Prof. Francesco Addarii, Medicina Interna e Cardiologia
Dott. Alberto Benati, Urologia
Prof. Guido Biasco, Gastroenterologia
Prof. Roberto Boccalon, Psichiatra, Direttore Istituto Psicoterapia Espressiva, Bologna
Prof. Pierfrancesco Buli, Urologia
Dott. Leonardo Calza, Ricercatore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna
Dott. Franco Cantagalli, Presidente Ordine Farmacisti di Bologna
Dott. Claudio Caprara, Medicina Interna
Dott. Mauro Caputo, Radiodiagnostica
Prof.ssa Renata Caudarella, Responsabile U.S. Metabolismo Minerale Università di Bologna
Prof. Francesco Chiodo, Direttore Istituto Malattie Infettive Università di Bologna
Dott. Riccardo Cipriani, Chirurgia Plastica
Dott. Paolo Collini, Igiene e Tossicologia
Cari Lettori,
sono trascorsi ormai quasi vent’anni dall’uscita del nostro primo numero e la nostra motivazione e impegno a portare avanti un obiettivo di informazione corretta, su prevenzione e salute, sono più che mai validi e semmai accresciuti dal gradimento sempre crescente del pubblico.
Prof. Roberto Corinaldesi, Dir. Dip. Medicina Interna e Gastroenterologia Università di Bologna
Prof. Domenico Cucinotta, Geriatria - Presidente C.U.R.A.
Dott. Enrico Delfini, Medico di Medicina Generale
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Dott. Giampiero Di Tullio, Scienza dell'alimentazione e Dietetica
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Dott. Fernando Perrone, Medico di Medicina Generale
Dott. Stefano Reggiani, Igiene e Medicina Preventiva
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Dott.ssa Carla Serra, Medicina Interna, Ricerca in Ultrasonologia
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La salute e il benessere sono temi di fondamentale importanza che rivestono un ruolo differente ma ugualmente importante nelle varie fasi della vita. Ho sempre pensato che l’attività di un medico non finisca una volta realizzata l’attività clinica e di aggiornamento ma che sia una nostra precisa responsabilità, anche e soprattutto, quella di rendere note le indicazioni e informazioni per evitare, quanto più possibile, il disequilibrio e la malattia, mantenendo invece uno stato di benessere sia fisico che mentale. Questo è ciò che abbiamo cercato e continuiamo a fare in questi anni, con l’aiuto prezioso di centinaia di Medici, Ricercatori ed esperti dei vari ambiti di cui ci occupiamo. A loro va un sentito ringraziamento perché senza la loro disponibilità e volontà di dialogo con il pubblico la nostra rivista non potrebbe esistere.
Il nostro concetto di salute è andato definendosi in modo sempre più ampio e completo nell’ottica di una visione olistica del benessere e della salute della persona. La prevenzione attraverso opportuni e periodici controlli, un’alimentazione corretta ed equilibrata, come quella mediterranea, a cui destiniamo sempre maggiore spazio, la pratica costante di un’adeguata attività fisica, ormai da ritenere vero e proprio “farmaco naturale” da “assumere” quotidianamente, l’equilibrio mentale ottenuto attraverso opportune scelte di vita e nuove discipline a cui attingere, l’attenzione all’ambiente e la limitazione dei fattori inquinanti, sono tutti aspetti ugualmente importanti.
È solo attraverso l’attenzione verso ognuno di questi elementi e comportamenti, in una parola lo “stile di vita”, che può nascere il nostro “stare bene”.
Buona lettura!
Enrico Montanari Direttore Scientifico
È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza il consenso dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelli delle organizzazioni, delle istituzioni, delle imprese a cui essi appartengono e neppure riflettono necessariamente i punti di vista dei membri degli organi di direzione ed editoriali di questa pubblicazione. Nulla di quanto contenuto in Elisir di Salute intende rappresentare un consiglio, ovvero una raccomandazione, concernente una qualsiasi delle cure, dei metodi e dei rimedi descritti. Gli editori non danno, né espressamente né implicitamente, garanzie sul piano terapeutico o su quello della convenienza rispetto a pratiche o utilizzi specifici, né riconosceranno alcuna responsabilità, verso chi sosterrà di essere stato danneggiato in conseguenza della pubblicazione di Elisir di Salute o dell’utilizzo delle informazioni pubblicate.
n. 6 2024
novembre/dicembre
cibo & salute
8 I benefici della frutta secca
La piramide che descrive la Dieta mediterranea inserisce la frutta secca fra gli alimenti da assumere misuratamente ogni giorno...
Dott.ssa Melissa Righi, Dott.ssa Lucia Diani
14 Alimenti fermentati, quali benefici?
Diversi studi hanno dimostrato come le diete ricche di alimenti fermentati siano spesso associate a una serie di potenziali vantaggi per la salute
Dott.ssa Anna Fornaciari
medicina
20 Se il mal di gola diventa Tonsillite
Nella maggior parte dei casi la Tonsillite ha un’origine virale, mentre l’infezione batterica può insorgere nel 30% dei casi
Prof. Roberto Albera
27 Dolore pelvico, un problema multifattoriale
Caratterizzato da una eterogeneità dei sintomi, il dolore pelvico è associato ad altri fenomeni sensoriali, muscolari e psicologici...
Dott. Aldo Nobili IPERTENSIONE
Dott.ssa Manuela Tutolo
30 Melanoma, attenzione ai segnali della pelle
Prestare attenzione alle alterazioni di nei e macchie cutanee e sottoporsi a visite specialistiche regolari sono fattori fondamentali per prevenire l’insorgenza del Melanoma
Dott. Michele Tiano
36 Ipertensione, come prevenirla
Effettuare regolarmente il controllo della pressione è fondamentale per ridurre il numero di casi di Ipertensione e migliorare la salute cardiovascolare
Dott. Marco Mettimano
44 Tumore del colon, l’importanza degli Screening
Attraverso le campagne di Screening è possibile prevedere il rischio di insorgenza di questa patologia e intervenire in maniera tempestiva...
Dott. Francesco Ferrara
49 Impianti dentali, ripristinano la piena funzionalità della bocca
Alcune tecniche permettono di sostituire un’intera arcata con solo quattro o sei Impianti, riducendo l’invasività e migliorando l’estetica e la funzionalità in tempi brevissimi
il tuo medico di famiglia
54 Colesterolo, quali strategie?
Non esiste un valore giusto per il colesterolo, vale la regola che più il suo valore è basso e migliore è la salute dell’organismo
Dott. Enrico Delfini
piante medicinali
56 Re degli amari, efficace per Raffreddore e Influenza
Numerosi studi clinici hanno evidenziato effetti positivi sia in prevenzione che in terapia, per il trattamento delle Infezioni delle vie respiratorie superiori
Dott. Danilo Carloni
psicologia
63 Parent Training, i genitori al centro
Attraverso i percorsi di Parent Training, i genitori di bambini con Disturbi da Deficit di Attenzione o Iperattività imparano a gestire le difficoltà legate a queste situazioni
Dott.ssa Silvia Marinelli
salute & benessere
67 Dolore lombare e cervicale, quale soluzione?
La Tecnologia FIT Therapy prevede un approccio al dolore non invasivo, privo di farmaci e senza l’uso di calore...
Dott.ssa Sabrina Sartori
70 Linfodrenaggio, più benessere per le gambe
Le manovre previste in questo metodo favoriscono il deflusso della linfa dai tessuti periferici verso il sistema venoso...
Dott.ssa Emanuela De Martino
estetica & salute
76 Eliminare i tatuaggi, come interevenire?
La procedura di rimozione dei tatuaggi prevede l’utilizzo di un particolare strumento Laser che consente...
Dott.ssa Concita Muneratti
ecologia & salute
82 Crisi idrica e cambiamenti climatici, una sfida globale
Il Report delle Nazioni Unite “Water and climate change” delinea uno scenario preoccupante sulla sicurezza idrica...
Dott. Giuseppe Lai
Vitamina D e stile di vita
Prodotta dal nostro corpo a seguito dell’esposizione solare,
questa importante vitamina è presente in vari alimenti e il suo fabbisogno va adattato alle esigenze individuali
Durante il periodo estivo, al mare o in montagna, siamo stati maggiormente esposti ai raggi solari e questo ha favorito i livelli di vitamina D necessari a garantire il buon funzionamento dell’organismo, contribuendo alla mineralizzazione delle ossa e alla protezione da diverse malattie e dalle infiammazioni.
Adesso, al contrario, con la ripresa delle scuole e del lavoro, l’abbassarsi delle temperature e l’arrivo della stagione fredda ha determinato una minore permanenza all’aperto e soprattutto l’abbandono dell’abbigliamento estivo, ora infatti proteggiamo il nostro corpo e la nostra pelle dal freddo e quindi anche dalla luce solare. Occorre dunque correre ai ripari per favorire livelli sufficienti di vitamina D, ma come?
Le vitamine, sono molecole che il nostro corpo non sa produrre e, pertanto, deve assumerle dall’esterno, attraverso una dieta varia ed equilibrata. Talora, però, la nostra alimentazione non è sufficiente e occorre avvalersi di integratori. La scienza e la tecnologia ci rendono disponibili oggi tanti prodotti che possono essere assunti per favorire un pronto recupero, alcuni di origine naturale altri di sintesi. Entrambi sono valide soluzioni, ma occorre distinguere tra interventi quasi “farmaceutici” utili a coprire prontamente gravi carenze vitaminiche, da situazioni in cui invece occorre un semplice aiuto da affiancare a stili di vita sani, ossia, l’aggiunta di un supplemento complementare a quanto ogni giorno assumiamo con l’alimentazione. Patologie ed età possono modificare il fabbisogno di alcune vitamine, che va infatti adattato alle esigenze individuali, personalizzando le dosi e il tipo di integratore, seguendo i consigli del proprio Medico. Per quanto riguarda la Vitamina D, è presente in vari alimenti, principalmente nel pesce azzurro, come sgom-
bri, sarde, acciughe, tonni, ma anche in altre specie come il merluzzo e pesci grassi come la triglia e il salmone. Viene assorbita dall’intestino e processata da organi come fegato e reni, ma è frutto anche di un’importante produzione a livello cutaneo, a seguito all’esposizione alla luce solare. Attenzione però, se la componente dei raggi UV da un lato è benefica nella produzione di vitamina D, e pure ci abbronza, dall’altro deve però sempre essere considerata con massima prudenza in quanto tale radiazione può determinare mutazioni nel DNA che possono portare all’insorgenza del Melanoma, un grave tumore che colpisce proprio quelle cellule che producono la melanina, la sostanza che determina il colore della pelle e l’abbronzatura.
L’analisi dei livelli di vitamina D nel sangue può essere eseguita dalla maggior parte dei laboratori e ci permette di sorvegliare il nostro fabbisogno come anche l’efficacia degli integratori e/o della nostra dieta abituale. Ormai sono disponibili anche alcuni test rapidi che sembra siano affidabili e utili sia per accertare eventuali carenze vitaminiche che per evitare un’assunzione eccessiva di integratori.
L’arrivo della stagione autunnale modificherà quindi le nostre abitudini, e dovremo cercare di mantenere i benefici acquisiti durante l’estate. Il consiglio è quello di mantenere un’attività motoria adeguata alle proprie esigenze, possibilmente prevedendo passeggiate all’aria aperta, nei parchi e al sole. L’attenzione alla vitamina D ci porta, dunque, a conoscere e migliorare la nostra salute: con l’alimentazione adeguata, il movimento adattato e, all’occorrenza, anche con un’assunzione personalizzata di validi integratori.
Prof. Vincenzo Romano Spica
Ustioni da soda caustica
A lavoro mi è caduta della soda caustica sulla mano e mi è arrivata una goccia anche sul viso. Dopo un primo momento di rossore, mi sono rimaste delle macchie bianche che non vanno via. È una situazione che migliorerà? Quali rimedi potrei utilizzare?
email firmata
Risponde il Dott. Carmine D’Acunto
Dirigente medico Centro Grandi Ustionati presso
Ospedale “M. Bufalini” - Cesena
Le ustioni chimiche sono particolarmente temibili poiché spesso producono lesioni dei tessuti più profonde di quelle che appaiono in superficie. Il danno è in relazione alla concentrazione ed al tempo di esposizione alla sostanza. Dal quesito sembra trattarsi di esiti ipocromici post ustione, in tal caso “le macchie bianche” dovrebbero progressivamente riacquistare il normale colorito. In questa fase può essere di aiuto una buona idratazione della cute ed evitare l’esposizione solare. Viceversa nella fase acuta è opportuno un lavaggio abbondante con acqua della superficie ustionata. Per avere un quadro chiaro delle lesioni è necessario una visita medica specialistica dermatologica.
Coliche renali
Il mese scorso ho avuto coliche renali sia al rene sinistro che a quello destro e ora sto assumendo un farmaco prescritto dal Medico. Poi tramite l’ecografia sono stati individuati 3 calcoli di 10 mm circa al rene destro e 1 di 3 mm circa a quello sinistro. Quale terapia è la più opportuna?
email firmata
Risponde il Prof. Andrea Minervini - Università degli Studi di Firenze - Azienda Ospedaliero
Universitaria Careggi - Firenze
SIU (Società Italiana di Urologia)
La Calcolosi renale è una condizione caratterizzata dalla presenza di calcoli, aggregati di sali minerali di norma presenti nelle urine che, precipitando, danno origine a queste formazioni, di durezza e dimensioni variabili, nelle cavità renali potendo poi migrare lungo l’uretere e sino in vescica e possono causare coliche renali. Nel suo caso l’ecografia ha evidenziato la presenza di calcoli sia al rene destro che al sinistro con formazioni maggiori a carico del rene destro. Le due formazioni di 1 e 3 mm a
carico del rene sinistro non destano particolare preoccupazione poiché, verosimilmente, migreranno verso la vescica e da lì verranno espulse con le urine. In tali casi, nonostante le esigue dimensioni, il Paziente può comunque riferire dolore dato dal tentativo del rene di superare l’ostacolo al deflusso di urina. Per quanto riguarda i calcoli del rene destro, la loro dimensione associata alla sintomatologia richiede un trattamento attivo. In generale, calcoli renali di queste dimensioni sono trattati efficacemente con la Chirurgia endourologica (ureterorenoscopia con litotrissia laser). Per definire la migliore strategia di trattamento, potrebbero essere richiesti ulteriori accertamenti, tra cui un esame chimico-fisico delle urine, esami di laboratorio e, talvolta, una TC addome.
Depressione e farmaci
Mia figlia, 31 anni, prende da 12 anni farmaci per depressione e ansia. Dopo la morte del padre la situazione è peggiorata e attualmente sembra che i farmaci non abbiano effetto. La ragazza ha sempre avuto tanti amici che però vivono oggi altrove; è nervosissima, aggressiva nei modi verbali. Vorrei sapere, è possibile un effetto paradosso dei farmaci (prescritti da Psichiatri) che non hanno ormai alcuna efficacia?
email firmata
Risponde il Prof. Antonio Lo Iacono
Presidente SIPs (Società Italiana di Psicologia)
È difficile rispondere senza una serie di colloqui durante i quali considerare la relazione con se stessa e quella interpersonale e ambientale. Inoltre questi colloqui andrebbero costellati da una batteria completa di test, anche proiettivi, per sondare e approfondire la conoscenza della zona d’ombra del carattere e dei meccanismi difensivi utilizzati per fronteggiare la sofferenza. La reazione della ragazza è comprensibile e l’aggressività la aiuta probabilmente ad essere meno distruttiva con se stessa. Gli psicofarmaci, utili in situazioni di emergenza, riescono a tamponare in certi casi e ad evitare il peggioramento di uno stato ansioso depressivo ma, a lungo andare, se non accompagnati da una adeguata psicoterapia, diventano di fatto inefficaci. La Psicoterapia può essere individuale, di gruppo e in questo caso forse anche familiare, consigliabile per aiutare il nucleo parentale, che ha avuto una così grave perdita, a confrontarsi e riorganizzare insieme le proprie emozioni, i propri sentimenti e i progetti per il futuro.
Avete un problema particolare? Volete un consiglio o un semplice parere? Spedite le vostre domande a Elisir di Salute, via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna, oppure inviate una e-mail alla redazione: info@elisirdisalute.it I nostri specialisti vi risponderanno direttamente sulla rivista.
I benefici frutta
La piramide che descrive la Dieta mediterranea inserisce la frutta secca fra gli alimenti da assumere misuratamente ogni giorno insieme all’olio extravergine d’oliva
della frutta secca
Dott.ssa Melissa Righi
Coordinatrice Dietista
Servizio di Nutrizione Clinica e Dietetica - AUSL della Romagna
Dott.ssa Lucia Diani
Dietista Servizio di Nutrizione Clinica e Dietetica - AUSL della Romagna
In guscio o sgusciata, in granella o in crema, tostata o al naturale: la frutta secca si trova ormai nelle case di tutto il mondo. Grazie alle sue importanti caratteristiche nutrizionali, infatti, la frutta secca non viene più “prescritta” solo dagli Specialisti della nutrizione a tutte quelle persone che vogliono intraprendere un percorso dietologico, ma a consigliarla sono anche Dermatologi, Medici di Medicina generale, Cardiologi e altri Specialisti. Uno dei pensieri più diffusi riguardo a questo alimento è tuttora che faccia ingrassare e quindi che sia da evitare nell’alimentazione quotidiana. In verità in una dieta quotidiana sana ed equilibrata la frutta secca non dovrebbe mai mancare, infatti un consumo adeguato,
regolato in base al nostro fabbisogno energetico, è vivamente consigliato.
Non a caso l’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha incluso la frutta secca in un elenco di cibi consigliati per una vita sana. Infatti la piramide che descrive la Dieta mediterranea inserisce la frutta secca fra gli alimenti da assumere misuratamente ogni giorno insieme all’olio extravergine di oliva. Risulta fondamentale non solo capire quale sia la quantità consigliata ma anche quale tipo di frutta secca scegliere.
Serve infine una precisazione importante: quella che noi chiamiamo frutta secca (ovvero mandorle, noci, pistacchi e tanti altri), in realtà dovrebbe essere definita “frutta secca a guscio o frutta oleosa”.
Le proprietà nutrizionali
La frutta secca viene definita “oleosa” o “lipidica” per il suo elevato contenuto di grassi (90% circa) che, però, si trovano sotto forma di acidi grassi insaturi e polinsaturi, soprattutto della tipologia omega-6 (acido linoleico) e omega-3 (acido alfa-linolenico), quelli cosiddetti “buoni” poichè contribuiscono ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue e, quindi, a ridurre il rischio di Malattie cardiovascolari. Poiché questi grassi sono sensibili al calore e possono essere in parte degradati, è bene non mangiare esclusivamente frutta secca oleosa tostata. Questi frutti hanno poca acqua, pochi zuccheri e una buona quantità di proteine (circa il 12-13% per 100 g di alimento). Inoltre sono molto ricchi di vitamine del gruppo B ed E, di cui sono note le proprietà antiossidanti e di supporto in diversi funzionalità corporee, dalla crescita di capelli e unghie, al metabolismo energetico.
Il contenuto elevato in sali minerali come magnesio, potassio, ferro, rame, fosforo e calcio rende la frutta secca particolarmente adatta per chi svolge attività sportiva.
Nonostante l’apporto calorico sia molto alto (circa 600 kcal per 100 g), è stato dimostrato che il consumo di frutta secca a guscio rientra nel corretto e sano regime dietetico, soprattutto dei vegetariani e dei vegani come fonte proteica alternativa.
L’assenza di glutine rende questi alimenti ottimi anche per i celiaci.
Un consumo adeguato di frutta secca, regolato in base al nostro fabbisogno energetico, è vivamente consigliato
La quantità consigliata
Se ci chiediamo quanta frutta secca mangiare in un giorno, dobbiamo sapere intanto che, da sola, non fa ingrassare: ha questo effetto se la si mangia dopo aver già raggiunto il fabbisogno calorico giornaliero.
Al contrario, un po’ di frutta secca, con il suo elevato contenuto in fibre, produce un elevato senso di sazietà e quindi permette anche di limitare l’eccesso alimentare.
In linea di massima, si consiglia il consumo di non più di 15-30 grammi di frutta secca al giorno Può essere ottima utilizzata a colazione in granella o in crema o come spuntino tra un pasto e l’altro e come snack energetico per chi fa attività sportiva, infine è utile per le donne in gravidanza, grazie ai benefici che apporta a loro e al feto.
Per quanto riguarda la scelta, dipende molto dai bisogni che abbiamo.
Mandorle
Sono tra la frutta secca più conosciuta, consumata e apprezzata. Si trovano in commercio sia pelate che sgusciate, ma anche in forma di granella, lamelle, farina e crema, sia di mandorle tostate che di mandorle al naturale. Le mandorle hanno un buon profilo lipidico con contenuto modesto di omega-3, in particolare alfalinoleico. Sono ricche di ferro che contribuisce a diverse funzioni nell’organismo fra cui la formazione dei globuli rossi e, di conseguenza, al normale trasporto dell’ossigeno nel sangue. Grazie a questa azione sul trasporto dell’ossigeno, il ferro favorisce, insieme al magnesio, anche la
riduzione della stanchezza e dell’affaticamento . Inoltre le mandorle sono anche ricchissime di rame e zinco , due minerali che contribuiscono al mantenimento della pigmentazione di capelli, pelle e ad avere unghie in salute. L’ olio di mandorle dolci , infine, grazie al suo contenuto in omega-3, è utile nel trattamento di alcune problematiche della pelle, come la Dermatite, e ha proprietà emollienti e antinfiammatorie.
