Recanati nella Parrocchia di Sant’Agostino, ogni Sabato io ed Alvaro eravamo da lui. Giornate tranquille e serene in cui parlavamo di tutto. Lui ci aspettava nella piccola chiesa di San Michele per poi fare una passeggiata al mercato, dove incontrava amici, suoi ex studenti che si fermavano a parlare con lui.

A parte questo indelebile ricordo, Don Giovanni ha scelto di vivere la sua vita come lui stesso desiderava: in povertà e semplicità. Ha sempre dedicato la sua esistenza ai poveri, ai bisognosi di affetto, alle persone che cercavano in lui conforto e pace. Ma nonostante questo, il senso di appartenenza alla nostra famiglia e l’amore che nutriva per ciascuno di noi era infinito! Ha celebrato ogni momento delle nostre vite: i matrimoni, i battesimi dei nostri figli, le loro comunioni e cresime, e con grande sofferenza, i funerali di mamma e

Ma adesso Don Giovanni voglio ricordarti così, custodendo gelosamente questo ricordo nella mia mente e nel mio cuore: Il tuo dolcissimo sorriso e i tuoi occhi posati su di me un attimo prima di emettere il tuo ultimo respiro. Che tu sia nella gloria del Paradiso, tra gli Angeli e i Santi. Antonietta Simonetti

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Zio Don Giovanni

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portasti a dormire con te…. ma ti rendesti conto la mattina dopo che purtroppo nella notte lo avevi schiacciato e ti rammaricasti tantissimo. Tutti noi nipoti ricordiamo nitidamente quell’episodio perché era la dimostrazione del tuo infinito amore per ogni forma di vita. I ricordi sono tantissimi e si accavallano, ma voglio avere questo ultimo ricordo di te. Era una stupenda serata d’estate e io ero rimasta con te a San Giuseppe a Tolentino, avrò avuto 14 anni, ad un certo punto mi prendesti per mano e mi accompagnasti di fuori, in un punto buio, dove si vedeva solo il cielo stellato. “Vedi Lalla - così mi chiamavi - la prima stella che vedi è Venere, le altre formano il Piccolo Carro, le altre ancora il Grande Carro”, e così via fino a spiegarmi un sacco di costellazioni. E io ti dissi: “Ma zio, quante cose sai?” E tu: “Lalla, ricorda sempre che nella vita non è importante conoscere bene una sola cosa, ma dobbiamo imparare a conoscere tante cose!” E questa frase l’hai ripetuta fino all’ultimo anche ai mie figli! Caro zio Nanni, voglio ricordarti così…sereno.. sotto quel cielo stellato che tanto ammiravi e che ora è diventato la tua casa. La tua semplicità, la tua umiltà, la tua bontà, la tua fede, la tua grande conoscenza e la tua dolcezza rimarranno sempre scolpite nei nostri cuori. Grazie, grazie, grazie, per essere stato il nostro amato Zio! Maria Santissima Madre di Dio ti accolga in cielo tra i Santi. Angela Galassi

ra il 2 Agosto del 1960. Giornata molto calda! Tu stavi accompagnando verso il suo ultimo viaggio una persona deceduta. Ad un tratto…una grande confusione...Si sentiva da lontano qualcuno correre con gli zoccoli e mentre correva ti chiamava “Don Giovanni, Don Giovanni, t’è nata na’ nipote!” Nonostante il dolore per quella povera anima, le persone non potettero fare a meno di sorridere! Quella nipote, con quel nome che tu stesso hai scelto, ero io. E spesso mi raccontavi divertito questo aneddoto.

Da quel giorno di 55 anni fa il mio legame con te è diventato indissolubile e fortissimo. Ho vissuto con te una grande parte della mia infanzia, in quella grande casa davanti alla chiesa di San Francesco dove tante persone venivano a trovarci e nonna e mamma erano sempre pronte ad aggiungere un piatto in più a tavola senza mai lamentarsi. Mi portavi con te al Circolo Toniolo, alla celebrazione delle tue Sante Messe, e io insistevo continuamente per dire Messa con te…E tu, penso preso per sfinimento, mi dicevi “Lalla, non puoi dire Messa con me, ma puoi vestirti da chierichetto!” Non potevi capire che gioia era! E ancora nei ricordi dei miei cugini… quelle splendide giornate trascorse a San Giuseppe e a Santa Croce con tutte le nostre famiglie: zio Alberto, zio Mario, zia Giulia, mamma e babbo e tutti noi che giocavano e ridevano spensierati nei campi vicino alla Chiesa. E tu che una sera a Santa Croce trovasti un uccellino ferito e lo

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Quando ho celebrato la Messa il giorno del funerale, mi sembrava di avere al fianco il caro Don Giovanni

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per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” (1^Corinti 1,22-25) Qui c’è la sapienza e la grandezza di Don Giovanni, nella sua umiltà e fragilità.

ultima volta che ho celebrato l’Eucaristia con accanto a me, in piedi, don Giovanni, è stata il giorno del funerale di suo fratello Alberto. Quel giorno ho invitato Don Giovanni a presiedere lui la Celebrazione. Mi ha risposto: “No, no, fai tu; tu sei il Parroco”. Quando ho celebrato la Messa dell’ot-

La prima volta che l’ho incontrato, nel 1968, ero nel Seminario Regionale di Fano. Allora arrivò come Padre spirituale. Una mattina, quando faceva meditazione ai seminaristi che si attendevano lunghe prediche, disse soltanto tre parole, poi sedette in silenzio. Fu la meditazione più bella che io ricordi. Quando sono arrivato a Castelfidardo nel 1990, ho respirato la presenza di don Giovanni, anche incontrandolo saltuariamente. Ho capito in più occasioni quanto amore avesse nel suo cuore per Castelfidardo e per la Chiesa Collegiata di Santo Stefano. Qui ha ricevuto il Battesimo, la Cresima e la Comunione. Qui è stato ordinato Sacerdote e ha celebrato la prima Messa. La scelta del commiato nella chiesa di san Benedetto al Circolo Toniolo e della sepoltura nel cimitero di Castelfidardo, sono la testimonianza concreta della sua appartenenza a questo paese. Di ogni persona castellana che gli passa accanto, lui conosce nome cognome e soprannome. A tutti ha detto: “Grazie, Grazie, Grazie! Dio ti Benedica”. Grazie di tutto, don Giovanni. Prega per noi e noi promettiamo di fare altrettanto per te. Don Bruno Bottaluscio Parroco Prevosto della Collegiata S. Stefano Castelfidardo

tavario di Don Giovanni in Collegiata, ho sentito ancora accanto a me la sua presenza, ricordando le parole del Vescovo Nazzareno che nella Chiesa di Sant’Agostino a Recanati, ha detto : “Quando celebriamo in memoria di un sacerdote, non celebriamo “per”, ma “con”, perché siamo sacerdoti per sempre in Cristo”. E ha aggiunto: “In Paradiso ci va, chi già ci sta”. Quella sera l’ apostolo San Paolo ci ha ricordato che mentre c’è chi chiede i miracoli e cerca la sapienza, “noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza

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Un prete di grande fede, molta preghiera e tanta carità

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conoscerti m’ha dato tanto. Io te conoscio, te conoscio be’ Giovà, per me si’ da santificà. Però don Giovà, méttete i carzitti, tira fori ‘sse ma’ d’e saccocce, ccuscì starà zitte e linguacce.” (Vincenzo Menghini)

o ricordo come prete di grande fede, molta preghiera, tanta carità in tutti sensi: non giudicava nessuno, scusava sempre, aiutava tutti. Aveva la capacità di ascoltarti, con discrezione, senza fare domande indiscrete, senza giudicare... mentre ti accarezzava le mani e ti guardava con tenerezza, ma deciso a troncare il discorso se diventava futile. Era molto attento ai poveri. Non mandava via nessuno a mani vuote. Ho visto diversi extracomunitari increduli alla notizia della sua morte, perché perdevano un punto di riferimento sicuro. Qualcuno di essi ha chiesto dove è sepolto per andare a onorare la sua tomba.

Don Pietro Spernanzoni Vicario Generale di Macerata

Non voleva disturbare mai nessuno. Anche quando stava male, se lo andavi a trovare, dopo un po’ ti mandava via dicendo: “Vai, vai... hai cose più importanti da fare...” Di grande cultura. Memoria storica delle nostre chiese. Di tutte conosceva ogni dettaglio, conservava con cura ogni elemento architettonico e i frammenti che eventualmente cadevano. E di ogni chiesa conosceva e amava ricordare tradizioni e forme di religiosità popolare. Caratteristico per la sua andatura barcollante, i piedi nudi nei soliti sandali. Così lo ha ritratto anche Vincè Veleno nella sua satira: “don Giovà, méttete i carzitti. Intento nei lunghi silenzi, con la tua muta preghiera, non t’accorgi ch’è sera. La tua scienza Giovà, è colma d’ogni sapere, tu sei un grandissimo prete. Salirai molto in alto, con quel cammino da scalzo,

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Ti ricordo così

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miltà, Cultura, Fede, Amabilità, Generosità, Gentilezza, Signorilità, Conversazione fraterna, Riservatezza generosa. DON GIOVANNI, così ogni giorno si presentava a noi con l’AVE MARIA sulle labbra e con la letizia dei saluti continui, non lo possiamo dimenticare. Ci manca, ma lo sentiamo benefattore. Grazie Don Giovanni e perdona la nostra durezza e implora per noi la misericordia del PADRE. Don Vincenzo Quercetti (Un Sacerdote di Recanati, Suo amico)

Don Giovanni con alcuni Associati di Moica

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In una comunità una persona come don Giovanni Simonetti nasce solo una ogni tanto

