Emmaus e Avvenire. Febbraio 2019

Page 1

post sisma

Una mano al territorio

www.emmetv.it

e ferite inferte dal terremoto sono lungi dall’essere sanate e L continuano a pesare sulla vita di

A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567

molte comunità. Chi desidera contribuire sostenendo le iniziative di ricostruzione della diocesi, può farlo effettuando un bonifico a: Diocesi di Macerata–Tolentino– Recanati–Cingoli–Treia. Causale: Offerta pro terremoto. Iban: IT61Q0605513401000000011753

e-mail: redazione@emmetv.it facebook: emmetvmacerata twitter: emmetvmacerata

MACERATA

Martedì, 19 febbraio 2019

Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

Come negli anni scorsi, un libretto scritto dal vescovo: per ognuno dei 40 giorni un brano della Sacra Scrittura, una riflessione e il confronto con la vita di un santo

Quaresima, tempo di fede Periodo caratterizzato da tre elementi: il deserto, la Parola di Dio, la liberazione dallo Spirito del male DI

NAZZARENO MARCONI *

a Quaresima 2019 inizierà il 6 marzo, c’è ancora tempo, ma è importante cominciare a prepararsi. Nella mia esperienza pastorale mi sono sempre più convinto che il cammino di fede cresce solo nella misura in cui aumenta giorno per giorno in essenzialità, costanza e interiorità. Un momento divertente della mia vita sacerdotale fu quando, durante uno dei tanti traslochi che caratterizzano la vita di un prete, mi ritrovai tra mano un quaderno di appunti che avevo scritto 15 anni prima, nei primi mesi di sacerdozio. Pensando di diventare parroco a breve – invece ho avuto la fortuna di fare il viceparroco per ben 11 anni – vi progettavo come avrei guidato i miei fedeli, una volta “giunto al potere assoluto”. A rileggere quelle note dopo 15 anni di vera esperienza pastorale, mi sentivo come Pinocchio che, diventato finalmente un bambino vero, guarda in un angolo il burattino di legno ormai inanimato e dice: «Come ero buffo!». Il limite più evidente di quel progetto pastorale “infantile” era pensare che per far crescere la fede dei miei parrocchiani dovessi stupirli con cose sempre nuove, moltiplicare le iniziative e le azioni, contornare i fondamenti della vita di fede di “decorazioni e amplificazioni”, come se da soli non bastassero a guidare i cuori al bene. Oggi sono invece ancor più convinto che dobbiamo fare poche cose per suscitare e far sviluppare la fede, ma dobbiamo farle particolarmente bene. Per questo ho invitato la diocesi in questo anno pastorale a riflettere, sacerdoti e fedeli, sul nostro modo di vivere le celebrazioni liturgiche e in particolare la Messa della domenica. Abbiamo ribadito più volte con la forza di uno slogan che: tutti dobbiamo apprendere l’Ars celebrandi, l’arte di celebrare la liturgia, così da fare di ogni nostro momento di preghiera comune un piccolo capolavoro.

L

Perciò soprattutto quest’anno vorrei che tutti mettessero impegno nell’arte di celebrare la Quaresima. La Quaresima cristiana non è solo un periodo inframezzato da celebrazioni, ma è un tempo da vivere come una grande, semplice, ma continua celebrazione della fede. Così di Quaresima in Quaresima la fede cresce, la speranza si rafforza, la carità ci apre il cuore. La Quaresima è prima di tutto un tempo da guardare unitariamente come tempo speciale di rapporto con Dio. Come Israele nel deserto

per 40 anni e Gesù nel deserto per 40 giorni, ci sono tre elementi che lo caratterizzano: il deserto, la Parola di Dio, la liberazione dallo Spirito del male. Il deserto è il luogo che, più di ogni altra esperienza, educa all’essenziale: lì impariamo il valore dell’acqua e del pane, mentre scopriamo che si può vivere senza tante altre cose che riempiono la nostra vita. Nel tempo della Quaresima, nella nostra civiltà contadina, si facevano le pulizie di Pasqua. Si buttavano le cose inutili che ingombravano la casa. La Quaresima è

