Maggio 2017 - Emmaus e Avvenire

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famiglia

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Martedì, 16 maggio 2017

Una diocesi in festa Mensile della diocesi di Macerata Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

promossa dall’Ufficio di pastorale P familiare della Diocesi, la IV «Festa della famiglia» coinvolge le diver-

A cura della redazione EMMAUS Via Cincinelli, 4 62100 Macerata tel. 0733.234670

se aggragazioni laicali. Domenica 11 giugno le famiglie incontreranno un testimone d’eccezione: Lia Sabatini, vedova del dott. Trancarelli, dichiarato venerabile lo scorso 27 febbraio. L’inizio è previsto per le ore 16.30; alle 19 la messa celebrata dal vescovo Marconi e infine la cena condivisa.

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MACERATA

Prime Comunioni: un appuntamento non più scontato che interroga la fede delle famiglie e sollecita le comunità a ritrovare slancio per l’evangelizzazione

Il primo grande "incontro" Abiti, regali, festeggiamenti sono ancora il contorno di un appuntamento che però il secolarismo provoca a riscattare il proprio integro significato di fede DI

M. NATALIA MARQUESINI

È

tempo di Prime Comunioni; bisogna scegliere le bomboniere, il menù per la festa, poi il dilemma del vestito: tutti i bambini con la stessa tunica, oppure ognuno sceglierà la sua? Tra parroci che decidono ogni dettaglio della celebrazione e genitori in ansia per rendere la giornata perfetta, troppe volte ci si scorda del vero motivo per cui quel giorno in chiesa la comunità e la famiglia si ritrova per fare festa. Una cosa però è certa, quella prima esperienza di Comunione rimane incisa nel cuore e spesso diventa occasione di incontro con il Signore non solo per i piccoli comunicandi, ma anche per le loro famiglie. Come è successo a Claudia e Alberto di Macerata ai quali accompagnare la preparazione del proprio figlio ha donato un nuovo entusiasmo nel vivere l’Eucarestia: «Devo ammettere – ci dice Claudia – che dopo il periodo di preparazione al Matrimonio, solo grazie al catechismo di mio figlio abbiamo ricominciato a frequentare la chiesa. Con la “scusa” di doverlo accompagnare a catechismo e alla Messa abbiamo ricominciato ad “assaggiare” il gusto di vivere la comunità parrocchiale. Inoltre grazie alle celebrazioni penitenziali abbiamo avuto l’occasione di accostarci di nuovo alla Confessione». Un sentimento di gratitudine alberga nel cuore anche di chi la chiesa non l’ha mai abbandonata dai tempi della propria prima comunione e ora vede la figlia compiere questo passo. Ci racconta infatti Alessandro di Recanati che per lui è «un momento davvero emozionante, visto che Benedetta è la prima dei miei quattro figli a comunicarsi; lo sto vivendo come occasione di crescita personale nelle fede, che mi spinge a fare memoria del mio primo incontro con il Signore. Così tramite questo memoriale mi sento di rimettermi ancora in cammino per incontrarlo e ringraziarlo; ora non più solo ma come famiglia». Di fronte ad un argomento alto come l’Eucarestia, il rischio è pensare che a 10 anni i bambini non siano del tutto preparati a ricevere questo dono, invece Marta dimostra di aver ben chiaro la bellezza del gesto che sta andando a compiere: «Finalmente potrò partecipare alla Messa appieno! E condividere la mia fede con tutta la parrocchia». Federico invece si trova a compiere questo passo in un anno di particolare “movimento”, infatti lui e la sua famiglia sono stati costretti ad abbandonare la propria casa a Muccia a seguito del terremoto; da novembre la sua vita è stata completamente ribaltata e si è trovato a frequentare una nuova scuola, nuovi compagni e tutta una nuova quotidianità tra cui il catechismo ai cappuccini di Macerata. «Sono molto emozionato – ci racconta – perché il giorno della mia Prima Comunione avrò l’occasione di incontrare gli amici e i

