Elisir di Salute - 5/2024 - settembre/ottobre

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L’importanza

INFARTO

Quale

cibo & salute

Celiachia, sfatiamo i falsi miti

Dalla diagnosi al trattamento piante medicinali Elicriso, toccasana per la pelle

DIFETTI VISIVI

Nuove prospettive di cura DISTURBI DELLA COLONNA

mente & corpo

Quando il cibo diventa ossessione sport & salute

Attività fisica alleata del buon sonno

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Dott. Enrico Montanari - direzione.rivista@elisirdisalute.it

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Pubblicazione a stampa: ISSN 2465-3039

Pubblicazione on-line: ISSN 2498-9401

Direttore Scientifico:

Dott. Enrico Montanari

Comitato scientifico:

Prof. Francesco Addarii, Medicina Interna e Cardiologia

Dott. Alberto Benati, Urologia

Prof. Guido Biasco, Gastroenterologia

Prof. Roberto Boccalon, Psichiatra, Direttore Istituto Psicoterapia Espressiva, Bologna

Prof. Pierfrancesco Buli, Urologia

Dott. Leonardo Calza, Ricercatore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna

Dott. Franco Cantagalli, Presidente Ordine Farmacisti di Bologna

Dott. Claudio Caprara, Medicina Interna

Dott. Mauro Caputo, Radiodiagnostica

Prof.ssa Renata Caudarella, Responsabile U.S. Metabolismo Minerale Università di Bologna

Prof. Francesco Chiodo, Direttore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna

Dott. Riccardo Cipriani, Chirurgia Plastica

Dott. Paolo Collini, Igiene e Tossicologia

Cari Lettori,

sono trascorsi ormai quasi vent’anni dall’uscita del nostro primo numero e la nostra motivazione e impegno a portare avanti un obiettivo di informazione corretta, su prevenzione e salute, sono più che mai validi e semmai accresciuti dal gradimento sempre crescente del pubblico.

Prof. Roberto Corinaldesi, Dir. Dip. Medicina Interna e Gastroenterologia Università di Bologna

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Prof.ssa Raffaella Garofalo, Chirurgia Plastica Ricostruttiva

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Prof. Alberto Grassigli, Chirurgia Generale-Senologia

Prof. Antonino Grasso, Medicina Interna e Cardiologia

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Dott.ssa Annalisa Maghetti, Dietologia e Nutrizione Clinica

Dott. Umberto Mazzanti, Fisiatria, Agopuntura, Osteopatia

Dott. Bruno Moretti, Ginecologia e Ostetricia

Dott. Roberto Negrini, Medicina del Lavoro, Igiene e Medicina Preventiva

Dott. Aldo Nobili, Odontoiatria

Prof.Gioacchino Pagliaro, Direttore U.O. Psicologia Clinica Ospedaliera

A.S.L. Bologna

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Dott. Danilo Pasotti, Psicologia Medica

Dott. Fernando Perrone, Medico di Medicina Generale

Dott. Stefano Reggiani, Igiene e Medicina Preventiva

Prof. Francesco Rivasi, Anatomia Patologica, Università di Modena e Reggio Emilia

Dott.ssa Licia Rivoltini, Unità di Immunoterapia dei Tumori Umani

Istituto Nazionale Tumori - Milano

Dott. Paolo Roberti di Sarsina, Omeopatia, Omotossicologia, Psichiatria

Dott.ssa Carla Serra, Medicina Interna, Ricerca in Ultrasonologia

Dott. Giovanni Sorrenti, Otorinolaringoiatria

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Prof. Umberto Tirelli, Oncologia - Istituto Nazionale Tumori di Aviano

Prof. Vincenzo Romano Spica, Ordinario di Igiene - Università di Roma “Foro Italico”

Dott. Marzio Vanzini, Oculistica

Dott. Paolo Vergnani, Psicologia del Lavoro - Università di Ferrara

Progetto grafico: Cristiano Capelli · grafica&comunicazione · Bologna

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Stampa: Conigraf - Viserba (RI)

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Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 6966 del 24/11/1999

Iscrizione R.O.C. n. 20066

La salute e il benessere sono temi di fondamentale importanza che rivestono un ruolo differente ma ugualmente importante nelle varie fasi della vita. Ho sempre pensato che l’attività di un medico non finisca una volta realizzata l’attività clinica e di aggiornamento ma che sia una nostra precisa responsabilità, anche e soprattutto, quella di rendere note le indicazioni e informazioni per evitare, quanto più possibile, il disequilibrio e la malattia, mantenendo invece uno stato di benessere sia fisico che mentale. Questo è ciò che abbiamo cercato e continuiamo a fare in questi anni, con l’aiuto prezioso di centinaia di Medici, Ricercatori ed esperti dei vari ambiti di cui ci occupiamo. A loro va un sentito ringraziamento perché senza la loro disponibilità e volontà di dialogo con il pubblico la nostra rivista non potrebbe esistere.

Il nostro concetto di salute è andato definendosi in modo sempre più ampio e completo nell’ottica di una visione olistica del benessere e della salute della persona. La prevenzione attraverso opportuni e periodici controlli, un’alimentazione corretta ed equilibrata, come quella mediterranea, a cui destiniamo sempre maggiore spazio, la pratica costante di un’adeguata attività fisica, ormai da ritenere vero e proprio “farmaco naturale” da “assumere” quotidianamente, l’equilibrio mentale ottenuto attraverso opportune scelte di vita e nuove discipline a cui attingere, l’attenzione all’ambiente e la limitazione dei fattori inquinanti, sono tutti aspetti ugualmente importanti.

È solo attraverso l’attenzione verso ognuno di questi elementi e comportamenti, in una parola lo “stile di vita”, che può nascere il nostro “stare bene”.

Buona lettura!

È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza il consenso dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelli delle organizzazioni, delle istituzioni, delle imprese a cui essi appartengono e neppure riflettono necessariamente i punti di vista dei membri degli organi di direzione ed editoriali di questa pubblicazione. Nulla di quanto contenuto in Elisir di Salute intende rappresentare un consiglio, ovvero una raccomandazione, concernente una qualsiasi delle cure, dei metodi e dei rimedi descritti. Gli editori non danno, né espressamente né implicitamente, garanzie sul piano terapeutico o su quello della convenienza rispetto a pratiche o utilizzi specifici, né riconosceranno alcuna responsabilità, verso chi sosterrà di essere stato danneggiato in conseguenza della pubblicazione di Elisir di Salute o dell’utilizzo delle informazioni pubblicate.

n. 5 2024

settembre/ottobre

cibo & salute

10 Mela Renetta, antiossidante naturale

Considerata un vero e proprio farmaco e rimedio per molti problemi di salute, questo frutto si caratterizza...

Dott.ssa Sara Simonetti

16 Celiachia, sfatiamo i falsi miti

L’assenza di sintomi o segni evidenti di Celiachia non rende un Paziente “meno” celiaco, è quindi essenziale...

Prof.ssa Fabiana Zingone

attualità & salute

22 Ottobre rosa, il Tumore al seno si può prevenire

La prevenzione attuata e i progressi scientifici hanno fatto si che i valori di incidenza e mortalità...

Dott.ssa Francesca Cavaliere per il Tuo cuore

28 Infarto, attenzione ai fattori di rischio

È possibile prevenire questo grave evento adottando uno stile di vita sano ed eliminando i fattori di rischio...

Prof. Michele M. Gulizia, Dott.ssa Giovanna Geraci, Dott. Fortunato Scotto di Uccio, Prof. Domenico Gabrielli

medicina

33 Idratazione e salute dei reni

Una corretta idratazione non solo aiuta a mantenere il benessere dell’organismo, ma favorisce anche la protezione da alcune Infezioni...

Prof. Vincenzo Mirone

36 Disturbi della colonna vertebrale, tra prevenzione e correzione

Il rachide è spesso sottoposto a notevoli stress biomeccanici che possono portare allo sviluppo di numerose condizioni patologiche

Prof. Bernardo Misaggi

44 Difetti visivi, nuove prospettive di cura

A partire dalle lenti, sempre più perfezionate, fino ad arrivare alle nuove Tecnologie Laser, sono tante le nuove prospettive di cura disponibili...

Prof. Filippo Cruciani

48 Screening nel neonato, strumento efficace di prevenzione

Lo Screening Neonatale Esteso rappresenta uno degli strumenti più avanzati di prevenzione...

Dott. Andrea Dotta, Dott.ssa Simona Lozzi

il tuo medico di famiglia

54 Nuova stagione influenzale, alcuni consigli

Siamo alle porte della nuova stagione influenzale, è importante tenere sotto controllo la diffusione dei virus...

Dott. Fernando Perrone

piante medicinali

56 Elicriso, toccasana per la pelle

Le sostanze contenute in questa pianta svolgono azioni lenitive...

Prof.ssa Elisabetta Miraldi

mente & corpo

63 Quando il cibo diventa ossessione

I Disturbi alimentari sono spesso accompagnati da problematiche psicologiche e possono avere...

Dott.ssa Katia Marzaduri

salute & benessere

66 Un approccio olistico al benessere

Grazie alla sinergia fra Training energetico e Far Infrared Therapy (FIT), è possibile avvicinarsi...

Dott. Vincenzo Di Spazio

70 Stress, un aiuto dallo Yoga

Grazie alla pratica dello Yoga possiamo abbassare i livelli di stress, calmando la mente e stimolando il corpo...

Nieves Lopez

sport

& salute

76 Sport, alleato del buon sonno

Svolgere attività sportiva, nei tempi e nei modi corretti e rispettando i nostri ritmi, può favorire il rilassamento...

Dott.ssa Elisa Morrone

attualità

& salute

78 Pochi secondi per salvare una vita

Per fronteggiare un arresto cardiaco, il defibrillatore può essere uno strumento utile; ma molto più importante è la presenza di personale...

Giuseppe Delfini

ecologia

& salute

82 Materiali innovativi, i benefici della fotocatalisi

Grazie a questo processo naturale, alcuni innovativi materiali di rivestimento riescono a svolgere una importante attività antivirale…

Dott. Enrico Delfini

LA PRIMA AREA PER LA SALUTE PREVENTIVA D’EUROPA

Alle porte del Parco Regionale dei Colli Euganei sorgono le Terme Euganee, la prima area termale per la salute preventiva d’Europa, un luogo in cui rinascere e vivere una vacanza speciale, dedicata a sé stessi, per riscoprire il proprio benessere fisico e la sensazione di sentirsi di nuovo in forma. La lunga tradizione termale euganea ha dato vita a numerosi hotel, ognuno con il proprio centro termale interno, specializzati in fangoterapia e trattamenti inalatori. Alle accoglienti aree wellness si aggiungono le oltre 240 piscine termali interne ed esterne presenti in ogni hotel, dove rilassarsi avvolti nel tepore dell’acqua a 37°C. Tutti i centri termali degli hotel del Bacino Termale Euganeo hanno ottenuto dal Ministero della Sanità Italiano il livello di qualificazione “I^ Super”, che indica l’eccellenza del prodotto terapeutico utilizzato nella fangoterapia e nei trattamenti inalatori.

Le acque termali del bacino Euganeo prendono vita dai bacini di raccolta delle acque meteoriche sui Monti Lessini, nelle Prealpi Venete. Dai 1500 metri di quota defluiscono lentamente nel sottosuolo fino ad una profondità di 2000-3000 metri, scorrono negli strati rocciosi per decine di migliaia di anni, e sgorgano infine dai pozzi dei centri termali euganei arricchite di sali minerali e calore.

L’attività di ricerca del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano ha scoperto che, speciali microrganismi del territorio Euganeo, i cianobatteri, producono numerose sostanze antinfiammatorie durante la maturazione del fango in acqua termale. La fangobalneoterapia, riconosciuta dal Ministero della Sanità e convenzionata col SSN, è particolarmente indicata per la cura dei disturbi articolari quali artrite e artrosi, oppure ossei come l’osteoporosi. Questo tipo di terapia naturale non presenta effetti collaterali ed ha limitate controindicazioni. Gli hotel termali che hanno ottenuto il Brevetto Europeo sull’efficacia dei principi antinfiammatori naturali contenuti nel Fango Maturo, garantiscono la qualità del prodotto terapeutico. La presenza dei principi attivi viene verificata dallo stesso Centro Studi con dei controlli periodici e un Disciplinare di Maturazione del Fango Termale fornisce al personale addetto le indicazioni necessarie per una coltivazione della risorsa corretta ed efficace.

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Ci pensiamo a settembre…

La

prevenzione primaria significa mettere in pratica

stili di vita corretti e utili al proprio benessere, in particolare l’attività fisica e l’alimentazione corretta

dovrebbero diventare un’abitudine imprescindibile non

solo nel mese di settembre…

Tutti gli anni il mese di settembre rappresenta, nell’immaginario di molti, un nuovo inizio: abbiamo trascorso un periodo di meritato riposo dopo le corse e gli affanni lavorativi o di studio, e adesso che dobbiamo rituffarci nella vita attiva regolare ci proponiamo di farlo imponendoci qualche buona regola opportuna per il nostro benessere.

Tutti siamo portati mentalmente e fisicamente a fare progetti e iniziative per affrontare al meglio la lunga stagione che vedrà per molti solo il periodo natalizio come rassicurante interruzione dell’affannoso procedere dei giorni.

Qualcuno penserà di iscriversi a una palestra, qualcun altro vorrà andare in piscina “tutto l’anno”, altri si iscriveranno a Yoga o a Pilates, taluni faranno progetti con amici per praticare uno sport di squadra regolarmente. E non solo, ci imporremo anche di mangiare meno e soprattutto meglio! Ci sarà chi deciderà di diventare vegano o vegetariano, altri si chiederanno quali strategie nutrizionali adottare per raggiungere il famigerato peso forma. Come Medico ed ex istruttore sportivo, conosco le difficoltà e gli ostacoli dei “buoni propositi” ma con questo editoriale che “rubo” per questa occasione al collega e amico Claudio Caprara, mi propongo di fornire rinforzo e sostenere questi nostri progetti e iniziative “autunnali”. Perseguite con entusiasmo i vostri obiettivi, mantenete costanza e convinzione,

non lasciatevi andare alla pigrizia o, al contrario, a un eccesso di attività o a ritmi esasperati del vostro lavoro, che naturalmente deve essere svolto nel migliore modo possibile ma non deve interferire con i momenti dedicati a voi stessi, che sicuramente produrranno effetti positivi sia a livello fisico che mentale, così facendo ridurremo infatti lo stress e l’ammalarsi, contribuendo a farci sentire di buon umore e arricchiti di energia positiva.

La prevenzione primaria significa proprio mettere in pratica stili di vita corretti e utili al proprio benessere ma sappiamo che talvolta la nostra indole può essere fragile e facilmente ci spinge a desistere dai nostri obiettivi. In particolare l’attività fisica e l’alimentazione corretta (Dieta mediterranea) dovrebbero diventare un’abitudine imprescindibile e stabile non solo nel mese di settembre ma per tutto l’anno.

D’altro canto sappiamo con certezza che queste abitudini corrette, se portate avanti con regolarità, sono in grado di ridurre la frequenza di patologie cardiovascolari, malattie degenerative e oncologiche, il dolore cronico reumatologico e le infiammazioni in generale, favorendo longevità e benessere sia fisico che mentale, vantaggi non da poco che possono fornirci la giusta motivazione!

Dott. Enrico Montanari

Fame d’aria e Broncopneumopatia

Ho 78 anni, soffro di BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva e un Enfisema bolloso, ho spesso grande fame d’aria. Cosa posso fare per migliorare un po’? email firmata

Risponde il Prof. Francesco Blasi

Direttore del reparto di Pneumologia

della Fondazione IRCCS Cà Granda

La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è una malattia polmonare progressiva caratterizzata da ostruzione persistente delle vie aeree che rende difficile la respirazione. Tra le cause principali della BPCO ci sono fumo di sigaretta ed esposizione a inquinanti atmosferici. L’Enfisema consiste nella distruzione delle pareti degli alveoli polmonari e riduce la superficie disponibile per gli scambi gassosi con la conseguente riduzione dell’ossigeno nel sangue; tale condizione causa la dispnea, comunemente descritta come “fame d’aria”. Questa sensazione di mancanza di respiro può essere debilitante e spesso peggiora con l’attività fisica, limitando la qualità della vita dei Pazienti. La BPCO enfisematosa è quindi spesso associata alla fame d’aria che lei riferisce. Non conoscendo la sua storia, la sua situazione e le terapie in atto, le consiglierei un controllo pneumologico per una valutazione della terapia e dell’eventuale necessità di un trattamento fisioterapico respiratorio o di riabilitazione respiratoria per aiutare nella riduzione della “fame d’aria”.

Acufene, quali soluzioni?

Ho 74 anni, ho Acufeni permanenti da 20 anni, dopo cicli di Chemioterapia, anche ad alte dosi, per il trapianto di midollo, per un Linfoma. Esistono apparecchi acustici per gli Acufeni? Oppure, c’è qualcosa per dimunuire il continuo rumore, ho provato vari integratori consigliati da Specialisti Otorinolaringoiatri ma non sono serviti. email firmata

Risponde il Prof. Domenico Cuda, Professore straordinario di Otorinolaringoiatria, Università di Parma

Direttore U.O. di Otorinolaringoiatria, Ospedale “Guglielmo da Saliceto” - Piacenza

L’Acufene è la conseguenza di un danno permanente alle vie acustiche. Nel caso specifico è possibile che a danneggiare le strutture uditive siano state le sostan-

ze ototossiche utilizzate nel trattamento del Linfoma. L’Acufene si genera nel cervello per effetto della deprivazione uditiva, perciò il primo provvedimento da prendere è quello di compensare la perdita uditiva laddove questa sia di una certa entità. Gli apparecchi acustici possono essere utili e si possono utilizzare sia apparecchi standard che amplificano i suoni, sia i cosiddetti apparecchi “Combo” che, oltre ad amplificare i suoni, generano segnali acustici di debole intensità con lo scopo di “coprire” l’Acufene stesso. Tuttavia è sconsigliabile affrontare il problema partendo dal rimedio. Infatti l’Acufene va inquadrato nei suoi aspetti medici e classificato in base alla sua severità. A quel punto il Medico potrà decidere la strategia riabilitativa più appropriata che, nei casi più gravi, può comprendere un prolungato trattamento cognitivo comportamentale individuale.

Diverticolite e alimentazione

Ho 53 anni e 6 mesi fa sono stata sottoposta, dopo lo screening, a colonscopia e mi hanno estirpato un piccolo polipetto. Ho chiesto informazioni perché ho visto sul monitor un diverticolo che però nel referto non è stato evidenziato. Mi chiedo quale è una dieta alimentare corretta per evitare che si sviluppi la diverticolite. email firmata

Risponde il Dott. Roberto Vassallo, Responsabile Unità di Gastroenterologia

ed Endoscopia Diagnostica e Terapeutica

Ospedale Buccheri La Ferla-Fatebenefratelli

La formazione di diverticoli è in gran parte su base genetica. Oltre i 50 anni circa il 50% della popolazione presenta dei diverticoli che nel 75% dei casi non daranno mai sintomi, nei rimanenti si svilupperanno dei sintomi tipo Colon irritabile e solo nel 5% si svilupperà una Diverticolite. I meccanismi che causano sintomi o un episodio di Divertcolite non sono ancora completamente noti ma ci sono dati epidemiologici che dimostrano che una regolare attività fisica, una dieta ricca di fibre (preferendo le fibre solubili, ad esempio, i semi di lino) e la regolarizzazione dell’alvo in caso di Stipsi, svolgono un effetto preventivo sulla comparsa dei sintomi. Come eventi sfavorevoli invece si riconoscono sedentarietà, fumo, alcool, consumo di carni rosse, cibi processati e alcuni farmaci quali gli anti-infiammatori non steroidei (FANS). Una curiosità: l’uso di semi spesso ritenuti responsabili delle Diverticoliti non è controindicato.

Avete un problema particolare? Volete un consiglio o un semplice parere? Spedite le vostre domande a Elisir di Salute, via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna, oppure inviate una e-mail alla redazione: info@elisirdisalute.it I nostri specialisti vi risponderanno direttamente sulla rivista.

Mela Renetta, antiossidante

Considerata un vero e proprio farmaco e rimedio per molti problemi di salute, questo frutto si caratterizza per numerose proprietà benefiche

Renetta, antiossidante naturale

Dott.ssa Sara Simonetti

La Mela rappresenta il frutto leggendario per eccellenza, conosciuto fin dagli albori della storia, da Adamo ed Eva a Paride, che ne doveva consegnare una alla Dea più bella, fino a quella che cadde sulla testa di Newton facendogli intuire la legge di gravità.

Da sempre è considerata un vero e proprio farmaco e rimedio per molti problemi, da cui ha origine il famoso detto popolare “una Mela al giorno toglie il medico di torno”, e in effetti la Mela si caratterizza per numerose proprietà nutrizionali e benefici per la salute.

In particolare la Mela Renetta del Canada, di origine francese, è una delle varietà più antiche presenti oggi sul mercato. Il suo nome risale al francese “rei -

Medico Chirurgo
Master in Nutrizione ed educazione alla Salute

nette” che significa “reginetta”, appellativo attribuitole proprio per il suo gradimento.

La sua zona di origine è la Valle della Loira francese e arriva in Italia circa due secoli fa, dove viene coltivata soprattutto in Val di Non e in Val del Sole e raccolta prevalentemente nel mese di Settembre.

Grazie a questa lunga storia, questa varietà ha ottenuto nel 2003 il riconoscimento D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) da parte della Comunità Europea.

Come si presenta

Ha una caratteristica forma sferica e irregolare, leggermente appiattita agli apici; la buccia, di colore giallo con sfumature tendenti al verde, risulta un po’ ruvida, con una peculiare rugginosità che la contraddistingue; la polpa è bianca, morbida e pastosa, dal sapore aromatico, acidulo e mediamente zuccherato.

Le sostanze antiossidanti

La Mela Renetta è una perfetta alleata della salute, poiché contiene numerose sostanze antiossidanti, in particolare i polifenoli in una concentrazione rilevante (circa 210 mg per 100 g di prodotto) e più alta rispetto ad altri tipi di Mele o di frutti.

