Emmaus e Avvenire. Ottobre 2017

Page 1

emmetv «TgEmme»? Alle 19.40

www.emmausonline.it

appuntamento con l’informazione sul territorio di L ’ EmmeTv Canale 89 è per ogni se-

Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

ra, dal lunedì al venerdì, alle 19.40. Gli avvenimenti della giornata proposti con un linguaggio sobrio e diretto. In conclusione spazio per le notizie di sport, con particolare attenzione il lunedì al calcio. La trasmissione viene replicata alle ore 20.40 e alle 22.40.

A cura della redazione EMMETV Via Cincinelli, 4 62100 Macerata telefono 0733.231567 e-mail: redazione@emmetv.it facebook: emmetvmacerata twitter: emmetvmacerata

MACERATA

Martedì, 17 ottobre 2017

Un Vangelo da mostrare Una riflessione sulla Lettera pastorale che guiderà il cammino della diocesi in quest’anno, impegnati a testimoniare il volto di Dio incarnato in Gesù Cristo DI FRANCESCO

NAZZARENO MARCONI *

C

I

il documento

Come poter ottenere la lettera pastorale versare le strade sottostanti. Insomma, essi dovrebbero richiamare, in chi li immagina, luoghi che ospitano scene di vita quotidiana e feriale. Dunque, il comando di Gesù ad annunciare il Vangelo dai tetti ha per noi il significato d’un impegno a proclamarlo senza timori in quei luoghi abituali che ogni giorno attraversiamo, magari sbadatamente e con scarsa coscienza che essi, invece, sono gli spazi in cui le necessità più vitali si manifestano e gli incontri con le persone sono più frequenti. Annunciare dai tetti il Vangelo non vuol dire conquistare pulpiti, né aumentare il volume della nostra voce o presidiare spazi pubblici scandendo slogan, ma fare dei nostri contatti giornalieri altrettante occasioni per farci prossimo e testimoniare il volto misericordioso del Dio di Gesù Cristo: il lavoro, la famiglia, le vie cittadine sono ugualmente luoghi dove l’annuncio del Vangelo acquista un’efficacia unica. «Annunciamolo nelle piazze, sui social, a scuola, nel posto di lavoro», scrive il vescovo. Per il discepolo, annunciare dai tet-

ti il Vangelo è ricongiungerlo alla vita che inizia con la sveglia del mattino e termina con lo sfumarsi dell’ultimo pensiero al calare del sonno serale. «Annunciatelo dai tetti!». Ma cosa annunciare? Confesso che non raramente incrocio cristiani che mi parlano d’uno strano dio; un dio che sottopone a controllo ogni nostro attimo di vita, che esige sacrifici per poi elargire premi, che sancisce divisioni tra “regolari” e “irregolari”, che reclama un dovere di culto come da sempre gli dei esigono dagli uomini, che pretende rinunce perché la vita non è già qui, che, identificandosi con delle nazioni, giustifica barriere di protezione. Questi incontri mi suscitano una reazione, forse solo emotiva e poco meditata, che mi spinge a dire che io non sono un credente in Dio, ma un amante del Dio di Gesù. Non mi affido a una generica divinità, magari ancora venata di concettualità pagane o metafisiche; io desidero lasciarmi abbracciare da Gesù e da quel Padre di cui Egli è icona. «Annunciatelo dai tetti!» è un comando di Gesù e sgorga dal suo desiderio di diffon-

er avere il fascicolo col testo integrale della lettera pastorale del P vescovo Marconi “Annunciatelo dai tetti” potete rivolgervi alla vostra parrocchia. In alternativa potete scaricarla dal sito Internet della diocesi all’indirizzo https://tinyurl.com/letpastmc. Vi è anche la possibilità, per chi lo desidera, di vedere e ascoltare, sul canale YouTube della diocesi, all’indirizzo https://youtu.be/kz4Mi3R6sxU (andare avanti fino a 1h34’15”) la presentazione della lettera pastorale effettuata dal nostro vescovo in occasione dell’incontro di apertura dell’Anno pastorale.

