Emmaus 21 aprile 2020

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Martedì, 21 aprile 2020

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Prossima uscita il 16 maggio 2020

celebrazioni Messa in diretta tv e streaming l vescovo Marconi celebra quotidianamente la Santa Messa dall’Episcopio. Dal lunedì al Isabato la celebrazione inizia alle ore 7.30. La

Inserto mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 - 62100 Macerata

domenica la Santa Messa ha inizio alle ore 10.30. Nell’impossibilità di partecipare in chiesa alla Santa Messa per le misure restrittive che impediscono lo svolgimento di tutte le manifestazioni civili e religiose, è possibile seguire in diretta queste liturgie in televisione, su Emmetv canale 89 del digitale terrestre, in streaming dalla app (scaricabile dagli store per Android o iOS) o dal sito di Emmetv (www.emmetv.it), come pure dal canale YouTube e dalla pagina Facebook della diocesi.

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Inserto di

Cingoli ferita con la casa di riposo prova a rialzarsi

La parrocchia senza popolo si sposta sul Web

Rosario in famiglia trasmesso su Emmetv seme moltiplicato

Addio a Don Peppe vittima dell’epidemia

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Covid-19. Il vescovo a Pasqua: sentirsi vicini a chi soffre e riscoprire il valore della preghiera

parroci

Un tempo da non sprecare

Quei tanti morti senza neppure l’ultimo saluto

«Spero si possa, sei mesi dopo, celebrare una Messa solenne per ogni defunto, per piangerli assieme e rinnovare la fede nella vita eterna» Riproduciamo qui di seguito l’intervista che il nostro vescovo, Nazzareno Marconi, ha rilasciato al “Resto del Carlino” che l’ha pubblicata nella domenica di Pasqua. na Pasqua insolita: per molte famiglie in casa, per altri al lavoro, in prima linea negli ospedali o sulle strade per i controlli. Ma per tutti può essere un momento di riflessione, come spiega il vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi, che invita a non lasciarsi sopraffare dalla tristezza, cercando di rendere «bello e prezioso» anche questo tempo. Monsignor Marconi, quest’anno le comunità sono chiamate a una Pasqua diversa, come si può vivere questo momento di fede e condivisione seppur lontani? La nostra fede in un Dio che si è fatto uomo e che vuole per noi una vita buona e serena dà un grande valore alla vita ed alla salute, uno dei primi doni di Dio, per questo stiamo seguendo con impegno le misure prudenziali suggerite dai nostri medici. La Chiesa ha sempre avuto cura della salute della popolazione, tanto che i primi ospedali per la cura di tutti i malati li ha creati proprio la Chiesa. Per questo fede, ragione e prudenza vanno d’accordo. Siamo anche abituati in tante parti del mondo a vivere la Pasqua in situazioni di emergenza: ogni anno qualche popolo vive purtroppo epidemie, guerre, disastri naturali. Il primo senso di questa Pasqua così speciale è di sentirci più vicini a chi soffre. Spero che nei prossimi anni, quando vedremo in tv che altri popoli vivono una Pasqua difficile, questa esperienza ci abbia fatti crescere nella sensibilità e nella attenzione agli altri. Come può un fedele affrontare questo momento di isolamento, in cui lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento? Comprendo bene che la fatica psicologica dell’isolamento sia forte, soprattutto per le persone più fra-

U

Il vescovo Marconi e il sindaco Carancini nel santuario della Mater Misericordiae al termine della Via Crucis del Venerdì Santo

solidarietà

gili come gli anziani, i bambini e chi soffre di disturbi nervosi. Credo che ci possano aiutare due cose: la prima è che questo tempo fi-

In regalo dai cattolici cinesi mascherine e materiale per difendersi dal coronavirus

nirà. Anzi, più saremo tutti impegnati a rispettare le misure prudenziali indicate e prima finirà. La seconda e più importante consi-

amicizia vera si traduce spesso in gesti che stupiL ’ scono perché vanno al di là di qualsiasi aspettativa. È il caso del grande regalo degli amici cinesi della nostra diocesi che hanno fatto giungere una spedizione di dispositivi di protezione individuale comprendente 110.000 mascherine, 800 tute e 200 paia di occhiali. La rete di relazioni coltivata nel segno di padre Mat-

derazione, almeno per un credente, è che non siamo mai soli. Gesù dice che quando uno si chiude solitario nella sua camera, se pre-

teo Ricci, con l’opera preziosa di don Giambattista Sun Xu Yi, ha mobilitato cattolici dal Nord al Sud della Cina che hanno raccolto l’equivalente di quasi 70mila euro. Un gesto tanto più significativo in quanto compiuto da persone, a loro volta, spesso in difficoltà e perfino da bimbi che hanno donato quanto ricevuto per la festa del Capodanno cinese. (P.Ch.)