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er oltre 80 anni sono sempre stato al suo fianco e debbo dire che la mia stima per don Giovanni è sempre cresciuta com’è cresciuto l’esempio che emanava dalle sue parole e dalla sua vita.

mondo della scuola, ma anche di tutti coloro che erano nel bisogno. Di don Giovanni, pur dovendo dire un mondo di cose, non dico niente perché molti hanno parlato di lui, ma mi limito a ricordare che Castelfidardo, sicuramente a seguito della invasione dei Piemontesi allo Stato Pontificio, ha fatto crescere in molti lo spirito anticlericale, al punto che tanti non ricevevano il

Ricordo i giorni del nostro, ormai tanto lontano Ginnasio nel Seminario di Recanati, ove Giovanni Simonetti oltre ad essere di esempio a tutti noi nello studio, era anche un esempio di fede e di bontà che si notava chiaramente nella sua vita. Siamo poi passati nel Seminario Regionale di Fano, durante la seconda guerra mondiale, ed anche lì sempre il migliore della classe e di esempio a tutti nella preghiera e nella vita di Seminario. Nell’ultimo anno di teologia si ammalò e fu ricoverato in Ospedale la qualcosa gli procurò di essere ordinato Sacerdote con un anno di ritardo. Nel 1951 divenimmo entrambi “Coparroci” nella Collegiata di Castelfidardo e questo per alcuni anni, e lì è incominciata a crescere ancora di più la mia stima profonda e la mia ammirazione per don Giovanni, in quanto vedevo Lui come un apostolo appassionato e capace, che conosceva tutti ed aveva una parola adatta per ciascuno di loro.

sacerdote nemmeno in punto di morte. Hanno fatto eccezione solo alcuni di loro, perché di nascosto chiamavano don Giovanni. Dico infine che per me vivere accanto a don Giovanni è stata una particolare Grazia della Provvidenza e concludo affermando che una persona come don Giovanni Simonetti, in una comunità, ne nasce solo una di tanto in tanto.

Io già mi trovavo a Recanati nel 1975 per svolgere attività diocesane, quando a don Giovanni fu assegnata la cattedra di filosofia nel liceo di Recanati e da allora per 40 anni lo vidi giorno dopo giorno quale apostolo non solo nel

don Lamberto Pigini

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Don Giovanni un uomo innamorato della vita

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on Giovanni ci ha aiutati a conoscere l’amore di Dio. Era un uomo innamorato della vita, della vita in tutte le sue manifestazioni: amava la piante, i fiori, i funghi, la musica, il canto, la matematica, l’arte, la storia, le stelle, le parole e gli uomini. Amava i bambini, i giovani, gli adulti, gli anziani; chi lo ha conosciuto lo sa, si è sentito da lui amato. Gioiva negli incontri. Aveva a cuore gli anziani, andava a visitarli, li andava a cercare nelle loro case, nei loro letti. Li prendeva per mano, li faceva raccontare, ripetere, cantare, ridere, si divertiva lui e faceva divertire loro. Si preoccupava della loro salute e della loro solitudine. Schivava gli inviti, ma le domeniche, Natale, Pasqua li trascorreva al tavolo di qualcuno dei suoi amici soli. Se penso a Don Giovanni penso ad un presidio. Ci invitava a pregare per la Patria e per il Mondo, richiamava la storia, le tradizioni. Lo sguardo si allargava abbracciando il passato e ci sentivamo rinvigoriti dentro il nostro presente.

Ci invitava a osservare anche i mattoni e a leggerne le storie. Presidiava le sue chiese. Vi entrava cantando. Le amava, vi passava le ore a leggere, pregare, scrivere. Andare alla messa celebrata da don Giovanni era come entrare in un’altra dimensione, quella dell’essenziale, della verità, della lentezza, in cui si lascia alle parole il tempo di sprigionare la loro forza liberatrice. La prima volta che partecipai alla messa celebrata da lui rimasi colpita dal suo totale coinvolgimento, mi parve che il suo pathos lo scuotesse. Le parole, i gesti, il canto, tutto era solenne e quella sacralità è rimasta tale sempre. Don Giovanni era un uomo giovane di spirito, si è invecchiato e non ce ne siamo accorti; anche adesso che non lo vediamo più tra noi, lo ricordiamo per la sua luce, la sua lievità e la sua gioia che chiediamo al Signore di riuscire a tenere vive. Francesca Senigagliesi (Insegnante di Porto Recanati e Sua ex Allieva)

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La sua Messa mi dava la sensazione di essere nel Tabernacolo e parlare con Gesù!

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scarsamente illuminata della Chiesa di S. Michele, avevo la sensazione di essere dentro un tabernacolo a parlare con Gesù, vivo accanto a me! Sì, così mi appariva Don Giovanni negli ultimi tempi della sua vita!

l primo incontro con Don Giovanni Simonetti avvenne circa 15 anni fa, grazie ad una mia amica recanatese che soleva dirmi che lei non aveva molto in simpatia i preti, ma apprezzava moltissimo Don Giovanni per la sua grande cultura, per la sua disponibilità e per il calore umano con cui ti avvolgeva ogni volta che ti incontrava e poi perché … sapeva cantare il gregoriano!

Ricordo ancora le sue preghiere preferite: l’Angelo di Dio e l’Eterno Riposo e i suoi occhi pieni di Infinito mentre le recitava!

Così una domenica mi decisi a partire da Pollenza per partecipare alla messa di Don Giovanni a Recanati. Per tanto tempo gli incontri con Don Giovanni erano guidati dal caso, lo incontravo alle cerimonie religiose o lungo la via ed ogni volta ero travolta dal suo abbraccio gioioso e dalla gratitudine che lui aveva nei miei confronti per il fatto che la mia pagina facebook era sempre un ricco resoconto di agiografie e di memorie di sacerdoti passati a miglior vita, così mi scriveva Don Giovanni: “Ti ripeto la mia ammirazione per quanto operi sulla pagina web, soprattutto ti esprimo riconoscenza per il vivo ricordo di Mons. Marinozzi.

Elisabetta Nardi (Insegnante di Pollenza)

Condivido con te il pensiero per i sacerdoti defunti. Li si dimentica facilmente, stabiliamo insieme una giornata di preghiera per i sacerdoti vivi e defunti, il Signore Gesù non se ne avrà a male. In fondo ricordiamo quelli del “Fate Questo In Memoria Di Me”. Ogni bene e benedizione. dgs” Da circa un anno lo frequentavo spesso e ogni volta che entravo nella sacrestia

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La sua Messa era sempre un tuffo dentro me stessa e verso Dio

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o conosciuto Don Giovanni quando avevo 16 anni. Frequentavo il primo Liceo Classico “G. Leopardi” a Recanati. Dire che è stato il mio professore di Storia e Filosofia è riduttivo. Con lui è iniziata la svolta. Mi accorsi di studiare filosofia con passione, iniziò ad entusiasmarmi l’etimologia delle parole e a lezione mi sentivo viva. Grazie a lui e con gioia intrapresi il Corso di Laurea in Filosofia.

belle sensazioni del Liceo, poi fu un tuffo dentro me stessa e verso Dio. Mi ha accompagnato come il sole negli eventi più importanti della mia vita. Quando arriva qualche lacrima per lui, mi rendo conto che è di gioia, perché, se penso a Don Giovanni, non posso non essere felice! Ora mi è stato chiesto di scrivere su di lui e preferisco far parlare proprio Don Giovanni. Seguono alcuni brevi scritti che in giorni diversi mi sono giunti dalla sua posta elettronica. Federica Armigeri (Ex Sua Allieva di Porto Recanati)

Del suo splendore spirituale divenni consapevole più tardi, quando, dopo averlo perso di vista, iniziai a frequentare le sue messe nella Chiesa di Sant’Agostino a Recanati. Inizialmente fu un ritorno alle più

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Parole di Don Giovanni

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so suono. Da qualunque parte esca, giunge e viene ascoltata, ha un’apertura più ampia della vista e del tatto, percorre tutti i sentieri del nostro essere, ci seduce illuminandoci e trascinandoci fuori di noi, per poi ritornare a vivere e crescere nella mente che si fa meditazione e riflessione. Nessuna parola si perde nel vento. Pronunciata, vive e cresce a seconda di chi l’ascolta, vale solo per la sua dignità, che si manifesta nell’essere accolta e custodita. Se custodita, si fa verità e bene, sia essa pronunciata dal profeta o dal lattante che sorride. [...]

ono contento, il mio contenitore piccolo o grande non importa, è sazio, pieno raso o colmo fino all’orlo, una goccia in più travasa e non mi appartiene perché è fuori di me. Lo sforzo mio e tuo si esercita nel portare e assorbire quanto più è possibile e tentare di buttar dentro ogni giorno qualcosa, NULLA DIES SINE LINEA: non per essere degli egoisti, avari acquisitori di beni non goduti, ma generoso donatore, che nel donare accresce se stesso, si rende felice, feconda e fiorisce, come albero piantato lungo le rive del torrente. Alberi sempreverdi o verdeggianti nelle stagioni assolate, spinosi o glabri, superbi di chioma o povere foglie frali? Non importa, ogni pianta ha il suo splendore e dona. [...]

Ogni sera si ripassano le presenze della giornata, si seguono i volti, si coprono di ricordi, si velano di un leggero sorriso o di una lacrima, si rammentano voci e suoni, si sentono i profumi della persona, si rivive nella memoria il tempo perduto per legarci ad autori che fanno cultura. Si rivive con chi si è incontrato, ci si trova in compagnia di chi non incontreremo più visibilmente e di chi avremmo voluto vedere e abbiamo atteso.