Noci
Rappresentano la frutta secca per antonomasia e probabilmente la più conosciuta, sono prodotte dall’albero del noce “Juglans Regia”, originario dell’Asia. Le noci sono, tra la frutta secca, i frutti con il contenuto più elevato di acidi grassi omega3 , in particolare di acido alfalinolenico capostipite di tutta la classe degli omega-3. Si tratta di un acido grasso essenziale, che significa che il nostro organismo non è in grado di produrlo da solo ma deve necessariamente assumerlo con gli alimenti. Il suo
Le mandorle sono ricche di ferro che contribuisce a diverse funzioni nell’organismo fra cui la formazione dei globuli rossi
consumo contribuisce alla normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue , per questo il consumo viene consigliato a chi ha tendenzialmente il colesterolo alto per ridurre il rischio cardiovascolare. Non tutti sanno che le noci contengono triptofano , precursore della melatonina che ha la proprietà di regolare il ritmo sonno-veglia. Sono ricche di potassio e fosforo, magnesio, calcio e, in piccola quantità, anche ferro, zinco e selenio; contengono oltre alla vitamina E anche la vitamina A anch’essa liposolubile.
Anacardi
Sono il “vero frutto” di un albero che in realtà fornisce due tipi di frutti; uno carnoso (la mela di anacardio), consumato generalmente nei paesi in cui è coltivato e impiegato nella produzione di succhi, e uno “secco” (la mandorla di anacardio) che è quella che dà origine ad una nuova pianta e che troviamo normalmente in commercio. Gli anacardi sono ricchi di niacina , utile per il cervello e la circolazione sanguigna, e apportano anche una notevole quantità di omega-6 . Contengono una buona quota di magnesio, potassio , nonché di proteine vegetali e, tutti insieme, contribuiscono alla normale funzione muscolare.
Arachidi
Le arachidi, per quanto vengano comunemente inserite all’interno della categoria “frutta secca”, si sviluppano in realtà sottoterra e appartengono alla famiglia delle leguminose , come i fagioli, il che spiega il sapore simile a quello dei legumi che caratterizza le arachidi crude. Le arachidi vengono considerate frutta secca sia per caratteristiche morfologiche (anche loro sono contenute all’interno di un guscio) sia per caratteristiche nutrizionali. Le arachidi sono ricche di fibre e di vitamine del gruppo B , in particolare niacina e vitamina B6 . Quest’ultima contribuisce alla regolazione dell’attività ormonale in cui interviene anche l’acido pantotenico, di cui le arachidi sono una buona fonte, che agisce soprattutto a livello del metabolismo degli ormoni steroidei.
novembre/dicembre 2024 www.elisirdisalute.it • il punto
Pinoli
Ricchi di grassi monoinsaturi, i pinoli sono una delle tipologie di frutta secca con il più alto contenuto proteico, superiore a quello delle arachidi (37g/100g contro 27g/100g). I pinoli sono inoltre ricchissimi di minerali come ferro, magnesio, fosforo, potassio, zinco, rame e manganese. Sono inoltre un’ottima fonte di tiamina, vitamina B6, vitamina E e niacina. Impossibile non ricordare che sono l’ingrediente principale del pesto alla genovese che combina con essi anche tutte le proprietà antiossidanti di basilico e olio extravergine di oliva.
Noci di macadamia
Questi frutti contengono flavonoidi utili per la salute cardiovascolare, e minerali quali ferro, magnesio, fosforo, potassio, oltre a vitamine del gruppo B, in particolare tiamina e vitamina B6. Sono anche molto ricche di manganese. L’olio di macadamia viene ampiamente utilizzato in cosmetica, grazie alle sue capacità emollienti, come ingrediente per creme idratanti e maschere per i capelli. I principali paesi produttori sono Australia e Hawaii.
Noce del Brasile
Questo frutto è molto ricco di proteine e fonte di aminoacidi essenziali. Contiene inoltre un’alta concentrazione di selenio. In natura hanno forma di
Ricchi di grassi monoinsaturi, i pinoli sono una delle tipologie di frutta secca con il più alto contenuto proteico
mezzaluna e sono ricoperte da un guscio legnoso molto difficile da rompere, ecco perché nella maggior parte dei casi si trovano già sgusciate. Come dice il nome sono originarie delle regioni tropicali, ma si trovano soprattutto nel bacino amazzonico.
Pistacchi
Questi frutti sono coltivati in moltissime regioni che si affacciano sul mar Mediterraneo. Sono circa 20 le specie di arbusti appartenenti alla famiglia Anacardiaceae, del genere Pistacia che producono il pistacchio ma il più grande produttore a livello mondiale è l’Iran dove viene coltivata la varietà Akbari, di forma ovale allungata. In Italia le varietà più presenti sono quella di Bronte, la Napoletana, la Cerasola, la Ragalina e l’Insolia. I pistacchi sono ricchi di fibre e fistosteroli. Contengono vitamina K, che è coinvolta nella coagulazione del sangue e contribuisce al mantenimento di ossa in salute, ma sono anche fonte di altre vitamine come vitamina B6, vitamina E e biotina
Nocciole
Questo tipo di frutta secca è molto ricco di fitosteroli ed ha un buon quantitativo di vitamina E. Le nocciole sono anche fonte di fosforo, calcio e zinco che contribuiscono al mantenimento di ossa e denti in salute. Contengono principalmente acidi grassi monoinsaturi. Si trovano in commercio in moltissimi formati e rappresentano l’ingrediente fondamentale di moltissime ricette tradizionali, soprattutto in forma tostata e pelata. In Italia ne esistono diverse varietà, le più rinomate sono certamente quelle delle Langhe (Tonda Gentile), ma ultimamente si distinguono anche le Nostrali siciliane. Altre coltivazioni sono la Tonda di Giffoni, la Tonda Gentile Romana, la Camponica e la Mortarella di S. Giovanni.
La frutta oleosa in cucina
Con la frutta secca si possono preparare moltissimi piatti. Partendo dalla colazione, possono essere aggiunte in granella, scaglie o intere all’interno di yogurt, latte vaccino o bevande vegetali per aumentare la sazietà e il contenuto di fibre. Inoltre con la farina ricavata dalla frutta oleosa possono essere preparati biscotti o torte e pancake.
Negli spuntini la frutta secca è estremamente comoda perché resistente al calore, pulita e facile da trasportare, può essere un ottimo integratore naturale al termine dell’attività sportiva. Nei pasti principali sono moltissimi i pesti a base di frutta oleosa utilizzati come condimenti dei primi piatti nella cucina tradizionale italiana.
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Alimenti fermentati,
Diversi studi hanno dimostrato come le diete ricche di alimenti fermentati siano spesso associate a una serie di potenziali vantaggi per la salute
Dott.ssa Anna Fornaciari
Biologa Nutrizionista
Specializzata in Nutrizione Clinica e Disturbi del comportamento alimentare
Da secoli gli alimenti fermentati sono parte della nostra dieta. La fermentazione è infatti un metodo antico da sempre usato per conservare i cibi, rendendoli più gustosi, facili da digerire e sicuri. Ogni paese ha le sue tradizioni; in Giappone si fermenta la soia, in Corea e Germania si fermenta il cavolo, ottenendo il Kimchi e i Crauti, in Italia è comune consumare vari alimenti fermentati come yogurt, kefir, olive, giardiniera, cipolline, aceto e pane con pasta madre.
Negli ultimi 150 anni, la fermentazione casalinga è diventata meno comune. Questo è dovuto all’avvento di metodi moderni di conservazione, come refrigerazione, additivi alimentari e pastorizzazione. Sebbene sia importante mangiare cibi ben conservati e sicuri, è altrettanto importante ricordare che i microrganismi negli alimenti fermentati, se prodotti in sicurezza, non sono dannosi, anzi, possono offrire molti benefici per la salute, migliorando la digestione e favorendo il benessere intestinale.
Che cos’è la fermentazione
Si tratta di un processo biologico in cui microorganismi, come batteri, lieviti e funghi, metabolizzano i carboidrati presenti negli alimenti, producendo composti
I microrganismi negli alimenti fermentati, se prodotti in sicurezza, possono migliorare la digestione e favorire il benessere intestinale
secondari come acidi organici, gas e altre molecole. La fermentazione non solo permette di preservare i cibi, ma li arricchisce e li trasforma sotto vari aspetti: sapore, consistenza, proprietà nutrizionali e digeribilità.
Sapore e consistenza
Dopo la fermentazione, il sapore degli alimenti diventa più complesso e tende a intensificarsi. Ogni alimento fermentato ha i suoi aromi e sapori caratteristici, in generale però possono presentarsi note acidule rinfrescanti ma anche pungenti, aromi complessi con note fruttate, speziate o terrose. Allo stesso tempo è comune ritrovare sapori come l’umami, che aggiunge sapidità e note dolci che possono bilanciare l’acidità. Gli alimenti fermentati sviluppano consistenze molto diverse in base all’alimento in origine: lo yogurt e il kefir risultano più cremosi e densi del latte di partenza,
fermentati, quali benefici?
i vegetali nella giardiniera o il cavolo acquisiscono una consistenza croccante ma morbida grazie alla fermentazione lattica. La fermentazione può anche trasformare la consistenza dei cereali e delle leguminose, rendendoli più soffici e facilmente masticabili.
Le proprietà nutrizionali
La fermentazione cambia il profilo nutrizionale degli alimenti; può aumentare il contenuto di alcune vitamine e nutrienti, può migliorare la biodisponibilità dei minerali come ferro, calcio e zinco. Inoltre i microrganismi producono composti bioattivi come acidi organici, enzimi, peptidi bioattivi e prebiotici, tutte sostanze con potenziali effetti benefici sulla salute.
Digeribilità
La fermentazione agisce come una pre-digestione; i microrganismi scompongono i componenti complessi degli alimenti in forme più semplici e facilmente digeribili. Per esempio, nei prodotti fermentati derivati dal latte, come yogurt, kefir e alcuni formaggi freschi, i batteri lattici scompongono il lattosio, rendendo questi prodotti più utilizzabili dalle persone intolleranti al lattosio. La fermentazione aiuta anche la riduzione delle sostanze anti-nutrienti, composti naturalmente presenti in alcuni vegetali che possono interferire con l’assorbimento dei minerali. Ad esempio, la fermentazione del pane e dei legumi aiuta a ridurre il loro contenuto di fitati (anti-nutrienti), migliorando l’assorbimento dei minerali presenti nei cereali e nei legumi. Infine, gli alimenti fermentati sono ricchi di enzimi (lipasi e proteasi), prodotti dai microrganismi durante la fermentazione, questi sono ottimi alleati per il benessere intestinale e digestivo.
Alimenti fermentati, quali vantaggi?
Diversi studi hanno dimostrato come le diete ricche di alimenti fermentati siano spesso associate a una serie di potenziali vantaggi per la salute: • migliore salute intestinale: mantengono acido l’ambiente intestinale, facilitando così la moltiplicazione dei batteri; alcuni alimenti fermentati sono ricchi di batteri benefici, che possono contribuire a mantenere l’equilibrio della flora intestinale e migliorare la funzionalità della barriera intestinale;
Il consumo di alimenti fermentati può influenzare positivamente il sistema immunitario e contribuire alla riduzione del colesterolo
• più nutrienti disponibili: negli alimenti fermentati i minerali come ferro, calcio e zinco, sono più disponibili, allo stesso tempo durante la fermentazione vengono prodotte vitamine del gruppo B, tra cui acido folico, riboflavina e vitamina B12; inoltre, durante la fermentazione, i microrganismi scompongono le proteine in peptidi e amminoacidi liberi, aumentando la loro disponibilità e rendendoli più facilmente assorbibili, migliorando così il profilo aminoacidico e proteico dell’alimento;
• il consumo di alimenti fermentati può influenzare positivamente il sistema immunitario e contribuire alla riduzione del colesterolo: durante la fermentazione vengono liberati peptidi bioattivi e polisaccaridi che stimolano il sistema immunitario, e acidi grassi a catena corta che aiutano a ridurre i livelli di colesterolo.
Controindicazioni
Nonostante gli alimenti fermentati siano ricchi di proprietà, è fondamentale considerare che ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione;
• disturbi gastrointestinali individuali: alcune persone possono sperimentare disagi gastrointestina-
li, come gas e gonfiore, a causa degli alimenti fermentati; questi sintomi sono spesso dovuti alla presenza di FODMAPs (acronimo di sostanze quali oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) in molti alimenti fermentati; questi sintomi possono essere presenti soprattutto in individui con Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o altre sensibilità gastrointestinali;
• contenuto di sodio elevato: diversi alimenti fermentati, come il miso o le verdure fermentate, possono avere un alto contenuto di sodio; un consumo eccessivo di sodio nella dieta è associato ad un aumento del rischio di Ipertensione e Malattie cardiovascolari; è quindi importante consumare gli alimenti fermentati ricchi di sodio con moderazione;
• attenzione alla produzione casalinga: produrre alimenti fermentati in casa può essere salutare, ma anche rischioso, se non si seguono rigorosamente le norme di igiene e sicurezza alimentare; è fondamentale mantenere la pulizia, controllare la temperatura, usare ingredienti freschi e seguire le giuste procedure per evitare la crescita di microrganismi patogeni e pericolosi.
Alimenti fermentati che fanno bene
Tra tutti gli alimenti fermentati, i più studiati per i loro benefici sulla salute includono yogurt, kefir, crauti, kimchi, tempeh e miso, ognuno con proprietà uniche.
Yogurt
Si ottiene dalla fermentazione del latte con batteri lattici. Secondo uno studio pubblicato sul “Journal of Dairy Science”, il consumo quotidiano di yogurt migliora l’equilibrio del microbiota intestinale e può ridurre l’infiammazione intestinale. Potrebbe essere una buona abitudine consumare quotidianamente 1 o 2 porzioni da 125 g l’una di yogurt al naturale senza zuccheri aggiunti ma dolcificato con frutta fresca.
Kefir
Si tratta di una bevanda fermentata a base di latte o acqua che contiene una vasta varietà di ceppi batterici e lieviti. Una ricerca pubblicata sul “British Journal of
Bere un bicchiere di kefir al giorno, a colazione o negli spuntini, può aiutare a mantenere una buona
Nutrition” ha dimostrato che il kefir può migliorare la digestione, ridurre l’infiammazione e supportare il sistema immunitario. Bere un bicchiere di kefir al giorno, a colazione o negli spuntini, può aiutare a mantenere una buona salute intestinale.
Crauti e Kimchi
Entrambi derivano dalla fermentazione dei cavoli con batteri lattici e altri ingredienti in base alla ricetta. Uno studio sul “Journal of Medicinal Food” ha evidenziato che consumare crauti e kimchi può aumentare la biodisponibilità delle vitamine e migliorare l’assorbimento di alcuni nutrienti. È consigliabile includere una piccola porzione di questi alimenti come contorno nei pasti quotidiani.
Tempeh
Questo prodotto a base di soia fermentata è una fonte eccellente di proteine vegetali; è inoltre ricco di minerali come ferro, calcio e zinco. Il “Journal of Agricultural and Food Chemistry” riporta che il consumo di tempeh può migliorare la salute ossea e fornire proteine di alta qualità. Puoi integrare il tempeh nella tua dieta due o tre volte a settimana, accompagnato da un cereale integrale (sotto forma di pasta, pane o cereale in chicco) e delle verdure per un pasto completo.
Miso
Questo alimento è una pasta di soia fermentata che si utilizza come insaporitore nella cucina orientale. Il miso è associato a una migliore salute intestinale e alla riduzione del rischio di Malattie cardiovascolari. Questo alimento contiene inoltre enzimi digestivi, vitamine del gruppo B e antiossidanti e si può usare come base per zuppe o condimenti per aggiungere sapore e benefici nutrizionali ai pasti. Tuttavia, è importante consumarlo con moderazione a causa del suo alto contenuto di sodio.
L’inclusione di alimenti fermentati nella dieta quotidiana può apportare notevoli benefici per la salute; il loro consumo regolare rappresenta un’ottima abitudine per migliorare la propria salute digestiva e intestinale e sostenere il sistema immunitario. Tuttavia, per massimizzare i benefici degli alimenti fermentati, è essenziale adottare una dieta bilanciata ed equilibrata. Consultare un Nutrizionista o un altro professionista della nutrizione può essere utile per comprendere come consumare al meglio gli alimenti fermentati e ottenere consigli personalizzati per la propria dieta quotidiana.
Quando la scelta sostenibile è anche la più pratica.
Lo Squeeze Piana Miele è realizzato con plastica riciclata: -50% R-PET. Un gesto dolce per tutti!
Proteina
chiave per il Cancro
Scoperto, da un team internazionale di scienziati, sotto la guida del Prof. Stefano Santaguida, Group Leader presso il Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia e Docente di Biologia Molecolare all’Università Statale di Milano, il meccanismo con cui i tumori riescono a sopravvivere e proliferare all’interno dell’organismo. È stata infatti individuata una proteina chiave, chiamata “p62”, che gioca un ruolo essenziale nel sostenere i processi vitali delle cellule tumorali, comprese le metastasi. Tutto ha origine dall’instabilità cromosomica, una caratteristica comune a molte cellule tumorali, che genera un caos all’interno delle cellule, alimentando comportamenti anomali; inoltre un altro effetto dell’instabilità cromosomica è la formazione
di micronuclei, strutture anomale situate fuori dal nucleo principale della cellula, che possono indurre i cromosomi disordinati a intensificare il caos cellulare. L’involucro di queste microstrutture è estremamente fragile e frequentemente difettoso, il che lascia il DNA al loro interno vulnerabile e incapace di ripararlo. Tale incapacità è legata a “p62”, una proteina multitasking con molteplici funzioni cellulari. La scoperta ha un chiaro riscontro nella pratica clinica perché, dalle nostre analisi, risulta che tumori caratterizzati da instabilità cromosomica e con alti livelli di p62 hanno una prognosi peggiore. La proteina “p62” potrebbe quindi da oggi essere considerata un marcatore prognostico e un importante bersaglio terapeutico. Per approfondire: https://rb.gy/gdq6k4
La Malattia di Alzheimer e le Demenze hanno un impatto considerevole in termini socio-sanitari e rappresentano una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale e in quella anziana in particolare, rappresentando uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica. Ricercatori dell’ISS, dell’IRCCS
San Raffaele Roma e del CNR hanno scoperto un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive che caratterizzano le Demenze. Il nuovo meccanismo vede coinvolta una proteina che ha il ruolo di riparare i danni del doppio filamento del DNA provocati da stress e da stimoli di natura diversa all’interno dei neuroni. La scoperta
non soltanto aggiunge nuovi importanti tasselli di conoscenza di una patologia che, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, riguarda in Italia circa 2 milioni di persone (1 milione e 100 mila con Demenza, 900 mila con un Disturbo cognitivo lieve) ma in futuro potrebbe aprire la strada anche a nuove possibilità nella diagnosi precoce, fornendo un nuovo biomarcatore di malattia. Questo studio, come afferma il Prof. Enrico Garaci, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’IRCCS San Raffaele Roma, ha identificato nuove vie cellulari che possono essere modulate farmacologicamente, e quindi strategie terapeutiche mirate.
Per approfondire: https://shorturl.at/sZ5rp
Misurare, migliorare e promuovere le pratiche virtuose dell’apicoltura Emiliano-Romagnola, questo l’obiettivo di Qualithoney, progetto finanziato dal Piano di Sviluppo Rurale 2014 - 2021 della Regione EmiliaRomagna, che ha evidenziato come le qualità dei mieli, prodotti in diverse zone della regione, possano essere elementi distintivi che conferiscono un valore aggiunto al prodotto. Le caratteristiche dei mieli oggetto del progetto di innovazione fanno riferimento a qualità etiche, salutistiche, ambientali, nutrizionali e di provenienza del prodotto. Il progetto, iniziato nel 2022 e terminato nel 2024, è stato realizzato dalla società Apicoltura Piana con la collaborazione dell’Università di Bologna, Astra Innovazione e
novembre/dicembre 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista
Sviluppo, Piana Ricerca e MELIXA. Attraverso il progetto sono stati evidenziati gli elementi che possono portare alla realizzazione di un marchio di qualità per valorizzare il miele prodotto negli areali collinari e di pianura della regione Emilia Romagna. Questi contenuti etici, salutistici, sensoriali, ambientali e locali sono apprezzati dai consumatori che sono disponibili a riconoscere economicamente tali valori. La salute delle api è uno dei valori chiave sul quale si è basato il progetto nel corso del quale si è quindi potuto osservare quali elementi influenzano la vitalità delle api, come questa incida sulla qualità del miele e quali azioni correttive possono essere attuate.
Per approfondire: https://pianamiele.com/qualithoney/
Progetto “Qualithoney”
Rinforziamo le difese
Con l’arrivo del freddo è importante supportare le naturali difese dell’organismo per respingere
le
infezioni delle prime vie respiratorie
In autunno e inverno, con l’arrivo del freddo, è ancora più importante mantenere il sistema immunitario in salute. L’esposizione agli agenti atmosferici, lo stress o un’intensa attività di tipo fisico, possono condizionare la normale funzionalità del sistema immunitario, e richiedere quindi un aumentato fabbisogno dei nutrienti fondamentali. Quando l’apporto di tali nutrienti tramite la dieta è insufficiente, è possibile ricorrere ad un’integrazione alimentare.
Un rimedio efficace e naturale
Nato dai laboratori di ricerca in Nutraceutica Fisiologica Guna, Vitformula IMMUNO è un integratore alimentare a base di componenti nutrizionali selezionati e mirati, utili in caso di aumentato fabbisogno o di diminuito apporto alimentare.
Nella formulazione è presente la Lattoferrina, proteina coinvolta in diverse funzioni del nostro organismo.
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La polpa del frutto di Baobab supporta le naturali difese dell’organismo e la funzionalità delle prime vie respiratorie.
È un prodotto privo di glutine, disponibile in bustine monodose di granulato orosolubile al gusto frutti di bosco, con glicosidi steviolici da Stevia, contiene Lattoferrina derivata da latte di mucca; non contiene altri ingredienti di origine animale.
Rinforza il sistema immunitario
L’azione difensiva di Vitformula IMMUNO è determinata inoltre dalla presenza di:
• Vitamine A, B6, B12, C e D, Folato, Rame, Selenio e Zinco che contribuiscono alla fisiologica funzione del sistema immunitario;
• Baobab (frutto, polpa) che supporta le naturali difese dell’organismo e la funzionalità delle prime vie respiratorie;
• Vitamine B2, C ed E, Rame che favoriscono la protezione delle cellule dallo stress ossidativo.
Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata ed equilibrata e di uno stile di vita sano. Leggere le avvertenze prima dell’uso.
Le informazioni in questa pagina non devono essere interpretate come consulenza medica e non intendono, né possono sostituire il parere del proprio Medico curante. Gli integratori non vanno intesi come mezzo per trattare, prevenire, diagnosticare o attenuare malattie o condizioni anomale.
Nella maggior parte dei casi la Tonsillite ha un’origine virale, mentre l’infezione batterica può insorgere nel 30% dei casi
Se il diventa
mal di gola
diventa Tonsillite
Prof. Roberto Albera
Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Università degli Studi di Torino
Quando l’inverno è ormai alle porte e le temperature si abbassano, a volte anche in modo brusco e repentino, la prima parte del nostro corpo che ne risente è spesso la gola. Se il fastidio alla gola diventa dolore accompagnato da febbre, può trattarsi di Tonsillite.
Che cos’è la Tonsillite
Si tratta di una delle più comuni patologie infiamma-
torie alle quali può andare incontro una persona. Si calcola che in Italia vengano richieste oltre 1 milione di visite all’anno inerenti tale problema. Risulta particolarmente frequente in età pediatrica, con 200 visite ogni 1000 bambini, nei mesi invernali.
Nella maggior parte dei casi la Tonsillite ha un’ origine virale, mentre l’ infezione batterica può sopravvenire nel 30% dei casi ed è determinata, nel 90% delle forme, dallo streptococco beta emolitico di gruppo A (SBEA o SBEGA). Occasionalmente la Tonsillite può insorgere come conseguenza di una malattia esantematica infantile.
La Sindrome PFAPA
Una forma particolare di Faringo-Tonsillite ricorrente è la Sindrome PFAPA (Periodic Fever Aphthous Pharyngitis Adenitis), caratterizzata dal periodico ripetersi di fenomeni febbrili acuti della durata di 3-6 giorni, associati ad afte del cavo orale e a gonfiore dei linfonodi cervicali. La terapia cortisonica in un’unica dose risolve rapidamente la malattia.
Un po’ di anatomia
La tonsilla palatina, o amigdala, è un organo linfatico situato nell’orofaringe (gola), dietro al cavo orale (bocca), e appartiene, insieme all’adenoide (tonsilla faringea) e alla tonsilla linguale, al sistema di organi linfatici che costituiscono l’anello di Waldayer. Questi organi linfatici rappresentano la prima barriera difensiva contro virus e microbi che penetrano nell’organismo attraverso bocca e naso in quanto possono produrre gli anticorpi che ci difendono dalle malattie causate da questi agenti patogeni.
L’aspetto della tonsilla è molto variabile in quanto può presentarsi di piccole e di grandi dimensioni, indipendentemente dalla presenza di infiammazione e, nella maggior parte dei casi, le tonsille dei due lati appaiono di volume molto simile. La presenza di tonsille di notevoli dimensioni (tonsille ipertrofiche), in assenza di sintomatologia, non è conseguente a una situazione patologica ma a una relativa insufficienza del sistema linfatico per cui
Nella maggior parte dei casi la Tonsillite ha un’origine virale, mentre l’infezione batterica può sopravvenire nel 30% dei casi
l’organismo cerca di stabilire, attraverso l’aumento numerico delle cellule linfatiche e quindi del volume dell’organo, una nuova condizione di equilibrio che gli consenta di costituire un adeguato patrimonio anticorpale. Come tutti gli organi linfatici, le tonsille vanno facilmente incontro a processi infiammatori, denominati Tonsilliti.
Quali sono i sintomi
La sintomatologia della Tonsillite è caratterizzata da dolore alla gola, difficoltà e dolore nella deglutizione e febbre elevata (oltre 38,3°). Si possono inoltre associare dolore riflesso alle orecchie e gonfiore dei linfonodi cervicali. Gli episodi acuti durano alcuni giorni e possono essere singoli o ripetersi, talvolta con frequenza molto elevata. La Tonsillite interessa sempre contemporaneamente le due tonsille.
Come appaiono le tonsille
L’aspetto delle tonsille è valutabile molto facilmente facendo aprire la bocca al Paziente, eventualmente utilizzando un abbassalingua o un cucchiaio, e illuminandole con una pila. Nella fase acuta della
Tonsillite le tonsille appaiono ingrandite, arrossate, spesso ricoperte da materiale biancastro (placche tonsillari). La presenza di alcuni puntini bianchi che spuntano dalle cripte tonsillari, definiti “zaffi caseosi”, in assenza di sintomatologia non sono significativi di Tonsillite in atto ma sono semplicemente detriti di alimenti e di cellule desquamate che riempiono le cripte tonsillari.
Quali sono le cause
L’origine della Tonsillite, virale o batterica da SBEGA, non può essere individuata con certezza sulla base dei soli parametri clinici per cui, per definirne l’origine, si deve ricorrere all’esecuzione del Test rapido immunoenzimatico. Questo esame, simile a quello utilizzato nella diagnosi di Covid, è eseguito mediante lo sfregamento dell’apposito bastoncino sulla superficie delle due tonsille; la risposta viene ottenuta in pochi minuti ed è molto accurata. L’esecuzione del Test rapido ha significato solamente se eseguito in fase acuta, mentre perde ogni interesse se eseguito in fase di benessere in quanto lo SBEGA è normalmente presente nella mucosa tonsillare; il portatore sano di SBEGA non deve quindi esse-
re trattato con antibiotici. Il tradizionale tampone faringeo con coltura dei microbi dà una risposta tardiva, alcuni giorni, quindi non è utile in fase acuta. Spesso nel Paziente affetto da Tonsillite viene richiesto un prelievo di sangue per la ricerca dei valori dell’ASLO (Titolo Antistreptolisinico) o dello streptozyme test. Attualmente questi test sono considerati scarsamente utili nella diagnostica della Tonsillite in quanto i valori ottenuti evidenziano semplicemente il tasso nel sangue di anticorpi contro lo SBEGA, per cui l’eventuale positività dimostra solamente un pregresso contatto con il microbo ma non è indicativo di malattia o di complicanza in atto.
Le possibili complicanze
L’infiammazione acuta delle tonsille può essere causa di complicanze sia localmente che diffusa nell’organismo. Tra le complicanze infiammatorie locali la più comune è l’Ascesso peritonosillare, che determina un’accentuazione della sintomatologia dolorosa e febbrile presente nella forma acuta. Le complicanze a distanza sono riconducibili a particolari reazioni immunitarie innescate dalla produzione da parte dell’organismo di anticorpi anti-SBEGA che possono determinare infiammazioni a carico di organi quali le articolazioni (Malattia reumatica), il cuore, il sistema nervoso centrale, i reni (Glomerulonefrite) o la cute. Il rischio di insorgenza di Malattia reumatica è relativamente basso,
4 casi ogni 10000 Tonsilliti, ma la sua insorgenza è temibile in quanto a distanza di anni può essere causa di disfunzioni a carico delle valvole cardiache. Come già accennato, il rischio di insorgenza di Malattia reumatica è relativamente raro e non è sufficiente l’instaurarsi di una Tonsillite da SBEGA o la presenza di alti valori di titolo antistreptolisinico per diagnosticarne la presenza; la diagnosi può essere posta solo in seguito alla comparsa, circa due settimane dopo la Tonsillite acuta, di una sintomatologia febbrile acuta associata a forti dolori e gonfiori articolari. In ogni caso, al fine di evitare questo rischio, le Linee Guida suggeriscono la terapia antibiotica in tutti i casi di Tonsillite da SBEGA.
La terapia
La Tonsillite viene curata inizialmente con antipiretici e analgesici, paracetamolo o ibuprofene. Nel caso in cui la sintomatologia non tenda a recedere dopo 24-48 ore, in caso di dimostrata Tonsillite da SBEGA o in presenza di complicanze locali o generali, è indicato il trattamento antibiotico. In questo caso il farmaco di prima scelta è l’amoxicillina somministrata ogni 8 ore per 5-10 giorni.
L’indicazione alla tonsillectomia può essere posta in presenza di 5 o più episodi di Tonsillite acuta
Quando è l’interventonecessariochirurgico
L’indicazione alla tonsillectomia può essere posta in presenza di 5 o più episodi di Tonsillite acuta
L’intervento, viene eseguito in anestesia generale. All’intervento può fare seguito una dolorabilità locale, ben controllata dalla terapia analgesica. L’alimentazione dovrà avvalersi, nell’immediato postoperatorio, di cibi tiepidi e semiliquidi. Le complicanze della tonsillectomia sono relativamente rare e sono rappresentate soprattutto dall’emorragia, che può manifestarsi nei primi 10 giorni successivi all’intervento.
Disturbi respiratori del sonno
Accanto alle forme di Tonsillite acuta in età pediatrica esiste un’importante condizione patologica costituita da importanti Disturbi respiratori del sonno conseguenti all’aumento di volume delle tonsille e delle adenoidi; si tratta della Sindrome delle apnee notturne (OSAS). Il disturbo respiratorio notturno è caratterizzato da sonno russante interrotto da apnee ed è conseguente all’ostruzione della via aerea faringea che si manifesta durante gli atti inspiratori; questa malattia soprattutto in età pediatrica è favorita dall’aumento di volume delle tonsille e delle adenoidi. Una situazione più comune, ma meno grave, è costituita dal Russamento semplice; il semplice Russamento con sonno normale è presente nel 5-10% dei bambini sotto i 7 anni di età, mentre un quadro di OSAS è presente nel 2-3% dei bambini. In questi Pazienti possono associarsi anche ostruzione respiratoria nasale continua, voce nasale, Riniti e Otiti ricorrenti. Nei Disturbi respiratori del sonno in età pediatrica le tonsille e le adenoidi si presentano ingrossate bilateralmente ma non necessariamente si manifestano episodi di Tonsillite. In conseguenza ai Disturbi respiratori cronici, il bambino può presentare la “facies adenoidea”, caratterizzata da volto allungato con labbro inferiore sottile e tendenza a tenere la bocca aperta, il palato ogivale in quanto innalzato e incurvato, la malocclusione dentaria e un ritardo nell’accrescimento. La diagnosi deve essere posta attraverso lo studio della respirazione notturna mediante saturimetria o polisonnografia. In caso di positività vi è indicazione alla adenotonsillectomia (asportazione delle adenoidi e delle tonsille), anche in assenza di Tonsillite; l’intervento che consente di risolvere la malattia in oltre il 90% dei casi, prevenendo le complicanze nello sviluppo. ●
LENTI PER OCCHIALI, conoscerle per utilizzarle al meglio
Sei stanco di sentirti come un pesce fuor d’acqua ogni volta che entri in un negozio di ottica? Scegliere il tipo di lenti adatto alle tue esigenze visive può fare la differenza tra una visione cristallina e una faticosa. Ecco alcune informazioni che possono aiutarti a fare chiarezza:
Lenti bifocali
Questo tipo di lenti include due diverse aree di messa a fuoco sulla stessa superficie di vetro: una parte superiore, per la visione da lontano, e una zona inferiore, per la lettura o attività ravvicinate. Sono comunemente utilizzate dalle persone che iniziano a perdere la capacità di messa a fuoco a causa dell’invecchiamento e che preferiscono non indossare due paia di occhiali separati.
Lenti bifocali o progressive?
Lenti progressive
Le lenti progressive rappresentano una soluzione all’avanguardia che permette di ovviare all’uso di occhiali diversi per vedere da vicino, da lontano e a distanza intermedia. Ciò è possibile grazie alla tecnologia delle lenti progressive, che offrono una transizione graduale tra le diverse aree di messa a fuoco senza linee divisorie visibili I vantaggi delle lenti progressive risiedono nella loro estrema comodità ed estetica, poiché non presentano fastidiose linee di demarcazione visibili ad occhio nudo. Rappresentano la soluzione più moderna ed ergonomica per chi soffre di Ipermetropia, Miopia, Astigmatismo e tende alla Presbiopia.
Le lenti bifocali sono adatte a coloro che preferiscono una separazione netta tra la visione da vicino e quella da lontano. La transizione tra le due zone non è fluida come nelle lenti progressive. La linea di demarcazione netta tra le due aree visive risulta spesso antiestetica e può creare fenomeni di sdoppiamento dell’immagine indesiderati. Inoltre, le lenti bifocali non offrono alcun supporto per le distanze intermedie, come nel caso di utilizzo di un computer.
Lenti monofocali
Sono la tipologia di lenti oftalmiche più comune e diffusa. Come suggerisce il nome, sono progettate per correggere un unico difetto visivo relativo ad una determinata distanza, che si tratti di Miopia, Presbiopia o Astigmatismo. Le lenti monofocali hanno un unico punto di messa a fuoco, un punto focale fisso che garantisce una visione nitida a una distanza specifica. In molti casi le lenti monofocali sono adottate per fornire maggiore chiarezza e nitidezza.
Sia che si opti per lenti progressive, bifocali o monofocali, è essenziale considerare i propri specifici bisogni visivi e consultare un Ottico e un Oculista per una guida esperta. Con la giusta informazione e assistenza, si può trovare la soluzione ottimale.
Se hai bisogno di aiuto, dai uno sguardo alle lenti Divel Italia: https://www.divelitalia.it/it/products/vista
LA TUA SALUTE
L’attività di ricerca del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano ha scoperto che speciali microrganismi del territorio Euganeo, i cianobatteri, producono numerose sostanze antinfiammatorie durante la maturazione del fango in acqua termale. La fangobalneoterapia, riconosciuta dal Ministero della Sanità e convenzionata col SSN, è particolarmente indicata per la cura dei disturbi articolari quali artrite e artrosi, oppure ossei come l’osteoporosi. Questo tipo di terapia naturale non presenta effetti collaterali ed ha limitate controindicazioni.
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Gli hotel termali che hanno ottenuto il Brevetto Europeo sull’efficacia dei principi antinfiammatori naturali contenuti nel Fango Maturo, garantiscono la qualità del prodotto terapeutico. La presenza dei principi attivi viene verificata dallo stesso Centro Studi con dei controlli periodici e un Disciplinare di Maturazione del Fango Termale fornisce al personale addetto le indicazioni necessarie per una coltivazione della risorsa corretta ed efficace.
Dolore pelvico, un problema multifattoriale
Caratterizzato da una
eterogeneità di sintomi, il dolore pelvico è associato ad altri fenomeni sensoriali, muscolari e psicologici e necessita di un approccio multidisciplinare
Dott.ssa Manuela Tutolo
Responsabile di UO Urologia Funzionale
IRCCS Ospedale San Raffaele - Milano
Società Italiana di Urologia
Il dolore pelvico cronico è una sensazione dolorosa percepita in sede pelvica e/o perineale che colpisce sia uomini che donne, con possibili irradiazioni alla regione lombare, inguinale, ai genitali esterni, al pube, al sacro-coccige, alla radice delle cosce. Può essere più o meno accompagnato da sintomi urinari, colon-proctologici e/o sessuali. Per definizione, tale condizione deve perdurare per non meno di sei mesi; spesso è associata a disagio emotivo, cognitivo, sessuale e psicologico molto intensi, con conseguente compromissione della qualità di vita.
Un insieme di sintomi
La diagnosi di dolore pelvico cronico si ottiene per esclusione, ove siano state escluse infezioni o infiammazioni d’organo che invece possano spiegare la sintomatologia. Sebbene in alcuni casi sia il dolore a essere centrale nella sintomatologia, spingendo il Paziente a cercare aiuto, molto spesso è proprio tutta la serie dei sintomi, soprattutto quelli urinari, a risultare estremamente invalidanti e a richiedere un approccio medico. In tal senso, la sintomatologia urinaria può variare dal fastidio soprapubico, che si risolve soltanto urinando (indipendentemente dalla quantità di urina presente
Il malfunzionamento di un organo influenza gli organi vicini e il Paziente con un problema vescicale spesso avrà anche disturbi intestinali
in vescica), alla aumentata frequenza minzionale, fino ad arrivare alla vera e propria urgenza, talvolta con incontinenza urinaria. In altri casi il Paziente riferirà una sensazione di mancato svuotamento, o difficoltà a iniziare la minzione, o ancora un getto molto debole.
I risvolti psicologici
I Pazienti affetti da dolore pelvico cronico spesso sperimentano grande frustrazione e ansia, sono provati a livello psicologico, si chiudono con i partner e con gli amici, si isolano e, piano piano, cominciano a entrare in un “loop” in cui i loro disturbi diventano centrali nella vita quotidiana. La tensione muscolare, legata al disagio urinario e doloroso e all’aspetto psicologico a essi correlato, produce una ulteriore contrazione involontaria della muscolatura pelvica, peggiorando
così i sintomi vescicali, intestinali e sessuali. In ogni caso è bene tenere presente che, sia che si accompagni o meno a sintomi d’organo, il dolore pelvico cronico è una condizione importante da riconoscere poiché affligge sempre più Pazienti, soprattutto giovani.
Il ruolo del sistema nervoso
Se il dolore pelvico cronico, per definizione, prevede l’aver escluso altre patologie, come mai spesso i Pazienti arrivano dallo Specialista con sintomatologia urinaria invalidante? Nel corso degli anni l’attenzione per le Sindromi dolorose del pavimento pelvico si è concentrata in gran parte sui meccanismi d’organo, come le condizioni infiammatorie o infettive. Tuttavia sia la ricerca sull’animale che quella clinica hanno indicato come molti dei meccanismi risiedano all’interno del sistema nervoso centrale. Sebbene uno stimolo periferico, come un’Infezione, possa dare inizio a una condizione di dolore pelvico cronico, questa può autoperpetuarsi grazie alla modulazione del sistema nervoso centrale. Oltre al dolore, questi meccanismi centrali sono associati a numerosi altri fenomeni sensoriali, funzionali, muscolari, comportamentali e psicologici che insieme costituiscono la base della diagnosi di Sindrome dolorosa; ognuno dei fenomeni deve essere affrontato singolarmente attraverso un’assistenza multi-specialistica e multidisciplinare. Pertanto, l’evento “trigger” iniziale determina l’innescarsi di una serie di meccanismi neurologici di amplificata risposta al dolore, con conseguente disfunzione non solo dell’organo di origine ma anche degli organi vicini, addirittura quando lo stimolo periferico è ormai passato.
La connessione tra gli organi
Immaginiamo vescica, intestino, prostata, vagina e muscoli del pavimento pelvico come tasselli di un domino in cui è impossibile che uno di essi cada singolarmente senza innescare la caduta degli altri: questo accade perché gli organi pelvici “si parlano”, si influenzano attraverso un meccanismo neurologico noto come “cross talking”. Quindi il malfunzionamento di un organo influenza gli organi vicini e il Paziente con un problema vescicale spesso avrà anche disturbi intestinali e sessuali o muscolari, e viceversa. Le cause di dolore e le disfunzioni urinarie associate non sono sempre direttamente connesse al sintomo. Un esempio, ma in un altro distretto, è quello dell’Infarto miocardico che spesso insorge con dolore e formicolio al braccio sinistro: il Paziente non ha dolore al cuore ma al braccio eppure il problema è il cuore e, il sintomo, il dolore al braccio, risulta apparentemente scollegato
dalla causa (l’Infarto, appunto). Nel caso del pavimento pelvico accade una cosa simile e, talvolta, il circolo di eventi connessi è talmente lungo che scoprire lo stimolo iniziale che ha condizionato l’innescarsi del malfunzionamento degli organi è tanto difficile. Quello per cui i Pazienti arrivano alla nostra attenzione è il tassello finale, ma conoscere il “cross talking” permette di risalire al tipo di malfunzionamento che sta mantenendo quei sintomi così disturbanti.
I meccanismi di difesa
Lo stress continuo che questi quadri generano induce il cervello a rispondere con un meccanismo di difesa che non sempre è positivo poiché genera risposte psicologiche e fisiche che peggiorano i sintomi. Una di queste risposte è un ipertono del pavimento pelvico, ovvero una ipercontrazione dei muscoli che si trovano attorno all’uretra, alla vagina (nella donna) e alla prostata (nell’uomo), come pure al canale anale. Questa ipercontrazione involontaria dei muscoli pelvici è di gran lunga l’alterazione fisiopatologica più comune che può indurre sintomatologia urinaria (con iperattività della vescica o difficoltà di svuotamento), sessuale (dolore durante i rapporti) e intestinale (difficoltà allo svuotamento dell’ampolla rettale). Ancora una volta, tramite il meccanismo del “cross talking”, la disfunzione muscolare si trasforma da “meccanismo di difesa” a fonte di disfunzione degli organi pelvici, tra cui la vescica.
Un approccio multidisciplinare
Conoscere tale meccanismo è un vero asso nella manica sia per il Medico che per il Paziente, diventando un utile strumento per capire a chi rivolgersi o per cambiare rotta, se il trattamento non risulta efficace. Per farlo è opportuno rivolgersi a un Urologo esperto di problematiche funzionali in grado di indirizzare verso un approccio multidisciplinare. La sintomatologia dolorosa del pavimento pelvico si accompagna a una serie di risposte, mediate dal sistema nervoso centrale, che coinvolgono altri organi e che quindi devono essere prese in considerazione contemporaneamente per dare al Paziente il massimo della cura e dei risultati. Proprio alla luce della Fisiopatologia e della complessità delle Sindromi dolorose del pavimento pelvico, risulta obbligatorio il lavoro di equipe in cui l’Urologo venga affiancato da altri Specialisti come Neurologo, Gastroenterologo, Ginecologo, Psicologo e Fisioterapista del pavimento pelvico. Solamente lavorando in squadra sarà possibile garantire ottimi risultati dal punto di vista urinario, di salute del pavimento pelvico e in generale una adeguata qualità di vita.