I polifenoli sono noti per la loro azione antiossidante che contrasta l’azione dei radicali liberi prodotti dal metabolismo cellulare e responsabili dell’invecchiamento cellulare che è anche alla base di moltissime patologie degenerative, tra cui anche molte forme di Tumore.

Ricca di fibre

Questo frutto è ricco di fibre, tra cui la pectina, ciò la rende un alimento a basso indice glicemico, adatto, quindi, anche ai soggetti diabetici, per la capacità, oltretutto, di regolare la glicemia post-prandiale e la glicemia a digiuno.

La pectina è un tipo di fibra solubile che agisce come un vero e proprio probiotico, aumentando e favorendo la crescita di batteri benefici presenti nell’intestino, contribuendo a mantenere la regolarità intestinale e contrastando eventuali alterazioni. L’alto contenuto di fibra associato alla presenza delle proantocianine , una classe di polifenoli, svolge un ruolo importante nella regolazione dei livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e quindi nel contrastare anche l’insorgenza di tutte quelle patologie correlate all’ipercolesterolemia, in particolare tutte le patologie cardiovascolari.

La

Mela Renetta è una perfetta alleata della salute, poiché contiene numerose sostanze antiossidanti, in particolare i polifenoli in una concentrazione rilevante

I benefici del consumo giornaliero

Uno studio caso-controllo dell’Università di Reading nel Regno Unito, in collaborazione con l’Università di Trento, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, ha osservato l’effetto del consumo giornaliero di Mela Renetta sui livelli di colesterolemia in 40 soggetti volontari affetti da lieve ipercolesterolemia. Lo studio prevedeva che i soggetti consumassero due Mele Renetta al giorno per otto settimane, mentre i controlli consumassero il succo di Mela privato delle fibre e delle sostanze antiossidanti. Al termine delle otto settimane, venivano misurati alcuni parametri, peraltro fondamentali per l’insorgenza delle Malattie cardiovascolari, come glicemia,

Secondo i ricercatori, l’effetto ipocolesterolemizzante della Mela
Renetta sarebbe ascrivibile all’alto contenuto di fibra

insulinemia e i livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi; le analisi dei soggetti che avevano consumato la Mela Renetta mostravano una riduzione del 4% circa dei livelli di colesterolo totale e del

colesterolo LDL, mentre nei soggetti che avevano consumato il succo di Mela non si evidenziava lo stesso risultato. Tale riduzione, seppur moderata rispetto a quella ottenuta con farmaci ipocolesterolemizzanti come le statine, dimostra come il consumo di determinati alimenti possa essere un mezzo di prevenzione significativa nei confronti di alcune patologie croniche. Secondo i ricercatori, l’effetto ipocolesterolemizzante della Mela Renetta sarebbe ascrivibile all’alto contenuto di fibra, che viene persa, invece, durante la lavorazione per ottenere il succo di Mela, ma anche al contenuto di polifenoli che interagiscono a livello del microbiota intestinale.

La composizione

Dal punto di vista squisitamente nutrizionale, 100 g di Mela Renetta contengono all’incirca 40 Kcal, costituite per la gran parte da acqua (87 g), seguita da carboidrati (10 g) e fibra (1.7 g), mentre l’apporto proteico e di lipidi è pressoché nullo. Per quanto concerne il contenuto di sali minerali, la Mela Renetta contiene soprattutto potassio (105 mg), minerale coinvolto nella regolazione della pressione arteriosa, e calcio (5 mg) fondamentale per la salute delle ossa.

Anche la Mela Renetta si caratterizza per un buon contenuto di vitamina C (circa 8 mg), che svolge anch’essa un’azione antiossidante, contrastante la produzione di radicali liberi. In particolare, la vitamina C, oltre a rappresentare un cofattore nella sintesi di proteine e ormoni, contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo, al buon funzionamento del sistema immunitario, alla produzione di collagene (un componente della pelle e delle cartilagini) e al metabolismo energetico. La vitamina C, inoltre, aumenta la biodisponibilità del ferro contenuto negli alimenti, facilitandone l’assorbimento.

Gli usi in cucina

In cucina la Mela Renetta si presta sia a ricette dolci che salate, è infatti acidula e con una polpa che mantiene un’ottima consistenza anche da cotta, sprigionando tutta la sua dolcezza. Non a caso la Mela Renetta è la varietà utilizzata per la preparazione del tipico Strudel e della torta di Mele, ma si sposa perfettamente anche in piatti salati. Un abbinamento collaudato è quello tra Mela Renetta e zenzero che si ritrova nel Chutney speziato, una confettura dal sapore agrodolce da gustare sul pane o in accompagnamento a carni e formaggi. settembre/ottobre 2024 www.elisirdisalute.it •

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Celiachia, sfatiamo

L’assenza di sintomi o segni evidenti di Celiachia non rende un Paziente “meno” celiaco, è quindi essenziale riconoscere la malattia in tutti i soggetti che ne sono affetti

Prof.ssa Fabiana Zingone

Docente associato di Gastroenterologia

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche

Università di Padova

Società Italiana di Gastroenterologia

ed Endoscopia Digestiva (SIGE)

Società Internazionale per lo studio della malattia celiaca (ISSCD)

La dieta senza glutine rappresenta, ad oggi, l’unica terapia disponibile per le persone affette da Malattia celiachia, è però importante intraprenderla solo dopo e non prima aver ricevuto una corretta diagnosi. Questa importante indicazione, insieme ad altre, fa parte delle Linee Guida nazionali che la Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE), in collaborazione con altre Società scientifiche, ha dedicato alla terapia e al follow-up della Celiachia e della Dermatite erpetiforme.

La malattia può presentarsi a qualsiasi età, dal momento dello svezzamento, con l’introduzione del glutine nella dieta, sino a oltre i 90 anni

Le Linee Guida sono uno strumento di formazione per Specialisti di qualsiasi disciplina medica, ma anche per i Medici di Medicina generale e i Pediatri, che sono il primo punto di contatto con il Paziente.

Un po’ di dati...

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono circa 251 mila persone diagnosticate, ma si stima che, in realtà, siano circa 600 mila (prevalenza dell’1%), poiché spesso la malattia non è adeguatamente riconosciuta, soprattutto nelle sue forme con pochi sintomi. L’assenza di sintomi o segni evidenti di Celiachia non rende un Paziente “meno” celiaco; pertanto, è essenziale riconoscere la malattia in tutti i soggetti che ne sono affetti, mediante un’adeguata conoscenza in ambito medico e una corretta informazione della popolazione.

Il percorso diagnostico

La Celiachia è una malattia immunomediata cronica del piccolo intestino, dovuta, in individui geneticamente predisposti, al consumo di glutine, una miscela proteica del grano e di altri cereali. La malattia può presentarsi a qualsiasi età, dal momento dello svezzamento, con l’introduzione del glutine nella dieta, sino a oltre i 90 anni e colpisce, come la maggior parte delle patologie autoimmuni, più il sesso femminile che quello maschile. La Malattia celiaca è causa di atrofia dei villi intestinali e della conseguente riduzione della superficie assorbente intestinale e, quindi, ridu-

i falsi miti

zione dell’assorbimento dei nutrienti ingeriti. In caso di sospetta Malattia celiaca, in presenza di sintomi, patologie autoimmuni associate o anche solo per familiarità, un prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi IgA, associato al dosaggio delle Immunoglobuline IgA totali, indica se eseguire la biopsia intestinale per la valutazione del danno atrofico intestinale.

La raccomandazione è di eseguire questi esami a dieta libera; fondamentale è, quindi, non iniziare la dieta priva di glutine prima di completare l’iter diagnostico. È pertanto molto importante non eseguire “prove” di eliminazione del glutine per una sensazione di benessere percepita o per i risultati di Test di Intolleranza alimentare, non scientificamente validati, e che non forniscono risultati accurati per definire la necessità di eliminare uno o più alimenti dalla dieta.

Per i bambini è possibile, in caso di anticorpi molto elevati, evitare la biopsia intestinale, ma questa strategia deve essere decisa solo da Pediatri dei Centri di riferimento per la Malattia celiaca, che eseguiranno il corretto iter diagnostico prima del rilascio della certificazione di malattia. Uno studio internazionale, coordinato dall’Italia e recentemente pubblicato, ha dimostrato che la strategia di diagnosi senza biopsia è applicabile anche, in casi selezionati, nella popolazione adulta. In un prossimo futuro, è pertanto possibile che tale approccio verrà utilizzato anche in un sottogruppo di Pazienti adulti. Al momento, tuttavia, l’esecuzione della biopsia intestinale è necessaria in tutta la popolazione adulta come conferma della diagnosi di Malattia celiaca. Sebbene le nostre Linee Guida raccomandino di cercare la Celiachia solo in caso di sospetto di malattia (approccio case-finding), in Italia, nel settembre 2024, è stata approvata una legge che prevede lo Screening di massa nella popolazione pediatrica, insieme allo Screening per il Diabete di tipo 1. Attualmente, il progetto è in fase pilota solo in alcune regioni italiane. Nel prossimo futuro, se questo Screening otterrà l’adesione richiesta dalla popolazione, porterà a un incremento delle nuove diagnosi, consentendo diagnosi precoci e una maggiore conoscenza della malattia e della sua evoluzione.

Controlli successivi alla diagnosi

Una volta diagnosticata la Malattia celiaca, si raccomanda di continuare il follow-up presso un Centro dedicato.

Una volta diagnosticata la Malattia celiaca, si raccomanda di continuare il follow-up presso un Centro dedicato

Nelle visite, infatti, è necessario valutare la progressiva remissione dei sintomi, la negativizzazione degli anticorpi e la corretta aderenza alla dieta senza glutine. È raccomandato, soprattutto nelle fasi iniziali, sottoporsi a una valutazione dietologica per essere educati a una corretta dieta priva di glutine. Tale valutazione è importante anche per evitare eventuali squilibri nutrizionali nella dieta e il rischio di Sindrome metabolica, che la recente letteratura ha descritto come aumentato nella popolazione celiaca a dieta senza glutine. Questo rischio può essere ridotto adottando una dieta non solo priva di glutine ma anche normocalorica, con una preferenza per alimenti naturalmente privi di glutine. La biopsia intestinale non è sempre necessaria nel follow-up, viene in genere eseguita in caso di mancata risposta clinica e laboratoristica e nel sospetto di complicanze della Malattia celiaca. Queste ultime, seppur molto rare, richiedono un’attenta valutazione da parte degli Specialisti nei Centri dedicati.

Il regime alimentare

La dieta aglutinata, cioè priva di glutine, è il cardine della terapia della Malattia celiaca. Il Paziente celiaco va adeguatamente istruito per eliminare il glutine completamente e indefinitamente dalla dieta, senza “sgarri

o trasgressioni”. Il rigore nella dieta non deve, però, diventare una “fobia delle contaminazioni”. Il Paziente celiaco ben informato e attento alla propria salute difficilmente può ingerire involontariamente una dose tossica di glutine.

È importante chiarire che la Celiachia non è un’Allergia mediata da IgE, quindi non può causare episodi di shock anafilattico, come quelli che si possono verificare, ad esempio, in caso di Allergia ad alimenti come fragole o arachidi.

In letteratura, è riportata una prevalenza del 7-30% di Malattia celiaca non responsiva, caratterizzata dalla persistenza di sintomi, segni di malattia o dalla persistenza del danno intestinale, nonostante la presunta aderenza alla dieta priva di glutine per almeno 6-12 mesi. I Pazienti che presentano queste caratteristiche devono essere valutati per identificare le possibili cause. È necessario, ad esempio, verificare la correttezza della diagnosi inziale di Malattia celiaca, accertare che il Paziente segua adeguatamente una dieta senza glutine, e considerare la presenza di altre patologie non correlate al glutine, come l’Intolleranza al lattosio, la Colite microscopica o la Sindrome dell’intestino irritabile. Quest’ultima è molto frequente nella popolazione generale e può essere riscontrata con maggiore frequenza anche nei Pazienti celiaci a dieta senza glutine. Nei casi di Malattia celiaca non responsiva, è inoltre essenziale escludere la presenza di complicanze della malattia. Sebbene rare, queste complicanze devono essere adeguatamente ricercate e gestite in un Centro terziario specializzato nelle malattie complicate della Celiachia.

LE QUATTRO GUIDE

La Sige, in collaborazione con altre Società scientifiche, ha realizzato quattro Linee Guida per il trattamento della Celiachia, della Pancreatite acuta, della Diverticolosi del colon e dell’Infezione da Helicobacter pylori I quattro documenti sono stati inseriti nel Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, dopo un’accurata valutazione della qualità metodologica. Essi rappresentano un punto di riferimento importante per i professionisti sanitari, i Pazienti e i loro familiari, uno strumento utile per decisioni condivise e ponderate, basate sulle migliori prove di sicurezza, efficacia, efficienza ed equità e uno standard di qualità dell’assistenza.

Si sottolinea che, nella maggior parte dei casi, tali complicanze si presentano con una severità sintomatologica e alterazioni bioumorali che inducono il Medico a eseguire esami più approfonditi. Questi possono includere la ripetizione della biopsia intestinale, l’uso di una videocapsula endoscopica e approfondimenti radiologici.

La ricerca ha individuato dei farmaci che sembrerebbero bloccare in diversi punti la cascata di eventi che causa il danno intestinale tipico della Malattia celiaca

Le terapie più innovative

Negli ultimi anni, la ricerca ha individuato dei farmaci che sembrerebbero bloccare in diversi punti la cascata di eventi che causa il danno intestinale tipico della Malattia celiaca. I target sono diversi: dalla digestione delle frazioni tossiche del glutine alla inibizione di alcune tappe della infiammazione glutinecorrelata. Alcuni di questi studi sono in corso anche in alcuni Centri italiani. I risultati sembrano promettenti per alcuni farmaci, ma bisognerà attendere ulteriori risultati, al fine di definire la popolazione target e le modalità di utilizzo nella pratica clinica.

La dieta senza glutine nei Pazienti non celiaci

La dieta senza glutine talvolta viene intrapresa da parte di soggetti non celiaci che, per scelta, inseriscono prodotti senza glutine nella loro dieta. I motivi che portano a tale scelta sono da ricondursi alla “moda” della dieta senza glutine, cui si ricorre per dimagrire, per “sentirsi più leggeri”, per emulare le abitudini alimentari di campioni sportivi o personaggi dello spettacolo, diffuse attraverso i social media. La raccomandazione, tuttavia, è sempre di non mettersi a dieta in presenza di sintomi di Celiachia prima di aver completato l’iter di diagnosi, che si rende impossibile se il Paziente è a dieta senza glutine.

Un capitolo a parte merita la Sensibilità al glutine/al grano non celiaca. Tale condizione, sempre più studiata negli ultimi anni, non dispone ad oggi di un Test standardizzato per verificarne la reale presenza e, spesso, nasconde una più frequente Sindrome dell’intestino irritabile. Anche per questa condizione clinica si raccomanda di discuterne con il proprio Medico e di non iniziare una dieta priva di glutine senza aver escluso la Malattia celiaca, ma anche un’Allergia al glutine.

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L’acido docosaesaenoico (DHA) è uno degli acidi grassi essenziali indispensabili per l’organismo.

Le microalghe del genere Schizochytrium sono una fonte primaria di omega-3: sono proprio le alghe, infatti, che producono gli acidi grassi presenti negli ecosistemi acquatici.

La tradizione di ieri e l’innovazione di oggi: qualità per passione

Ricorda l’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano. Prima dell’assunzione leggere le avvertenze riportate sulla confezione.

Capacità predittiva dell’albumina

Analizzando circa 18.000 soggetti, dei quali 3.299 di età pari o superiore ai 65 anni, la ricerca, condotta sui dati raccolti dallo studio epidemiologico “Moli-sani” e pubblicata sulla rivista scientifica eClinical Medicine-Lancet, ha dimostrato che livelli di albumina inferiori a 35 g/L sono collegati a un rischio maggiore di morte negli anziani. Questa relazione è stata osservata anche dopo aver escluso fattori come Malattie renali o epatiche e stati infiammatori acuti, che possono influenzare i livelli di albumina. L’analisi origina dal fatto che, nel sangue, l’albumina è una proteina che svolge attività antiossidante, antinfiammatoria e anticoagulante. La sua diminuzione, pertanto, accentua lo stato infiammatorio, facilitando l’iperattività delle cellule predisposte alla cancerogenesi o alla trombosi. È impor-

Materiali che puliscono l’aria

Nasce dalla collaborazione tra i ricercatori dell’Università di Torino, dell’Università di Cambridge, di Hong Kong e Cornell (US) il recentissimo studio, pubblicato sulla rivista Nature, che approfondisce una delle tecnologie più promettenti nella lotta contro il cambiamento climatico: la DAC (Direct Air Capture), la cattura diretta dell’anidride carbonica dall’aria. La tecnica permette infatti non solo la riduzione delle emissioni alla fonte ma mira a rimuovere direttamente l’anidride carbonica già presente nell’aria, indipendentemente dalla sua origine. Nello specifico la DAC si basa su sistemi che aspirano l’aria, la filtrano attraverso sostanze chimiche o materiali specializzati che catturano l’anidride carbonica,

tante, in questo contesto, sottolineare che Cancro e Infarto cardiaco condividono una base comune proprio nella presenza di uno stato infiammatorio cronico, e che Pazienti a rischio di malattie cardiovascolari, come i diabetici e gli obesi, sono anche a rischio di Cancro. È importante sottolineare che la misura dell’albumina nel sangue è un test semplice e poco costoso ed è quindi un’analisi di primo livello che permetterebbe di porre maggiore attenzione clinico-diagnostica verso gli individui anziani potenzialmente a rischio. La ricerca è stata condotta da Sapienza Università di Roma in collaborazione con I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, Università LUM Giuseppe Degennaro e Mediterranea Cardiocentro di Napoli. Per approfondire: https://shorturl.at/LV2Qb

rilasciando aria pulita. L’anidride carbonica catturata viene poi concentrata e stoccata in modo sicuro o riutilizzata in processi industriali. È facile intuire quanto sia possibile rivoluzionare l’approccio alla gestione del carbonio, nonostante i costi energetici ed economici siano ancora molto elevati. In un mondo che purtroppo registra livelli crescenti di emissioni di anidride carbonica, i nuovi materiali oggetto della pubblicazione potrebbero rappresentare una frontiera nella lotta contro il cambiamento climatico, offrendo speranza per un futuro in cui le emissioni potrebbero essere non solo ridotte, ma rimosse dall’atmosfera.

Per approfondire: https://shorturl.at/zSX9t

Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), insieme ai Ricercatori del Progetto europeo RiseUp, ha sviluppato un dispositivo in grado di guidare la rigenerazione del midollo spinale lesionato, grazie a un elettrodo innovativo. Si tratta di un lavoro straordinario, se si pensa che attualmente non esistono cure efficaci per riparare le lesioni al midollo spinale che sono causa di paralisi e disabilità permanenti. La ricerca sulle cellule staminali ha però dato la possibilità di aprire nuove prospettive ed è in continuo sviluppo al fine di migliorare il loro utilizzo per la rigenerazione del tessuto nervoso danneggiato e per trattare patologie neurologiche, in cui la stimolazione elettrica si è dimostrata

settembre/ottobre 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori

essere efficace, per controllare il dolore o per monitorare i segnali bioelettrici del corpo. Il nuovo trattamento è basato sul trapianto di cellule staminali e la successiva rigenerazione del tessuto lesionato, grazie a impulsi elettrici che favoriscono il differenziamento in neuroni. Il dispositivo è una struttura elettrificata biocompatibile e completamente flessibile che si adatta alla curvatura del midollo spinale grazie all’utilizzo di un metallo poroso che consente di mantenere la conducibilità elettrica anche quando l’elettrodo è piegato o deformato.In Italia partecipano al progetto anche la Sapienza - Università di Roma e l’azienda Rise Technology. Per approfondire: https://shorturl.at/U3NwS

Rigenerare il midollo spinale

Pelle secca? Quando la causa è lo “scudo” lipidico alterato

Con la fine dell’estate la cura della pelle non va trascurata: il sole, la sudorazione, il vento, l’umidità e la salsedine sono tra i principali fattori che provocano xerosi cutanea, ovvero la secchezza del piede.

Gli anziani rappresentano la popolazione più a rischio, complice la nota tendenza a idratarsi di meno: la ridotta “sensazione” di sete, unitamente all’effetto diuretico di qualche farmaco, alla presenza di eventuali patologie (es. diabete) o ad una ridotta funzionalità renale, può compromettere la barriera idrolipidica che modula l’idratazione superficiale cutanea.

La pelle così “messa a nudo” diventa più delicata e sensibile, e il quadro peggiora in caso di cute a tendenza atopica.

Evoluzione della secchezza cutanea

Tale condizione viene favorita dalla perdita dei lipidi di superficie (soprattutto sfingolipidi e ceramidi), che assicurano la corretta coesione delle cellule della pelle (cheratinociti) e quindi l’adeguata traspirazione cutanea. L’interruzione dell’integrità epiteliale, dovuta all’irritazione,

causa una perdita d’acqua eccessiva per evaporazione e il progressivo inaridimento della pelle, che appare estremamente secca, tesa e ruvida. Il mancato trattamento della xerosi contribuisce allo sviluppo di screpolature, desquamazione e, nei casi più severi, ragadi e prurito intenso.

È necessario quindi valutare tempestivamente i sintomi della secchezza, ma allo stesso tempo stabilirne la gravità in modo tale da definire l’approccio ideale per contrastare eventuali disturbi connessi o facilitati proprio dall’alterato equilibrio epidermico.

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La linea PODIDRAL®, negli stati di secchezza lieve e grave del piede, rappresenta l’intervento topico efficace contro la degradazione del film idrolipidico grazie all’associazione di componenti ad azione anti-irritativa, idratante, ristrutturante ed emolliente.

