Prof. Francesco Addarii, Medicina Interna e Cardiologia
Dott. Alberto Benati, Urologia
Prof. Guido Biasco, Gastroenterologia
Prof. Roberto Boccalon, Psichiatra, Direttore Istituto Psicoterapia Espressiva, Bologna
Prof. Pierfrancesco Buli, Urologia
Dott. Leonardo Calza, Ricercatore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna
Dott. Franco Cantagalli, Presidente Ordine Farmacisti di Bologna
Dott. Claudio Caprara, Medicina Interna
Dott. Mauro Caputo, Radiodiagnostica
Prof.ssa Renata Caudarella, Responsabile U.S. Metabolismo Minerale Università di Bologna
Prof. Francesco Chiodo, Direttore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna
Dott. Riccardo Cipriani, Chirurgia Plastica
Dott. Paolo Collini, Igiene e Tossicologia
Cari Lettori,
sono trascorsi ormai quasi vent’anni dall’uscita del nostro primo numero e la nostra motivazione e impegno a portare avanti un obiettivo di informazione corretta, su prevenzione e salute, sono più che mai validi e semmai accresciuti dal gradimento sempre crescente del pubblico.
Prof. Roberto Corinaldesi, Dir. Dip. Medicina Interna e Gastroenterologia Università di Bologna
Prof. Domenico Cucinotta, Geriatria - Presidente C.U.R.A.
Dott. Enrico Delfini, Medico di Medicina Generale
Prof. Gianfranco Di Nino, Ordinario di Anestesia e Rianimazione Università di Bologna
Dott. Giampiero Di Tullio, Scienza dell'alimentazione e Dietetica
Dott. Maurizio Dondi, Medicina Nucleare, Agenzia Internazionale Energia Atomica - Vienna - Austria
Dott. Fernando Perrone, Medico di Medicina Generale
Dott. Stefano Reggiani, Igiene e Medicina Preventiva
Prof. Francesco Rivasi, Anatomia Patologica, Università di Modena e Reggio Emilia
Dott.ssa Licia Rivoltini, Unità di Immunoterapia dei Tumori Umani
Istituto Nazionale Tumori - Milano
Dott. Paolo Roberti di Sarsina, Omeopatia, Omotossicologia, Psichiatria
Dott.ssa Carla Serra, Medicina Interna, Ricerca in Ultrasonologia
Dott. Giovanni Sorrenti, Otorinolaringoiatria
Prof. Vincenzo Romano Spica, Ordinario di Igiene - Università di Roma
“Foro Italico”
Prof. Andrea Stella, Direttore Chirurgia Vascolare, Università di Bologna
Prof. Umberto Tirelli, Oncologia - Istituto Nazionale Tumori di Aviano
Dott. Marzio Vanzini, Oculistica
Dott. Paolo Vergnani, Psicologia del Lavoro - Università di Ferrara
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Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 6966 del 24/11/1999
Iscrizione R.O.C. n. 20066
La salute e il benessere sono temi di fondamentale importanza che rivestono un ruolo differente ma ugualmente importante nelle varie fasi della vita. Ho sempre pensato che l’attività di un medico non finisca una volta realizzata l’attività clinica e di aggiornamento ma che sia una nostra precisa responsabilità, anche e soprattutto, quella di rendere note le indicazioni e informazioni per evitare, quanto più possibile, il disequilibrio e la malattia, mantenendo invece uno stato di benessere sia fisico che mentale. Questo è ciò che abbiamo cercato e continuiamo a fare in questi anni, con l’aiuto prezioso di centinaia di Medici, Ricercatori ed esperti dei vari ambiti di cui ci occupiamo. A loro va un sentito ringraziamento perché senza la loro disponibilità e volontà di dialogo con il pubblico la nostra rivista non potrebbe esistere.
Il nostro concetto di salute è andato definendosi in modo sempre più ampio e completo nell’ottica di una visione olistica del benessere e della salute della persona. La prevenzione attraverso opportuni e periodici controlli, un’alimentazione corretta ed equilibrata, come quella mediterranea, a cui destiniamo sempre maggiore spazio, la pratica costante di un’adeguata attività fisica, ormai da ritenere vero e proprio “farmaco naturale” da “assumere” quotidianamente, l’equilibrio mentale ottenuto attraverso opportune scelte di vita e nuove discipline a cui attingere, l’attenzione all’ambiente e la limitazione dei fattori inquinanti, sono tutti aspetti ugualmente importanti.
È solo attraverso l’attenzione verso ognuno di questi elementi e comportamenti, in una parola lo “stile di vita”, che può nascere il nostro “stare bene”.
Buona lettura!
Enrico Montanari Direttore Scientifico
È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza il consenso dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelli delle organizzazioni, delle istituzioni, delle imprese a cui essi appartengono e neppure riflettono necessariamente i punti di vista dei membri degli organi di direzione ed editoriali di questa pubblicazione. Nulla di quanto contenuto in Elisir di Salute intende rappresentare un consiglio, ovvero una raccomandazione, concernente una qualsiasi delle cure, dei metodi e dei rimedi descritti. Gli editori non danno, né espressamente né implicitamente, garanzie sul piano terapeutico o su quello della convenienza rispetto a pratiche o utilizzi specifici, né riconosceranno alcuna responsabilità, verso chi sosterrà di essere stato danneggiato in conseguenza della pubblicazione di Elisir di Salute o dell’utilizzo delle informazioni pubblicate.
n. 5 2025
settembre/ottobre
cibo & salute
8 Lamponi, quali benefici?
L’elevata concentrazione di flavonoidi e altre sostanze bioattive li classifica come “superfood”, ossia alimento composto da sostanze nutritive
Dott.ssa Silvia Lazzaris
16 Celiachia e gravidanza, è importante la giusta dieta
Gestire la Celiachia durante la gravidanza richiede un impegno costante per evitare il glutine, seguendo comunque una dieta equilibrata
Dott. Luca Elli medicina
20 Non solo sordità...
Le patologie dell’apparato uditivo possono provocare sintomi che non riguardano solo i deficit dell’udito
Dott. Italo Cantore
26 Salute del fegato, più prevenzione
Alimentazione corretta e attività fisica sono fattori importanti e utili per il mantenimento della salute di questo organo
Dott. Marco Senzolo
32 Primi mesi di vita, quali Vaccinazioni?
A causa della scarsa efficacia del suo sistema immunitario, il neonato deve essere protetto da virus e batteri
Prof. Mario Giuffrè, Dott.ssa Bintu Ayla Badiane, Dott.ssa Veronica Notarbartolo
38 Vista e Diabete, attenzione ai sintomi
Per prevenire l’insorgenza della Retinopatia diabetica è bene sottoporsi a controlli regolari e Screening, ponendo attenzione ai possibili sintomi...
Dott. Roberto Perilli
45 Malattia di Huntington, nuove speranze di cura
Grazie al contributo delle famiglie dei Pazienti, per la prima volta negli ultimi due anni osserviamo una svolta nel mondo della ricerca terapeutica
Prof. Ferdinando Squitieri il tuo medico di famiglia
50 Disturbi dello stomaco, quale giusta terapia?
Per arrivare a una diagnosi più precisa e ad una terapia adeguata è sempre utile parlarne col proprio Medico...
Dott. Enrico Delfini
piante medicinali
52 Olivello spinoso, una miniera di vitamina C
Per la sua specifica composizione ricca di vitamina C e non solo, questa pianta svolge un ruolo protettivo per l’organismo, di supporto alla funzione immunitaria
Dott. Danilo Carloni
psicologia
58 Autostima e percezione del corpo al tempo dei social
Un’alterata percezione di sé può discendere da fattori sociali e dalla promozione continua, anche attraverso i mass media, di una immagine corporea bella e attraente
Prof. Antonio Lo Iacono sport & salute
63 Il percorso di Riabilitazione del ginocchio
La Riabilitazione post-operatoria del ginocchio risulta fondamentale per il recupero della sua piena funzionalità e per il ritorno a una vita normale
Dott. Patricio Spallarossa
salute & benessere
66 Shiatsu, strumento di benessere
I benefici derivanti dalla pratica dello
Shiatsu permettono di ristabilire
l’armonia tra corpo e mente, giudandoci verso un riequilibrio interiore…
Dott. Renato Zaffina
71 Iperidrosi, i possibili trattamenti
Quando la sudorazione diventa eccessiva e incontrollabile, può creare disagio e imbarazzo, soprattutto in contesti sociali e lavorativi...
Dott.ssa Carla Cingolani
74 Ecoterapia, la natura che guarisce
Il contatto diretto con l’ambiente naturale ha effetti documentati sulla salute mentale, emotiva e fisica...
Dott.ssa Stefania Cicchiello
ecologia & salute
80 Allarme microplastiche
Destano notevole preoccupazione le numerose evidenze della presenza di nano e microplastiche rilevate nell’ambiente e nel corpo umano...
Dott.ssa Maria Grazia Petronio (e altri)
Intelligenza Artificiale e… “deficienze naturali”
L’Intelligenza Artificiale non deve limitarsi ad una semplice
facilitazione bensì imporre maggior impegno e responsabilità
Se dovessi scegliere un Medico, vorrei sapesse usare bene l’Intelligenza Artificiale (IA). Ormai l’IA è parte costitutiva del sapere e agire in Sanità: dalla Radiologia alla Robotica, dal laboratorio al reparto, dalla cartella clinica al fascicolo sanitario personale. Ma che cosa vuol dire usare l’IA? Non certo farsi sostituire, né tanto meno copiare meccanicamente risposte, facendole passare per proprie! Bensì saperla governare, farla crescere, insegnarle a servire i nostri bisogni di conoscenza, estendendo le nostre capacità. Nella migliore delle ipotesi, costruirla in modo personalizzato per migliorare specifiche capacità diagnostiche, terapeutiche o preventive, per espandere i confini della nostra conoscenza e supplire alle deficienze delle umane intelligenze. L’IA è già parte di numerosi processi della Medicina e ogni giorno fornisce un contributo fondamentale al progresso scientifico. L’IA, però, non esiste in natura e non è co-evoluta con noi. È un prodotto dell’ingegno umano, un contenitore da riempire con saggezza e guidare con prudenza. Sia i dati che le correlazioni generate dall’IA derivano da esperienze ed evidenze pregresse, che la Medicina ha accumulato in secoli di studi, un bagaglio di osservazioni e ragionamenti che la mente del singolo, ormai, non è più sufficiente a gestire. Per fare un esempio, fino a 30-40 anni fa la sequenza di un gene poteva essere definita con gli occhi, la mente e un pennarello, leggendo le bande su un gel e riportando in ordine il succedersi dei nucleotidi A, C, T, G, fino a 50-500-1500 lettere. Era già un grandissimo progresso, non alla portata di tutti, tanto che identificare la sequenza di un gene nuovo era sempre una bella scoperta. Poi, 25 anni fa, nel 2001, si completò l’intero genoma umano, un nastro di circa 3 miliardi di basi su 23 cromosomi che, se potessimo srotolare il filamento di DNA da una nostra cellula, raggiungerebbe i 2 metri. Oggi, con le
tecniche di nuova generazione, leggiamo quotidianamente interi genomi o persino quelli delle centinaia di specie presenti nel microbiota, per miliardi e miliardi di basi. Occhi e pennarello non basterebbero più! La bioinformatica, il supercalcolo e l’IA divengono un ausilio fondamentale per supplire alle nostre deficienze naturali. Operazioni complesse e ripetitive, richiedono di seguire regole che porteranno al medesimo risultato, e dunque automatizzabili. Il Medico con competenze eccellenti è anche quello che saprà sfruttare queste risorse al meglio: dalla diagnosi alla terapia, dalla Medicina predittiva alla definizione di una dieta personalizzata. Possiamo e dobbiamo affidarci a chi sa utilizzare questa estensione della mente come un aiuto e non un sostituto. I nostri neuroni potranno così dedicarsi a quello che solo l’uomo può fare, ossia risolvere i “casi nuovi”, senza precedenti, generando cultura e progresso con soluzioni innovative. Questa dell’IA è una rivoluzione senza precedenti nella storia dell’umanità, ma non determinerà una semplice facilitazione quanto imporrà maggior impegno e responsabilità, per il Medico come per l’uomo di domani. Richiederà, infatti, una capacità di giudizio che superi la velocità e potenza d’analisi dell’IA, che sia critica e abbia sempre l’ultima parola. Quante volte ci capita correggere l’IA, e ormai non ci sorprendiamo più neppure delle sue convenevoli scuse o complimenti, quando ci dà ragione. Questo, però, è il conforto e la garanzia fondamentale: che l’IA mantenga l’essenza dell’intelligenza, ossia la capacità di riconoscere l’errore e lasciarsi guidare, il diritto di contraddirsi e correggersi proprio dell’intelligenza umana, e che rende anche quella artificiale un po’ più naturale e molto più promettente.
Prof. Vincenzo Romano Spica
Rafforzare il pavimento pelvico
Ho 65 anni, a titolo preventivo vorrei cominciare a rafforzare i muscoli, in particolare quelli del pavimento pelvico. Vorrei svolgere attività fisica, quali sono i consigli dello Specialista?
email firmata
Risponde la Dott.ssa Manuela Tutolo
Responsabile Urologia funzionale
U.O. Urologia - IRCCS Ospedale San Raffaele
Milano - Società Italiana di Urologia (SIU)
L’attività fisica è indispensabile nel rallentare o modificare il decorso di una serie di alterazioni fisiche e fisiologiche legate all’invecchiamento. Per rafforzare correttamente la muscolatura del pavimento pelvico il consiglio è quello di affidarsi ad un Fisioterapista esperto in tal senso, al fine di poter “allenare” la muscolatura nel modo corretto. Ci sono esercizi, come ad esempio quelli del Pilates, che hanno dimostrato nel tempo un impatto benefico sulla muscolatura pelvica. L’indicazione anche ad esercizi specifici di Pilates, però non può prescindere da una valutazione fisioterapica personalizzata.
Occhi affaticati in ufficio
Lavoro da più di 10 anni in ufficio e uso molto il computer, pertanto a fine giornata ho gli occhi secchi e arrossati anche usando un collirio (naturale). Quali abitudini adottare per la salute della vista?
email firmata
Risponde la Dott.ssa Federica Aggio - Ortottista
Specializzata in Ipovisione
L’occhio tendenzialmente si affatica molto al computer per varie motivazioni. Innanzitutto, normalmente, si sbattono le palpebre circa 15 volte al minuto, mentre quando ci si concentra su qualcosa, come leggere su uno schermo di computer, il battito scende da 5 a 7 volte al minuto, seccando e affaticando gli occhi. Per contrastare questo fenomeno la prima regola è concedersi spesso delle pause dallo schermo, ricordandoci, anche tramite una sveglia, di fermarci e riposare gli occhi; si potrà seguire la “regola 20-20-20 “ che prevede di alzare lo sguardo dal computer ogni 20 minuti e rivolgerlo verso un punto (non una fonte luminosa) ad almeno 20 metri di distanza per 20 secondi. È utile adattare la luminosità dello schermo a quella della stanza e assicurarsi che lo schermo sia posizionato correttamente per non affaticare vista e postura. Il mio consiglio è anche quello di uti-
lizzare idonee lacrime artificiali prescritte dal Medico Oculista che potrà valutare sia la quantità che la qualità della sua lacrima con appositi test. L’occhio secco può essere combattuto con colliri lubrificanti e osservando un equilibrio tra una buona idratazione e, come spesso viene consigliato, l’implementazione della dieta con omega 3, da assumere anche con l’ausilio di integratori. Sempre sotto consiglio del Medico Oculista, si può usare anche un occhiale con filtro “blu protect” che filtra la luce blu emessa dai dispositivi elettronici e dona una sensazione di minor affaticamento visivo.
Intestino irritabile
Soffro di intestino irritabile da diversi anni (adesso ne ho 54) e spesso i disturbi non mi permettono di svolgere le mie attività quotidiane. Oltre alla dieta antinfiammatoria, quali accorgimenti posso adottare?
email firmata
Risponde la Dott.ssa Maria Cappello
UOC Gastroenterologia ed Epatologia
Policlinico di Palermo - Vicepresidente AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri)
La Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) ha un impatto significativo sulla vita quotidiana, compromettendo il benessere fisico e psicologico e potenzialmente portando a limitazioni sociali e lavorative. Sintomi come dolore addominale, gonfiore e alterazioni dell’alvo possono causare disagio e interferire con lavoro, eventi sociali e viaggi. Inoltre, la IBS può scatenare ansia, depressione e una riduzione della qualità della vita. Una dieta antinfiammatoria associata all’identificazione e all’eliminazione degli alimenti detti “trigger”, cioè che scatenano i sintomi, è la base di una strategia terapeutica che, essendo una patologia che deriva da un disturbo dell’interazione tra cervello e intestino, deve però includere anche un approccio alla gestione dello stress eventualmente con il coinvolgimento di uno Psicologo. Affidarsi ad un Gastroenterologo è fondamentale per l’adozione della terapia “giusta”, orientata cioè sui sintomi, terapia che può anche essere variata nel tempo: l’uso di antispastici per controllare il dolore, e della loperamide se prevale la diarrea, delle fibre solubili e di un preparato a base di macrogol, se prevale la stitichezza. In casi selezionati può rendersi necessaria una terapia modulatrice del microbiota (flora batterica) attraverso l’uso di un antibiotico non riassorbibile e/o di probiotici.
Avete un problema particolare? Volete un consiglio o un semplice parere? Spedite le vostre domande a Elisir di Salute, via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna, oppure inviate una e-mail alla redazione: info@elisirdisalute.it I nostri specialisti vi risponderanno direttamente sulla rivista.
Lamponi, quali
L’elevata concentrazione di flavonoidi e altre sostanze bioattive li classifica come “superfood”, ossia alimento composto da sostanze nutritive particolarmente benefiche per la salute
quali benefici?
LDott.ssa Silvia Lazzaris
Dietista
AOUI (Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata) - Verona
e raccomandazioni nutrizionali a livello globale suggeriscono di aumentare il consumo di frutta e verdura, in quanto ottime fonti naturali di sostanze antiossidanti e fibra, utili nella prevenzione delle malattie croniche. Noti per il loro incredibile sapore, ma anche e soprattutto per il ricco contenuto di nutrienti e composti vegetali benefici, i Lamponi sono in questo senso tra i frutti più apprezzati nella dieta occidentale. Diverse sono le tipologie disponibili in commercio, ma sicuramene quella più nota in Italia è quella rossa (nome scientifico “Rubus idaeus”).
Origine e diffusione
Il Lampone è un frutto appartenente alla famiglia delle Rosaceae, molto apprezzato per il suo sapore dolce-acidulo e dal profumo caratteristico. Questo frutto nascon-
Profumo e sapore del Lampone sono influenzati dalle variazioni di temperatura che subisce la pianta tra il giorno e la notte
de una struttura affascinante: non è un frutto singolo, ma un “frutto aggregato”, formato da tante piccole parti sferiche chiamate “drupe”.
Curiosamente, il suo profumo e sapore sono influenzati dalle variazioni di temperatura che subisce la pianta tra il giorno e la notte: più è marcata l’escursione termica, più intensi saranno aroma e gusto.
La pianta ha origini antiche e il nome latino “Rubus” significa letteralmente “rosso” come il colore dei suoi frutti e “idaeus” deriva dal Monte Ida, situato in Asia
Minore, da cui, secondo la mitologia greca, pro vengono i primi Lamponi. Esistono prove arche obotaniche che suggeriscono come i Lamponi fossero già conosciuti e utilizzati durante l’età del bronzo in Europa.
La pianta del Lampone cresce spontaneamente nei boschi, soprattutto nelle zone collinari e montane, fino a 2000 metri di altitudine. Tuttavia, è possibile col tivarla anche in pianura, negli orti, purché il clima sia mite. Ama i terreni ben drenati e apprezza la luce, ma non gradisce l’esposizione diretta e prolungata al sole. Attualmente, nel mondo, i Lamponi vengono coltivati in molte regioni temperate, tra cui Europa, Nord Ame rica, Russia e Asia Centrale. La produzione mondiale di questo frutto non ha smesso di crescere dal 2013, supe rando le 800.000 tonnellate nel 2022. Tra le colture di bacche, il Lampone è secondo solo al mirtillo in termini
di tasso di aumento della produzione. In Italia, come nel resto del mondo, la coltivazione dei Lamponi è in crescita, soprattutto nelle regioni settentrionali come Trentino, Alto Adige e Piemonte.
Le varietà
Esistono numerose varietà di questo frutto, che si distinguono per colore, sapore e periodo di maturazione. Le principali sono:
• Lampone rosso: la varietà più comune, con un sapore dolce-acidulo;
• Lampone nero: nativo del nord degli USA, più raro e con un gusto più intenso; il frutto è di piccola pezzatura ed è di colore rosso in fase di maturazione per poi virare al nero quando maturo; questa varietà è utilizzata per la produzione di confetture e succhi;
• Lampone giallo o dorato: a minore acidità, di dimensione medio-grande e forma sferica, spesso utilizzato in pasticceria.
La raccolta generalmente avviene una volta l’anno ad
calorie per 100 grammi. Sono una buona fonte di fibre con un contenuto maggiore rispetto ad altri frutti di bosco, come mirtilli o more. In particolare, contengono fibre solubili che rallentano lo svuotamento dello stomaco e aumentano la sazietà; contribuiscono al controllo del livello di glucosio e di colesterolo nel sangue e sono utili nel trattamento della Stipsi. Inoltre, tra i micronutrienti maggiormente presenti, spiccano vitamina C e folati.
Per tutti questi motivi i Lamponi rappresentano un ottimo alimento da includere in una dieta bilanciata, specialmente per chi segue regimi ipocalorici, vegetariani o a supporto della salute cardiovascolare.
Componenti bioattvi e benefici per la salute
Nella composizione dei Lamponi troviamo alcuni composti bioattivi (fitocomposti) che, pur non essendo nutrienti essenziali nel senso tradizionale del termine, sono comunque capaci di influenzare importanti pro-
Numerosi
studi hanno dimostrato che l’assunzione regolare di Lamponi o dei loro estratti è associata a una riduzione degli indici di infiammazione
potenziale ruolo nella prevenzione dei processi tumorali.