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Melanoma, attenzione
TPrestare attenzione alle alterazioni di nei e macchie cutanee e sottoporsi a visite specialistiche regolari sono fattori fondamentali per prevenire l’insorgenza del Melanoma
Dott. Michele Tiano
Dermatologo Centri Humanitas Medical Care
utti li abbiamo sulla pelle, piccole macchioline più o meno grandi di colore tendenzialmente marroncino. Sono i nei, anche chiamati nevi, formazioni pigmentate della pelle o delle mucose, derivanti da uno sviluppo anomalo di melanociti, cioè di specifiche cellule di origine nervosa presenti nella pelle. Generalmente i nei appaiono come macchie circoscritte di forma ovale o rotonda, in rilievo rispetto alla pelle circostante oppure piatte. Dimensioni e colore possono variare nel tempo e alterarsi. Alcune di queste alterazioni possono essere del tutto innocue ma sono comunque da tenere sotto controllo perché potenzialmente potrebbero rappresentare un campanello d’allarme. In particolar modo, quando l’alterazione coinvolge forma, dimensione e colore del neo può nascondere una formazione neoplastica, cioè tumorale. Proprio per que-
Generalmente i nei appaiono come macchie circoscritte di forma ovale o rotonda, in rilievo rispetto alla pelle circostante oppure piatte, dimensioni e colore possono variare
sto motivo, monitorare regolarmente la propria pelle è fondamentale per mantenerla sempre in salute.
Tumori della pelle, le forme più comuni
I Tumori della pelle rappresentano una delle neoplasie più frequenti. Le nuove diagnosi, ogni anno, sono circa 80.000 di cui le forme più comuni possono essere raggruppate in 3 macro-categorie:
• Carcinoma basocellulare: sono forme che originano nello strato basale dell’epidermide, il più profondo, ed è il Tumore della pelle più diffuso; generalmente cresce lentamente e raramente dà metastasi; si presenta spesso come una protuberanza perlacea, un nodulo rosato o una macchia brunastra, potendo anche ulcerarsi o sanguinare;
• Carcinoma spinocellulare: si sviluppa nello strato spinoso dell’epidermide, quello più superficiale; può essere più aggressivo del basocellulare ma anch’esso raramente dà metastasi; può presentarsi come una macchia squamosa, una verruca o una ferita che non guarisce, risultando anche dolente o pruriginosa;
• Melanoma: meno frequente dei precedenti, ma molto più aggressivo; certamente la forma di malattia più seria e che richiede maggiore attenzione; si sviluppa dai melanociti, le cellule che producono
ai segnali della pelle
la melanina, ed è responsabile di circa il 90% dei decessi per Tumore della pelle; cambia spesso forma, dimensioni e colore, potendo avere bordi irregolari, più colori o sfumature di nero, rosso, blu o bianco.
I numeri del Melanoma
Il Melanoma rappresenta il 5% di tutti i Tumori della pelle ma è il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi, nelle persone con meno di 50 anni secondo “I numeri del Cancro in Italia 2023” diffusi da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), con circa 12.700 nuove diagnosi di Melanoma, stimate per il 2023, di cui 7.000 fra gli uomini e 5.700 fra le donne. In epoche recenti l’incidenza del Melanoma è aumentata in modo considerevole, nel 2020 si è ad esempio registrato un incremento del 20% rispetto all’anno precedente, sempre secondo AIOM. Le forme meno frequenti includono Malattia di Paget del seno o extra mammaria, Sarcoma di Kaposi, Carcinoma di Merkel, Linfomi cutanei (Micosi Fungoide), Tumore degli annessi cutanei, Fibroxantomi.
Riconoscere i segnali
Essere ben informati rappresenta il primo passo verso una prevenzione efficace. Questo è il motivo per cui comprendere appieno i nostri nei e moni-
Il Melanoma viene diagnosticato sempre più precocemente, grazie allo Screening dermatologico e all’avanzamento delle tecnologie diagnostiche
torarli è essenziale: forma, dimensione e colore rappresentano criteri di valutazione importanti. Ad esempio è bene sapere che possono essere piatti, leggermente sollevati o notevolmente prominenti sulla pelle e variare nel colore, dal rosa al marrone scuro. È interessante notare che una piccola parte dei Melanomi si sviluppa da nevi preesistenti mentre maggiormente, secondo le Linee Guida SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse), emerge in aree della pelle prive di nevi. Se può essere difficile per un occhio non esperto, ad esempio per la persona che se lo vede comparire sulla pelle, distinguere un nevo da un Melanoma nelle prime fasi, durante una visita dermatologica le caratteristiche che indicano la presenza di un Tumore maligno o di un’evoluzione sospetta non sfuggono al clinico, senza ombra di dubbio. Tuttavia, se una macchia pigmentata cambia dimensioni o aspetto in modo significativo, il Paziente stesso può facilmente riconoscere un segnale d’allarme e diventa quindi fondamentale consultare immediatamente uno Specialista.
Fattori di rischio
Come anticipato, l’incidenza del Melanoma sta costantemente aumentando: è quasi raddoppiato rispetto a dieci anni fa, ma c’è una buona notizia. Il Melanoma viene diagnosticato sempre più precocemente, grazie allo Screening dermatologico e all’avanzamento delle tecnologie diagnostiche. Inoltre, altra indicazione importante per favorire la diagnosi precoce del Melanoma sono alcuni fattori di rischio che, se presenti nel Paziente, possono spingerlo a sottoporsi a un percorso di Screening preventivo. Tra questi:
• avere più di 100 nei;
• appartenere a un fototipo chiaro, caratterizzato da occhi azzurri o verdi, pelle chiara e tendenza alle scottature solari;
• esposizione intensa e intermittente al sole e alle lampade abbronzanti;
• fattori genetici.
Risulta comunque importante che anche coloro che non rientrano in queste categorie di rischio siano consapevoli delle strategie per ridurre la probabilità di sviluppare Melanomi e dei comportamenti da adottare durante il controllo della propria pelle.
Le scottature solari e l’esposizione prolungata al sole sono tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di Tumori cutanei, soprattutto se si verificano in giovane età
Alcuni consigli
È fondamentale adottare comportamenti preventivi come:
• nel periodo estivo o nelle giornate di sole intenso, applicare regolarmente creme solari ad alto fattore protettivo durante la giornata e in quantità e tempistica adeguate;
• nel periodo estivo, indossare protezioni fisiche come cappelli e magliette per ridurre l’esposizione al sole;
• evitare, quando possibile, l’esposizione diretta al sole durante le ore più calde della giornata per prevenire le scottature;
• evitare l’uso di lampade solari, docce solari e lettini abbronzanti;
• considerare la latitudine e altri fattori ambientali quando si pianifica un viaggio, adottando le precauzioni necessarie per proteggersi dai raggi solari;
• preparare la pelle con integratori specifici e utili per la melanogenesi.
Le scottature solari e l’esposizione prolungata al sole sono tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di Tumori cutanei, soprattutto se si verificano in giovane età, fin dall’infanzia.
I campanelli d’allarme
Per monitorare le eventuali trasformazioni dei nei nel corso del tempo è consigliabile seguire un programma regolare di prevenzione che vada oltre la semplice osservazione quotidiana della propria pelle. Ad esempio è fondamentale tener conto della regola “ABCDE” per identificare eventuali lesioni pigmentate sospette da segnalare al Dermatologo, senza attendere il prossimo controllo periodico. Ogni lettera dell’acronimo è indicativa di una specifica caratteristica da valutare:
• Asimmetria (A): è importante essere particolarmente vigili se un neo è asimmetrico;
• Bordi irregolari (B);
• Colore (C): è importante notare il numero di colori presenti nella lesione; la presenza di molteplici colori in un singolo neo non deve essere sottovalutata;
• Diametro (D): se il diametro del neo è superiore ai 6 mm, può rappresentare un segnale d’allarme;
• Evoluzione (E): se un neo sembra svilupparsi rapidamente, è motivo di preoccupazione e va segnalato al Dermatologo.
Visita quandodermatologica, farla?
La frequenza delle visite di controllo dei nei è una questione importante da considerare, queste devono essere regolari e costanti: almeno una volta l’anno in età adulta, specialmente per i Pazienti che presentano fattori di rischio. L’ausilio, nel corso della visita di un dermatoscopio per l’osservazione in epiluminescenza, o effettuare la Microscopia confocale in vivo per le lesioni più sospette permetterebbe di individuare il Melanoma prima che siano visibili ad occhio nudo i classici segni della patologia. Se individuato precocemente, il Melanoma può essere rimosso chirurgicamente con un semplice intervento mentre, in stadio più avanzato, l’intervento chirurgico è più complesso, con una prognosi severa per la salute e una potenziale evoluzione metastatica.
Mappatura dei nei, le ultime innovazioni
La mappatura dei nei è un esame di secondo livello che può essere richiesto in casi specifici, ad esempio per Pazienti con numerose lesioni, e che permette di acquisire immagini macroscopiche e dermoscopiche tramite un apposito macchinario, specificamente di nei sospetti che possono far scaturire un dubbio di lesione in atto o di cui si stima una possibile mutazione nel tempo, indicativa di patologia. L’innovazione è data dalla possibilità di archiviare digitalmente le immagini potendo monitorare l’evoluzione dei nei, ad esempio, a distanza di 4-8 mesi, e intraprendere il corretto percorso terapeutico. Una lesione benigna rimane infatti stabile nel tempo o subisce minime variazioni, mentre una lesione maligna, a causa della sua crescita incontrollata, inevitabilmente si altera.
Non ultima la Microscopia confocale in vivo che viene utilizzata in presenza di sospetto Tumore cutaneo, in particolare del Melanoma in cui si vuole evitare una biopsia della pelle.
Infine ci sono novità anche dal punto di vista della Ricerca. Ad esempio due marcatori noti (Ambra1 e Loricrina), grazie a studi sostenuti da “Fondazione Humanitas per la Ricerca”, sembrano qualificarsi per una predittività per forme di Melanoma ad alto rischio in Pazienti con malattia iniziale.
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Ipertensione, come prevenirla
Effettuare regolarmente il controllo della pressione è fondamentale per ridurre il numero di casi di Ipertensione e migliorare la salute cardiovascolare
Ipertensione, prevenirla
La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue contro le pareti delle arterie. La pressione si misura in millimetri di mercurio mmHg, e i suoi valori sono riassunti da due misure: sistolica e diastolica, che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) o si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro. Il valore della pressione arteriosa varia normalmente nel corso della giornata: aumenta con lo sforzo, il freddo, le emozioni e diminuisce con il riposo e il sonno.
Dott. Marco Mettimano
Centro Ipertensione e rischio cardiovascolare
Fondazione Policlinico Gemelli - Roma
Cos’è l’Ipertensione Arteriosa
L’Ipertensione è una tra le condizioni di rischio più diffuse nei paesi industrializzati, colpisce infatti circa il 25% della popolazione adulta e rappresenta uno dei maggiori problemi clinici dei tempi moderni. Avere la pressione alta non significa essere malati ma avere una condizione che può far ammalare se non si prendono provvedimenti. L’Ipertensione si sviluppa quando le pareti delle arterie di grosso calibro perdono la loro elasticità naturale e diventano rigide e i vasi sanguigni più piccoli si restringono. L’Ipertensione affatica il cuore, può aumentarne le dimensioni, renderlo meno efficiente e favorire l’Aterosclerosi. Per questo, le persone che hanno la pressione alta corrono un maggiore rischio di Infarto, Fibrillazione atriale, Ictus; l’Ipertensione, inoltre può causare Insufficienza renale e danneggiare la vista.
Si definisce Ipertensione arteriosa uno stato costante e non occasionale in cui la pressione arteriosa è elevata rispetto a standard fisiologici considerati normali. Una persona è ipertesa quando: la pressione arteriosa massima (sistolica) è maggiore o uguale a 140 mmHg e/o la pressione arteriosa minima (diastolica) è maggiore o uguale a 90 mmHg.
La Società europea dell’Ipertensione ha messo a punto delle Linee Guida per l’Ipertensione, in base a queste regole ecco come si deve considerare la pressione.
Quali sono le cause
La pressione alta può essere la conseguenza di cause ben identificabili come una patologia renale, una malattia endocrina ma anche l’assunzione non controllata di alcuni farmaci come cortisonici, ciclosporina o antinfiammatori. In questi casi si parla di Ipertensione secondaria. Nella maggior parte dei casi (oltre il
I VALORI DELLA PRESSIONE
categoria sistolica diastolica
ottimale <120 e <80
normale 120-129 e/o 80-84
normale-alta 130-139 e/o 85-89
Ipertensione di grado 1 140-159 e/o 90-99
Ipertensione di grado 2 160-179 e/o 100-109
Ipertensione di grado 2 160-179 e/o 100-109
Ipertensione di grado 3 ≥180 e/o ≥110
Ipertensione sistolica isolata ≥140 e <90
novembre/dicembre 2024 filo diretto con la redazione
90%), tuttavia, l’aumento della pressione arteriosa non è riconducibile a un’unica causa ben identificabile: si parla, quindi, di Ipertensione essenziale o primitiva. In genere è collegata a una certa predisposizione
Avere la pressione alta non significa essere malati ma avere una condizione che può far ammalare se non si prendono provvedimenti
genetica, sulla quale intervengono numerosi fattori esterni quali il tipo di alimentazione, l’obesità, lo stress e l’abuso di alcolici o di sostanze eccitanti.
Quali sono i sintomi
Raramente l’Ipertensione viene accompagnata da sintomi e la sua identificazione avviene solitamente attraverso lo screening o quando ci si cura per un altro problema non correlato. Una parte dei Pazienti può manifestare vertigini, cefalea, nervosismo, stanchezza, sangue dal naso, disturbi visivi. Ma in realtà non esistono disturbi specifici e molti ipertesi si sentono bene per lungo tempo. L’Ipertensione arteriosa è spesso definita il “killer silenzioso” perché può danneggiare l’organismo senza mostrare sintomi evidenti per un lungo periodo di tempo. Questo significa che molte persone possono non rendersi conto di avere l’Ipertensione fino a quando non si verificano complicazioni gravi, come
L’Ipertensione
arteriosa è spesso definita il “killer silenzioso” perché può danneggiare l’organismo senza mostrare sintomi evidenti
un Ictus, un attacco di cuore, danni renali o problemi agli occhi. Il pericolo dell’Ipertensione deriva dal fatto che, quando la pressione sanguigna è costantemente elevata, le arterie possono subire danni progressivi. Questo può portare all’indurimento delle arterie (Aterosclerosi), aumentando il rischio di ostruzione arteriosa e formazione di coaguli di sangue. Inoltre, la pressione sanguigna elevata mette una maggiore tensione sul cuore, che può portare a un indebolimento del muscolo cardiaco nel tempo.
Come si misura la pressione arteriosa
Il Paziente dovrebbe essere rilassato, seduto comodamente con la schiena poggiata, in ambiente tranquillo, con temperatura confortevole da almeno cinque minuti. Non si dovrebbe assumere bevande contenenti caffeina nell’ora precedente, né aver fumato da almeno un quarto d’ora. Il braccio deve essere appoggiato e il bracciale deve essere all’altezza del cuore. Non importa quale braccio venga usato per la misurazione, ma bisogna ricordare che esistono a volte differenze sensibili nei valori misurati nelle due braccia. In tali casi, si dovrà utilizzare per la misura il braccio con la pressione più elevata. Le dimensioni del bracciale di gomma devono essere adattate alla dimensione del braccio del Paziente. Nel caso di bambini o di adulti molto magri, è necessario utilizzare bracciali di dimensioni minori di quelle standard, mentre nel caso di persone molto robuste od obese, il bracciale dovrebbe avere una lunghezza superiore. Annotare immediatamente dopo la misurazione data, ora e valori misurati. In caso di valori di pressione troppo alti o troppo bassi o rilevazione di anomalie del battito cardiaco, riferirlo prima possibile al proprio Medico curante.
Come prevenire e curare l’Ipertensione
La maggior parte dei casi di Ipertensione arteriosa è dovuta ad abitudini di vita non corrette. Fin dalla giovane età è consigliabile mantenere la pressione arteriosa a livelli desiderabili, seguendo alcune semplici regole di comportamento; un semplice cambiamento delle abitudini quotidiane può ridurre il rischio di Ipertensione e contribuire a abbassare la pressione sanguigna Il trattamento dell’Ipertensione arteriosa senza l’uso di farmaci dipende da diversi fattori, tra cui il grado di Ipertensione, lo stile di vita del Paziente e la presenza di eventuali condizioni mediche aggiuntive. Ecco alcuni suggerimenti per gestire l’Ipertensione senza farmaci: • alimentazione sana: ridurre il consumo di sale,
aumentare l’assunzione di frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre;
• controllo del peso: mantenere un peso corporeo sano o cercare di raggiungerlo, poiché l’obesità può contribuire all’ipertensione;
• esercizio fisico regolare: l’attività fisica regolare può aiutare a ridurre la pressione sanguigna; si consiglia di fare almeno 150 minuti di attività aerobica moderata o 75 minuti di attività aerobica intensa alla settimana;
• limitazione dell’alcol e del fumo: ridurre o eliminare il consumo di alcol e smettere di fumare può migliorare la pressione sanguigna e ridurre il rischio di Malattie cardiovascolari;
• gestione dello stress: il controllo dello stress attraverso Tecniche come la Meditazione, lo Yoga o la Respirazione profonda può aiutare a mantenere la pressione sanguigna sotto controllo;
• monitoraggio regolare della pressione sanguigna: tenere traccia della propria pressione sanguigna regolarmente può aiutare a monitorare i progressi nel controllo dell’Ipertensione e ad apportare eventuali modifiche allo stile di vita di conseguenza;
• riduzione del consumo di caffeina: limitare il consumo di bevande contenenti caffeina può essere utile per alcuni pazienti con Ipertensione;
• sonno di qualità: assicurarsi di dormire a sufficienza ogni notte (7-9 ore) può contribuire a mantenere la pressione sanguigna sotto controllo.
Se, con questi accorgimenti, non si ottengono risultati è necessario consultare il Medico che prescriverà una terapia farmacologica da assumere regolarmente tutti i giorni e agli stessi orari. È inoltre necessario sottoporsi successivamente ad una visita medica specialistica, almeno una volta all’anno, e non sospendere o modificare mai la terapia senza il consenso del Medico.
L’attività fisica regolare può aiutare a ridurre la pressione sanguigna, si consiglia di
fare almeno 150 minuti di attività aerobica moderata
PERCHÉ È IMPORTANTE
TENERE SOTTO CONTROLLO LA PRESSIONE
Prevenzione delle Malattie cardiovascolari: la pressione alta (Ipertensione) è un fattore di rischio importante per Malattie cardiovascolari come l’Infarto miocardico, l’Ictus e l’Insufficienza cardiaca; mantenere la pressione sotto controllo aiuta a ridurre il rischio di sviluppare queste gravi condizioni.
Protezione degli organi vitali: la pressione alta può danneggiare gli organi vitali nel lungo termine, inclusi cuore, reni, cervello e occhi; mantenendo la pressione sotto controllo, si riduce il rischio di danni agli organi e si preserva la loro salute.
Miglioramento della qualità della vita: l’Ipertensione può causare sintomi fastidiosi come mal di testa, affaticamento, vertigini e difficoltà respiratorie; controllare la pressione sanguigna può contribuire a ridurre questi sintomi e migliorare la qualità della vita complessiva.
Prevenzione di complicazioni: tenere la pressione sotto controllo può prevenire o ridurre il rischio di complicazioni legate all’Ipertensione, come danni ai vasi sanguigni, coaguli di sangue, aneurismi e problemi di circolazione.
Promozione della longevità: mantenere la pressione sotto controllo è associato a una maggiore longevità e a una riduzione del rischio di morte precoce causata da Malattie cardiovascolari e altre complicazioni legate all’Ipertensione.
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Tumore del colon, l’importanza
L’aspetto più importante della Medicina è fare prevenzione perché si elimina un problema di salute prima che questo si presenti. La prevenzione però deve essere efficace (deve risolvere il problema) e non deve essere rischiosa.
Uno dei settori in cui la prevenzione è più sviluppata è naturalmente quello oncologico: l’insorgenza di alcuni tipi di neoplasia, a lento sviluppo ed eliminabili in fase precoce, ha reso possibile la pianificazione e l’organizzazione di campagne di Screening in cui un determinato settore della popolazione viene chiamato a fare dei test che possano predire il rischio di sviluppare un tumore e, soprattutto, se il rischio è presente, di eliminarlo.
Tumore del colon, cosa sapere?
La campagna di Screening di cui ci occupiamo come Gastroenterologi è quella per il Tumore del colon (e del retto). Il Tumore del colon è molto frequente sia negli uomini che nelle donne ed è la seconda causa di morte per tumore, anche per la sua frequenza. Come per molti altri tumori, ci sono fattori di rischio noti, come l’elevato consumo di carne, insaccati e farine raf-
Attraverso le campagne di Screening è possibile prevedere il rischio di insorgenza di questa patologia e intervenire in maniera tempestiva in caso di positività
Dott. Francesco Ferrara
UOC Gastroenterologia ed Endoscopia Interventistica
AUSL Bologna
Consigliere Nazionale AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti digestivi Ospedalieri)
Generalmente il Tumore del colon si sviluppa lentamente nel corso di anni e spesso è preceduto da lesioni benigne che possono essere quasi sempre asportate
finate, lo scarso consumo di frutta e verdura, il sovrappeso, il fumo e il consumo di alcolici. Generalmente il Tumore del colon si sviluppa lentamente nel corso di anni e spesso è preceduto da lesioni benigne (polipi) che possono essere quasi sempre asportate durante una Colonscopia.