un tempo di pulizia del cuore, di riscoperta di ciò che è essenziale per vivere, come l’acqua ed il pane, e di liberazione da tante “maschere” e “giocattoli” che ci rubano il tempo e ci occupano inutilmente il cuore. È poi tempo di riscoperta della Parola di Dio perché: «la Tua Parola è una luce che illumina i miei passi ed una guida sicura che mi indica il cammino» (Sal 118). La Quaresima ci rieduca all’ascolto del Vangelo di ogni giorno, come una parola preziosa che dà luce e senso a ciò che facciamo e soprattutto ci impedisce di finire fuori strada nella vita. È triste l’immagine dell’uomo che cammina sulla strada sbagliata senza accorgersene, infatti più uno si impegna a camminare e più si allontana dalla meta. La voce di Dio, che ci indica giorno per giorno la via di casa, è il dono prezioso da accogliere nel cammino di Quaresima. Infine, nel deserto della Quaresima e alla luce della Parola di ogni giorno, diventa sempre più chiaro che lo Spirito del male cerca di renderci schiavi, spesso con successo. Nulla è più triste di uno schiavo incatenato da legami così subdoli da renderlo convinto di agire in piena libertà. Ho provato una rabbia infinita quando nella mia vita ho incontrato persone subdolamente plagiate da altri. Quando l’uomo diventa un burattino dei suoi vizi, delle sue debolezze, della malizia di chi lo blandisce e lo sfrutta al tempo stesso, viene offuscato nel volto umano, il tratto che lo rende più simile a Dio: la libertà di fare il bene. Per accompagnare questo cammino quotidiano di Quaresima ho scritto, come ogni anno, un libretto che propone ogni giorno: la Parola di Dio, una riflessione su ciò che è davvero essenziale alla vita, e la vita di un santo, perché i santi sono davvero uomini liberi da cui imparare a liberarci dal male. Lo si può trovare in parrocchia e aiuta a celebrare meglio la Santa Quaresima che abbiamo davanti. Come ha insegnato papa Francesco un anno fa di questi tempi: «Sono libero? O sono schiavo delle mie passioni, delle mie ambizioni, di tante cose, delle ricchezze, delle mode? Sembra uno scherzo, ma quanta gente è schiava delle mode! Libero veramente o libero come questo mondo un po’ “schizoide” che grida: “Libertà, libertà, libertà”, ma poi è sempre più schiavo?». * vescovo

viaggio pastorale

Benedetto il cantiere dell’ex chiostro del convento di San Francesco a Montelupone

missioni. L’Argentina dà il benvenuto al vescovo in arrivo ome sempre ricordava monsignor Tarcisio Carboni, oltre a quelle marchigiane, la diocesi di Macerata ha una parrocchia anche in Argentina… da circa 50 anni la nostra chiesa locale ha lì una presenza missionaria: 30 anni nella diocesi di Morón e ora da 20 anni in quella di Comodoro Rivadavia. Una presenza che ha coinvolto vari sacerdoti, che hanno regalato una parte della loro vita presbiterale, ma anche vari laici che ci hanno accompagnato con la preghiera, con la loro generosità e alcuni anche visitandoci. L’oramai imminente visita del vescovo Nazzareno Marconi – dopo quelle di monsignor Cassulo, di monsignor Tonini, le varie di monsignor Carboni e l’ultima, nel 2011, di monsignor Giuliodori – testimonia la continuità dell’impegno missionario della nostra Chiesa locale ed è per noi un motivo di grande gioia. Un padre che visita i suoi figli, un pastore che viene a conoscere e a condividere il lavoro pastorale è qualcosa che tocca il cuore e ci fa sentire, nonostante le migliaia di chilometri di distanza, parte di una stessa famiglia. Sarà un momento un momento di gioia per le nostre comunità parrocchiali, che si sentiranno accompagnate non solo da noi sacerdoti, ma da tutta una comunità diocesana. L’incontro e il dialogo aiutano a crescere: ascoltare e condividere il camino pastorale della Chiesa maceratese sarà una ricchezza per le nostre giovani comunità della Patagonia, come anche speriamo che la vita di queste giovani comunità rappresenterà una ricchezza per voi. Infine speriamo che la presenza del vescovo Marconi aiuterà noi sacerdoti e le nostre comunità a rinnovare l’entusiasmo di camminare con Cristo, approfondire il desiderio di ascoltare la sua Parola e di crescere nella comunione. don Alberico, don Sergio, don André