Le nostre parole nate dal silenzio e rese voce nelle molte tonalità, riescono mai a TRASFORMARSI IN SENSAZIONI, a suscitare in noi fremiti di simpatia o di antipatia, tali da essere percepite dalla nostra pelle e generare moti o rimangono dentro di noi senza fremiti e sussulti come gelo che nessun calore scioglie? I bambini, alla sussurrata materna ninna nanna, si addormentano, noi, fatti adulti, riusciamo a turbarci e rendere visibili e sensibili le parole pronunciate e ascoltate? Non ti preoccupare di dare una risposta, alla vita piacciono di più i problemi che le soluzioni. La storia delle matematiche ha ancora insoluto quello dei numeri primi. [...]

Tu sai che noi siamo il nostro pensiero, e il pensiero è fatto di ricordi e di desideri, di speranze e di insuccessi, di parole e di silenzi che creano comunicazione e affetto, dum medio silentium tenerent omnia Verbum Dei factum est. Doveva essere un sabato, il giorno dell’esichia, della quiete. Adesso è quiete e il silenzio si fa parola nell’augurio e benedizione su tutti voi.” Don Giovanni Simonetti

La parola viene raccolta dal nostro profondo e comunicata da chi intende lo stes-

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Un messaggio d’amore… per sempre

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cebook, con cui mi regalava la sua benedizione per una serena notte.

amminava lungo le strade del nostro paese indossando un paio di sandali, rigorosamente a piedi nudi, sia d’estate, che d’inverno. Lo vedo ancora, il filosofo scalzo, come amavo chiamarlo, avvolto in un poncho colorato o accucciato in una giacca leggera alla quale si stringeva, se il rigore della stagione fredda era pungente. Nel suo abbracciarmi con amore paterno, mi regalava un calore inversamente proporzionale al gelo delle sue mani. Don Giovanni Simonetti aveva ben altro di cui preoccuparsi che del freddo o del caldo. Lettura, studio, meditazione e il suo essere uomo di oggi, usando il computer con tutte le sue sfaccettature, erano il suo pane quotidiano. Era la mia memoria storica, a lui ricorrevo quando non trovavo risposte a certe curiosità o gli chiedevo di storie d’altri tempi. Lo trovavo sempre, anche tra le pagine di fa-

L’ho ancora lì, il suo ultimo messaggio che leggo e rileggo ogni sera… Al mio saluto: “Una buona notte di stelle don, con i miei pensieri più sereni...ogni tanto ne ho anche io!!” Mi rispondeva: “Luciana, sei meravigliosa riesci a vedere le stelle al di sopra delle nuvole ed hai ragione. Quello che non appare è immensamente più vero del visibile. Del cuore dell’uomo e della donna chi riuscirà mai a comprenderne i segreti anditi o le tortuose vie? Chi può descrivere il volo della notturna volatrice, presa a simbolo della divina conoscenza per noi fuggente mistero di sempre? Lasciamoci incantare, la meraviglia cresce e splenda anche sotto il quotidiano limitato orizzonte. Ogni bene, dgs” Luciana Interlenghi (Studiosa di tradizioni locali di Recanati)

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Vangelo vissuto

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pesso cerchiamo negli altri ciò che noi non abbiamo, ed ecco perché era un piacere solo incontrare una persona come Don Giovanni. La serenità e pace che traspariva dal suo viso e dalle sue parole, erano frutto del Vangelo vissuto. Noi che cerchiamo LA VERITÀ, e quasi mai riusciamo a trovarla, dovremmo chiederci se veramente questa ci interessa, o se invece fuggiamo da essa perché troppo scomoda. Incrociai un giorno Don Giovanni sul portone dell’Ircer, andavo a trovare gli anziani. Lui mi prese una mano e disse: “Brava! Non ti dico niente, non occorrono parole, queste vengono sublimate dalle azioni buone che facciamo (a memoria citò) versetto Mt.25,40 Tutto quello che avete fatto a uno di questi fratelli, l’avete fatto a me”.

Ora, se ricordo questo sacerdote, altro non posso pensare che alla coerenza e all’umiltà, doti talmente rare che, chi ha la fortuna di incontrarle in una persona, saranno sempre motivo di riflessione e, se possibile, di imitazione. Maria Magi (Presidente Radio ERRE di Recanati)

“Una Preghiera della Nonna”

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Un’anima sola tu hai, se la perdi che farai? Dio ci vede e Dio ci sente Dio mi giudicherà. Paradiso o Inferno mi toccherà. Finisce tutto e finisce presto, L’eternità non finirà mai. Regina sacratissimi Rosarii, ora pro nobis La saggezza dei nostri nonni è davvero un grande insegnamento, un patrimonio prezioso a cui Don Giovanni teneva tanto.

na mattina, in S. Michele, Don Giovanni seduto accanto a me recitava sommessamente qualche giaculatoria; gli dissi che ne conoscevo una della mia nonna. Gliela recitai. Egli, entusiasta, volle che andassi subito a dettargliela in sacrestia perché desiderava salvarla nel suo computer. La giaculatoria è questa: “Vita breve, morte certa, di morire l’ora è incerta.

Maria Luisa Runci Scorcella (Incontrava tutte le mattine don Giovanni nella Chiesa di San Michele a Recanati)

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“A te la vera Pace del Figlio della Pace”

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Da allora, ogni volta che capitavo nella sua chiesina, mi invitava ad inginocchiarmi con lui, sul terzo banco della fila di destra, posto preferito da mio padre, per recitare “L’Angelo di Dio”. Mi stringeva forte le mani tra le sue, scarne e pure come quelle degli angeli, con una forza incredibile come se volesse trascinarmi verso il Paradiso, come se volesse staccarmi dalla polvere di questa povera terra e con un filo di voce diceva: “Babbo tuo è qui”. Ed io ci credevo, eccome ci credevo, perché a dirmelo era lui, Don Giovanni Simonetti, il sacerdote santo! “A te la chiara pace delle stelle lucenti”

olo il buon vino spremuto dalle uve dorate, che ogni anno ingioiellavano la nostra vecchia vigna e che nelle mani nodose dei miei genitori diventava-

Gabriella Paoletti (Un’appassionata di tradizioni locali di Recanati

no grani di rosario, era ritenuto, da don Giovanni, degno di trasformarsi in sangue di Cristo. Così, egli supplicava mio padre di portagliene un pò tutti i mesi. Accompagnava sempre, quel fiasco lucente, un mazzetto di rose o di lillà. Gesù si inebriava al profumo di quei fiori semplici e gioiva nel vedere come il filosofo sapeva farsi piccolo per recitare con il vecchio contadino la preghiera dell’Amore. Poi, una mattina, il nostro sacerdote santo, si svegliò di soprassalto, si vestì in fretta, scese in strada e si mise a fermare le macchine sfidando il freddo di un nebbioso novembre, con i piedi nudi, come nuda era la sua anima davanti a Dio. Non fu difficile per lui, trovare un passaggio. “Fai presto, per favore”. Arrivò a casa di Giovanni Paoletti. Salì le scale di corsa, si precipitò in camera e disse: “Lo sapevo. L’avevo avvertito nel mio cuore”! Il vecchietto buono che portava vino, rose e lillà, nella chiesetta di san Michele, era volato in Cielo soltanto un’ora prima.

Interno della Chiesa di Sant’Agostino

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Fra gli emigranti italiani in Germania

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rio in Germania. Trovatosi là, aveva scelto di lavorare e di vivere come gli emigranti: faceva lo scaricatore nel porto fluviale di Francoforte e viveva in una baracca di legno, come tanti altri italiani. Con la sua costituzione gracile, lo ha fatto per tre anni, fino a che la salute glielo ha permesso; poi si è ammalato e nel 1975 il vescovo Tonini gli ha ordinato di rientrare in Italia. È tornato solo per obbedienza ed è andato a fare il prete prima in una parrocchia rurale di Tolentino, poi a Santa Croce di Recanati. Poco dopo ha chiesto di andare missionario in Argentina, ma, viste le sue malferme condizioni di salute, il vescovo non glielo ha permesso. Avendo vinto un concorso nella scuola, ha deciso allora di accettare la cattedra di Storia e Filosofia nel Liceo classico di Recanati e ha fatto il missionario fra gli studenti. Marco Moroni (Storico di Recanati. Ex Docente di Storia Economica all’Università Politecnica delle Marche)

o conosciuto don Giovanni quaranta anni fa, quando sono rientrato a Recanati dopo alcuni anni di lavoro a Torino. Dovendo scegliere fra tanti ricordi, ho deciso di richiamare un aspetto della sua vita di cui parlava raramente: l’esperienza vissuta fra gli emigranti italiani in Germania. Nel 2013 chiesi a don Giovanni di scrivermi qualche pagina sui suoi anni in Germania, ma non riuscii a convincerlo. L’anno dopo tornai alla carica, chiedendogli di raccontarmi non la sua esperienza, ma la vita degli emigranti italiani in Germania: non ci fu niente da fare. Eppure la sua decisione era stata un gesto di grande coraggio, di cui essere fieri. Ma don Giovanni era così. Chiedendo ai suoi amici, ho provato a ricostruire quegli anni, ma le notizie che ho raccolto purtroppo sono davvero scarse. Dopo essere stato per vari anni padre spirituale al seminario regionale di Fano, nel 1973 don Giovanni aveva deciso di andare missiona-

Con i bimbi il giorno di Santa Rita

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Era custode di tradizioni, ricordi e preghiere antiche

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quasi quotidiana. Uomo di poche parole, era custode di tradizioni, ricordi, preghiere antiche, quasi a ricucire al presente i fili di una devozione popolare lontana nel tempo, nel rispetto di una religiosità talvolta ingenua, ma fortemente sentita.