Tra questi gli antociani, pigmenti idrosolubili responsabili del colore rosso dei Lamponi, appartengono alla classe dei flavonoidi e sono noti per la loro attività antiossidante, che si traduce nella capacità di neutralizzare i radicali liberi e ridurre lo stress ossidativo, uno dei principali responsabili dell’invecchiamento cellulare e dell’insorgenza di patologie croniche. Anche i tannini condensati, seppur presenti in quantità minori, contribuiscono al loro effetto protettivo sul tratto gastrointestinale, grazie alla loro azione astringente e antimicrobica.
Numerosi studi hanno dimostrato che l’assunzione regolare di Lamponi o dei loro estratti è associata a riduzione degli indici di infiammazione e a miglioramento della glicemia e dei lipidi nel . Alcune ricerche stanno indagando il ruolo dei polifenoli del Lampone nella prevenzione del Cancro. L’elevata concentrazione di flavonoidi e di altre sostanze bioattive è ciò che contribuisce alla loro classificazione come “superfood”, ossia alimenti composti da sostanze nutritive particolarmente benefiche per la Sebbene molti studi si siano concentrati sui singoli componenti presenti nei Lamponi e sulle loro proprietà biologiche, mancano ancora ricerche approfondite che analizzino gli effetti del consumo del frutto intero sull’organismo umano e quindi di come possono agire queste sostanze se assunte insieme.
I benefici delle foglie
La pianta del Lampone è molto studiata non solo per il rilevante valore nutrizionale dei suoi frutti, ma anche delle sue foglie. Le foglie sono utilizzate in Fitoterapia, in forma di tisana, per i loro effetti tonici rimedio per i disturbi mestruali. Tuttavia, l’uso di preparazioni erboristiche andrebbe sempre discusso con un Professionista della salute. Gli antiossidanti naturali si trovano non solo nei frutti, ma anche in tutte le parti della pianta. Gli estratti ottenuti a partire dalle foglie stanno attirando sempre più attenzione in quanto ricchi di composti fitochimici
settembre/ottobre 2025 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori
ad importanza nutraceutica. Le foglie delle colture di bacche sono state a lungo utilizzate nelle tisane nella Medicina tradizionale. Le foglie di Lampone sono ampiamente utilizzate in Fitoterapia per il trattamento di febbre, Influenza, Diabete, diarrea e coliche; è stato dimostrato che le foglie di alcuni frutti rossi tra cui il Lampone presentano un contenuto più elevato di fenoli e quindi potenzialmente con proprietà antiossidanti maggiori rispetto ad altri frutti. Pertanto, le foglie possono essere utilizzate come fonte alternativa di prodotti naturali bioattivi per lo sviluppo di additivi alimentari e nutraceutici. La produzione dei polifenoli e la relativa attività antiossidante in varie parti della pianta sono sotto controllo genetico, ma possono verificarsi delle fluttuazioni stagionali nel contenuto di queste sostanze. Questa relazione tra concentrazioni di polifenoli e periodo dell’anno sottolinea l’importanza di programmare la raccolta nel periodo ottimale ossia quando l’attività biologica della pianta è massima. È importante sottolineare che, sebbene le foglie siano generalmente ben tollerate sotto forma di decotto o infuso, possono interagire con alcuni farmaci (in particolare anticoagulanti e ipoglicemizzanti) e il loro uso protratto o in alte dosi non è raccomandato senza parere medico.
In conclusione, sia il frutto che le foglie del Lampone offrono potenzialità interessanti in ambito nutrizionale e fitoterapico. Tuttavia, mentre per i frutti esistono numerose evidenze cliniche a supporto del loro impiego, per le foglie è ancora necessario individuare prove forti a sostegno dei loro effetti benefici.
Gli estratti ottenuti a partire
dalle
foglie
stanno
attirando
sempre
più attenzione in quanto ricchi di composti fitochimici ad importanza nutraceutica
Come si consumano
Non esiste una dose giornaliera ufficiale raccomandata per i Lamponi, ma una porzione standard è pari a circa 100-150 grammi. Consumare regolarmente Lamponi come parte di una dieta ricca di frutta e verdura può contribuire a raggiungere i livelli ottimali di assunzione di polifenoli, fibra e vitamina C. Tuttavia, è importante ricordare che gran parte dei prodotti confezionati dolci a base di Lamponi, come nettari, succhi, melasse, sciroppi, contengono molti zuccheri aggiunti e sono quindi da limitare.
Conservazione
La stagione dei Lamponi, in Italia, va da maggio a ottobre e possono essere consumati in diversi modi: freschi, congelati, essiccati, in succo, estratto o come ingrediente in dessert, smoothie, yogurt e insalate. Sono frutti delicati e quindi ideali per essere consumati freschi ed è preferibile non conservarli a lungo Se ciò non fosse possibile, è importante conservarli avendo alcune attenzioni: mantenerli in frigorifero, possibilmente non lavati e rimuovendo i frutti ammaccati, molto morbidi o schiacciati. Inoltre, l’eventuale surgelazione, oltre a permetterne la conservazione per tempi più lunghi, preserva gran parte delle proprietà nutritive. Al fine di favorirne la disponibilità fuori stagione, in commercio sono disponibili anche Lamponi essiccati e liofilizzati. Questi ultimi, in particolare, mantengono una concentrazione elevata di composti antiossidanti e possono essere un’ottima opzione per snack fatti in casa.
Controindicazioni
Sebbene i Lamponi siano generalmente ben tollerati, esistono alcune controindicazioni al loro consumo da tenere in considerazione:
• possibili reazioni allergiche, soprattutto in soggetti con Allergia crociata a fragole o pollini;
• presenza di ossalati: in soggetti predisposti possono favorire la formazione di Calcoli renali;
• effetti uterotonici delle foglie che richiedono pertanto cautela nell’uso degli infusi erboristici per le donne in gravidanza.
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La lunga tradizione termale euganea ha dato vita a numerosi hotel, ognuno con il proprio centro termale interno, specializzati in fangoterapia e trattamenti inalatori. Alle accoglienti aree wellness si aggiungono le oltre 240 piscine termali interne ed esterne presenti in ogni hotel, dove rilassarsi avvolti nel tepore dell’acqua a 37°C. Tutti i centri termali degli hotel del Bacino Termale Euganeo hanno ottenuto dal Ministero della Sanità Italiano il livello di qualificazione “I^ Super”, che indica l’eccellenza del prodotto terapeutico utilizzato nella fangoterapia e nei trattamenti inalatori.
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L’attività di ricerca del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano ha scoperto che, speciali microrganismi del territorio Euganeo, i cianobatteri, producono numerose sostanze antinfiammatorie durante la maturazione del fango in acqua termale. La fangobalneoterapia, riconosciuta dal Ministero della Sanità e convenzionata col SSN, è particolarmente indicata per la cura dei disturbi articolari quali artrite e artrosi, oppure ossei come l’osteoporosi. Questo tipo di terapia naturale non presenta effetti collaterali ed ha limitate controindicazioni. Gli hotel termali che hanno ottenuto il Brevetto Europeo sull’efficacia dei principi antinfiammatori naturali contenuti nel Fango Maturo, garantiscono la qualità del prodotto terapeutico.
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STABILIMENTO TERMALE LA CONTEA T. +39 049 525680 www.termelacontea.com
Celiachia e gravidanza, è importante la giusta dieta
La Celiachia è una patologia infiammatoria cronica dell’intestino che si manifesta con una reazione immunitaria anomala al glutine, una proteina presente in frumento, orzo e segale, provocando danni all’intestino tenue e un malassorbimento dei nutrienti. Se non trattata, può causare alcune carenze nutrizionali e complicanze come Osteoporosi, Anemia e Infertilità.
Quanto è diffusa la Celiachia
Questa malattia colpisce circa l’1% della popolazione mondiale, con una prevalenza doppia tra le donne rispetto agli uomini, stima che però non tiene conto né delle ampie variazioni locali né del sommerso diagnostico. Solo in Italia le persone con diagnosi di Celiachia sono circa 265.000, tuttavia un recente studio multicentrico dimostra che nel nostro Paese la Celiachia interessa circa 1 bambino su 60, uno dei dati più alti al mondo, a cui si lega un tasso di sotto diagnosi che sfiora ben il 60%.
Gestire la Celiachia durante
la gravidanza richiede un impegno costante per evitare il glutine, seguendo comunque una dieta equilibrata
Dott. Luca Elli
Responsabile Centro di riferimento per la prevenzione e la diagnosi della Celiachia - Policlinico di Milano
Seguire un regime dietetico privo di glutine non significa solo sostituire il prodotto tradizionale con quello “gluten-free”, bensì rivedere il proprio stile alimentare e di vita
Non si può eliminare
L’unico trattamento efficace è una dieta senza glutine attenta e duratura, da seguire sotto controllo medico, che non solo permette alla mucosa intestinale di guarire, ma riduce anche il rischio di complicanze. Seguire un regime dietetico privo di glutine non significa però solo sostituire il prodotto tradizionale con quello “gluten-free”, bensì rivedere il proprio stile alimentare e di vita per garantire all’organismo un adeguato apporto nutrizionale ed energetico. La
gravidanza,
dieta senza glutine deve essere personalizzata sulle esigenze cliniche del Paziente: è necessario tenere conto di eventuali rischi dietetici individuali e delle fasi di vita di maggior fabbisogno, come ad esempio il percorso verso la maternità, periodo di particolare necessità nutrizionale.
Celiachia e gravidanza, le sfide nutrizionali
Il legame tra una Celiachia non diagnosticata ed esiti avversi in gravidanza è confermato. Secondo recenti studi, molte donne ricevono la diagnosi di Celiachia solo in età adulta, spesso dopo problemi di fertilità o aborti ricorrenti. Questo dato evidenzia l’importanza di una diagnosi precoce, che consenta di adottare tempestivamente una dieta senza glutine, migliorando così le possibilità di concepimento e riducendo il rischio di complicanze in gravidanza. Tra i rischi riguardanti l’intero periodo di gravidanza (ma anche quello antecedente e il successivo), una Celiachia misconosciuta, e quindi una dieta con glutine, sembrano determinare:
• aumentato rischio di aborto spontaneo;
• basso peso alla nascita rispetto alla media;
• ritardo nella crescita intrauterina dovuta al malassorbimento dei nutrienti;
• pre-eclampsia (pressione alta e proteine nelle urine), una condizione che può portare a complicazioni gravi sia per la madre che per il bambino, a cui le donne celiache sono più suscettibili.
Dieta senza glutine e gravidanza
Nonostante le evidenze scientifiche, la gestione della dieta senza glutine durante il concepimento, la gravidanza e l’allattamento resta un campo di studio aperto. Le attuali Linee Guida, infatti, si concentrano sullo Screening e non forniscono indicazioni dettagliate per determinare l’appropriato fabbisogno energetico, l’aumento di peso raccomandato in gravidanza, la distribuzione dei micro e macronutrienti, l’apporto di vitamine e minerali dalla dieta e/o dall’integrazione, il momento in cui iniziare la supplementazione e le porzioni consigliate di alimenti senza glutine per le donne celiache in gravidanza. Una lacuna su cui ha iniziato a lavorare un panel internazionale di esperti, guidato dal Centro di riferimento per la preven-
zione e la diagnosi della Malattia celiaca, Fondazione IRCCS Ca’ Granda e Clinica Mangiagalli di Milano, grazie al contributo della Fondazione Anton Schär
Quale corretta gestione?
Le donne in età fertile dovrebbero seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di nutrienti essenziali per prepararsi a una futura gravidanza, se desiderata. La dieta gioca un ruolo fondamentale nel percorso verso la maternità, influenzando sia il fabbisogno nutrizionale della donna, che muta nel corso dei trimestri, sia lo sviluppo fetale. Ferro, calcio, acido folico, omega-3 (come il DHA) e vitamine del gruppo B sono alcuni dei micronutrienti chiave da monitorare dal pre-concepimento fino all’allattamento, per evitare deficit nutrizionali. Per le donne celiache, queste esigenze si combinano con la necessità di seguire un rigoroso regime dietetico aglutinato.
Le donne in gravidanza devono garantire un’adeguata assunzione di nutrienti essenziali, quali:
• ferro: il fabbisogno sale a 27 mg al giorno per prevenire l’Anemia, che può essere aggravata durante la gravidanza, e sostenere la crescita del feto; le fonti di ferro, inoltre, devono essere scelte attentamente, poiché alcuni alimenti naturalmente privi di glutine potrebbero non contenerne quantità adeguate;
• calcio e vitamina D: necessari per lo sviluppo delle ossa e dei denti del bambino; il fabbisogno di calcio rimane di 1.000 mg al giorno, ma l’efficienza di assorbimento aumenta per soddisfare le richie-
L’acido
folico è essenziale per prevenire difetti del tubo neurale e altri problemi di sviluppo nel bambino soprattutto nel primo trimestre di gravidanza
ste del feto; l’assunzione di vitamina D dovrebbe invece aumentare a 15 μg al giorno fino all’allattamento; un eventuale supplementazione deve essere valutata insieme al Medico;
• acido folico: è essenziale per prevenire difetti del tubo neurale e altri problemi di sviluppo nel bambino soprattutto nel primo trimestre; è importante che le donne celiache in gravidanza seguano un piano nutrizionale che includa sufficienti quantità di acido folico, sia attraverso il cibo che con l’uso di integratori;
• DHA: gli acidi grassi omega-3, come il DHA, sono fondamentali per lo sviluppo del cervello del bambino; è consigliabile includere fonti di DHA nella dieta, come il pesce grasso, o considerare l’uso di integratori per garantire che i livelli siano adeguati;
• altri micronutrienti, il cui fabbisogno aumenta, sono le vitamine A, E, B6, B12 e C, nonché minerali come ferro, magnesio, zinco, selenio e iodio. Per soddisfare il fabbisogno nutrizionale è indispensabile inoltre integrare una varietà di alimenti senza glutine, tra cui frutta, verdura, proteine magre e cereali senza glutine come quinoa e riso. Durante l’allattamento, in particolare, il fabbisogno calorico aumenta di circa 500 kcal al giorno per sostenere la produzione di latte. Sebbene l’ideale sia una dieta varia e ricca di sostanze nutritive, molti operatori sanitari raccomandano l’assunzione di integratori alimentari per affrontare potenziali carenze, in particolare di folato, ferro e calcio e garantire un adeguato apporto di nutrienti critici.
Supporto medico e nuove raccomandazioni
Gestire la Celiachia durante la gravidanza richiede un impegno costante per evitare il glutine e seguire una
La dieta senza glutine deve essere ottimizzata già nelle fasi preconcezionali, per consentire il corretto sviluppo embrionale
dieta equilibrata, che deve essere rivista in funzione dell’impegno a cui il corpo femminile si prepara. La dieta senza glutine deve essere quindi ottimizzata già nelle fasi pre-concezionali, per consentire il corretto sviluppo embrionale e la placentazione, riducendo i livelli di infiammazione che aumentano il rischio di patologie della gravidanza, senza aumentare quindi i livelli di acidi grassi saturi e di zuccheri, oltre ad essere adattata lungo tutte le fasi della gestazione, del post-parto e dell’allattamento. Da un lato è quindi importante una consulenza nutrizionale personalizzata, poiché il fabbisogno può variare in base a fattori quali il peso prima della gravidanza, il livello di attività e le condizioni mediche; dall’altro è fondamentale il supporto di un team medico multidisciplinare che dovrebbe includere un Gastroenterologo, un Nutrizionista esperto di Celiachia, un Ginecologo e un’Ostetrica. A questo si dovrebbe aggiungere un monitoraggio regolare degli esami del sangue per identificare tempestivamente eventuali carenze nutrizionali e intervenire con azioni correttive.
Il panel, che riunisce i principali esperti internazionali di disordini glutine correlati e guidato dai Medici della Università Statale di Milano, si sta muovendo sulle seguenti direttrici:
• consulenza pre-concezionale: le donne con Celiachia che seguono una dieta priva di glutine dovrebbero ricevere un Counseling prima del concepimento per ottimizzare la dieta priva di glutine e lo stato nutrizionale;
• monitoraggio e supporto: è essenziale monitorare regolarmente lo stato nutrizionale durante la gravidanza e l’allattamento;
• educazione: fornire materiale educativo sull’alimentazione senza glutine e sulla pianificazione dei pasti può mettere le donne in condizione di fare scelte alimentari consapevoli durante questi periodi critici.
L’obiettivo è formulare delle raccomandazioni, sulla base della metodologia GRADE e applicando il processo formale previsto dall’utilizzo dell’Evidence to Decision Framework (EtD), che possano essere di aiuto per la pratica clinica e colmare così un vuoto nella presa in carico complessiva della Paziente celiaca.
Le patologie dell’apparato uditivo possono provocare sintomi che non riguardano solo i deficit dell’udito
Non solo
solo sordità…
Dott. Italo Cantore
MD-PhD- FACS - Dirigente medico
UOC di Otorinolaringoiatria
Incarico di Otochirurgia
ASL Roma 1- Ospedale San Filippo Neri-Roma
Responsabile comunicazioni
“European Academy of Otology and Neurotology”
L’apparato uditivo è dotato di una struttura anatomica e di aspetti fisiologici che hanno a che fare anche, ad esempio, con la percezione dei movimenti che la nostra testa esegue nello spazio, funzione quest’ultima che è strettamente correlata all’equilibrio. Pertanto esistono una serie di sintomi e sindromi derivanti da Disfunzioni dell’apparato uditivo che possono comportare solo lievi ripercussioni sulla qualità dell’udito, o nei quali essa può essere del tutto normale.
Otite esterna
Si tratta di una patologia comune dell’orecchio esterno che solitamente insorge maggiormente in soggetti predisposti, come Pazienti affetti da problematiche dermatologiche, a seguito di bagni al mare o in piscina, nei mesi più caldi dell’anno. È causata dalla penetrazione di patogeni nel condotto uditivo che inducono una infezione con edema che determina sintomi di esordio come prurito e senso di ovattamento auricolare, a cui fanno seguito dolore, che può anche raggiungere intensità importanti e che tipicamente si intensifica alla manipolazione del padiglione auricolare, senza necessariamente provocare una riduzione dell’udito.
La diagnosi viene eseguita dallo Specialista Otorinolaringoiatra tramite otoscopia, toilette del condotto uditivo ed esami otofunzionali.
La terapia prevede eventuali medicazioni del condotto uditivo e l’applicazione di farmaci ad uso prevalentemente locale, ma in alcuni casi l’utilizzo anche per via sistemica.
È importante intervenire con la terapia prima che i sintomi possano raggiungere intensità elevate, in particolare l’Otalgia (dolore all’orecchio). A tale scopo, ed anche al fine di evitare terapie errate e non risolutive, è molto importante che venga coinvolto lo Specialista, il quale per via dell’esperienza e della dotazione strumentale specifica a disposizione è in grado di eseguire diagnosi differenziali con, ad esempio, altre forme di Otite come quella media, che necessita di approccio e terapia completamente differente.
Sindrome vertiginosa
Le Vertigini dipendenti dall’apparato uditivo hanno solitamente le caratteristiche di Vertigini oggettivorotatorie, ad esordio improvviso, con una sintomatologia neuro-vegetativa intensa associata, spesso con crisi ricorrenti.
La Vertigine oggettivo-rotatoria si caratterizza dal fatto che il Paziente vede gli oggetti che lo circondano ruotare spesso in una direzione specifica, come se si trovasse in una giostra che ruota, ad esempio, concentrandosi sulla osservazione di un punto luminoso, esso ruota in una direzione fissa. Tali caratteristiche distinguono la Vertigine oggettivorotatoria, solitamente dipendente da un problema dell’orecchio, dalla Vertigine di tipo soggettivo, dipendente invece da problematiche di altri organi o apparati. In quest’ultima il Paziente ha piuttosto la sensazione di sbandare o che sia egli stesso
La diagnosi di Otite esterna viene eseguita dallo Specialista Otorinolaringoiatra tramite otoscopia, toilette del condotto ed esami otofunzionali
ad oscillare in maniera atipica, oppure che il pavimento si alzi e si abbassi, in genere comunque una tipologia di Vertigine diversa da quella rotatoria tipica e che solitamente si manifesta o si accentua con i bruschi cambiamenti di posizione, soprattutto in senso antigravitazionale, come ad esempio passando da posizione sdraiata a seduta, o da seduto in piedi. Nella Vertigine di pertinenza dell’orecchio
vi è un’altra caratteristica che è la nausea, quasi sempre presente, spesso associata al vomito, oltre che la deviazione segmentaria del corpo in una direzione fissa. Il Paziente, ad esempio, durante la deambulazione tende a deviare in una direzione specifica, e in posizione eretta, chiudendo gli occhi, tende a cadere nella stessa direzione.
Gli esami strumentali in caso di Vertigini
L’inquadramento del Paziente vertiginoso precede in genere come primo step la valutazione specialistica otorinolaringoiatrica corredata da esami strumentali specialistici. Questi ultimi includono solitamente in prima istanza l’ esame audiometrico tonale, l’ esame impedenzometrico e l’ esame vestibolare di base. Questi esami sono finalizzati a capire se ci sono delle disfunzioni concomitanti
L’esame vestibolare viene eseguito con l’utilizzo di una macchina dotata di una maschera che contiene delle telecamere ad infrarosso
della parte dell’orecchio che si occupa dell’udito, cosa che avviene con una certa frequenza, oltre che quella che si occupa dell’equilibrio.