dere nel mondo la «Sua esperienza del vero Dio, che è Padre misericordioso»: in queste parole dell’introduzione della lettera trovo tutta la passione per proclamare «all’uomo indifferente oppure travolto dal caos della vita» il Dio di Gesù che cammina con noi.

appuntamenti

Stemma non solo per il Pastore Ora ne ha uno anche la diocesi

verso il Sinodo Conoscere i giovani per accompagnarli

La diocesi ha un nuovo stemma; lo ha spiegato il vescovo in conclusione dell’incontro di apertura dell’Anno pastorale, lo scorso 24 settembre. Ecco le sue parole:

P

rosegue il cammino verso il Sinodo 2018 che avrà a tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. La discussione dei vescovi si fonderà sulla più vasta consultazione mai realizzata finora tra i giovani, invitati a rispondere a un questionario sulle loro aspettative e la loro vita. La consultazione è ancora aperta e lo sarà fino al 30 novembre. Chi – di età compresa tra i 16 e i 29 anni – volesse far giungere le proprie risposte, si colleghi al sito https://tinyurl.com/sinodogiov Nella nostra diocesi il cammino è iniziato nello scorso mese di aprile con la diffusione il più capillare possibile di un questionario rivolto a tutte le realtà giovanili ecclesiali (un testo diverso rispetto a quello descritto sopra perché non rivolto ai singoli). Ora si avvia il secondo momento, che sarà ancora caratterizzato da momenti di ascolto il cui culmine si avrà nell’immediata prossimità del Sinodo con un incontro dei giovani con papa Francesco. Per aiutare e orientare la riflessione sul tema del Sinodo, prenderanno il via a breve in diocesi quattro incontri, a cadenza mensile, che hanno come destinatari educatori e animatori dei gruppi giovanili. Si svolgeranno nell’Aula rossa della Domus San Giuliano, sempre con inizio alle ore 21. Si comincerà venerdì 3 novembre con don Giovanni Goccini, di Reggio Emilia, già incaricato regionale dellas Pastorale giovanile, che parlerà su “I giovani oggi”. Venerdì 1 dicembre sarà la volta di don Andrea Franceschini, direttore del Centro diocesano vocazioni di Senigallia, su “Generare una vita di fede”. Il 9 febbraio 2018 monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena–Nonantola, affronterà il tema de “L’ascolto e l’accompagnamento”. Concluderà la serie di incontri il 20 aprile 2018 il vescovo Nazzareno Marconi che tratterà “Il discernimento vocazionale”. Piero Chinellato

Evangelizzazione Al via un anno di testimonianza DI

GIACCHETTA

l 24 settembre il nostro vescovo Nazzareno Marconi ci ha consegnato la sua lettera pastorale per il nuovo anno: «Annunciatelo dai tetti!». È un testo la cui brevità è sicuro antidoto verso una verbosità e iperproliferazione di scritti che, in questa civiltà dalla facile comunicazione, non risparmia nessuno, neppure il Magistero. Il testo non ha affatto l’indole d’un cammino perentorio rispetto al quale non rimane che “seguire le istruzioni”; al contrario, si presenta come una “cassetta degli attrezzi”, uno spazio di sperimentazione nel cui ambito ogni Unità pastorale potrà esercitare il proprio discernimento responsabile, coltivando quanto lo Spirito ha già seminato e resistendo a ogni pigrizia spirituale. In queste righe non intendo operare delle sottolineature che richiamino l’attenzione su alcuni passaggi della lettera, né, tantomeno, di abbozzare un commento o riflettere sui percorsi di catechesi lì accennati. Piuttosto lascio che la sua prima parte – l’introduzione proposta qui a fianco – mi ispiri dei pensieri in libertà; lì ho scorto l’anima appassionata d’un vescovo il cui cuore è già oltre il presente, in una terra che, irrorata dall’annuncio del Vangelo, mostra la sua natura trasfigurata. «Annunciatelo dai tetti!». L’immagine del tetto che a noi è oggi familiare, richiama un luogo pieno di antenne, magari con qualche camino e lucernario, ma certamente senza uomini e donne che lo vivacizzano. Ma chi si occupa di archeologia cristiana ci fa sapere che non era così nell’antica Palestina di Gesù e ancora oggi, in alcuni villaggi, è possibile capire cosa fossero allora i tetti. Simili a bianche terrazze, essi erano luoghi quotidianamente frequentati dalla famiglia, dove di notte si poteva dormire e di giorno si conducevano molte utili attività. Naturalmente erano anche posti privilegiati per comunicare con i vicini e con quanti si trovavano ad attra-

