MICROBIOTA Protegge
la nostra salute
RADIAZIONI SOLARI
Quale protezione?
GHIANDOLE SALIVARI
Attenzione ai disturbi
DIAGNOSI PRENATALE
Gli esami diagnostici
piante medicinali Le virtù della Papaya
cibo & salute Desiderio di dimagrire e tutela della salute salute & benessere
Shiatsu, i principi della pratica estetica & salute
Lifting, le alternative alla Chirurgia
9 772465 303002 40008 ISSN 2465-3039 Anno XXIV • N. 07/08-2024, periodicità bimestrale • 03/07/2024 • Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB luglio/agosto € 3,90
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La salute e il benessere sono temi di fondamentale importanza che rivestono un ruolo differente ma ugualmente importante nelle varie fasi della vita. Ho sempre pensato che l’attività di un medico non finisca una volta realizzata l’attività clinica e di aggiornamento ma che sia una nostra precisa responsabilità, anche e soprattutto, quella di rendere note le indicazioni e informazioni per evitare, quanto più possibile, il disequilibrio e la malattia, mantenendo invece uno stato di benessere sia fisico che mentale. Questo è ciò che abbiamo cercato e continuiamo a fare in questi anni, con l’aiuto prezioso di centinaia di Medici, Ricercatori ed esperti dei vari ambiti di cui ci occupiamo. A loro va un sentito ringraziamento perché senza la loro disponibilità e volontà di dialogo con il pubblico la nostra rivista non potrebbe esistere.
Il nostro concetto di salute è andato definendosi in modo sempre più ampio e completo nell’ottica di una visione olistica del benessere e della salute della persona. La prevenzione attraverso opportuni e periodici controlli, un’alimentazione corretta ed equilibrata, come quella mediterranea, a cui destiniamo sempre maggiore spazio, la pratica costante di un’adeguata attività fisica, ormai da ritenere vero e proprio “farmaco naturale” da “assumere” quotidianamente, l’equilibrio mentale ottenuto attraverso opportune scelte di vita e nuove discipline a cui attingere, l’attenzione all’ambiente e la limitazione dei fattori inquinanti, sono tutti aspetti ugualmente importanti.
È solo attraverso l’attenzione verso ognuno di questi elementi e comportamenti, in una parola lo “stile di vita”, che può nascere il nostro “stare bene”.
Buona lettura!
Enrico Montanari Direttore Scientifico
È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza il consenso dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelli delle organizzazioni, delle istituzioni, delle imprese a cui essi appartengono e neppure riflettono necessariamente i punti di vista dei membri degli organi di direzione ed editoriali di questa pubblicazione. Nulla di quanto contenuto in Elisir di Salute intende rappresentare un consiglio, ovvero una raccomandazione, concernente una qualsiasi delle cure, dei metodi e dei rimedi descritti. Gli editori non danno, né espressamente né implicitamente, garanzie sul piano terapeutico o su quello della convenienza rispetto a pratiche o utilizzi specifici, né riconosceranno alcuna responsabilità, verso chi sosterrà di essere stato danneggiato in conseguenza della pubblicazione di Elisir di Salute o dell’utilizzo delle informazioni pubblicate.
n. 4 2024
luglio/agosto
cibo & salute
08 La fresca dolcezza del Melone
L’elevato contenuto di acqua e il basso apporto calorico rendono il Melone un ottimo alleato della dieta...
Dott.ssa Rebecca Marzocchi
16 Desiderio di dimagrire: dal disagio alla tutela della salute
È importante differenziare tra obiettivi di benessere reale e aspettative sociali, garantendo un approccio olistico...
Prof. Lorenzo M. Donini, Dott. Edoardo Mocini
medicina
20 Radiazioni solari, quale protezione?
L’esposizione alle radiazioni solari mette la nostra pelle a rischio di danni derivanti dal Fotoinvecchiamento, è pertanto importante...
Dott. Leonardo Bianchi
26 Ghiandole salivari, attenzione ai disturbi
Le ghiandole salivari svolgono un’importante funzione per il benessere generale ed è importante prestare attenzione ai segnali...