L’esame vestibolare viene eseguito con l’utilizzo di una macchina dotata di una maschera che contiene delle telecamere ad infrarosso, in grado di vedere al buio (inibendo la fissazione da parte del Paziente) e in grado di mostrarci su un monitor dedicato i movimenti degli occhi del Paziente (videonistagmoscopia). Tramite questo macchinario è possibile osservare se ci sono movimenti patologici degli occhi del Paziente, correlabili ad una disfunzione della componente vestibolare dell’orecchio interno, sia con il Paziente fermo sia durante la esecuzione di alcuni movimenti, che possono indicare una disfunzione dei recettori dell’equilibrio dell’orecchio in atto e di che tipo. A questo esame possono essere associati altri test più complessi, come la stimolazione calorica dei suddetti recettori, tramite irrigazione dell’orecchio con acqua a temperature definite (poco più fredda e poco più calda di quella del sangue), i VEMPS (“Vestibular Evoked Miogenic Potentials”), l’ ABR (“Auditory Brainstem Responses”), che vanno a studiare aspetti riguardanti il nervo vestibolo-cocleare e alcune parti delle vie nervose che si interfacciano con esso.
Inoltre è possibile che, ad integrazione a questi esami, vengano richiesti dallo Specialista esami di altre competenze specialistiche come una valutazione neurologica, la risonanza magnetica encefalica e un ecodoppler dei vasi del collo
settembre/ottobre 2025 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori
Due tipologie di Vertigine
In linea generale, i principali disturbi dell’apparato vestibolare si presentano tramite due particolari tipologie di manifestazioni, sempre con caratteristiche di Vertigine oggettivo-rotatoria. La prima tipologia si caratterizza per crisi improvvise con l’esecuzione di specifici movimenti del capo che si esauriscono in pochi secondi-minuti per poi recidivare con la nuova esecuzione di un movimento analogo.
La seconda tipologia si caratterizza invece per una Vertigine persistente della durata di alcuni minuti, ore o pochi giorni, che può recidivare.
Alla prima tipologia tipicamente afferisce la Vertigine posizionale parossistica benigna (o Cupololitiasi). Essa dipende dal distacco parziale di alcuni cristalli che si trovano fisiologicamente sospesi ad alcune cellule nell’orecchio interno e che si insinuano in maniera patologica all’interno di uno dei canali semicircolari sempre appartenenti alla struttura interna dell’orecchio. Quando il Paziente esegue movimenti specifici tali da stimolare il canale interes-
La terapia della Vertigine posizionale parossistica benigna è basata sulla esecuzione di manovre, a cura dello Specialista, in grado di risolvere il problema
sato, si innesca la sintomatologia.
La diagnosi è di pertinenza clinico-strumentale otorinolaringoiatrica. La terapia è basata sulla esecuzione di manovre, a cura dello Specialista, in grado di risolvere il problema, oltre che sulla osservazione di un decubito preferenziale per un certo periodo, una terapia medica di supporto ed altri esami diagnostici integrativi.
Nella seconda tipologia di Vertigine, di pertinenza otorinolaringoiatrica, le crisi vertiginose sono di durata maggiore, persistenti, indipendenti dalla esecuzione di movimenti specifici, sempre di tipo oggettivo-rotatorie, e possono recidivare dopo un periodo di tempo di residua instabilità posturale. Esse spesso dipendono da alterazioni acute del microcircolo labirintico, Infezioni virali acute o improvviso aumento della pressione dei liquidi contenuti nell’orecchio interno (come nella Sindrome di Menière, nella quale però si associano tuttavia anche sintomi uditivi ed Acufeni). Anche in questo caso la diagnosi è clinico-strumentale specialistica otorinolaringoiatrica che va eseguita il prima possibile dall’esordio dei sintomi in modo da evitare che terapie specifiche messe in atto in ritardo possano comportare un danno funzionale all’organo, oltre che condizionare sintomi intensi da parte del Paziente persistenti per giorni. Nei casi in cui la Vertigine non è di pertinenza otorinolaringoiatrica, vengono poi chiamati in causa, anche con l’aiuto del Medico curante, altri tipi di Specialisti tra cui in prima battuta il Neurologo, oltre che il Cardiologo e il Fisiatra, e vengono inoltre indicati altri tipi di valutazione clinico-strumentale finalizzate ad approfondire la causa delle Vertigini al fine di ottenere l’iter terapeutico più appropriato.
Acufene
La percezione da parte del Paziente di suoni o rumori non presenti nell’ambiente circostante in molti casi può avvenire senza la concomitante presenza di deficit uditivi.
La sintomatologia dell’Acufene è di pertinenza dello Specialista Otorinolaringoiatra, il quale sottopone il Paziente ad accurata anamnesi, valutazione obiettiva ed eventualmente endoscopica ed esami otofunzionali del caso, tra cui esame impedenzometrico, audiometrico tonale e/o vocale, ABR, eventualmente associati ad esami neuroradiologici o di altre pertinenze specialistiche.
Nei casi approcciabili con terapie mediche o chirurgiche dedicate, è possibile far regredire i sintomi oltre che contrastarne la progressione.
Salute del fegato, più prevenzione
Il fegato è un organo spesso sottovalutato, al contrario svolge oltre 500 funzioni vitali nell’organismo e può essere colpito da oltre cento malattie, ad ogni età. Il fegato è l’organo interno del corpo umano che pesa di più (1,5 kg), quasi le dimensioni di un pallone da football americano. Questo organo elabora zuccheri, proteine e grassi che vengono poi trasformati in energia richiesta dal resto del corpo. Interagisce inoltre con numerosi altri organi, contribuisce al metabolismo ed è uno dei migliori protettori del sistema immunitario. Depura il sangue, filtrando farmaci e altre sostanze tossiche, produce la bile e sintetizza i fattori essenziali per la coagulazione. Le malattie del fegato tendono a rimanere latenti, in quanto questo organo non ha recettori del dolore; questo spesso porta a diagnosi tardive, quando la patologia è già in Cirrosi scompensata o prossima all’Epatocarcinoma.
Malattie epatiche, da virali a metaboliche
Fino a pochi decenni fa, le Epatiti virali B e C erano le cause più comuni di Malattia cronica del fegato. Oggi, grazie ai vaccini e alle cure antivirali, la loro diffusione
Alimentazione
corretta e attività fisica sono fattori importanti e utili per il mantenimento della salute di questo organo
Dott. Marco Senzolo
Dirigente medico Gastroenterologia
Responsabile UOS Malattie
Vascolari Epatiche e Trattamento
Ipertensione Portale
Azienda Ospedaliera di Padova
In Europa, l’abuso di alcol causa circa 800.000 morti l’anno ed è coinvolto in oltre 200 patologie, tra cui Cirrosi, Cancro e Malattie cardiovascolari
si è notevolmente ridotta in molti Paesi. Tuttavia, stiamo assistendo a un cambio di paradigma epidemiologico. Le nuove grandi minacce per la salute del fegato
prevenzione
sono l’alcol, che rimane ancora la principale causa di Cirrosi in Europa e le Malattie metaboliche legate allo stile di vita, in particolare la MASLD (Malattia Epatica Steatosica Associata a Disfunzione Metabolica), nota fino a poco fa come NAFLD.
Secondo i dati presentati al Congresso europeo per le Malattie di fegato (EASL) 2025 ad Amsterdam, oltre 1,5 miliardi di persone nel mondo convivono con una Malattia epatica cronica. Ogni anno si registrano oltre 2 milioni di decessi legati al fegato, circa il 4% della mortalità globale.
In Europa, l’abuso di alcol causa circa 800.000 morti l’anno, ed è coinvolto in oltre 200 patologie, tra cui Cirrosi, Cancro e Malattie cardiovascolari. Nel frattempo, la Steatosi epatica non alcolica, che colpisce soprattutto persone con obesità, Diabete e Ipercolesterolemia, sta crescendo in modo allarmante: la sua prevalenza è passata dal 25,3% nel periodo 1990-2006 al 38,2% nel periodo 2016-2019. In Italia, la Steatosi metabolica è associata alla metà circa delle Malattie epatiche croniche, con un incremento superiore al 10% annuo nei casi nei soggetti sovrappeso. Il Fegato grasso metabolico è oggi la forma in più rapido aumento. In Olanda, ad esempio, un recente studio ha mostrato che i nuovi casi di Cancro primitivo del fegato sono cresciuti del 2,3% annuo nell’ultimo decennio, con un aumento drastico dei casi legati alla Steatosi metabolica.
Prevenzione delle Malattie epatiche
Il Libro Bianco della Associazione Italiana Studio Fegato (AISF), che conta quasi mille soci iscritti e da oltre 50 anni è impegnata nella ricerca, nella divulgazione scien-
Sono in sperimentazione farmaci che mirano a ridurre il grasso epatico e l’infiammazione, ma lo stile di vita resta il trattamento principale
tifica e nella formazione dei giovani epatologi, evidenzia la dimensione e l’urgenza delle patologie del fegato in Italia, con un forte impatto economico sul Servizio Sanitario Nazionale. L’AISF sottolinea la necessità di interventi integrati: prevenzione dello stile di vita, contrasto al consumo di alcol, Screening, terapia precoce e gestione sul territorio.
L’EASL afferma che fino al 90% delle Malattie epatiche croniche è prevenibile, cambiando abitudini alimentari, aumentando l’attività fisica e riducendo l’alcol. Solo una minoranza (circa il 10%) è dovuta a cause non modificabili, come malattie rare congenite o genetiche.
Alimentazione corretta
Il tema scelto per il World Liver Day 2025, celebrato lo scorso 19 aprile, è stato “Food is medicine”: “Il cibo è medicina”. Una frase semplice ma potente. Quello che mangiamo ogni giorno può fare la differenza tra un fegato sano e uno malato. Una dieta amica del fegato si basa su pochi principi chiari: più vegetali (frutta e verdura fresche, cereali integrali e legumi forniscono fibre e antiossidanti); assumere grassi buoni (olio extravergine d’oliva, noci, pesce azzurro); meno zuccheri e grassi saturi (da evitare dolci confezionati, snack, fritti, bevande zuccherate); moderazione nelle porzioni e attenzione al peso: perdere anche solo il 5-10% del peso corporeo può ridurre significativamente il grasso nel fegato e l’infiammazione.
La Dieta mediterranea, patrimonio UNESCO, resta il modello più efficace anche per la salute epatica. Non serve rinunciare al gusto, basta imparare a scegliere meglio, cucinare in modo semplice, e mantenere varietà e moderazione.
Muoversi, toccasana anche per il fegato
Sappiamo che l’esercizio fisico fa bene al cuore, ai muscoli, alla mente, ma fa bene anche al fegato. L’attività fisica aiuta infatti a controllare il peso, migliorare il metabolismo del glucosio e dei grassi, e ridurre l’infiammazione. Secondo l’OMS, basterebbero 150 minuti a settimana di attività
aerobica moderata (come camminata veloce, bicicletta, ballo), oppure 75 minuti a settimana di attività intensa e in aggiunta, 2 volte a settimana esercizi di rinforzo muscolare. Camminare ogni giorno, usare le scale, fare una passeggiata dopo i pasti sono gesti semplici che possono avere un effetto potente sulla salute del fegato. Non serve diventare atleti, basta muoversi con regolarità.
Fegato quandograsso, arriva la diagnosi...
Scoprire di avere un Fegato grasso o, per usare il termine medico aggiornato, una MASLD (Malattia Epatica Steatosica Associata a Disfunzione Metabolica), può spaventare ma è importante sapere che questa condizione è molto comune e nella maggior parte dei casi reversibile. Tuttavia, non va sottovalutata: trascurare il Fegato grasso può portare nel tempo a infiammazione (Steatoepatite), Fibrosi, Cirrosi e perfino Tumore al fegato.
Il Fegato grasso si verifica quando troppo grasso si accumula nelle cellule epatiche. Questo accade spesso in persone che hanno sovrappeso, obesità, Diabete di tipo 2, colesterolo alto o una combinazione di questi fattori. Anche una vita sedentaria e un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi può favorirlo. In alcuni casi, il grasso può danneggiare le cellule epatiche e provocare infiammazione (MASLD può evolvere in MASH ossia Steatoepatite metabolica). La buona notizia è che il trattamento non prevede farmaci nella maggior parte dei casi.
... e come curarlo
Il Fegato grasso si può curare con lo stile di vita attraverso tre azioni fondamentali.
Innanzitutto perdere peso in modo sano con una strategia che permetta di dimagrire gradualmente, senza diete drastiche. Studi clinici dimostrano che perdere il 5% del peso corporeo riduce il grasso nel fegato e con un calo del 7-10%, si può ridurre anche
l’infiammazione e migliorare la fibrosi. Ad esempio, una persona che pesa 90 kg dovrebbe puntare a perderne 5-9 kg in 6-12 mesi. Piccoli traguardi portano a grandi risultati.
Mangiare in modo epatoprotettivo, come sopra indicato e fare attività fisica regolare rappresentano altri due comportamenti cardine per la risoluzione di questa condizione clinica. Non è importante “fare tanto” subito: l’obiettivo è essere costanti. Anche brevi sessioni quotidiane aiutano a migliorare il metabolismo epatico.
Purtroppo, al momento non esistono farmaci specificamente approvati per la MASLD/MASH in Europa. Tuttavia, il Medico può prescrivere terapie per controllare i fattori di rischio associati, come Diabete, colesterolo alto e Ipertensione. In alcuni casi selezionati, sono in sperimentazione farmaci che mirano a ridurre il grasso epatico e l’infiammazione, ma lo stile di vita resta il trattamento principale.
Screening, vaccini e prevenzione medica
La prevenzione non passa solo per lo stile di vita, ma anche per la Medicina. Esistono vaccini efficaci contro l’Epatite B, che vanno somministrati sin dalla prima infanzia. L’Epatite C oggi è guaribile grazie a farmaci antivirali di nuova generazione. Tuttavia, è fondamentale sottoporsi a test diagnostici per scoprirla. Esami semplici come l’ecografia addominale o test non invasivi, come l’elastografia, permettono di valutare se il fegato è danneggiato anche in assenza di sintomi.
Secondo l’AISF, è necessario rafforzare i programmi di Screening e garantire percorsi diagnostici accessibili e uniformi su tutto il territorio nazionale perché prevenire costa molto meno che curare.
In sintesi
Il fegato non chiede molto per restare in salute: cibo buono e semplice, un po’ di movimento, poco o niente alcol. In cambio, ci offre una vita più lunga e più sana. In un’epoca in cui le malattie croniche sono in aumento, e i servizi sanitari sotto pressione, la prevenzione epatica è una scelta individuale ma anche collettiva. Come ha dichiarato l’AISF nel suo Libro Bianco: «investire nella salute del fegato significa risparmiare sofferenze, risorse e vite».
Quindi, la prossima volta che prepari un pasto, scegli di camminare o rinunci a quel bicchiere in più, ricordati che stai facendo qualcosa di prezioso: stai proteggendo il tuo fegato.
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Nuovo brevetto per la lotta al cancro
Il Systems Biology Group Lab dell’Università Sapienza di Roma, diretto dal Prof. Mariano Bizzarri, in collaborazione con Aurora Biosearch, ha formulato un brevetto che segna un significativo passo avanti nella lotta al Cancro con principi di origine naturale. Pubblicato sulla rivista “International Journal of Molecular Sciences”, lo Studio dimostra come un mix di microRNA di origine animale può essere in grado di inibire il tumore e le metastasi. I miRNA sono piccole sequenze di RNA, o acido ribonucleico (molecola fondamentale per la vita), che svolgono un ruolo indispensabile nella regolazione dell’espressione genica in molti organismi, inclusi piante, animali e virus. I Ricercatori hanno isola-
I rischi dei cibi ultraprocessati
L’alimentazione non è solo fonte di energia e nutrienti ma è anche un potente strumento capace di influenzare la longevità e la qualità della vecchiaia e della vita. Lo Studio condotto dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con l’Università Lum di Casamassima (BA) e pubblicato su “The American Journal of Clinical Nutrition” dimostra infatti come una dieta ricca in cibi ultra-processati acceleri l’invecchiamento biologico, anche in chi segue un regime alimentare bilanciato. Come evidenzia lo studio, vincitore del premio “Gianni Barba” e conferito dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana), l’aspetto più significativo della ricerca è che il rapporto tra consumo di alimenti ultraprocessati e invecchiamento è risultato indipendente dalla
to microRNA (miRNA), le piccole molecole che regolano l’espressione genica, da un microambiente embrionale animale, nello specifico di pesce. Quindi hanno trattato colture di cellule di Tumore al seno e cellule mammarie sane con questi micro-RNA. Il risultato è stato che le cellule tumorali hanno rallentato la crescita della massa tumorale e perso la capacità di invadere altri tessuti, hanno recuperato l’identità epiteliale e sono aumentate le proteine che bloccano il tumore. Con questo approccio dunque non si tratta di uccidere il tumore ma di rieducarlo e di ripristinare i segnali persi durante la trasformazione maligna, riportando la cellula a uno stato più sano e controllato. Per approfondire: https://shorturl.at/kRBM5
qualità della dieta: anche le persone che seguivano regimi alimentari considerati equilibrati dal punto di vista strettamente nutrizionale, ricchi di frutta, verdura e fibre, ma che includevano una quota significativa di cibi ultra-processati, mostravano segni di invecchiamento biologico più rapidi. Snack salati, dolci confezionati o bibite gassate, ma anche prodotti insospettabili come pane confezionato, alcuni cereali da colazione, zuppe pronte, piatti pronti surgelati e yogurt aromatizzati, sebbene alimenti molto diffusi nella dieta moderna, contribuiscono ad un’accelerazione dell’età biologica e possono alterare la struttura del cibo, ridurre i nutrienti essenziali e favorire infiammazione cronica e squilibri del Microbiota intestinale.
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A dimostrare che la combinazione di un farmaco epigenetico con due immunoterapici è in grado di migliorare la risposta clinica e la sopravvivenza libera da progressione di malattia nei Pazienti con Melanoma, arriva lo studio “NIBIT-ML1” promosso dalla Fondazione NIBIT e realizzato grazie al sostegno di Fondazione AIRC. Il progetto è stato coordinato da Michele Maio, Professore ordinario di Oncologia Medica dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese. Il trattamento con la tripla combinazione (un farmaco epigenetico con due immunoterapici) impiegato nello studio è stato somministrato a 18 Pazienti con Melanoma metastatico (su 36 Pazienti totali partecipanti) e ha portato a una riduzione significativa del tumore visibile agli esami radiologici. Inoltre il “disease
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control rate (DCR)” (ossia l’indice di controllo della malattia), che misura non solo le risposte obbiettive ma anche i casi di malattia stabile (assenza di progressione di malattia), è risultato superiore nei Pazienti trattati con la tripla combinazione rispetto a quelli che hanno assunto solo i due farmaci immunoterapici, 56% contro 39%. Altro dato rilevante riguarda la sopravvivenza libera da progressione a un anno, ovvero la percentuale di Pazienti che non ha avuto progressione di malattia a distanza di 12 mesi (43% contro l’11%). In prospettiva, questi dati rafforzano la possibilità di introdurre nella pratica clinica strategie basate sull’uso combinato di immunoterapia ed epigenetica per affrontare forme particolarmente aggressive e resistenti di Melanoma.
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Tripla combinazione per il Melanoma
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Primi mesi di vita, quali Vaccinazioni?
A causa della scarsa efficacia del suo sistema immunitario, il neonato deve essere protetto da virus e batteri attraverso le diverse Vaccinazioni
vita, Vaccinazioni?
Prof. Mario Giuffrè
Università degli Studi di Palermo
Segretario del Gruppo di Studio
di Infettivologia Neonatale
Società Italiana di Neonatologia (SIN)
Dott.ssa Bintu Ayla Badiane
Università degli Studi di Palermo
Dott.ssa Veronica Notarbartolo
Università degli Studi di Palermo
Iprimi mille giorni, periodo che intercorre tra il concepimento e i primi due anni di vita del bambino, sono fondamentali per lo sviluppo psico-fisico e sociale dell’individuo e del sistema familiare; pertanto, negli ultimi anni, gli studi e la ricerca si sono focalizzati su questo lasso temporale per promuovere la salute dei genitori e del nuovo nato.
L’età neonatale è rappresentata dai primi ventotto giorni di vita, a seguire fino all’anno di vita si parla di lattante.
Protezione da virus e batteri
I neonati e i lattanti sono particolarmente esposti alle infezioni per la scarsa efficacia del loro sistema immunitario, fisiologicamente immaturo. Dunque, la protezione
nei confronti dei microrganismi (principalmente virus e batteri) rappresenta uno degli elementi chiave per mantenere il loro benessere. Gli strumenti per la prevenzione delle infezioni in questa fascia di età sono il lavaggio delle mani, l’uso di sistemi di protezione individuale quando un familiare è affetto da una patologia infettiva, prestando particolare attenzione a fratelli e/o sorelle in età scolare, l’immunizzazione attiva dei familiari e l’immunizzazione attiva e/o passiva del bambino.
Immunizzazione attiva
Si parla di immunizzazione attiva quando la protezione immunitaria è indotta nel bambino dall’incontro con il microorganismo o dalla Vaccinazione: nel primo caso si parla di immunizzazione attiva naturale, nel secondo caso di immunizzazione attiva artificiale. L’immunizzazione passiva, invece, si verifica quando gli anticorpi protettivi non sono prodotti dal bambino ma vengono acquisiti dall’esterno: nella fattispecie, si parla di immunizzazione passiva naturale quando la madre trasferisce i propri anticorpi al bambino (ad esempio, mediante l’allattamento al seno) e di immunizzazione passiva artificiale quando viene somministrato siero immune contenente alte dosi di anticorpi. In entrambe le forme di immunizzazione, attiva e passiva, lo scopo è quello di indurre protezione nei confronti di uno specifico microrganismo. La Vaccinazione (immunizzazione attiva artificiale) può essere effettuata a partire dal 61° giorno di età cronologica, sia nel nato a termine che nel nato pretermine e/o di basso peso.
Quale calendario per le Vaccinazioni?
Il più recente calendario di immunizzazione per la vita 2025 prevede nei primi mesi di vita le seguenti Vaccinazioni.