la parola del vescovo

O

gni vescovo ha il suo stemma, ma i vescovi cambiano, invece le diocesi no. Così abbiamo pensato di realizzare uno stemma della nostra diocesi. È su campo azzurro perché il motto è Sub tuum praesidium (Sotto la tua protezione, ndr) perché la Mater Misericordiae è la patrona della diocesi, e il suo manto è azzurro. Al centro c’è una spada, rivolta verso il basso perché è deposta; una spada a due tagli, come la Parola di Dio (cfr Eb 4,12), ma è anche la spada di san Giuliano, che il nostro patrono ha deposto per diventare ospitaliere e traghettatore che aiuta i poveri, ed è anche simbolo del-

l’unità della diocesi nella cattedra del vescovo. In alto c’è il monogramma “IHS”, Iesus Hominum Salvator (Gesù salvatore dell’uomo, ndr), che è anche stemma che si accompagna ai Gesuiti e ci ricorda padre Matteo Ricci, segno del passato e del futuro della nostra terra. In fondo c’è la stella a 8 punte, simbolo di Cristo, nostra speranza, sole di giustizia e salvatore, verso cui camminiamo. Da ultimo: dentro il riccio del pastorale ci sono quattro foglioline: due di alloro, laurus, da cui lauretum, perché Loreto è da sempre nel cuore della nostra diocesi e il nostro territorio abbraccia la Via Lauretana; le altre due di olivo, simbolo dell’olio da cui vengono tutti i sacramenti della fede, ma anche della pace. Nazzareno Marconi

arissimi fratelli in Cristo, “Annunciatelo dai tetti!” (Matteo 10,27) è un comando di Gesù e sgorga dal Suo desiderio di diffondere nel mondo la Sua Parola, la Sua esperienza del vero Dio, che è Padre misericordioso. Annunciatelo dai tetti: che Dio ci ama, che Dio è presente e attivo nel mondo. Che Dio non lascia cadere neppure un passerotto e quindi con quanta maggior tenerezza ha cura di ogni uomo. All’uomo indifferente, oppure travolto dal caos della vita, Gesù annuncia il volto di un Dio che cammina con noi: questo è il messaggio da Evangelizzare, il contenuto fondamentale della Catechesi cristiana. Eppure questa passione di Gesù non ci contagia, anzi spesso ci vergogniamo di essere cristiani, precisiamo di credere, sì, ma con molte parentesi, con molte obiezioni, per non sfigurare davanti alla “modernità”. Dubitiamo della nostra fede, crediamo di dover quasi scusarci per credere, che le nostre ragioni vacillino davanti alle ragioni del mondo. È urgente approfondire le ragioni della fede, liberarle dalla polvere dell’abitudine e del tradizionalismo, per riscoprire il volto umano e compassionevole, attraente e ragionevole del Dio di Gesù Cristo. Noi per primi abbiamo bisogno di una rinnovata Evangelizzazione e Catechesi. Annunciamolo dai tetti! Non solo dentro le chiese e nelle aule di catechismo, non solo a un gregge fedele e amico, ma sempre più piccolo. Annunciamolo nelle piazze, sui social, a scuola, nel posto di lavoro... La fede è stata a volte nascosta nelle sacrestie, senza avere il coraggio di contagiare tutta la vita. Questo è il dramma della fede oggi, di restare timidamente rintanata negli angusti spazi dello spirito e del privato. Dio è stato cacciato come inutile o almeno non interessante: dalla nostra economia, dalle nostre scelte, dalle nostre famiglie, dalla nostra cultura. Ci ricordiamo di Lui solo nel tempo e nel tempio sacro. Come stupirci che molti uomini guardino con sospetto o indifferenza al Vangelo, quasi fosse una rinuncia alla pienezza di vita e di umanità? Annunciamolo dai tetti questo Vangelo, facciamocene carico, camminiamo insieme a chi prende sul serio e si lascia contagiare dalla passione del Signore Gesù di annunciare la Buona Notizia dell’amore del Padre. * vescovo