Prof. Giampietro Ricci
30 Epilessia nei bambini, come affrontarla?
Le crisi epilettiche esordiscono solitamente in età pediatrica e sono caratterizzate da manifestazioni che possono variare in base all’età...
Dott.ssa Teresa Mazzone
34 Diagnosi prenatale, gli esami diagnostici
La gravidanza è un’esperienza intensa e complessa per la coppia, associata ad aspettative ma anche a timori sulla salute del nascituro
Dott.ssa Barbara Ravaioli,
Prof. Luca Savelli
40 Tumore della bocca, quale prevenzione?
Il front line della prevenzione è rappresentato dagli Odontoiatri che, visitando milioni di persone nel nostro Paese, sono in grado di rilevare...
Dott. Aldo Nobili
44 Micorbiota, protegge la nostra salute
Questo superorgano aggiuntivo è diffuso in tutto il corpo e il suo equilibrio è fondamentale per la prevenzione verso numerose patologie
Prof.ssa
il sommario
Federica Valeriani Anno XXIV N. 07/08-2024, periodicità bimestrale • 03/07/2024 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB luglio/agosto € 3,90 RADIAZIONI SOLARI Quale protezione? MICROBIOTA Protegge la nostra salute DIAGNOSI PRENATALE Gli esami diagnostici GHIANDOLE SALIVARI Attenzione ai disturbi piante medicinali Le virtù della Papaya cibo & salute Desiderio di dimagrire e tutela della salute salute & benessere Shiatsu, i principi della pratica estetica & salute Lifting, le alternative alla Chirurgia EDS24_04_C.indd 1 21/05/24 14:56 20 26 44
il tuo medico di famiglia
50 Intelligenza Artificiale, rischi e vantaggi
La strada corretta dovrà prevedere un rigoroso percorso di validazione di queste tecnologie innovative
Dott. Enrico Delfini piante medicinali
52 Le virtù della Papaya
Sono numerose le proprietà di questo frutto: produce effetti digestivi e svolge un’importante azione antiossidante, ma nono solo...
Dott.ssa Maria Lombardi psicologia
60 Conflitto, tra distruttività e occasione di cambiamento
Attraversando il lato oscuro e folle spesso presente nell’animo umano, possiamo scoprire l’opportunità creativa di cambiamento insita nel conflitto stesso
Prof. Antonio Lo Iacono
estetica & salute
64 Lifting, tutte le alternative alla Chirurgia
Grazie alle novità in campo estetico è possibile intervenire per migliorare...
Dott.ssa Maria Donatella Calabretti salute & benessere
68 Shiatsu, un’arte per la salute
Nato in Giappone come trattamento manuale, lo Shiatsu ha cominciato ad affiancare la Medicina tradizionale...
Andrea Mascaro, Giuseppe Montanini, Prof. Edoardo Rossi, Dott.ssa Maria Teresa Corsetti cosmetici & benessere
75 Dermobiotica, la cosmesi del futuro
Grazie all’attenzione sempre maggiore al dermobiota, i cosmetici...
Dott.ssa Maria Elena Setti
ecologia & salute
80 Sostenibilità dell’acqua e tecnologie digitali
Le tecnologie digitali possono offrire un contributo determinante nella gestione della risorsa idrica e il loro ruolo...
Fondazione per la Sostenibilità Digitale
64 80 68 52 il sommario
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Obesità, meglio la prevenzione
La
mancanza di un’educazione alimentare corretta
e di stili di vita adeguati sono le principali cause che impediscono un efficace approccio a questo enorme problema di salute pubblica
L’obesità è sicuramente un rilevante problema di carattere sociale e sanitario, soprattutto dal punto di vista dell’ampiezza della sua diffusione.