• Vaccino esavalente (anti Difterite - Tetano - Pertosse - Poliomielite - Epatite B - “Haemophilus Influenzae” di tipo B): deve essere somministrato al terzo, quinto e undicesimo mese di vita, tramite iniezione intramuscolare. La “Bordetella pertussis” (coccobacillo Gram-negativo) è responsabile della Pertosse. Si tratta di un’infezione altamente contagiosa, caratterizzata da accessi di tosse a salve, particolarmente severa in alcune categorie a rischio come neonati e lattanti, in cui può essere causa di apnea e cianosi. Per tale motivo, oltre alla Vaccinazione del lattante a partire dal terzo mese di vita, è possibile proteggere il neonato e il bambino non ancora in età vaccinabile, anche attraverso la Vac-
Si parla di immunizzazione passiva artificiale quando viene somministrato siero immune contenente alte dosi
di anticorpi
Il Vaccino esavalente deve essere somministrato al terzo, quinto e undicesimo mese di vita, tramite iniezione intramuscolare
cinazione attiva dei caregivers. Tale strategia, nota come strategia “cocoon” (dall’inglese “bozzolo”), viene rivolta anche a tutte le gestanti ad ogni gravidanza, idealmente sottoponibili alla Vaccinazione intorno alla 28sima settimana.
• Vaccino anti-pneumococcico coniugato: somministrato al terzo, quinto e undicesimo mese di vita, tramite iniezione intramuscolare, comunemente nelle stesse date del Vaccino esavalente.
• Vaccino orale a virus vivo attenuato anti-rotavirus: prima dose a tre mesi, somministrata insieme alle precedenti, e seconda a circa un mese di distanza dalla prima. Il “Rotavirus” è il principale agente di Gastroenterite nei bambini di età inferiore ai cinque anni e ha una mortalità importante nei paesi a basse risorse e un importante tasso di ospedalizzazione nei paesi a medio-alto reddito.
• Vaccino anti-meningococco B: somministrato tramite iniezione intramuscolare a tre mesi di vita (circa due settimane dopo la prima dose dei Vaccini
esavalente, anti-pneumococco e anti-rotavirus), a un mese dalla prima dose, poi a sei mesi e infine a tredici mesi di età
• Vaccino inattivato contro i virus influenzali A e B: somministrato tramite iniezione intramuscolare a partire dai sei mesi di età nel periodo epidemico (da ripetere dopo quattro settimane).
• Vaccino a virus vivi attenuati anti-MorbilloParotite-Rosolia e Varicella (MPRV): somministrato tramite iniezione sottocutanea a 13-15 mesi di vita
• Vaccino inattivato anti-meningococco ACW135Y: somministrato tramite iniezione intramuscolare a 13 mesi (possibile co-somministrazione con il vaccino anti-MPRV). La “Neisseria Meningitidis” (diplococco Gram-negativo) è uno dei principali agenti eziologici della Meningite batterica in età pediatrica. In Italia l’infezione è endemica con casi sporadici e picchi stagionali (primavera e inverno) tra 0-4 anni e 15-24 anni. Dei 13 sierotipi conosciuti solo i cinque verso cui esiste la Vaccinazione sono patogeni per gli esseri umani.
Il “Calendario di Immunizzazione per la Vita” prevede quindi numerosi interventi di immunoprofilassi attiva e passiva nei primi mesi di vita, che conferiscono protezione efficace e sicura nei confronti dei più frequenti e pericolosi agenti patogeni. A fianco dei 10 Vaccini obbligatori, il calendario offre gratuitamente nei primi mesi di vita diverse altre misure di profilassi fortemente raccomandate per la tutela della salute del singolo individuo e della collettività. Molti di questi interventi sono raggruppati in Vaccini combinati e possono essere somministrati in unica seduta, riducendo così l’impegno per le famiglie e per gli operatori sanitari. La promozione delle campagne di immunoprofilassi rappresenta un importante strumento di sanità pubblica per la tutela della salute dell’intera collettività.
Obblighi per frequenza scolastica
Il Vaccino esavalente e l’MPRV sono obbligatori per la frequenza scolastica (decreto legge del 31 luglio 2017 n. 119), mentre i restanti sono fortemente raccomandati. In caso di interruzione del ciclo vaccinale, non bisogna iniziare nuovamente lo stesso ciclo o somministrare dosi aggiuntive di vaccino.
Epatite B
In caso di nati da madre con markers sierologici di Epatite B in fase attiva (HBsAg positive) in gravidanza, il neonato alla nascita deve essere profilassato sia con immunizzazione attiva (Vaccino contro il
settembre/ottobre 2025 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori
virus dell’epatite B) che con immunizzazione passiva (immunoglobuline specifiche anti-HBV ad azione neutralizzante). Una seconda dose di Vaccino verrà ripetuta a un mese di vita, una terza dose a cinque mesi e una quarta a undici mesi (le ultime due dosi sono allineate a quelle previste dal calendario vaccinale).
Controindicazioni
alle Vaccinazioni
Poche sono le controindicazioni alle Vaccinazioni, in particolare ipersensibilità ai principi attivi o agli eccipienti, deficit immunitari gravi, anamnesi familiare di immunodeficienza congenita o ereditaria senza dimostrata immunocompetenza del destinatario, terapia prolungata con corticosteroidi ad alte dosi e un’eventuale malattia febbrile attiva (controindicazione relativa).
Per quanto riguarda il Vaccino esavalente, disturbi neurologici in atto non stabilizzati o la comparsa di encefalopatia a distanza di meno di sette giorni dalla prima dose costituiscono una controindicazione allo stesso.
Per il Vaccino anti-rotavirus, una precedente anamnesi di invaginazione intestinale e/o la presenza di una malformazione congenita del tratto
Non rappresentano una controindicazione alla Vaccinazione
il basso peso e/o la prematurità o la presenza di una malattia acuta di modesta entità
intestinale costituiscono una controindicazione alla Vaccinazione, in quanto l’invaginazione intestinale è una possibile complicanza dello stesso (evento ad oggi più raro con le nuove formulazioni).
Non rappresentano una controindicazione alla Vaccinazione il basso peso e/o la prematurità o la presenza di una malattia acuta di modesta entità (Raffreddore o altre Infezioni respiratorie non febbrili), una pregressa reazione locale lieve/moderata, l’iperpiressia in seguito a una vaccinazione precedente, una terapia antibiotica in corso e allergie verso prodotti non contenuti nel vaccino.
Le possibili complicanze in seguito alla somministrazione dei Vaccini sono: reazione locale in sede di inoculo, eruzione cutanea, iperpiressia, sonnolenza, irritabilità, inappetenza. Il Vaccino anti-MPRV è quello che più frequentemente può dare effetti collaterali, quali febbre alta, reazioni locali nel sito di infezione, irritabilità, rash (inclusi esantema morbilliforme, eruzione cutanea simile a varicella), infezione del tratto respiratorio superiore, vomito e diarrea.
Immunoprofilassi per Bronchiolite
Il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) è la principale causa della Bronchiolite, che è una delle più frequenti cause di ospedalizzazione e mortalità nel primo anno di vita. Il trattamento si fonda sulla terapia reidratante endovenosa e il supporto ventilatorio. Dalla stagione 2024-2025, in Italia è stata introdotta l’immunizzazione passiva nei confronti del VRS con la somministrazione per via intramuscolare una singola dose di anticorpi monoclonali contro il VRS. Essa è eseguibile per tutti i nati durante la stagione epidemica (ottobremarzo) direttamente presso il Centro nascita prima della dimissione, viceversa per gli altri (nati aprilesettembre) può essere eseguito prima dell’inizio della stagione epidemica presso i centri vaccinali o i Pediatri di libera scelta.
L’immunizzazione passiva artificiale va offerta al neonato qualora le madri non siano già state sottoposte a Vaccinazione per VRS durante la gravidanza. L’immunoprofilassi passiva per VRS è offerta gratuitamente a tutti i neonati e lattanti nel primo anno di vita, previa somministrazione di un consenso/dissenso informato. L’ipersensibilità al principio attivo o a uno qualsiasi degli eccipienti costituisce in atto l’unica controindicazione al farmaco. I pochi effetti collaterali riportati dagli studi clinici sono: reazione locale in sede di inoculo, iperpiressia ed eruzione cutanea.
Vista e Diabete, attenzione ai sintomi
La retina è l’unico punto dell’organismo in cui la piccola circolazione (arteriole, capillari, venule), sede locale e specchio lontano di complicazioni della Malattia diabetica, è visibile all’esame esterno. Tale asserzione è talmente vera che, oltre dieci anni fa, l’American Diabetes Association ha fissato quale valore soglia ematico dell’emoglobina glicosilata (HbA1c) come spartiacque tra la “non patologia” e la patologia diabetica, proprio quello associato alla comparsa di Retinopatia grave. Numerosissimi sono gli studi internazionali volti a determinare l’impatto di vari fattori nello sviluppo e progressione delle complicanze micro-vascolari retiniche del Diabete (Retinopatia diabetica); tra questi si rilevano sicuramente il controllo della malattia, cioè l’andamento dell’emoglobina glicosilata, ma anche la durata della stessa, l’Ipertensione, l’eventuale concomitanza di patologia renale, eccessivi grassi nel sangue e altri fattori minori.
Esame della retina, parametro di monitoraggio
Da queste poche parole emerge la ricchezza di informazioni che l’esame della retina (o, come si
Per prevenire l’insorgenza della Retinopatia diabetica è bene sottoporsi a controlli regolari e Screening, ponendo attenzione ai possibili sintomi che ne anticipano lo sviluppo
Dott. Roberto Perilli
UOS Oculistica Territoriale ASL - Pescara
Responsabile di Sezione Regionale
Società Italiana di Oftalmologia Legale (S.I.O.L.)
La Retinopatia diabetica, se non identificata in tempo o trascurata, può portare a danni gravi della vista
definisce tecnicamente, il “fondo oculare” o “fundus oculi”) può fornire, anche quale parametro per il monitoraggio della patologia di base. La destinazione naturale dell’esame, peraltro, è la visualizzazione della Retinopatia diabetica che, se non identificata in tempo o trascurata, può portare a danni gravi della vista; va ricordato che, nei Paesi industrializzati, essa costituisce, con il Glaucoma e la Degenerazione maculare senile, una delle prime tre cause di cecità civile, e la prima in assoluto in età lavorativa.
Si tratta di un danno che, oltre a pesare sulla qualità di vita (autonomia, relazioni sociali e organizzazione logistica di visite e terapie) del Paziente con Diabete e dei suoi familiari, comporta un carico previdenziale che si aggiunge a quello sanitario.
Importanza degli Screening
Grazie ad un capillare sistema di convocazione dei Pazienti (generalmente annuale), secondo Linee-Guida, per l’esame della retina mediante analisi a distanza di fotografie digitali, ed a percorsi di accertamento e cura dedicati, la Gran Bretagna, all’inizio del nuovo millennio, ha dimostrato che, con buona volontà e tanta organizzazione, si può fare molto; implementando un sistema organizzato di Screening, che è stato preso in carico dal servizio sanitario nazionale diventando quindi gratuito, è riuscita in un decennio a scalzare la Retinopatia diabetica dal primato delle cause di cecità civile in età lavorativa. Inoltre, tale organizzazione ha permesso di sottoporre a Screening oltre l’80% della popolazione diabetica, mentre in Italia si fa ancora fatica a raggiungere percentuali a due cifre.
La situazione italiana
Nel nostro Paese, sottoporsi all’esame di Screening retinico (come esame isolato oppure incluso in una visita oculistica complessiva) è più complesso: si parte con la richiesta del Medico con un’impegnativa (prenotazione), segue l’esecuzione dell’esame in un ambulatorio generalmente distrettuale, vi è poi la riconsegna del referto al Diabetologo/Medico di famiglia e l’eventuale successiva prenotazione ed esecuzione di accertamenti e cure richiesti dal quadro clinico. Non è ovunque attuata, peraltro, una standardizzazione dei referti e del percorso di cura (ovvero il cosiddetto PDTA, Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale) secondo un modello omogeneo a livello nazionale. Tuttavia, di recente, ci si sta concentrando sulla possibilità di utilizzare per lo Screening la fotografia del fondo oculare, prestazione ambulatoriale che è già compresa nei Livelli Essenziali di Assistenza e di cui è prevista l’entrata in esenzione per le persone con Diabete (codice 013).
Il supporto
tecnologico
La ricerca tecnologica e informatica si dirigono ormai da inizio millennio proprio verso la digitalizzazione e circolazione di immagini digitali della retina, per garantire accessibilità, facilità e riproducibilità degli esami finora sconosciute con la visita clinica. Si è detto che, proprio su questa base, la Gran Bretagna ha ottenuto risultati più che tangibili, e la ricerca è arrivata ad applicare alla diagnostica della Retinopatia diabetica anche l’Intelligenza Artificiale, sebbene con la dovuta circospezione e con un quadro normativo ancora tutto da definire, che vede anche la nostra SIOL (Società Italiana di Oftalmologia Legale) impegnata nell’articolarlo.
In un futuro non troppo lontano dovrebbe essere routine anche in Italia affidarsi ad un apparecchio fotografico e ad uno Specialista “a distanza” che referta immagini della retina e fornisce i suoi suggerimenti, con diversi livelli di priorità e con percorsi clinici dedicati. Ovviamente, questa tipologia di esame non sostituisce l’esame oculistico complessivo, cui i cittadini (non solo quelli con Diabete) dovrebbero sottoporsi secondo le raccomandazioni dei propri Medici di famiglia o Specialisti; anzi, il contatto, anche se indiretto, tra Oculista refertatore e Paziente fotografato può servire per ribadire e far diffondere questo principio, incrementando così quello che oggi va sotto il nome di “empowerment” (responsabilizzazione) del Paziente.
Due dei sintomi visivi fondamentali, senza toccare l’acutezza visiva, sono la riduzione di luminosità e/o la deformazione delle immagini
Riconoscere i sintomi
Spesso, come in molte altre patologie, c’è un lungo percorso pre-sintomatico delle lesioni retiniche che, proprio per l’incidenza di diversi fattori, può durare in maniera variabile. Generalmente, l’avere due occhi a volte maschera i sintomi di iniziale cattiva visione a carico di uno solo, perché l’altro molto spesso lo compensa, ed è quindi bene ricordare che, se si è convinti di vederci bene, è meglio verificarlo con un occhio per volta. Inoltre, uno dei principali ostacoli alla percezione del problema è che generalmente identifichiamo la visione ottimale con la capacità di vedere i più piccoli dettagli posti davanti a noi, mentre attorno alla visione centrale magari si stanno producendo quadri minacciosi che, da un momento all’altro, possono rendere anche i dettagli centrali mal percepibili. Due dei sintomi visivi fondamentali, senza toccare l’acutezza visiva, sono la riduzione di luminosità (scotoma) e/o la deformazione delle immagini (metamorfopsia): entrambi possono passare inosservati proprio perché non necessariamente localizzati nella visione centrale e/o perché compensati dall’occhio controlaterale. A questo proposito è utile, anche se non sempre risolutivo, il Test di Amsler Tale test consiste nel verificare se, guardando a distanza di lettura un punto nero posto al centro di un foglio a quadretti, con un occhio per volta e con la migliore cor-
rezione ottica per la lettura, le linee perpendicolari sono tutte dritte e continue e i quadretti sono tutti della stessa luminosità (vedì immagine sottostante).
Se, visualizzandolo con un occhio per volta e con la correzione per vicino, si possono percepire delle aree di quadretti meno luminosi e/o delle linee deformate, è possibile che ci sia una sofferenza retinica. Se le zone di sofferenza sono prossime al punto centrale, è facile immaginare che in un certo tempo si possa peggiorare, con un evidente calo della capacità visiva (i famosi “decimi” di visus). Sintomi più gravi sono, invece, il calo della vista (generalmente indicativo di una imbibizione di siero della retina centrale, detta “edema maculare”), corpi mobili (le cosiddette “mosche volanti”) rossastri in caso di emorragia all’interno dell’occhio, ombre periferiche (per distacchi di retina), generalmente complicazioni di fasi evolute.
Da queste considerazioni emerge quanto sia fondamentale l’esame periodico della retina: il sintomo più importante da cogliere è: “ancora nessun sintomo!” Infatti, un ottimale controllo terapeutico del Diabete e dei fattori di rischio e l’esame periodico della retina permettono di ritardare il più possibile e di contenere l’entità dell’approccio alle terapie.
Curare la Retinopatia è possibile
Se si pensa che fino a poco più di cent’anni fa non esisteva neanche la possibilità di somministrare l’insulina, oggi esistono, per la Retinopatia diabetica, due serie di armi sofisticate: i Laser (luce molto calda e concentrata che “brucia” una porzione sofferente
della retina) e i farmaci per iniezione intravitreale (somministrati cioè nella gelatina trasparente che riempie il bulbo oculare, quella che, quando forma delle condensazioni, ci dà la sensazione delle “mosche volanti”). Per comprenderne il funzionamento, bisogna tenere presente che le modificazioni provocate dal Diabete nei piccoli vasi sanguigni possono causarne la chiusura (e/o la rottura, con emorragie). Le zone di retina che non vengono, pertanto, più irrorate (cosiddette “ischemiche”) producono sostanze in grado di far sviluppare nuovi vasi sanguigni a partire dai restanti (cosiddetti “neovasi”), ma senza seguire una crescita programmata e coordinata, e con una conseguente tenuta delle pareti insufficiente; ciò può comportare uno stravaso di sangue (emorragia) e/o di solo siero (edema). Entrambe le armi terapeutiche agiscono sui mediatori della crescita di neovasi: il Laser inattiva immediatamente e definitivamente le aree di retina ischemiche che li producono, mentre le iniezioni ne bloccano l’azione, e devono pertanto, secondo diversi schemi e durate, essere ripetute nel tempo, per un’azione lentamente progressiva. Tali terapie non sono del tutto innocue, ovviamente: a parte i fastidi temporanei legati alla sfocatura riportata dopo estesi trattamenti con il Laser, e le “mosche volanti” dopo iniezioni intravitreali, a lungo termine il Laser può lasciare delle zone di sensibilità ridotta; le iniezioni sono sempre delle procedure chirurgiche che, al pari di tutte le altre che comportano un ingresso nel bulbo oculare dall’esterno, vanno eseguite e verificate dopo l’esecuzione con grande professionalità e attenzione. È ovvio, ma va comunque ribadito, che la fondamentale e più precoce arma terapeutica è il buon controllo del Diabete e dei fattori di rischio per la sua evoluzione.
Agire con tempestività
Le terapie, soprattutto se somministrate in una fase iniziale, possono mantenere una funzione visiva soddisfacente; la Gran Bretagna ci dimostra che, se vogliamo ottenere risultati clinicamente e socialmente significativi, l’identificazione delle fasi precoci della Retinopatia diabetica, lo stretto monitoraggio delle stesse ed un rapido avvio alla terapia adatta per la specifica fase, nonché una verifica del controllo del Diabete, sono fondamentali. Questo permetterebbe di utilizzare il minimo potenziale indispensabile delle armi a nostra disposizione e di sensibilizzare i vari attori che interagiscono con il Paziente (“caregivers”) a porre la massima attenzione al controllo dello stile di vita e dei parametri di salute.
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Malattia di Huntington, nuove speranze di cura
Grazie al contributo delle famiglie dei
Pazienti, per la prima volta negli ultimi due anni osserviamo una svolta nel
mondo della ricerca terapeutica
Prof. Ferdinando Squitieri
Neurologo - Responsabile Unità Huntington
Conosciuta come “Còrea”, ossia “danza” dal greco, per via del movimento involontario che la contraddistingue ma non rappresenta l’elemento più invalidante, la Malattia di Huntington è rara, genetica, neurodegenerativa, gravissima e progressivamente invalidante. Pur essendo una patologia rara, rappresenta comunque la più frequente malattia genetica dominante neurodegenerativa.
Un percorso di sofferenza
In origine, già prima che si scoprisse il DNA, è stata descritta alla fine dell’800 da George Huntington che per primo ne colse gli elementi distintivi: dal disturbo del movimento, alla propensione al disturbo psichiatrico e al suicidio, fino all’ereditarietà. Successivamente, dopo impatti di immensa sofferenza inferta dalla sottocultura reazionaria nata nel Regno Unito, propagatasi poi negli Stati Uniti all’inizio del ‘900 e successivamente nell’Europa Nazista, con atrocità che imponevano la sterilizzazione coatta e l’epurazione per chi ne soffriva o era a rischio, la Malattia di Huntington ha rappresentato il più autentico esempio di stigma. Grazie alla scoperta del DNA e alla raccolta di campioni biologici in aree di altissima concentrazione di casi di tale malattia, si è
La malattia è molto variabile: lo stesso nucleo familiare può mostrare fratelli con manifestazioni del tutto diverse tra loro
giunti alla scoperta del gene responsabile nel 1993, primo importante traguardo verso la ricerca di una cura. Da quel momento, è stato possibile servirsi di un test genetico che è tuttora disponibile e che dovrebbe essere sempre gestito insieme ad un adeguato supporto di Counseling da Team multidisciplinare
Lo stato della conoscenza
Oggi sappiamo che la Malattia di Huntington colpisce circa 6500 persone in Italia. La mutazione è un’espansione di CAG (sequenza di tre nucleotidi: citosina, adenina, guanina) nel gene HTT, con oltre 36 ripetizioni. La conseguenza è un allungamento della proteina di Huntington (fondamentale per il normale funzionamento del cervello) che diventa tossica. Tale mutazione colpisce prevalentemente il sistema nervoso. Il danno poi si estende ad altre
aree cerebrali. Si perde il controllo del movimento, si innescano movimenti involontari (còrea), è colpito lo sguardo per un interessamento dei movimenti oculari, la parola, la capacità di deglutire, la massa corporea e la funzione cognitiva. Il disturbo psichiatrico è imprevedibile, dal cambiamento dell’umore alle ossessioni, all’apatia, con fasi di stabilità e recrudescenza alternate a momenti di aggressività. Non ci sono due Pazienti identici, la malattia è molto variabile: lo stesso nucleo familiare può mostrare fratelli con manifestazioni del tutto diverse tra loro e rispetto al genitore che ha trasmesso la malattia, pertanto ogni terapia sintomatica va personalizzata.
