verso la Pasqua
Quaresimali
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Martedì, 19 marzo 2019
Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia
l vescovo proporrà tre meditasulla liturgia eucaristica sotIto zioni il titolo “La roccia e la sorgente”
A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567
L’appuntamento è per le ore 21: 25 Marzo: Cristo Redentore di Recanati 1 Aprile: San Catervo di Tolentino 8 Aprile: Troviggiano di Cingoli Gli incontri saranno in diretta su EmmeTv – Canale 89 o in streaming sul canale YouTube della diocesi.
e-mail: redazione@emmetv.it facebook: emmetvmacerata twitter: emmetvmacerata
MACERATA
post Sinodo. Marconi: necessario convertire i cuori, rinnovare stile e parole
A Loreto in ascolto del Papa DI
NAZZARENO MARCONI *
I
l prossimo 25 marzo papa Francesco nella sua visita a Loreto firmerà un testo che consegnerà idealmente ai giovani e che chiude il Sinodo a loro dedicato. Per ciò che ne sappiamo, non di tratta di una Esortazione post-sinodale, ma piuttosto di una specie di lettera ai giovani del mondo. A Panama il Papa ci aveva detto che il Sinodo si sarebbe chiuso con quella esperienza di incontro e non con un documento. Poi in altre occasioni aveva ripetuto di aver apprezzato e condiviso il documento finale elaborato dal Sinodo e offertogli, tanto da non ritenere necessaria la redazione di una seguente Esortazione postsinodale. Con papa Francesco non è facile fare previsioni; abbiamo tutti capito che questo Papa ama sorprendere. Però mi sento abbastanza convinto dell’idea che mi sono fatto di ciò che avverrà il 25 marzo. Da una parte questo modo di agire del Papa è un messaggio di affetto e rispetto verso il metodo sinodale, perché Francesco fa suo in toto un documento elaborato dal Sinodo come testo provvisorio e offerto alla rielaborazione dello stesso Pontefice. Questa scelta non vincola certo i Papi a fare lo stesso dopo ogni Sinodo, ma dà un valore particolare a questo documento finale e soprattutto invita noi tutti a leggere i documenti e a farli diventare vita! Scrivere un bel testo è facile; farlo diventare vita e prassi ecclesiale è certo più complesso ed esigente. Del testo del Sinodo, che ho ripreso in mano a qualche mese di distanza dalla prima lettura, mi hanno colpito alcuni passaggi chiave, ma in particolare la rilettura del brano di Emmaus, da cui giunge una parola forte su come la Chiesa deve relazionarsi con i giovani di oggi. Prima di tutto da questo brano emerge una parola su ciò che la Chiesa deve sempre essere. La Chiesa è il corpo vivente del Risorto, che cammina oggi nella storia. Oggi come allora dobbiamo imitare lo stile di Gesù: che è in cammino, che è attento all’uomo, che è sensibile alle sue fragilità e ai suoi dubbi e vuol di nuovo annunciare il Vangelo della Pasqua in tutta la sua luce; vuol trasmettere la gioia del Vangelo. È un programma e uno stile che non riguarda solo l’evangelizzazione dei giovani, ma ogni nuova evangelizzazione. Ma possiamo anche correre il rischio di essere una Chiesa che somiglia ai due discepoli: tristi, demotivati, pronti a brontolare e a giudicare. Una Chiesa del genere non potrà certo riuscire a evangelizzare i giovani di oggi. C’è quindi da fare un cammino di conversione per attuare il Sinodo, una conversione dei cuori che devono essere infiammati dalla fede e anche una conversione dello stile e delle parole. Uno dei problemi basilari del rapporto tra Chiesa e giovani nel nostro Paese, messo in rilievo
dal Sinodo, è che il Vangelo, la buona novella, l’abbiamo così a lungo annunciata in maniera stanca, scontata e moralistica, che non appare più agli orecchi dei giovani né nuova, né buona e per questo è tutt’altro che attraente. Dobbiamo di nuovo guardare a Gesù, imparare a riconoscerlo per poterlo annunciare; è quello che ci ha detto il papa a Panama invitandoci a ricentrare sull’incontro con Cristo la pastorale giovanile e vocazionale. Si tratta di testimoniare la fede e di farla riscoprire. Una pastorale giovanile da intrattenimento, che educhi i giovani a essere buoni e belli, ma non si preoccupi di educarli a credere in Gesù, non corrisponde alla nostra vocazione di evangelizzatori e non farà mai ardere i cuori dei giovani. Per prepararci ad ascoltare le parole del Papa a Loreto, sapendo quanto Francesco ami le parole del Concilio, invito a rileggere il “Messaggio ai Giovani” con cui significativamente si chiuse il Concilio. È un testo coraggioso che parte sfidando i giovani: «Siete voi che, raccogliendo il meglio dell’esempio e