La fascia di età in cui insorge più di frequente è quella adulto-anziana (90% dei casi dopo i 50 anni) ed esiste un esame che può segnalarne la presenza, ovvero il Test del sangue occulto fecale positivo. Va detto che avere il sangue occulto fecale positivo non vuol dire avere un Tumore maligno del colon (che anzi è presente in meno del 2% dei soggetti con il test posi-
l’importanza degli Screening
La Colonscopia ha un vantaggio enorme rispetto a molti altri esami diagnostici: nello stesso momento in cui si trova una lesione, è quasi sempre possibile asportarla
Le campagne di Screening
È così che da quasi venti anni alcune regioni in Italia hanno deciso di finanziare campagne di Screening per la prevenzione dei Tumori del colon-retto che in genere prevedono la ricerca del sangue occulto fecale ogni 2 anni, a partire dai 50 anni, con la proposta di eseguire una Colonscopia nel caso il test risultasse positivo. L’ultimo piano di prevenzione oncologica del Ministero della Salute prevede che tutte le regioni ora debbano offrire tale Screening, pertanto a breve l’offerta sarà per tutti.
È infine in discussione l’ampliamento delle fasce di età coinvolte, sia fra i giovani (si è in attesa della decisione se anticipare l’inizio a 45 anni), sia fra gli anziani, estendendo gli inviti ad eseguire il sangue occulto fecale fino ai 75 anni
Gli esami di approfondimento
L’esame del sangue occulto fecale è molto semplice, bisogna raccogliere una piccola quantità di feci in una provetta e inviarle ad analizzare in laboratorio. L’esame consentirà di evidenziare la presenza o meno di tracce di sangue non visibile (occulto), che normalmente non dovrebbe essere presente nelle feci. Non ha senso fare il test se il sangue è evidente (in tal caso occorre valutare con il proprio Medico quali indagini eseguire) e, almeno nell’ambito dello Screening, si esegue una volta sola: nessuno ha mai dimostrato che avere un test negativo subito dopo uno positivo annulli il significato del precedente, mentre fare ogni volta più test, oltre che essere più complicato, aumenta il numero di esami inutili.
Se il test risulta positivo, e questo accade in media nel 5% dei casi, il Centro Screening invita la persona ad eseguire una Colonscopia. In molte regioni si organizza, prima dell’esame, un colloquio con personale formato (Infermiere/i dedicati a tale percorso) che, oltre a spiegare come prepararsi, può rispondere a
dubbi o perplessità. La Colonscopia è l’esame che esplora il colon e il retto, ovvero all’incirca l’ultimo metro del nostro tratto gastrointestinale (non interessa esplorarne di più perché sono rari i Tumori del piccolo intestino che precede il colon).
Come prepararsi alla Colonscopia
Si tratta di una procedura certamente invasiva ma, negli anni, si sono enormemente sviluppate le tecniche per limitare i disagi, utilizzando farmaci che tolgono l’ansia e il possibile dolore associato. Prima dell’esame è necessario prepararsi assumendo dei lassativi affinché lo Specialista che svolge l’esame possa vedere bene in un colon pulito. Anche in questo ambito ci sono stati dei progressi per cui è possibile utilizzare volumi di lassativi molto più bassi rispetto agli anni passati. L’esame ha una durata variabile intorno ai 20-30 minuti e, considerato il tempo per prepararsi prima di iniziare e quello del risveglio dopo la manovra, in tivo), ma soltanto avere una probabilità significativa di trovare lesioni durante la Colonscopia, alcune non correlate al rischio tumorale (ad esempio Diverticoli ed Emorroidi), altre invece che possono nel tempo diventare Tumori maligni, ma asportate in fase precoce non lo diventeranno mai. Solo la Colonscopia può chiarire perché il test sia positivo.
media in un’ora/un’ora e mezza si entra e si esce dal centro in cui viene eseguita.
Un esame efficace
La Colonscopia ha un vantaggio enorme rispetto a molti altri esami diagnostici. Infatti, nello momento stesso in cui si rileva una lesione, è (quasi sempre) possibile asportarla con una manovra che si chiama Polipectomia che non prevede ulteriori fastidi per il Paziente, se non l’allungamento per qualche minuto del tempo necessario a concludere la manovra.
Il/i Polipo/i asportati vengono quindi analizzati al microscopio (attraverso l’Esame istologico) per confermare la loro natura benigna e decidere, in base alle caratteristiche, se è necessario ripetere l’esame dopo qualche anno; il percorso di Screening si conclude con una lettera che indica se sarà necessario ripetere la Colonscopia oppure se ripetere lo Screening con il sangue occulto (in genere 5 anni dopo la Colonscopia) o, infine, se per qualche motivo si esce dal percorso. Nel caso sfortunato in cui al momento della Colonscopia sia già presente un Tumore maligno, ci sono elevate probabilità di risolvere il problema, in genere, con un intervento chirurgico che comunque avrebbe richiesto una Colonscopia prima di essere effettuato; quindi si avvia il percorso di stadiazione e presa in carico fino alla decisione finale sul tipo di trattamento da eseguire.
Prevenzione a basso rischio
Dicevamo all’inizio che le campagne di Screening non devono prevedere rischi inutili visto che sono rivolte a popolazione sana. Se eseguire il Test per il sangue occulto fecale non presenta evidentemente alcun rischio, anche la Colonscopia (eseguita per la presenza di sangue occulto positivo, ovvero per una motivazione specifica) ha rischi molto bassi. I rischi più frequenti sono quelli di sanguinamento o perforazione del colon o sono di natura cardiaca o respiratoria, se eseguiti in individui fragili.
Se l’esame è solo diagnostico, le complicanze sono intorno allo 0,1% per quanto riguarda i disturbi cardiovascolari e la perforazioni e dello 0,03% per il sanguinamento; se invece l’esame è operativo, ovvero vengono tolti dei Polipi, il rischio di perforazione è di circa lo 0,3-2% e quello di sanguinamento 0,6-3%.
La gran parte delle complicanze può essere gestita senza ulteriori interventi, aspettando che il problema si risolva da solo oppure tramite la stessa Colonscopia che può fermare i sanguinamenti o chiudere piccole perforazioni. Molto rara è la necessità di un intervento chirurgico.
Le campagne di Screening sono difficili perché le persone che stanno bene spesso non si preoccupano di cercare problemi di salute “nascosti”
Criticità dei percorsi di Screening
Le campagne di Screening sono difficili perché le persone che stanno bene spesso non si preoccupano di cercare problemi di salute “nascosti” che potrebbero avere oppure perché ci può essere diffidenza verso gli esami da fare, tanto più se “imbarazzanti” come può essere percepita una Colonscopia.
Dall’altra parte però c’è la scienza medica, consapevole di poter offrire la possibilità di fare diagnosi precoce e prevenire il tumore e, in ultima analisi, di salvare vite, nel tentativo di convincere le persone a partecipare. In media l’adesione allo Screening del colon in Italia si attesta intorno al 40% di coloro che sono invitati ad eseguire il Test del sangue occulto fecale; di quelli che risultano positivi, circa l’80% accetta di eseguire la Colonscopia. Da queste cifre si capisce quanto ci sia da fare per aumentare nella popolazione la consapevolezza sia della presenza dello Screening del colon che della sua importanza. Probabilmente sarebbe molto convincente diffondere i risultati di questa campagna, ovvero che la mortalità per Tumore maligno del colon, se effettuato lo Screening, si è ridotta del 15-20%, e che l’incidenza, ovvero il numero di casi in un anno, si riduce fino al 30%. In altre parole, grazie alla prevenzione, in meno di venti anni i Tumori maligni del colon sono diminuiti di quasi un terzo all’anno!
Le campagne di informazione non sono facili, l’argomento è in parte un tabù per cui, per alcuni, vedere manifesti o spot che facciano riferimento a Colonscopie ed esami delle feci può essere poco gradito. E anche l’arma dell’ironia, efficace in molti altri ambiti, va usata con estrema misura per non offendere chi potrebbe non gradire.
Una delle soluzioni più efficaci per aumentare l’adesione allo Screening si sta realizzando in questo momento: con molta semplicità una persona interessata dal titolo di questo articolo si sta informando e, quando riceverà a casa o sul telefono l’invito a partecipare allo Screening, avrà le informazioni utili per capire l’importanza dell’offerta e accettarla, consapevole di poter prevenire con un piccolo gesto una malattia potenzialmente grave.
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Impianti dentali, ripristinano la piena funzionalità della bocca
L’Alcune tecniche permettono di sostituire un’intera arcata con solo quattro o sei Impianti, riducendo l’invasività
e
migliorando
l’estetica e la funzionalità in tempi brevissimi
Dott. Aldo Nobili A.N.D.I. (Associazione Nazionale Dentisti Italiani)
Implantologia è una branca dell’Odontoiatria che si occupa della sostituzione dei denti mancanti attraverso l’inserimento di Impianti dentali. Questi Impianti sono solitamente costituiti da viti in titanio che vengono inserite chirurgicamente nell’osso mascellare o mandibolare. Una volta che nell’osso si è integrato l’Impianto, su di esso viene posizionata una corona dentale, un ponte o una protesi che riproduce la funzione e l’estetica dei denti naturali. L’Implantologia dentale è pertanto una soluzione moderna e altamente efficace per chi ha perso uno o più denti, migliorando significativamente la qualità della vita dei Pazienti. Gli Impianti dentali sono costituiti da titanio o zirconio, materiali scelti per la loro biocompatibilità, resistenza e leggerezza, garantendo un’alta percentuale di successo a lungo termine.
Come denti naturali
Gli Impianti dentali appaiono e funzionano come denti naturali. Essi sono progettati per integrarsi con l’osso e sono molto simili ai denti naturali oltre che nell’aspetto estetico anche nella sensazione. La coro-
na che viene fissata sull’Impianto è personalizzata per adattarsi perfettamente al colore e alla forma degli altri denti. Dal punto di vista estetico, dunque, gli Impianti dentali migliorano immediatamente l’aspetto del viso, offrendo un sorriso naturale e armonioso. L’uso di tecnologie, come la Chirurgia guidata al computer, assicura che le protesi si adattino perfettamente all’arcata dentale del Paziente. Inoltre alcune tecniche permettono di sostituire un’intera arcata con solo quattro o sei Impianti, riducendo l’invasività e i tempi di recupero, e migliorando l’estetica e la funzionalità masticatoria in tempi brevissimi. Il miglioramento estetico e funzionale portato dagli Impianti dentali può avere un impatto significativo sulla qualità della vita e sull’autostima. Un sorriso completo ed armonioso può infatti influire posi-
Gli Impianti dentali sono progettati per integrarsi con l’osso e sono molto simili ai denti naturali
novembre/dicembre 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di
tivmente sulle interazioni sociali e professionali, migliorando il benessere psicologico.
Masticare, mangiare e parlare senza difficoltà
Gli Impianti dentali ripristinano la piena funzionalità della bocca, permettendo di masticare e mangiare senza difficoltà. A differenza delle protesi mobili, che possono spostarsi o causare disagio, gli Impianti sono stabili e fissi, permettendo di masticare con forza e sicurezza. Inoltre, permettono un miglioramento della fonesi (suono emesso tramite la voce). Le protesi mobili mal adattate possono scivolare nella bocca, causando difficoltà nel parlare chiaramente. Gli Impianti dentali eliminano questo problema, permettendo di parlare con scioltezza e senza paura che i denti possano spostarsi.
Estremamente resistenti
La percentuale di successo degli Impianti è molto alta, superando il 90%, con quelli mandibolari che raggiungono un successo anche del 99%. La longevità è influenzata dalla qualità dei materiali, dalla tecnica di inserimento, dall’igiene orale del Paziente e dai controlli periodici. Gli Impianti dentali, dunque, sono estremamente resistenti e, con una buona igiene orale e controlli regolari dal Dentista, possono durare molti anni, spesso per tutta la vita. Questo li rende un investimento a lungo termine molto valido rispetto ad altre soluzioni di protesi dentali che potrebbero necessitare di essere sostituite più frequentemente.
Gli Impianti diventano parte del corpo e non comportano i disagi che possono derivare dall’uso di protesi rimovibili. Non ci sono problemi di adesivi o di protesi che scivolano, il che aumenta decisamente il comfort generale.
A differenza delle protesi rimovibili che necessitano di essere rimosse e pulite regolarmente, gli Impianti dentali richiedono la stessa cura domiciliare dei denti naturali. Spazzolamento, filo interdentale e regolari controlli dentistici sono tutto ciò che serve per mantenere gli impianti in buono stato.
Preservano la salute ossea
Gli Impianti aiutano a prevenire la perdita ossea che può verificarsi con la mancanza dei denti. Quando si perde un dente, l’osso della mascella o della mandibola può iniziare a deteriorarsi a causa della mancanza di stimolazione. Gli Impianti dentali stimolano l’osso in modo simile a un dente naturale, prevenendo la perdita ossea e aiutando a mantenere la struttura
del viso. Quando si utilizzano protesi dentali, i denti adiacenti devono essere limati per essere utilizzati come pilastri del ponte. Gli Impianti eliminano questa necessità, preservando la struttura dei denti naturali vicini e mantenendo la salute dentale complessiva.
Difficoltà operative e tempistiche
Le tecniche moderne permettono interventi chirurgici minimamente invasivi, riducendo il tempo di recupero e il disagio post-operatorio. Spesso, la procedura può essere eseguita in un’unica seduta, a seconda delle condizioni del Paziente.
L’intervento di Implantologia dentale può essere eseguito in varie modalità, tra cui l’Implantologia guidata al computer che offre maggiore precisione e minore invasività, riducendo i rischi e accelerando i tempi di guarigione. Le tecniche includono in alcuni casi, il carico immediato che permette di avere denti fissi entro 24 ore dall’intervento.
Le difficoltà possono variare in base alla complessità del caso clinico. Per esempio, Pazienti con Osteoporosi, Diabete o fumatori possono presentare complicazioni maggiori. Tuttavia, con una pianificazione accurata e l’utilizzo di tecniche avanzate, anche questi Pazienti possono ottenere buoni risultati. La maggior parte dei Pazienti vive un recupero rapido e può tornare alle normali attività quotidiane in breve tempo.
Complicanze e rischi
Le principali complicanze includono Infezioni come la Perimplantite, una condizione simile alla Parodontite che può danneggiare i tessuti attorno all’Impianto, se non trattata tempestivamente. Altre complicazioni poi possono derivare da errori tecnici durante l’intervento, come danni ai nervi, sebbene rari. Per prevenire le Perimplantiti, è fondamentale mantenere una rigorosa igiene orale, effettuare controlli periodici e seguire attentamente le istruzioni postoperatorie fornite dal Dentista
In sintesi, l’Implantologia dentale rappresenta una delle soluzioni più avanzate e complete per la sostituzione dei denti mancanti. Offre vantaggi che spaziano dall’estetica alla funzionalità, dalla salute orale alla qualità della vita, rendendola una scelta sempre più popolare e preferita sia dai Pazienti che dai professionisti del settore. La tecnologia degli Impianti dentali continua a evolversi, offrendo soluzioni sempre più avanzate e personalizzate.
CIP - Alimentazione consapevole
Le evidenze scientifiche sono sempre più esplicite: il fattore più importante per il mantenimento della salute è la corretta alimentazione. Questo dato deve però essere tradotto e applicato concretamente nella quotidianità da ciascuno di noi, costruendo una forte e solida motivazione e determinazione volte a prestare attenzione alla qualità e quantità dei cibi che consumiamo ogni giorno. Il team scientifico della rivista Elisir di Salute attraver-
Il Mondo del lavoro dell’acqua
Gli Stati Generali del Mondo del lavoro dell’Acqua si terranno il 18 dicembre a Roma presso la Sala della Regina a Montecitorio. In tale occasione, saranno affrontati i temi legati alle nuove sfide e ai diversi settori occupazionali in cui l’acqua costituisce l’elemento caratterizzante: dalle terme alle piscine, dalla tutela dell’ambiente alla gestione delle emergenze idrogeologiche ecc. Testimonianze dal mondo delle istituzioni a quello dei gestori del personale di diverse aziende coinvolte nella gestione della risorsa idrica. L’obiettivo è dare una panoramica dei diversi settori occupazionali che vedono l’acqua protagonista. Le linee fondamentali saranno: Formazione, Innovazione, Sosteni-
Festa del Bio
Le scelte del cibo che portiamo in tavola hanno un impatto sull’ambiente che ci circonda. Per sensibilizzare sui valori e i benefici per la salute delle persone e degli ecosistemi di un’alimentazione sostenibile, a base di buon cibo biologico, è nata la Festa del Bio. Si tratta di un evento gratuito, aperto a tutti, che vuole informare e divertire: un invito a riflettere sul nostro modo di consumare. Il prossimo appuntamento è a Milano, sabato 14 dicembre, dalle ore 10.30 alle 19, a Palazzo Giureconsulti, nella centralissima Piazza Mercanti 2. La settima edizione dell’evento di riferimento del biologico presenta un palinsesto particolarmente ricco di appuntamenti, degustazioni e divertimento.
Con la conduzione di Patrizio Roversi e Tessa Gelisio,
so il Circuito Informazione e Prevenzione (CIP) propone per il mese di gennaio, a tutte le persone afferenti alle strutture sanitarie aderenti al progetto, alcuni temi chiave di riflessione e alcuni principi base di riferimento utili a costruire un’adeguata consapevolezza su questo tema e ad avviare le opportune correzioni al proprio stile di vita alimentare, con l’aiuto dei Medici, degli Specialisti Dietologi e dei Dietisti. Per approfondire: www.elisirdisalute.it
bilità, Competenze. Gli ambiti culturali includeranno aspetti scientifici e di ricerca, tecnici e professionalizzanti, e saranno declinati da massimi esponenti dei diversi settori considerati. L’obiettivo ultimo è creare le premesse per diffondere questi temi alla popolazione, con particolare riguardo alle prospettive formative e occupazionali offerte dal “settore acqua” (soprattutto per i giovani), avviando anche progetti attraverso la sensibilizzazione e confronto tra quanti interverranno. L’evento rientra tra le iniziative “Aquae!2024” promosse dall’Università di Roma “Foro Italico”, Direttore Scientifico: Prof. V. Romano Spica. Per informazioni: igiene@uniroma4.it
la manifestazione rappresenta l’opportunità per approfondire il mondo Bio, confrontandosi con esperti e nutrizionisti che spiegheranno come un’alimentazione consapevole possa contribuire a un futuro più green. Si alterneranno dibattiti su temi cruciali come il cambiamento climatico, il rispetto della biodiversità e la salvaguardia delle risorse naturali, ma anche “show cooking live” e la finale del contest tra gli studenti degli istituti alberghieri. Ci saranno stand enogastronomici per le degustazioni, laboratori interattivi, gadget e intrattenimento per l’intera famiglia.
La Festa si concluderà alle 19 con un Bio aperitivo offerto a tutti, per brindare insieme a un futuro più sostenibile e rispettoso della natura.
Per informazioni: www.festadelbio.it
Ricotta Nonno Nanni Una genuina cremosità tutta da gustare
Nata dall’esperien
za casearia di Nonno Nanni, maturata in oltre 75 anni, la Ricotta
Nonno Nanni viene con fezionata ancora calda, appena affiorata ed è per questo che porta in tavola un’autentica bontà, ricca di gusto.
Dal sapore semplice e genu ino, con una consistenza morbida e cremosa, è attentamente prodotta senza aggiunta di conservanti.
Apporto di proteine
Le proteine contenute in questo latticino, oltre ad essere facilmente digeribili, vantano elevate proprietà biologiche, contengono infatti gli aminoacidi essenziali (il nostro corpo non li produce da solo) che partecipano allo sviluppo, alla crescita e anche alla corretta regolazione del ritmo sonno-veglia
passando per le torte salate, fino ad arrivare ai famosi cannoli!
Meno grassi rispetto ai formaggi
Nei latticini, come la Ricotta Nonno Nanni, il contenuto di grassi è limitato, rispetto ai formaggi; alcuni recenti studi scientifici indicano che questi nutrienti, nelle quantità corrette, svolgono un ruolo molto importante nella dieta alimentare.
Ottima da sola ma adatta anche a mille usi in cucina
Con la sua grande versatilità, la Ricotta Nonno Nanni è buonissima da assaporare in purezza accompagnata da pane e verdure fresche e rappresenta un’alleata ideale in cucina per preparare tante ricette della
La Ricotta Nonno Nanni è disponibile per il banco frigo del libero servizio nella comoda vaschetta con coperchio richiudibile in formato 250 g oppure nel formato Ricottine 2x100g confezionate singolarmente. Si può inoltre trovare anche al banco gastronomia servito.
Colesterolo, quali strategie?
Non esiste un valore giusto per il colesterolo, vale la regola che più il suo valore è basso e migliore è la salute dell’organismo
Dott. Enrico Delfini
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale
C’è ancora qualcosa che non sappiamo sul colesterolo? Potrebbe sembrare che sia già stato detto tutto, che nessuno ormai ignori quanto il colesterolo faccia male, che comunque bisogna distinguere tra colesterolo “buono” e “cattivo” e che esistono farmaci efficaci per contrastare i suoi effetti sulla salute. Ebbene sì, come sempre in ambito scientifico, le conoscenze aumentano, si fanno nuove scoperte, nuovi studi, nuove valutazioni. Un dato certo, che non può essere messo in dubbio, è riassunto nella frase-slogan “the lower the better” (“più basso è, meglio è”). Ciò significa che non esiste un valore giusto per il colesterolo, come avviene per tanti altri indici di laboratorio (glicemia, transaminasi, globuli rossi, potassio, ecc.); per il colesterolo vale la regola che più il suo valore è basso e migliore è la salute dell’organismo.
Colesterolo, causa di Patologie cardiovascolari
Dovremmo quindi impegnarci, anche con farmaci, per ridurre in tutta la popolazione, in modo incondizionato, tale valore in modo aggressivo? Entrano in gioco, a questo punto, valutazioni statistiche ed epidemiologiche, che aiutano a prendere decisioni sagge, scientificamente appropriate e personalizzate. Dato che l’aumento del colesterolo circolante danneggia le arterie, e di conseguenza è una delle cause delle Patologie cardiovascolari ischemiche, tutto il ragionamento si basa sulla previsione del rischio del singolo individuo di andare incontro
Le Società scientifiche pubblicano e aggiornano apposite Carte del Rischio in cui, partendo da alcuni fattori di rischio, si ottiene una percentuale di rischio
ad un evento clinico grave (Infarto, Ictus o simili) entro un periodo di 5-10 anni.