ga il Signore, il Padre celeste gli è vicino e lo ascolterà. Questo tempo di solitudine può essere un tempo prezioso per riscoprire il valore della preghiera. In queste settimane tanti stanno vivendo il dolore di perdere una persona cara, come si può convivere con l’impossibilità di dire addio a chi si è voluto bene? La sapienza dalla fede, anche se sa che le persone che muoiono sono con Dio e non sotto terra, ha sviluppato la preghiera e i riti di commiato, quello che chiamiamo il funerale, perché abbiamo un grande bisogno affettivo di congedarci da chi lascia questa vita. Credo che quando questo non è possibile, e penso a tanti dispersi durante le guerre, la fede che i nostri cari sono «nelle mani di Dio» come dice la Bibbia, ci possa sostenere. Il disagio che proviamo è forse anche la sopravvivenza dell’antica idea superstiziosa che se un defunto non riceveva i riti funebri, non aveva pace, ma spero che queste idee contrarie alla fede scompaiano del tutto. Quando questa epidemia sarà passata e potremo tornare a celebrare tutti assieme, consiglio a tutti con l’aiuto dei miei parroci, magari nel sesto mese dalla morte, di celebrare una liturgia funebre solenne per ogni defunto, che permetta agli amici e ai parenti di piangere assieme i nostri morti e alla comunità credente di rinnovare la nostra fede nella vita eterna. Le chiese sono chiuse ma tanti parroci si sono riorganizzati per non lasciare sola la loro comunità, come sta affrontando la Diocesi questa emergenza? Con tre armi molto italiane: la prima è la fantasia. Molti parroci ne hanno inventate di tutte, a cominciare dal suono delle campane, per farsi sentire vicini ai parrocchiani. La seconda è l’arte di arrangiarsi: ho vari preti ultrasettantenni che trasmettono catechesi, Sante Messe e rosari in streaming su Facebook o YouTube. La cosa divertente è che erano gli stessi che solo un mese fa volevano “scomunicare” tutte queste “diavolerie elettroniche”. La terza e più importante è la vicinanza umana: noi italiani siamo quelli degli abbracci e dei baci, come dicono i miei “freddi” amici tedeschi, ma questa carica passionale riusciamo a farla passare anche attraverso una telefonata e per chi si sente solo e un po’ smarrito è un dono prezioso. Vorrei augurare a tutti di vivere bene questo tempo difficile. Fra qualche anno sono certo scopriremo che è stato anche un tempo bello e prezioso. Buona Pasqua. Chiara Sentimenti

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ANDREA LEONESI *

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opo quasi due mesi di quarantena mi sembra che tutti noi sacerdoti, e in particolare i parroci, corriamo due rischi: 1) quello di segregarci in casa e aspettare che passi; 2) quello dell’“ansia da prestazione”, che porta a inventarsi di tutto pur di essere presenti e non farsi rimproverare per lo scarso zelo! Solo che così si rischia di non obbedire né allo Stato, né alla Chiesa, né alla volontà di Dio in questo tempo! Ad esempio benedire acqua o rami di ulivo per metterli in fondo alla Chiesa, distribuire la Santa Comunione e confessare, inventarsi Vie Crucis, rosari, processioni..., non si può fare per il bene nostro e di tutti! Sembrerebbe scontato, ma non lo è (e qui parlo da vicario generale)! Il coronavirus ci sta portando però anche qualcosa di positivo, seppur non è facile coglierlo in mezzo alla sofferenza e al dolore che ci arreca. 1) Lo sdoganamento definitivo dei social di cui mai come in questo tempo abbiamo potuto constatare l’utilità! Cosi anche un profano come me si è ritrovato in mezzo a Zoom, Hangouts, Meet..., dirette streaming e altre “diavolerie” informatiche, apprezzatissime da tanti nostri fedeli. 2) Si prega di più! L’ho desiderato per tanto tempo e ora il Signore me l’ha concesso! 3) Abbiamo avuto conferma che se i preti vivono insieme, è meglio! Grande antidoto alla solitudine e a una quantità enorme di altri mali. 4) Siamo stati costretti ad andare nel profondo del nostro rapporto con Gesù e a chiederci seriamente se cerDon Leonesi ti segni che usiamo normalmente nella vita pastorale siano effettivamente contenitori di una relazione profonda con Lui o si tratti di involucri vuoti! Il vivere, ad esempio, una processione indica e rafforza il mio seguire Gesù nella vita! Ma l’impossibilita, per una volta, di farla, non compromette il significato profondo di cui essa è segno, giusto? Perché se no, è possibile che essa sia appunto un contenitore vuoto, al limite del magico! E gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Io benedico il Signore perché mi ha concesso di sperimentare tutto questo, almeno in parte, in questo tempo, e soprattutto credo che il mangiare e pregare insieme con tutti i sacerdoti della mia unità pastorale (Santa Croce e Immacolata, a Macerata) sia stato veramente un dono Suo, sicuramente non del coronavirus! E poi, de sti tempi, preferisco rimanere a casa visto che le mie uniche uscite sono per andare a benedire salme al Cimitero! Per il resto non si può dire che il lavoro sia diminuito, visto che il mio cellulare segna 9 ore di media al giorno trascorse in sua compagnia, tra le mani e/o all’orecchio: ormai è davvero una protesi! Però ho scoperto pure che dormire otto ore di seguito, di notte, è decisamente meglio! La nota più dolente sarà invece quella trasmessa dalla bilancia, quando usciremo dalla quarantena. Il fatto è che, un po’ per far girare l’economia, un po’ per donare allegria alle feste importanti, quale modo migliore che farsi portare a domicilio colombe al gelato o pizza, o dar libero sfogo alle doti culinarie di qualche prete? Ora rimane solo un dubbio: qual è il termine ultimo prima che inizi lo scleramento e la paranoia? Speriamo di non oltrepassarlo! * vicario generale