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Ottobre rosa, il Tumore al seno

La prevenzione attuata e i progressi scientifici hanno fatto si che i valori di incidenza e mortalità per questo tumore si siano abbassati con un netto miglioramento della qualità di vita

rosa, seno si può prevenire

Medico

Per combattere il Tumore al seno sono stati fatti nel tempo molti passi avanti, prima di tutto in ambito chirurgico, grazie al Professor Umberto Veronesi, in quello oncologico, radioterapico, farmacologico e radiologico. Tante sono state anche le iniziative di solidarietà che contemporaneamente sono nate e che sono ancora oggi preziose e necessarie.

Sebbene, nella maggior parte dei casi sia possibile curare la malattia con interventi chirurgici meno invasivi di un tempo, ottenendo risultati estetici sempre più accettabili e talvolta gradevoli, l’impatto emotivo, proveniente dalla diagnosi è tuttora fortis-

Dott.ssa Francesca Cavaliere
Radiologo
Associazione metropolitana LILT di Bologna (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori)

simo. Il percorso di cura, inoltre, può essere molto lungo con visite di controllo periodiche e terapie farmacologiche che possono protrarsi fino a 10 anni.

Situazioni molto variabili

Le varianti di Carcinoma mammario sono molteplici, potendo essere diverse per caratteristiche morfologiche e dimensionali, per aggressività nei tessuti adiacenti a breve e lunga distanza di tempo e per risposta al trattamento. Gli schemi terapeutici possono essere differenti e le terapie attuali sono sempre più integrate e personalizzate , grazie alla maggiore disponibilità di diverse tipologie di farmaci.

Allo stesso modo anche le donne cambiano e sono diverse le une dalle altre, per età, storia clinica, lavorativa e familiare.

LILT, una realtà consolidata

L’Associazione Metropolitana LILT di Bologna, presente sul territorio da più di cent’anni, fa parte di questa fitta rete di realtà, in cui Medici e volontari condividono conoscenze, esperienza e creatività. Oltre agli eventi mirati alla diffusione di messaggi di promozione dei corretti stili di vita e di prevenzione oncologica, nel 2023 è stata perfino dedicata alle donne, cosiddette “survivors”, una mostra fotografica dal titolo Metamorfosi, in cui loro stesse fossero allo stesso tempo artefici ed interpreti.

Il Carcinoma mammario, tuttavia, rimane ancora oggi il Tumore più frequente nella popolazione generale e non soltanto in quella femminile.

Gli schemi terapeutici possono essere differenti e le terapie attuali sono sempre più integrate e personalizzate

C’è ancora tanto da fare

Come dimostrano i dati, in questo momento la sopravvivenza libera da malattia a dieci anni dalla diagnosi ha raggiunto valori del 90%; un risultato conquistato gradualmente e dovuto a due fattori principali: la possibilità di offrire terapie sempre più integrate e personalizzate e l’efficacia del programma di Screening mammografico.

Basta dare un’occhiata ai dati pubblicati annualmente dall’Associazione Italiana Registri Tumori: in Italia, l’anno scorso, sono state 834.000 le donne con diagnosi di Carcinoma mammario e 55.900 i nuovi casi diagnosticati. Le morti per l’anno 2022 sono state 15.500. Nel 2012, invece, le donne con la stessa diagnosi nell’insieme erano 522.235, i nuovi casi diagnosticati erano 46.000 e le morti calcolate 13.000.

Allora la sezione, che ogni anno elenca gli aggiornamenti sul Cancro per singole sedi, apriva proprio con il Carcinoma della mammella femminile ed evidenziava che si sarebbe registrato per tutto il territorio un trend in crescita.

Abbiamo, quindi, ottenuto che i valori di incidenza e mortalità per questo Tumore si sono tendenzialmente stabilizzati con un netto miglioramento della qualità di vita e nel ventaglio delle opportunità diagnostiche e terapeutiche, sempre più innovative a disposizione, la mammografia, indubbiamente, è stata e rimane tuttora uno strumento fondamentale.

Lo Screening mammografico

Al compimento dei cinquant’anni quasi tutte le residenti in Italia vengono chiamate per l’appuntamento col Tecnico di Radiologia ma, in alcune parti del nord Italia, vengono utilizzati fondi regionali per invitare allo Screening mammografico anche le quarantacinquenni. Il Sistema Sanitario Nazionale, che garantisce questo programma di prevenzione gratuitamente ogni anno per i primi cinque e poi ogni due anni a partire dai 50 anni, presenta, tuttavia, dei grossi limiti:

Al compimento dei cinquant’anni quasi tutte le residenti in Italia vengono chiamate per l’appuntamento col Tecnico di Radiologia

• il primo, nell’anno di mezzo tra le due chiamate per la mammografia di Screening gratuita, molte donne non effettuano alcun controllo, mentre è fondamentale per tutte le donne essere visitate ogni anno ed eseguire a completamento almeno un’ecografia mammaria su prescrizione del Medico curante;

• il secondo, rimangono fuori dall’attenzione generale, tutte le giovani donne under 45 e tutte le signore che escono dal percorso dopo i 74 anni

Il Carcinoma mammario riguarda anche loro, ovviamente, dal momento che la carcerogenesi avviene su base ormonale e, quindi, sotto lo stimolo degli estrogeni. Per queste donne non solo un’ecografia mammaria annuale è consigliabile ma diventa assolutamente necessaria nel caso in cui, per esempio, assumano terapia ormonale estro-progestinica di lungo durata, a scopo contraccettivo o su prescrizione dello Specialista in Ginecologia per il trattamento di diverse patologie.

Inoltre, anche le pillole cosiddette leggere, perché a base di progesterone, sono in grado di aumentare,

seppur lievemente, il rischio di Carcinoma della mammella a causa della parziale conversione nel sangue del progesterone in estrogeni.

Percorsi personalizzati di prevenzione

Per le donne con familiarità accertata per il Carcinoma mammario esistono, invece, dei veri e propri percorsi personalizzati, che possono iniziare dieci anni prima rispetto all’età che il/la parente noto/a aveva quando ha ricevuto la diagnosi. Quando si parla di familiarità e cosa significa percorso di Screening personalizzato?

Avere familiarità per il Carcinoma mammario vuol dire che in famiglia c’è almeno un parente, uomo o donna, con uno o più Tumori della mammella diagnosticati in giovane età, ovvero al di sotto dei 50 anni. In questi casi, il rischio personale della donna di sviluppare lei stessa la patologia aumenta e di conseguenza lo Screening annuale non è più sufficiente. La cadenza delle visite diventa semestrale e gli esami necessari (ecografia, mammografia, risonanza

Nel fumo di tabacco sono contenute ben più di quattrocento sostanze cancerogene, che si sprigionano nell’aria durante la combustione

magnetica) cambiano in base all’età della donna ed al rischio calcolato per familiarità. Tale rischio, infatti, può essere più o meno alto, in base alla vicinanza nella parentela con il/la Paziente, al tipo di Carcinoma e, conseguentemente, al tipo di trattamento medico-chirurgico che il/la Paziente ha effettuato; nei casi peggiori, può essere indicato il prelievo del sangue per verificare l’eventuale presenza della mutazione per i geni BRCA 1 e 2. Con questa sigla vengono definiti gli oncosoppressori (Breast Cancer 1 e 2) che inducono nel nostro corpo la produzione di una proteina responsabile della suscettibilità al Carcinoma mammario. La presenza in famiglia della mutazione dei geni BRCA aumenta la probabilità per la ragazza di avere lei stessa la mutazione.

Ormoni, alcol e fumo

Gli ultimi due fattori di rischio, diffusi nella popolazione generale e collegati anche alla cancerogenesi del Tumore della mammella sono l’abitudine al fumo e l’assunzione di bevande alcoliche. Nel fumo di tabacco sono contenute ben più di quattrocento sostanze cancerogene, che si sprigionano nell’aria durante la combustione e che, una volta inspirate, entrano nel circolo sanguigno diffondendosi nei tessuti cellulari.

Il consumo alcolico, invece, influenza direttamente i livelli di estrogeni nel sangue e recentemente abbiamo appreso che il 5% di quei nuovi casi registrati nel 2023, ovvero il 5% di quei 55.900 Carcinomi, è dovuto al consumo alcolico, moderato ed eccessivo. Trovate anche questa informazione sul sito internet dell’AIRTUM.

Più consapevolezza

Conoscere e condividere questa consapevolezza che alcol, fumo ed estrogeni sono i tre fattori di rischio più importanti, per impatto, nella popolazione femminile, vuol dire necessariamente pensare anche alle giovani donne. É per loro che in tutta Italia sono presenti nelle giornate di ottobre ambulatori sempre aperti in cui è possibile richiedere l’ecografia mammaria, e anche per tutte le donne che non sono state chiamate per la mammografia di Screening o che non hanno potuto prenotarla.

Oltre che per tutte le donne che hanno compiuto 75 anni e che vogliono continuare a prendersi cura del proprio corpo.

Le porte degli spazi della Lega Italiana Lotta contro i Tumori sono e saranno sempre aperte a tutte, vi aspettiamo! ●

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Infarto, attenzione ai

possibile prevenire questo grave evento adottando uno stile di vita sano ed eliminando i fattori di rischio che contribuiscono a determinarlo

Prof. Michele M. Gulizia

U.O.C. di Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima

ARNAS “Garibaldi”

Dott.ssa Giovanna Geraci

U.O.C. Cardiologia Utic ed Emodinamica

P.O. S. Antonio Abate - Trapani - Catania

Dott. Fortunato Scotto di Uccio

S.C. Cardiologia Utic

Ospedale S. Giovanni Bosco - Napoli

Prof. Domenico Gabrielli

U.O.C Cardiologia

Ospedale San Camillo - Roma

dati del Ministero della Salute mostrano come le Malattie cardiovascolari rappresentino ancor oggi la prima causa di morte in Italia. Ogni anno sono responsabili di quasi il 35% del totale dei decessi nel nostro Paese, percentuale che varia in base al sesso: 31,7% negli uomini e 37,9% nelle donne. Tra queste, la Cardiopatia ischemica coinvolge oltre il 10% del totale dei casi che si registrano.

Infarto, quale prevenzione?

Se è vero che è molto difficile, se non impossibile, prevedere il momento in cui può verificarsi un

L’azione di pompa del nostro cuore è di fondamentale rilevanza e va salvaguardata prendendosene cura nella vita di tutti i giorni

Infarto al cuore, è pur vero che è possibile prevenirlo seguendo uno stile di vita sano minimizzando o, ancor meglio, eliminando alcuni “fattori di rischio” che svolgono un ruolo importantissimo per lo sviluppo di un Infarto.

Il cuore è il muscolo più importante del nostro corpo; il suo funzionamento è imprescindibile alla nostra sopravvivenza. Si calcola che, nel corso della vita di ognuno, il cuore batta in media oltre 3 miliardi di volte. L’ azione di pompa del nostro cuore, pur svolgendosi in modo involontario e indipendente dal nostro controllo, è di fondamentale rilevanza e va salvaguardata prendendosene cura nella vita di tutti i giorni.

Controllare i fattori di rischio

Per prevenire un Infarto possiamo agire controllando i cosiddetti fattori di rischio definiti “modificabili”, in particolare seguendo queste indicazioni:

• evitare/abolire l’abitudine del fumo;

• evitare o ridurre il consumo di alcolici;

• svolgere frequente attività fisica;

fattori di rischio

• seguire una sana alimentazione;

• controllare e mantenere nei limiti la pressione sanguigna e i valori del colesterolo;

• monitorare e mantenere nei limiti il peso corporeo.

Lo stile di vita

Condurre uno stile di vita sano è il miglior deterrente per evitare o prevenire le più importanti malattie di cuore. Una vita sedentaria è sinonimo di scarsa attività fisica , che incide inevitabilmente sul peso corporeo e sui valori di colesterolo e trigliceridi che rappresentano la principale causa di Infarto cardiaco.

Il consumo di alcolici e il fumo vengono considerate altre cause primarie di attacchi cardiaci. Per questa ragione, si consiglia di eliminare o ridurre sensibilmente l’utilizzo di alcool e ai fumatori di smettere immediatamente di fumare.

È fondamentale seguire una alimentazione che preveda un consumo moderato di carni rosse, evitando possibilmente condimenti non necessari, cibi grassi, fritti e dolci

È dunque buona norma tenersi in forma con il movimento : è sufficiente anche una camminata veloce di 20-30 minuti al giorno , senza dover necessariamente iscriversi in palestra o svolgere attività agonistica. Coloro che svolgono regolare attività fisica presentano una salute cardiovascolare migliore, riducendo così i rischi di un infarto. Oltre a fare movimento, monitorare costantemente il peso corporeo permette di contrastare i disturbi legati all’obesità (altro fattore di rischio). In tal senso, è fondamentale seguire un’ alimentazione che preveda un consumo moderato di carni rosse , evitando possibilmente condimenti non necessari, cibi grassi, fritti e dolci, ai quali preferire: pesce, carni bianche/magre, legumi, cereali e vegetali.

I controlli periodici

Tenersi in forma, ma non solo: è importante controllare la pressione sanguign a e sottoporsi periodicamente agli esami del sangue per monitorare il valore del colesterolo cosiddetto “cattivo” , meglio noto come colesterolo-LDL, il cui target terapeutico da raggiungere rappresenta il maggiore obiettivo delle terapie ipocolesterolemizzanti. Chi soffre, infatti, di Ipertensione arteriosa o di Ipercolesterolemia ha una maggiore probabilità di sviluppare l’Aterosclerosi e quindi l’Infarto miocardico. Tra i soggetti più a rischio ci sono i diabetici poiché l’eccessiva presenza di glucosio nel sangue danneggia le arterie, favorendo di fatto la comparsa dell’Arteriosclerosi. Senza dimenticare che il Diabete è spesso accompagnato dalla presenza di Ipertensione arteriosa e la macro- e micro-Angiopatia diabetica.

I fattori non modificabili

Oltre ai fattori modificabili, ce ne sono altri definiti “non modificabili” perché indipendenti dal comportamento della persona. Si tratta cioè di condizioni che non possono essere contrastate e includono:

• l’età , perché i casi di Malattie cardiovascolari aumentano al sopravanzare dell’età;

• il sesso , perché, soprattutto in età non avanzata, le donne sono meno a rischio degli uomini, anche se questa disparità si annulla al sopraggiungimento della menopausa;

• la familiarità , perché i livelli di colesterolo nel sangue, così come l’ipertensione, potrebbero essere ereditati geneticamente.

La visita cardiologica

La prevenzione dell’Infarto passa anche per un monitoraggio costante del proprio rischio cardiovascolare, soprattutto dopo i 40 anni. È proprio a questa età, anche in assenza di campanelli d’allarme, che è consigliato sottoporsi ad una visita cardiologica con esami ematochimici di routine, ad Elettrocardiogramma e, se necessario, ad un Ecocardiogramma e un Ecocolordoppler dei tronchi sopraortici, o eventualmente anche ad altri esami di approfondimento specialistico (Scintigrafia miocardica, ECG Holter delle 24 ore, CoroTC e/o la Coronarografia) secondo il giudizio esperto del Cardiologo di fiducia.

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Idratazione e salute dei reni

Una corretta idratazione

non solo aiuta a mantenere il benessere dell’organismo, ma favorisce anche la protezione da alcune

Infezioni del tratto urinario

Prof. Vincenzo Mirone

Ordinario di Urologia,

Università Pegaso - Napoli

Responsabile Comunicazione

Società Italiana di Urologia (SIU)

Il nostro organismo è composto da circa il 60% di acqua distribuita all’interno delle cellule e degli spazi extracellulari; essa regola diverse funzioni e garantisce il corretto funzionamento degli organi e dei sistemi e, in ultimo, della vita stessa. Contrariamente a quanto si possa pensare, il tessuto più ricco di acqua è il cervello (85%), seguito dal sangue (80%), dai muscoli (75%), dalla cute (70%), dal tessuto connettivo (60%) e dalle ossa (30%).

Perdite idriche e sete

In condizioni normali esistono diversi meccanismi fisiologici che regolano la sensazione di sete e inducono l’organismo ad assumere il giusto fabbisogno d’acqua per compensare le perdite idriche, che continuamente hanno luogo per effetto della sudorazione, respirazione, escrezione di urine e feci. Infatti negli adulti la perdita di liquidi, attraverso l’aria espirata e l’evaporazione dalla cute (perspirazione) e la sudorazione, ammontano a circa 600-1000 ml ogni giorno. A livello del sistema nervoso centrale, e più precisamente in una zona chiamata ipotalamo, ci sono i centri regolatori della sete che, attraverso la produzione di

Se la disidratazione non viene corretta in tempo, a risentirne sono, tra i diversi organi e apparati, anche i reni

un ormone chiamato antidiuretico (ADH), attivano, in caso di alterato bilancio idrico, tutta una serie di meccanismi che portano a livello renale a riassorbire acqua e a limitarne le perdite.

La

funzione

dei reni

La corretta idratazione dell’organismo deve contrastare gli effetti della disidratazione che altera le normali funzioni dell’organismo e compromette, tra gli altri, il funzionamento del sistema nervoso centrale. Se la disidratazione non viene corretta in tempo, a risentirne sono, tra i diversi organi e apparati, anche i reni. Questi due organi regolano il volume di acqua presente nel corpo umano, eliminano le sostanze di rifiuto, depurando il sangue, regolano l’equilibrio idrosalino e acido-base necessari per il benes-

sere dell’organismo, producono eritropoietina (un ormone che favorisce la produzione di globuli rossi) e renina (regola la sintesi di ormoni implicati nel bilancio del sodio e nel controllo pressorio).

A livello renale, il sangue viene filtrato con la formazione di urina, che passa poi attraverso i tubuli renali dove viene ulteriormente trasformata fino alla produzione dell’urina, che si accumula nella vescica e viene espulsa con la minzione.

L’assunzione di liquidi

Generalmente ogni giorno dovrebbero essere assunti circa 1-1,5 litri di liquidi, suddivisi tra acqua, frutta, verdura e alimenti, ma tale fabbisogno è influenzato da diversi fattori quali l’età, lo stato di salute, gli stili di vita e il clima. Ad esempio, un uomo di mezza età con uno stile di vita sedentario avrà bisogno di circa 1,5 litri di acqua al giorno, ma tale fabbisogno cresce negli individui che fanno attività fisica o vivono in zone con clima caldo/umido. La quantità di acqua presente negli alimenti è estremamente variabile: frutta, ortaggi, verdura e latte sono costituiti per oltre l’85% da acqua; carne, pesce, uova e formaggi freschi ne contengono il 50-80%; pane e pizza sono costituiti per il 20-40% da acqua; pasta e riso cotti ne contengono il 60-65%. Infine, biscotti, fette biscottate, grissini e frutta secca ne contengono meno del 10%.

Acqua, vero e proprio alimento

L’acqua rappresenta un vero e proprio alimento, anche grazie al contenuto di sali minerali in essa disciolti che sono necessari al corretto funzionamento del nostro organismo. In base alla quantità di sali in essa disciolti (residuo fisso) le acque possono essere divise in acque minimamente mineralizzate (fino a 50 milligrammi di residuo fisso per litro di acqua), acque oligominerali (da 51 a 500 milligrammi per litro), acque mediamente mineralizzate (da 501 a 1.500 milligrammi per litro) e acque ricche di sali minerali (oltre 1.500 milligrammi per litro).

Una corretta idratazione non solo aiuta a mantenere il benessere dell’organismo, ma favorisce anche la protezione da alcune affezioni del tratto urinario, come le infezioni e la formazione di calcoli. Bere poco e svuotare raramente la vescica sono fattori che predispongono al proliferare di germi e all’accumulo della cosiddetta “sabbiolina” che, con l’andare del tempo, porta alla formazione dei calcoli. Il passaggio dell’urina lava via i germi che aderiscono alle pareti della vescica e la sabbiolina che si forma a livello renale e/o ureterale.

Bere poco e svuotare raramente la vescica sono fattori che predispongono al proliferare di germi e all’accumulo della cosiddetta “sabbiolina”

Prevenzione delle Infezioni

e della Calcolosi

Dal punto di vista delle Infezioni delle vie urinarie, la prevenzione è molto importante, soprattutto se si considera il fenomeno dell’antibiotico-resistenza e della sempre minore disponibilità di antibiotici ad oggi disponibili ed efficaci. Ecco perché bere molto e non trattenere le urine aiutano a prevenire queste infezioni e tutti i problemi che derivano dall’uso/ abuso di antibiotici.

Da molto tempo è aperto il dibattito soprattutto sulla Calcolosi urinaria e su quale sia la migliore tipologia di acqua da utilizzare nei Pazienti che ne soffrono. Anche la Calcolosi è una patologia molto frequente e, in alcuni casi, molto invalidante e anche qui la prevenzione la fa da padrone, considerando l’alto rischio di recidiva delle persone che ne soffrono. I Calcoli possono formarsi lungo tutto il decorso delle vie urinarie dai reni alla vescica, essere asintomatici o dare coliche e impattare sulla funzionalità dei reni. I Calcoli si formano quando nelle urine la concentrazione dei sali litogeni (calcio, acido urico, ossalato), aumenta e forma prima dei cristalli poi degli aggregati che costituiscono il calcolo vero e proprio. Si tratta di un problema che interessa ad oggi dal 5 al 10% della popolazione e con un trend di crescita costante.

Quanto e come bere

Gli studi sono concordi sulla quantità di acqua (circa 1,5/2 litri al giorno) da assumere come prevenzione. I dati inoltre portano a riconsiderare la tipologia di acqua. Cade così il convincimento che acqua ad alto residuo fisso o l’acqua del rubinetto possano essere poco indicate nel caso dei Pazienti che soffrono di Calcolosi. Di notevole importanza risulta anche la modalità in cui si deve bere: per mantenere un corretto equilibrio idrico e promuovere la salute renale, occorre bere a sufficienza e a piccoli sorsi durante tutto il giorno, bilanciare il consumo di liquidi, introducendo oltre all’acqua anche succhi di frutta, tisane e brodi, evitando eccessi di bevande zuccherate o alcoliche e limitare consumo di sodio.