Le Società scientifiche pubblicano e aggiornano apposite Carte del Rischio in cui, partendo da fattori di rischio come età, sesso, presenza di Diabete o Ipertensione, abitudine al fumo, valore del colesterolo e altri, si ottiene una percentuale di rischio; per un soggetto più giovane, senza fattori di rischio, avremo, ad esempio, un rischio dell’1% o anche meno di ammalarsi entro 10 anni; una persona più anziana, diabetica, ipertesa, fumatrice, col colesterolo alto, potrebbe arrivare invece ad un rischio del 20% o anche più.
Quali scelte strategiche?
Dal momento che l’efficacia dei farmaci ipocolesterolemizzanti comporta una riduzione di questo rischio in modo percentuale, la necessità e la convenienza ad utilizzarli cambia nettamente nei vari scenari. Ipotizzando che la terapia possa dimezzare il rischio (in realtà il beneficio forse è minore), potremo dire che un Paziente ad altissimo rischio vedrà ridursi la probabilità di gravi
strategie?
Ogni caso va valutato in modo individuale, tenendo conto, piuttosto che delle Carte del Rischio, delle malattie concomitanti e delle condizioni generali
patologie dal 20-30% al 10-15%; chi invece parte già con un rischio basso, diciamo 1%, scenderà allo 0,5%. È sempre la metà, ma è molto meno significativo. Mentre trattare i Pazienti ad alto rischio è chiaramente conveniente, nel secondo caso bisogna tener conto di almeno altri due fattori: il primo è la presenza di possibili effetti avversi dei farmaci, una evenienza spiacevole, ma che potremmo accettare quando si tratta di salvare 10 o più persone ogni cento ma, quando il beneficio è solo per una persona su duecento, forse no. Un ragionamento simile possiamo fare in termini di farmaco-economia: il costo di trattare tante persone a basso rischio forse non è accettabile, mentre non ci sono dubbi che sia doveroso investire nella cura di chi ha un rischio elevato.
Statine e non solo...
Tutti conoscono, almeno per sentito dire, le Statine, i farmaci che da qualche decennio hanno rivoluzionato la terapia contro il colesterolo, migliorando nettamente la prognosi dei cardiopatici o evitando che persone sane vadano incontro al primo evento patologico. Tuttavia oggi non esistono solo le statine: molti altri farmaci sono in uso, o lo saranno a breve, con meccanismi differenti e con efficacia anche molto maggiore. Ognuno agisce ad un certo livello nei meccanismi fisiologici che regolano l’assorbimento e la produzione del famigerato colesterolo nell’intestino e nel fegato. Avendo “punti di attacco” differenziati, è naturale che la loro efficacia sia differente, ma anche che sia possibile aumentare gli effetti positivi, abbinando più molecole. Dato che alcuni di questi farmaci hanno un costo piuttosto elevato, rispetto alle statine, ne consegue che il loro utilizzo deve essere riservato ai casi in cui il beneficio potrà essere maggiore.
A quale età iniziare la terapia
Un argomento molto dibattuto è anche quello dell’età in cui iniziare il trattamento. Le Carte del Rischio
cui si accennava prima, praticamente non prendono in considerazione i giovani, e le persone oltre i 75 anni. Ha senso? Nel caso degli anziani, la esclusione è conseguenza del fatto che gli studi che dimostrano, o cercano di dimostrare, l’efficacia dei farmaci, per abitudine e per motivi pratici, escludono sempre gli over75; pertanto le indicazioni delle Società scientifiche e degli Enti regolatori, almeno all’inizio, non possono estendere l’utilizzo a classi di Pazienti su cui i farmaci non sono stati testati. Oggi, dopo quasi 40 anni di utilizzo, in cui abbiamo esperienza di persone trattate anche a 85-90 anni, forse è il momento di cambiare. Ovviamente ogni caso va valutato in modo individuale, tenendo conto, piuttosto che delle Carte del Rischio, delle malattie concomitanti, delle condizioni generali, della maggiore o minore complicazione delle terapie in atto.
Un caso particolare sono le persone affette da patologie congenite che comportano valori alti, a volte altissimi, di colesterolo già in età pediatrica, o comunque sotto i 40-45 anni. Per questi, le Carte del Rischio non evidenziano un rischio a 5-10 anni molto elevato; ed è ovvio che sia così, perché il danno che il colesterolo fa alle arterie, impiega anche decenni per portare ad un Infarto miocardico. Ma possiamo aspettare il primo Infarto e iniziare a curarle solo dopo, per evitare il secondo, quando molti danni saranno già irreversibili?
O, al contrario, sono proprio questi i Pazienti su cui concentrare il massimo degli sforzi, per evitare che l’Ipercolesterolemia danneggi il sistema cardiovascolare? La tendenza, supportata anche dalle scelte tecniche degli enti regolatori come l’Agenzia Italiana del Farmaco, è proprio quella di intercettare i casi di patologia giovanile e trattarli da subito con i farmaci più potenti; i più nuovi hanno una potenza incredibile e si somministrano con una puntura da fare due volte l’anno.
Lo stile di vita
Se verso questo piccolo gruppo di Pazienti dobbiamo impegnare il massimo della tecnologia farmaceutica, ci sono però molte cose assai più semplici che tutti possiamo fare per ridurre il nostro personale rischio. Una vita sana, un’alimentazione corretta, una costante attività fisica, possono fare tanto; e non solo sul rischio cardiovascolare, che nella maggioranza dei casi è abbastanza basso, non tale da rientrare nei parametri per cui è consigliata la terapia farmacologica. I sani “consigli della nonna”, da discutere e concordare con un Medico di fiducia, hanno ricadute positive anche sul sistema osteo-muscolare, sulle prestazioni neurologiche e sull’equilibrio psicologico. ●
Re degli amari, per Raffreddore
Numerosi studi clinici hanno evidenziato effetti positivi sia in prevenzione che in terapia, per il trattamento delle Infezioni delle vie respiratorie superiori
amari, efficace
Raffreddore e Influenza
Dott. Danilo Carloni
Farmacista, Erborista Laureato
Consiglio Direttivo Società Italiana di Fitoterapia (SItFit)
Il suo nome scientifico è un po’ complicato, si chiama “Andrographis paniculata”, è una pianta erbacea annuale, appartenente alla Famiglia delle “Acanthaceae”, diffusa nelle regioni tropicali e sub-tropicali dell’Asia. Viene coltivata in India, Cina, Thailandia, Malesia e in altri paesi asiatici.
Diffusa da oriente a occidente
Questa pianta è ampiamente utilizzata nella Medicina tradizionale in India, Cina, Thailandia, Bangladesh,
Pakistan, Hong Kong, Filippine, Malesia e Indonesia per numerosi disturbi come Raffreddore comune, Infezioni respiratorie, Faringite, Faringolaringite, Polmonite, Infezioni polmonari, Infezioni del tratto urinario, indigestione, Malattie del fegato, Infezioni della pelle, Encefalite B, Herpes zoster.
In Medicina cinese è descritta come pianta “amara e fredda” ed è utilizzata come antifebbrile, antinfiammatorio e detossificante.
L’India è il principale produttore della pianta, vista la sue ampia diffusione allo stato selvatico dalle pianure alle zone collinose fino ai 500 metri di altitudine.
In Europa Andrographis è particolarmente popolare nei Paesi Scandinavi dove viene utilizzata per trattare Raffreddore e Influenza.
Perché il “Re degli amari”
In Fitoterapia la droga, cioè le parti della pianta che vengono utilizzate per i vari preparati, è costituita dalle parti aeree, foglie e altre parti della pianta che emergono dal terreno, raccolte in primavera e opportunamente essiccate a 35°- 40°; queste una volta disidratate emanano un lieve odore tipico e hanno un sapore fortemente amaro, è per questa ragione che l’Andrographis paniculata viene comunemente chiamata “Re degli amari”.
Composizione
I principali costituenti chimici sono i lattoni diterpenici, fra questi sono rilevanti l’andrografolide e suoi derivati in quanto considerati primariamente responsabili delle attività biologiche della pianta; le foglie contengono inoltre sostanze amare, un olio essenziale presente in tracce e composti flavonici
Efficace nelle Infezioni delle vie respiratorie
Esistono vari studi clinici pubblicati su A. paniculata che hanno evidenziato effetti positivi sia nella prevenzione che per la terapia delle Infezioni delle vie respiratorie superiori; il suo utilizzo ha determinato inoltre aumento delle cellule immunitarie anche in Pazienti affetti da HIV ed effetti antitumorali. Sono ben trentatré gli studi randomizzati controllati verso placebo, nei quali sono stati coinvolti 7175 Pazienti che dimostrano l’efficacia di A. paniculata nelle Infezioni delle vie respiratorie causate da virus stagionali. A. paniculata è comunemente usata per la prevenzione e il trattamento del Raffreddore comune in diversi Paesi del mondo. Numerosi lavori scientifici confermano gli usi medicinali popolari della pianta nei confronti delle Malattie da raffreddamento e ne hanno stimolato l’impiego anche nel mondo occidentale.
Uno studio in doppio cieco controllato con placebo su 61 Pazienti adulti affetti da Raffreddore comune ha utilizzato per 5 giorni compresse di “Kan Jang”,
L’India è il principale produttore della pianta, vista la sue ampia diffusione allo stato selvatico dalle pianure alle zone collinose
nome commerciale di una preparazione contenente un estratto secco di A. paniculata titolato e standardizzato. Durante il periodo di trattamento, è stato osservato un significativo miglioramento clinico dei sintomi tipici, come brividi, mal di gola, stanchezza, dolori muscolari, Rinite, dolori ai seni nasali e mal di testa, già dal quarto giorno di trattamento che consisteva in 1200 mg di estratto al dì. A. paniculata è risultata utile nel ridurre la durata e la gravità delle Infezioni del tratto respiratorio sia nel bambino che nell’adulto, mostrando i migliori effetti, se somministrata entro le 36-48 ore dalla comparsa dei primi sintomi.
Esiste una revisione sistematica su vari studi condotti in doppio cieco e controllati che ne valutano l’attività contro le Malattie da raffreddamento; in uno di questi l’azione della pianta mostrava effetti analoghi al paracetamolo, farmaco diffusamente utilizzato come antipiretico e analgesico, nel trattamento di varie sindromi respiratorie. Andrographis si è rivelata utile anche nella prevenzione delle tipiche
Andrographis si è rivelata utile anche nella prevenzione delle tipiche manifestazioni respiratorie che caratterizzano il periodo invernale
manifestazioni respiratorie che caratterizzano il periodo invernale; uno studio controllato verso placebo è stato realizzato utilizzando compresse di “Kan Jang” su 107 studenti che frequentavano una scuola rurale alla dose di 2 compresse da 200 mg al giorno, per 3 mesi, per valutarne l’efficacia nel prevenire il Raffreddore comune; il trattamento è risultato efficace perché l’incidenza della manifestazione respiratoria è stata ridotta efficacemente a seguito del trattamento preventivo con “Kan Jang”, con un tasso di prevenzione 2,1 volte superiore rispetto al risultato ottenuto negli studenti del gruppo placebo. Un risultato analogo è stato ottenuto anche in un altro studio in cui l’azione preventiva era stata valutata nei confronti del Raffreddore comune complicato da Rinosinusite.
Nei Paesi Scandinavi sono commercializzate preparazioni a base di andrografolide che è il principale componente chimico di A. paniculata, con indicazioni di prevenzione del Raffreddore comune. Attualmente la pianta trova ampia diffusione in numerosi preparati fitoterapici con indicazioni di prevenzione e trattamento di sindromi respiratorie dovute a stati da raffreddamento.
Attività antivirale ad ampio spettro
Oltre a ciò, sono disponibili diversi studi in vitro e su animali da esperimento che confermano l’attività antivirale ad ampio spettro: la pianta è risultata attiva contro i virus dell’Influenza A, della Dengue, dell’Epatite B, dell’Epatite C, dell’Herpes simplex 1, di Epstein-Barr e il Papillomavirus umano
Sistema immunitario e proprietà antinfiammatorie
Gli effetti sul virus del Raffreddore e dell’Influenza stagionale su altri virus attribuiscono ad A. paniculata un utile capacità di sostegno della funzione immunitaria. Sono attività validate dalle proprietà antinfiammatorie, antipiretiche, antivirali, immunomodulanti e antitumorali.
Sono l’andrografolide e i suoi derivati i componenti principalmente responsabili di queste azioni; questi diterpeni sono in grado di inibire, analogamente al desametasone, il rilascio di citochine pro-infiammatorie, anche se in misura minore rispetto al cortisonico; la loro azione antinfiammatoria si basa anche sulla riduzione dei livelli delle Ciclossigenasi-2 e sull’inibizione dell’attivazione del fattore nucleare kB.
Proprietà antitumorali
Andrographis avrebbe inoltre la capacità di esercitare azioni antiflogistiche mediante l’inibizione dell’espressione del gene che codifica per le proprietà adesive e di trasmigrazione dei granulociti neutrofili. I suoi componenti sarebbero in grado di controllare in vitro la proliferazione di varie linee di cellule tumorali attraverso l’induzione della proteina p27 (una particolare proteina inibitoria il ciclo cellulare tumorale); la ricerca sull’ef-
A.
paniculata è stata ampiamente
studiata per le sue attività
immunomodulatrici in vitro e in vivo, con meccanismi legati alla proliferazione dei linfociti
ficacia dell’Andrographis nei confronti della malattia neoplastica, ha rivelato che questa pianta è in grado di esercitare interessanti effetti antitumorali e antinfiammatori; A. paniculata è stata ampiamente studiata per le sue attività immunomodulatrici in vitro e in vivo, con meccanismi legati alla proliferazione dei linfociti, alla promozione dell’attività litica delle cellule “Natural Killer”, alla citotossicità cellulare anticorpo-dipendente e all’attività fagocitaria.
Proprietà antiossidanti
Questa pianta previene la produzione di radicali liberi, mostrando interessanti effetti antiossidanti. È stato inoltre osservato che è in grado di inibire l’aggregazione delle piastrine indotta dal PAF, il Fattore di Attivazione Piastrinico pro-infiammatorio e proaggregante.
Le preparazioni
I preparati a base di “Andrographis paniculata” sono per lo più realizzati in capsule deglutibili o compresse rivestite, contenenti 250-500 mg della droga, in tal modo si evita il contatto con la polvere e quindi il marcato sapore amaro.
La posologia è variabile e dipende dal titolo espresso in andrografolidi; in terapia in genere si possono assumere fino a 1500 mg al giorno, quindi 3 capsule da 500 mg; in prevenzione la posologia è decisamente ridotta fino a un terzo della dose usata in cura e va relazionata al peso del Paziente.
Sicurezza
L’Andrographis è considerata una pianta sicura; in alcuni rari casi sono comparsi effetti avversi come mal di testa, stanchezza, disturbi gastrointestinali e sapore amaro-metallico, tuttavia va sottolineato che queste manifestazioni collaterali sono state lievi, transitorie, poco frequenti e soprattutto legate ad un utilizzo improprio della pianta, cioè a dosaggi particolarmente elevati.
In letteratura non sono riportate interazioni fra i componenti della pianta e farmaci etici (rilasciati dietro presentazione di ricetta medica), ma deve essere presa in considerazione la possibilità che interferisca con l’aggregazione delle piastrine e possa potenziare gli effetti degli ipoglicemizzanti.
Non sussistono dati che ne permettono l’uso in gravidanza e durante l’allattamento; essendo una pianta dotata di sapore particolarmente amaro, come tutti gli amari potrebbe aggravare bruciori di stomaco e ulcere gastro-duodenali, se ne sconsiglia l’uso in soggetti affetti da tali disturbi.
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Parent Training, i genitori al centro
Attraverso i percorsi di Parent Training, i genitori di bambini con Disturbi da Deficit di Attenzione o Iperattività imparano a gestire le difficoltà legate a queste situazioni
L’attenzione e la gestione dei comportamenti nei bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) può rappresentare una sfida significativa per i genitori. In questo contesto, il Parent Training emerge come uno strumento efficace per fornire supporto e strategie pratiche ai genitori, migliorando così la qualità della vita familiare e il benessere del bambino.
Cos’è l’ADHD
Si tratta di un disturbo neurobiologico che si manifesta con sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività. Questi comportamenti possono interferire con le attività quotidiane, le relazioni sociali e il rendimento scolastico del bambino. Spesso, le famiglie che affrontano questa situazione si sentono sopraffatte e poco preparate. Il bambino o la bambina con ADHD non riesce a regolare:
• la sua capacità di concentrazione e di attenzione sostenuta nel tempo;
• il livello di motivazione, la fiducia nell’impegno e nello sforzo;
Durante gli incontri si possono ricevere informazioni sulle difficoltà e i comportamenti del bambino per strutturare le linee educative
• la capacità di rispondere in modo adeguato a certe emozioni (rabbia, frustrazione);
• la tendenza a dare una risposta in modo precipitoso e impulsivo;
• il suo comportamento motorio;
• il suo comportamento con gli altri rispettando le più comuni regole sociali;
• il suo livello di autostima.
Il Parent Training
In italiano “Parent Training” significa letteralmente “allenamento dei genitori”. In effetti, si tratta proprio di una sorta di formazione pratica che mira a fornire a madri e padri gli strumenti giusti per gestire situazioni familiari complesse e difficili. Potremmo
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quindi rendere meglio l’idea parlando più semplicemente di “consulenza genitoriale”, cioè un percorso per insegnare ai genitori le modalità più idonee per gestire al meglio il processo educativo e/o riabilitativo dei propri figli. È un intervento psicologico che permette ai genitori di apprendere strategie educative funzionali per gestire in modo efficace i comportamenti problematici dei propri figli, favorire comportamenti adeguati e costruire un clima relazionale positivo.
Durante gli incontri si possono ricevere informazioni sulle difficoltà e i comportamenti del bambino per strutturare le linee educative e un ambiente che favorisca l’autoregolazione, l’autonomia e la riflessività. Questo percorso mira principalmente a educare i genitori, fornendo loro una comprensione approfondita dell’ADHD, dei suoi sintomi e delle sue conseguenze ma anche a suggerire strategie pratiche, insegnando tecniche di gestione comportamentale efficaci per aiutare a stabilire routine e limiti chiari. Inoltre promuovere la comunicazione, migliorando le capacità comunicative tra genitori e figli per favorire un ambiente familiare positivo
Tecniche e strategie
Modificare l’ambiente domestico può essere utile per ridurre le distrazioni. Questo può includere la creazione di uno spazio di studio tranquillo e l’organizzazione delle attività quotidiane. Anche stabilire orari e routine quotidiane fornisce ai bambini una struttura chiara; le routine prevedibili possono aiutare a ridurre l’ansia e migliorare la gestione del tempo. È importante inoltre utilizzare il rinforzo positivo per premiare i comportamenti desiderati attraverso, ad esempio, l’uso di sticker, punti o altre forme di riconoscimento.
Molto importante è, per il genitore, imparare alcune tecniche di “de-escalation” per essere in grado di gestire situazioni di crisi o frustrazione in modo calmo e costruttivo, evitando escalation di conflitti. Infine è bene cercare di impostare una comunicazione efficace, imparando a comunicare in modo chiaro e diretto, utilizzando un linguaggio semplice e formulando richieste specifiche.
Vantaggi del Parent Training
• Migliore comprensione: i genitori acquisiscono una migliore comprensione del disturbo e delle dinamiche che influenzano il comportamento del bambino.
• Riduzione dello stress: l’acquisizione di strumenti pratici può diminuire la frustrazione e lo stress dei genitori.
• Miglioramento delle relazioni familiari: una comunicazione più efficace e l’uso di tecniche di risoluzione dei conflitti possono migliorare le relazioni all’interno della famiglia.
• Supporto reciproco: i gruppi di Parent Training spesso offrono un’importante rete di supporto tra genitori, creando un senso di comunità.
I compiti a casa
Quando si tratta di ADHD, i compiti possono diventare un problema. Ecco 5 consigli per i genitori:
• predisporre un ambiente organizzato e strutturato per non interferire con stimoli distraenti, un primo passo potrebbe essere sgombrare il tavolo da oggetti inutili, tenendo a portata di mano solo gli strumenti necessari, evitando di studiare in zone della casa rumorose o vicine a fonti di distrazione; da prediligere sempre lo stesso luogo di studio, con la scrivania possibilmente lontana da porte e finestre e da stimoli sovra-eccitanti come play-station, cellulare o tv;
• impostare un timer che possa scandire in maniera organizzata i ritmi di studio, così da favorire costanti pause tra una attività e l’altra, a seconda della difficoltà del compito; incentivare inoltre la possibilità di fermarsi qualora si sia persa la concentrazione, supportando il bambino nella regolazione dei propri tempi attentivi ed impostando un lavoro a difficoltà crescente;
• abituare il bambino a stilare ogni giorno una lista con le cose da fare, strutturando un calendario della settimana con i vari impegni da portare a termine, ad esempio utilizzando un cartellone su cui riportare i compiti della settimana;
• suddividere il lavoro in più parti: ciò che spesso spaventa il bambino è infatti ritrovarsi davanti ad una mole di materiale da studiare, suscitando sconforto e talvolta inducendolo a mollare la presa; per evitare questo comportamento è consigliabile suddividere il lavoro da svolgere, in maniera tale da non affaticarsi eccessivamente;
• monitorare il risultato raggiunto e premiare l’impegno: è sempre utile abituare il bambino a controllare e revisionare quanto svolto, in modo da stimolare l’autocorrezione ed indurre una modalità di risposta ben ponderata e meno impulsiva; non meno importante è sicuramente riconoscere e gratificare l’impegno sostenuto nel portare a termine i propri compiti, evidenziando i punti di forza del bambino e rinforzandolo in ogni successo che ottiene, anche minimo.
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Dolore lombare e cervicale, quale soluzione?