Dall’ultimo documento ufficiale dell’O.M.S. emerge che il 59% degli adulti europei e quasi 1 bambino su 3, è in sovrappeso o è affetto da obesità, ormai considerata una vera e propria malattia. Sovrappeso e obesità sono inoltre tra le principali cause di morte e disabilità nella Regione europea e stime recenti suggeriscono che causano più di 1,2 milioni di decessi all’anno, corrispondenti a oltre il 13% della mortalità totale nella Regione europea. Per maggiore chiarezza specifichiamo la definizione di obesità, che è ormai riconosciuta attraverso l’utilizzo del criterio dell’Indice di Massa corporea (IMC), valore ottenuto dividendo il peso corporeo espresso in chilogrammi (kg) per l’altezza al quadrato espressa in metri (m). Una persona è da ritenere obesa se ha un Indice di Massa Corporea maggiore o uguale a 30.0 kg/m², calcolato dai valori autoriferiti di peso e altezza. Mentre con un Indice di massa corporea compreso tra 25,0 e 29,9 kg/m², sempre calcolato dai valori autoriferiti di peso e altezza, si è solo in sovrappeso.
Il problema riguarda la comunità, essendo una condizione che si accompagna, prima o poi, a danni alla salute (sino alla sua perdita totale) e viene a determinare un bisogno di cure (assistenziali, chirurgiche, terapeutiche, ecc.) che si ripercuote in misura notevole sui costi generali di salute pubblica e grava su una situazione di già scarse risorse. In poche parole l’obesità è divenuta un problema, a causa della sua dimensione, di sanità pubblica, e la sanità pubblica è anche un problema di risorse.
Con ciò assumendo caratteristiche non dissimili ad altre tematiche epocali, quali l’alcolismo, l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti, l’inquinamento ambientale, il consumo di tabacco; problematiche che in maniera diversificata richiamano tutte, per certi gradi o casi particolari, la tematica della responsabilità e della partecipazione individuale. Se, infatti, non vi è alcun dubbio sul fatto certo che in taluni casi l’obesità consegua ad un elemento di danno funzionale fisico o psichico primario tale da rendere la partecipazione del singolo Paziente prevalentemente passiva (ovvero irresponsabile) nella dinamica di insorgenza, altrettanto non si può dire dei molti casi in cui l’obesità consegua ad un atteggiamento a volta acritico quanto irresponsabile del comportamento soggettivo del singolo. Tuttavia, a fronte di ciò, è sempre più evidente che nell’insorgenza della condizione di obesità concorrano importanti fattori sociali e ambientali quali le abitudini alimentari, strettamente collegate agli input di comunicazione pubblicitaria, lo stile di vita sempre più sedentario, le condizioni socio-culturali e la mancanza di prevenzione in assenza di una corretta educazione alimentare. Sono proprio la mancanza assoluta di un’educazione alimentare corretta e di stili di vita adeguati, prevalentemente di tipo preventivo, i principali fattori che impediscono un efficace approccio a questo enorme problema di salute pubblica. Dedicare risorse importanti da parte dei Governi per rimuovere alla nascita questi ostacoli è l’unica strategia veramente efficace che può portare a risultati oggettivi e risolutivi.
Dott. Claudio Caprara
l’editoriale
Bevande vegetali
Da qualche tempo assumo al posto del latte bevande vegetali come il latte di soia o di riso per scelta personale. Quali sono gli effetti positivi di questa sostituzione? E quali invece quelli negativi? email firmata
Risponde la Prof.ssa Daniela Martini, Segretario Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), Professore Associato Dipartimento di Scienze degli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente Università degli Studi di Milano
Per una serie di ragioni rispondere a questa domanda in maniera esaustiva non è affatto semplice innanzitutto perché andrebbe compreso di quale tipo di bevanda vegetale stiamo parlando. Infatti, pur avendo delle caratteristiche comuni (ad esempio il basso contenuto in grassi saturi, fatta eccezione per alcune tipologie di bevande “di nicchia”), le bevande di riso e di soia sono molto diverse in termini nutrizionali, essendo, ad esempio, le prime tipicamente più ricche in zucchero (non solo rispetto alle bevande di soia ma anche rispetto al latte vaccino) e le bevande di soia quelle che invece mostrano un profilo nutrizionale più simile al latte, quantomeno per quanto riguarda il contenuto in macronutrienti e soprattutto in proteine. Tuttavia, anche sapere questo dettaglio non sarebbe sufficiente perché, anche all’interno della sola categoria delle bevande di soia, esiste un’elevata eterogeneità, ad esempio, per quanto riguarda il contenuto in micronutrienti, primo fra tutti il calcio. Ricordiamo infatti che il latte vaccino, con le 3 porzioni al giorno suggerite dalle Linee Guida, contribuisce in gran parte al fabbisogno di calcio e che quindi la sua sostituzione con bevande vegetali potrebbe comportare un’insufficiente introduzione di questo minerale, se si consumano bevande non fortificate. Questo è il motivo per cui le ultime Linee Guida dietetiche americane considerano solo le bevande di soia fortificate di calcio come idonei sostituti del latte vaccino. Aggiungo inoltre che andrebbe indagato più a fondo il modello alimentare complessivo seguito per comprendere se è adeguato a soddisfare il fabbisogno energetico e di nutrienti specifico e se questa sostituzione possa avere delle conseguenze positive o negative rilevanti. Non sapendo questi dettagli, il
consiglio è quello di leggere attentamente le etichette dei prodotti acquistati per scegliere il prodotto più in linea non solo con i propri gusti ma anche con le proprie esigenze nutrizionali.