Il nostro futuro: tra flussi online e relazioni di cortile? Improvvisamente siamo passati da una socialità che dilagava in piazza, a relazioni ristrette Tanti piccoli spazi si sono sovrapposti agli ambienti virtuali dei social DI

GIANCARLO CARTECHINI

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i ricorderemo a lungo di questa domenica di Pasqua, penso mentre rientro in casa dopo essere uscito a comprare i giornali. Non riesco a scrollarmi di dosso il senso di irrealtà, causato da un profondo disorientamento. Eppure le strade e-

rano quelle solite del mio quartiere. Però deserte. Non ho incontrato nessuno. Nessuna traccia degli odiati runner. Solo un ragazzo con una maglietta verde acqua, lo stesso colore della mascherina. Portava a spasso un cane di piccola taglia sul cui collare era applicato un cono protettivo. Dove è finito il nostro prossimo? «Il nostro prossimo è stato abolito», ha dichiarato provocatoriamente il filosofo Giorgio Agamben, riferendosi alle norme di distanziamento sociale. Forse non è proprio così; forse il prossimo si è solo spostato, e noi facciamo fatica a rendercene conto. Siamo passati improvvisamente da una socialità che dilagava nelle piazze, a relazioni ristrette di cortile. Tanti piccoli cortili si sono so-

vrapposti agli altri cortili, quelli virtuali dei social, che da tempo siamo soliti frequentare. Isole adiacenti, collegate da autostrade telematiche prese improvvisamente d’assalto da un flusso ininterrotto di merci, informazioni, pratiche amministrative, conversazioni, omelie. Mi siedo in terrazzo, prendo un caffè. Nessun rumore di traffico. Lo sportellino di una lanterna Ikea, che ho tenuto accesa tutta la notte – la notte del sabato santo – sbatte a causa del vento. Si sentono dei cani abbaiare. Grida di bambini, adulti che chiacchierano dai balconi. Il suono domestico di stoviglie riordinate, utensili caduti in terra. Un uomo ha inventato un gioco con la figlia: getta la palla sopra un tetto spio-

vente e attende che scenda, chi la prende per primo vince. Case piene di gente, una accanto all’altra. Gomito a gomito, come in un villaggio–vacanza. Qualcuno spara a tutto volume un tormentone della scorsa estate. Sento il rumore secco di una zanzariera che si apre: tra un attimo Mario, l’inquilino dell’appartamento di sopra, uscirà sul balcone a fumare una sigaretta. Come stiamo vivendo questa prossimità di cortile? Ci si aiuta o ci si spia, ora che la diffidenza che prima colpiva gli stranieri si è insinuata tra di noi con la pervasività diabolica di una guerra civile, e si aggrappa come un parassita alla necessità di restare lontani? Gesti di condivisione si alternano a sospetti da comari: «Guar-

da che quello è uscito di casa e non aveva nessun motivo per farlo, bisognerebbe chiamare i carabinieri…». Da questo punto di vista, il passaggio dalle discussioni tra vicini al chiacchiericcio astioso dei cortili sul web è del tutto naturale. Come ha sottolineato il sociologo Derrick de Kerchove, per ogni uomo connesso si sviluppa un doppio digitale. Le tracce che lasciamo in rete sono archiviate e analizzate per fornire informazioni, consigli, obblighi. Questo nostro alter ego virtuale può diventare un liberatore oppure un grande inquisitore, che proprio in questi giorni di pandemia cerca di cavalcare le ondate di emotività negativa che hanno finito per prendere il sopravvento.

Musica sui tetti di Roma, un’immagine simbolo della nuova socialità che si sviluppa caricandosi delle limitazioni imposte dal Covid–19, senza lasciarsi abbattere

È curioso come la parola “virale” si sia imposta già da tempo per definire la diffusione incontrollata, tipica della nostra società iper connessa, di contenuti e informazioni. Tutto ciò che procede per contagio e precipitazione, ha affermato la psicanalista Julia Kristeva, dopo un inizio scintillante genera un’esplosione mortife-

ra. E alla fine, tutto quello che resta è una profonda solitudine. Restiamo soli davanti agli schermi, e questo spiega l’angoscia e la collera di questi giorni. Flussi online e relazioni di cortile. Sarà questo lo scenario dei prossimi anni, nel quale dovremo esercitare l’arte esigente del “farsi prossimo”?


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