La Tecnologia FIT Therapy prevede un approccio al dolore non invasivo, privo di farmaci e senza l’uso di calore, evitando effetti collaterali legati all’uso dei farmaci tradizionali
Dott.ssa Sabrina Sartori Specialista in Biologia molecolare
Una condizione gravata da Dolore lombare e cervicale può in molti casi compromettere l’abilità a svolgere le attività quotidiane, e chi ne soffre può sperimentare conseguenze debilitanti sulla qualità della vita. Sia per persone sedentarie che molto attive, e sia in caso di dolore acuto che cronico, è essenziale trovare soluzioni efficaci e sicure per alleviare questi sintomi. Nuove speranze per chi soffre di Dolore muscolo-articolare arrivano da un approccio multidisciplinare non chirurgico e senza uso di farmaci: un metodo che unisce la competenza professionale di Medici e Professionisti della Riabilitazione, con Tecnologie all’avanguardia non invasive.
I primi passi verso il sollievo dal dolore Indipendentemente da età, sesso, e causa del dolore muscolo-scheletrico, il momento di incontro con un
Fisioterapista o altro Professionista del dolore è cruciale. Questo intervento può avvenire con una terapia mirata oppure come complemento al ruolo del Medico, che identifica le cause specifiche del dolore, può effettuare la diagnosi e stabilire un adeguato piano terapeutico. In questo quadro, la figura del Fisioterapista è fondamentale nell’impiego di tecniche per alleviare il dolore e migliorare la mobilità del Paziente. Tra queste, alcune delle più conosciute sono:
• terapia manuale: manipolazioni e mobilizzazioni articolari eseguite con le mani per migliorare la funzione articolare e ridurre il dolore;
• esercizi terapeutici: programmi di esercizi personalizzati per rafforzare i muscoli, migliorare la flessibilità e ripristinare la funzionalità;
• Agopuntura e Terapia strumentale: oltre alle sedute di Agopuntura, terapia elettiva per questo tipo di disturbi, può essere indicato anche l’utilizzo
di apparecchiature come Ultrasuoni, Laser e Tecarterapia per ridurre l’infiammazione e promuovere la guarigione dei tessuti.
In molti casi, la strategia di trattamento prevede un approccio combinato tra farmaci, Terapia fisica classica, Agopuntura, Terapia strumentale, e trattamenti aggiuntivi non invasivi e non farmacologici.
Le soluzioni non farmacologiche
Un approccio al dolore non invasivo, privo di farmaci e senza l’uso di calore è in alcuni casi preferibile per evitare effetti collaterali legati all’uso di farmaci tradizionali e per chi ha la pelle sensibile, non adatta all’esposizione a trattamenti riscaldanti.
L’innovativa Tecnologia FIT Therapy rappresenta una soluzione ideale per queste situazioni, e offre un valore aggiunto alla pratica fisioterapica. Essa si basa sulla Tecnologia FIR (“Far Infrared Rays”, ovvero raggi infrarossi lontani), che ha come principio la riflessione dell’energia del corpo stesso per alleviare il dolore. In pratica, i cerotti ergonomici e i tape FIT
Therapy agiscono come “specchi” che, dopo essere stati applicati sulla pelle nel punto doloroso, riflettono l’energia emessa dal nostro corpo, con conseguente stimolo della microcircolazione e del metabolismo cellulare, e riduzione dell’infiammazione nella zona di applicazione. Il fine del loro utilizzo è di accelerare il processo di guarigione e migliorare la mobilità muscolare, per giorni. Tramite l’applicazione del tape FIT
Therapy su specifiche aree del corpo, il Fisioterapista può sfruttare la sua innovativa doppia azione per ottimizzare i risultati degli esercizi terapeutici, migliorare la mobilità articolare e ridurre il dolore in maniera mirata e non invasiva. Tramite l’azione meccanica classica di un tape unita alla tecnologia di riflessione dell’energia del corpo, questo prodotto può offrire un sollievo più rapido e duraturo ai Pazienti, anche tra una seduta riabilitativa e la successiva.
I vantaggi della FIT Therapy
L’uso della FIT Therapy in combinazione a una Terapia riabilitativa riduce la necessità di farmaci antidolorifici, minimizzando gli effetti collaterali associati e promuovendo un recupero più naturale. Grazie alla loro capacità di stimolare i processi di autoguarigione del corpo, i dispositivi FIT Therapy offrono un sollievo sicuro ed efficace, minimizzando i rischi. Inoltre, questo approccio offre la possibilità di accedere a tecnologie avanzate, supportate da solide evidenze scientifiche. FIT Therapy è stata sviluppata attraverso rigorosi studi e ha dimostrato la sua efficacia in numerosi
casi clinici condotti da Medici di prestigio nazionale e internazionale, che insieme fanno parte dell’Academy FIT Therapy, nata per diffondere la tecnologia di questi dispositivi. Tra gli altri, un recente studio condotto su 54 Pazienti dal Professor Matteo Ricci e colleghi presso la Clinica Ortopedica di Verona ha dimostrato risultati significativi nel trattamento del Dolore lombare a carattere cronico. I Pazienti possono quindi avere la certezza di ricevere trattamenti basati su solide basi scientifiche.
Casi di successo
Sia che si tratti di atleti o persone meno attive, l’impiego di questi cerotti e tape all’interno di un percorso riabilitativo permette ai Pazienti di tornare a svolgere le attività quotidiane con serenità. Un esempio di grande successo che ci riporta Linda Forzelin (Osteopata e Massoterapista) è quello di un Paziente di 38 anni con Lombalgia acuta così grave da impedirgli il movimento: grazie all’integrazione di solo tre applicazioni dei cerotti FIT Therapy nel percorso di terapia manuale, ha sperimentato una completa scomparsa dei dolori nell’arco di poco più di due settimane.
Un approccio integrato
L’ausilio dei dispositivi non medicati nella gestione del Dolore lombare e cervicale si dimostra in grado di migliorare significativamente la qualità della vita dei Pazienti. Grazie a un approccio integrato e all’uso di tecnologie innovative è possibile ridurre il dolore in modo efficace e senza l’impiego di farmaci e di calore. Le modalità di intervento più innovative per la riduzione del dolore, infatti, prevedono che la terapia non termini con la seduta dal Professionista, ma che continui anche a casa e per un periodo continuativo, nell’ottica della creazione di un percorso di cura personalizzato.
Piede Diabetico:
una corretta prevenzione per mantenere i piedi in salute
Il piede diabetico è una delle complicanze più frequenti tra i pazienti diabetici, caratterizzata da una serie di fattori che compromettono la salute del piede e che possono portare a conseguenze anche gravi.
Cause di fragilità del piede diabetico
La fragilità del piede diabetico è determinata in primo luogo dai difetti di microcircolazione e dall’estrema suscettibilità alle infezioni, cui sono soggetti i diabetici, che costituiscono il terreno predisponente per l’insorgere di lesioni cutanee a carico del piede, le quali possono rivelarsi difficili da trattare ed evolvere a lungo andare in gangrena. Inoltre, lo stato di iperglicemia cronica può portare alla neuropatia periferica: un danno a carico dei nervi che si manifesta con insensibilità tattile e una ridotta percezione degli stimoli termici e del dolore.
Una corretta prevenzione, basata sulla cura quotidiana del piede, è la chiave per proteggere il piede diabetico dal rischio di complicanze. Effettuare regolari visite podologiche consente infatti di individuare in tempo eventuali problematiche e di intervenire prima che queste peggiorino. Uno dei primi accorgimenti da adottare è mantenere i piedi puliti e idratati, in modo tale da evitare eccessivi stati di secchezza e fissurazioni della cute, che potrebbero favorire lo sviluppo di infezioni.
Linea DIAPODIL® per il benessere del piede diabetico
La Linea DIAPODIL® rappresenta uno strumento specifico per prevenire e controllare le alterazioni cutanee cui è soggetto il piede diabetico. I prodotti DIAPODIL® COMPLEX EMULSIONE e DIAPODIL® LAVAGGIO sono formulati con componenti che migliorano il fisiologico processo di cheratinizzazione e favoriscono il
barriera idro-lipidica funzionale. Le formulazioni consentono inoltre di supportare l’ottimale riepitelizzazione in fase post-ulcerativa.
La cura del piede diabetico rappresenta una sfida nell’ambito della più ampia gestione del diabete. Sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e di un monitoraggio podologico costante è essenziale per minimizzare il rischio di lesioni, ulcere e infezioni, nonché per salvaguardare e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
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Linfodrenaggio, più benessere
Le manovre manuali previste in questo metodo favoriscono il deflusso della linfa dai tessuti periferici verso il sistema venoso, eliminando l’edema localizzato
Linfodrenaggio, benessere per le gambe
Dott.ssa Emanuela De Martino Fisioterapista
Il Linfodrenaggio manuale terapeutico è una tipologia di trattamento manuale che ha lo scopo di attivare il sistema linfatico e favorire il deflusso della linfa dai tessuti periferici verso il sistema venoso. In questo modo si ottiene l’eliminazione dei liquidi in eccesso attraverso il sistema circolatorio e successivamente renale.
Il sistema linfatico
Quando il sangue trasportato nei vasi sanguigni arriva agli organi periferici (ad esempio alle gambe), la sua componente liquida esce dai capillari per irrorare i tessuti (ad esempio la pelle). Questa componente liquida raccoglie le sostanze di scarto e deve essere drenata verso i reni. Solo il 10% della linfa, però, ritorna attraverso le vene: quasi il 90% viene infatti
assorbita dal sistema linfatico, che la riconduce successivamente nel sistema circolatorio venoso. Il sistema linfatico è costituito da una rete di capillari e dotti che scorrono paralleli al sistema venoso, avvolgono i tessuti per drenare la linfa periferica, e poi convergono in un sistema di vasi via via più grandi, che attraversano profondamente l’addome e si immettono nel sistema circolatorio venoso a livello della vena cava superiore (all’incirca alla base del collo). Lungo il loro percorso, i vasi linfatici attraversano stazioni linfonodali (in particolare a livello delle ascelle e dell’inguine), dove la linfa viene filtrata e “controllata” dal nostro sistema immunitario per individuare eventuali infezioni o alterazioni. Una volta rientrata nel sistema circolatorio, la linfa (che a questo punto è parte del sangue) continua il suo viaggio verso i reni, dove l’eccesso viene filtrato ed eliminato attraverso la minzione.
Se la linfa periferica non viene correttamente drenata, si accumula nei tessuti dando origine a visibili gonfiori (Linfedemi). Oltre alla sensazione di pesantezza e alla sgradevolezza estetica che gli Edemi possono generare, essi possono essere dolenti e potenzialmente pericolosi: dove la linfa si accumula, il sistema circolatorio e soprattutto immunitario non funzionano correttamente e, nei casi più gravi, questo può dare origine ad infiammazioni e infezioni locali difficili da curare.
Come agisce il Linfodrenaggio
L’azione del Linfodrenaggio manuale terapeutico è innanzitutto quella di stimolare il sistema linfa-
tico: le manovre manuali hanno dimostrato attraverso evidenze radiologiche (scintigrafie) di essere in grado di accelerare la capacità contrattile delle cellule dei vasi linfatici, aumentando quindi la velocità di scorrimento della linfa attraverso il sistema di vasi. È interessante sottolineare che questo effetto di stimolazione non si esaurisce nel corso del trattamento, ma prosegue a distanza di ore, rendendo il trattamento efficace anche nei giorni successivi alla seduta.
Alcune manualità specifiche, inoltre, hanno lo scopo di favorire il drenaggio periferico “liberando” la linfa intrappolata nei tessuti. Altre specifiche manovre agiscono direttamente sul sistema nervoso vegetativo, che regola proprio il funzionamento del sistema linfatico. Poiché il sistema vegetativo regola anche altre funzioni fisiologiche (battito cardiaco, respirazione spontanea, pressione, attivazione nervosa), un trattamento linfodrenante accurato e profondo ha effetti anche più ampi di rilassamento corporeo e mentale. Le indicazioni terapeutiche del Linfodrenaggio manuale sono principalmente tre: Linfedemi primari, Flebolinfedemi e Lipedemi.
Linfedemi primari
Questo disturbo si manifesta con un accumulo anomalo di linfa nei tessuti, dapprima localizzato e
successivamente esteso. I Linfedemi primari sono causati dal malfunzionamento del sistema linfatico stesso: per esempio a causa di malformazioni congenite (rare), oppure in seguito a intervento chirurgico, soprattutto oncologico. Questo è il caso delle Pazienti che subiscono mastectomie, soprattutto se associate ad asportazione dei linfonodi ascellari. Se le stazioni linfonodali attraverso cui transita il sistema linfatico vengono eliminate chirurgicamente, si creano degli “ingorghi” linfatici che sfociano in gonfiori a carico delle braccia e del torace. Questi possono essere efficacemente trattati con le manovre di Linfodrenaggio manuale e con l’applicazione di bendaggi specifici.
Flebolinfedemi
Si tratta di Edemi (gonfori) causati da Insufficienza venosa cronica. Se il sistema venoso non lavora correttamente, la sua funzione drenante viene trasferita al sistema linfatico, che può compensarlo solo fino ad un certo limite, oltre il quale si generano Edemi declivi (con deposizione del fluidi verso il basso). I Flebedemi sono infatti tipici delle gambe, bilaterali e simmetrici; migliorano la notte e peggiorano con la posizione eretta; spesso si accompagnano a senso di pesantezza, fatica, dolore al tatto e alterazioni visibili del sistema capillare (vene varicose). Il Linfodrenaggio manuale si rivela molto utile in questi casi, ma deve essere tassativamente accom-
pagnato dall’utilizzo di calze elastiche a compressione graduata, che hanno un effetto maggiore sul sistema venoso e costituiscono la terapia principale. È inoltre importante non confondere questo tipo di Edema con quello derivante da Scompenso cardiaco, che ha una presentazione simile (piedi e caviglie gonfie), ma si accompagna a sintomi cardiaci (fatica, affanno). Lo Scompenso cardiaco è una controindicazione assoluta al Linfodrenaggio, perché il movimento di liquidi indotto dal Linfodrenaggio aumenta il carico sul cuore e peggiora lo Scompenso stesso; in casi di dubbio la valutazione medica è vincolante.
Lipedemi
Si tratta di Edemi dovuti all’accumulo di grasso nel corpo, principalmente negli arti inferiori. La presenza di adipociti, infatti, può creare pressione sui tessuti circostanti, compresi i capillari linfatici, peggiorando la circolazione e il drenaggio e favorendo l’Edema. I Lipedemi sono di origine genetica, e sono tipici delle donne con conformazione “a pera” che spesso fanno fatica a dimagrire su cosce e gambe anche con diete ferree. In questo caso, il Linfodrenaggio è utile per ridurre sia l’entità dell’Edema che il disagio (dolore, pesantezza) ad esso associato, ma deve essere inserito in un piano multidisciplinare, che preveda un regime alimentare adeguato ed esercizio fisico appropriato.
Il Linfodrenaggio è un utile trattamento di benessere e prevenzione, che allevia tensioni e pesantezza e favorisce il rilassamento
Altre indicazioni
In tutti gli altri casi di gonfiore locale (ad esempio a seguito di traumi come distorsioni di caviglia o durante la gravidanza) il Linfodrenaggio può essere utile, senza essere risolutivo. L’appropriatezza del Linfodrenaggio andrebbe valutata caso per caso dal Terapeuta specializzato, che verifica anche l’assenza di controindicazioni. Oltre al citato Scompenso cardiaco, infatti, il Linfodrenaggio è assolutamente controindicato e rischioso in presenza di Infezioni o Trombosi venose profonde. Nel soggetto sano in cui siano state escluse le controindicazioni, il Linfodrenaggio è un utile trat-
tamento di benessere e prevenzione, che allevia tensioni e pesantezza e favorisce il rilassamento, e risulta particolarmente gradevole per le sue manualità delicate. In questi casi può essere svolto tranquillamente anche in ambito estetico.
Le tecniche di Linfodrenaggio e l’autotrattamento
Le tecniche di Linfodrenaggio più note sono il Metodo Vodder e il Metodo Leduc, entrambi caratterizzati da tecniche manuali che prevedono movimenti leggeri e circolari applicati sulla pelle. I due metodi si differenziano per i protocolli applicati (numero di manovre, direzione del trattamento, ecc.). Al di là delle specificità metodologiche, è importante che la manovra manuale sia applicata non solo correttamente, ma anche specificamente: per questo il Linfodrenaggio migliore è quello eseguito da uno Specialista che valuta correttamente la situazione puntuale del Paziente, la tipologia di disturbo, la funzionalità del sistema linfatico e decide le manovre specifiche sulla base della valutazione. Lo Specialista è anche in grado di stabilire la necessità di aggiungere al trattamento manuale altri interventi specifici, come bendaggi elastocompressivi, tutori e calze elastiche o Pressoterapia.
Bendaggi elastocompressivi
Questa modalità terapeutica prevede l’applicazione di bende a breve elasticità che creano una pressione analoga alle calze, ma di intensità maggiore. Il Paziente tiene il bendaggio idealmente fino alla seduta successiva, coadiuvando in questo modo l’effetto del trattamento.
Calze elastiche a compressione graduata
Questo tipo di calze sono fondamentali nel trattamento dei Flebedemi e dei disturbi venosi. L’intensità delle calze è definita dalla classe (da I a IV), che indica quanti mmHg di pressione esercitano sulle gambe; la classe deve essere indicata dal Medico prescrittore. I denari indicano quanto fitta è la trama della calza; usualmente maggiori denari indicano maggiore pressione, ma è possibile anche che calze più velate siano ugualmente efficaci, perché fatte di materiali specifici a bassa elasticità; questo è particolarmente utile per chi tollera poco le calze molto spesse. Se non si soffre di problemi specifici, le calze possono essere usate anche in maniera preventiva (riposante).
Camminare, andare in bicicletta, nuotare e in generale muoversi in acqua aiuta il sistema linfatico e circolatorio a funzionare in maniera ottimale
La Pressoterapia
Si tratta di una macchina pneumatica che esercita una pressione progressiva dal piede alla coscia. Non sostituisce il Linfodrenaggio in quanto non ha la stessa capacità di stimolazione sul sistema linfatico, ma è molto efficacie nello svuotare rapidamente edemi importanti, e può essere una buona soluzione se abbinata al trattamento manuale.
Consigli generali
Anche il Paziente può fare molto per la salute del suo sistema linfatico. Il movimento innanzitutto è fondamentale: camminare, andare in bicicletta, nuotare e in generale muoversi in acqua aiuta il sistema linfatico e circolatorio a funzionare in maniera ottimale, oltre ad aiutare nel mantenimento del peso corretto. Utilizzare calze elastiche risposanti e tenere posizioni antideclivi (piedi in alto) può essere utile se si è particolarmente esposti a situazioni che gonfiano le gambe (lavoro in piedi, viaggi in aereo).
Anche l’alternanza di pediluvi caldi e freddi (il cosiddetto Percorso Kneipp) hanno un effetto positivo sul tono circolatorio, così come massaggi o automassaggi profondi delle piante dei piedi
Per chi soffre di disturbi cronici del sistema linfatico, 1-2 cicli all’anno di Linfodrenaggio manuale terapeutico (10 sedute 2-3 volte alla settimana) possono essere indicati.
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concept:
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photo:
Nahid
Dabiri
Eliminare i tatuaggi,
La procedura di rimozione dei tatuaggi prevede l’utilizzo di un particolare strumento Laser che consente la definitiva scomparsa della colorazione del tessuto cutaneo
Dott.ssa Concita Muneratti
Medico Chirurgo Estetico
Responsabile Servizio di Medicina Estetica e di Dermatologia Clinica
Poliambulatorio SYNLAB-Euganea Medica
SYNLAB Albignasego (Padova)
FIME (Federazione Italiana Medici Estetici)
Itatuaggi, soprattutto e più facilmente quelli scuri, si possono eliminare senza lasciare cicatrici. Lo strumento con cui operare è un Laser Qswitched, così chiamato per la velocità con cui vengono emessi gli impulsi sulla cute coperta dal tatuaggio; questo trattamento è l’unico approvato per la loro rimozione dalla FDA americana.
Che cos’è il Laser
Si tratta di una luce che non esiste in natura; viene creata all’interno di un dispositivo che può contenere sostanze liquide, solide o gassose e il raggio luminoso prodotto dalla eccitazione dei loro atomi, dopo essere tornati in posizione di riposo, è monocromatico, monoenergetico e perfettamente collimato. Ogni raggio prodotto da una particolare sostanza ha una caratteristica lunghezza d’onda, che nell’interazione lucecute può essere assorbita da particolari cromofori presenti (gruppo di atomi capaci di conferire colorazione ad una sostanza), come l’emoglobina (pigmento rosso del sangue), la melanina (pigmento della cute) e l’acqua che chiamiamo cromoforo per comodità.
Questo assorbimento è responsabile dell’effetto biologico di questa interazione con i tessuti, in particolare, quando si parla di tatuaggi (i cui pigmenti sono i cromofori), della loro eliminazione. Questo fenomeno viene definito Fototermolisi selettiva.
Tatuaggi e rischi connessi
Per tatuaggio (dal francese “tatouage” e/o dal polinesiano “tatau” cioè segno o pittura) si intende una “deformazione artificiale permanente dei tessuti cutanei, ottenuta mediante segni indelebili prodotti per puntura della cute, con inserimento, sotto la cute stessa, di sostanze coloranti senza alterare la superficie epidermica” (vocabolario Treccani).
Il Laser è un tipo di luce che non esiste in natura, viene creata all’interno di un dispositivo che può contenere sostanze liquide, solide o gassose
come intervenire?