Proprietà della cicoria
Dopo aver subito l’asportazione della colecisti, come consiglio “della nonna” di un parente, ho preso l’abitudine di bere a fine dei pasti più abbondanti una bevanda alla cicoria. Oltre ad essere sorprendentemente buono può effettivamente aiutare? O è un placebo?
email firmata
Risponde il Dott. Danilo Carloni, Farmacista - Fitoterapeuta - Consiglio
Direttivo Società Italiana di Fitoterapia
Esistono numerose varietà di cicoria, basti pensare alle varietà di “Bruxelles” o “belga”, alla cicoria di Catalogna o ai vari radicchi; quella medicinale è “Cichorium intybus L.” ed è diffusa in tutto il territorio nazionale. I suoi principi attivi sono presenti nelle radici, nelle foglie e nei fiori, fra i più importanti per la digestione va citata la colina per le sue capacità di promuovere il trasporto degli acidi grassi dal fegato ai tessuti e, inoltre, è importante per il metabolismo del colesterolo e contribuisce alle funzioni epatiche. La Cicoria contiene inoltre inulina, un frutto oligosaccaride molto importante per i processi metabolici e per favorire la funzione intestinale; non vanno poi trascurati i principi attivi amari che, attraverso un meccanismo riflesso, stimolano l’appetito e favoriscono il processo digestivo. Gli effetti sulla digestione trovano ulteriore beneficio dalle proprietà coleretiche della Cicoria: un esperimento ha dimostrato la capacità di raddoppiare o triplicare il volume della bile secreta dopo soli 30 minuti dall’assunzione. Come molte piante ad azione amaro-tonica, viene utilizzata nelle varie forme di inappetenza, come sintomatico nelle turbe digestive, nella digestione rallentata, nel meteorismo, e come depurativo e diuretico. È grazie a queste proprietà che la bevanda di Cicoria è in grado di fornire una piacevole sensazione di benessere, se consumata dopo i pasti, accelerando il processo digestivo e favorendo la digestione dei grassi e contrastando il senso di pienezza, il gonfiore addominale e il mal di testa che spesso si manifestano dopo un pasto particolarmente abbondante.
Avete un problema particolare? Volete un consiglio o un semplice parere? Spedite le vostre domande a Elisir di Salute, via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna, oppure inviate una e-mail alla redazione: info@elisirdisalute.it I nostri specialisti vi risponderanno direttamente sulla rivista.
la posta
La fresca dolcezza
L’elevato contenuto di acqua e il basso apporto calorico rendono il Melone un ottimo alleato della dieta e un buon rimedio per contrastare la disidratazione, soprattutto nei mesi estivi
dolcezza del Melone
Dott.ssa Rebecca Marzocchi Specialista in Scienza dell’Alimentazione - Bologna
Uno dei cibi più apprezzati dell’estate è certamente il Melone. Questo frutto appartiene alla famiglia delle “Cucurbitaceae”, la stessa di anguria, cetriolo, zucchina e zucca quindi. in realtà si dovrebbe parlare di ortaggio, non di frutto, tanto che dal punto di vista botanico il Melone viene considerato una verdura, come lo sono appunto zucchine e cetrioli.