a sua profonda sensibilità poco si manifestava con le parole, ma si traduceva in atti di vicinanza, di solidarietà e di aiuto concreto che ben conoscevano tutti i bisognosi nel mondo che gravitava attorno a Sant’Agostino. C’erano le visite

Questo recupero della memoria di un lontano vivere quotidiano, di donne, di uomini lo appassionava, si traduceva in uno studio costante e nell’ascolto di racconti, di usi, tradizioni narrate da persone più anziane di lui Conoscitore profondissimo della vicende della storia di Recanati, delle sue chiese, dei dipinti, degli ordini religiosi non esibiva mai la sua cultura, ma era pronto a dare spiegazioni e chiarimenti a chiunque chiedesse. Una delle sue grandi preoccupazioni era la tutela del patrimonio artistico-religioso delle chiese di Recanati a lui affidate. Aveva affrontato spese personali anche ingenti nel tentativo di metterle al riparo da vandali e ladri. I suoi alunni del liceo e tra questi i miei figli lo ricordano come un insegnante veramente eccezionale. Nell’incontrarli, anche a distanza di anni, aveva un atteggiamento caldo e affettuoso, di autentico interesse, che li faceva sentire tutti un po’ speciali. Il suo era uno stile di vita semplice ed essenziale senza nulla di superfluo.

quotidiane a chi, vecchio era rimasto solo, ai malati all’ospedale. L’ospitalità e l’accoglienza si traduceva anche nell’ascolto delle pene delle persone che si rivolgevano a lui, a cui cercava di dare sollievo, in alcuni casi anche materiale, ne condivideva in maniera intensa e sentita le angosce e i dolori. Erano azioni mai esibite, che scoprivo poco a poco nella frequentazione

Lucia Alessandrini (Insegnante nota per aver promosso la lettura nelle scuole di Recanati con il messaggio: “Leggere è un piacere”)

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Chiostro di Sant’Agostino di Recanati

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Da lui spirava quella Luce che ne rivelava la grandezza opardi il nostro fu un “sentire” comune e furono proprio le sue grandi doti umane a rivelarmi come ne avesse colto l’anima e partecipasse persino alla sua sofferenza. Si sa che lo amava e lo citava spesso nelle sue Omelie forse ritrovando nel poeta-filosofo quell’attitudine meditativa e quelle domande profonde proprie dei sapienti biblici, accomunato in questo a Paolo VI. Su Giacomo ci siamo “ascoltati”… ed ancora mi trema il cuore al pensiero del mio libro tra le sue mani.

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o avuto il privilegio e l’onore di incontrare don Giovanni Simonetti durante una delle mie consuete visite recanatesi; la nostra era una conoscenza abbastanza recente, non essendo io del luogo, ma nei rapporti d’amicizia, è noto, non è la quantità ma la qualità del tempo quello che conta di più, così che anche poche ore possono bastare a saldare un sentimento. Dalla sua Persona, che si presentava quasi tendendo al nascondimento per quell’estrema umiltà che lo caratterizzava, spirava quella Luce che ne rivelava la grandezza. Sulla figura di Giacomo Le-

Caro don Giovanni, Lei si trova ora nell’Infinito e io vorrei ricordarLa con questi versi leopardiani sui quali abbiamo riflettuto insieme: “Così riduce il fato/ qual sembianza fra noi parve più viva/ immagine del ciel. Misterio eterno/ dell’esser nostro. […] Natura umana, or come, /se frale in tutto e vile,/ se polve ed ombra sei, tant’alto senti?/” (G. Leopardi, Sopra il ritratto di una bella donna). Loretta Marcon (Studiosa di Giacomo Leopardi)

Quell’ambone dal quale apriva il cuore di tutti

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Il mio tramite con Dio

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on Giovanni è tornato a “casa” da pochi giorni e il mio rammarico è di aver conosciuto troppo tardi una persona straordinaria come lui: un uomo umile e riservato ma grande nella fede e nella cultura.

Non sono certamente la sola a provare questi sentimenti: lui sapeva rendere speciali tutte le persone che incontrava e conosceva. Mi manca. Mi mancano le sue omelie inaspettate e inusuali con i riferimenti alla

Avevo imparato a conoscerlo attraverso le parole di stima e di fiducia di mio zio, don Lamberto, poi una domenica di qualche anno fa, sono andata alla messa delle 11,30 nella chiesa di Sant’Agostino e ho capito subito di aver trovato finalmente il mio tramite con Dio. Durante la sua messa si percepiva, nel silenzio, il raccoglimento, la partecipazione, la fede e tutti noi presenti ci sentivamo uniti e legati a lui come una piccola comunità. Aveva un modo tutto suo di farmi sentire importante, di farmi capire che mi voleva bene e desiderava prendersi cura di me e della mia anima. Era sempre un privilegio quando mi cercava con gli occhi nella chiesa e, chiamandomi per nome, mi chiedeva di leggere durante la funzione. Io tentavo ogni volta di pronunciare le parole delle scritture con rispetto e chiarezza per non deluderlo e, appena terminavo, lui non mancava mai di ringraziarmi con dolcezza.

storia locale, con l’etimologia delle parole scelte nelle letture, i paralleli con le poesie del Leopardi, i suggerimenti sui libri da leggere, i suoi spunti di riflessione. Mi mancano il suo affetto, il suo sorriso, la sua pace ma so che il suo ricordo mi accompagnerà a lungo nel mio percorso di vita e di fede.

Quando mi abbracciava teneramente tra i banchi della chiesa, dopo la messa, mi trasmetteva con le sue mani gelate un calore unico che mi accompagnava per tutta la settimana.

Elisabetta Pigini (Insegnante di Recanati)

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??????????????? Sapeva ascoltare tutti ?????????????????????????????

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ho conosciuto quando ero bambino e lui un giovane prete e l’ho frequentato abbastanza da vicino per circa venti anni.

va. Sul tavolo un quaderno con delle sue riflessioni... Cedendo ad una indiscrezione adolescenziale lessi alcune righe. Facevano riferimento ad esperienze personali. Ho letto cose straordinarie che ho trovato solo nelle biografie dei santi, e che ho riferito, dopo la morte, solo a don Lamberto, suo compagno di studi e suo amico da sempre.

Ricordo come stava in mezzo alla gente (Papa Francesco direbbe che “aveva l’odore delle sue pecore”): con naturalezza, sempre con il sorriso, con un grande senso dell’ascolto. Un giorno mi invitò a visitare una famiglia povera: “te fo’ vede quello che fanno i preti”.

H o c o n o s c i u t o t a n t i buoni preti, ma di don G i o v a n n i h o s e m p r e detto che ho conosciuto un santo. Perché don Giovà non era solo discreto e schivo era umile, non era solo colto era sapiente, non era solo povero era essenziale...

Ricordo ancora l’indigenza dei due anziani soli. Ci siamo seduti e loro hanno cominciato a parlare. E lui li ascoltava. Non era andato per portare qualcosa, ma per ascoltarli… C’è un atto di amore più grande nei confronti di persone ai margini (nelle periferie dell’esistenza, direbbe Papa Francesco) che metterli al centro della propria attenzione? Quando camminava per le vie del paese lo salutavano tutti, con un affetto che tradiva tanta stima e ammirazione. E se qualcuno sparlava di comuni conoscenti (soprattutto se era un confratello), lui si affrettava a metterne in risalto i pregi e le buone qualità…Una persona gentile? No. Un uomo di Dio. C’è un episodio che ancora oggi mi fa commuovere...

Porto con me l’ultimo colloquio, il giorno prima che si operasse. Erano anni che non l’ho sentivo: “Come sei messo con Lui?”, mi domandò. Tranquillizzato dalla mia risposta, ai miei goffi tentativi per rassicurarlo ha risposto parlandomi del… paradiso. Da uomo che ha sempre avuto una grande intimità con Dio è vissuto nella gioia e ha dato serenità. Grazie Signore per avermelo fatto incontrare. Fulvio Ghergo (Romano, ma cresciuto da ragazzo al Circolo Toniolo di Castelfidardo)

Andai a trovarlo in uno studiolo dell’Ospizio per anziani in cui talvolta si ritira-

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??????????????? Una persona impareggiabile ?????????????????????????????

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on Giovanni è stato il mio insegnate di Filosofia al Liceo Classico, una persona impareggiabile, unica nel suo modo di insegnare, speciale nel suo essere così vicino ai ragazzi con parole semplici che nascondevano in realtà un’immensa cultura.

Ricordo le sue lezioni di filosofia quando, partendo da un vocabolo, riuscivamo a spaziare dall’arte alla storia, dalla letteratura alla matematica così, come se un unico filo che tesseva don Giovanni unisse tutto il sapere. Una persona straordinaria che ho vissuto anche dopo gli anni del Liceo. L’ho avuto vicino nei momenti brutti e soprattutto l’ho ritrovato nel momento più bello della mia vita, quando sono diventata mamma. Non dimenticherò mai la dolcezza di Don Giovanni quando ha visto Alessandro, mio figlio, quella sua mano sempre fredda che accarezzava me e il mio piccolo tesoro con tutta l’amorevolezza di un padre affettuoso. I suoi occhi parlavano al posto del suo filo di voce, è proprio vero che solo la vita rivela lo spessore umano di una persona.

Sono stata fortunata ad aver conosciuto una persona splendida come lui, prima come insegnante sui banchi di scuola e poi come maestro di una fede fatta di gesti.