Una bambina riceve l’Eucaristia per la prima volta

parenti che non vedo da un po’ e soprattutto perché è bello poter accogliere Gesù nel nostro cuore e nel nostro corpo. Sono felice perché è cosa nuova; per me è come iniziare una nuova avventura e avere come compagno Gesù, al quale posso esprimere i miei desideri». La preparazione alla Prima Comunione solitamente è fatta di tanti piccoli passi settimanali affidati ai catechisti, che mettono a disposizione dei comunicandi il loro impegno. Manuela ha

accompagnato il suo gruppo per due anni e ora che la cerimonia si è conclusa ci dice: «È stata una bella esperienza, non semplice, ma formativa. Rimettersi in gioco, da adulti, non è scontato; tutto sembra più complesso, ci si fanno tante più domande, sul servizio che si sta facendo, se lo si fa bene o meno... Alla fine però l’emozione della cerimonia ha sciolto tutti i nodi e tutti i dubbi in lacrime di gioia, nel vedere visi illuminati dalla luce di Cristo, e sentire un’unica

parola...». Anche per Andrea si è dimostrata un’esperienza arricchente: «All’inizio e per buona parte di questa avventura ho avuto il timore di intraprendere un percorso di cui non mi sentivo all’altezza, ora al termine, devo ringraziare il Signore, i bambini, le “colleghe” catechiste per i doni ricevuti, due su tutti: la necessità di mettermi all’altezza dei bambini e l’esigenza di riprendere in mano quotidianamente la Parola».

Genova, IV Forum Movimento giovanile salesiano dell’Italia centrale In 75 da Macerata Circa mille e cinquecento giovani di età compresa tra 15 e i 25 anni si sono ritrovati a Genova dal 30 aprile al primo maggio scorso per dare vita al 4° forum del Movimento Giovanile Salesiano dell’Italia Centrale. Accompagnati da don Salvatore Policino e don Roberto Cornacchia, da Macerata sono partiti 75 ragazzi, in rappresentanza dei giovani che crescono all’interno della Casa Salesiana tra la Compagnia del Savio e l’Agesci. Sono state giornate impegnative ma molto ricche, che, seguendo il tema #inreteconilmondo, hanno spinto i

giovani a confrontarsi col tema bruciante dell’immigrazione. Gli incontri con il cardinal Bagnasco, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il sindaco di Genova e la visita a Galata, il museo del mare, hanno fornito loro un punto di vista privilegiato. Dal porto di Genova

hanno potuto ripercorre le tappe e le difficoltà che, meno di un secolo fa, gli immigrati italiani dovevano affrontare per arrivare in America, ricordando anche come da quello stesso porto sono partiti i primi salesiani missionari. M.N.M