La pianta da cui nasce è una pianta erbacea annuale, ha un fusto flessibile, solitamente strisciante, ma può anche ramificare e diventare rampicante; possiede grandi foglie lobate, reniformi e arrotondate; le radici si sviluppano sia in profondità che in superficie. Il frutto è di forma rotondeggiante-ovale, con buccia spessa liscia o retata; la polpa può essere bianca o
arancione con all’interno numerosi semi. La polpa si presenta carnosa, succosa, profumata e dolce al palato.
L’origine
del Melone
L’origine di questo frutto è incerta. Alcuni lo considerano un frutto originario dell’Asia, altri dell’Africa. Si ritiene comunque che sia stato coltivato per la prima volta nell’antico Egitto migliaia di anni fa.
Dall’Egitto la sua coltivazione si diffuse in Medio Oriente e da qui in Grecia e in Italia dove, grazie al terreno e al clima favorevole, cominciò ad essere sempre più popolare. Si diffuse poi in Europa Occidentale e da qui in tutto il mondo.
I maggiori produttori di Melone sono l’Asia (Cina) e l’Europa, in particolare Spagna, Francia e Italia. In Italia la maggiore produzione di Meloni è in EmiliaRomagna, Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia. Nel mantovano è coltivata una varietà di Melone IGP. Per crescere e maturare la pianta di Melone ha bisogno di un clima caldo, tanto che spesso viene coltivato nelle serre.
Le varietà estive
Esistono numerosissime varietà di Melone che si differenziano per forma, dimensione e colore. La prima grande distinzione viene fatta in base alla stagionalità: si distinguono Meloni estivi e Meloni invernali. I primi sono presenti sul mercato da maggio ad ottobre ed hanno la polpa giallo-arancione, i secondi si trovano da agosto a dicembre e sono di colore giallo chiaroverde. Tra i meloni estivi troviamo:
• Melone Cantalupo: forma rotondeggiante, buccia ruvida e polpa arancione marcato; sapore fresco e molto dolce; esistono alcune sottovarietà di questo Melone, tra cui Red Falcon e Mundial, che si coltivano in Sicilia, e la varietà Mantova, con polpa un po’ più chiara;
• Melone Retato o Pane: forma sferico-ovoidale, buccia di colore chiaro finemente reticolata, con meridiani che dividono il frutto a spicchi; la polpa è succosa, giallo-arancio, molto dolce;
• Melone liscio: forma ovale, di piccole dimensioni con buccia liscia di colore grigio chiaro; la polpa è arancione e molto dolce.
... e quelle invernali
I Meloni d’inverno sono caratterizzati da una forma allungata, la buccia liscia e sottile e dalla polpa chiara; il loro sapore è più delicato rispetto a quelli estivi ma, una volta raccolti, si possono conservare più a lungo,
Dal punto di vista botanico il Melone viene considerato una verdura, come lo sono zucchine e cetrioli
anche due o tre mesi. Tra i Meloni invernali troviamo:
• Melone giallo o Melone d’Inverno: matura tra settembre e novembre, ha forma allungata, buccia liscia, sottile e gialla, polpa bianco-verde; il suo gusto è delicato e ricorda quello della pera e del cetriolo messi insieme;
• Melone Verde: è reperibile da fine agosto a fine marzo; ha forma ovale, buccia color crema e polpa verde brillante; è molto dolce grazie all’elevato grado zuccherino;
• Melone sardo o Piel de Sapo: forma allungata, la buccia può essere ruvida o liscia, di colore verde o con striature gialle; la polpa è bianca con striature verdastre, croccante e molto dolce.
Come si conserva
I Meloni estivi si conservano in frigo, ma bisogna fare attenzione a non esporli ad una temperatura inferiore a 5°C poiché il frutto ne risentirebbe diventando
cibo & salute luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 10
Vitamina C e betacarotene sono due ottimi antiossidanti, contribuiscono a contrastare i radicali liberi, l’evoluzione delle malattie cronico-degenerative e alcuni tipi di tumori
molle, con macchie rosse nella polpa. Se si acquista un Melone non completamente maturo, possiamo lasciarlo maturare in frigorifero o al fresco per qualche giorno, al riparo dalla luce diretta. Quando si acquista il Melone estivo è consigliabile scegliere tra quelli di origine italiana, sia per le garanzie che questo offre, sia perché in questo caso siamo certi che sia stato raccolto al giusto grado di maturazione, diversamente da quanto accade per i meloni che subiscono viaggi molto lunghi.