Una gestione problematica
Chi sopravvive è messo a dura prova per i costi di gestione e può accadere che un Paziente sia caregiver, a sua volta, di un suo familiare. Il Neurologo spesso non sa intervenire sul disturbo psichiatrico. Lo Psichiatra dice spesso che la malattia è neurologica e non lo riguarda. Il Medico di famiglia spesso non sa che fare. Così la Malattia di Huntington si conosce poco, raccontata con un volto non sempre rispondente alla realtà e curata con terapie inappropriate e prevalentemente rivolte ai movimenti involontari piuttosto che ai disagi gravi comportamentali. L’idea “no còrea, no malattia” è un binomio purtroppo frequente che dovrebbe lasciare spazio a terapie sintomatiche realmente personalizzate, associate alla raccomandazione di Riabilitazione motoria, Logopedia e attenzione allo stile di vita e alla nutrizione, nell’ottica di una visione olistica delle cure.
La Fondazione LIRH
La Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH) contribuisce a progetti di ricerca clinica sia terapeutica che osservazionale e riunisce sei associazioni di famiglie distribuite sul territorio nazionale (www.lirh.it). Le famiglie coinvolte partecipano attivamente ai programmi di ricerca, fornendo un contributo straordinario in particolare alla piattaforma globale denominata “Enroll-HD”, che ha l’obiettivo di ricostruire la storia naturale della malattia, base fondamentale per l’identificazione e lo sviluppo di interventi terapeutici mirati, efficaci e risolutivi. La Fondazione LIRH è attualmente l’organizzazione con il più alto numero di partecipanti al mondo in questo progetto ed è l’unica ad avere un numero verde dedicato (800.388.330) attivo tutti i giorni.
Una svolta nella ricerca
Grazie al contributo delle famiglie Huntington, per la prima volta negli ultimi due anni, osserviamo una svolta nel mondo della ricerca terapeutica. Abbiamo oggi tentativi in corso di terapia genica, farmacologici e di modulazione dell’espressione dell’RNA che promettono grandi risultati. La prima terapia genica al mondo, in corso, si serve di un vettore adenovirale per produrre all’interno delle cellule nervose un pezzo di DNA sintetico, nome ATM130, in grado di legarsi all’RNA del gene HTT per degradarlo e ridurre i livelli di proteina tossica. La strategia prevede un intervento neurochirurgico, è in fase 1a/2b, sembra essere ben tollerata e sta mostrando un miglioramento nel decorso clinico.
Una importante sperimentazione di fase 2b ha concluso il suo iter sperimentale in doppio cieco e ha annunciato recentemente di avere raggiunto l’obiettivo primario
Altre sperimentazioni
Un’altra importante sperimentazione di fase 2b ha concluso il suo iter sperimentale in doppio cieco, ha annunciato recentemente di avere raggiunto l’obiettivo primario con l’uso di un modulatore di splicing dell’RNA (nome Votoplam in compresse), che ha abbassato i livelli di proteina tossica e mostrato un promettente trend di miglioramento clinico . Ci si aspetta una fase 3 a breve anche in Italia.
Altre sperimentazioni cliniche sono rivolte al gene mutato, riconoscendolo in base ad una sorta di impronta digitale genetica per cui, in questo caso, rappresenterebbe un tentativo personalizzato. È ancora molto preliminare e si dovrà dimostrare la buona tollerabilità della procedura che si serve di un farmaco antisenso che riconosce l’RNA del gene mutato. Infine una terapia sperimentale con Pridopidina ha concluso una fase 3 di studio e attende un giudizio della “European Medicine Agency”. Ci sono, in definitiva, circa 40 terapie sperimentali in corso in Europa. Il 29 Novembre, presso la Sala Loyola di Roma in Piazza della Pilotta (Trevi), la Fondazione LIRH ne parlerà estesamente, come ogni anno unica organizzazione che divulga risultati sui trial terapeutici sulla Malattia di Huntington.
CIP - Alimentazione consapevole
Le evidenze scientifiche sono sempre più esplicite: il fattore più importante per il mantenimento della salute è la corretta alimentazione. Questo dato deve però essere tradotto e applicato concretamente nella quotidianità da ciascuno di noi, costruendo una forte e solida motivazione e determinazione volte a prestare attenzione alla qualità e quantità dei cibi che consumiamo ogni giorno.
Il team scientifico della rivista Elisir di Salute attraver-
so il Circuito Informazione e Prevenzione (CIP) propone per il mese di settembre, a tutte le persone afferenti alle strutture sanitarie aderenti al progetto, alcuni temi chiave di riflessione e alcuni principi base di riferimento utili a costruire un’adeguata consapevolezza su questo tema e ad avviare le opportune correzioni al proprio stile di vita alimentare, con l’aiuto dei Medici, degli Specialisti Dietologi e dei Dietisti.
Per approfondire: www.elisirdisalute.it
Con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sul Tumore al seno e promuovere l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, la campagna “Ottobre rosa” si svolgerà anche quest’anno per tutto il mese di ottobre promuovendo numerose attività e momenti informativi. L’edizione 2025, promossa dalla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), incoraggia le donne a sottoporsi a controlli regolari, come mammografie ed ecografie, per individuare precocemente eventuali anomalie, rivolgendosi a tutte le donne, in particolare a quelle che non hanno mai effettuato visite senologiche o che hanno un rischio elevato; allo stesso tempo esorta anche le donne più giovani a sottoporsi a visite periodiche, poiché la prevenzione non ha
età. LILT organizzerà eventi, conferenze e altre attività per informare le donne sui rischi del Tumore al seno, sull’importanza della prevenzione e sui comportamenti da adottare per uno stile di vita sano. Fornirà inoltre la possibilità di effettuare visite senologiche gratuite presso i suoi ambulatori e le strutture convenzionate, prenotando sia attraverso il numero verde che tramite le sedi locali.
A disposizione anche materiale informativo, come opuscoli e poster, momenti di dibattito ed eventi sul tema e lo spazio LILT mobile che viaggerà in diverse città, offrendo visite senologiche gratuite e informazioni sulla prevenzione.
Per informazioni: https://www.lilt.it/
Sabato 27 settembre si terrà a Reggio Emilia, all’interno del Parco del San Lazzaro, sede dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia e di alcune strutture dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il Festival della Salute per far conoscere alla cittadinanza i tanti progetti a disposizione sui temi della prevenzione e della promozione della salute. Il programma prevede attività e laboratori per tutto il corso della giornata, rivolti ai cittadini ed alle scuole. La mattina sono previste le attività laboratoriali sulla sana alimentazione all’interno della cucina didattica e tanti giochi dedicati alle scuole, passeggiate e incontri con gli animali. Nel pomeriggio si svolgerà la camminata non competitiva per bambini e adulti “la lazzarata” e “Unimore run”, diverse attività sportive e di movimento per tutti. Per tutta la giornata poi, dalle 9 alle 18, saranno
aperti punti informativi sui principali temi della prevenzione e promozione della salute con la presenza di professionisti disponibili a fornire informazioni e indicazioni utili e verranno messi a disposizione materiali informativi. Gli eventi vedranno protagonisti non solo i professionisti della Sanità ma anche le tante associazioni e realtà sociali, educative e sportive del territorio.
L’iniziativa è promossa e coordinata dal Dipartimento di Sanità Pubblica attraverso un gruppo di lavoro interistituzionale e interaziendale insieme ai tanti partner pubblici, privati e dell’associazionismo. Tutti gli eventi sono gratuiti, alcuni richiedono l’iscrizione.
Per il programma completo: https://www.ausl.re.it/festival-salute
Festival della Salute
Ottobre rosa
Nonno Nanni: non solo bontà, ma anche benessere
Lo Squaquerello Nonno Nanni è una fonte naturale di fosforo, un alleato prezioso per la nostra salute
Nonno Nanni, il Nonno più buono che c’è, produce da sempre formaggi genuini pensati per unire gusto, qualità ed attenzione ad un’alimentazione bilanciata, arricchendo così la quotidianità dei suoi consumatori, in modo sano ed autentico.
Prendiamo ad esempio lo Squaquerello Nonno Nanni, con il suo gusto fresco ed avvolgente che conquista fin dal primo assaggio. Ma dietro la sua cremosità irresistibile si nasconde molto di più...
Fonte di fosforo
Lo Squaquerello Nonno Nanni è infatti una fonte naturale di fosforo, un alleato prezioso per la nostra salute. Un minerale fondamentale, coinvolto in diverse funzioni vitali, che aiuta il corpo a produrre energia e che contribuisce alla salute di ossa e denti e al buon funzionamento delle membrane cellulari.
In 100 g di Squaquerello Nonno Nanni troviamo circa il 38% del VNR di fosforo. (VNR: acronimo di Valori Nutrizionali di Riferimento, indica le quantità giornaliere raccomandate di vitamine e minerali per una dieta equilibrata). Un piccolo ma concreto contributo al nostro benessere, all’interno di un’alimentazione sana e bilanciata.
Nuova sezione benessere
Mangiare bene non significa quindi rinunciare al gusto. È da questa convinzione che nasce la nuova sezione “Benessere” del sito Nonno Nanni (https://www. nonnonanni.it/benessere/) : uno spazio pensato per chi vuole prendersi cura di sé partendo proprio da ciò che porta in tavola.
Lo Squaquerello, è solo uno dei contenuti che si può trovare nella Nostra Sezione. Ogni mese, infatti, vengono pubblicati degli articoli redatti e curati da esperti nutrizionisti, degli approfondimenti sui nutrienti e tante ricette facili e gustose che aiutano a
compiere scelte alimentari più consapevoli.
Un progetto che dà continuità ad un impegno che l’azienda porta avanti da tempo: comunicare in modo chiaro e trasparente il valore dei propri prodotti, anche sui pack.
Con questa nuova area online, Nonno Nanni rafforza quindi il proprio ruolo non solo come eccellenza nella produzione dei formaggi freschi, ma anche come promotore di una cultura alimentare attenta e informata. Perché per Nonno Nanni, ogni scelta, anche la più piccola, può fare la differenza per il nostro benessere.
scopri la nostra area dedicata al benessere
Disturbi dello stomaco, quale giusta terapia?
Probabilmente nell’armadietto dei medicinali di tutti noi troviamo qualche prodotto per il “mal di stomaco”. Potrebbero essere veri e propri farmaci come gli “inibitori di pompa protonica” (PPI) oppure antiacidi, gastroprotettori di vario tipo, talvolta acquistabili anche senza prescrizione, spesso pubblicizzati anche in televisione. Ciò accade perché fastidi come nausea, dolore, reflusso, bruciore, senso di peso allo stomaco, difficoltà a digerire sono molto diffusi. A complicare la situazione è il fatto che questi sintomi sono in definitiva gli stessi sia quando provocati da patologie serie e anche gravi (Ulcera peptica, Cancro dello stomaco, dell’esofago, ecc.), ma anche da condizioni meno
Gli “inibitori di pompa protonica”, gli antiacidi e gastroprotettori di vario tipo, talvolta acquistabili anche senza prescrizione, sono spesso pubblicizzati anche in televisione
Per arrivare a una diagnosi
più precisa e ad una terapia adeguata, è sempre utile
parlarne col proprio Medico e non seguire acriticamente i consigli di un amico
Dott. Enrico Delfini
pericolose (Reflusso esofageo, Gastrite superficiale da farmaci, ecc.) o semplicemente da comportamenti alimentari sbagliati. Per arrivare ad una diagnosi più precisa, e quindi ad una terapia adeguata, utilizzando il prodotto giusto nel modo e nelle dosi giuste, è sempre opportuno parlarne con il proprio Medico, e non seguire acriticamente i consigli della pubblicità, di un amico o di qualche improvvisato esperto.
Una
vasta scelta di opzioni terapeutiche
A fare la parte del leone, per la loro indubbia efficacia sui sintomi, sono i già citati PPI, ma in generale i nomi delle molecole sono tanti: omeprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo, ecc. Sono presenti anche in prodotti da banco ma, quando prescritti da un Medico, sono ottenibili a carico del SSN, se il Paziente rientra nelle categorie individuate da specifiche note (numero 1 e 48) cui i Medici devono attenersi. In particolare la nota 1 riguarda Pazienti anziani e fragili che devono assumere terapie croniche con farmaci antinfiammatori non steroidei, o acido acetilsalicilico a basse dosi; la nota 48, invece, riguarda i casi di Ulcera gastrica o
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale
duodenale e la Malattia da Reflusso Gastroesofageo. In queste patologie la durata della terapia varia in genere da 4 a 8 settimane, salvo casi specifici di particolare gravità, come ad esempio la Sindrome di Zollinger Ellison. Questa attenzione da parte del legislatore ha senso perché è giusto evitare trattamenti eccessivamente potenti e prolungati senza una reale necessità; come tutti i farmaci, infatti, queste molecole oltre agli effetti benefici presentano alcuni rischi.
Meccanismi d’azione e acidità
L’efficacia di tali terapie deriva dalla capacità di inibire il meccanismo fisiologico che porta lo stomaco a secernere acido cloridrico, utile a sciogliere i cibi ingeriti. In condizioni normali, la presenza di acido non provoca sintomi, che compaiono solo quando certi equilibri si alterano; di norma l’irritazione e le lesioni che vengono a crearsi rispondono al blocco indotto dagli inibitori di pompa protonica in poche settimane.
Ma mantenere lo stato di “non acidità” per mesi o anni non è assolutamente consigliabile: in fondo, se la selezione naturale ha fatto sì che nello stomaco ci sia un ambiente acido, la ragione c’è. Infatti l’ambiente acido costituisce una barriera ai batteri che potremmo ingerire col cibo e causare infezioni; inoltre solo l’ambiente acido permette un corretto assorbimento di sali minerali (calcio, magnesio, ferro, ecc.) e vitamine.
Effetti collaterali
L’alterazione dell’acidità sopra descritta incide anche sull’assorbimento di altri farmaci che il Paziente assume per altre patologie e questi rischi non sono solo teorici, ma sono stati dimostrati in vari casi. I consumatori cronici di PPI incorrono più frequentemente in Infezioni polmonari e in Enterocoliti da clostridio, una forma rara, ma talvolta mortale (spesso associata a terapie antibiotiche, che possono alterare la flora intestinale e favorire la crescita del batterio).
Ancora, l’assunzione cronica degli inibitori comporta negli anni un aumento dell’Osteoporosi e delle fratture, specialmente nelle donne in menopausa. Inoltre, come tanti farmaci, anche gli inibitori di pompa possono procurare Allergia, danno epatico e più rare reazioni avverse. Il loro uso è sconsigliato durante gravidanza e allattamento.
Alternative efficaci
La buona notizia e che esistono alternative efficaci, molto meno rischiose.
Innanzitutto, un sano regime alimentare un corretto
Tra le sostanze a prevalente azione di protezione o di barriera, ci sono gli alginati, e l’idrossido di alluminio/magnesio
stile di vita: mangiare e bere con moderazione, non indossare abiti stretti in cintura, fare attività fisica postprandiale e non sdraiarsi subito dopo cena. A volte è sufficiente il vecchio rimedio dei nostri nonni: un cucchiaino di bicarbonato... Esistono poi svariate sostanze naturali, note alla Medicina tradizionale in varie parti del mondo, oggi disponibili in forma raffinata e standardizzata, in grado di svolgere un’azione di protezione delle mucose dello stomaco, e di aiuto alla guarigione di lesioni. Tra le sostanze a prevalente azione di protezione o di barriera, ci sono gli alginati, e l’idrossido di alluminio/magnesio.
Un aiuto dalla Fitoterapia
Tra i prodotti naturali che favoriscono la rigenerazione, per citarne solo alcuni, troviamo la liquirizia (con proprietà antinfiammatorie e gastroprottettive), la malva (emolliente e lassativa), l’aloe (antinfiammatoria e cicatrizzante) e un fungo chiamato “Hericium Erinaceus” (efficace per la riparazione della mucosa gastrica e la digestione).
Questi elementi, talvolta presenti nello stesso prodotto, sono una interessante ed efficace alternativa in molti casi di Gastrite o di Reflusso, senza sostanziali rischi di interazioni o di eventi avversi.
Utilizzo razionale del farmaco
A conclusione di questa rapida carrellata, ritengo utile rinforzare il messaggio a non eccedere nell’utilizzo di prodotti troppo potenti (inibitori di pompa protonica) anche in presenza di sintomi non gravi. Sono infatti frequenti situazioni spiacevoli di attrito tra Medico e Paziente per la richiesta di questi farmaci, magari “con nota”, per ottenerli con pochi euro di risparmio. Le motivazioni per un utilizzo razionale e calibrato di tali farmaci non sono di tipo economico. Proprio la loro grande potenza ed efficacia fa sì che il sintomo fastidioso (ad esempio il bruciore) scompaia rapidamente; ma se non è stato prescritto in modo corretto, dopo una corretta diagnosi, potrebbe accadere che il sintomo, magari attribuito superficialmente a Reflusso, fosse in realtà causato da una iniziale forma neoplastica. La scomparsa del dolore, in questo caso, potrebbe ritardare di mesi la diagnosi, con conseguente grave danno. ●
Olivello spinoso, una miniera
Per la sua specifica composizione ricca di vitamina C e non solo, questa pianta svolge un ruolo protettivo per l’organismo, di supporto alla funzione immunitaria
spinoso, miniera di vitamina C
Conosciuto in Cina con il nome di “frutto sacro” o “re della vitamina C”, l’Olivello spinoso è una delle piante più antiche della terra. Il termine botanico è “Hippophae rhamnoides L.”, appartenente alla famiglia delle Eleagnaceae.
Si tratta di un piccolo albero, a volte un arbusto, che può raggiungere i tre metri di altezza; originario della Cina occidentale, si è diffuso in Medio-Oriente e in Europa, compresa l’Italia, dove predilige il clima freddo-temperato di zone montane ma cresce bene
Dott. Danilo Carloni
Farmacista, Erborista Laureato
Consiglio Direttivo Società Italiana di Fitoterapia (SIFit)
I costituenti chimici che caratterizzano il fitocomplesso sono in grado di svolgere azioni di tipo nutrizionale e di sostegno per un Paziente convalescente
anche in zone salmastre. È considerato una pianta pioniera in grado di bonificare e rendere fertile, per le altre vegetazioni, il terreno in cui si sviluppa. Il nome “Hippophae” deriva dal greco “hippo” cioè cavallo e “phaos”, che significa luce, in riferimento al fatto che cavalli nutriti con le bacche di Olivello spinoso mostravano ottima salute e un pelo lucente, grazie ai componenti antiossidanti, la vitamina C e gli acidi grassi PUFA contenuti nelle bacche stesse.
Nelle bacche i principi attivi
Olivello spinoso è una specie dioica, esistono cioè esemplari maschili e femminili; la pianta maschile presenta foglie corte e rotondeggianti, di colore biancastro nella pagina superiore e verde grigio in quella inferiore; i fiori sono di colore giallo-verde pallido, con presenza degli stami e mancanza del pistillo, non produce quindi frutti. La pianta femminile ha foglie allungate e strette, di colore biancastro nella pagina superiore e verde grigio in quella inferiore; i suoi fiori sono di colore giallo-verde pallido, con presenza del pistillo e mancanza degli stami; il frutto è una bacca rotondeggiante piccola, di colore arancione intenso, ospita un solo seme ed è dotato di sapore astringente.
La parte medicinale dell’Olivello spinoso è il frutto secco e maturo ma esistono in Fitoterapia anche preparazioni realizzate con le gemme fresche.
L’azione nutrizionale ed energetica
I costituenti chimici che caratterizzano il fitocomplesso sono in grado di svolgere azioni di tipo nutrizionale e di sostegno per un Paziente convalescente e in difficoltà di recupero anche dopo un’infezione. Olivello spinoso è una pianta in grado di ben adattarsi allo sviluppo in suoli difficili e poveri di nutrienti; è interessante osservare l’analogia che sussiste fra il modo in cui la pianta affronta le difficoltà dell’ambiente che la circonda e ciò che i suoi estratti sono capaci di produrre sull’uomo, sostenendolo nelle difficoltà della sua quotidianità, sia dal punto di vista energetico che immunitario. In effetti i frutti e le gemme di questo arbusto/albero sono caratterizzati da un ricco profilo fitochimico che ne esalta le proprietà nutritive; le caratteristiche salutari di Olivello spinoso sono apprezzate sin dall’antichità: la Medicina Orientale Tibetana lo prescrive come ricostituente mescolato al miele; in Ayurveda i frutti sono utilizzati per gli effetti antinfiammatori, emostatici e coadiuvanti per le affezioni polmonari; in Medicina Tradizionale Cinese la pianta viene indicata per affezioni epatiche, infezioni respiratorie, come antinfluenzale, anti-tosse
e febbrifuga. Alcune fonti riferiscono che i suoi frutti facessero parte del bagaglio di nutrienti di cui i cosmonauti russi erano dotati durante le esplorazioni spaziali.
Ricco di vitamina C
Olivello spinoso è ricco di Vitamina C, ne contiene in media 6 milligrammi ogni grammo di polpa del frutto e 5 milligrammi per grammo di succo fresco. Va ricordato l’importante ruolo che la vitamina C riveste nel nostro organismo, svolge attività di sostegno del sistema immunitario, favorisce l’ingresso degli acidi grassi all’interno dei mitocondri, è cofattore nella sintesi di neurotrasmettitori e favorisce l’assorbimento del ferro nel duodeno; è un antiossidante importante ed è in grado di neutralizzare i pericolosi nitriti, opponendosi alla formazione di nitrosammine; è inoltre coinvolta nel metabolismo del collagene, molecola importante per il tessuto connettivo e per le cartilagini.