BAMBINI E MIOPIA

Le lenti MYOpis, dai laboratori Divel, possono correggere il difetto visivo della Miopia e limitarne la progressione

La Miopia è un difetto visivo che non permette di focalizzare in maniera nitida le immagini distanti. Più la Miopia è alta, più le immagini lontane ci appaiono offuscate. Negli ultimi anni la Miopia è notevolmente aumentata nella popolazione mondiale e in particolare nei giovanissimi. Numerosi studi stimano che entro il 2050 almeno il 50% della popolazione mondiale soffrirà di Miopia.

Miopia in età scolare

A partire dall’età scolare, dai 4/6 anni e fino al termine dello sviluppo, in molti bambini si manifestano disturbi visivi che è necessario affrontare e correggere nei giusti modi anche e soprattutto per rallentarne il peggioramento.

Le cause

La comparsa e la progressione della Miopia, specialmente nei bambini, potrebbe essere legata a fattori genetici e alla predisposizione

famigliare. Un’altra causa può essere legata allo stile di vita della persona. Nelle fasce di età dello sviluppo, il tempo trascorso in ambienti chiusi svolgendo attività da vicino, in condizioni di affaticamento visivo, può causare un aumento dei rischi di sviluppare la Miopia, favorendone la veloce progressione.

MYOpis

Grazie alle lenti MyOpis per la gestione miopica costruite tramite un avanzato software di ultima generazione, unite ad uno stile di vita adeguato, è possibile limitare la progressione della Miopia, riducendo l’aggravarsi del difetto visivo.

MYOpis è disponibile in due versioni: Classica e Boosted.

Disturbi della colonna tra prevenzione

Il rachide è spesso sottoposto a notevoli stress biomeccanici che possono portare allo sviluppo di numerose condizioni patologiche

vertebrale, prevenzione e correzione

Prof. Bernardo Misaggi

Presidente Società Italiana di Chirurgia Vertebrale e Gruppo Italiano Scoliosi S.I.C.V. & G.I.S.

Direttore S.C. Chirurgia Vertebrale e Scoliosi

ASST Gaetano Pini

Centro Specialistico Traumatologico Pini-Cto

SIOT (Società italiana di Ortopedia e Traumatologia)

La colonna vertebrale è il principale sistema di sostegno del corpo umano; svolge la funzione di sostenere il tronco, consentendo di mantenere la postura eretta e di proteggere le strutture nobili del sistema nervoso centrale, il tutto mantenendo una struttura estremamente mobile. Proprio per queste sue caratteristiche il rachide è sottoposto a notevoli stress biomeccanici, che purtroppo possono portare allo sviluppo di numerose condizioni patologiche.

I disturbi più comuni

Le patologie più comuni che colpiscono la colonna vertebrale possono essere distinte, mediante una semplificazione, in due macro categorie: le patologie degenerative , legate ad un danno cronico alle strutture ossee e legamentose che compongono il rachide (dischi intervertebrali, articolazioni e legamenti) e le deformità , ovvero quelle patologie in cui la normale anatomia del rachide in toto è alterata.

Discopatia lombare

La forma più comune di patologia degenerativa del rachide è la Discopatia degenerativa lombare. Si stima che oltre il 50% dei soggetti over 50 abbiano almeno un disco lombare degenerato. Inoltre, la Lombalgia è il secondo sintomo al mondo più comunemente riportato ai Medici di base, dopo solo il Raffreddore.

Questo disturbo, spesso associato all’invecchiamento, coinvolge i dischi intervertebrali , strutture cruciali che agiscono come “ammortizzatori” tra le vertebre . I dischi intervertebrali sono composti principalmente da acqua e proteine. Nel corso del tempo, a causa di fattori come l’usura, l’invecchiamento e lo stress meccanico, questi dischi possono subire cambiamenti strutturali. La riduzione del contenuto d’acqua e la perdita di elasticità possono portare alla riduzione della capacità “ammortizzante” del disco e alla formazione di crepe o protuberanze, note come Ernie o Protrusioni discali. Questo processo è al centro della Discopatia degenerativa lombare.

La Lombalgia

Definita come un dolore che comprende la zona lombare e si irradia sia verso l’alto, fino alle costole, che verso il basso, nella parte posteriore della gamba fino alle ginocchia, questa Sindrome rappresenta il disturbo più comune. Talvolta, se le radici nervose sono “schiacciate” da un’Ernia o una Protrusione discale, possono comparire dei dolori irradiati a tutta la gamba, noti come Sciatalgie Questi dolori sono spesso saltuari, potendo andare incontro a miglioramento spontaneo. Nel caso in cui il dolore si cronicizzi può essere opportuno eseguire degli approfondimenti diagnostici, come la Risonanza Magnetica o la Tomografia Computerizzata.

Una volta confermata la presenza del disturbo, il trattamento può variare da approcci conservativi,

Si stima che oltre il 50% dei soggetti over 50 abbiano almeno un disco lombare degenerato

come la Fisioterapia e i farmaci antidolorifici, a opzioni più invasive come l’ Infiltrazione di corticosteroidi o la Chirurgia , in casi estremi.

Sebbene l’invecchiamento sia un fattore chiave, altri elementi come la genetica, il peso corporeo, la postura e l’attività fisica possono influenzare lo sviluppo della Discopatia degenerativa lombare. Mantenere un peso corporeo sano , adottare corrette abitudini posturali e impegnarsi in esercizi mirati possono contribuire a prevenire o rallentare la progressione della condizione. La gestione del dolore è un aspetto fondamentale per coloro che vivono con la Discopatia degenerativa lombare. Secondo la letteratura scientifica, le Terapie fisiche, che comprendono esercizi mirati di rinforzo muscolare associati a strategie di

Le terapie fisiche, che comprendono esercizi mirati di rinforzo

muscolare associati a strategie di gestione del dolore sono il “gold standard” terapeutico

gestione del dolore nella vita quotidiana sono il “gold standard” terapeutico. Inoltre, adottare uno stile di vita sano, inclusi una dieta equilibrata e il mantenimento di un peso corporeo ottimale, può svolgere un ruolo significativo nel gestire la condizione.

Le deformità del rachide

Per quanto riguarda le deformità del rachide, la più comune tra queste è la Scoliosi . La colonna vertebrale normale non dovrebbe presentare curve sul piano frontale, ovvero quando vista di fronte in una Radiografia. Quando su questo piano si riscontrano

delle curvature si parla di Scoliosi. Queste curve anomale possono avere varie morfologie, presentandosi a forma di “S” o di “C”, e sono associate ad una rotazione della colonna vertebrale su se stessa, in modo simile a quanto accade quando si strizza uno straccio. Sebbene la Scoliosi sia spesso considerata una deformità conseguente ad errati comportamenti posturali, in realtà essa è una vera e propria patologia dello sviluppo osseo vertebrale. Le Scoliosi possono essere riscontrate sia nei soggetti che non hanno ancora completato la maturazione scheletrica, e sono in generale definite Scoliosi dell’età evolutiva , sia in soggetti adulti. Nei soggetti in età evolutiva, la forma più comune di Scoliosi è quella definita idiopatica (85% di tutte le Scoliosi), per la quale non è stata individuata una causa certa; le Scoliosi idiopatiche vengono a loro volta definite infantili , se compaiono prima dei 3 anni di età, giovanili se compaiono tra i 3 e i 10 anni di età e adolescenziali se compaiono tra i 10 e i 18 anni di età; queste ultime sono senza dubbio le forme di riscontro più comune.

Dalla diagnosi al trattamento

La maggior parte delle curve che si riscontrano nella pratica clinica non sono gravi e richiedono solo che i Pazienti siano monitorati dai Medici. D’altra parte, curvature di alto grado possono portare ad una progressiva compromissione della funzionalità polmonare e cardiaca, oltre che sull’autostima e

sull’immagine di sé del Paziente. Inoltre, se queste curve presentano una ampiezza rilevante, rischiano di progredire durante l’età adulta, comportando un aumentato rischio di Lombalgie e Radicolopatie rispetto ai soggetti non scoliotici. La diagnosi di Scoliosi viene sospettata con l’esame obiettivo, in cui si valuta la possibile presenza di dismorfismi della colonna vertebrale attraverso il Test di Adams o Test della flessione anteriore; la conferma diagnostica si ottiene mediante Radiografia della colonna vertebrale ; in alcuni casi può essere richiesta anche la Risonanza Magnetica Nucleare . Le curve scoliotiche vengono generalmente misurate per la loro ampiezza sul piano frontale.

Quando è utile un corsetto

L’indice più utilizzato è l’angolo di Cobb, ottenuto dall’incrocio delle linee parallele passanti per le vertebre più inclinate della curva. Questo indice è usato per decidere il trattamento più adeguato. Per le curve con angolo di Cobb maggiore di 25°, infatti,

Sin dalle forme più lievi, la Ginnastica correttiva è fondamentale per la buona riuscita dei trattamenti conservativi

può essere indicato il trattamento con corsetto , da portare durante la giornata per un numero di ore variabile (da 12 a 22) a seconda del tipo e dell’entità della curva. Oltre al trattamento con corsetti ortopedici, nel nostro Centro Scoliosi dell’ASST Gaetano Pini CTO di Milano, confezioniamo anche corsetti gessati correttivi. Nelle curve più gravi invece, con angolo di Cobb maggiore di 45-50°, può essere indicato l’ intervento chirurgico correttivo.

Trattamenti correttivi

La Fisioterapia svolge un ruolo essenziale nel trattamento delle Scoliosi. Infatti, sin dalle forme più lievi, la Ginnastica correttiva è fondamentale per la buona riuscita dei trattamenti conservativi. Nelle forme lievi, che non richiedono l’uso del corsetto, la Ginnastica correttiva consente di migliorare l’aspetto estetico della schiena e ottenere una postura migliore. Nei casi più severi, che richiedono l’uso di corsetti, l’approccio combinato con Fisioterapia migliora l’efficacia del trattamento ortopedico e consente di mantenere il buon funzionamento dei muscoli paravertebrali, che rischierebbero di indebolirsi.

Infine, anche nei rari casi in cui è necessario un intervento chirurgico, è fondamentale sia un percorso fisioterapico che pre-operatorio, volto al migliorare lo stato muscolare prima dell’intervento, che nel post-operatorio per il rapido recupero dell’autonomia.

Scoliosi in età adulta

Se la Scoliosi viene riscontrata in età adulta i sintomi sono molto differenti. Mentre i soggetti in età evolutiva sono quasi sempre asintomatici, l’adulto lamenterà molto frequentemente mal di schiena anche invalidanti, con limitazione importante delle attività quotidiane. Talvolta a questi si associa un dolore sciatalgico irradiato alle gambe

Nelle Scoliosi dell’adulto la scelta del trattamento dipende dall’entità dei sintomi. Se questi sono invalidanti può rendersi necessario un intervento chirurgico che però, anche a causa dell’elevato tasso di complicanze, deve essere visto come “extrema ratio” e proposto solo dopo molteplici tentativi di trattamento conservativo. Infatti la Fisioterapia, se eseguita associando esercizi di rinforzo muscolare a rieducazione posturale e adeguamenti cognitivocomportamentali, si è dimostrata estremamente efficace nel miglioramento della qualità della vita in questi Pazienti.

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Difetti visivi, nuove

ÈA partire dalle lenti, sempre più perfezionate, fino ad arrivare alle nuove Tecnologie Laser, sono tante le nuove prospettive di cura disponibili per risolvere i disturbi visivi

principalmente attraverso gli occhi che ciascuno di noi comunica con la realtà. Le evidenze scientifiche ci dicono infatti che circa l’80% delle informazioni che raggiungono il nostro cervello siano mediate dalla vista, che pertanto costituisce il canale formativo privilegiato per quello che siamo. La scuola è diventata d’obbligo per tutti, i nostri ragazzi chini per molte ore sui libri; il tempo libero è sempre più occupato dai devices; si vive sempre meno all’aria aperta; la notte è quasi scomparsa e con l’illuminazione artificiale: non c’è più tregua per la vista. A questo punto la domanda che sorge spontanea è: l’occhio è pronto a tutto questo carico di lavoro?

Vizi di rifrazione, sempre più diffusi

Purtroppo l’occhio umano è fragile e va incontro facilmente a malattie. Ma soprattutto si rivela non proprio perfetto nella sua funzione refrattiva, che è quella di mettere perfettamente a fuoco sulla retina tutto ciò che si osserva. Tanti infatti sono i difetti di vista, detti anche vizi di refrazione o ametropie, che non risparmiano alcuna fascia di età. L’ultimo Report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dice che nel Mondo ci sono 2,6 miliardi di persone con Miopia, di cui 312 milioni sono ragazzi con meno di 19 anni e 399 milioni sono affette da Miopia degenerativa. I presbiti, coloro che vedono male da vicino, sono 1

Prof. Filippo Cruciani

Oftalmologo

Segretario SIOL (Società Italiana di Oftalmologia Legale)

L’ultimo Report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dice che nel Mondo ci sono 2,6 miliardi di

persone con Miopia

miliardo 800 milioni. Inoltre ci sono tanti ipermetropi e astigmatici: poco meno di un miliardo di persone. Ma ciò che preoccupa di più è il trend che i vizi di refrazione presentano. In particolare si prevede che la Miopia nel 2050 interesserà circa la metà della popolazione mondiale, che con il progressivo invecchiamento avrà maggiori problemi visivi.

Secondo il Report 2020 “Eliminig poor vision in a generation” (See Change - Essilor) tutta la popolazione mondiale, composta di 7,68 miliardi di persone, si presenta così rispetto ai vizi di refrazione:

• 2,9 miliardi non hanno bisogno di correzione ottica;

• 2.0 miliardi dispongono già di correzione;

• 2,7 miliardi non hanno possibilità di disporre di una correzione.

Davanti alla drammaticità di questi dati e di queste previsioni, il primo obiettivo da proporsi ad ogni livello e da raggiungere il prima possibile è garantire a tutti l’accesso a prestazioni oftalmiche e anche la disponibilità di occhiali predisposti per ogni singolo individuo.

prospettive di cura

Occhiali, un aiuto fondamentale

Basta guardarsi intorno per averne un’immediata conferma: gli occhiali sono ormai parte integrante dell’uomo moderno. C’è chi li porta a permanenza con una dipendenza più o meno totale; c’è chi li usa al bisogno, non potendone fare a meno in certe circostanze; c’è chi fa del tutto per dimostrare a se stesso e agli altri che si può vivere anche senza, rinunciando a molte attività, ma forse poi li usa nelle segrete stanze; c’è chi li indossa per proteggersi dalla luce intensa e da agenti atmosferici, ecc. In passato le cose erano molto diverse. Gli occhiali iniziarono faticosamente a diffondersi nella popolazione poco più di 150 anni fa, dopo le scoperte di Fisiologia e Patologia dell’Ottica oculare. Prima erano solo lenti che ingrandivano oggetti e scritti nell’attività da vicino, appannaggio di una ristrettissima minoranza. All’inizio trovarono anche molta diffidenza da parte degli stessi addetti ai lavori. Un Medico parigino ne consigliava un uso simile all’assunzione di alcool: a piccoli sorsi. Ma erano soprattutto i potenziali utenti a rifiutare quella che veniva considerata una protesi deturpante e pesante. Le cose sono in seguito cambiate, ma molto, molto lentamente. La svolta si è avuta quando la tecnologia ha realizzato lenti sottili, leggere, non deformanti, e quando la moda ha scoperto un mondo intero da far proprio.

I progressi della ricerca

La ricerca industriale nel frattempo ha intensificato la sua attività, proprio sulla spinta di una richiesta non solo sempre maggiore, ma anche e soprattutto più esigente in termini qualitativi. Sono arrivate così soluzioni innovative. Un esempio per tutti: le lenti progressive o multifocali. Sono lenti che permettono di vedere bene a tutte le distanze, in ogni attività, con messa a fuoco immediata, garantendo un ampio campo visivo, una visione nitida e stabilità visiva anche in movimento. Da un punto di vista estetico sono perfettamente sovrapponibili alle lenti monofocali, non essendo riconoscibili a chi osserva. Come tutte le innovazioni, presentano alcuni inconvenienti e possono provocare qualche fastidio, come la distorsione e l’effetto onda nella visione laterale, dovute all’effetto prismatico della lente. Inoltre richiedono un periodo di adattamento, in quanto la messa a fuoco presuppone movimenti del capo e degli occhi coordinati e precisi, che però poi diventano automatici. Abituarsi alle lenti progressive

Le lenti progressive o multifocali permettono di vedere bene a tutte le distanze, in ogni attività, con messa a fuoco immediata, garantendo un ampio campo visivo

varia da soggetto a soggetto. C’è chi le accetta immediatamente senza disturbi, chi invece impiega molto tempo. Fondamentale che tutto il processo sia personalizzato, dalla selezione del portatore e dalla prescrizione ottica alla scelta e alla predisposizione degli occhiali su misura. Le lenti progressive raggiungono il massimo di confort visivo quando la montatura è adeguata, soddisfacendo le richieste estetiche e funzionali, e quando le lenti stesse si adattano perfettamente agli occhi, al viso e alle esigenze di vita di chi le indossa.

Oggi la tecnologia ottica e il mercato presentano soluzioni sempre più confortevoli anche per i fastidi visivi legati alla luce intensa, ai riflessi, all’abbagliamento. Le lenti transitions si adattano alle differenti situazioni di illuminazione sia in ambienti interni che esterni, e allo stesso tempo bloccano i raggi ultravioletti (UVA e UVB) e filtrano la luce blu-viola. Le lenti polarizzate garantiscono una visione chiara e nitida, eliminando fenomeni di riverbero e di riflesso.

Vizi di refrazione, si possono prevenire?

È questa la domanda che si è posta la ricerca scientifica e clinica, ma non ha trovato risposte valide. Il discorso vale specialmente per la Miopia, che normalmente insorge nell’età adolescenziale e progredisce in modo variabile, per stabilizzarsi intorno ai 20-25 anni. Non vale certamente per la Presbiopia che è un processo fisiologico legato all’età, caratterizzato dalla progressiva perdita dell’accomodazione, ossia la capacità di mettere a fuoco oggetti vicini. Se le funzioni del corpo umano possono superare anche i 110 anni, l’accomodazione, come la capacità procreativa femminile, si perde “nel mezzo del cammin di nostra vita”.

Tornando alla Miopia, non si conoscono con precisione le cause che la determinano. Ancora oggi sono valide le conclusioni del Congresso Internazionale di Scienze Mediche che si tenne a Ginevra nel 1977: “Le cause della

Miopia vanno ricercate nel lavoro oculare da vicino e nell’eredità genetica; i progressi della civiltà con l’alfabetizzazione di massa e la maggiore istruzione hanno un peso rilevante”.

Gli studi attuali confermano l’importanza dell’eredità genetica e la sua maggiore influenza rispetto ai fattori ambientali; presenta però un’enorme complessità, caratterizzata da più di 150 loci genetici finora identificati. Per quanto riguarda i fattori ambientali, particolare importanza è da attribuire al tempo trascorso all’aperto e quello speso nell’attività per vicino. Se non ci sono importanti novità sulle cause che portano all’insorgenza della Miopia, e quindi sulle nostre possibilità di prevenzione, qualche risultato ci giunge dagli studi che cercano di limitarne la progressione. Sono tante le ricerche cliniche in atto che si basano sull’utilizzo di lenti multifocali ad alta tecnologia che tendono ad annullare lo “sfuocamento ipermetropico periferico” che si ha normalmente con l’utilizzo di una lente correttiva monofocale e che è ritenuto causa dell’aumento della Miopia, in quanto stimolo all’allungamento del bulbo oculare. I risultati finora ottenuti fanno ben sperare, in quanto dimostrano una minore progressione della Miopia, ma non una sua stabilizzazione. Sono comunque necessari studi più approfonditi su campioni più ampi per avere conferme più precise; comunque un loro effetto positivo, sia pure limitato, è innegabile.

Chirurgia refrattiva

La Chirurgia refrattiva ha lo scopo di eliminare i difetti della vista. È una Chirurgia molto giovane, nata solo qualche decennio fa e, grazie all’apporto della ricerca tecnologica, ha raggiunto in poco tempo successi incredibili. In pratica essa mira a riportare il fuoco sulla macula, eliminando il ricorso agli occhiali. Si esplica sulle due lenti principali dell’occhio: la cornea e il cristallino.

Gli interventi più eseguiti riguardano la cornea. La Miopia è al primo posto, ma possono essere trattati con successo l’Ipermetropia e l’Astigmatismo. In pratica circa il 60-70% dei soggetti portatori di un vizio di refrazione risulta essere idoneo a questa Chirurgia.

Con l’utilizzo di un Laser ad eccimeri, che scarica tutta la sua potenza appena è a contatto con il tessuto biologico, viene rimodellata la cornea, diminuendone il potere in caso di Miopia, aumentandolo in caso di Ipermetropia, aumentandolo o diminuendolo solo su un meridiano in caso di Astigmatismo. Dopo l’esecuzione di esami preliminari tecnologicamente all’avanguardia, attraverso un computer viene programmata la quantità

Con l’utilizzo di un Laser ad eccimeri viene rimodellata la cornea, diminuendone il potere in caso di Miopia, aumentandolo in caso di Ipermetropia

di tessuto da asportare e il disegno da attuare. Compito dell’Oculista, oltre alla selezione e la preparazione del soggetto, è la scelta dell’intervento. Esistono due tecniche principali: PRK e LASIK. La prima realizza l’ablazione sulla faccia anteriore corneale, previa rimozione dell’epitelio; la seconda invece nello spessore corneale, previa creazione di un flap (un lembo corneale poi sollevato) con la Tecnologia Laser a femtosecondi

Più complessi e più invasivi sono gli interventi di Chirurgia refrattiva sull’altra lente dell’occhio, il cristallino che, come è noto è posta all’interno del bulbo oculare e ha la peculiarità di deformarsi, aumentando il suo potere diottrico per garantire la visione da vicino. È una lente organica che si modifica secondo le esigenze vitali di messa a fuoco.