La composizione
Il Melone è costituito per il 90% di acqua con conseguente apporto calorico molto ridotto (34 Kcal ogni 100g di prodotto edibile), tanto da conferirgli proprietà diuretiche e depurative. Molto ricco di vitamine e sali minerali, come vitamina C, vitamina A, vitamina B9 (acido folico), potassio, fosforo, calcio e ferro
L’elevato contenuto di acqua e il basso apporto calorico rendono il Melone un ottimo alleato della dieta e un buon rimedio per contrastare la disidratazione, soprattutto nei mesi estivi o in caso di attività fisica intensa. L’abbondanza di acqua e l’alto contenuto di fibra gli conferiscono un elevato potere saziante e lo rendono un ottimo sostituto di snack più energetici, permettendo di controllare l’appetito tra un pasto e l’altro. L’alta percentuale di acqua associata a vitamine e sali minerali lo rendono un ottimo spuntino dopo lo svolgimento di attività fisica intensa e in chi soffre di eccessiva sudorazione.
Le vitamine
Tra le vitamine, quella maggiormente presente è la vitamina C che soddisfa più del 60% del fabbisogno giornaliero raccomandato. Questa vitamina contribuisce al funzionamento del sistema immunitario, favorisce la salute della pelle e migliora l’assorbimento del ferro, soprattutto quello di origine vegetale. Vitamina C e ferro lo rendono un frutto particolarmente indicato per chi soffre di anemia. La vitamina C ha anche proprietà cicatrizzanti poiché stimola la produzione di collagene e favorisce l’elasticità della pelle.
Vitamina C e betacarotene sono due ottimi antiossidanti, contribuiscono a contrastare i radicali liberi, l’evoluzione delle malattie cronico-degenerative e alcuni tipi di tumori. L’effetto antiossidante riguarda ovviamente anche la pelle: previene il suo invecchiamento, la formazione di smagliature e la protegge dai danni dei raggi ultravioletti e dall’inquinamento ambientale.
luglio/agosto 2024
cibo & salute
• il punto di vista di medici e ricercatori 11
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Come tutta la frutta, anche
buon quantitativo di fibra , che permette di contrastare la Stipsi , ridurre l’assorbimento di zuccheri e grassi assunti con la dieta e facilitare l’arrivo della sazietà.
Altra importante vitamina presente è la vitamina
A e, come accennato, il suo precursore, il betacarotene, che insieme rappresentano più del 20% del fabbisogno raccomandato giornaliero; sono ottimi alleati della vista dal momento che riducono il rischio di Degenerazione della retina e di insorgenza di Maculopatie. Il betacarotene stimola la formazione di melanina che, associato all’effetto antiossidante, è molto utile nel favorire l’abbronzatura, riducendo il rischio di scottature. La vitamina
A, tuttavia, è una vitamina liposolubile, il che la rende assorbibile solo in presenza di grassi, come quelli che possiamo trovare nel prosciutto con cui il Melone viene spesso associato.
Anche se non presenti in grande quantità, le vitamine del gruppo B (B3 e B6) aiutano a ridurre il nervosismo, l’irritabilità e i disturbi del sonno. Utili anche per contrastare la fame nervosa, regolare i valori pressori e mantenere bassi i livelli di colesterolo nel sangue.
L’importanza del potassio
Nel Melone troviamo anche un buon quantitativo di potassio, con un rapporto sodio/potassio a favore di questo ultimo, tanto da consigliarlo a chi soffre di ritenzione idrica, Cellulite, Ipertensione arteriosa, Aritmie cardiache . Acqua in abbondanza e potassio favoriscono l’eliminazione delle scorie e delle tossine dall’organismo, permettono ai reni di funzionare al meglio e prevengono Gotta e Iperuricemia.
Le buone azioni del Melone
Il Melone è ottimo in gravidanza e in allattamento , grazie al suo contenuto di acido folico, fondamentale per il corretto sviluppo del feto e per la crescita del neonato.