Le proprietà antiossidanti
Olivello spinoso fornisce una nutrita serie di composti polifenolici, come le proantocianidine, molto importanti non solo per gli effetti antiossidanti ma anche per il ruolo immunitario, antivirale e antiadesivo batterico; il fitocomplesso contiene varie catechine, quindi anche importanti flavonoidi fra cui isoramnetina, quercetina e kaempferolo. Sono
Le proprietà antiossidanti sono
state valutate da vari ricercatori e misurate secondo il GAE index
inoltre presenti numerosi fitosteroli, fra cui lo stigmasterolo
È evidente che uno degli effetti principali di questa pianta sia il controllo del fenomeno ossidativo conseguenza di uno stress cronico o causato da un’infezione; questa proprietà viene supportata anche dal significativo contenuto in carotenoidi pari in media a 1,5 milligrammi ogni grammo di polpa e rappresentati principalmente da beta-carotene e licopene; questi carotenoidi sono rilevanti per l’azione contro i radicali liberi, attività che si apprezza anche per le proprietà retino-protettive, infatti il Beta-carotene è ritenuto un precursore della vitamina A, sia per l’azione protettiva vascolare, specie in prossimità delle placche aterosclerotiche, azione attribuita al Licopene.
Le proprietà antiossidanti sono state valutate da vari ricercatori e misurate secondo il GAE index che ha mostrato una capacità di controllo dello stress ossidativo superiore a quella del melograno e dei frutti rossi in genere.
Fonte di vitamina E...
Va menzionato l’apporto in Vitamina E presente in 4 forme stereoisomere: alfa, beta, gamma e delta tocoferolo; anche la vitamina E ha un ruolo importante come antiossidante specie nei confronti della perossidazione dei lipidi circolanti i cosiddetti LPO (lipoperossidi).
...e di acidi grassi
Fra i componenti di natura lipidica, Olivello spinoso fornisce acidi grassi polinsaturi , i noti PUFA, della serie omega 6 (acido linoleico) e omega 3 (acido linolenico) e omega 9 (acido oleico); questi lipidi sono importanti per il ruolo strutturale cellulare, per essere i precursori degli eicosanoidi, per la modulazione della risposta infiammatoria e, in particolare per gli omega 3, per i benefici a carico dell’apparato cardiovascolare . Una revisione del 2019 ha valutato ben 3.145 risultati estrapolati da sei database, tra cui PubMed, Scopus, Web of Science, di questi 101 erano studi sulle Malattie cardiovascolari e ha dimostrato che il frutto di Olivello spinoso ha abbassato i livelli di colesterolo nel sangue e ridotto l’infiammazione e i parametri di stress ossidativo.
La presenza dei polisaccaridi
I restanti componenti del corredo fitochimico sono rappresentati da vari polisaccaridi, acidi organici fra cui acido malico, tartarico, citrico e clorogenico; fra le proprietà di questi acidi organici rientrano gli effetti antiossidanti, di mantenimento dell’equilibrio acido-basico ed epatoprotettore
Effetti energetici
Nell’Olivello spinoso sono stati isolati importanti minerali come ferro, magnesio, rame, calcio e vitamine del gruppo B. È presente anche una significativa componente nutrizionale costituita da ben 17 aminoacidi tra cui sette aminoacidi essenziali (treonina, valina, metionina, isoleucina, leucina, fenilalanina e lisina); gli aminoacidi sono le unità di base che compongono le proteine e sono strettamente correlati alle attività vitali.
Grazie a questo pool di elementi rilevanti sia dal punto di vista dell’apporto nutrizionale ma anche del sostegno immunitario, Olivello spinoso mostra effetti energetici e protettivi le funzioni dell’organismo; rappresenta un ottimo sostegno nutrizionale ideale per affrontare periodi di difficoltà come ad esempio la tristemente nota “fatigue” evidenziata durante il periodo del Long Covid o di quelle convalescenze che non sembrano concludersi mai; in effetti vari studi hanno dimostrato che questo fitocomplesso può essere in grado di favorire il coping, cioè di migliorare la capacità di adattamento dell’organismo alle varie difficoltà, e ottimizzare i parametri biochimici coinvolti dallo stress ossidativo.
Gli estratti a base di Olivello spinoso rappresentano un sostegno sicuro per il soggetto che deve affrontare le
difficoltà di adattamento ai cambi di stagione e ai grandi cambiamenti; hanno un ruolo protettivo dell’organismo e di supporto alla funzione immunitaria; per questo motivo va ricordato che i virus influenzali si avvalgono di una condizione di stress ossidativo per promuovere il processo infettivo e indebolire la risposta del sistema immunitario; per questa ragione i preparati a base di Olivello spinoso vengono frequentemente utilizzati durante il periodo autunnale e invernale per rendere l’organismo di adulti e bambini più resistente alle difficoltà della stagione e alle infezioni.
Come si assume
Le preparazioni farmaceutiche più diffuse sono gli estratti secchi titolati in vitamina C al 10% incapsulati alla dose di 500 mg per capsula, da assumere due volte al giorno; sono anche disponibili formulazioni in sciroppo contenenti succo e polpa al 40-50% e adatte alla popolazione pediatrica dopo il terzo anno di età.
Gli estratti ottenuti dalla macerazione delle gemme offrono la possibilità di utilizzo di Olivello spinoso sia da parte degli adulti che dei bambini sempre dopo il terzo anno di età; si consiglia l’assunzione al mattino con la colazione per poter svolgere correttamente il peculiare ruolo di sostegno.
Applicazione
nell’industria
alimentare
Il sapore aspro e dolce, la ricchezza di nutrienti e l’attività antiossidante sono le ragioni principali dell’ampio sviluppo dell’Olivello spinoso nell’industria alimentare. Attualmente l’Olivello spinoso viene utilizzato principalmente come materia prima per la produzione di yogurt, formaggi, cioccolato, prodotti da forno, frutta conservata e marmellate; l’aggiunta di una quantità adeguata di polpa al pane può modificarne la consistenza e il colore. Inoltre, le foglie di Olivello spinoso vengono trasformate in tisane e i frutti in succhi
Sicurezza
Olivello spinoso offre un ampio margine di sicurezza di impiego: un recente lavoro del 2022, ne ha valutato gli effetti nei ratti ai quali è stato somministrato uno sciroppo per 2 e 12 settimane; i risultati che sono emersi non hanno evidenziato anomalie riferite a variazioni del peso corporeo, dell’Ematologia, della Biochimica del sangue, dell’esame istologico e di altri esami, dimostrando che non vi è alcuna evidente tossicità acuta e a lungo termine dell’Olivello spinoso.
Autostima e percezione al tempo dei social
Nonostante i progressi della scienza e della tecnica, sembra che attualmente le persone vivano paradossalmente un maggior senso di insicurezza che nel passato. Anche se si è tutti un po’ sotto controllo, sempre localizzati tramite i cellulari, che si possono usare per chiedere aiuto o per avvertire in caso di pericolo. Questa insicurezza rimane come percezione individuale; è un disorientamento che può essere collegabile ai propri vissuti familiari, educativi e caratteriali, ma deriva anche dal cambiamento di valori di una società sempre più competitiva e veloce, che ha comportato, in certi casi, una identità immatura e condizionata dal giudizio degli altri, spesso assaliti dalla paura di non essere accettati, di non
L’uso smodato
Un’alterata percezione di sé può discendere da fattori sociali e dalla promozione continua, anche attraverso i mass media, di una immagine corporea bella e attraente
Prof. Antonio Lo Iacono Presidente Società Italiana di Psicologia e dell’Istituto di Psicoterapia Psicoumanitas
piacere, con una bassa autostima e un profondo senso di inadeguatezza.
Immagine di sé e social network
L’uso smodato dei social, in particolare, ha creato una forte attenzione sulla propria immagine e nel contempo ha incentivato il bisogno di abbellirla, cercando di seguire i modelli portati dai personaggi di successo. Il bisogno di piacere e di essere ammirati attiva quindi un processo trasformativo dell’immagine che anche le persone meno “narcise” stanno adottando per sentirsi più in linea con il contesto sociale, forse anche per potersi “vendere” meglio anche professionalmente. Ci vuole coraggio per sopportare di non piacere alla gente, come affermano i due scrittori giapponesi Ichiro Kishimi e Fumitake Koga, poiché non è facile avere un pensiero autonomo, non seguire le aspettative altrui e i loro eventuali giudizi, ma è la scelta giusta per potersi liberare dai condizionamenti familiari e sociali che circondano la persona fin dalla più tenera età. Questa consapevolezza non è una conquista facile quindi, per banale narcisismo o per naturale amor
percezione del corpo
proprio, ognuno tende a migliorare il proprio aspetto, ma alcuni lo fanno in modo ossessivo e per una forma di perfezionismo patologico, poiché non sono mai veramente soddisfatti di sé.
Percezione alterata del proprio aspetto
In particolare ci sono persone che, pur essendo di bell’aspetto, o comunque accettabile e nella norma, si vedono orribili e deformi e non c’è nessuno che riesca a convincerli del contrario. Questo sentimento del tutto soggettivo di bruttezza o difetto fisico che l’individuo pensa sia evidente agli altri, è chiamato Disturbo da dismorfismo corporeo e ne sono affette molte persone, soprattutto adolescenti più sensibili alla loro apparenza che segue dei mutamenti legati allo sviluppo, dando un senso di instabilità identitaria.
L’insorgenza del Disturbo di disformismo corporeo può essere condizionato da fattori sociali, cioè dalla promozione continua, anche attraverso i mass media, dell’immagine corporea bella e attraente, o da fattori legati al perfezionismo personale e soprattutto da movimenti emozionali spesso per un senso di inadeguatezza. Forse perciò il mercato della bellezza mondiale, che propone interventi di Medicina estetica, Chirurgia plastica, Cosmetica e cura generica di sé, si sta avvicinando sempre più ai mille miliardi di dolla-
ri, fenomeno dovuto a una società liquida e instabile, in cui si è più concentrati sulla rappresentazione che sul sentimento autentico nelle relazioni. Molti infatti sentono quasi l’obbligo di mostrarsi in un certo modo sui social, magari esagerando o distorcendo la realtà per sembrare più felici, di successo o quasi perfetti. Si distaccano così dalla propria situazione reale attraverso incontri virtuali tramite lo schermo del computer o del telefonino di cui è in aumento la dipendenza compulsiva, al punto che, in caso di perdita dell’oggetto o di sequestro da parte dei genitori, i giovani entrano in crisi con pensieri distruttivi e autodistruttivi, talvolta minacciando il suicidio. Talvolta, a causa della fragilità dell’io, alcune persone che non si sentono adeguate, soprattutto nel confronto reale con gli altri, che non stanno bene nel proprio corpo, evitano un incontro reale interpersonale, rappresentandosi come vorrebbero essere e costruendosi un falso sé. La relazione tra Psicologia, corpo, identità ed estetica è un processo complesso, poiché la corporeità coinvolge vari aspetti dell’esistenza. Ma è proprio la percezione del corpo che aiuta a costruire la propria identità, influenzando continuamente la mente, la quale reciprocamente influenza il corpo nella postura, nello sguardo, nell’andatura, nei gesti, nell’atteggiamento generale, nell’espressione emozionale e sentimentale, anche attraverso le istanze create dai propri bisogni reali, dai desideri e dai possibili conflitti interni e interpersonali.
Il corpo difficilmente mente poiché è l’espressione più autentica di sé, racconta indirettamente la storia della persona
Autostima e immagine di sé
Il corpo è un importante veicolo nella formazione dell’identità, poiché nella nostra evoluzione iniziamo a costruire una percezione di noi stessi attraverso il modo in cui ci vediamo e come crediamo di essere visti dagli altri, tutto ciò influenza fortemente l’autostima e l’immagine di sé. Il corpo difficilmente mente poiché è l’espressione più autentica di sé, racconta indirettamente la storia della persona, quindi gli Psicologi, addestrati a leggere la comunicazione non verbale, riescono facilmente a decodificare i blocchi emozionali, i conflitti interiori e le resistenze delle persone arroccate per paura di vivere, temendo di lasciarsi andare nel flusso naturale del cambiamento
esistenziale. L’intrinseco legame che si è costruito nell’attuale società dell’apparenza, influenza la Psicologia estetica, cioè le influenze culturali e sociali che plasmano l’idea dell’estetica e i canoni di bellezza del nostro tempo. Infatti, se qualcuno non si sente conforme a tali standard, si mette in discussione e rischia di sentirsi frustrato, irrequieto e ansioso, talvolta depresso e in certi casi reagire con disturbi dell’alimentazione come la Bulimia e l’Anoressia nervosa, oppure con la Vigoressia, cioè allenamenti eccessivi per avere un corpo scolpito e perfetto, o nella sempre più diffusa disforia di genere, dove l’auto-percezione del corpo è profondamente dissonante rispetto alla realtà. Ma il cambiamento è il motore dell’esistenza, possiamo dire che è ineludibile per tutte le cose, per tutte le piante, per tutti gli animali e le persone.
Cambiamento, trasformazione e metamorfosi
Come ho scritto nel mio volume “Metamorfosi allo specchio. Psicologia della visione estetica: tra identità, corpo e trasformazioni” (Edizioni Alpes, Roma 2025), il cambiamento è la cosa più comune e più naturale al mondo, anche se dagli umani è vissuto ambiguamente, cioè tra paura e desiderio, poiché spesso si è portati ad adagiarsi sulle abitudini, forse per un senso di pessimismo o per una forma di pigra deresponsabilizzazione nel doversi adeguare ai mutamenti o attivarsi per farli procedere. La trasformazione è un mutamento ancora più rivoluzionario, una vera e propria metamorfosi psico-fisica, potremmo dire tra anima e corpo. Le metamorfosi, ci sono sempre state nei miti dell’antichità, nelle religioni e nelle varie culture del mondo. Metamorfosi in greco vuol dire “passaggio di forma di un soggetto vivo”, una trasformazione esteriore in altro da sé, una mutazione che mantiene inalterata l’identità. Tra i vari miti trasformativi riportato nelle Metamorfosi di Ovidio, che ne elenca circa 250, è bene ricordare quella di Dafne, una ninfa, la prima eroina metamorfica, che per sottrarsi al desiderio di Apollo ed evitare una violenza, preferisce trasformarsi in alloro e salvarsi. Chissà quante violenze e femminicidi si potrebbero evitare ancora oggi, se fosse possibile questo meccanismo metamorfico, magari reversibile, una volta scampato il pericolo...
Guardarsi allo specchio, tra disagio e introspezione
Forse tutto parte da un’immagine che ci colpisce, che ci attrae, che ci fa paura, che vogliamo vedere o cerchiamo di evitare? Guardarsi allo specchio, talvolta,
può creare disagio perché ci fa vedere come siamo visti dagli altri e, in certi casi, può mettere in crisi una nostra visione, smitizzando un pregiudizio, una illusione, o arricchendoci di una positiva sorpresa. Inoltre la parola specchio, per lo più usata correntemente come metafora, ha la possibilità di collegare il tangibile con l’intangibile, come riflesso e proiezione della realtà, ma anche di pensieri, sentimenti ed emozioni, un raffinato strumento di meditazione, comprensione, introspezione, uno stimolo di suggestione che riguarda sia l’aspetto fisico che la consapevolezza e il rapporto con le parte più inconscia e onirica di ciascuno. Un riflesso di bisogni e desideri che nell’atto di guardarsi, di osservarsi nei dettagli, può far emergere conflitti interiori, scelte, momenti di crisi e di sgomento, illusioni, ma anche intuizioni, progetti, conoscenza di sé e introspezione. Il rispecchiamento mediato dalla soggettività delle nostre percezioni del momento, oltre che una verifica di come il passaggio del tempo influenza il cambiamento del nostro aspetto, si correla con credenze, pregiudizi ed esperienze passate, diventando uno stimolo a scavare su altre verità del nostro mondo interno e quello che costruiamo attraverso gli incontri e le relazioni interpersonali.
Guardarsi allo specchio, talvolta, può creare disagio perché ci fa vedere come siamo visti dagli altri
È proprio nell’incontro con gli altri e con lo specchio che si può costruire il disturbo dell’immagine corporea e la strutturazione dell’autostima, attraverso una visione errata del proprio aspetto reale e un disconoscimento continuo del proprio valore, confrontandosi con gli altri. Ma lo specchio può essere un raffinato strumento di meditazione, talvolta lo uso in terapia, soprattutto con persone che tendono ad essere molto verbose, che preferiscono inondare di parole per non sentire e percepire profondamente se stessi. Può funzionare specchiarsi, guardandosi con attenzione, in silenzio; qualcuno incontrando lo specchio è riuscito a superare una situazione prolungata di stallo.
In conclusione, corpo, Psicologia, identità ed estetica sono strettamente intrecciati. La comprensione e l’integrazione di questi aspetti può aiutare a raggiungere un equilibrio tra il nostro modo di vivere il corpo e le esigenze psichiche del sé in cui ci riconosciamo individuandoci come persone uniche e connesse con il mondo interno e quello relazionale.
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Il percorso di Riabilitazione del ginocchio
La Riabilitazione post-operatoria del ginocchio risulta fondamentale per il recupero della sua piena funzionalità e per il ritorno a una vita normale
Dott. Patricio Spallarossa Fisioterapista
Il ginocchio è una delle articolazioni più complesse e cruciali del corpo umano, coinvolto in quasi tutte le attività quotidiane. Quando questa articolazione subisce un intervento chirurgico, che sia per la ricostruzione del legamento crociato anteriore o per l’impianto di una protesi, la Riabilitazione diventa il passo fondamentale per il recupero completo.
Ginocchio, anatomia e funzione
Il ginocchio è una articolazione complessa formata da tre ossa principali: femore, tibia e rotula. È stabilizzato da diversi legamenti, tra cui i legamenti crociati, che sono essenziali per la stabilità e la funzionalità dell’articolazione. Il legamento crociato anteriore è uno dei principali legamenti del ginocchio, fondamentale per la stabilità durante i movimenti che coinvolgono cambi di direzione rapidi, salti o decelerazioni, come quelli che si verificano negli sport. La cartilagine articolare e i muscoli che agiscono sui movimenti del ginocchio, in particolare il quadricipite e i muscoli posteriori della
Il legamento crociato anteriore è uno dei principali legamenti del ginocchio, fondamentale per la stabilità
coscia, sono altre componenti fondamentali per il buon funzionamento dell’articolazione stessa. Quando una di queste strutture viene danneggiata, come nel caso di una lesione del legamento crociato anteriore o di un’Artrosi di ginocchio avanzata, un intervento chirurgico può essere necessario per ripristinare la funzionalità del ginocchio e restituire piena autonomia alla persona.
La Riabilitazione post-intervento del crociato Il legamento crociato anteriore, se danneggiato, può compromettere gravemente la stabilità del ginocchio. La Chirurgia per la sua ricostruzione è un intervento
settembre/ottobre 2025 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori
Humanitas Mater Domini
ormai molto comune, soprattutto tra gli sportivi. La Riabilitazione post-operatoria è fondamentale per il recupero e il ritorno a una vita normale. Vediamo attraverso quali fasi.
Fase 1: i primi giorni post-operatori
Nei primi giorni dopo l’intervento, la priorità assoluta è il controllo del dolore e del gonfiore. Il Paziente è solitamente tenuto a riposare con il ginocchio sollevato, applicando ghiaccio per ridurre l’infiammazione. Durante questo periodo, il Paziente utilizza delle stampelle per evitare di caricare il ginocchio e per ridurre il rischio di complicazioni. Gli esercizi di mobilizzazione iniziano già nei primi giorni post-operatori, anche se sono estremamente delicati. L’obiettivo primario in questa fase è mantenere una buona estensione del ginocchio, evitando che l’articolazione diventi rigida.
Gli esercizi di mobilizzazione passiva, eseguiti sotto la supervisione di un Fisioterapista, sono mirati a migliorare l’ampiezza di movimento del ginocchio, senza causare traumi all’innesto.
Fase 2: recupero del movimento e della forza Nel corso delle settimane successive all’intervento, l’intensità degli esercizi aumenta gradualmente. Il Fisioterapista introduce esercizi che mirano a migliorare la flessione del ginocchio e a rinforzare i muscoli circostanti, come il quadricipite. La Riabilitazione si concentra anche sulla propriocezione, ovvero la capacità di percepire la posizione del ginocchio nello spazio, fondamentale per prevenire infortuni futuri.
L’esercizio più comune in questa fase è la pedalata sulla cyclette, che permette di migliorare la mobilità senza impattare troppo sull’articolazione. Si possono poi aggiungere esercizi in stazione eretta che stimolano l’attivazione dei muscoli delle gambe e della coscia, senza però forzare troppo il ginocchio.
Fase 3: ritorno progressivo alla funzionalità Dopo circa 3-4 mesi, molti Pazienti sono in grado di camminare senza l’ausilio di stampelle. La Fisioterapia diventa ancora più intensiva, con esercizi che includono l’uso di attrezzi da palestra, per stimolare ulteriormente il rafforzamento muscolare. In questa fase, il Paziente inizia a eseguire esercizi che simulano i movimenti sportivi, come salti, scatti e cambi di direzione. Il ritorno allo sport può essere progressivo, con una ripresa delle attività più leggere, come nuoto o jogging, già a partire dal quarto mese. Tuttavia, il ritorno completo agli sport di contatto o che richiedono movimenti rapidi e improvvisi potrebbe richiedere fino a 6-12 mesi, a seconda delle risposte individuali al programma di Riabilitazione.
La Riabilitazione post-intervento di protesi di ginocchio
Quando l’articolazione del ginocchio è gravemente compromessa da Osteoartrosi o altre malattie degenerative, l’impianto di una protesi può essere la soluzione migliore.
L’intervento di sostituzione del ginocchio (artroplastica) prevede la sostituzione della parte danneggiata dell’articolazione con una protesi artificiale che può essere totale o monocompartimentale (ovvero che va a sostituire solo parte delle superfici articolari di femore e tibia).
Fase 1: primi giorni dopo l’intervento
Nel periodo immediatamente successivo all’intervento il Paziente sarà tenuto sotto osservazione in ospedale per monitorare le sue condizioni generali. L’obiettivo principale della Riabilitazione nelle prime 48 ore è la gestione del dolore e l’inizio della mobilizzazione precoce. Anche in questo caso, il Paziente dovrà utilizzare stampelle o deambulatore per evitare di sovraccaricare l’articolazione. I Fisioterapisti iniziano a lavorare sul recupero della flessibilità e dell’estensione del ginocchio, con esercizi passivi che vanno a stimolare la mobilità senza forzare la nuova protesi.