L’intervento possibile è il classico intervento di Cataratta con rimozione del cristallino e con l’impianto di una lentina intraoculare (IOL), in questo caso eseguito a scopo refrattivo, cioè per eliminare un difetto di vista. Il ricorso a questo intervento è frequente nei casi di Cataratta iniziale con presenza di vizi refrattivi più o meno elevati, ma si va diffondendo la pratica di eseguirlo anche con un cristallino trasparente. Ciò è facilitato dalla possibilità di impiantare le IOL premium. Sono lentine ad alta tecnologia che correggono anche l’Astigmatismo e soprattutto la Presbiopia attraverso IOL multifocali diffrattive o refrattive, o IOL accomodative o IOL progressive.

La Chirurgia refrattiva in particolare può rappresentare la soluzione teorica ideale. Risultano fondamentali: l’attenta selezione del singolo caso, il ricorso alla più alta professionalità, la disponibilità della tecnologia più avanzata e infine il pieno rispetto di ciò che viene dal mondo scientifico e dalla Medicina basata sull’evidenza (EBM).

La Chirurgia refrattiva è però un campo estremamente delicato, in quanto viene esercitata su una struttura sana con il fine di eliminare gli occhiali. Il Paziente deve essere informato a lungo e in maniera esaustiva.

Per approfondire: “Vedere meglio, vivere meglio, tutti”Filippo Cruciani, OneSight EssilorLuxottica Foundation

Screening nel neonato, efficace di prevenzione

In Italia gli Screening neonatali sono gratuiti e obbligatori sin dal 1992. Grazie ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il nostro Paese garantisce a tutti i neonati le prestazioni necessarie e appropriate per la diagnosi precoce delle malattie congenite previste dalla normativa vigente e dalla buona pratica clinica, incluse quelle per la diagnosi precoce della Sordità congenita e della Cataratta congenita, nonché quelle per la diagnosi precoce delle Malattie metaboliche ereditarie.

Malattie metaboliche ereditarie

Lo Screening Neonatale Esteso (SNE) rappresenta uno degli strumenti più efficaci per la diagnosi precoce di un ampio spettro di Malattie congenite rare, un gruppo di condizioni cliniche geneticamente determinate e dovute a un alterato funzionamento di una specifica via metabolica. Esse possono essere causate sia da un difetto enzimatico sia da alterazioni nei meccanismi di trasporto cellulare. Ad oggi per queste malattie sono disponibili trattamenti specifici che, se iniziati

Lo Screening Neonatale

Esteso rappresenta uno degli strumenti più avanzati di prevenzione delle Malattie congenite che possono causare gravi disabilità

Dott. Andrea Dotta

Dott.ssa Simona Lozzi

Terapia Intensiva Neonatale

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

IRCCS - Roma

SIN (Società Italiana di Neonatologia)

tempestivamente, possono migliorare la prognosi e gli esiti della malattia. Sono definite malattie rare per la loro bassa diffusione nella popolazione (colpiscono non oltre 5 per 10.000 abitanti) ma, considerate nel loro insieme, rivestono una grande rilevanza in Sanità pubblica. Se non diagnosticate e trattate precocemente, infatti, esse causano gravi disabilità, caratterizzate da ritardi psichici e/o neuro-motori permanenti sin dai primi anni di vita e, in alcuni casi, possono causare anche la morte del neonato. Inoltre, spesso è difficile ottenere una diagnosi corretta e in

Le Malattie congenite rare, se non diagnosticate e trattate precocemente, causano gravi disabilità, caratterizzate da ritardi psichici e/o neuro-motori permanenti

strumento

tempi rapidi (per conoscere l’elenco delle patologie e possibile consultare il sito www.salutelazio.it/elencomalattie-metaboliche).

Il percorso normativo

In Italia, l’articolo 6 della Legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha introdotto lo Screening Neonatale su goccia di sangue per tre malattie: Ipotiroidismo congenito, Fibrosi cistica e Fenilchetonuria. Grazie alle nuove tecnologie a disposizione, è stato possibile estendere le attività di Screening Neonatale ad un ampio numero di Malattie metaboliche ereditarie. Successivamente, con la Legge 147/2013 inizia il percorso normativo di attuazione dello SNE. La Legge stabilisce, anche in via sperimentale, di effettuare, nel limite di cinque milioni di euro, lo Screening Neonatale per la diagnosi precoce di Patologie metaboliche ereditarie per la cui terapia, farmacologica o dietetica, esistano evidenze scientifiche di efficacia terapeutica o per le quali vi siano evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale, comporti un vantaggio in termini di accesso a terapie in avanzato stato di sperimentazione, anche di tipo dietetico. Come definito nella norma di legge, inizialmente lo SNE era attivo solo in alcune Regioni del nostro Paese, dove erano stati avviati specifici programmi o progetti pilota in via sperimentale attraverso norme regionali/atti deliberatori e l’investimento di risorse economiche dedicate. Questo aveva creato, però, disuguaglianze nelle opportunità di salute offerte dalle Regioni ai nuovi nati. Alcuni anni dopo, con la Legge 19 agosto 2016, n. 167, è stato fatto un importante passo avanti, stabilendo l’inserimento dello SNE per le Malattie metaboliche rare nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza così da poter garantire lo Screening a tutti i nuovi nati. Con il DM 13 ottobre 2016 sono state fornite indicazioni su: la lista delle Malattie metaboliche ereditarie inserite nello SNE; il sistema di Screening Neonatale con gli elementi della sua organizzazione, regionale o interregionale, deputata a garantire l’intero percorso dello Screening Neonatale dal test di I livello alla presa in carico del neonato confermato positivo; le modalità di comunicazione e richiamo per la con-

Lo Screening Neonatale per la diagnosi precoce delle Malattie metaboliche ereditarie è costituito da una serie di test non invasivi effettuati in predimissione dal Punto nascita

ferma diagnostica e la presa in carico del Paziente; le iniziative di formazione e informazione nonché i criteri per la ripartizione dello stanziamento finanziario iniziale.

Il DPCM 12 gennaio 2017 garantisce a tutti i neonati “le prestazioni necessarie e appropriate per la diagnosi precoce delle Malattie congenite previste dalla normativa vigente e dalla buona pratica clinica, incluse quelle per la diagnosi precoce della Sordità congenita e della Cataratta congenita, nonché quelle per la diagnosi precoce delle Malattie metaboliche ereditarie.

Con il Decreto n. 33 del 9 marzo 2017 del Direttore Generale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per assicurare la massima uniformità del sistema Screening sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 3 della Legge 167/2016 è stato istituito il Centro di Coordinamento sugli Screening Neonatali (CCSN)

La Legge di bilancio 2019 (art.1 c.544) ha modificato la Legge 167/2016 e ha esteso lo Screening alle Malattie neuromuscolari genetiche, alle Immunodeficienze congenite severe e alle Malattie da accumulo lisosomiale. La legge ha stabilito, inoltre, la revisione periodica, almeno biennale, della lista delle malattie da ricercare attraverso lo Screening Neonatale, in relazione all’evoluzione nel tempo delle evidenze scientifiche in campo diagnostico-terapeutico per le malattie genetiche rare.

In cosa consiste lo Screening

Lo Screening Neonatale per la diagnosi precoce delle Malattie metaboliche ereditarie è costituito da una serie di test non invasivi effettuati in pre-dimissione dal Punto nascita, fra le 48 e le 72 ore di vita, che misurano la concentrazione nel sangue di specifiche sostanze (metaboliti), la cui alterazione è indicativa di specifiche malattie. Con una lancetta sterile viene effettuata una piccola puntura nel tallone per raccogliere alcune gocce di sangue che verranno poi applicate su un cartoncino assorbente. I cartoncini assorbenti verranno rapidamente inviati

al Laboratorio Regionale per lo Screening Neonatale del Policlinico Umberto I che eseguirà le analisi e, nei casi in cui ci siano dei valori alterati, saranno avviate le procedure per eseguire ulteriori controlli necessari alla conferma o all’esclusione della malattia. Nel caso di conferma della diagnosi, il neonato viene preso in carico presso il Centro clinico di riferimento per iniziare tempestivamente il trattamento specifico e seguire il follow-up previsto per la malattia.

Lo Screening Neonatale Esteso rappresenta uno degli strumenti più avanzati di prevenzione delle malattie congenite, complesso e multidisciplinare, ed ha importanti ricadute di Sanità pubblica, che coinvolgono i professionisti della salute, le persone affette da malattie rare, le famiglie e le associazioni.

Formazione degli operatori e informazione per i genitori

Risulta fondamentale riservare a questo argomento un’adeguata attenzione e promozione anche attraverso la necessaria formazione dedicata agli operatori e l’offerta di informazioni corrette nei confronti dei futuri genitori, sin dalla fase pre-concezionale nei Punti nascita e nei Consultori familiari e successivamente durante la gravidanza e nel periodo perinatale.

Diagnosi precoce della Sordità congenita

I bambini imparano ad usare i suoni fin dalla nascita. La capacità di ascoltare le parole è la premessa indispensabile per lo sviluppo del linguaggio, per questo è importante individuare una perdita dell’udito il più presto possibile. Durante il primo anno di vita i bambini già comprendono il significato delle parole e iniziano a emettere le prime sillabe e a ripeterle in serie, usando molti dei suoni che sentono intorno a loro. Questi primi passi sono la premessa per un adeguato sviluppo del linguaggio e della capacità di comunicare. Individuare precocemente un problema uditivo è pertanto fondamentale per poter mettere in atto tempestivamente i trattamenti più opportuni. La Sordità neonatale rappresenta il difetto sensitivo ereditario più frequente nei neonati con un’incidenza stimata nei paesi occidentali fra 0,5 e 1,5 casi ogni mille nati. Se non diagnosticata e trattata precocemente, può determinare gravi deficit fortemente invalidanti. Lo Screening Uditivo Neonatale viene effettuato nei primi giorni di vita del bambino mediante un’indagine di breve durata e non invasiva: le Emissioni Otoacustiche Automatiche (A-OAE). In ciascun orecchio viene collocata una piccola sonda

che contiene un minuscolo auricolare e un microfono. In alcuni casi, su indicazione del responsabile dello Screening dell’Ospedale, può essere eseguito anche un altro test di Screening: i Potenziali Evocati Uditivi Automatici (A-ABR) che indagano le vie nervose uditive fino al cervello. In caso di risultato positivo si fisserà un appuntamento per un successivo esame. Non bisogna preoccuparsi del risultato: il Test delle A-OAE è molto sensibile ed un risultato positivo può anche dipendere da fattori tecnici o da alterazioni transitorie dell’orecchio. Fino al 10% di tutti i bambini possono non superare il test, ma solo un piccolo numero (1-3 neonati ogni mille) avrà una conferma di diagnosi di deficit uditivo (Ipoacusia), che risulterà, eventualmente, dalle valutazioni successive. Il vantaggio di un programma di Screening Uditivo Neonatale consiste nella possibilità di effettuare una diagnosi precoce di Sordità congenita considerato che, in assenza dello Screening, ci si accorgerebbe di tale condizione tardivamente, ossia quando il bambino manifesta un ritardo nell’acquisizione del linguaggio verbale. Al contrario, una diagnosi precoce permette l’avvio di una riabilitazione tempestiva del deficit uditivo mediante apparecchi acustici o impianto cocleare in caso di sordità profonde.

Screening Visivo Neonatale

Le Malattie oculari congenite rappresentano gravi affezioni neonatali ad alto impatto sociale, poiché influiscono in maniera determinante sullo sviluppo della capacità di relazione del bambino. Una delle malattie più importanti diagnosticabile mediante Screening è la Cataratta congenita che ancora oggi rappresenta una delle principali cause di cecità curabile nell’infanzia, con un’incidenza compresa tra 1 e 6 casi su 10.000 nati vivi. Lo Screening Visivo Neonatale previsto dai nuovi LEA per tutti i nuovi nati è rappresentato dal Test del riflesso rosso. Si tratta di un esame molto semplice che permette di valutare la presenza o meno del riflesso rosso del fondo oculare: è lo stesso effetto che osserviamo spesso nelle fotografie effettuate con il flash. La mancanza del riflesso rosso o la differenza fra i due occhi in termini di omogeneità sono indicativi di possibili patologie e permettono di indirizzare subito il bambino allo Specialista Oculista per una diagnosi e una presa in carico tempestiva.

Anche in caso di risultato normale, il Test del riflesso rosso sarà ripetuto dal Pediatra di Libera Scelta durante il bilancio di salute a 3 mesi, al fine di escludere la presenza di patologie non visibili alla nascita.

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CIP - Salva la vista

La vista è la nostra finestra sul mondo, ci permette infatti di raccogliere oltre l’80% delle informazioni che ci giungono dall’ambiente. Per questo motivo risulta di vitale importanza salvaguardarne la sua efficienza mettendo in atto uno stile di vita corretto e le diverse strategie utili per la prevenzione delle malattie oculari.

Per tutto il mese di settembre, il team scientifico della rivista Elisir di Salute attraverso il Circuito Informazione e Prevenzione (CIP), presso le strutture sanitarie aderenti, propone l’approfondimento di alcuni importanti temi di riflessione. Durante gli eventi infor-

mativi proposti sarà possibile raccogliere informazioni sulle patologie oculari, le terapie disponibili ma soprattutto recepire le indicazioni utili per la prevenzione (stile di vita, alimentazione, controlli preventivi, ecc.) ed anche ottenere maggiori notizie sui possibili controlli periodici da effettuare.

Presso le strutture sanitarie che partecipano alla Campagna saranno anche attive alcune promozioni che consentiranno di effettuare visite oculistiche ed esami di controllo a tariffe agevolate.

Per approfondire: www.elisirdisalute.it

Sappiamo che le Malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel mondo, responsabili di oltre 17,9 milioni di decessi ogni anno. In Italia, ogni anno muoiono 230.000 persone per malattie cardiovascolari, pari a circa 600 persone al giorno. Possiamo però fare molto per prevenire gli eventi cardiovascolari e ridurre il rischio di sviluppare queste malattie adottando uno stile di vita sano. La Giornata mondiale del cuore, promossa dalla Federazione Mondiale del Cuore (WHF), che si celebra tutti gli anni il 29 settembre, ha tra gli obiettivi principali anche la promozione di azioni per educare le persone ad azioni virtuose e a controllare i fattori di rischio come il consumo di tabacco, un’alimentazione non salutare, l’uso dannoso di alcol e l’inattività fisica per ridurre così gli eventi cardiovascolari e il rischio ad essi collegati. I programmi educativi progettati per coinvolgere il pub-

blico sono una parte importante della Giornata mondiale del cuore. Le informazioni sulle malattie cardiovascolari e sui modi per prevenirle vengono comunicate attraverso convegni e incontri, podcast, poster e volantini. Inoltre, in concomitanza con la Giornata, si svolgono corse, passeggiate, concerti, raccolte di fondi e manifestazioni sportive, controlli sanitari gratuiti e altre attività che hanno un impatto positivo sulla salute pubblica e sulla consapevolezza generale della salute. Oltre 90 paesi partecipano alla celebrazione ogni anno e, grazie a questi sforzi internazionali, l’iniziativa si è dimostrata un metodo efficace per diffondere informazioni sulla salute cardiovascolare. Questo livello di coinvolgimento consente di raggiungere i paesi in via di sviluppo che sono maggiormente colpiti da queste malattie.

Per informazioni: https://shorturl.at/Z5LLS

Per facilitare la presa in carico multidisciplinare della persona con Epilessia nasce il Progetto per la Messa in Rete dei Centri Epilessia realizzato dalla LICE, Lega Italiana Contro l’Epilessia con la consulenza di Sogetel, società leader nel settore innovazione e tecnologia. Nell’ambito del progetto e nell’ottica del miglioramento delle prestazioni assistenziali è stata sviluppata una piattaforma digitale che consente di garantire in sicurezza un servizio di teleconsulto tra i vari Centri Epilessia medici e chirurgici, riconosciuti dalla LICE, diffusi su tutto il territorio nazionale. Oltre a consentire agevolmente, quindi, un collegamento online tra i Centri per discutere di singoli casi clinici,

la piattaforma potrà essere utilizzata anche ai fini di ricerca, per raccogliere e analizzare successivamente dati su ampie casistiche. Inoltre i Soci della Società scientifica potranno accedere all’App per scambiare in cloud messaggi, e-mail, e organizzare autonomamente videoconferenze. Per queste caratteristiche innovative e tecnologiche la piattaforma permette possibilità di scambio di informazioni e di consulenze, per attuare un vero e proprio teleconsulto tra figure professionali con diverse competenze, con l’obiettivo di facilitare la presa in carico multidisciplinare dei Pazienti con Epilessia. Per informazioni: www.lice.it

Giornata mondiale del cuore

Robiola Nonno Nanni, un formaggio da scoprire

Frutto di una lenta e attenta lavorazione che consen te di garantire la delicata sofficità del prodotto e le specifiche caratteristiche organolettiche, la Nonno Nanni è un formaggio fresco estrema mente facile da spalmare e dal sapore intenso e avvolgente.

Freschezza e gusto

La Robiola Nonno Nanni è un classico di freschezza e di gusto. La consisten za cremosa è il frutto di una lavora zione lenta e accurata, che prevede di lasciare la Robiola a maturare qualche giorno prima di essere consumata.

Facile da spalmare, è un formaggio versatile, ideale per iniziare o finire in modo sfizioso i pasti ed è un ingrediente speciale per gustose ricette, dolci o salate.

Apporto di proteine

Tutti i formaggi freschi, tra cui la Robiola Nonno Nanni, vengono apprezzati non solo per i sapori e i profumi che portano sulle nostre tavole, ma anche per le numerose qualità nutrizionali che li caratterizzano. In particolare le proteine in essi contenute, oltre ad essere facilmente digeribili, vantano elevate proprietà biologiche, contengono infatti gli aminoacidi essenziali fondamentali per lo sviluppo e la crescita ma non solo, risultando per esempio necessari anche alla corretta regolazione del ritmo sonno-veglia.

Robiola Senza Lattosio e con latte di Capra

Per venire incontro a tutte le persone che normalmente non potrebbero apprezzare questo prodotto, Nonno Nanni ha creato anche una gustosa versione Senza Lattosio, adatta agli intolleranti al lattosio e la Robiola con latte di Capra, con un sapore più intenso e una quantità minore di grassi rispetto alla versione vaccina.

La confezione esterna della Robiola Nonno Nanni per il libero servizio è fatta con il 70% di plastica riciclata.

Attenzione per l’ambiente

Nonno Nanni ha implementato numerosi progetti volti alla tutela dell’ambiente tra cui l’involucro esterno del pack degli Stracchini riciclabile, l’acquisto di energia pulita da centrali alimentate da fonti rinnovabili, l’utilizzo di un depuratore biologico che agisce sull’acqua di processo, la riduzione degli sprechi energetici

Robiola Nonno Nanni è disponibile al banco gastronomia e al banco frigo nella pratica vaschetta da 100g o bipack da 100gX2. Da provare anche nelle versioni senza lattosio e con latte di capra.

Nuova stagione influenzale,

Siamo alle porte della nuova stagione influenzale, è importante tenere sotto controllo la diffusione dei virus respiratori di diversa natura anche attraverso la vaccinazione

Tosse, tosse e poi tosse! Secca, stizzosa, persistente e ricorrente, a volte catarrale che si fa beffa di cortisonici e fluidificanti per bocca o per aerosol ma anche di antibiotici e anti-tussigeni! Al 95% la classica lastra al torace è negativa, né grandi e utili indizi clinici e diagnostici ci pervengono dall’ascoltazione dei polmoni o dal rilievo della saturazione o dall’esplorazione delle vie orofaringolaringee. Al momento in cui scrivo questo articolo questo è il quadro clinico che ci viene riferito giornalmente da almeno 3-4 Pazienti di ogni età, dal ragazzo al giovane adulto all’anziano fragile o no, senza distinzione di sesso o di attività lavorativa.

Una causa ancora ignota

Al momento nessuno è stato in grado di dirci di che si tratta, di ipotizzare una causa di questo fastidioso e asociale sintomo e, tanto meno, di avanzare protocolli terapeutici. A parte alcune forme evolute in Broncopolmoniti, peraltro non responsive ai classici trattamenti antibiotici per bocca e che hanno richiesto generose e prolungate dosi

Il virus dell’Influenza cambia ogni anno e, di conseguenza, anche il vaccino, per il quale dobbiamo aspettare di conoscere
composizione antigenica

di iniettivi prima di avere un quadro radiologico polmonare “pulito”, la gran parte delle tossi riferite sono via via andate scemando, non si sa se per auto-esaurimento sintomatico o per qualche efficacia dei diversi cocktail di presidi adottati. Ma la causa rimane sconosciuta!

I virus influenzali

Ad onor del vero, a fine 2023, il Ministero della Salute emanò una circolare con la quale metteva in guardia tutti gli operatori sanitari (dagli Ospedali alle Cliniche e alle RSA - Case di riposo, sino agli Studi di Medicina generale) vista l’intensa circolazione di virus influenzali e SarsCoV2, di considerare, nell’esecuzione di test e tamponi, anche altri visus respiratori, in primis il tanto temuto Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) che può interessare i bambini e le persone anziane, e quelli cosiddetti Parainfluenzali, ma anche i Rinovirus, Adenovirus, Metapneumovirus, Bocavirus e altri della famiglia dei Coronavirus diversi dal SarsCoV2.

L’importanza dei protocolli diagnostici

Che siano stati questi virus a dare questo quasi unico e insopportabile sintomo, quale lunga coda di una stagione influenzale che dall’autunno si sta stiracchiando sino quasi alle porte della prossima? Di certo i Medici di Medicina Generale si sarebbero aspettati dagli organi preposti (dal Dipartimento d’igiene e profilassi dell’Asl, dall’Istituto

influenzale, alcuni consigli

Superiore di Sanità, dall’Assessorato alla salute regionale e dal Ministero) anche una maggiore indicazione su eventuali protocolli diagnostici e terapeutici, così come è avvenuto durante la pandemia, magari con l’ausilio prezioso dei dati raccolti dai cosiddetti Medici “sentinella” del Sistema di Sorveglianza Integrata (epidemiologica e virologica) RespiVirNet.