Non si può non aver amato quest’uomo. Un sacerdote che grazie agli studi ha costruito una solida cultura ma che non ha mai perso nemmeno un briciolo della sua umanità. Chiunque lo incontrava si sentiva accolto dal suo stile semplice e diretto.

Lo porterò sempre nel cuore, con tanto affetto e spero che anche da lassù Don Giovanni continui a guidare il cammino della mia famiglia. Grazia Giovannini (Sua Ex Allieva di Recanati)

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Uomo di grande cultura, ma anche di grande fede. In lui prevaleva sempre un atteggiamento umile e rassicurante glia, citandoli tutti con precisione e interessandosi del loro stato di salute e delle rispettive attività. Tra tante virtù, aveva anche quella naturale di essere sempre se stesso, sempre dello stesso umore, per lui la luna in cielo era sempre piena e splendente, il suo sorriso e la sua pura nitidezza diventavano una luce che irradiava nell’animo serenità e fiducia. In una piccola città come la nostra è quasi costume contrassegnare la gente con etichette molto spesso sbagliate e non corrispondenti al vero, dettate magari da volontà di denigrazione o di esaltazione. Nel caso di Don Giovanni, invece, la vox populi è univoca, retta e sincera: “una persona rara, di quelle che ne nascono una ogni tanto”, un pensiero chiaro, limpido e trasparente come la sua persona, che non ha mai lasciato adito a interpretazioni. Un uomo, un prete, dotato di straordinario intuito psicologico, capace di leggere le persone dagli occhi; ora che non abbiamo più la possibilità d’incontrarlo e di parlare con lui, ci rendiamo conto del grande vuoto che ha lasciato, ma soprattutto ci dobbiamo chiedere se siamo stati in grado di valorizzare adeguatamente il grande dono della sua costante presenza qui a Recanati. Antonio Baleani (Appassionato competente di storia locale e noto raccoglitore di foto d’epoca di Recanati e della zona)

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omo di grande cultura, ma anche di grande fede. In lui prevaleva sempre un atteggiamento umile e rassicurante Parlare di Don Giovanni oggi sembrerebbe molto difficile, benché invece sia molto facile, perché sappiamo che era uomo di grande cultura, ma anche di grande fede; tuttavia, ascoltando semplicemente il nostro cuore, appare come in lui prevalesse sempre un atteggiamento umile e rassicurante. Ad ogni incontro anche fugace con lui, egli non mancava mai di ricordare i componenti della fami-

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Mia guida spirituale

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ia guida spirituale per molti anni, ha seguito il mio percorso di vita in momenti molto difficili. Mi ascoltava, e dopo racconti fatti di lacrime e sofferenza mi abbracciava dicendomi “figlia!”. Riusciva sempre a darmi consigli e speranza. Alla fine dei nostri incontri, recitavamo insieme “l’Angelo di Dio” e mi salutava con una forte stretta di mano. Lo ricordo nella chiesetta di San Michele, vicino al suo computer ove era intento a pregare, o, ad ascoltare chi di Lui aveva bisogno. Spesso gli portavo del materiale che mi aveva chiesto, documenti che trovavo in biblioteca dove lavoravo; lui era molto felice ed inseriva le notizie nel suo sito. Ero andata anche nella sua casa nei pressi di Sant’Agostino, e avevo notato che gli piacevano molto le piantine, ne aveva di tutti i tipi. A volte andavo a fargli visita nella chiesa di Sant’Agostino. O era seduto fra i banchi assorto nella preghiera, o era nella Sacrestia con la coperta sopra le gambe e la stufetta elettrica vicina, che emanava appena un soffio di calore. Nel piccolo tavolo, con il computer lavorava (aveva inserito nel sito anche nonno Luigi Benedettucci - amava molto la mia famiglia e ne conosceva tutti i componenti). A volte mi faceva leggere in anteprima i suoi elaborati.

nella poltrona a leggere o a riposare, era ogni volta felice di rivedermi. Parlavamo di molte cose, di libri, della biblioteca, dei miei figli. Sono passata anche qualche giorno prima della sua morte, perché mi avevano detto che era tornato a Recanati e stava meglio. Quel sabato mattino non l’ho trovato, e purtroppo non sono riuscita a dargli un ultimo saluto. Sento Don Giovanni a me molto vicino, una presenza che rimarrà sempre viva nel mio cuore. Manuela Benedettucci (Impiegata comunale a Recanati)

Gli piacevano i quadri da me dipinti. Ultimamente andavo a fargli visita nella cameretta presso l’Ircer, lo trovavo seduto

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Un grande estimatore di don Giovanni

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a morte di don Giovanni mi ha trovato..... impreparato. L’avevo incontrato l’ultima volta un pomeriggio di novembre, freddo anzi freddissimo, mentre usciva da San Domenico dove mi aveva detto che aveva confessato.

don Giovanni ho ricordi della mia giovinezza quando a 12-15 anni lo frequentavo come “discente” dell’azione cattolica e come frequentatore del circolo Toniolo. Io, abitando alle Crocette, allora frazione di campagna di Castelfdardo, ero timido, riservato e forse anche un po’ impacciato; ero e sono nipote di un sacerdote don Lanfranco, più giovane di don Giovanni ma in quel periodo sulla stessa lunghezza d’onda nella operatività e nella spiritualità e don Giovanni mi voleva molto bene. Quando andavo alle riunioni dell’azione cattolica di sera a casa sua, siamo nel 1963-65 , don Giovanni mi aiutava a superare la timidezza, rispetto ai “castellani” che erano più “svegli e coesi tra di loro” perché erano cresciuti insieme e si erano frequentati da sempre, e per mettermi più a mio agio mi faceva fare, davanti a loro e prima di iniziare a “parlare di fede e credo cristiano”, delle veloci e brevi traduzioni dal latino, visto che io frequentavo la vecchia scuola media (c’era l’avviamento, all’epoca) e facendomi fare anche calcoli a memoria, non dei più semplici, e alla fine sorridendo mi diceva, “così facendo ti alleni la memoria e nella vita vedrai farà la differenza … ma sarai un bancario e non un professore di lettere!!!! (forse le traduzioni dal latino non erano così buone!!!)

Abbigliamento solito, piedi nudi e sandali e un “poncho” messicano di colore avana. Gli dissi: “Ma così sfida il Padre Eterno….. se si ammala non si lamenti”. E lui……. Con il suo solito sorriso e guardandomi come ero vestito invece io mi disse… “ma tu sei raffreddato curati e riguardati che hai tanti impegni e non puoi permetterti di star male e saluta tua moglie e tuo figlio e la sua bella famigliola”. Questa era la sua reazione da sempre pensava agli altri e non a se stesso. A parte questo aneddoto recentissimo, io di

Non ci ha preso in pieno…ma sicuramente sui numeri ci aveva “azzeccato” Caro don Giovanni, ci mancherà il tuo sorriso e la tua modestia. Giuseppe Casali (Già Presidente della Confindustria della Provincia di Ancona)

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Un sacerdote che ha incarnato il vero spirito evangelico

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n amico che tutti vorrebbero avere. Uomo di grande sensibilità, spiritualità e cultura. Umile, generoso e modesto come solo le persone migliori sanno essere. Sopportava in silenzio sofferenze fisiche e morali, difficoltà e incomprensioni. “Saper accettare le sofferenze, tacere, pregare e soprattutto amare” Ci aiuti a ricordare questi insegnamenti. Terenzio Morena (Generale in pensione di Recanati)

Messa delle 9 a S. Michele

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del Santo del giorno o di un avvenimento del passato, la “memoria storica” era fondamentale per lui. Era felice quando i committenti della Messa erano degli amici, talvolta venuti anche dalla sua Castelfidardo. Al termine salutava tutti con un pensiero gentile e un grazie. Era una gioia raccogliersi in preghiera avanti a quel luminoso Tabernacolo dorato; il quadro di S. Giuseppe a sinistra e quello di Santa Rita a destra.

peravo tanto che Don Giovanni guarisse e tornasse a celebrare. Per me, che sono malata e faccio sempre più fatica a camminare, la Messa delle nove nei giorni feriali nella vicina chiesa di S. Michele era un appuntamento vitale. Dopo una fugace e amorevole cura alle sue piantine, Don Giovanni dava inizio alla celebrazione Eucaristica con un breve ricordo

Verso la fine di gennaio gli avevo telefonato in ospedale ricordandogli che il 5 febbraio sarebbero iniziati “i 15 giovedì di S. Rita” (una pratica che termina per la festa della Santa). Quest’anno Egli seguirà tutto dal cielo. Maria Rita Scorcella Morena (Ex Insegnante alle Elementari di Recanati)

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Te ne sei andato in punta di piedi

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e ne sei andato in punta di piedi, così come in punta di piedi ti avvicinavi ai nostri cuori. Spesso, però, ci stringevi forte: un caldo abbraccio grande come la tua umanità, la tua fede, la tua cultura. Sei volato via verso altri lidi: evanescenti e più belli. Però ci manchi tanto. Speravamo fossi immortale e il nostro dolore è grande. Aiutaci a sopportare il vuoto della tua dipartita. Avevamo ancora tanto bisogno di te, ma Dio ha deciso diversamente e noi, dolcemente, ti salutiamo con la speranza di rivederci nella luce Divina. Impossibile non ricordarti, impossibile dimenticarti. Lucia Morena (Insegnante di Recanati)

Uno spirito sempre in cammino

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on Giovanni ha saputo amare le persone che avvicinava, con spirito fraterno e concreta vicinanza, riuscendo a condividerne gioie, ansie, difficoltà, dolori. Allo stesso modo, ha amato, promosso, custodito e studiato la storia dei luoghi che hanno visto la sua missione pastorale, luoghi ed avvenimenti storici di cui parlava e si interessava con grandissima passione.