Numerose sono le sostanze impiegate dai tatuatori. Queste devono avere determinate caratteristiche, così come prevede una direttiva europea del 2008 sui requisiti e criteri per la sicurezza dei tatuaggi e del trucco permanente. Dobbiamo inoltre ricordare che esistono rischi nelle procedure di tatuaggio che possono includere Infezioni (Epatiti, HIV, Streptococco o Stafilococco e micobatteri non tubercolari) e reazioni allergiche dovute sia a pratiche errate sia ai pigmenti iniettati. Purtroppo il problema non sta solo in una pratica errata, ma nella mancanza di una lista di sostanze da evitare. L’attenzione va dunque diretta ai prodotti utilizzati, specie gli inchiostri, che tuttavia non sono ancora soggetti ad un quadro normativo distinto e chiaro, se si escludono le due circolari del 5 febbraio 1998 n.2.9/156 e del 16 luglio 1998 n. 2.8/633.
Quale diffusione?
I tatuaggi fanno parte della cultura umana da oltre 4000 anni con una grande varietà di modelli ed espressioni simboliche ideali, i più antichi dei quali risalgono all’età del bronzo. A tutt’oggi, stando agli ultimi rilievi dell’Istituto Superiore di Sanità, si conta che circa sette milioni di italiani ne sono portatori, rendendo il nostro paese uno dei più tatuati d’Europa.
Queste persone possono riferire sentimenti di imbarazzo, bassa autostima e stigmatizzazione sociale, altri fattori sono legati alla diversa maturità, altri sentono il desiderio di migliorare le opportunità di carriera e per questo ne chiedono la rimozione. Inoltre la loro esecuzione o il risultato stesso può differire dalle loro aspettative. In media, la rimozione del tatuaggio viene iniziata dopo 14 anni di ripensamenti, ma in alcuni casi avviene entro pochi mesi dall’esecuzione.
I tatuaggi amatoriali sono eseguiti da operatori non professionisti, ciò può comportare una serie di complicanze non essendoci controllo sulle sostanze utilizzate
I diversi tipi di tatuaggio
I tatuaggi professionali vengono applicati con una macchinetta per tatuaggi (elettrodermografo) nello strato più profondo del derma, come espressione di una forma d’arte visiva, ma molto spesso anche per mimetizzare patologici difetti della pelle, mascherare cicatrici, completare gli effetti estetici delle procedure cosmetiche e sono di natura permanente e realizzati da tatuatori esperti e formati.
I tatuaggi amatoriali sono eseguiti da operatori non professionisti, ciò può comportare una serie di complicanze, non essendoci controllo né sulle sostanze utilizzate responsabili di eventuali reazioni allergiche, né della tecnica di iniezione per evitare le infezioni.
I tatuaggi cosmetici o trucco permanente hanno lo scopo principale di migliorare il naturale aspetto fisico e possono fornire una comoda alternativa al trucco tradizionale. Solitamente sono applicati più superficialmente e, nella maggior parte dei casi, sono anche colorati di rosso, marrone o color carne con pigmenti contenenti biossido di ferro o biossido di titanio, il che li rende difficili da rimuovere (prerogativa comunque di tanti tatuaggi). Possono cambiare di colore dopo il trattamento con Laser Q-switched (QS) e si ritiene che ciò avvenga per la riduzione chimica del ferro in ossido ferroso. A volte possono essere necessarie fino a 20 sessioni per la loro rimozione. I tatuaggi traumatici possono essere esiti di traumi da caduta sulla strada (da asfalto), o da polvere da sparo per incidenti con fuochi d’artificio o esplosione di cave, da polvere di carbonio e da altri eventi traumatici.
Storia breve sulla eliminazione dei tatuaggi
Per la rimozione dei tatuaggi sono state utilizzate diverse procedure nel corso degli anni come abrasioni chimiche e chirurgiche, tecniche di riscaldamento e di
bruciatura, ma con molti effetti collaterali, in particolare cicatrici e ritenzione di pigmenti.
Sono quindi iniziati gli esperimenti sui Laser, ad esempio con i Laser ad argon, ma poiché le lunghezze d’onda non erano specifiche per l’inchiostro del tatuaggio e venivano invece assorbiti principalmente dalla melanina e dall’emoglobina, il trattamento finiva sempre con creare cicatrici.
Attualmente i Laser Q-switched (QS) disponibili in commercio dal 1990, sono considerati il “gold standard” per la rimozione di un tatuaggio tramite Fototermolisi selettiva. Sono disponibili almeno quattro lunghezze d’onda che possono essere presenti in un unico sistema: il Laser Nd:YAG a 1064 nm è utilizzato per trattare e rimuovere i pigmenti scuri, il Laser KTP a 532 nm per gli inchiostri per tatuaggi rossi, marrone chiaro, viola e arancioni, il Laser a colorante a 650 nm per gli inchiostri per tatuaggi verdi e il Laser a colorante a 585 nm per gli inchiostri colorati azzurro cielo.
Criteri di esclusione per l’inizio del trattamento Laser includono una storia di cicatrici cheloidi, gravidanza, madri che allattano e somministrazione di farmaci fotosensibili.
Mezz’ora prima del trattamento viene applicata una crema anestetica che viene poi rimossa prima dell’inizio del trattamento
Come si procede
Prima di un trattamento vengono scattate delle foto per documentare il percorso di rimozione, viene fatto firmare al Paziente un consenso informato; mezz’ora prima del trattamento viene applicata una crema anestetica che viene poi rimossa prima dell’inizio del trattamento. Quindi si procede con il Laser Qswitched della lunghezza d’onda idonea per essere assorbito dai vari pigmenti.
Le particelle di inchiostro fungono da cromoforo e sono presenti nelle cellule del derma come macrofagi e fibroblasti. Una volta colpite dai raggi del Laser QS le cellule assorbono la grande quantità di energia emessa in un tempo estremamente breve, (nanosecondi o picosecondi) portandole ad una rapida dilatazione termica dovuta all’assorbimento della luce e generando onde d’urto udibili come uno schiocco (danno fotoacustico) per ciascun impulso Laser. A tutto ciò
consegue un danno alle cellule che contengono particelle di pigmento e frammentazione, distruzione e “taglio” del pigmento del tatuaggio. Successivamente viene attivata la fagocitosi dalle cellule “spazzino” e i resti del tatuaggi sono trasportati attraverso il drenaggio linfatico e ulteriormente eliminati. Contribuiscono a ciò i macrofagi dermici, i fibroblasti e i mastociti e il tatuaggio si schiarisce man mano. Gli impulsi Laser Q-switched (a nanosecondi o a picosecondi) nell’impatto con la cute producono schizzi di tessuto a pennacchio che possono contenere sostanze che sono potenzialmente pericolose per il Paziente e per l’Operatore, inclusa la formaldeide, il benzene, l’idrogeno cianidrico e virus biologici aerosolizzati in particelle (ad esempio, Papillomavirus umano e batteriofago) e batteri. Pertanto i professionisti devono sempre attenersi a rigorosi principi di protocollo sui dispositivi di protezione individuale (DPI).
Le modalità del trattamento
Il numero dei trattamenti richiesti non è facile da stabilire a priori, anche se esistono alcune tabelle che possono dare al Medico delle indicazioni. Si va da tre o quattro sedute per i tatuaggi amatoriali fino anche a dieci o più per i tatuaggi professionali. Il tempo di esecuzione dipende dalla grandezza del tatuaggio e dalla frequenza degli impulsi (il dolore percepito dipende da tanti fattori, ma l’area cutanea può essere raffreddata man mano). Al termine viene medicata la cute con crema antibiotica che sarà opportuno applicare anche nei giorni successivi. Le sedute si effettuano ogni due mesi circa e comunque questo è il tempo di pausa nella mia esperienza. Le sedute poi si sospendono d’estate e si raccomanda di non esporsi al sole sino al trattamento successivo.
Effetti collaterali
Ci sono effetti collaterali comuni ma lievi. In ogni caso si può osservare un lieve edema ed eritema localizzato, che solitamente scompare entro 2-3 giorni. Le croste solitamente scompaiono dopo 5-6 giorni e dopo 7-10 giorni la pelle guarisce completamente. Rarissime sono le ipopigmentazioni residue. È noto che per rimuovere un tatuaggio sono necessari più trattamenti. Esiste una scala, la Kirby-Desai (che tiene in considerazione vari parametri come età, sesso, fototipo del Paziente e tempo trascorso dal tatuaggio) che può essere proposta per valutare il potenziale successo e il numero di trattamenti necessari per un dato Paziente, molto spesso si prevede un numero di sedute di minima e di massima in base all’esperienza del Medico. ●
La dieta sostenibile
Al giorno d’oggi la transizione ecologica è tra i cambiamenti necessari per auspicare un futuro migliore per noi e per il nostro pianeta. Ma forse questo potrà non essere sufficiente: a fianco della transizione ecologica dovrà accompagnarsi anche una transizione dietetica. Ma cosa significa? Nel libro “La dieta sostenibile. Scelte alimentari che salvano il pianeta”, le due Nutrizioniste Sonia Calimandri e Gabriella De Miranda rispondono al quesito spiegando che risulta fondamentale cambiare anche il nostro modo di mangiare e il nostro rapporto con il
cibo. Sono troppe infatti le contraddizioni alimentari del nostro tempo: troppo cibo in una parte del mondo e troppo poco nell’altra, troppe le calorie del cibo-spazzatura, troppa l’offerta di cibo a ogni angolo e a ogni ora. Ormai sappiamo che la produzione della sola carne è responsabile del 18% di tutte le emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane. E sulla salute degli oceani, che cosa sappiamo realmente? Grazie a questo libro potremo capire perché la consapevolezza alimentare è la strada necessaria per farci vivere meglio tutti.
Autore: Sonia Calimandri e Gabriella De Miranda
Editore: Wingsbert House
Nato dalla pluriennale esperienza della Ginecologa Anna Paola Cavalieri, questo libro è una guida per tutte le donne che stanno per accogliere l’arrivo della Menopausa e che stanno vivendo mutamenti profondi, spesso accompagnati dal pensiero negativo di “non essere più come prima”. L’autrice invita infatti le sue lettrici a considerare questo cambiamento non come una malattia da combattere in silenzio ma come una fase di rinnovamento e cura di sé. Perché se è vero che il corpo cambia, noi possiamo imparare a conoscerlo con una maggiore consapevolezza. Vampate, disturbi dell’umore, nebbia menta-
Allenamento con l’osteoporosi
L’osteoporosi è causa spesso di un peggioramento della qualità della vita sia a livello fisico che psicologico ed è una malattia considerata conseguenza inevitabile dell’invecchiamento che non permette di muoversi serenamente. Il Dott. Davide Teggi nel suo libro “Allenamento con l’osteoporosi” capovolge questa credenza presentando un approccio rivoluzionario basato non sul farmaco, ma sull’esercizio fisico mirato e l’intervento sullo stile di vita, sostenendo che l’attività fisica abbia un effetto terapeutico, se supervisionata dal Professionista esperto nella patologia e se pianificata, progettata e programmata in maniera personalizzata, per permettere così un aumento della massa ossea nel tempo e preservarne il decadimento. L’autore pro-
le, dolore articolare, calo del desiderio sono alcuni dei problemi affrontati in questa fase, spesso con scarsa conoscenza ma troppi timori. Sostenuta dai più recenti studi scientifici, l’autrice esplora l’importanza della nutrizione, dell’attività fisica e del sonno, aprendo le porte sul mondo degli ormoni, permettendoci di comprendere la vasta influenza che hanno sul nostro corpo e l’aiuto che possono offrire alle donne per affrontare questo momento delicato della vita con serenità.
Autore: Anna Paola Cavalieri
Editore: Mondadori
pone quindi una panoramica completa delle strategie naturali e preventive per il trattamento del disturbo, includendo l’esercizio fisico adattato alla patologia, l’alimentazione e nutraceutica specifica per l’osso, la gestione dello stress e il monitoraggio della salute ossea. Un’attenzione particolare è riservata alle conseguenze fisiche, psicologiche ed emotive dell’Osteoporosi, evidenziando come le fratture frequenti possano compromettere l’indipendenza, la qualità di vita, generando ansia e depressione.
Autore: Davide Teggi
Editore: Bookness
Senza paura di cambiare
Crisi idrica e cambiamenti una sfida globale
Dott. Giuseppe Lai
Biologo
Dottore di Ricerca in Igiene degli Alimenti - Università di Torino
Ormai non ci sono dubbi. La comunità scientifica internazionale è concorde nel ritenere l’Homo
Sapiens il principale responsabile dei cambiamenti climatici.
Sono molteplici, come noto, gli effetti negativi del “climate change” sugli ecosistemi. Tra questi, la minore disponibilità di acqua, un bene essenziale che richiederebbe interventi di tutela più incisivi su scala globale.
La giornata mondiale dell’acqua
Per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica internazionale sull’importanza dell’acqua come risorsa primaria per il pianeta, il 22 marzo di ogni anno le Nazioni
Unite celebrano il World Water Day, la giornata mondiale dell’acqua. “Water for peace”, acqua per la pace, è stato il tema scelto dall’ONU per l’edizione 2024, a testimonianza del ruolo strategico di questa risorsa nel favorire pace e stabilità tra i popoli. Nonostante l’accesso all’acqua rappresenti un diritto umano fondamentale, l’indisponibilità di acqua potabi-
Il Report delle Nazioni
Unite “Water and climate change” delinea uno scenario preoccupante sulla sicurezza idrica, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici
Secondo l’UNICEF, l’indisponibilità di acqua potabile riguarda 2.2 miliardi di persone
le, secondo l’UNICEF, riguarda 2.2 miliardi di persone, un dato allarmante che provoca tensioni tra persone, comunità e Paesi. Le risorse idriche, infatti, non soddisfano solo le esigenze fondamentali dei singoli individui ma “irrorano” ogni aspetto del tessuto sociale, economico e anche religioso di una società, garantendone il buon funzionamento.
L’acqua non conosce confini
L’acqua, per sua natura, va oltre i confini dei singoli Paesi, li attraversa. Ciò accade nella metà della superficie terrestre, in cui due o più nazioni condividono una fonte d’acqua, sia essa un bacino fluviale o lacustre. Questo aspetto transfrontaliero dell’acqua ha alimentato storicamente controversie tra Stati, interessati
cambiamenti climatici,
al controllo di fiumi, laghi e infrastrutture idriche. Se poi al fattore geopolitico si aggiungono gli effetti spesso devastanti della crisi climatica, si comprende quanto sia inderogabile una gestione più attenta di questa risorsa per garantirne a tutti l’accesso.
Uno scenario preoccupante
Il Report delle Nazioni Unite “Water and climate change”, pubblicato nel 2020, delinea uno scenario preoccupante sulla sicurezza idrica, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici in atto e, al tempo stesso, indica alcune soluzioni da adottare nel breve-medio periodo. Mancano infatti pochi anni al 2030, l’anno in cui, secondo previsioni attendibili, la domanda complessiva di acqua dolce supererà del 40% la sua disponibilità, trainata da un consumo globale cresciuto di ben sei volte negli ultimi 100 anni. Le cause? La crescita della popolazione, lo sviluppo industriale, l’agricoltura, tutti fattori legati all’acqua e vulnerabili ai cambiamenti climatici. Il “global warming” causa siccità e alluvioni che impattano sugli approvvigionamenti idrici, rendendoli più incerti e irregolari, aggravando la situazione sia nelle regioni già soggette a deficit idrico sia nei territori in cui le risorse sono attualmente abbondanti.
Terre più aride e inondazioni
Il riscaldamento globale si ripercuote anche sulla qualità dei corsi d’acqua. Temperature più elevate, infatti, riducono la quantità di ossigeno presente e ostacolano l’attività dei microrganismi acquatici, preziosi nel degradare le sostanze organiche di origine animale e vegetale. Desertificazione e inondazioni sempre più frequenti, sottolinea ancora il Report, causano maggiore contaminazione dell’acqua da parte di germi patogeni e altri agenti inquinanti, mentre vari ecosistemi, come foreste e zone umide, subiscono un progressivo degrado.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono particolarmente devastanti nelle zone tropicali, aree geografiche che ospitano la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo. In tali contesti, sono soprattutto le piccole isole e gli arcipelaghi ad essere vulnerabili al “climate change” sul piano ambientale, sociale ed economico. Secondo le previsioni, sull’intero pianeta ci sarà un’espansione delle terre aride, mentre la fusione dei ghiacciai innalzerà il livello dei mari su vasta scala. Il Rapporto delle Nazioni
Unite, come prima accennato, non evidenzia solo gli impatti negativi dei cambiamenti climatici; indica anche alcune azioni mirate a contrastare tali effetti. Gli interventi possono suddividersi in due tipologie: strategie di adattamento e azioni di mitigazione.
Strategie di adattamento
Le strategie di adattamento hanno lo scopo di attenuare le conseguenze dei cambiamenti climatici rendendo più resilienti strutture urbane, territori, estensioni agricole, comunità. Si pensi, ad esempio, agli impatti negativi delle inondazioni sugli impianti di eliminazione di acque di scarico o sulle strutture igienico-sanitarie, con la possibile insorgenza di epidemie e la diffusione di virus contagiosi. Tali eventi possono danneggiare anche le strutture di stoccaggio dell’acqua, come le dighe, e causare pericolosi effetti a cascata su terreni irrigui e zone ad alta densità abitativa. In tutti questi casi è necessario procedere a una valutazione sulla sicurezza e sostenibilità di edifici, infrastrutture, impianti e, in funzione del rischio, realizzare idonei adattamenti strutturali.
Le azioni di mitigazione si prefiggono di rendere meno gravi gli effetti del “climate change”, riducendo la presenza di inquinanti nell’atmosfera
Azioni di mitigazione
Le azioni di mitigazione si prefiggono di rendere meno gravi gli effetti del “climate change”, riducendo la presenza di inquinanti nell’atmosfera. Ciò si può ottenere diminuendo le emissioni di gas a effetto serra e incrementando la cattura degli stessi. Al riguardo, occorre sottolineare l’impatto negativo delle nostre abitudini alimentari sul clima: secondo il WWF, sono responsabili di 1/3 delle emissioni di gas climalteranti e del 70% di impiego di acqua dolce nel mondo. Se si adottassero modelli più sostenibili e salutistici di consumo del cibo, come la scelta preferenziale di prodotti di stagione e una limitazione di prodotti carnei, si avrebbe minore impatto sulle risorse idriche.
Percorsi virtuosi
Altri percorsi virtuosi, ormai sperimentati con successo in varie parti del mondo, sono l’incremento delle energie rinnovabili e l’implementazione di sistemi di mobilità urbana più ecologici. L’inquinamento atmosferico, tuttavia, si può contrastare anche salvaguardando le zone umide del pianeta. Queste aree, comprendenti laghi, stagni, paludi, lagune, oltre ad essere fondamentali per la difesa della biodiversità, contengono quantità notevoli di acqua grazie alle piogge frequenti. La fitta vegetazione che le ricopre è in grado di rallentare il flusso di acqua piovana, che viene trattenuta nel suolo originando falde sotterranee. Le falde hanno un duplice vantaggio rispetto alle acque superficiali: contengono riserve idriche meno esposte agli eventi climatici estremi e sono più protette da agenti contaminanti. Pertanto, possono essere importanti fonti di approvvigionamento di acqua potabile.
Le torbiere
Tra le zone umide vanno menzionate le torbiere, ecosistemi oggetto di studi internazionali per il loro grande interesse. Sono presenti soprattutto nelle regioni fredde e umide della Terra, come il Nord Europa, l’Alaska, la Siberia e in alcune aree tropicali. Sono formate da varie specie di piante erbacee immerse nell’acqua che hanno una particolarità: catturano la CO2 dell’atmosfera ma, alla fine del loro ciclo vitale, non si trasformano completamente in sali minerali e CO2 (che viene liberata nell’atmosfera come gas serra) ma solo parzialmente. Ciò accade perché nell’acqua delle torbiere è presente poco ossigeno e questo ostacola la mineralizzazione delle piante. Il risultato è che la maggior parte del carbonio in esse contenuto rimane
Nonostante le torbiere ricoprano solo il 3% della terraferma, esse svolgono una funzione strategica su scala globale
nel suolo e non viene emesso in atmosfera come CO2 Questo processo contribuisce in modo determinante alla riduzione dei gas serra e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. I numeri sono eloquenti: nonostante le torbiere ricoprano solo il 3% della terraferma, esse svolgono una funzione strategica su scala globale, immagazzinando più gas serra di tutti i vegetali del pianeta messi assieme. Per far fronte al fabbisogno crescente, esistono anche metodi non convenzionali di approvvigionamento idrico.
La desalinizzazione
È una metodica che può incrementare la disponibilità di acqua dolce. Si basa sull’osmosi inversa, un processo che consiste nel far passare acqua salata ad alta pressione attraverso membrane semipermeabili; queste filtrano i sali e altre impurità, producendo così acqua dolce. Attualmente il maggior numero di impianti attivi di questo tipo si trova in Medio Oriente. L’Arabia Saudita, ad esempio, ottiene circa il 50% della sua acqua potabile dalla dissalazione, mentre in Israele si trova un impianto in grado di produrre 627 mila metri cubi di acqua dolce al giorno. Il Paese ha fatto molti investimenti in questo processo e attualmente produce il 20% di acqua oltre il necessario. In Europa la desalinizzazione è diffusa in Spagna e a Malta. Con un sistema di potabilizzatori e dissalatori Barcellona garantisce l’acqua potabile ad abitanti e turisti, mentre Malta copre l’intero fabbisogno idrico annuale. L’inconveniente principale di questa metodica è che richiede molta energia da combustibili fossili per alimentare i dissalatori e ciò incrementa le emissioni di gas serra.
L’ENEA (Ente Nazionale Energia e Ambiente) ha recentemente messo a punto un impianto di dissalazione che richiede meno energia e rende il sistema più efficiente. Realizzato insieme ad un’azienda privata, prevede il recupero circolare dell’energia: l’energia fornita all’impianto per separare il sale dall’acqua viene recuperata e riutilizzata nello stesso processo. Questo permette una riduzione dei costi e un minore impatto ambientale. Una tecnologia innovativa che apre nuove prospettive nell’approvvigionamento idrico, un ambito strategico per l’intero pianeta.