Siamo ormai alle porte della nuova stagione influenzale 2024-2025 e si spera che questo sistema di sorveglianza sanitario funzioni meglio e segnali in tempi utili i diversi virus con cui dovremo combattere durante la stagione invernale che si avvicina, così come da tempo viene segnalata la ricomparsa di Morbillo e Pertosse.

Prevenire con i vaccini

Se prendiamo in esame i 3 virus con cui quasi sicuramente verremo a contatto anche quest’anno e cioè quello classico dell’Influenza, il SarsCoV2 e il Virus Respiratorio Sinciziale, possiamo dire che almeno per questi abbiamo disponibili le relative schedule vaccinali. Come si sa, il virus dell’Influenza cambia ogni anno e, di conseguenza, anche il vaccino per il quale dobbiamo aspettare però di conoscere la composizione antigenica del virus. La vaccinazione è offerta gratuitamente dai 65 anni in poi, ma lo è anche per i 60enni che ne fanno richiesta, per i soggetti fragili o affetti da malattie croniche, alle gravide, ai donatori di sangue, agli insegnanti e al personale sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale e della pubblica amministrazione come anche ai conviventi di persone fragili con deficit immunitari, come ad esempio i care givers (familiari e badanti), oltre che ovviamente ai ricoverati in Ospedale o presso Strutture per lungodegenti. Il vaccino dell’Influenza è ormai molto sicuro, lo possono fare anche gli allergici alle proteine dell’uovo, se non hanno avuto manifestazioni anafilattiche durante l’allattamento, in caso di Immunodeficienza come l’Infezione da HIV oppure se si è sottoposti a terapia cortisonica. Per alcune categorie (bronchitici cronici o splenectomizzati, ecc.) è indicata anche la vaccinazione antipneumococcica, per prevenire Meningiti e Polmoniti da Pneumococco, che può essere eseguita in qualsiasi momento dell’anno. Poi c’è il controverso quanto efficace vaccino contro il Covid-19 per il quale si pensa ormai di regolarizzarne la vaccinazione con cadenza annuale per combattere le varianti più invasive e contagiose e che sfuggono alla cosiddetta “immunità ibrida” contro il Covid (tra chi ha sviluppato

gli anticorpi, contraendo l’infezione e la malattia, chi si è vaccinato e chi ha fatto entrambe le cose).

Non trascuriamo i sintomi

Per la stagione ‘24-‘25 si calcola che potrebbero essere colpiti dai 5 ai 6 milioni di persone. Quindi, come ribadiamo tutti gli anni, l’Influenza non va sottovalutata, specialmente se si è una categoria a rischio, ma va combattuta attenuandone le espressioni cliniche e impedendone le temibili complicanze aderendo alla vaccinazione antinfluenzale i cui effetti collaterali (indolenzimento muscolare o arrossamento con gonfiore nella sede di inoculo in genere il deltoide, su cui basta mettere del ghiaccio per qualche giorno. o febbricola della durata di poche ore) di certo non possono scoraggiarla.

Attenzione alle varianti

Oggi per fortuna grazie alla vaccinazione di massa attuata in tutto il mondo è difficile aspettarsi una seconda pandemia (anche se prudenzialmente non viene esclusa), ma l’infezione causata dalle varianti più “aggressive” dal punto di vista immunologico può comunque colpire i soggetti fragili, causando una malattia grave che impone il ricovero in Ospedale. Per questo bisogna attuare ancora le misure di prevenzione come l’uso delle mascherine, da indossare nei luoghi di lungodegenza, negli Ospedali ma anche nei nostri studi medici o nei luoghi affollati, e continuare ad igienizzare e disinfettare le mani, specie quando si entra nei locali molto frequentati e affollati. E comunque il tampone (meglio se molecolare) rimane uno strumento indispensabile per fare diagnosi di Infezione da Covid-19 e, in caso di positività, sarebbe buona norma e segno di senso civico adottare un regime di autoisolamento indossando la mascherina FFP2, proteggendo così persone fragili e a rischio infettivo grave. Infine l’anno scorso l’Agenzia Europea del Farmaco e successivamente la Commissione Europea hanno approvato un vaccino contro il VRS (Virus Respiratorio Sinciziale) che va somministrato agli anziani fragili ultra60enni e alle donne in gravidanza con lo scopo di produrre anticorpi da “donare” al feto attraverso la placenta (immunizzazione passiva) e proteggere quindi il neonato nei primi mesi di vita, in cui è ad alto rischio di complicanze polmonari, come purtroppo è avvenuto qualche anno fa con numerosi ricoveri e qualche decesso per Bronchioliti da VRS. ●

Elicriso, toccasana per

Le sostanze contenute in questa pianta svolgono azioni lenitive e antinfiammatorie verso diversi disturbi cutanei

la pelle

Prof.ssa Elisabetta Miraldi

Università

L’Elicriso è una pianta perenne legnosa molto profumata, appartenente alla famiglia delle Asteraceae (o Compositae). Il termine “elicriso”, dal greco “helios” (sole) e “chrysos” (oro), fa riferimento al colore dei suoi fiori, per cui la specie viene anche chiamata volgarmente “sole d’oro”, e alle condizioni climatiche che favoriscono la buona crescita della pianta in pieno sole. Infatti l’Elicriso è una pianta tipica della macchia mediterranea capace

Docente di Biologia Farmaceutica
degli Studi di Siena

di ambientarsi anche in habitat siccitosi ed è comune in luoghi incolti e pietrosi, dove forma fitte macchie dorate e odorose.

I fiori

Di colore giallo chiaro e raggruppati in infiorescenze a capolini, sono la parte della pianta che viene usata a fini terapeutici dopo essiccamento (droga). L’aroma della pianta ricorda la camomilla; il sapore è amarognolo e metallico, persistente, ed è dovuto alla presenza di lattoni sesquiterpenici (sostanze tipiche delle Asteraceae).

I fiori, solitamente raccolti prima della fioritura, da giugno ad agosto, sono noti per conservare, anche dopo l’essiccamento, il loro colore naturale: tale qualità, oggi attribuita all’elevato potere antiossidante, la rese famosa in passato come pianta dell’immortalità, mentre oggi la rende particolarmente adatta all’utilizzo per la preparazione di composizioni floreali.

Nonostante il suo vasto potenziale terapeutico, l’Elicriso ad oggi rimane una droga legata all’uso tradizionale. Esso, infatti, non è presente nella Farmacopea Italiana, ma è inserito nella Farmacopea Svizzera, nelle Monografie Tedesche del Ministero della Sanità e nelle Monografie dell’EMA.

Un po’ di storia

L’impiego medicinale dell’Elicriso è noto fin dalla Medicina greco-romana; già Galeno che lo definiva amaranto o crisantemo, lo consigliava perché “dissecca, bevuto semplicemente, tutti i flussi”: tale azione veniva fatta probabilmente derivare, secondo la teoria della segnatura, dall’habitat in cui la specie vive, ovvero luoghi secchi, sassosi e soleggiati. Sempre Galeno dice: per la sua virtù “incisiva e disseccativa provoca, la sua chioma bevutta con vino, i mestrui”. Ed ancor prima Plinio nella sua “Naturalis Historia” evidenziava le qualità dell’Elicriso per regolarizzare il flusso mestruale, uso riportato per altro anche da Dioscoride.

Il Mattioli parlando dell’Elicriso dice: “giova la sua chioma bevuta con vino al morso delle serpi, alle sciatiche, alle distillationi dell’orina, e ai rotti: provoca i mestrui. Bevuta con vino melato risolve il sangue appreso nella vescica, e parimente nel ventre: bevuta medesimamente a digiuno con vino bianco inacquato...proibisce il catarro che scende dal capo...”

Proprio quest’ultima attività riportata da Mattioli e la constatazione che nelle campagne toscane i conta-

L’Elicriso è una pianta tipica della macchia mediterranea, capace di ambientarsi anche in luoghi incolti e pietrosi
Per uso orale l’Elicriso è utilizzato come decotto o estratto fluido, come coadiuvante del trattamento dei disordini cutanei

LE BUONE AZIONI DELL’ELICRISO

• coadiuvante del trattamento dei disordini cutanei;

• rimedio per Patologie infiammatorie della pelle;

• attività antibatterica e antifungina;

• azione antivirale e antiossidante;

• rimedio per Allergie cutanee;

• coadiuvante nella terapia della Psoriasi;

• attività fotprotettiva e antieritematosa.

dini curavano con infusi di Elicriso il bestiame affetto da Malattie bronchiali, ispirarono negli anni 1940/50 il Medico Leonardo Santini allo studio dell’Elicriso come specie medicinale per Bronchiti croniche, pertosse e forme asmatiche. Alcuni Pazienti trattati per le Bronchiti presentavano anche Psoriasi, che con l’assunzione di preparati (di solito decotti) a base di Elicriso migliorò sensibilmente: questo fece intuire le potenzialità del “sole d’oro” anche verso alcune problematiche della pelle.

La composizione chimica

I fiori di Elicriso, che costituiscono la parte della pianta utilizzata a scopo terapeutico, sono caratterizzati dalla presenza di:

• olio essenziale contenente monoterpeni, tra cui geraniolo, monoterpene aciclico dall’odore piacevole; nerolo, alcol terpenico presente in forma libera e in forma di estere come acetato di nerile, linalolo (monoterpene dall’odore gradevole, tipico della lavanda), e sesquiterpeni amari;

• acidi organici (acido caffeico, ad attività batteriostatica, acido ursolico); flavonoidi, tra cui naringenina, elicrisine (glucosidi della naringetina) con attività fotoprottetiva e antieritematosa, inoltre β-sitosterolo; calconi colorati quali isosalipurposide ed elementi inorganici, tra cui silicio, ferro, calcio, magnesio, potassio, sodio, fosforo

Le preparazioni

L’Elicriso non ha monografie ufficiali per cui i dati sulle preparazioni sono ricavati dalla clinica e dall’uso tradizionale.

Per uso esterno si possono utilizzare:

• creme o altre preparazioni semisolide contenenti l’8-10% di estratti etanolici o equivalenti all’12% di droga essiccata;

• oleolito: preparato facendo macerare i fiori in olio a temperatura ambiente;

• gel e detergenti intimi: con azione antifungina, antibatterica.

Per uso orale l’Elicriso è utilizzato come decotto o estratto fluido, come coadiuvante del trattamento dei disordini cutanei e soprattutto per le problematiche respiratorie.

Efficace su Orticaria, Dermatiti

e

Psoriasi

Si deve rendere merito al Medico toscano Leonardo Santini se gli effetti terapeutici dell’Elicriso sono oggi conosciuti. Santini, dopo essersi accertato dell’assolu-

ta atossicità e della completa tollerabilità dei preparati ottenuti dalla droga, sull’uomo, avviò una serie di osservazioni cliniche su Pazienti affetti da Bronchite subacuta e cronica che presentavano contemporaneamente manifestazioni artritiche, artrosiche e problematiche cutanee. La droga, somministrata per bocca o applicata localmente sotto forma di pomata, si rivelò utile per la cura di Pazienti affetti da Orticaria e Dermatiti allergiche a decorso clinico vario e a morfologia diversa (papulosa, vescicolosa, emorragica).

Il Medico toscano poi, trattò una ventina di casi di Psoriasi con decotto di Elicriso somministrato per bocca e localmente con pomata: i risultati furono buoni e le eventuali affezioni associate (Artrite psoriasica, Mialgia, Cefalea, Sindrome asmatica) furono beneficamente influenzate.

L’Elicriso

si presta come rimedio per Patologie infiammatorie della pelle e in particolare si consiglia nel trattamento di soggetti psoriasici

Proprietà antinfiammatorieantivirali, e antiossidanti

Studi recenti hanno permesso l’identificazione dell’arzanolo, molecola dotata di attività antivirale, antinfiammatoria e antiossidante. L’arzanolo si è mostrato un potente inibitore dell’enzima mPGES-1. L’inibizione di tale enzima da parte dell’arzanolo riduce la sintesi di prostaglandine e contrasta il processo infiammatorio, evitando gli effetti collaterali dei classici COX-inibitori.

L’attività antinfiammatoria è stata evidenziata in modelli in vitro e in vivo anche per l’acetofenone e i suoi derivati e per i flavonoidi pinocembrina e gnafailina, presenti nelle sommità fiorite e negli estratti da esse derivate.

Antibatterico e antifungino

A queste attività antinfiammatorie si affianca una importante attività antibatterica e antifungina dovuta all’olio essenziale, già osservata nell’uso tradizionale; i terpeni contenenti ossigeno (i terpenoidi) sono i principali responsabili dell’attività antimicrobica dell’olio essenziale di Elicriso.

Per tali ragioni l’Elicriso si presta come rimedio per Patologie infiammatorie della pelle e in particolare si consiglia nel trattamento di soggetti psoriasici sotto forma di Oleolito di Elicriso (preparato facendo macerare per 2/3 mesi fiori freschi di Elicriso (1:2), in olio di oliva e sale marino 10%) o in balneoterapia con decotto di Elicriso al 20%, per circa 60-90 gg.

Altre modalità d’uso

Sul mercato è facile reperire anche il macerato glicerico di Elicriso (1:2,5), la tintura madre di Elicriso, creme, unguenti e detergenti.

Per favorire una risposta adeguata nei confronti di molti tipi di Allergie e problematiche cutanee può essere utile l’assunzione per bocca di tisana a base di Elicriso (spesso associato con bardana, carciofo o cardo mariano) o di olio essenziale (nella dose di 2-3 gocce al giorno).

È bene ricordare tuttavia che, a dispetto delle numerose pubblicazioni relative all’attività antinfiammatoria di questa droga, ad oggi gli organi ufficiali, compreso EMA, suggeriscono i fiori di Elicriso come coadiuvanti nelle dispepsie, per l’azione blandamente coleretica, nella dose media giornaliera di 3 g di droga o la dose corrispondente delle varie preparazioni.

DETERMINATA NELL’AVERE UN IMPATTO POSITIVO SULLA SOCIETÀ, RICOLA

È ORA ANCHE UNA B CORPORATION

Ricola, azienda svizzera leader nella produzione delle caramelle alle erbe, è un’azienda responsabile dal 1930, anno della sua costituzione, e dal 2023 è diventata anche una B-corporation grazie all’impegno a favore della tutela ambientale e della responsabilità sociale.

Cosa vuol dire essere una B-Corp?

Essere un’impresa che con il proprio business genera un impatto positivo sui suoi interlocutori: lavoratori, comunità, consumatori e il Pianeta

La B. indica «BENEFICA per TUTTI»

In quanto B Corporation, l’organizzazione no-profit B Lab ha verificato che Ricola soddisfa i suoi elevati standard in termini di impatto sociale e ambientale, impegno legale verso pratiche aziendali responsabili e verso la trasparenza pubblica. Il punteggio dell’Overall B impact di Ricola è del 97.8 su 100, ben al di sopra del punteggio richiesto per ottenere la certificazione, 80.

Responsabilità e sostenibilità sono nella natura di Ricola

Per Ricola, che deve tutto alla natura, essere diventata una B Corporation corrisponde perfettamente all’identità di azienda a conduzione familiare e alla sua filosofia nell’impegno del connettere le persone con la natura, bilanciando le ambizioni di crescita con le responsabilità nei confronti del Pianeta e dei suoi abitanti.

Il percorso di Ricola che l’ha portata ad essere una B Corporation si basa sul rispetto per gli ecosistemi alpini svizzeri, dove vengono coltivate le erbe per tutti i suoi prodotti.

La strategia di sostenibilità di Ricola

Ricola considera la sostenibilità come un presupposto fondamentale del suo operato e le pratiche dell’azienda, dalla coltivazione delle erbe secondo gli standard biologici all’impegno continuo per la produzione di prodotti rispettosi dell’ambiente, sono progettate per preservare e alimentare questi ecosistemi e la loro biodiversità, garantendo un impatto positivo sull’habitat e sulla collettività. Negli ultimi due anni, Ricola ha perfezionato un approccio completo alla sostenibilità, identificando sei aree principali in cui può avere impatto in maniera più significativa: principi agricoli, gestione dei rifiuti, innovazione degli imballaggi, mitigazione dei cambiamenti climatici, conservazione dell’acqua e approvvigionamento etico di materie prime - attribuendo grande importanza alla selezione dei luoghi e dei metodi di coltivazione.

L’azienda si impegna concretamente ogni giorno per agire in maniera sostenibile: ad esempio, in Italia, collabora con Slow Food sostenendo il Presidio dei Mieli di alta montagna alpina a favore della biodiversità e di api e impollinatori.

Ricola invita i consumatori a scoprire l’importanza dei prati stabili, dove trovano nutrimento api e impollinatori con l’ingaggiante concorso: Più prati per tutti. Dal 26 agosto 2024 al 6 aprile 2025, con l’acquisto di 2 prodotti Ricola, i consumatori potranno vincere un weekend indimenticabile immersi nel verde!

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Quando il cibo diventa ossessione

I Disturbi alimentari sono spesso accompagnati da problematiche psicologiche e possono avere ripercussioni sullo stato di salute generale

Dott.ssa Katia Marzaduri

Psicologa clinica, Psicologa dell’età evolutiva, della famiglia e dell’adulto

Psicosessuologa

Docente formatore per professionisti sanitari

Bologna

Idisturbi alimentari sono condizioni psicologiche complesse che coinvolgono comportamenti alimentari disfunzionali e problematici, spesso accompagnati da ansia, stress, preoccupazioni riguardanti il cibo, il peso corporeo e l’immagine del corpo che risulta essere distorta.

Un po’ di dati

Negli ultimi anni, in particolare dal 2020 anno della pandemia da Covid-19, si è registrato un aumento di circa il 30% dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, prevalentemente in età adolescenziale. In particolare Anoressia, Bulimia e Binge Eating Disorder sono i disturbi che si sono diffusi maggiormente a causa delle restrizioni che hanno eliminato la possibilità di socializzare con amici e familiari, creando distanziamento, mancanza di contatto fisico, grande isolamento, solitudine e timore di essere possibili untori per amici e familiari, generando un sentimento di paura e situazioni di forte stress.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione hanno un esordio sempre più precoce e l’identificazione è molto complessa perché facilmente confondibile con altri disturbi

Una diagnosi complessa

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione hanno un esordio sempre più precoce e l’identificazione è molto complessa perché facilmente confondibile con altri disturbi come ansia, stress, depressione, ossessività e perfezionismo. Questa difficoltà nell’interpretare i sintomi può causare complicanze e allungamento dei tempi di attivazione e scoperta del disturbo. Per quanto riguarda l’età media di esordio del disturbo risulta essere 22 anni, con un’incidenza più alta nel

sesso femminile nella fascia d’età compresa tra gli 11 e i 26 anni. Se si superano i 18 anni vi è più difficoltà nell’individuazione del problema perché l’autonomia e l’eventuale uscita da casa per vivere in altra città o altro Stato per studio o lavoro fanno si che non vi sia una comprensione rapida del disagio e, conseguentemente, anche un allungamento dei tempi di diagnosi e di avvio dei percorsi necessari per la guarigione.

I disturbi alimentari

Anoressia, Bulimia, Binge Eating Disorder, Eating Disorder Not Otherwise (EDNOS) sono i disturbi alimentari più comuni e conosciuti ma ce ne sono anche altri meno noti come il Disturbo da ruminazione, la Pica e il Disturbo restrittivo/evitante da cibo. I Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione si differenziano uno dall’altro per alcune specificità, proviamo a capire meglio.

Se si perde l’appetito...

L’Anoressia è un disturbo alimentare, molto spesso riconosciuto dalla famiglia, che si caratterizza per perdita dell’appetito e, di conseguenza, perdita di peso dovuta alla ricerca della magrezza e dell’idea di perfezione. Non sempre si riesce a distinguere la differenza tra un dimagrimento sano e uno causato da questo disturbo. La persona che soffre di Anoressia può presentare una bassa autostima e potrebbe non comprendere la gravità della condizione in cui si trova. Nel caso in cui si tratti di una persona adulta, l’individuazione del disturbo può essere riportata da un amico, un familiare, un compagno/a, un collega. A volte nella persona stessa può esserci un disagio ma non sempre si conoscono le specifiche del disturbo, correndo quindi il rischio di sminuire il problema.

Bulimia

nervosa

Si tratta di un disturbo alimentare non sempre caratterizzato da un aumento o diminuzione del peso corporeo, può esserci infatti anche una condizione di normopeso. Si distingue per abbuffate o abuso di alimenti con conseguenti condotte compensatorie come l’uso di lassativi, vomito autoindotto o attività fisica eccessiva. Uno degli aspetti che può condurre ad un possibile disturbo è mangiare grandi quantità di cibo in poco tempo, associato ad una perdita di controllo nel momento dell’abbuffata; a volte la ricerca dell’abbuffata avviene in spazi e momenti di solitudine o di forte emotività.

Bing Eating Disorder

È un disturbo alimentare nel quale è più evidente notare un aumento del peso corporeo perché, in questo

caso, non sono presenti condotte compensatorie oppure eliminatorie. È caratterizzato da abbuffate e/o abuso di alimenti in poco tempo e successivamente si accompagna senso di colpa rispetto alla condotta.

Alcuni degli aspetti che possono far sospettare il Binge Eating Disorder possono essere similari al disturbo da Bulimia Nervosa, come mangiare grandi quantità di cibo in poco tempo, associato ad una perdita di controllo nel momento dell’abbuffata. Altri aspetti possono essere l’imbarazzo, il disagio o il senso di colpa dopo le abbuffate, mangiare in solitaria, mangiare sino a quando non si sente di essere completamente sazi. Questo disturbo viene spesso confuso con l’Obesità ed è pertanto necessario rivolgersi a professionisti specializzati in disturbi alimentari per una diagnosi corretta.

In caso di più sintomi

Gli Eating Disorder Not Otherwise (EDNOS) infine sono tutti quei disturbi alimentari che non hanno caratteristiche specifiche di uno dei disturbi descritti oppure possono avere più sintomi collegati tra loro. Il disturbo causa disagio in vari aspetti della vita personale, sociale e lavorativa della persona.