Fase 2: rinforzare i muscoli e recuperare la mobilità
Nel corso del primo mese, il programma riabilitativo si intensifica. L’obiettivo principale di questa fase è il rafforzamento muscolare, in particolare del quadricipite e dei muscoli posteriori della coscia, che giocano un ruolo fondamentale nel sostenere la protesi. Fase 3: ripresa delle attività quotidiane
La Riabilitazione post-protesi ha lo scopo di far tornare il Paziente alle attività quotidiane. Entro due o tre mesi, molti Pazienti sono in grado di camminare senza stampelle o deambulatore e possono riprendere attività leggere come salire le scale, fare passeggiate lunghe e fare ginnastica dolce. Tuttavia è importante che la protesi venga sottoposta a un carico progressivo.
Il supporto psicologico
La Riabilitazione non riguarda solo la parte fisica, ma anche quella psicologica. Dopo un intervento al ginocchio, molti Pazienti sperimentano frustrazione, ansia e paura di non tornare mai al livello di funzionalità precedente. Questi sentimenti sono del tutto naturali, ma è importante affrontarli in modo costruttivo. L’integrazione di un percorso motivazionale durante la Riabilitazione può fare una grande differenza nel superamento degli ostacoli psicologici che i Pazienti incontrano lungo il cammino.
Shiatsu, strumento
I benefici derivanti dalla pratica dello
Shiatsu permettono di ristabilire l’armonia tra corpo e mente, guidandoci verso un riequilibrio interiore e una maggiore serenità psico-fisica
di benessere
Dott. Renato Zaffina
Operatore e Insegnante Shiatsu
Membro Consiglio Direttivo
Federazione
Insegnanti e Operatori
La vita moderna, con i suoi ritmi incalzanti e le continue pressioni, ci espone a un carico emotivo significativo e, in questo contesto, lo Shiatsu emerge come pratica sempre più apprezzata per la sua capacità di ristabilire l’armonia tra corpo e mente. Nella giungla urbana, dove ansia e stress si insinuano come compagni indesiderati, è possibile volgere lo sguardo a un’antica arte giapponese, lo Shiatsu, terapia manuale che promette di guidarci verso un ritrovato equilibrio interiore e una maggiore serenità. Tale disciplina in Italia è sostenuta e promossa dalla Federazione Italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori (FISieo) che riconosce pienamente il valore dello Shiatsu come strumento per promuovere il benessere e offrire un valido aiuto nella gestione dello stress e dell’ansia. Tuttavia, ribadisce con chiarezza l’impor-
Italiana Shiatsu
(FISieo)
tanza di un approccio responsabile e consapevole, che non escluda, anzi incoraggi, il ricorso a figure mediche specializzate qualora si manifestino forme gravi di ansia e stress, garantendo così un percorso di cura completo e appropriato per ogni specifica situazione.
Le antiche origini
Le radici dello Shiatsu, che tradotto letteralmente significa “pressione delle dita”, affondano profondamente nella Medicina Tradizionale Cinese, evolvendosi poi in Giappone in una forma di terapia manuale, sofisticata e olistica. Nel suo cuore pulsa il concetto di “meridiani energetici”, una rete intricata di canali invisibili che si snodano attraverso il nostro corpo, all’interno dei quali fluisce il “Ki”, la nostra energia vitale. Secondo la filosofia millenaria che anima lo Shiatsu, un flusso armonioso di questa energia è fondamentale per la nostra salute e il nostro benessere complessivo. Se questo flusso incontra ostacoli, si blocca o si sbilancia, si possono manifestare una serie di disturbi, sia fisici che emotivi. Lo Shiatsu si basa su una profonda conoscenza di questi meridiani e dei punti di pressione specifici che li costellano, una conoscenza che gli operatori acquisiscono attraverso una formazione rigorosa e affinando una sensibilità tattile che permette loro di percepire le disarmonie energetiche del corpo.
Scioglie le tensioni
Grazie al tocco esperto e pienamente consapevole, l’Operatore Shiatsu applica pressioni modulate con dita, pollici, palmi delle mani e, in alcune situazioni, anche con gomiti e ginocchia, seguendo il percorso dei meridiani energetici con l’intento primario di sciogliere le tensioni, liberare i blocchi energetici e, di conseguenza, facilitare una circolazione più fluida e armonica del
“Ki”, ripristinando l’equilibrio intrinseco del corpo. Questo processo delicato ma efficace innesca una risposta profonda a livello del nostro sistema nervoso, promuovendo un rilassamento che si manifesta sia sul piano fisico, con una distensione muscolare, sia su quello mentale, con una ritrovata sensazione di calma e tranquillità. La ricchezza delle tecniche di pressione utilizzate nello Shiatsu unite alla loro applicazione mirata e personalizzata, fanno di questa disciplina un approccio terapeutico versatile, capace di adattarsi alle specifiche esigenze di ogni individuo.
Efficace per gli stati ansiosi
Quando osserviamo l’impatto dello Shiatsu sull’ansia da una prospettiva neurofisiologica, possiamo notare come questa pratica agisca sul Sistema Nervoso Autonomo (SNA), spesso iperattivo nei casi di stati d’ansia. L’ansia, nelle sue diverse forme, è frequentemente accompagnata da una prevalenza dell’attività del sistema simpatico, quella branca del SNA responsabile della risposta “combatti o fuggi”, che si traduce in sin-
Grazie al tocco esperto e consapevole, l’Operatore Shiatsu
applica pressioni modulate con dita, pollici, palmi delle mani seguendo il percorso dei meridiani energetici
tomi fisici tangibili: aumento della frequenza cardiaca, innalzamento della pressione sanguigna e aumento della tensione muscolare. Lo Shiatsu, attraverso la sua interazione con i meridiani energetici e specifici punti di Agopuntura, si propone di modulare questa attività, ristabilendo un dialogo più equilibrato con il sistema parasimpatico, associato al rilassamento e al recupero. Questa modulazione avviene attraverso la stimolazione di recettori sensoriali presenti nella pelle, che inviano segnali al cervello, influenzando così la nostra risposta fisiologica allo stress e all’ansia.
Favorisce benessere e tranquillità
I meccanismi attraverso i quali lo Shiatsu esercita i suoi effetti benefici sull’ansia sono molteplici e interconnessi. La digitopressione, ad esempio, stimola i recettori cutanei, inviando segnali al sistema nervoso centrale, che inibiscono la risposta “combatti o fuggi” e promuovono l’attivazione del sistema parasimpatico, con una conseguente riduzione dei sintomi fisici legati agli stati ansiosi. Inoltre, la stimolazione di punti specifici può influenzare la liberazione di neurotrasmettitori cruciali per la regolazione dell’umore e dell’an-
La manipolazione dei tessuti e la pressione esercitata favoriscono il rilascio della tensione muscolare
cronica tipica degli stati d’ansia
sia, come la serotonina, il GABA (Acido GammaAmminoButirrico) e le endorfine, contribuendo a una sensazione di maggiore calma e benessere. A livello cerebrale, lo Shiatsu può modulare l’attività del sistema limbico, l’area coinvolta nella regolazione delle emozioni, riducendo l’iperattività dell’amigdala, la centralina della risposta alla paura, diminuendo i pensieri ansiosi e le preoccupazioni. Non da ultimo, la manipolazione dei tessuti e la pressione esercitata favoriscono il rilascio della tensione muscolare cronica, una manifestazione fisica ricorrente in caso di ansia, contribuendo a un generale senso di leggerezza e tranquillità. Infine, l’invito alla consapevolezza corporea durante la seduta, simile alla pratica della Mindfulness, aiuta a sviluppare una maggiore familiarità con le proprie sensazioni fisiche ed emotive, permettendo di riconoscere e gestire precocemente i segnali dell’ansia.
Una pratica, molti benefici
Lo Shiatsu si rivela inoltre un prezioso alleato per il benessere generale, offrendo una vasta gamma di benefici per la salute fisica e mentale. Come sottolinea FISieo, questa disciplina è sempre più apprezzata in Italia, con un numero significativo di persone che ne sperimentano regolarmente i vantaggi. Tra questi benefici spiccano un rilassamento profondo che coinvolge corpo e mente, un miglioramento della respirazione che si fa più profonda e consapevole, un riequilibrio emotivo che scioglie i blocchi e promuove l’armonia interiore, la riduzione dei livelli dell’ormone dello stress, il cortisolo, un miglioramento della qualità del sonno, un aumento dell’energia vitale, un rinforzo del sistema immunitario e un miglioramento generale dell’umore, grazie alla stimolazione della produzione di endorfine. È tuttavia di fondamentale importanza sottolineare che, sebbene lo Shiatsu possa rappresentare un valido supporto per la gestione dell’ansia e dello stress, soprattutto nelle forme più lievi o moderate, non deve essere inteso come una soluzione definitiva o esclusiva per disturbi più gravi. In caso di ansia e stress severi o persistenti, gli Specialisti FISieo raccomandano con forza di rivolgersi a Medici specialisti, Psicologi o Psicoterapeuti per una diagnosi accurata e l’elaborazione di un piano di trattamento completo e personalizzato. Lo Shiatsu può agire come complemento efficace agli approcci terapeutici convenzionali, contribuendo significativamente al benessere generale e inducendo un profondo rilassamento, ma non può e non deve sostituire l’intervento di Professionisti sanitari qualificati quando si affrontano problematiche di salute mentale più complesse.
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Iperidrosi, i possibili trattamenti
Quando la sudorazione diventa eccessiva e incontrollabile, può creare disagio e imbarazzo, soprattutto in contesti sociali e lavorativi, con un impatto significativo sulla qualità della vita
L’Iperidrosi è una condizione che ha un notevole impatto sulla qualità della vita, sia a livello fisico che psicologico. Le opzioni di trattamento disponibili permettono di ridurre significativamente i sintomi, sebbene nessuna sia priva di limiti. La ricerca continua a esplorare nuove soluzioni per offrire trattamenti più efficaci e meno invasivi, con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone affette da questa condizione.
Come si manifesta
Con il termine Iperidrosi si indica una condizione caratterizzata da una sudorazione eccessiva, che può manifestarsi in modo generalizzato o circoscritto, interessando ascelle, mani, piedi e altre parti del corpo, non connessa al calore dell’ambiente esterno o all’esercizio fisico.
La sudorazione è un fenomeno fisiologico, soprattutto
Dott.ssa Carla Cingolani
Medico Chirurgo Estetico
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Recanati - Civitanova Marche - Osimo
FIME (Federazione Italiana Medici Estetici)
nei mesi estivi, che aiuta il corpo a regolare la temperatura corporea. In condizioni normali il nostro corpo produce circa mezzo litro di sudore al giorno, ma in situazioni di caldo intenso o sforzo fisico questa quantità può aumentare notevolmente. Tuttavia, quando la sudorazione diventa eccessiva e incontrollabile, può creare disagio e imbarazzo, soprattutto in contesti sociali e lavorativi, con un impatto significativo sulla qualità della vita, influenzando le relazioni sociali, l’autostima e il benessere psicologico.
Le opzioni di trattamento disponibili permettono di ridurre significativamente i sintomi, sebbene nessuna sia priva di limiti
Le possibili cause
L’Iperidrosi può essere primaria, quando non ha una causa evidente, o secondaria, quando è legata a una condizione medica sottostante come disturbi ormonali, obesità o menopausa.
L’Iperidrosi primaria è causata da un’alterazione nei segnali nervosi che fa sì che le ghiandole sudoripare diventino iperattive. Questo tipo di sudorazione eccessiva può essere localizzata in specifiche aree del corpo, come palmi delle mani, piante dei piedi, ascelle e a volte anche viso.
L’Iperidrosi secondaria è invece manifestazione di un processo patologico, che deve essere quindi identificato e trattato adeguatamente, o causato dall’assunzione di alcuni farmaci antidolorifici, antidepressivi, ormonali e per la cura del Diabete.
Nei casi in cui l’Iperidrosi sia legata a fattori emotivi, possono essere prescritti farmaci ansiolitici o sedativi, che riducono la reattività del sistema nervoso
Fra le condizioni patologiche che provocano sudorazione eccessiva generalizzata riconosciamo il Diabete, patologie della tiroide come Ipertiroidismo, Disturbi del sistema nervoso, alcuni tipi di Tumore come Leucemie e Linfomi.
Altre alterazioni patologiche della sudorazione sono la Cromoidrosi, sudorazione colorata che tinge di giallo i tessuti con cui viene a contatto, e la Bromidrosi, sudorazione maleodorante provocata dalla degradazione del sudore da parte della flora batterica cutanea.
Impatto psicologico e stato emotivo
Quali sono i trattamenti?
Esistono diverse opzioni per il trattamento dell’Iperidrosi, dalle terapie conservative a interventi più invasivi. É consigliabile evitare indumenti sintetici e troppi aderenti, che possono impedire la traspirazione. In farmacia possiamo trovare deodoranti a lunga durata a base di cloruro di alluminio, che a volte però può essere troppo aggressivo per la cute provocando rossori e prurito.
Nei casi in cui l’Iperidrosi sia legata a fattori emotivi, possono essere prescritti farmaci ansiolitici o sedativi, che riducono la reattività del sistema nervoso. Tuttavia questi farmaci possono avere effetti collaterali come sonnolenza e riduzione della soglia di attenzione.
Gli anticolinergici (come l’oxybutinina) sono un’altra opzione, ma il loro utilizzo è limitato a causa della variabilità dei risultati e degli effetti indesiderati, come secchezza delle fauci, visione offuscata e disturbi gastrointestinali, limitandone l’uso a lungo termine. La tossina botulinica di tipo A è uno dei trattamenti più efficaci per l’Iperidrosi localizzata. Il botulino, impiegato in concentrazioni infinitesimamente piccole, blocca temporaneamente i segnali nervosi che stimolano le ghiandole sudoripare, riducendo la produzione di sudore per diversi mesi (in genere 4-6 mesi). La procedura è minimamente invasiva con molteplici iniezioni locali, ma richiede sedute ripetute per mantenere l’effetto.
Simpatectomia toracica
Nei casi più gravi e resistenti ai trattamenti, si può ricorrere alla resezione del ganglio nervoso responsabile della sudorazione eccessiva (simpatectomia toracica endoscopica). Questo intervento, eseguito in anestesia locale, comporta il taglio o la cauterizzazione di specifici nervi diretti alle ghiandole sudoripare. Sebbene possa offrire un miglioramento permanente, presenta rischi come la sudorazione compensatoria, in cui altre parti del corpo iniziano a sudare in modo eccessivo.
Aspettative future
Il futuro del trattamento dell’Iperidrosi punta su soluzioni meno invasive ed effetti più duraturi. Nuovi farmaci topici e orali sono in fase di sviluppo, così come tecnologie innovative per modulare l’attività nervosa senza interventi chirurgici. Inoltre, l’integrazione tra Dermatologia e Psicologia potrebbe offrire un approccio multidisciplinare per migliorare il benessere complessivo dei Pazienti.
L’Iperidrosi non è solo un problema fisico, ma anche psicologico. Le persone affette possono sviluppare ansia sociale, imbarazzo e insicurezza, arrivando in alcuni casi ad evitare situazioni sociali o lavorative. Lo stress e l’ansia possono a loro volta peggiorare la sudorazione, creando un circolo vizioso difficile da interrompere. Inoltre, la condizione può influenzare la salute mentale, aumentando il rischio di depressione e isolamento sociale. Dal momento che l’Iperidrosi causa molti disagi in ambito sociale e lavorativo, è fondamentale stabilire un percorso terapeutico, escludendo in primis tutte le forme secondarie attraverso anamnesi, indagini diagnostiche e test specifici, come il Test di Minor, che utilizza iodio e amido per evidenziare le aree di sudorazione eccessiva. ●
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LE FRATTURE ALL’ANCA
TRA GLI ANZIANI
Ogni anno, secondo il Programma Nazionale Esiti, oltre
100 000 persone in Italia subiscono una frattura dell’anca
Nel 95% dei casi la causa è una caduta: un dato allarmante che grava su una popolazione anziana in costante crescita, tra le più vulnerabili e a rischio
LE CONSEGUENZE
Fratture di questo tipo non solo comportano lunghi e complessi percorsi di riabilitazione, ma possono portare a conseguenze come la perdita progressiva dell’autonomia, un aumento del rischio di nuove cadute e, nei casi più gravi, la mortalità entro un anno dall’infortunio
I dati parlano chiaro e sottolineano l’urgenza di offrire strumenti di prevenzione efficaci, semplici e accessibili
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Ecoterapia, la natura che guarisce
In un’epoca in cui la vita si “consuma” in ambienti artificiali, sotto luci a led, tra notifiche e riunioni digitali, stiamo progressivamente perdendo la connessione arcaica e profonda con la natura. Sempre più persone sentono il bisogno di “staccare”, camminare nel verde, respirare profondamente in un bosco e ascoltare il vento tra le foglie. Questo desiderio, talvolta percepito come una semplice fuga dalla frenesia, è in realtà una necessità biologica e psicologica: una memoria del corpo e dell’anima che ci ricorda da dove veniamo. L’Ecoterapia nasce proprio da questa intuizione antica e oggi scientificamente validata: la natura cura. Non si tratta solo di estetica o di relax, il contatto diretto con l’ambiente naturale ha effetti documentati sulla salute mentale, emotiva e fisica. Non occorre trasferirsi in una baita di montagna, bastano brevi esperienze quotidiane, vissute con consapevolezza, per trasformare il nostro benessere.
Le città hanno sostituito le foreste, il cemento ha coperto la terra, i rumori meccanici hanno occupato il posto del silenzio
Il
contatto diretto con l’ambiente naturale ha effetti documentati sulla salute mentale, emotiva e fisica, non è una moda ma un vero e proprio atto terapeutico
Dott.ssa Stefania Cicchiello
Psicologa- Psicoterapeuta
Cognitivo-Comportamentale
Terapeuta EMDR Istruttrice di Interventi basati sulla Mindfulness
Un legame antico e imprescindibile
Per millenni, l’uomo ha vissuto immerso nella natura. I nostri avi erano profondamente connessi al mondo naturale: si orientavano con le stelle, seguivano i ritmi delle stagioni, ascoltavano il canto degli uccelli per capire il tempo, conoscevano ogni erba, albero e sorgente. La natura non era uno sfondo ma una presenza viva, una madre e un’alleata.
L’industrializzazione ha indebolito questo legame. Le città hanno sostituito le foreste, il cemento ha coperto la terra, i rumori meccanici hanno occupato il posto del silenzio. Oggi trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi e questo cambiamento ha un impatto diretto sulla nostra psiche.
Secondo numerosi studi, la crescente disconnessione dalla natura è collegata a un aumento di disturbi da stress cronico, ansia e depressione, insonnia e stanchezza persistente oltre a senso di solitudine e perdita di significato.
Ritrovare il contatto con il mondo naturale non è, dunque, una moda ma un vero e proprio atto terapeutico.
Ecopsicologia ed Ecoterapia
Negli anni ’90, lo Psicologo americano Theodore Roszak coniò il termine “Ecopsicologia” nel libro “The
Voice of the Earth”, sostenendo che la crisi ecologica e quella psicologica sono profondamente collegate. Secondo Roszak, la sofferenza individuale è il riflesso di una sofferenza più ampia: quella del pianeta. Se la Terra si ammala, anche noi ci ammaliamo. L’Ecoterapia è la risposta pratica a questa visione teorica. È una forma di terapia psicologica che si svolge in natura o che integra la relazione con l’ambiente naturale nel percorso di cura. Lo Psicologo non si limita a portare all’aperto ma trasforma il paesaggio in co-terapeuta.
Nelle sessioni, il terapeuta guida la persona a sviluppare un ascolto profondo del corpo, delle emozioni e degli stimoli ambientali. La natura è osservata, toccata, attraversata e ascoltata come se fosse un interlocutore vivo. Questo dialogo attiva parti profonde della psiche, spesso sopite nella vita quotidiana.
Perché l’Ecoterapia funziona?
La natura agisce su mente e corpo in modi sottili ma misurabili. Gli studi più recenti confermano ciò che l’intuizione ha sempre suggerito: stare nella natura fa bene, profondamente. Ecco quali sono gli effetti psicologici principali:
• riduzione dell’ansia e della depressione,
• maggiore regolazione emotiva;
• miglioramento dell’umore e dell’autostima;
• ritorno a uno stato di calma e centratura.
Un’importante ricerca condotta da Marc Berman dell’Università del Michigan (2012), pubblicata sul “Journal of Environmental Psychology”, ha dimostrato che una camminata nella natura migliora l’umore e le funzioni cognitive, riducendo la ruminazione mentale, una delle cause principali dei disturbi depressivi.
Effetti fisiologici
L’Ecoterapia determina anche diversi mutamenti positivi nell’organismo:
• abbassamento dei livelli di cortisolo (ormone dello stress);
• miglioramento della pressione sanguigna e del battito cardiaco;
• attivazione del sistema parasimpatico (rilassamento);
I Ricercatori giapponesi, in particolare Yoshifumi Miyazaki e Qing Li, hanno condotto numerosi studi sulla pratica del Shinrin-yoku (letteralmente “bagno di foresta”).
Un’importante ricerca, condotta da Marc Berman, ha dimostrato che una camminata nella natura migliora l’umore e le funzioni cognitive
I risultati sono stati sorprendenti. Sono stati sufficienti trenta minuti in un ambiente forestale per migliorare i parametri vitali e aumentare la risposta immunitaria. Secondo uno studio pubblicato su “Nature Scientific Reports” (White et al., 2019), bastano 120 minuti alla settimana di esposizione alla natura (anche non consecutivi) per produrre benefici significativi sulla salute.
Non occorrono escursioni estreme. Una passeggiata consapevole in un parco cittadino, sedersi sotto un albero con il telefono spento, osservare il cielo per qualche minuto ogni giorno possono contribuire al benessere, se vissuti con intenzionalità e presenza.
La frequenza ideale dipende dalla persona, ma anche una o due sessioni a settimana possono essere trasformative. Alcune ricerche sostengono che i benefici iniziano già dopo la prima settimana e diventano più duraturi se mantenuti nel tempo.