Smartphone in classe: tante perplessità, ma anche molte opportunità DI

GIANCARLO CARTECHINI

«C’

era un trittico nella vecchia abbazia. Il soffitto era istoriato con raffigurazioni di santi. Il priore mi mostrò tutta questa bellezza. Ero esterrefatto». Si apre con un incipit degno del “Nome della Rosa” un sabato mattina dedicato ai compiti del fine settimana. Il testo di grammatica di IV elementare invita a trovare sul dizionario il significato delle parole in corsivo. Mentre faccio mente locale – dove sarà il vocabolario? – Andrea afferra l’iPhone appoggiato sul tavolo, preme il tasto home e ordina: «Siri, cerca abbazia su Wikipedia». Poco più di un secondo, e sul display appare una foto del complesso di Melk in Austria, con relativa definizione del lemma richie-

sto. Il nativo digitale sorride. I miei convincimenti vacillano. Forse non ha torto la ministra dell’Istruzione Fedeli. Nei giorni scorsi ha annunciato l’istituzione di una commissione, con il compito di valutare l’uso dello smartphone come strumento di apprendimento. Sono passati dieci anni da quando il suo predecessore Fioroni ne aveva vietato l’uso con parole di buon senso: il cellulare in aula è una distrazione per chi lo usa e una mancanza di rispetto per il docente. Cosa è successo per giustificare un cambio di prospettiva così radicale? Si tratta davvero, come paventa il pedagogista Daniele Novara, di una resa della scuola italiana di fronte agli interessi dei colossi dell’informatica? Viviamo schiavi di una connessione perpetua, ci ricorda Paola Ma-

A dieci anni dal divieto introdotto dal ministro Fioroni, il suo successore Fedeli riapre la discussione sulle possibilità di uso didattico del telefonino strocola, scrittrice e insegnante. Con l’introduzione dello smartphone in aula non avremo più neanche cinque ore al giorno di pace de– connessa. Sarebbe un durissimo colpo al valore della concentrazione, dell’introspezione, della riflessione. Lo studio è un lento e complesso processo mentale, che si av-

vantaggia con la scrittura a mano e la lettura sui libri. Certo, se il modello di didattica è la lezione frontale, non c’è storia. Ma se pensiamo a un approccio che pone al centro lo studente, il discorso cambia, specie per i più grandi. Scriveva 5 anni fa il filosofo Michel Serres: il sapere sovrabbonda, ormai accessibile a tutti, compresso in piccoli dispositivi che i ragazzi portano in tasca. Si espande in uno spazio decentrato e libero. L’aula tradizionale è archiviata. Lo schema gerarchico non regge più, sostituito da un chiacchiericcio diffuso che apre le porte ad una intuizione innovatrice, e alla gioia incandescente di inventare. D’altronde era lo stesso Proust a ricordarci che perfino la lettura di molti libri può rappresentare una

distrazione. La piena maturazione di sé non si trova depositata tra gli scaffali come miele preparato da altri. La lettura non può sostituire l’intimo progredire del nostro pensiero. Al di là dello strumento utilizzato, conta solo lo sforzo del nostro cuore. Ho le idee un po’ confuse. Mi sembra che tutti abbiano ragione: la ministra, il pedagogo, il filosofo, l’insegnante. Mammiferi analogici e giovani androidi, avvolti dal brusio di molteplici connessioni o dalla penombra rassicurante di una biblioteca, c’è spazio per tutti. Confortato da questa speranza prendo per mano il nativo digitale ed esco di casa, alla ricerca di una abbazia dove ritrovare, sono sempre parole di Proust, il profumo di una rosa diffuso da un vento leggero.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Emmaus e Avvenire. Ottobre 2017 by EmmausOnline - Issuu