re il suo spirito peregrino, ma ci mancherà comunque tanto don Giovanni. Ci mancherà la sua amicizia, la sua vivace intelligenza, la sua fede lineare e profonda, il suo amore alla verità e quindi alla cultura. Ci mancherà la sua compagnia, il suo modo di abbracciare le persone, stringendole sul suo petto come a voler condividere con gli altri la sua profonda pace interiore. Gianfranco Rivola (Già Direttore Generale Investimenti Finanziari Vicariato Apostolico dell’Arabia Saudita)

Ogni incontro con lui era ricco di spunti e di riflessioni in cui si intrecciavano spiritualità e cultura. Non veniva mai meno la sua realtà di sacerdote, ricordava a chi aveva vicino la meditazione e la preghiera, senza perdere di vista il suo essere uomo su questa terra e la sua opera di studioso. Per questo in sua compagnia si poteva alternare la recita di preghiere a dissertazioni erudite sui più svariati argomenti, compresa l’economia e la finanza. Sta certamente a noi, in sua memoria, raccogliere la sua eredità di amore, saper coglie-

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Spesso lo andavo a trovare sia a San Michele e sia a Sant’Agostino

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ebbo dire che don Giov a n n i m a n c a m o l t o alla nostra famiglia. Tanto io che mia moglie lo andavamo spesso a trovare sia nella Chiesa di San Michele, in quell’angolino dove teneva il computer, ma anche nello stesso “angolino” tra la Sacrestia e la Chiesa di Sant’Agostino.

Tante volte però i nostri dialoghi vertevano su argomenti di fede e debbo riconoscere di aver avuto da lui profondi insegnamenti religiosi. Di lui ne parlavo spesso con il mio amico Giovanni Alpini e anche lui concordava sul valore profondo, sotto tutti gli aspetti del carissimo don Giovanni.

Quando gli ho regalato quella ceramica per la piccola luce da mettere davanti al tabernacolo, non la voleva assolutamente, dicendo: “Tanto me la prendono e la portano via, come hanno fatto per tanti oggetti, compresi i candelabri degli altari laterali che sono tutti spariti”. Lo scopo però delle nostre visite era sempre un altro e cioè ascoltare un po’ la sua voce e lasciarsi stringere le mani da lui, gesto che significava il suo grande affetto per noi.

Sono convinto che don Giovanni ora continuerà a pregare per la mia famiglia, ma soprattutto per il nostro tesoro costituito in particolare dal piccolo Vittorio. Vanni Gurini (Ceramista di Recanati)

Dico sempre che per me conoscere don Giovanni è stata una grande Grazia. Quando è nato il nostro nipotino Vittorio, che ora ha due anni, ha voluto che glielo portassimo a far vedere e lo ha abbracciato, dicendo con noi la preghiera dell’Angelo di Dio. Qualche volta andavo da lui anche per avere qualche suo consiglio, come fare dei miei lavori di ceramica, al fine di rispettare anche le vecchie tradizioni di questo lavoro. Lui si mostrava contento di queste mie domande e dalla sue risposte sempre notavo la sua competenza anche nei lavori di ceramica.

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??????????????? Il cesto della carità ?????????????????????????????

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on Giovanni amava all’inverosimile la Chiesa di San Michele.

Insieme ci abbiamo fatto tanti lavoretti, cominciando dall’impianto elettrico, per finire qualche mese fa con una nuova luce davanti al tabernacolo, che ha voluto illuminare con un piccolo neon. Lui mi diceva: “Già lo lasciamo tanto solo, non mi pare giusto lasciarlo pure al buio.” Quando rifacevamo l’impianto di illuminazione sopra una armatura di dieci metri di altezza (Natale ’89-’90), lui portava fuori i calcinacci con i sandali ai piedi, senza calze e alle nostre rimostranze ci diceva che dopo aver tanto peccato, scontava i peccati. Io mi chiedevo (insieme al Sig. Mario Galassi che era in alto con me) quando mai un uomo ed un sacerdote così avesse potuto mai commetterne. Oggi ho capito che questo era il suo modo di insegnare. Avrei tante altre cose da raccontare, ma vorrei tenerle per me…un vero tesoro. Una cosa però è giusto che sappia chi lo ha conosciuto. Credo sia stato il primo ad inventare il cesto della carità, posto al centro di San Michele, dove chi voleva, poteva depositare qualche pacco alimentare per coloro i quali non avevano possibilità di acquistarlo. Don Giovanni…lui stesso è stato per tutti noi un enorme cesto di carità. Roberto Anconetani (Ex Impiegato Comunale di Recanati e appassionato di storia locale)

Chiesa di San Michele - Recanati

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Piazzetta Don Paolo Pigini e Chiesa Collegiata - Castelfidardo


Per me è stato sempre un Padre Spirituale

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on Giovanni Simonetti: per me è stato un padre spirituale, un amico, un insegnante e tanto altro ancora. Posso dire di essere cresciuta accanto a lui e con i suoi insegnamenti a partire da quando, bambina, frequentavo il circolo Toniolo. Crescendo ne sono diventata una animatrice.

Aiutarlo a tradurre i libri delle ”Riformanze” mi ha invogliato ad approfondire la storia fino a farne oggetto del coronamento dei miei studi portandola come tesi di laurea. È stato uno studio certosino, che ci ha tenuti impegnati per lunghe sere chini su volumi vecchi, stracciati e polverosi. Abbiamo provato una profonda gioia quando sono stati ritrovati nell’archivio comunale i volumi de “Gli statuti di Castelfidardo” sia l’edizione medievale manoscritta, che la prima edizione a stampa risalente al 1588 di cui l’amministrazione comunale era del tutto ignara. Proprio in una delle tante serate di studio, avvenne un episodio che ora ricordo con tenerezza. Imperversava un furioso temporale con tuoni e fulmini e improvvisamente andò via la corrente. Arduina (mamma di Don Giovanni) pensò di accompagnarmi a casa e, preso un lume a petrolio, ci avviammo. Lungo la strada vedemmo in lontananza il tremolio di una luce. Arduina si spaventò molto ma Don Giovanni la incoraggiò a non tornare indietro. Quando la luce fu molto vicina, e la paura sempre più forte ci accorgemmo che era mia madre, che preoccupata per il maltempo, era venuta a prendermi.

Vi ho insegnato catechismo, scritto articoli, stampato il giornalino. Il tutto esercitato con gioia, sotto la guida silente ma vigile di Don Giovanni. Ho cominciato ad interessarmi della storia antica di Castelfidardo ascoltando i suoi racconti, le nozioni, gli aneddoti di cui era profondo conoscitore e ricercatore.

Avrei tanto altro da dire ma mi fermo qui e per tutto quello che mi ha insegnato e detto, non posso dire che: grazie, grazie, grazie Don Giovanni. Ciao Paola Paola Bontempi (Storica di Castelfidardo)

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??????????????? Don Giovanni compagno fraterno di vita ?????????????????????????????

I

tesa di un futuro migliore per i ragazzi della squadra e della nuova società spartiva. Per la cultura fidardense spese tanta energia, non perdeva occasione per affiancare il caro don Paolo Pigini in molte ricerche storiche.

l nostro caro don Giovanni ha lasciato in molti castellani ricordi bellissimi, indelebili che teniamo gelosamente nascosti nei nostri cuori. Da uomo di cultura in molte discipline, insegnante attento ed appassionato è stato sempre al passo con i tempi, anche dalla rete Internet dava il suo disinteressato contributo di cultura ed umanità. Con la sua discrezione e gentilezza ha contribuito a far crescere generazioni di ragazzi e ragazze con l’interesse per la natura, la cultura ed il rispetto per gli altri.

Quando nel 1962 ci fu l’occasione di creare una biblioteca comunale pagata della Rai se si vinceva la gara radiofonica nazionale “I Due Campioni”, per dare maggior valore alla nostra città rappresentata dalla musica suonata dal complesso dei Sagittari, scrisse la poesia “Il Nostro Castello”.

Molti castellani lo ricordano per aver dato vita al circolo Toniolo, dove tanti ragazzini “bardasci” dopo aver fatto i compiti davano sfogo alle irruenze giovanili con il calcetto, pallacanestro, calciobalilla, ping pong e molto altro. Per quelli che stavano crescendo e non rischiare di lasciarli in strada, insieme ad altri volontari amanti del calcio “uno per tutti Mario Polenta”, costituirono una squadra di calcio da iscrivere al campionato provinciale. Per il nome da dargli ricorse ai suoi studi di latino, la chiamò VIS per indicare la forza, l’energia, il vigore, ed il valore dei giovani. Per il colore delle maglie scelse il viola. Molti non erano contenti poiché dicevano che era un colore che indicava penitenza, ma lui rispose che per la Chiesa il colore viola non significa affatto penitenza, bensì era un segno di attesa, l’at-

Con una sintesi letteraria sorprendente dipinse in versi la nostra storia dall’anno 1000 al medio evo, passando per la battaglia di Castelfidardo, all’arrivo della fisarmonica in casa del contadino Soprani che diede il via all’industria italiana della fisarmonica e nuove speranze per una vita migliore a tutta la comunità. L’amore di una madre che prega per il figlio emigrante in terra straniera concludeva quella meravigliosa poesia. Negli anni più recenti tra il 1981-83, quando stavamo facendo ricerche per non disperdere la storia della battaglia di Castelfidardo e del Sacrario Ossario dei caduti, mi indicò il luogo nascosto tra gli alberi della Selva di Castelfidardo dove nel 1960 era stata posta una grande planimetria scolpita nel marmo che