la parola del vescovo

Permettiamo a Dio di continuare a farci compagnia DI

NAZZARENO MARCONI *

Q

uesto mese di maggio è tradizionalmente per molte parrocchie il mese delle Prime Comunioni. Lunghe file di bambini con la tunicella bianca ci ricordano con nostalgia con quale cuore e quale emozione ci dovremmo sempre accostare a ricevere il corpo di Gesù, per entrare sacramentalmente in comunione piena e profonda con Lui e con i fratelli. Poi però la vita gradualmente spariglia quelle file. Alcuni, sempre meno, continuano a comunicarsi e a vivere ogni domenica la Messa. Altri, sempre più, si perdono. Solitamente: prima smettono di confessarsi, poi per coerenza di comunicarsi, infine di andare a Messa. Quando si analizzano fenomeni che toccano le masse, ma anche l’intimo di ogni coscienza, è impossibile generalizzare e chi lo fa sbaglia di sicuro. Tanti sono i motivi per cui cambiano le cose nella vita e nel cuore delle persone. Però credo che una certa linearità in questo andamento malato della vita di fede di molti si possa diagnosticare e da una buona diagnosi nasce la cura. Se la linea dell’abbandono della pratica di fede è per molti quella indicata, è saggio partire dall’inizio del fenomeno. Si impara a confessarsi in terza elementare, quando le occasioni di fare veri peccati e di farli con coscienza, premeditazione e passione sono poche. Si impara a confessarsi con un misto di gioia di sentirci considerare grandi e la difficoltà di trovare qualcosa di serio da confessare. Spiegare la confessione degli adulti ai bambini è quasi inutile, non hanno quell’esperienza del peccato legata alla sfiducia di vincerlo che solo la vita ti porta. I bambini sono ancora convinti che tutto è possibile e se promettono di non farlo più, ci credono! Poi si cresce e si sperimentano le ferite e le sconfitte nella lotta contro i nostri difetti e i nostri limiti. «Padre, prometto di non farlo più!» diventa una frase in cui crediamo sempre meno, fino a sentirci a disagio. Se devo confessarmi per ridire sempre le stesse cose, cosa ci vado a fare? Così si abbandona la confessione. Poi continuiamo a comunicarci, ma con un misto di senso di colpa e di banalizzazione del male: non è più un incontro esaltante, ma uno sfiorarsi sempre più vergognoso. Finché si smette, perché «che senso ha farla ancora?». Oppure si continua a fare la comunione senza entusiasmo, come se ci si potesse abituare impunemente a entrare in comunione con Dio. Non so quanti tra i lettori di queste righe si riconosceranno in questa descrizione, ma per quelli che si sentono toccati e forse per tutti, è utile indicare con chiarezza dove sta l’errore. È nell’aver dimenticato o non avere mai conosciuto un passaggio importante della frase della confessione: «Padre, con l’aiuto della grazia di Dio, prometto di non farlo più». Tanta nostra catechesi è stata fatta, o più spesso recepita, come una lunga esortazione, un volontarismo dove Dio sta solo alla fine, a misurare e premiare o punire i nostri sforzi di bene. Invece la vita cristiana è una vita di alleanza con Dio, in cui il Signore è sempre vicino e coinvolto con il nostro vivere. La lotta al peccato e il superamento delle nostre fragilità non è un’impresa solitaria, ma un cammino da fare con Dio e con la Chiesa. Tutta l’insistenza di Papa Francesco sul tema della misericordia sempre necessaria, non nasce da una sottovalutazione del peccato e della sua gravità, ma dalla coscienza che senza la grazia di Dio e la compagnia dei fratelli nella fede, non ne verremo mai fuori. Nessuno si salva da solo: né senza Dio, né senza gli altri. Per questo serve la preghiera e anche un cammino ed un’esperienza di Chiesa. Si va a fare la prima comunione in fila, vestiti uguali, con le mani giunte presi dall’emozione di fare comunione con Dio e tra di noi. Chi non vuol abbandonare questa ricchezza, continui a camminare insieme con i fratelli di fede, pregando perché Dio lo sostenga, vivendo l’umiltà di riconoscersi peccatore sempre bisognoso di perdono e mai sfiduciato che un passo in più verso il bene, con l’aiuto di Dio e dei fratelli, si possa realmente fare. * vescovo

vocazioni Ecco chi sono i preti novelli Francesco Zambelli, di 29 anni, è originario di Tolentino e, formatosi nel movimento neocatecumenale, è entrato nel Seminario I tre giovani Redemptoris Mater nel 2007, subito dopo il conseguimento della maturità al Liceo scientifico. Neocatecumenale, ugualmente formatosi al Redemptoris Mater e anch’egli entrato in seminario nel 2007, Pietro Micheletti, 34 anni, è nato e cresciuto a Bologna, dove studiava violoncello al Conservatorio e Storia della musica al Dams. Giacomo Pompei, prossimo ai 27 anni, è nato a Macerata, ma tutta la sua vita ha fatto perno su Piediripa. Cresciuto in Azione cattolica, si è formato nel Seminario regionale di Ancona dov’è entrato nel 2009, subito dopo la maturità scientifica conseguita a Macerata.