dell’insegnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, formerete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa». Traccia poi un primo obiettivo dell’impegno dei giovani: «La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone». Ricordando con chiarezza che tutto deve però partire dal dono più basilare e prezioso da chiedere a Dio e che la Chiesa vuol loro offrire: «...la fede, che le vostre anime possano attingere liberamente nella sua benefica chiarezza». Esprime poi la sua fiducia nei giovani, perché una Chiesa veramente cristiana non può mancare di fiducia nei giovani. «Essa ha fiducia che voi troverete una tale forza e una tale gioia che voi non sarete tentati, come taluni dei vostri predecessori, di cedere alla seduzione di filosofie dell’egoismo e del piacere, o a quelle della disperazione e del nichilismo; e che di fronte all’ateismo, fenomeno di stanchezza e di vecchiaia, voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono». Per chiudere con un inno pieno di speranza: «È a nome di questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, e a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!». * vescovo
il testimone
Venezuela, crisi che sollecita il nostro aiuto DI
DAVID MALAVÉ *
I
i precedenti I Papi alla Santa Casa ell’ultimo secolo hanno visitato la Basilica della N Santa Casa: Papa Giovanni XXIII 4 ottobre 1962 Papa Giovanni Paolo II 8 settembre 1979 11 aprile 1985 10 dicembre 1994 9–10 settembre 1995 5 settembre 2004 Papa Benedetto XVI 2 settembre 2007 4 ottobre 2012
informazioni utili Ecco come partecipare utti possono partecipare all’incontro col Papa a Loreto il prossimo lunedì 25 marzo. Non ci sono “biglietti” e non è necessario prenotarsi; anche in questa occasione, come ogni giorno, l’accesso alla Piazza della Madonna sarà libero e gratuito. La visita di papa Francesco inizierà alle 9.30, ma l’accesso alla piazza sarà possibile già dalle 7. La Santa Messa, celebrata in Basilica, sarà trasmessa anche su schermi allestiti in
T
piazza. Per motivi organizzativi gruppi e pullman sono invitati a registrarsi con una email all’indirizzo loretopapa2019@gmail.com. A questa stessa mail potranno segnalare la loro presenza ammalati, sacerdoti, religiosi e religiose. Papa Francesco si presenterà sul sagrato della basilica circa alle 11.15, dopo la conclusione della Santa Messa e dopo il saluto agli ammalati accolti in basilica.
Papa Giovanni XXIII in visita a Loreto nel 1962, in uno scatto di don Giuseppe Branchesi
Venezuela ha grandi risorse naturale ed è il primo esportatore di petrolio dell’America Latina, ma sta attraversando una gravissima crisi economica, istituzionale e sociale. Dal 2018 il PIL venezuelano si è dimezzato, il prezzo del greggio, dai 100$ al barile del 2014 ai 50$ verso la fine dello stesso anno. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una contrazione del Pil dell’8% nel 2019, dopo il –18% del 2018 e una iperinflazione, che dovrebbe raggiungere quest’anno il 10 milioni per cento. Mancano i generi alimentari di base (latte, carne, pollo, caffè, riso, olio, farina precotta, burro...), i medicinali. La crisi umanitaria è senza precedenti. L’aspettativa di vita è diminuita e le persone affette da malattie quali il cancro, l’asma, l’epilessia, il diabete, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, Aids non possono curarsi con i farmaci migliori. E diverse malattie sono in forte aumento: il morbillo aveva registrato 727 casi nel 2017, mentre nel 2018 questa cifra è salita a 5.525. E in aumento c’è pure la difterite. I bambini e gli anziani sono i più colpiti. Molti non hanno entrate sufficienti alla sopravvivenza, cioè per l’acquisto di cibo e farmaci. Nel mio ultimo viaggio al Venezuela, gennaio 2019, ho potuto toccare con mano il dramma che si vive quotidianamente per la mancaza di cibo e medicina e l’aumento quotidiano dei prezzi. Gli indicatori parlano dell’80 % di persone in povertà, di cui il 50% in condizioni estreme. La situazione difficile riguarda tutti, anche la classe media. La crisi acuta ha generato un vero e proprio esodo dal Paese. Tre milioni di venezuelani vivono all’estero, scappati in altri Stati dell’America Latina. Tanti dei miei amici di infanzia sono emigrati. Qualcuno con la speranza di ritornare. Esiste anche una crisi politica esplosa nel gennaio 2019 a seguito delle elezioni presidenziali del 2018, fortemente contestate e considerate irregolari dalle opposizioni e da diversi Stati esteri, e del successivo re–insediamento di Nicolás Maduro. L’Assemblea nazionale, ha dichiarato invalide le elezioni e nominato Juan Guaidó presidente del Venezuela ad