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indicava gli spostamenti degli eserciti piemontese e pontificio il 18 settembre 1860. Salvammo cosÏ una testimonianza importante per la nostra storia. Quando poi nel 1999 con il duca Roberto Ferretti di Castelferretto costituimmo l’omonima fondazione, don Giovanni era ormai cittadino recanatese dove svolgeva tantissime attività culturali e sociali. Ogni libro che pubblicavamo una copia era per lui e cercavo di consegnarglielo di persona, ma considerando i mille impegni che aveva era tanto difficile trovarlo in casa. Allora lasciavo il libro ad un

vicinato, puntualmente il giorno seguente mi arrivava una mail per ringraziarmi e complimentarsi del lavoro svolto. Caro don Giovanni io e tutti i cittadini di Castelfidardo che ti hanno conosciuto non ti scorderemo mai per quanto hai fatto per tutti noi, anche a nostra insaputa. Grazie, grazie, grazie come eri solito dirci ogni volta che ti venivamo a trovare. Eugenio Paoloni (Presidente Fondazione Ferretti di Castelfidardo)

Palazzo Ferretti di Castelfidardo - interno

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La sua ??????????????? strada maestra è stata ????????????????????????????? amare Dio e il prossimo

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diletti; per tutti aveva una parola di conforto, un euro c’era per tutti; all’ospedale e negli ospizi era di casa, gli anziani soli venivano quotidianamente visitati e rifocillati. I regali che gli venivano portati a Pasqua e a Natale ancor prima che ci si rendesse conto, avevano già spiccato il volo per chissà quali lidi. Spesso parlavamo di matematica ed era affascinato dal modo col quale i matematici discettavano sul concetto d’infinito.

arlare o dire qualcosa su Don Giovanni mi resta particolarmente difficile. Sono tante, ed importanti le cose che vorrei descrivere, che non so da dove cominciare e dove finire. Sostenere come fanno molti che Don Giovanni rappresentasse la “memoria storica” di Castelfidardo è riduttivo se non addirittura banale: ma chi è stato e cosa ha lasciato in quanti l’hanno conosciuto a fondo? Il vero Don Giovanni del quale è doveroso dire che “più di un sacerdote Santo è stato un Santo sacerdote” è quello del momento della sua Ordinazione Sacerdotale. È li che “nasce” il Don Giovanni che tutti ben conosciamo, che abbiamo ammirato, apprezzato e che ci ha lasciato un vuoto umanamente incolmabile allorché Dio nella Sua Infinita Misericordia lo ha voluto accanto a Sé per destinargli quel posto pensato e preparato ancora prima che “Don Giovanni fosse”.

Conosceva Cantor e gli piacevano i numeri transfiniti, i paradossi logico - matematici sono convinto che li conoscesse bene. Una volta lo “tentai” chiedendogli cosa fosse per lui “il tempo”: ci pensò sopra un pochino ma al solito fu abilissimo a lasciare che fossi io a togliergli le castagne dal fuoco, mentre parlavo notavo che lo sguardo alle volte era rivolto verso chissà quale punto: forse ammirava quel punto in cui il passato diventa presente e il presente senza futuro. Non si può parlare di Don Giovanni senza ricordare Maria, la Mamma celeste che non l’ha mai lasciato solo e alla quale è rimasto sempre fedele e non ha perso mai l’occasione quando gli si presentava, di farla conoscere a tutti con il saluto a Lei particolarmente gradito: Ave Maria.

Da “quel momento” possiamo pensare che siano incominciate le “stranezze di Don Giovanni” come quella di andare coi sandali, senza calzini, indossando una semplice maglietta con la neve sino alle ginocchia, ma questo è il comportamento coerente di chi, come Don Giovanni, ha fatto una scelta di Vita completamente diversa dalla nostra. Amare Dio e il prossimo come ci ha invitato a fare Gesù nel Santo Vangelo, ha rappresentato per lui la strada maestra da percorrere ad ogni costo, giorno per giorno, per giungere all’agognata meta. I poveri, gli anziani, gli ammalati e i missionari sono stati gli amici pre-

Rolando Orlandoni (Cugino di don Giovanni, ex docente di matematica all’Università Politecnica delle Marche di Ancona)

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??????????????? Non????????????????????????????? solo Sacerdote, ma anche amico

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mo in Chiesa lui, con tutto il suo amore e la sua vocazione sapeva come farci pregare per farci sentire vicino a Dio. Ogni primo venerdì del mese, ci faceva confessare e fare la Santa Comunione, poi ci premiava dandoci due fette di pane con la marmellata.

uando penso a Don Giovanni io ricordo il periodo più bello della mia via, quando bastava poco per divertirsi ed essere felici. Abitavo vicino alla Chiesa di San Benedetto a Castelfidardo, dove ho trascorso la mia infanzia. Don Giovanni non era solo un Sacerdote, era anche un amico, un coetaneo che con me ed altri ragazzini di nove-dieci anni si divertiva a giocare a pallone nel cortile del Circolo Toniolo, vedo ancora la sua tonaca al vento... Quando il tempo non lo permetteva, ci chiudevamo dentro una stanza e giocavamo con il calcio balilla, il biliardo e il ping pong….che sfide!!! Quando poi ci trovava-

Tanti altri ricordi affiorano, ma sarebbero troppi per elencarli tutti. Io ringrazio Dio di avermi fatto conoscere una persona così speciale e splendida. Dimenticarlo sarebbe impossibile. Rolando Balestra (Imprenditore di Castelfidardo)

Ti terrò sempre nel cuore

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Invece di essere contento si arrabbiò molto, pensando che io invece avrei sentito freddo. Gli amici dal bar osservando la scena mi raggiunsero e tutti lo abbracciammo portandolo al caldo. Continuò a brontolare, perché secondo lui, oltre che io sentivo freddo consumavo anche i soldi per il tè caldo acquistato. Tutto questo avveniva in un contesto di molta dolcezza rappresentata nella grande calma e nel sorriso che aveva sempre in viso. La stessa serenità che ho rivisto nel nostro ultimo saluto. Ti terrò sempre nel mio cuore. Alfredo Bugari (Un amico di Castelfidardo)

er ricordare Don Giovanni avrei da raccontare tanti aneddoti da scrivere un libro tutto da solo. Ricordo quando mi insegnava il Catechismo, l’ho scelto come sacerdote per il giorno del mio matrimonio. Però quello che più mi è rimasto impresso nel mio cuore e nella mia mente, fu un pomeriggio di inverno, mentre ero in un bar al centro di Recanati. Dal vetro mi accorsi che Don Giovanni camminava in piazza tutto infreddolito, con una magliettina primaverile e dei sandali ai piedi senza calzini in mezzo alla neve e al vento. Non esitai un minuto, lo raggiunsi togliendomi il cappotto e lo misi sulle sue spalle.

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Fette di pane??????????????? bagnato con acqua e aceto: ????????????????????????????? la merenda

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del gruppo. Mi ricordo quando ci andammo subito dopo la guerra, con il camioncino pieno di generi alimentari dateci dagli alleati U.S.A.

on vivo piacere scrivo queste poche righe, per ricordarti, caro amico Don Giovanni. Eravamo compagni di banco, alle scuole Elementari di San Benedetto, vicino casa mia, alla “Mucchia”. Venivi poi a fare i compiti da me, perché tu abitavi lontano, giù al “Cenciarello”. Che momenti indimenticabili, soprattutto la merenda di mamma: 2 fette di pane bagnato “sall’acqua e aceto”. Da grandi, quando tornavi a trovarmi, mi chiedevi notizie delle numerose famiglie della Mucchia : Becchinella, Crialé, le fije dé Pèlo, Cìppete sul Cunvento, Pistellì, Cocchietta, Peppe dè Giardini e i suoi 15 figli (...che risate!).

Memorabili restano i nostri incontri: per il pranzo della classe del ’25 dove, finché non arrivavi e ti sedevi al mio fianco, non s’iniziava a mangiare; e le passeggiate alla Selva in cerca di funghi, tu conoscevi anche il nome in latino, io solo i soprannomi come “i Sanguinacci, i Purcì, i Prataioli. . .” È stata una grande soddisfazione rivederti nella nostra “piccola cattedrale” di San Benedetto, e spero un giorno assieme all’altro caro amico don Lamberto Pigini di ritrovarti per continuare la nostra amicizia. Paolo Brandoni Paolì dé Giovà dé Maricò (Compagno di scuola alle elementari di Castelfidardo)

Che dire delle 2 settimane estive passate con i vecchi amici a “Fonte Avellana”, dove il frate Priore faceva sempre discussione con Lorenzo Tombolini, il più irrequieto

Paolì de Brandò

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Mi incantavano ??????????????? sempre la Sua calma, la????????????????????????????? Sua semplicità e la Sua Umiltà

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o vidi per la prima volta mentre celebrava la S. Messa nella chiesetta di Santa Croce a Recanati. Un sacerdote umile e semplice che parlava con una calma e una dolcezza tali che ti rilassavano al solo ascoltarlo; quando scese dall’altare, per distribuire la comunione, notai che, pur essendo inverno, calzava i sanda-

Mi venne in mente che anche mio nonno Antonio ed il mio babbo Mario mi parlavano spesso di Don Giovanni e del suo modo di essere così amichevole con tutti. Successivamente, la passione per le origini della nostra comunità mi ha portato ad incontrarlo più volte e registrare alcune delle sue spiegazioni sull’origine delle Crocette e della parrocchia. I suoi racconti, sempre molto precisi nei particolari e pienamente vissuti, hanno contribuito sicuramente a far crescere in me la voglia di ricerca. Lo rividi infine ad ottobre dello scorso anno, un sabato, appena finita la S. Messa: entrando in sacrestia, lo vidi mentre riponeva i paramenti liturgici non prima di averli baciati, sempre con la stessa pacatezza che lo contraddistingueva; gli chiesi delle spiegazioni su alcune frasi che lui anni fa tradusse dalle “Riformanze”, purtroppo però lo vidi un po’ in difficoltà perché non riusciva più a leggere con la stessa fluidità; un po’ rattristato mi disse: “Gianluca mi spiace ma non riesco proprio ad andare avanti”. Io non pronunciai parola. Grazie, Don Giovanni, perché hai saputo trasmettermi sentimenti nobili e profondi ed anche perché sei riuscito a farmi amare le origini della nostra comunità utilizzando il modo semplice, umile, dolce e calmo che ti ha sempre contraddistinto.

li a piedi nudi; ero un bambino e quindi quel particolare mi rimase molto impresso. Lo incontrai di nuovo qualche anno dopo nell’archivio di Recanati e ritrovai ancora in lui quella calma e quella dolcezza del primo incontro, mentre mi spiegava le origini del mio cognome, con una semplicità e un modo di interloquire che ti prendevano al punto che non avresti mai voluto che smettesse di parlare.