Importante il supporto e la terapia

Il disturbo della nutrizione e dell’alimentazione può avere serie implicazioni sulla salute fisica e mentale e richiede spesso un intervento multidisciplinare per la diagnosi, la gestione e la guarigione. Affrontare un disturbo alimentare richiede tempo, pazienza e sostegno. È importante cercare di volersi bene, avere fiducia in se stessi e mantenere una prospettiva positiva, affidarsi al sostegno e al supporto, fisico ed emotivo, di familiari e amici per poter lavorare sulle cause profonde del disturbo, frequentare gruppi di supporto e seguire una terapia individuale. Utile anche dedicarsi ad attività che favoriscano il benessere e che siano piacevoli e praticare tecniche di gestione dello stress come la Meditazione, lo Yoga, la respirazione o la Mindfulness, oppure altre attività come il giardinaggio, la lettura, attività artistiche o creative.

Il ruolo dello Psicologo

Quando vi è un disturbo alimentare lo Psicologo svolge un ruolo fondamentale insieme ad altre figure come il Nutrizionista, il Medico di Medicina Generale, lo Psichiatra, il Neuropsichiatra infantile: questi Specialisti insieme, comprendendo il problema, possono avviare il percorso di guarigione. È fondamentale rivolgersi a professionisti qualificati pronti ad aiutare ad affrontare e superare questa sfida.

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Un approccio olistico

Grazie alla sinergia fra Training energetico e Far Infrared Therapy (FIT), è possibile avvicinarsi sempre più al proprio obiettivo di vita sana, per migliorare il benessere fisico e mentale.

Nell’ambito della Medicina olistica, l’essere umano è un complesso intreccio di energia, mente e corpo, un microcosmo di flussi energetici e dinamiche fisiche che richiedono equilibrio e armonia per prosperare.

In questo contesto, il Training energetico si rivela come un insieme di pratiche che, attraverso l’attivazione dei meridiani energetici, promuove l’allineamento di questi elementi essenziali per la salute e il benessere. Allo stesso tempo, la Far Infrared Therapy (FIT) si erge come una moderna innovazione nel campo del sollievo dal dolore e del recupero muscolare, sfruttando le proprietà curative dell’infrarosso lontano per favorire il riequilibrio del corpo e il ripristino della funzionalità muscolare. In questo articolo, esploreremo in dettaglio

Il Training energetico si avvale di un vasto repertorio di metodiche, tra cui Yoga, Stretching, Tai chi e Qi gong

sia il Training energetico che la FIT, evidenziando i loro benefici e il ruolo cruciale che svolgono nel promuovere un benessere olistico (che include sia quello fisico che mentale).

Il Training Energetico

Questa disciplina si avvale di un vasto repertorio di metodiche, tra cui Yoga, Stretching, Tai chi e Qi gong. Il Training energetico è una pratica fondata sull’idea che il corpo sia attraversato da canali di energia, noti come meridiani (secondo la Medicina tradizionale cinese) che influenzano la nostra salute fisica, mentale ed emotiva. Attraverso una combinazione di movimenti fluidi, respirazione consapevole e visualizzazione, il Training energetico mira a sbloccare e riequilibrare questi flussi energetici, promuovendo così un migliore stato di salute e benessere. Una delle principali tecniche utilizzate nel Training energetico è lo Stretching muscolare che, non solo aumenta la flessibilità e l’elasticità dei muscoli, ma stimola anche il flusso energetico attraverso i meridiani, favorendo il rilascio di tensioni e blocchi energetici che

Dott. Vincenzo Di Spazio Medico olistico

olistico al benessere

possono compromettere il benessere generale. Accanto allo Stretching, vengono utilizzate anche Tecniche di Ginnastica antalgica e posturale per migliorare la postura e prevenire problemi muscolo-scheletrici derivanti da uno stile di vita sedentario o da posture scorrette.

Attraverso una pratica consapevole, centrata sul respiro e sull’attenzione al proprio corpo, tali esercizi favoriscono il rilascio di tensioni accumulate e il ripristino dell’equilibrio energetico del corpo. La sessione si completa con una fase di rilassamento profondo e visualizzazione durante la quale i partecipanti sono guidati a rilassare completamente i muscoli e a focalizzare la propria mente su obiettivi personali. L’effetto delle sequenze motorie e respiratorie stimola il riequilibrio di entrambi gli emisferi cerebrali per massimizzare l’efficacia del processo di rilassamento e recupero.

Quali benefici?

L’importanza e i benefici del Training energetico si manifestano in una serie di aspetti che vanno ben oltre il mero benessere fisico. Con una pratica costante e regolare, è possibile incrementare la vitalità energetica, ridurre il rischio di infortuni e migliorare la capacità di recupero del corpo, consentendo così di mantenere un livello ottimale di salute e funzionalità nel tempo. Inoltre attraverso la connessione profonda tra mente, corpo ed energia, il Training energetico può fungere da strumento di sviluppo personale e di crescita interiore, consentendo all’individuo di esplorare e approfondire la propria consapevolezza e la propria connessione con il mondo che lo circonda. E non importa l’età o il livello di attività fisica: il Training energetico è adatto a tutti, atleti o persone sedentarie, poiché tutti possono beneficiare del mantenimento di un corpo efficiente e funzionale nel tempo.

Training energetico e sistema nervoso autonomo

Come viene influenzato il nostro sistema nervoso autonomo dal Training energetico?

Secondo le più recenti ricerche nell’ambito delle Neuroscienze, il sistema nervoso autonomo viene illustrato come un semaforo invertito. In alto troviamo la luce verde che corrisponde a una dominanza positiva del

nervo vago recente (dal punto di vista evolutivo). L’organismo in questa modalità si riposa, si nutre, cresce e recupera le energie. Si accende la luce gialla quando lo stato autonomico (che riguarda il sistema nervoso autonomo) viene esposto a un potenziale pericolo (reale o virtuale); la tipica risposta biologica è l’attacco o la fuga (fight-or-flight). In questa modalità il cervello rilascia neuromediatori (adrenalina, noradrenalina, cortisolo) con la funzione di sostenere la fuga o l’attacco. Infine il rosso è il circuito rappresentato dalla risposta di collasso (shut down) in seguito a una minaccia vitale, quando ogni possibilità di fuga o di attacco è negata. In questa modalità il cervello modifica la sua reazione e rilascia grandi quantità di oppioidi (molecole analoghe alla morfina) per dissociare la preda dal dolore della fase finale. Il corpo della preda è inerte e la sua muscolatura atonica facilita lo sbranamento da parte del predatore. In natura la fase di fuga seguita dalla predazione dura una manciata di minuti e si risolve con la morte della preda o con il fallimento del predatore che perde l’occasione. Nella specie umana, al contrario, l’esposizione a eventi avversi può disregolare il nostro sistema

La Far Infrared Therapy (FIT)

è una tecnologia innovativa che sfrutta le proprietà terapeutiche dell’infrarosso lontano per alleviare il dolore muscolo-scheletrico

nervoso autonomo, che resta bloccato nel tempo in modalità di pericolo o di minaccia vitale. Questo blocco autonomico genera nell’organismo una condizione di stress cronico che può esitare nella manifestazione di sintomi o di malattie. Il Training energetico, con i suoi effetti di ripristino delle correnti vitali, contrasta le resistenze disfunzionali del nostro sistema nervoso autonomo e ne facilita la regolazione.

Far Infrared Therapy (FIT)

Un’altra frontiera emergente nel campo del benessere è rappresentata dalla Far Infrared Therapy (FIT), una tecnologia innovativa che sfrutta le proprietà terapeutiche dell’infrarosso lontano per alleviare il dolore muscolo-scheletrico e promuovere il recupero muscolare. Gli effetti benefici dell’infrarosso lontano sono stati ampiamente studiati e documentati e includono un aumento del flusso sanguigno locale, una riduzione dell’infiammazione e una maggiore produzione di collagene, che favorisce il processo di guarigione dei tessuti.

Come funziona esattamente la FIT e perché sta guadagnando popolarità nel mondo del benessere? Esploriamo insieme il funzionamento di questa tecnologia e i suoi potenziali benefici basati su evidenze scientifiche. I dispositivi FIT agiscono come “specchi”, utilizzando un principio biofisico noto come riflettanza. Questo principio consente loro di offrire due benefici chiave: miglioramento della microcircolazione e rottura dei cluster d’acqua presenti durante l’infiammazione.

Durante lo stato infiammatorio, infatti, le molecole d’acqua tendono a formare cluster più grandi. Questi cluster possono ostacolare gli scambi metabolici cellulari, compromettendo la funzione bioelettrica e rallentando i processi di nutrimento e smaltimento. La FIT

mira a frammentare questi cluster, consentendo alle cellule infiammate di ripristinare più rapidamente la loro funzione originale non infiammata.

Oltre alla rottura dei cluster d’acqua, la FIT favorisce anche il miglioramento della microcircolazione sanguigna. Questo processo porta a una migliore ossigenazione dei tessuti e stimola ulteriormente i processi di smaltimento e riduzione dello stato infiammatorio.

Gli studi scientifici hanno dimostrato che la FIT può ridurre le molecole pro-infiammatorie e proteggere le cellule dai danni infiammatori e dallo stress ossidativo. A livello clinico, ci sono stati riscontri positivi con una riduzione del dolore e un miglioramento dello stile di vita tra coloro che hanno utilizzato questa tecnologia.

I dispositivi FIT, riconosciuti come Dispositivi Medici di Classe I, rappresentano uno dei modi più comuni per utilizzare la riflettanza della energia infrarossa lontana, come parte di una terapia di recupero muscolare o per il trattamento del dolore. Questi dispositivi sono composti da materiali speciali che riflettono le onde infrarosse lontane, nell’intervallo tra 4 e 21 µm, favorendo così il riequilibrio del corpo e il ripristino della funzionalità muscolare. Grazie alla loro composizione di biominerali, come il titanio, i dispositivi FIT sono progettati per fornire un sollievo mirato al dolore muscolo-scheletrico, riducendo l’infiammazione e accelerando il processo di guarigione. Inoltre, stimolano il microcircolo superficiale cutaneo, contribuendo all’eliminazione delle tossine e al ripristino della funzione muscolare compromessa.

Un approccio olistico al benessere

In conclusione, sia il Training energetico che la FIT offrono approcci complementari per migliorare il benessere fisico e mentale.

Mentre il Training energetico lavora sull’equilibrio energetico interno del corpo attraverso l’esercizio fisico e la pratica mentale, la FIT fornisce un sollievo immediato dal dolore e promuove il recupero muscolare, consentendo così di raggiungere un livello ottimale di salute e vitalità.

Grazie alla sinergia di queste due efficaci pratiche, è possibile avvicinarsi sempre più al proprio obiettivo di una vita sana, attiva e in armonia con sé stessi e con il mondo circostante. La chiave per il benessere olistico risiede nell’integrare queste pratiche nella propria routine quotidiana, permettendo così al corpo, alla mente e all’energia vitale di fluire in armonia, portando con sé salute, gioia e vitalità

Ritrovare l’energia

Nei momenti in cui l’affaticamento e la mancanza di equilibrio psico-fisico prendono il sopravvento

possiamo affidarci ad alcuni sicuri ed efficaci rimedi naturali

Affaticamento, mancanza di energia e spossatezza sono tutti termini che descrivono una situazione che può essere tipica di questo periodo dell’anno. Paradossalmente, al rientro delle vacanze, talvolta, l’organismo si rifiuta di riprendere quei ritmi così veloci a cui l’avevamo abituato e pertanto ci manda segnali di inefficienza. La mancanza di energia può interessare una persona in maniera episodica e transitoria oppure duratura. Il sintomo è caratterizzato da un calo drastico e a volte cronico di motivazione accompagnato da una sensazione di mancanza di tonicità muscolare. Questa situazione può anche essere collegata a sforzi fisici e psichici intensi o a privazione prolungata di sonno.

Un rimedio naturale

TONICO GUNA PLU S rappresenta un supporto nutrizionale utile per sostenere l’organismo nelle situazioni di:

• debolezza fisica e mentale

• affaticamento e/o stanchezza

• stress

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• non contiene sostanze di derivazione animale

• OGM Free

Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata ed equilibrata e di uno stile di vita sano. Leggere le avvertenze prima dell’uso.

Le informazioni in questa pagina non devono essere interpretate come consulenza medica e non intendono, né possono sostituire il parere del proprio Medico curante. Gli integratori non vanno intesi come mezzo per trattare, prevenire, diagnosticare o attenuare malattie o condizioni anomale.

Stress, un aiuto dallo

Grazie alla pratica dello Yoga possiamo abbassare i livelli di stress, calmando la mente e stimolando il corpo, e riappropriarci dei ritmi naturali di vita

dallo Yoga

Lo stress è una sensazione di tensione fisica ed emozionale, è la risposta psico-fisica a una situazione emotiva, cognitiva o sociale difficile da gestire che ci fa sentire frustati, arrabbiati, depressi, impotenti o nervosi. È una reazione del corpo e della mente alle sfide o sollecitazioni eccesive della vita. Lo stress in se stesso è infatti un processo psico-fisico naturale essenziale per la sopravvivenza. Esistono differenti approcci allo Yoga per gestire i diversi tipi di stress.

Una reazione positiva

La durata dell’evento o la causa stressante porta a distinguere lo stress in due categorie, possiamo infatti riconoscere due situazioni di stress: stress acuto o stress cronico

Nieves Lopez
Insegnante di Yoga
Fondatrice metodo Yoga Correttivo®

Si parla di situazioni di stress acuto quando accadono in un tempo limitato, di solito per una causa ben precisa. Questo stress può essere provocato da eventi della vita sia piacevoli che spiacevoli come, ad esempio, la nascita di un figlio, un divorzio, un trasloco, una malattia, o fattori ambientali come il freddo o il caldo intenso, entrare in contatto con ambienti molto rumorosi o inquinati. Questo tipo di stress, in diversi casi, può essere positivo poiché può aiutare ad uscire da una situazione di pericolo. Paradossalmente, potremmo anche provocarci volontariamente dello stress acuto. In questo caso, quando viene auto-imposto, tende a rinforzarci se ci adattiamo e lo superiamo. Esistono pratiche pensate apposta per creare questo effetto, una fra tante è fare una doccia con acqua fredda.

Durante la pratica dello Yoga possiamo stimolare questo tipo di “stress positivo”, diciamo misurato e controllato, per esempio, con certe posizioni di allungamento all’indietro o con la ritenzione del respiro nel pranayama. Questo tipo di “stress positivo” si approfondisce negli approcci allo Yoga più “fisici”, dove il corpo viene maggiormente coinvolto e usato come strumento fondamentale di crescita. Si tratta di approcci che fanno uscire l’allievo dalla propria zona confort. Senza uscire dalla zona confort non c’è crescita interiore, non c’è rinforzo. Uno stress “volontario” rinforza il sistema immunitario, la volontà, l’apertura al nuovo e la resilienza verso il cambiamento.

Se lo stress diventa cronico...

In casi di stress cronico la situazione di stress è prolungata e mantenuta nel tempo, a volte senza una causa ben precisa. Possiamo usare lo stress per auto-sabotarci, ad esempio quando non siamo in grado di gestire il nostro mondo interiore.

In questi casi lo stress può danneggiare la nostra salute e può contribuire significativamente al nostro malessere, debilitando il sistema immunitario e provocando la comparsa di diversi disagi e malattie.

Questo stress può essere causato da una mancata gestione delle difficoltà o da una mancanza di equilibrio, determinata da una vita iperattiva mantenuta per molto tempo o, all’opposto, una vita iper-sedentaria.

Lo stress può danneggiare la nostra salute e può contribuire al nostro malessere, debilitando il sistema immunitario e provocando la comparsa di diversi disagi
Dal punto di vista mentale è scientificamente provato che la meditazione giornaliera o Mindfullness ci permette di migliorare la nostra qualità di vita

La pratica dello Yoga ci aiuta a calmare la mente, se si è iperattivi, e ci aiuta a stimolare il corpo, se si è sedentari, e il bello è che accade contemporaneamente. Le diverse pratiche che propone lo Yoga aiutano a trovare l’equilibrio psico-fisico perso.

Rilassarsi con lo Yoga

Le pratiche dello Yoga hanno effetti molto positivi sullo stress cronico.

Quasi tutti gli approcci tradizionali di Yoga iniziano con il “Grounding”, “Earthing” o con il rilassamento mentale , il radicamento, l’esecuzione di movimenti fluidi e facili.

Per contrastare lo stress cronico è importante innanzitutto imparare a rilassarsi, a respirare profondamente, a muoversi ritmicamente, con poco sforzo e, diversamente da quello che possiamo fare in caso di stress acuto, è bene cercare di rimanere nella zona comfort.

Il radicamento , nello Yoga, è quando sei presente nel qui e ora, sei centrato e riesci a non pensare in maniera automatica, ti mantieni nel “sentire”. Respiri e senti il tuo corpo, il movimento o la postura, sei in contatto con il tuo corpo.

Fondamentalmente esci dalla mente “ballerina” e passi alla concretezza del momento presente, fatto di sensazioni. La mente e le emozioni si calmano. Uno dei benefici più conosciuti dello Yoga è calmare il sistema nervoso e il nostro stato d’animo e questo lo facciamo stimolando il sistema nervoso parasimpatico, una delle due branche del sistema nervoso autonomo o vegetativo, che interviene nel controllo di funzioni corporee involontarie, ci aiuta a digerire, riposare e dormire.

Ad ognuno la sua pratica

Dal punto di vista fisico esistono stili di Yoga diversi per persone con diverse personalità. Ci sono stili di Yoga dinamici e altri meno dinamici, più morbidi o più posturali. È importante trovare lo stile che più ti equilibra. Nello Yoga Correttivo ® vogliamo dare risposta a due bisogni: imparare a rilassarsi, entrando nella zona comfort, e poi imparare a risvegliarsi, crescere forte e resiliente, cercando di uscire dalla zona comfort.

Impariamo a respirare

Le pratiche respiratorie nello Yoga sono uno strumento prezioso, creano un ponte di accesso al

nostro cervello. Attraverso la respirazione possiamo riequilibrarci, possiamo tanto calmare quanto stimolare il sistema nervoso nella maniera giusta per trovare l’equilibrio perso.

L’inspirazione è attiva, stimola, l’espirazione è passiva, rilassa. L’ideale è riuscire ad essere attivi ma rilassati , riposare di notte ed essere dinamici di giorno. È necessario uscire dagli estremi, molte persone hanno bisogno di una pillola, un calmante per dormire un po’ alla sera, e poi un’altra pasticca come antidepressivo per risvegliarsi al mattino.

Dal punto di vista mentale è scientificamente provato che la meditazione giornaliera o Mindfullness ci permette di migliorare la nostra qualità della vita, riducendo significativamente i livelli di stress mentale.

Yoga come stile di vita

Le pratiche dello Yoga diventano uno stile di vita, ci aiutano a praticare la “slow life”, ci consentono di riappropriarci dei ritmi naturali, un movimento che cerca la decelerazione degli attuali stili di vita, contrassegnati dalla velocità e da un sovraccarico di stimoli.

In uno stato di equilibrio la mente è calma e centrata e il corpo è dinamico.

Lo Yoga come stile di vita ci aiuta a scegliere il meglio per noi attraverso le piccole azioni quotidiane come fare un bagno, una passeggiata sulla spiaggia o in un parco, ascoltare musica o passare del tempo con chi amiamo.

Esercizio di “Grounding”

Come già descritto, il “Grounding” o “radicamento”, consiste nell’essere presente nel qui e ora, siamo centrati e riusciamo a non pensare in maniera automatica, ci manteniamo nel “sentire”. Ecco un esercizio pratico per provare a fare una pausa di 5 minuti di “Grounding”.

Rimani in piedi, con i piedi separati abbastanza per sentirti stabile e comodo o, se preferisci, anche seduto. Chiudi gli occhi. Fai 5 respiri, sentendo l’aria entrare e uscire senza nessuna pretesa di fare questi respiri diversi da come vengono. Ora senti l’ambiente dove ti trovi. Senti i suoni, ascolta il momento presente. Senti il tuo corpo, il contatto con i tessuti che indossi. Ora senti i tuoi piedi, prova a non immaginare o pensare i tuoi piedi ma aspetta di riuscire a sentire i tuoi piedi. Se fosse necessario, muovi leggermente le dita per sentire davvero i piedi.

Poi continua a sentire le gambe, poi senti la parte anteriore del tronco, senti la tua schiena, dedica del tempo giusto per riuscire a sentire e, appena riesci a sentire, passa ad un’altra zona del corpo, fino a completare tutto il corpo. Continua a sentire il tuo respiro e l’ambiente. Alla fine ascoltati, vedi se qualcosa è cambiato, sei più presente, meno nei pensieri, più calmo e centrato.

Piccola pratica quotidiana di meditazione in azione

Durante i pasti prendi la decisione di spegnere il cellulare, la televisione, la radio o il computer, se ci sono; magari di domenica, se sei più predisposto, suggerisco di prendere questo esercizio come sfida, se ti aiuta.

Stai comodo, puoi decidere di stare in silenzio oppure scegliere una musica rilassante, mastica lentamente e dedicati a sentire ogni sensazione che ti arriva dal cibo, respira mentre mangi, fai delle piccole pause tra un boccone e un altro. Rimani presente al momento.

Sport, alleato del buon

L’Insonnia è il disturbo del sonno più frequente nella popolazione generale, in Italia ne soffre un italiano su quattro. È caratterizzata da precoce risveglio, difficoltà ad addormentarsi e/o a restare addormentato. Lo svolgimento di attività sportiva può essere un ottimo alleato del buon sonno, se effettuato con alcuni accorgimenti.

Insonnia, quali conseguenze?