interim, tuttavia Maduro è riconosciuto dall’Assemblea nazionale costituente. La Caritas del Venezuela sta rispondendo all’emergenza umanitaria provocata dalla crisi economica e politica organizzando mense solidali in tutto il Paese e provvedendo alla distribuzione di farmaci ai più vulnerabili. In questa Quaresima la Caritas diocesana di Macerata propone alle comunità locali un gesto di solidarietà per farsi prossimo con chi soffre in Venezuela. La proposta è presentata con il tema «Chiudiamo la forbice: delle disuguaglianze al bene comune, una sola famiglia umana». Siamo molti i sacerdoti di provenienza venezuelana che operano in diocesi. Questo gesto di solidarietà ecclesiale permetterà alle nostre diocesi e parrocchie di origine garantire un sostegno a famiglie e bambini in grande difficoltà. Un grazie di cuore a quanti contribuiranno. * sacerdote venezuelano incardinato a Macerata
Per un futuro senza paure, accompagnare le transizioni Oltre all’addestramento professionale, crescere anche prendendo parte alla vita democratica DI
GIANCARLO CARTECHINI
«C
iao pa’!». Il saluto è secco. Solo sei lettere, tutte sbilanciate verso una nuova giornata di scuola da affrontare con il passo indolente di quattordicenne. Squarci di futuro che noi adulti trasformiamo in interrogativi destinati a rimanere senza risposta. Quale sarà il lavoro dei nostri figli? Quali strade percorreranno? Proprio gli scenari futuri del mondo
del lavoro sono oggetto di uno studio (“Work for a brighter future”) pubblicato all’inizio dell’anno dalla Organizzazione Internazionale del Lavoro. Lo slogan che ricorre più volte nel rapporto è «accompagnare le transizioni»: prestare attenzione ai momenti di passaggio, quando le identità e le certezze acquisite debbono essere convertite in qualcosa d’altro. Il mondo del lavoro è attraversato da nuove sfide che stanno mutando radicalmente lo scenario produttivo: i progressi tecnologici determinati dalla automazione e dalla robotica; i cambiamenti climatici che spingono decisamente verso la “green economy”; quelli demografici, con una popolazione che invecchia rapidamente soprattutto in Europa, contrariamente a quanto sta accedendo nel continente
africano. Come sempre accade nelle fasi di transizione, i pericoli si alternano alle opportunità: le nuove tecnologie non porteranno alla scomparsa del lavoro immaginata da qualcuno, ma alla comparsa di nuove attività (un altro studio citato dal World Economic Forum ha sottolineato come il 65% dei bambini che frequentano attualmente le scuole primarie faranno lavori di cui oggi ignoriamo perfino il nome…). Le abilità che consideriamo indispensabili non corrispondono ai lavori di domani, e perfino quelle che oggi consideriamo “nuove competenze” potrebbero diventare in breve tempo obsolete. I lavoratori del Web potrebbero trasformarsi nei nuovi braccianti digitali, sottopagati e precari. Insomma, le nuove sfide si sommano alle tensioni già
presenti nel mondo del lavoro, e generano paure a volte irrazionali. Minacciano di erodere la prosperità condivisa e la fiducia su cui si basano le istituzioni democratiche, dando voce – sottolinea il rapporto – alle spinte isolazioniste e al populismo. Che fare, dunque? Una delle soluzioni proposte consiste nell’invito (rivolto a governi, datori di lavoro, rappresentanti dei lavoratori e istituzioni educative) a dare vita ad un «ecosistema di apprendimento permanente» in cui ciascun individuo sia sostenuto soprattutto nei momenti di passaggio: dalla scuola al lavoro; dal vecchio lavoro a una nuova occupazione; dal lavoro a una uscita dal lavoro operosa, che sappia valorizzare l’esperienza acquisita negli anni. Formazione formale e informale, che si al-
terna a periodi di lavoro. Tuttavia l’apprendimento permanente implica molto più delle capacità necessarie per un addestramento professionale. Si tratta infatti di sviluppare anche le competenze necessarie per partecipare attivamente alla vita democratica. E qui, come si vede, il discorso torna ad assumere una valenza politica di strettissima attualità… Le transizioni si accompagnano, il futuro si crea. Lo sforzo deve esser quello di trovare risposte credibili alle paure, e sbloccare le opportunità che i cambiamenti possono veicolare. Altrimenti, senza un’azione decisa, ri-
schiamo di vagare come sonnambuli in un mondo da incubo che allarga le diseguaglianza, aumenta l’incertezza e alimenta l’esclusione sociale. Con buona pace del quattordicenne indolente, dei suoi squarci luminosi verso il futuro, e delle domande inespresse che è impossibile, per noi adulti, attraversare.