Gianluca Calcabrini (Commerciante e storico di Castelfidardo, con grande passione per le comunicazioni multimediali)

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??????????????? Ricordo di Don Giovanni al Circolo Toniolo ?????????????????????????????

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Circolo, don Giovanni era sempre presente: nella Vis basket nata come squadra giovanile del Circolo, ancora oggi esistente, con don Giovanni che pagava di tasca propria le tasse per la gara per poter giocare la domenica, ma tassativamente dopo la messa delle dieci; nella pubblicazione del mensile ‘La Voce del Toniolo’ stampato in 300 copie con un ciclostile a manovella, che don Giovanni spediva anche ai castellani all’estero.

i siamo ritrovati in molti a salutare don Giovanni che è ritornato al Padre; tutti indistintamente con un sincero sentimento di riconoscenza e di gratitudine nei confronti di una persona che, da uomo e sacerdote, ha saputo essere fonte di indicazioni e a volte di certezze nella vita di ciascuno.

E in tanto altro che alla fine ci ha fatto dire: “Grazie don Giovanni!” Franco Serenelli (Un ex allievo al Circolo Toniolo di Castelfidardo)

Io sono, o meglio ero attorno agli anni 60, un assiduo frequentatore del “circolo de don Giovanni” (così chiamavamo il circolo Toniolo) e posso dire che per me adolescente e poi giovane, don Giovanni è stato un maestro prezioso di insegnamenti di vita. Don Giovanni ha dato al Circolo un’anima che era lo specchio della sua. Accoglienza, bontà, serietà nell’allegria, disponibilità, il tutto amalgamato da una profondissima Fede, era quello che si percepiva frequentando il Circolo. E noi ragazzi lo capivamo. Così non ci pesava che alle cinque di tutti i pomeriggi, apparisse don Giovanni che ci faceva sospendere immediatamente qualsiasi attività per radunarci in Chiesa per la ‘visitina’, come la chiamava lui. Non più di dieci minuti: alcune preghiere, una riflessione per dare un segno cristiano alla giornata, con serenità e pacatezza come sempre nello stile di don Giovanni. In questi giorni ricordando con Luciano Fabbri (Lucianì de Flora) i tempi del

Campanile Chiesa Collegiata di Castelfidardo

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??????????????? È stato sempre mio confessore ?????????????????????????????

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comandava di passare al Toniolo anche dopo la fine della scuola invece “de andare a zonzo a Porta Marina”. Quando mi incontrava mi prendeva sotto braccio e mi teneva stretto e chiedeva di nonna e mamma e se avevo notizie di zio, padre Luigi Galluzzi, di cui era amico e che si cercavano spesso vicendevolmente.

acconto, mischiando la mia vita ai ricordi di don Giovanni. L’ho incrociato subito nella mia vita avendomi battezzato il 27 aprile 1952, dopo 6 giorni dalla nascita.

Ricordo la vicinanza avuta per la nostra famiglia in special modo per la nonna e il nonno paterno per la morte prematura di una delle figlie nel 1963. Ricordo le benedizioni di Pasqua, quando veniva a piedi e non aveva mai fretta di partire da casa se non aveva parlato con tutti. Mi fece catechismo per alcuni anni e fu mio professore alle medie unificate per religione il secondo e il terzo anno. In classe si era fatto un breve opuscolo con interviste varie ai professori e altri personaggi che ora non ricordo, ma lui intervistato da Annunziata Magi caporedattrice nel nostro giornalino della classe, alla domanda come si chiamava, rispose: “Io non mi chiamo, gli altri mi chiamano Giovanni”. Ricordo poi che ci diceva e si rac-

Don Giovanni mi ha sempre voluto bene com’ero, perché per lui eravamo tutti uguali. È stato il mio confessore fino a che non è partito da “Castello”. Ricordo che nonna quando partivo col motorino o la vespa e poi con la macchina diceva di stare attento e spesso mi raccontava che don Giovanni gli aveva chiesto di pregare per le morti improvvise dei giovani che avvenivano nelle strade. Che Giovanni che era don Giovanni! Mario Montini (Appassionato di storia e di tradizioni locali di Castelfidardo)

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Il Nostro Castello Nel 1962 ci fu un concorso lanciato dalla Rai su tutto il territorio nazionale e il premio era creare una biblioteca comunale. La gara consisteva nella presentazione di una poesia sul proprio paese. Il Circolo Toniolo partecipò a questa competizione con la poesia qui sotto riportata e composta per l’occasione don Giovanni.

IL NOSTRO CASTELLO

Su dentati colli, austero vascello, lambito dall’Aspio e dal Musone s’erge Castello antico, pietroso monumento di cavalieri e d’ombre, a scrutar il lontano Appennino, le verdeggianti colline e l’Adriatico mar. Dall’ampia visione di passate vicende dal vivere incerto di tormentate memorie, riappaion rudi e possenti la guelfica torre comunale e il bruno campanil barocco della pieve antica di Santo Stefano. Rapidi corsero, uccelli predatori, Gentile, Enzo e Federico. Entro disfatte mura su arsi cumuli di morte la rapita libertà denudaro schernendo degli umiliati il duolo.

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Ma un dì, le strette vie e l’èrto pendio del Cassero risuoneranno al canto del valoroso milite lombardo che sul colle di Mirano farà, della divisa Italia, una Patria sola. Qui passava benigno e stanco un bianco viennese dalla fede ardente che, riposato della fredda notte, lasciava in ‘dono un piccolo organetto a chi, pellegrino, l’aveva accolto e uno scarso pane aveva condiviso. Abbandonava allor l’umida terra E saliva pensoso al terzier di Montebello un giovane dallo sguardo acuto, portando seco il prezioso dono, aveva nel cuor un filo di speranza il sogno e l’ansia di una vita nuova. O Castellano amico, che errante sosti su straniera terra, al mesto suono d’una fisarmonica, ricorda il volto di tua madre accanto che prece e pianto nella tua attesa invia. don Giovanni Simonetti

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Negli archivi del Circolo Toniolo sono conservate tutte le copie della “Voce del Toniolo” e nel giugno 1967 troviamo quanto vi è scritto e che riportiamo qui sotto

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giorni, comprese le prove notturne, salvo complicazioni.

bbiamo continuato a rovistare nella polverosa galleria di personaggi castellani e sapete cosa abbiamo trovato questa volta?

Tra tanti pregi ha però un difetto, è un interista incallito.

Semi-nascosto tra un nobile decaduto e un lattarolo c’era l’arci-super-ultra…..insomma-issimo Don Giovanni. Col minimo sforzo l’abbiamo estratto, spolverato ed ora ve lo presentiamo quasi rimesso a Nuovo.

Una sera eravamo riuniti in casa sua, si cominciò a parlare di sport e ci accorgem-

È un esemplare più unico che raro di prete patiens (dal latino maccheronico….. con una buona dose di pecorino nostrano), è quello che ci ha visto crescere e chi non lo sapesse è un castellà di Castello, basti dire che è nato giù pel Cenciarello. Se lo chiamate Don Giovanni di fronte a un ragazzino del circolo rischiate di essere scambiati per marziani perché tutti lo conoscono come John Brown e al massimo Don Giuà. Tutti gli danno del Tu. Noi del circolo gli diamo del Lei per rispetto, siccome è più vecchio, gli diamo del Voi e perché siamo amici gli diamo del Tu e così, che certe volte, parlando, vengono fuori frasi simili a queste: “Siamo venuti a casa Sua, per parlare con Voi, ma Tu non c’eri”.

mo che eravamo tutti tifosi della Juve, ma Don Giuà, quatto quatto, si alzò, si portò a distanza di sicurezza, e gridò: “Tanto lo scudetto lo vincemo noi dell’Inter”. Comunque dopo averlo visto prostrato nella polvere dai fieri colpi che Juve, Mantova e Padova hanno inferto all’Inter l’abbiamo rimesso nel nostro gruppo.

È un grandissimo, leggerissimo (in peso) filosofo, un illustrissimo storiografo e inoltre ha un orecchio, ma un orecchio…… (il solito maligno a questo punto mormora: - sì che tanto non se vede!) così musicale che per imparare alla meno peggio l’aria di una sola strofa impiega quattro

È il prete classico che tutti vorrebbero avere: “Economicissimo, consuma poco e rende molto”. I ragazzi del Circolo

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Finito di stampare il 26 Marzo 2015, giorno della Trigesima della scomparsa di Don Giovanni Simonetti presso l’Industria Grafica Tecnostampa di Recanati