C

Benedetto dal vescovo di Macerata Nazzareno Marconi il cantiere per i lavori di rifunzionalizzazione dell’ex chiostro del convento di San Francesco, nel Centro storico di Montelupone. L’opera si pone in sinergia con la recente riapertura al culto dell’annessa chiesa a opera dell’Amministrazione comunale. I locali oggetto dell’intervento saranno al servizio delle attività pastorali e fungeranno anche da casa canonica della parrocchia dei santi Pietro e Paolo. Coinvolti professionisti – tra i quali l’architetto Claudio Cardinali – e

imprese del territorio. Un segno di speranza che si concretizza, reso possibile da fondi privati in parte provenienti dall’8x1000 alla Chiesa cattolica italiana e parte frutto di offerte e piccoli risparmi della parrocchia. La fine dei lavori, che verranno eseguiti dall’impresa Edile Sollini,

prevista entro 120 giorni. Alla cerimonia hanno partecipato anche il parroco don Gianfranco Ercoletti (nella foto, col vescovo), l’Ufficio diocesano per il sisma e i progettisti. Presente il sindaco Rolando Pecora, accompagnato dal dirigente tecnico comunale. (A. Moz.)

Malati, giornata per crescere tutti nella gratuità a XXVII Giornata Mondiale del Malato che abbiamo vissuto lunedì 11 febbraio scorso, mette in luce il senso del dono gratuito attraverso il ricordo delle parole di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Dio ci ama non per qualcosa che abbiamo fatto, per guadagnare il suo amore, ma perché egli, in totale libertà, ha deciso di amarci. È proprio questa la differenza che c’è fra avere un dono e ricevere un premio. Quest’ultimo è meritato, dipende dalle mie capacità e competenze, dai miei meriti, ma il dono invece è qualcosa di immeritato, non aspettato, ricevuto gratis, a “ufo” come da qualche parte a Roma o in Toscana si dice. Non do nulla e invece ricevo tutto o qualcosa che mi supera, e va oltre le mie aspettative. Oggi però è diventato molto difficile pensare di avere qualcosa in cambio di nulla: tutto dev’essere conquistato, anche una parola gentile, un’espressione di gratitudine, un segno di affetto e tutto ciò procura solo ansia e tanta inquietudine. Il teologo e psicanalista Peter Schellenbaum parla della mancanza di amore come della ferita più grave che si possa infliggere a un essere umano. La fortissima inclinazione a cercare riconoscimenti, ammirazione, popolarità e fama è radicata nella paura che, senza di essi, siamo senza valore. Si potrebbe chiamarla la “commercializzazione” dell’amore. Niente per niente, neppure l’amore. Eppure ogni cosa che Gesù ha fatto, detto e subìto è intesa a dimostrarci che l’amore al quale più aneliamo ci è dato da Dio, non perché lo meritiamo, ma perché Dio è un Dio d’amore. Ed è su questa base che ci si auspica di continuare ed approfondire sempre di più la relazione tra medico e paziente, l’esperienza più grande attraverso la quale ci si avvicina all’altro, riconoscendo la propria e altrui fragilità, l’individualità, la stima reciproca. La malattia è sempre una esperienza regressiva, che coinvolge il malato e il medico sul terreno di una angoscia che ha un orizzonte di morte o di separazione, che non può non essere considerata. Su uno sfondo del genere si crea una intimità fisica ed emotiva inconsueta, che però è tipica della relazione tra medico e paziente. Mettersi al servizio dell’altro non è una condizione gratuita, ma un dare e ricevere biunivoco in cui sia il malato, sia l’operatore sanitario beneficiano entrambi di tutta l’energia e l’amore dell’essere umano. La sfida educativa oggi è lavorare in modo che siamo capaci di educare i nostri ragazzi alla gratuità. Il rapporto d’amore che vivremo assieme alle future generazioni si gioca nel presente amoroso con cui ci rapportiamo e cresciamo i nostri figli, nipoti e ragazzi in famiglia, scuola e parrocchia. don Juan Carlos Muñoz Cáceres