Caratterizzata da risveglio anticipato, difficoltà di addormentamento e frequenti risvegli notturni, l’Insonnia ha effetti negativi anche sulle attività diurne: dormire poco e male porta a difficoltà di concentrazione, irritabilità, sonnolenza, maggiore propensione agli errori, calo del tono dell’umore e soprattutto ansia per il sonno. Si parla di Insonnia quando queste caratteristiche si presentano per 3 volte a settimane per almeno 3 mesi Le cause possono essere psicologiche (traumi, stress, disturbi d’ansia) altre volte fisiche (cambiamenti ormo-

Qualsiasi attività sportiva aiuta il rilassamento e aumenta quindi la probabilità di dormire bene

Svolgere attività sportiva, nei tempi e nei modi corretti e rispettando i nostri ritmi, può favorire il rilassamento e aiutarci a dormire meglio

Dott.ssa Elisa Morrone

Psicologa specializzata in disturbi del sonno

Humanitas Mater Domini

Centri medici Humanitas Medical Care

nali, problemi tiroidei o altri disturbi del sonno come la Sindrome delle gambe senza riposo o le Apnee). Bisogna ricordare che alcune persone sono geneticamente più predisposte a sviluppare un disturbo da Insonnia rispetto ad altre.

Sport, quando praticarlo

È consigliato svolgere attività sportiva al mattino, all’aperto e alla luce del sole, per iniziare la giornata in modo positivo, al primo pomeriggio o a fine lavoro, facendolo diventare il nostro momento in cui chiudiamo la giornata e ci scarichiamo delle sensazioni negative per poi dedicarsi al relax: cena, libri, musica, film. Bisognerebbe evitare di svolgere l’attività fisica almeno 2 ore prima di andare a letto.

Fare sport, poi, ci aiuta a liberare le cosiddette “sostanze della felicità”, le endorfine, che migliorano l’umore e favoriscono la salute generale. Qualsiasi attività sportiva aiuta il rilassamento e aumenta quindi la probabilità di dormire bene. Le attività devono essere adeguate al nostro fisico, l’obiettivo deve essere il rilassamento, il prendersi cura di sé ma non in modo eccessivo, altrimenti diventa un’attività negativa.

buon sonno

Attenzione all’intensità

Il sovrallenamento può causare difficoltà ad addormentarsi e a restare addormentati. Allenarsi in eccesso significa arrivare a letto con una tensione e un’adrenalina ancora in circolo, soprattutto se tale attività è svolta alla sera. L’attività sportiva, se eccessivamente intensa, è per il nostro organismo paragonabile a degli eventi stressanti che innescano la produzione di ormoni e neurotrasmettitori che hanno la funzione di aiutarci a combattere e ridurre tale stress; tra questi neurotrasmettitori c’è anche l’adrenalina, nemica del sonno e amica della veglia. Per questo motivo, se si arriva alla sera ancora troppo attivati, si fa fatica ad addormentarsi. Durante l’attività sportiva, poi, produciamo acido lattico che il nostro corpo deve metabolizzare e che potrebbe portare a percepire importanti fastidi come bruciore, crampi e dolore che possono disturbare il sonno.

Insonnia

e stile di vita

Con il passare del tempo il nostro sonno si modifica, tende quasi a diventare più superficiale. Questo succede anche perché le nostre attività durante il giorno tendono a diminuire e, di conseguenza, anche il riposo si modifica. Se i pensieri e le preoccupazioni sul lavoro vengono poi “portati” a letto, addormentarsi e mantenere il sonno è più difficoltoso. Anche l’alimentazione ha sicuramente una relazione con il sonno e l’Insonnia: mangiare troppo presto e/o mangiare troppo leggero rischia di provocare dei risvegli notturni dovuti alla fame e alla produzione di succhi gastrici eccessivi ma anche mangiare troppo ha lo stesso effetto perché potremmo fare fatica a digerire. Per poter beneficiare dello sport e migliorare la nostra qualità di vita bisogna anche ricordare che il livello e l’intensità dell’attività deve esser adeguata all’età e all’alimentazione: in adolescenza si possono svolgere sport più intensi e anche per più volte a settimana mentre, in età avanzata, anche la passeggiata o 20 minuti di ginnastica dolce aiutano a stare meglio e anche dormire meglio, lo sport è un nostro prezioso alleato.

Evitare i dolori

L’indolenzimento spesso è legato all’accumulo di acido lattico, è importante quando si fa attività fisica dedicare gli ultimi 5 minuti al depotenziamento o defaticamento che ci permetterà di metabolizzarlo in modo più naturale. Oltre a non svolgere attività fisica alla sera

può essere utile consultare un Nutrizionista, soprattutto se l’attività fisica è intensa, per valutare l’eventuale integrazione di potassio e/o magnesio che, se carenti, di notte possono provocare crampi e disturbare il nostro sonno.

I trattamenti per l’Insonnia

Possono essere di tipo farmacologico, prevedendo l’assunzione di farmaci che però tendono a dare assuefazione e non andrebbero assunti per più di 4 settimane, da utilizzare solo in casi specifici e per brevi periodi, oppure di tipo psicologico-psicoterapeutico di tipo cognitivocomportamentale. La Terapia cognitivo-comportamentale è ad oggi considerata il trattamento d’elezione per l’Insonnia cronica e le Linee Guida nazionali e internazionali la riconoscono come terapia di prima scelta. Il trattamento è strutturato in diversi incontri con uno Psicologo specializzato in Disturbi del sonno e prevede l’utilizzo di diverse tecniche, sia sul piano comportamentale sia sul piano cognitivo. L’obiettivo principale è aiutare il Paziente ad affrontare momenti di stress, nel caso siano all’origine del problema, ma anche insegnare a riconoscere alcuni errori comportamentali che favoriscono l’Insonnia. Al Paziente viene insegnato a conoscere il sonno, a comprendere cosa succede durante la notte, quali siano i meccanismi alla base dell’Insonnia e come prevenire le ricadute.

Le buone pratiche

Ecco alcuni esempi di abitudini utili per dormire meglio:

• evitare cibi pesanti alla sera, il sonno sarà disturbato dalla digestione più lunga e difficile, se troppo leggeri invece il riposo sarà interrotto dalla fame e dalla presenza di succhi gastrici più intensi;

• avere orari di addormentamento e risveglio il più possibile regolari;

• limitare l’uso di cellulare, tablet, computer alla sera poiché impediscono la produzione di melatonina e attivano cognitivamente;

• limitare l’esposizione alle fonti di luce, quindi no a lampade troppo luminose o luce blu, meglio luce soffusa; la luce impedisce la produzione di melatonina, ormone fondamentale per il sonno, che il nostro organismo inizia a produrre quando va via la luce del sole;

• evitare qualsiasi tipo di attività impegnativa e attivante, sia fisica che mentale, almeno 2 ore prima di andare a letto e dedicarsi ad attività rilassanti;

• prediligere una tazzina di latte con il miele piuttosto che una tisana o una camomilla, poiché rischiamo di svegliarci per andare in bagno; inoltre il latte contiene il triptofano che aiuta nella produzione di melatonina.

Pochi secondi per salvare

Èfrequente, oramai da vari anni, trovandosi in un locale pubblico, notare la presenza di un defibrillatore. La presenza di questi apparecchi è codificata da leggi e norme che ne impongono la messa in opera e la manutenzione in una serie di luoghi a grande frequentazione. Queste normative sono solo una parte di un progetto più ampio che tende, in Italia e in ogni paese civilizzato, a garantire un intervento tempestivo ed efficace in situazioni

Esistono condizioni cosiddette

“tempo-dipendenti” in cui l’intervento giusto deve avvenire entro pochissimi minuti; prima cioè che abbia modo di arrivare sul posto un’ambulanza

Per fronteggiare un arresto cardiaco, il defibrillatore può essere uno strumento utile; ma molto più importante

è la presenza di personale adeguatamente formato

Giuseppe Delfini

Istruttore BLS certificato A.H.A. (American Heart Association)

cliniche in cui anche un ritardo di pochi minuti può fare la differenza.

Per fronteggiare un arresto cardiaco, il defibrillatore può essere uno strumento utile; ma molto più importante è la presenza di personale adeguatamente formato per saperlo usare, e per mettere in atto quelle poche, ma fondamentali, azioni che è possibile fare in attesa dell’arrivo di un’ambulanza attrezzata.

Pochi secondi per agire

Esistono condizioni cosiddette “tempo-dipendenti” in cui l’intervento giusto deve avvenire entro pochissimi minuti; prima cioè che abbia modo di arrivare sul posto un’ambulanza; anche nel migliore dei mondi possibili, è inimmaginabile che i soccorsi possano intervenire prima di 8-10 minuti. Mentre già dopo 4-5 minuti i danni cerebrali da mancata ossigenazione possono essere gravi o gravissimi. È pertanto auspicabile la sempre maggior diffusione dei presidi tecnici in

salvare una vita

uffici, negozi, e ovunque sia considerato utile. E deve esserne garantita la solerte manutenzione nel tempo. Ma ancora più importante è la formazione di sempre più persone alla gestione di quei fatidici primissimi minuti.

I corsi di formazione

Le norme di legge cui accennavamo prima, prevedono anche che tutto o parte del personale che lavora in certi luoghi abbia partecipato a corsi di formazione dedicati in cui, oltre a imparare l’utilizzo dello strumento, si viene addestrati a gestire altre emergenze come il principio di soffocamento per corpo estraneo nelle vie aeree o i sintomi sospetti per stroke. È del tutto evidente che imparare il massaggio cardiaco e l’uso del defibrillatore con una lezione online è cosa ben diversa da eseguire realmente tali manovre con manichini tecnologicamente avanzati, provando più volte fino ad aver appreso realmente, lavorando in gruppi di massimo dieci persone.

Esistono Enti ed Associazioni italiane e internazionali che curano in modo specifico questa formazione, garantendo la qualità dei docenti, e l’aggiornamento dei vari device tecnologici con cui fare pratica.

Estendere la formazione

Un vero sostanziale passo avanti sarebbe giungere alla diffusa consapevolezza che tali corsi formativi non dovrebbero costituire una “scocciatura burocratica” cui sottostare, cercando di minimizzare l’impegno. Al contrario, sarebbe auspicabile che anche chi non è obbligato per norme lavorative, imparasse quelle poche fondamentali nozioni che, letteralmente, possono salvare una vita.

Non è difficile immaginare una situazione in cui si verifica una emergenza cardiaca nell’atrio di un teatro, o in ristorante. Il defibrillatore fa bella mostra di sé in un angolo. Magari, ottemperando gli obblighi burocratici, uno o due dipendenti hanno fatto il corso, ma oggi sono assenti; oppure il corso che hanno fatto non prevedeva di fare prove pratiche. Non sarebbe meglio se, invece, anche tra gli occasionali presenti, una bella percentuale fosse formata, e formata in modo adeguato ed efficace? Pensiamo ancora ai familiari, agli amici, ai caregivers di Pazienti cardiopatici, in cui il rischio di situazioni di emergenza è concreto. Pensiamo alle famiglie in cui è

Sarebbe auspicabile che anche

chi non è obbligato per norme lavorative, imparasse quelle poche fondamentali nozioni che, letteralmente, possono salvare una vita

nato da poco un figlio: In questi casi potrebbe risultare molto utile che tutte le persone possibilmente coinvolte apprendano le cose giuste da fare.

Chi non si forma, si ferma

Poche settimane fa, al termine di un corso tenuto al personale di una palestra, mi sono congedato con una battuta “spero che quanto avete appreso oggi non vi capiti mai di doverlo mettere in pratica”. Invece, solo tre o quattro giorni dopo, nella stessa palestra, un cliente è caduto a terra privo di sensi. Non è stato difficile, per chi aveva appena fatto il corso, riconoscere l’emergenza; mentre qualcuno si adoprava a chiamare il 118, un altro ha potuto eseguire le giuste manovre e defibrillare il malcapitato, in tempi rapidissimi, forse meno di due minuti.

Episodi come questo sono la prova che vale la pena lavorare per diffondere queste conoscenze ad una platea sempre più vasta, in modo che la gestione dei primissimi momenti sia sempre presidiata da persone formate.

Come dice un efficace slogan: “Chi non si forma, si ferma”.

Un cervello tutto nuovo

Uno stile di vita inadeguato crea uno stato infiammatorio che altera il funzionamento non solo del nostro corpo ma anche del nostro cervello. Abbiamo però diversi alleati a nostra disposizione per aumentare le prestazioni cognitive come memoria, concentrazione, lucidità e per prevenire le patologie neurologiche. Stefania Cazzavillan, Biologa e Specialista in Genetica, Professore all’Università di Milano, nel suo libro “Un cervello tutto nuovo. Come rigenerarlo e potenziarlo con metodi naturali” ci spiega che vale la pena cambiare le nostre abitudini oggi per assicurarci una vita migliore, piena di energia per un invecchiamento più sano e felice. I fattori preventivi più importanti sono sicuramente l’alimentazione e l’attività fisica, unitamente ad un buon

La via dell’equilibrio

La vita media si è allungata e la nostra cultura sposta continuamente in avanti la soglia a partire dalla quale ci consideriamo anziani. Poter restare giovani a lungo rimane uno dei più grandi desideri dell’uomo anche se sappiamo bene che non si può respingere il tempo che passa. Qualcosa però possiamo fare se vogliamo accogliere con positività il fenomeno dell’invecchiamento: regolare le nostre abitudini e il nostro stile di vita. Nel libro “La via dell’equilibrio. Scienza dell’invecchiamento e della longevità”

sonno. L’autrice sottolinea ad esempio che lo zucchero in eccesso distrugge le connessioni neuronali, l’alcol è neurotossico e i cibi ultraprocessati sono carichi di sostanze proinfiammatorie e che quindi è necessario limitarne o evitarne l’assunzione. Lo svolgimento di attività fisica è poi utile per favorire la neurogenesi, migliora l’ossigenazione, sostiene il metabolismo cerebrale e ci aiuta a gestire lo stress. Infine, altri modi per tenere in allenamento il cervello sono leggere, dipingere, fare meditazione, connettersi con la natura, risolvere giochi matematici ed enigmistici, attività utili che aumentano il flusso sanguigno, l’ossigenazione e alleviano lo stress.

Autore: Stefania Cazzavillan

Editore: Sperling & Kupfer

Antonella Viola, Biologa e Divulgatrice scientifica, ci spiega proprio come vivere a lungo e in salute e come rafforzare quel legame indissolubile che c’è fra il benesse-

re del nostro corpo e quello del pianeta. In questo libro l’autrice non ci fa promesse poco verosimili di longevità a tutti i costi: il punto è capire come vivere a lungo e in salute, cercando un equilibrio fra la tutela del futuro e la gioia del presente. Esistono teorie, diete e manuali che illustrano come mantenerci in forma e trattare il nostro corpo ma tutto ciò rende molto difficile capire, e anche accettare, in che modo e perché il nostro organismo muta nel tempo. Il nostro corpo cambia fin da quando siamo nati ma non tutti i segni legati all’invecchiamento sono un problema per la salute.

Autore: Antonella Viola

Editore: Feltrinelli

Basata su ricerche scientifiche, la mindfulness è una tecnica in grado di agire a livello psicologico e neuronale ed è un’ottima pratica per vivere la nostra vita in maniera più serena e consapevole, imparando a contenere e gestire momenti di ansia e rabbia. In questo libro Maria Beatrice Toro, Psicologa, Psicoterapeuta e Presidente dell’Istituto di mindfulness interpersonale, concentra e illustra le tecniche e i segreti della mindfulness, accompagnando il lettore in un percorso individuale per riprendere il contatto con se stesso e spezzare il circolo vizioso dei malesseri psichici. Usata con successo come terapia coadiuvante nel trattamento di ansia, depressione, stress, squilibri nel rapporto col cibo e nelle relazioni per-

sonali, la meditazione mindfulness ci riporta alla felicità del “qui e ora”, facendoci ritrovare, attraverso ogni esercizio, la bellezza della nostra natura originaria, allenando la mente e mantenendo il corpo e i sensi attivi. Ovunque siamo, a casa o in ufficio, da soli o in compagnia, la mindfulness è una risorsa a cui attingere. “I 7 pilastri della mindfulness” oltre ad una introduzione al mondo della mindfulness, contiene appunto sette percorsi con esercizi, letture e testimonianze per apprendere a fondo questa pratica.

Autore: Maria Beatrice Toro

Editore: Vallardi

L’alfabeto della sostenibilità

Materiali innovativi, i

Grazie a questo processo naturale, alcuni innovativi materiali di rivestimento riescono a svolgere un’importante attività antivirale, antibatterica, antinquinante e non solo...

Dott. Enrico Delfini

Medico Chirurgo

Specialista in Medicina Aeronautica e Spaziale. Bologna

Da quando l’uomo ha iniziato a costruire capanne e ricoveri in cui abitare, ha sempre cercato di impiegare i materiali più adatti a soddisfare le sue esigenze. Per coprire un semplice riparo fatto di tronchi, utilizzava larghe foglie impermeabili, per mantenere il più possib ile asciutto lo spazio in cui dormire. Per costruire le palafitte, ha cercato di impiegare legni che non marcissero rapidamente. Nel corso dei secoli e dei millenni, le varie culture hanno saputo selezionare materiali sempre più adatti, o addirittura crearne di nuovi sempre più confacenti ai bisogni. Non solo nel campo dell’edilizia, ma anche dell’Ingegneria, della Nautica, dell’Architettura e della Decorazione. Pensiamo all’uso del legno di tek per strutture destinate ad essere spesso bagnate; alle piastrelle ceramiche, presenti già in Mesopotamia, con cui decorare templi e strutture cerimoniali.

In tempi più vicini a noi, e limitando l’analisi alle abitazioni civili, i pavimenti di mattoni o di terra battuta sono stati i più diffusi fino all’altro ieri, i muri delle case popolari erano anch’essi spesso fatti di semplici mattoni. Marmi, legni pregiati, ceramiche, stucchi, erano riservati alle dimore signorili. Non si tratta di una questione solo estetica: una super-

ficie più liscia e più facilmente pulibile garantiva uno standard igienico certamente migliore di materiali porosi, polverosi, che trattenevano sporcizia, insetti e odori, in uno scenario che oggi stentiamo a immaginare.

Materiali di rivestimento, quali innovazioni?

La gradevolezza estetica, la resistenza, il costo accettabile, la facilità di posa, la lavabilità, sono caratteristiche che rendono, in linea generale, la ceramica uno dei prodotti più apprezzati; e in cui l’Italia è da tempo leader mondiale grazie ad aziende che sono costantemente alla ricerca di innovazione tecnologica.

Tra i materiali più interessanti, è doveroso segnalare ADVANCE, innovativa ceramica per pavimenti e rivestimenti (prodotta dal Gruppo Italcer)

Grazie ad un processo naturale, detto fotocatalisi, la ceramica

“Advance” svolge una importante attività antibatterica, antivirale e antinquinante

benefici della fotocatalisi

Questo prodotto, grazie ad un processo naturale detto fotocatalisi, presenta, oltre alle doti sopra accennate, anche una importante attività antivirale, antibatterica e antinquinante. Senza entrare in tecnicismi chimici, basti sapere che, con un processo di produzione e cottura particolare, in questo materiale si formano così biossido di stagno e di biossido di titanio. Queste molecole, nelle varie forme chimiche, reagiscono alla luce, attivando alla superficie composti chimici reattivi (i famosi radicali liberi!), capaci di combattere virus, microbi e batteri.

Verifiche sperimentali

Queste proprietà sono state testate in modo rigoroso, secondo standard ufficiali riconosciuti dalle varie società scientifiche e di controllo. Laboratori accreditati hanno attestato le effettive caratteristiche della tecnologia Advance.

Il TCNA (Tile Council of North America) ha confermato le proprietà antivirali e quelle antibatteriche, queste ultime attestate anche dall’Università di Ferrara.

Le proprietà antinquinanti e quelle fotocatalitiche sono state confermate dall’Università di Torino, Dipartimento di Chimica. Tali studi hanno confermato che sulla superficie di queste piastrelle, virus e batteri vengono disgregati in modo pressoché totale, senza dover utilizzare sostanze asettiche o disinfettanti. Va sottolineato che questi esperimenti vengono eseguiti seguendo protocolli predefiniti, che tendono a simulare le reali condizioni di utilizzo, per quanto

In sole 3 ore Advance riesce a diminuire le molecole di NOx del 20,7% permettendo di migliorare notevolmente la qualità dell’aria

riguarda temperatura e umidità, e utilizzando luce di lunghezza d’onda “normale” e non ultravioletta. Le doti di questo materiale sono state ulteriormente potenziate, in particolare con l’aggiunta (in fase di produzione) di alcuni ioni che permettono ad Advance di attivarsi anche con la semplice esposizione alla normale luce visibile.

Le proprietà antivirali e antibatteriche vengono comunque esaltate da ogni condizione di luminosità, solare e artificiale ma, come dimostrano i Test dei laboratori, tali proprietà restano attive anche in assenza di luce.

Inoltre la produzione di Advance, frutto di studi complessi e sofisticati, prevede una sola fase di cottura, sicuramente meno dispendiosa in termini di energia, rispetto ad una doppia cottura.

Altri vantaggi

Una volta posto in opera, questo materiale decisamente innovativo abbellisce gli interni delle nostre case, garantendo in modo autonomo un elevato grado di igiene e di “autopulitura”, dato che per la sua manutenzione non sono necessarie sostanze e detersivi che inquinano, sia nella loro produzione che nel loro utilizzo. Oltre a questo, se applicato in esterno, sulle facciate di abitazioni e palazzi, Advance riesce a diminuire le molecole di NOx (Ossidi di Azoto) del 20,7% in sole tre ore, permettendo di migliorare notevolmente la qualità dell’aria grazie all’azione fotocatalitica che si attiva alla luce naturale. Ciò ha, come intuibile, un effetto positivo in termini di riduzione dell’inquinamento, sia interno che esterno. Questo prodotto è un vanto della azienda che lo produce, che ha investito e continua ad investire nella ricerca. È affascinante studiare nei dettagli lo sviluppo e la definizione delle metodiche produttive di questi materiali che alla vista appaiono come “normali” piastrelle, ma sono invece il frutto di studi e analisi sofisticate. Questi materiali innovativi sono allo stesso tempo un eccellente punto di arrivo della ricerca e delle applicazioni pratiche, e un punto di avvio verso sempre più interessanti panorami merceologici che esploreremo in futuro.

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