ordinazione. I tre nuovi sacerdoti raccontati dai loro amici DI LUIGI TALIANI

T

re giovani sono stati ordinati sacerdoti sabato 13 maggio all’Abbazia di Fiastra. A fianco del vescovo, l’emerito Claudio Giuliodori. Si è trattato di un evento oramai non molto frequente che suscita in alcuni stupore e di ammirazione, in altri curiosità. Prima dell’evento abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni loro amici. Una vicina di casa del tolentinate Francesco Zampelli, che frequenta poco la Chiesa, ha ammesso: «Quando ho saputo della strada intrapresa da Francesco ho pianto, un po’ per la gioia e un po’ per il dispiacere che un bel ragazzo come lui avesse fatto questa scelta. Quando a ottobre ho vissuto la sua ordinazione diaconale sono però stata contenta che avesse realizzato il suo desiderio e mi sono commossa». Un amico ha espresso ammirazione sottolineando che «ci siamo abituati a valutare tutto col metro del reciproco vantaggio. Così

quando persone normali agiscono a unico vantaggio degli altri ci facciamo delle domande su di noi». Paul Felice, seminarista del Redemptoris Mater, compagno di Francesco, ricorda la condivisione della fatica dello studio, ma anche di accese discussioni, cui seguiva sempre la pacificazione. Un ragazzo che si sentiva lontano dalla fede dice di aver ricevuto da Pietro Micheletti durante un camposcuola la spinta per intraprendere il cammino verso la Cresima. Un altro giovane della parrocchia di San Catervo a Tolentino, ammette che c’è voluto tempo per conoscere Pietro, persona molto riservata, ma ne sottolinea la sensibilità che lo rende attento al prossimo. Anche Luca Poli che ha vissuto il Seminario con Pietro lo ricorda riservato e

serio, ma zelante nello studio: «Facciamo parte del Cammino neocatecumenale nella parrocchia della Cattedrale di Macerata. Il Signore gli ha dato la grazia di vivere il periodo di missione nel sud della Cina, a Macao». Infine Gianluca Pedini, del Seminario regionale di Ancona, amico di Giacomo Pompei, che ha maturato il suo cammino di fede in Azione cattolica nella parrocchia di San Vincenzo Maria Strambi a Piediripa. La sua testimonianza è preceduta da una citazione biblica (Sir 6,14): «Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro»: questo è stato Giacomo per lui. Prosegue: «Ho trovato in lui un fratello e un amico; mai mi ha nascosto che anche lui aveva dei problemi, come tutti, ma ha mostrato il suo amore per la verità».

Sabato 13 maggio la consacrazione all’Abbadia di Fiastra. A fianco del vescovo, l’emerito Claudio Giuliodori

Anche una compagna d’infanzia ricorda Giacomo: «La scelta di intraprendere questo percorso dedicato al Signore e agli altri e la sua ordinazione, non fa altro che rendermi orgogliosa di lui, di quel ragazzo dal cuore d’oro che ha condiviso con noi tanti bellissimi momenti». Infine Michele Mengascini: «Ho avuto l’opportunità di accompagnare Giacomo nella preparazione al sacramento della Cresima. In lui vedo gli occhi: lo sguardo di Giacomo ragazzino che legge la preghiera dei fedeli al mio matrimonio hanno la stessa espressione di quelli con i quali da diacono pronuncia l’omelia». Una vicinanza che non è mai venuta meno: «Dopo la Cresima, incontri in gruppo (per forza di cose lui più piccolo), poi "colleghi" educatori, colleghi studenti di teologia, amici». Questi sono i giovani presbiteri come sono stati descritti dalle persone che li hanno incontrati e che il Signore ha donato alla sua Chiesa. (Ha collaborato Emanuele Marconi)


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