Da soli o in gruppo
Sono validi entrambi i modi ma hanno effetti leggermente diversi. In gruppo si sviluppa un senso di connessione sociale e di condivisione dell’esperienza. È utile per chi si sente isolato o ha bisogno di sostegno collettivo.
In forma individuale, l’esperienza diventa più intima, profonda e meditativa. È consigliata a chi ha bisogno di ascoltare sé stesso senza interferenze.
Il Terapeuta può aiutare a scegliere la modalità più adat-
ta in base alla fase di vita, agli obiettivi e alla personalità del Paziente.
Ascoltare i simboli del paesaggio
Uno degli aspetti più potenti dell’Ecoterapia è la dimensione simbolica. Nella natura, nulla è casuale: tutto può diventare metafora del nostro vissuto. Per esempio:
• un albero che resiste al vento può rappresentare la resilienza;
• un sentiero che si perde nel bosco può evocare lo smarrimento davanti a una scelta difficile;
• un ruscello che scorre ricorda il fluire della vita;
• una foglia che cade insegna il valore del lasciar andare;
• una pietra pesante può incarnare un dolore, un peso non ancora elaborato;
• la neve che copre tutto diventa l’immagine del silenzio necessario per rigenerarsi.
In Ecoterapia, il paesaggio non è mai neutro, è un alleato simbolico, un contenitore di proiezioni e intuizioni, un libro da leggere con corpo e anima.
Pratiche per ritrovare connessione
Non è necessario essere esperti per cominciare. Un passo lento, uno sguardo attento, un momento di silenzio possono aprire spazi interiori dimenticati.
Ecco alcune proposte per portare la natura nella tua quotidianità e ritrovare te stesso, un passo alla volta. Sono dei semplici esercizi che possono aiutarti a entrare in contatto con la natura in modo terapeutico.
Camminata consapevole nel verde
Trova un percorso in natura, anche breve. Cammina lentamente, senza meta. Presta attenzione al contatto dei piedi con la terra, al suono del vento, al profumo delle piante. Lascia che i pensieri scorrano senza trattenerli.
Ascolto sotto un albero
Siediti ai piedi di un albero. Appoggia lentamente la schiena al tronco, sentendo il contatto con la corteccia. Sistema le gambe in una posizione comoda, chiudi gli occhi. Inizia a respirare con calma, senza forzare. Ascolta l’aria che entra e che esce. Lascia che il ritmo del respiro si sincronizzi, piano piano, con quello della natura intorno a te.
Porta l’attenzione al corpo per qualche istante, poi allarga l’ascolto all’ambiente. Resta lì almeno dieci minuti o più, se ti fa stare bene. Quando senti che è il momento di finire, ringrazia interiormente l’albero per aver condiviso con te quel tempo. Alzati lenta-
In Ecoterapia, il paesaggio non è mai neutro, è un alleato simbolico, un contenitore di proiezioni e intuizioni, un libro da leggere con corpo e anima
mente, portando con te una sensazione, una parola o un’immagine da custodire.
Diario verde
Porta con te un taccuino. Dopo ogni esperienza in natura, scrivi tre parole che esprimano quanto hai vissuto o disegna un dettaglio che ti ha colpito per fissare l’esperienza nella memoria profonda.
Il simbolo che ti sceglie
Durante una passeggiata, lascia che un elemento della natura “ti scelga”: un sasso, una foglia, un ramo. Osservalo. Non sceglierlo con la mente: lascia che qualcosa attiri il tuo sguardo o il tuo corpo senza sapere il perché. E poi chiediti: “Che cosa rappresenta per me quell’elemento in questo periodo della mia vita?” “Che cosa sta raccontando quest’oggetto di me, proprio ora?” “Quale parte di me rispecchia o rappresenta?” “Se potesse parlarmi, cosa mi direbbe?” Il significato a volte emerge subito, altre volte affiora più tardi, come un messaggio che si rivela solo dopo un po’ di tempo.
L’Ecoterapia non è solo una via per stare meglio. È anche un atto politico e spirituale. Ci ricorda che non siamo al centro del mondo ma parte di un sistema vivente complesso, di cui dobbiamo prenderci cura. Prendersi cura di sé nella natura significa anche imparare a rispettarla, ascoltarla e proteggerla.
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L’autismo e i suoi enigmi
Con il libro “L’autismo e i suoi enigmi” lo Psichiatra e Psicoterapeuta Tonino Cantelmi e il Pedagogista Angelo Trecca desiderano aiutare e supportare famiglie e insegnanti che si confrontano con persone affette da Autismo presentando loro modelli pratici e programmi specifici e descrivendo le possibili modalità di intervento precoce, nonché fornendo consigli su come gestire i comportamenti; saranno approfonditi anche i diversi programmi utili per sviluppare linguaggio, comunicazione, autonomie, competenze sociali e comportamento alimentare. Grazie ad un taglio molto concreto e aderente
Fitness Anti-Aging
Il Fitness può essere considerato anti-aging?
La risposta è sì e da questa affermazione nasce “Fitness Anti-Aging”, un libro che spiega come introdurre la pratica costante del Fitness nella vita quotidiana e come trarne beneficio, in un intreccio tra Medicina, benessere psicologico, trattamenti innovativi ed esercizio fisico mirato. L’autore, Alfredo Petrosino, laureato in Scienze Motorie e Fisioterapia, attraverso la sua esperienza e il contributo di esperti e Specialisti del settore, illustra il metodo da lui proposto e offre strategie semplici, sicure ed efficaci da utilizzare nella vita quotidiana. Tra gli esercizi proposti troviamo
Cambia pelle
alla realtà, gli autori tentano di sfatare miti e pregiudizi su questa condizione e indicare modalità di adattamento dei contesti alle persone e delle persone ai contesti perché tutti insieme possiamo costruire itinerari di felicità. Oggi la scienza ci mette a disposizione diversi tipi di schemi per aiutare le persone con Autismo e insegnare loro abilità fondamentali. La base da cui partono tali considerazioni è il concetto che “non ci si salva da soli”, la comprensione e il sostegno sono fondamentali per garantire che ogni individuo abbia l’opportunità di fiorire e di contribuire al mondo che ci circonda.
Autore: Tonino Cantelmi, Angelo Trecca
Editore: Gruppo editoriale San Paolo
quelli per l’equilibrio, che sollecitano sia la mente sia il corpo contribuendo a mantenere una postura corretta, l’Acquafitness che, grazie all’esercizio in acqua, aumenta la resistenza e l’uso della palla ginnica che migliora forza funzionale, flessibilità ed equilibrio. I benefici dell’attività fisica sono davvero innumerevoli: impatto sull’immunosenescenza, rallentando il declino funzionale delle risposte immunitarie, sulla gestione delle infezioni virali latenti e la mobilizzazione delle cellule staminali.
Autore: Alfredo Petrosino
Editore: Edizioni Lswr
La pelle è lo specchio della nostra salute e della nostra età ma rivela anche stress, stanchezza, emozioni, notti in bianco, abitudini sbagliate. Il Prof. Antonino Di Pietro, punto di riferimento in Italia per la Medicina dermatologica e antiaging, nel suo libro “Cambia pelle”, approfondisce i problemi più comuni legati all’invecchiamento cutaneo e al benessere estetico, offrendo risposte concrete, comprensibili e, soprattutto, scientificamente fondate. Si tratta di una vera e propria guida pratica, attenta, aggiornata e personalizzabile in base all’età per capire cosa fare, ogni giorno, per far stare meglio la pelle. Non esistono miracoli o scorciatoie: per mantenere la pelle sana e in salute è necessario affidarsi solo a ciò che davvero funziona, come i nuovi Laser rigeneranti, il “Picotage” o il “Rimage”, che non defor-
mano i lineamenti ma rigenerano bellezza e giovinezza in modo naturale, seguire strategie anti-invecchiamento, cominciando dall’importanza di una corretta protezione solare e della routine skincare, e utilizzare ingredienti attivi quali l’acido ialuronico o la fospidina, che stimolano la rigenerazione cutanea e mantengono la pelle elastica e luminosa. Inoltre l’autore spiega come, attraverso un’alimentazione sana e alcuni trattamenti mirati sia possibile drenare i liquidi in eccesso e contrastare l’effetto buccia d’arancia.
Autore: Antonino Di Pietro Editore: Sperling & Kupfer
Infiammazione di origine metabolica: le ricadute “silenziose” sul sistema nervoso
in particolar modo nei Paesi sviluppati: si stima che in Italia interessino più del 20% della popolazione. Un campanello d’allarme rilevante, se si considera che esse rappresentano un fattore di rischio per numerose condizioni associate, tra cui disturbi del metabolismo glucidico, patologie cardiovascolari e alterazioni del sistema nervoso.
La meta-infiammazione: avanzamenti nella ricerca
Le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono che la sindrome metabolica e l'obesità sono sostenute da un'infiammazione di basso grado di origine metabolica, nota come “meta-infiammazione”. A differenza dell’infiammazione acuta o cronica tradizionale, la meta-infiammazione tende a non manifestarsi con segni clinici evidenti, ma agisce in modo subdolo e progressivo, predisponendo l’organismo a un elevato rischio di malattie. Tuttavia, può essere individuata attraverso misurazioni di semplici parametri ematici, comunemente utilizzati nella pratica clinica, come la VES (velocità di eritrosedimentazione) e la PCR (proteina C reattiva).
La meta-infiammazione è in grado di danneggiare gradualmente numerosi tessuti e organi; in particolare, il sistema nervoso risulta tra i bersagli più vulnerabili. L’infiammazione delle fibre nervose periferiche, indotta dalla meta-infiammazione, rappresenta un meccanismo chiave nella genesi di disturbi come le neuropatie periferiche, che si manifestano non solo con sensazioni dolorose, ma anche con sintomi sensitivi come le parestesie (formicolii, bruciori, intorpidimento).
Comprendere e agire precocemente su questi meccanismi, attraverso stili di vita salutari e il supporto di sostanze utili al normale funzionamento del sistema nervoso, può rappresentare una strategia favorevole per il benessere a lungo termine.
Un approccio naturale per il benessere neuro-metabolico
Nel contesto di uno stile di vita sano e di una dieta equilibrata, è possibile ricorrere a strategie complementari per sostenere il benessere del sistema nervoso e contribuire all’equilibrio metabolico.
Tra le molecole più promettenti in questo ambito, la forma micronizzata della Palmitoiletanolamide -forma assimilabile dall’organismo- è una molecola naturalmente presente nell’organismo, oggetto di numerosi studi preclinici. In associazione con Rutina, un flavonoide ad attività antiossidante, e Idrossitirosolo, polifenolo presente nell’olio di oliva noto per le sue proprietà antiossidanti, essa può contribuire alla normale funzione del sistema nervoso e al fisiologico equilibrio del metabolismo lipidico.
Questa combinazione sinergica rappresenta un approccio innovativo e naturale per supportare il benessere generale, in particolare nei soggetti con uno stile di vita sedentario o con aumentato fabbisogno nutrizionale.
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Allarme microplastiche
Destano notevole preoccupazione le numerose evidenze della presenza di nano e microplastiche rilevate nell’ambiente e nel corpo umano con conseguenti effetti negativi per la salute delle persone
microplastiche
Dott.ssa Maria Grazia Petronio
(e tutto il gruppo di lavoro)
Coordinatore “Campagna nazionale di prevenzione dei danni alla salute da esposizione alla plastica” Medico specialista in Igiene e Medicina preventiva e Nefrologia
Vice-Presidente “International Society the Doctors for Environment” ISDE (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente)
La plastica è responsabile di danni significativi alla salute umana, all’economia e all’ambiente. Questi danni si verificano in ogni fase del suo ciclo di vita, dall’estrazione di carbone, petrolio e gas (che sono le principali materie prime nel 98% dei materiali plastici), al processo di riciclaggio fino allo smaltimento finale. È ampiamente dimostrata la diffusione della plastica in tutti gli ambienti. Nell’ambiente acquatico rappresenta la frazione più grande, dannosa e persistente (85%) di tutti i rifiuti; causa danni agli ecosistemi marini ed ha effetti letali e sub-letali su tutti gli organismi acquatici, dai grandi mammiferi al plancton, mediante intrappolamento, fame, annegamento, lacerazione dei tessuti interni, soffocamento e ipossia, stress fisiologico ed esiti tossicologici.
Nei suoli può alterare la struttura, l’idrologia, la stabilità e i cicli biogeochimici, compresa la produzione agroalimentare e il ciclo dei nutrienti.
Nell’atmosfera si possono trovare micro e nano plastiche (MNP) (in particolare quelle da 50 μm); la deposizione è elevata vicino a fonti urbane e industriali, ma la bassa densità rispetto alla polvere naturale ne facilita il trasporto a lungo raggio.
Una volta immessa nell’ambiente, la plastica può degradarsi e frammentarsi in piccolissime particelle definite micro- (inferiori a 5 mm) e nano- (inferiori a 0,1 μm) plastiche secondarie.
Nanoplastiche aggiunte ai prodotti
Oltre che dalla degradazione degli oggetti e dei frammenti di plastica più grandi, le micro e nano plastiche possono essere appositamente fabbricate per essere aggiunte in alcuni prodotti di consumo, come ad es. cosmetici (dentifrici, scrub, ecc.), paste abrasive, carta e derivati, packaging, fertilizzanti ecc. In questo caso sono definite come microplastiche primarie.
La plastica è composta da singole unità chiamate monomeri (ad es. il cloruro di vinile e l’1,3 butadiene, classificati come cancerogeni certi, o lo stirene, classificato come cancerogeno possibile). L’unione dei monomeri forma i polimeri cui vengono incorporate migliaia di sostanze chimiche, gli additivi , per conferire loro proprietà specifiche come
La plastica nell’ambiente acquatico rappresenta la frazione più grande, dannosa e persistente (85%) di tutti i rifiuti
colore, stabilità, flessibilità, idrorepellenza, ritardo di fiamma, resistenza ai raggi ultravioletti. Molte di queste sostanze sono cancerogene, neurotossiche e interferenti endocrine come ftalati, bisfenoli, sostanze per- e poli-fluoroalchiliche (PFAS), ritardanti di fiamma bromurati e ritardanti di fiamma organofosfati.
Microplastiche come vettori di altri contaminanti
Le microplastiche possono agire come vettori (effetto “cavallo di Troia”) di altri contaminanti, come PCB (policlorobifenili), PBDE (polibromodifelineteri), IPA (idrocarburi policiclici aromatici), DDT, diossine, sostanze note per essere tossiche per la riproduzione, interferenti endocrine, cancerogene; ma anche metalli pesanti (piombo, cadmio e mercurio), antibiotici e batteri.
Quale esposizione per l’uomo?
Le vie di esposizione per l’uomo sono l’ingestione, l’inalazione e il contatto con la cute.
Ingestione: le microplastiche sono state rilevate in moltissimi tipi di alimenti; nei vegetali vengono assorbite dalle radici, che le selezionano in base
Le microplastiche possono favorire l’insorgenza di un’ulteriore resistenza agli antibiotici nei batteri
alle dimensioni: le più piccole sono state ritrovate nelle carote e le più grandi nella lattuga. Tuttavia la maggior quantità di particelle viene ingerita tramite l’acqua in bottiglie di plastica, che ne contiene una quantità stimata in alcuni studi in oltre tre milioni di particelle per litro (Zuccarello et al., 2019).
Secondo Schiano et al. (2024), le microplastiche contaminano anche il miele e le api, ipotizzando che le api possano catturare le MP rilasciate nell’aria dai tessuti sintetici.
Canga et al. (2024) hanno riportato alti conteggi di microplasriche rilasciate dalle bustine di tè. Un’altra fonte possibile per i bambini molto piccoli è rappresentata dai giocattoli di plastica, che possono essere portati in bocca.
Inalazione : una recente revisione sistematica mostra che le microplastiche hanno in media concentrazioni più elevate nell’aria interna rispetto a quella esterna, con i neonati che hanno i valori di dose calcolati più alti, seguiti da bambini in età prescolare e scolare.
Oltre che dalle attività produttive e dalla degradazione degli oggetti di plastica nell’ambiente, le microplastiche possono essere generate in ambiente indoor da semplici attività della vita quotidiana
come sforbiciare, strappare con le mani, tagliare con coltelli, torcere manualmente, semplicemente aprire imballaggi di plastica. Un’altra fonte rilevante sono gli abiti e i tessuti di arredamento come le moquettes e i tappeti. In ambiente outdoor fonti rilevanti sono rappresentate dagli pneumatici delle macchine più grandi e più pesanti come i SUV (TWP) ma anche da tessuti sintetici, vernici, compost e fanghi sparsi in agricoltura.
Contatto dermico: è rilevante nel caso di utilizzo di cosmetici. Possono passare attraverso la pelle sia i monomeri sia gli additivi della plastica, come il bisfenolo A, gli ftalati e i composti perfluoroalchilici.
Rilevate nel corpo umano
Microplastiche e nano plastiche sono state ritrovate nelle urine, nello sperma, nelle feci, nel sangue; dal sangue possono essere trasportate in tutti gli organi. Sono nel tessuto cardiaco, nel fegato, nel rene, nell’intestino, nei testicoli, nell’ovaio, nel cervello in maggiore concentrazione rispetto ad altri organi; Jenner LC et al. (2022) le hanno individuate in ogni regione del polmone (soprattutto polipropilene e polietilene tereftalato). Preoccupa la presenza nella placenta e nel latte umano e quindi l’esposizione fetale e dei bambini.
La plastica, infatti, può contenere uno o più interferenti endocrini, ovvero sostanze che vanno a disturbare l’attività dei nostri ormoni, come ad esempio i polibromurati difenileteri, gli ftalati, i bisfenoli e i PFAS. L’attività estrogenica dell’acqua minerale in bottiglie di PET era stata dimostrata da Pinto e Reali già nel 2009 e da Wagner e Oehlmann nel 2011.
L’esposizione nei bambini
Desta non poche preoccupazioni la presenza di PFAS nei prodotti per l’infanzia. Uno studio (Aurisano N et al., 2020) ha identificato 126 sostanze chimiche di interesse nei giocattoli in plastica, molte delle quali presentano rischi sanitari per i bambini. Lo studio PERSUADED (2021) ha dimostrato in un campione di bambini italiani tra 4-11 anni un’eliminazione urinaria di ftalati nel 100% del campione e di bisfenolo A nel 76% del campione. Principali fattori associati a livelli maggiori di BPA e ftalati nei bambini dai 4 ai 6 sono l’uso frequente di plastica monouso, l’uso prolungato e quotidiano di giochi in plastica e l’uso di contenitori in plastica da scaldare al microonde.
È documentata una maggiore escrezione urinaria
di ftalati e bisfenolo A dopo una dieta con cibi in scatola o confezionati in plastica, una maggiore presenza di bisfenolo A nel latte materno di donne che consumavano bevande calde in bicchieri di plastica e maggiore escrezione urinaria di bisfenolo A in lattanti allattati al seno da donne che assumevano yogurt in contenitori di plastica (Pironti et al., 2023).
Effetti sulla salute
Recentemente elementi nanometrici sono stati collegati a cambiamenti nelle proteine cerebrali associate a certi tipi di Demenza, inclusa la Malattia di Parkinson e altri studi hanno osservato che gli effetti infiammatori sulla microflora intestinale possono alterare l’assorbimento di nutrienti e avere ricadute su tutti gli apparati.
In uno studio condotto da Marfella et al. (2024)
Pazienti con MNP nella placca carotidea avevano un rischio più elevato di Infarto miocardico, Ictus o morte per qualsiasi causa a 34 mesi di follow-up rispetto a quelli in cui non sono state rilevate MNP. E uno studio presentato nel corso dell’ “American College of Cardiology Annual Scientific Session” del 2025 ha confermato la forte correlazione tra la presenza di microplastiche nelle placche delle arterie cardiache e un aumento del rischio cardiovascolare (Ponnana et al. 2025). Un altro studio presentato nella stessa sessione ha riportato che l’esposizione a microplastiche può essere associata ad un aumento della prevalenza di Malattie croniche non trasmissibili, in particolare Ipertensione, Diabete e Ictus Nachnani E et al. 2025).
Le microplastiche possono inoltre favorire l’insorgenza di un’ulteriore resistenza agli antibiotici nei batteri. I ceppi di Escherichia coli esposti alle microplastiche sviluppano resistenza a più antibiotici con una rapidità allarmante. Le microplastiche rendono i biofilm molto più spessi e resistenti, rendendo gli antibiotici meno efficaci (Gross et al. 2025).
Tra i possibili meccanismi di danno delle nano e microplastiche sono stati annoverati la presenza fisica (possibili abrasioni, blocchi o danno cellulare) e meccanismi molecolari (stress ossidativo, reazioni infiammatorie e disordini metabolici). La frazione assorbita può accumularsi lentamente negli organi e indurre fenomeni infiammatori cronici.
Le recenti conoscenze indicano una notevole capacità delle nanoplastiche di entrare nella cellula e di concentrarsi a livello intracellulare, con effetti diretti di interferenza metabolica.
Le microplastiche sono state rilevate in moltissimi tipi di alimenti, nei vegetali vengono assorbite dalle radici, che le selezionano in base alle dimensioni
La Campagna per la prevenzione
Le evidenze sopra riportate hanno costituito il punto di partenza per la “Campagna nazionale per la prevenzione dei rischi per la salute da esposizione alla plastica” che ha ricevuto il patrocinio da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), della Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane (FISM) e della Società Italiana Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP). Obiettivo prioritario della campagna è la formazione dei Medici, i quali possono agire tramite prescrizioni e consigli e informando i Pazienti sulle vie di esposizione e i rischi che possono derivare da un uso continuativo di prodotti in plastica o contenenti microplastiche. La Campagna si articola anche in una serie di progetti complementari che possono essere approfonditi nella pagina web sotto riportata. Sono, inoltre disponibili manifesti, schede di approfondimento e molti altri documenti scaricabili liberamente e gratuitamente dai Medici e da tutti i cittadini. Siamo certi che Medici e cittadini più consapevoli potranno contribuire a ridurre l’esposizione individuale e l’inquinamento ambientale da plastica.