L

videogiochi. Quel mondo virtuale che affascina e inquieta DI

GIANCARLO CARTECHINI

«E

con questo sono cinque kill, raga! Ma come avrò fatto, non ho faitato più di tanto… Quelli erano proprio nabbi, o forse era il programma che laggava…». Se avete difficoltà a comprendere queste parole, o ignorate la differenza che corre tra una visione in soggettiva e una in terza persona, vuol dire che anche voi siete dei nabbi senza speranza: incapaci di distinguere se vostro figlio sia stato risucchiato nel mondo di “Fortnite” o in quelli di “Hitman”, “Apex Legend”, o “Rainbow Six”. Lo osservate mentre impugna il controller: i lineamenti sono contratti, illuminati di riflesso dalla luce dello schermo. La postura del corpo è rigida, il tono della voce alterato. I rumori delle esplosioni gli giungono attraverso le cuffie da gaming, così come le voci degli amici con i quali sta giocando

Secondo le statistiche gli adolescenti trascorrono online quotidianamente dalle 7 alle 13 ore

online. All’esterno trapela ben poco. È solo un ragazzo, seduto di fronte al monitor. Nei momenti di silenzio potete udire il rumore prodotto dalla ventola di raffreddamento della console. Ma la ventola, come voi, appartiene a quel mondo reale che vostro figlio ha abbandonato per volare altrove. Ecco, è proprio questo il problema che vi inquieta: siete tagliati fuori dall’avventura che lo ha catturato. Irrimediabilmente esclusi. Rappresentate soltanto una voce sgradita che a volte, dall’esterno, lo richiama al rispetto delle regole dettate per cercare di limitare il tempo di gioco. D’altronde il ruolo di guardiani vi si addice poco. Qualcosa, dentro di voi, vi suggerisce di indossare la cuffia, prendere il control-

ler in mano e provare, almeno una volta, a entrare insieme a lui nell’avventura: paracadutarsi nell’isola, avanzare con circospezione, scovare i nemici prima che loro scovino voi. È un attimo, e ci siete dentro fino al collo. Catturati, anche voi, dall’incessante sequenza di suoni e immagini che vi assalgono. Alcune ricerche scientifiche hanno scoperto che i videogiochi attivano la parte frontale sinistra del cervello, stimolando la produzione di dopamina. È lo stesso effetto osservato in chi assume droga, al punto tale che si è arrivati a parlare di cocaina digitale. I giochi “sparatutto”, in particolare, prendono in ostaggio la mente degli adolescenti, danno un senso di onnipotenza, fanno credere loro di poter fare qualunque

cosa, senza pagarne le conseguenze. Eppure altre ricerche hanno messo in luce come, proprio attraverso i video giochi, all’interno delle relative comunità virtuali, i più giovani sviluppino capacità di interazione sociale. Pianificano strategie, si attivano per risolvere problemi, esprimono con maggiore facilità il proprio pensiero creativo, al punto tale che si sta pensando di sfruttare le capacità di coinvolgimento di questi strumenti anche per finalità didattiche. Le statistiche dicono che gli adolescenti trascorrono online dalle 7 alle 13 ore: anche questo dato vi spaventa. Ma poi pensate che gli adulti hanno raggiunto lo stesso grado di dipendenza. Incapaci di resistere al fascino dei social media, impantanati nel traffico web, eppure chiamati a vigilare sui loro figli. Con lo stesso inconfessabile sogno di un arbitro baro: gettare il fischietto alle ortiche e calciare in porta, almeno una volta, quel benedetto pallone…


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.