La presenza di adenosina, un nucleotide che viene usato anche nelle preparazioni galeniche, conferisce al Melone proprietà fluidificanti , tanto da consigliarlo in caso di Ictus, Angina pectoris, Infarto del miocardio e Tachicardia . Come tutta la frutta, anche il Melone contiene un
Grazie alle sue proprietà reidratanti e lenitive, il Melone può essere usato anche per impacchi, in caso di bruciature e scottature , ma anche semplicemente per reidratare e dare maggiore compattezza alla pelle.
Come utilizzare i semi
Con i semi di Melone lasciati in infusione si possono preparare delle tisane dalle proprietà emollienti e sedative della tosse . Anche i semi del Melone, se tostati, possono essere mangiati, così come avviene per quelli dell’anguria e della zucca: sono ricchi di magnesio, manganese, rame, ferro e calcio.
Controindicazioni
A fronte di numerosi effetti benefici, vi sono tuttavia delle controindicazioni, soprattutto se assunto in grandi quantità. Per il contenuto di fibre, il Melone va limitato in chi ha un alvo tendenzialmente diarroico e, per l’alto contenuto di acqua, non è indicato in chi ha problemi digestivi, soprattutto se mangiato insieme ad altri alimenti, poiché rallenta la digestione e potrebbe peggiorare la dispepsia. Se mangiato da solo, risulta invece molto più digeribile.
il Melone contiene un buon quantitativo di fibra, che permette di contrastare la Stipsi e ridurre l’assorbimento di zuccheri e grassi ●
luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 12 cibo & salute
NOVITÀ
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L’attività di ricerca del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano ha scoperto che speciali microrganismi del territorio Euganeo, i cianobatteri, producono numerose sostanze antinfiammatorie durante la maturazione del fango in acqua termale. La fangobalneoterapia, riconosciuta dal Ministero della Sanità e convenzionata col SSN, è particolarmente indicata per la cura dei disturbi articolari quali artrite e artrosi, oppure ossei come l’osteoporosi. Questo tipo di terapia naturale non presenta effetti collaterali ed ha limitate controindicazioni.
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Desiderio di dimagrire: dal disagio alla tutela della
Nella pratica medica, l’aderenza a specifici modelli estetici non dovrebbe rappresentare un obiettivo di per sé. In ambiti come la Chirurgia plastica e ricostruttiva ad esempio, l’estetica è considerata uno strumento che influisce sulla “funzionalità” e sul benessere del Paziente, non solo in termini meccanici ma anche psicologici e sociali. La Chirurgia non dovrebbe dunque mirare esclusivamente a modificare l’aspetto quanto più a migliorare la qualità della vita del Paziente, avendo come fine ultimo il mantenimento e il raggiungimento della salute.
L’influenza dei social media
In un’era dominata dai media, ancora di più oggi con l’ascesa dei social media, la nostra percezione del corpo è profondamente influenzata dalle rappresentazioni mediatiche proposte. Le immagini che circolano in questi canali propongono modelli estetici spesso irraggiungibili e irrealistici, creando aspettative che possono distorcere la realtà. Attori, attrici, modelli e modelle, mostrano nei media (tradizionali e social) corpi che sono stati sottoposti a trattamenti di ogni tipo, a successiva post produzione digitale e a stili di vita che loro stessi spesso definiscono come “non sani”. Per quanto possa essere razionalmente facile com-
È importante differenziare tra obiettivi di benessere reale e aspettative sociali, garantendo un approccio olistico centrato sul benessere complessivo
prendere come quei corpi non siano “reali”, sarebbe ingenuo credere che una rappresentazione così pervasiva non abbia un effetto “inconscio” sulla mente e sulla considerazione che abbiamo del corpo, sia nostro che altrui.
Obesità, patologia complessa
Parallelamente a tutto questo, nella nostra società è accaduto qualcos’altro. La struttura della nostra società ha subito notevoli cambiamenti, molti dei quali hanno favorito uno stile di vita più sedentario e un consumo crescente di alimenti ultra-processati, altamente piacevoli sul piano del gusto, ad alta densità calorica e bassa densità nutrizionale. Questi cambiamenti hanno avuto come conseguenza un aumento generalizzato del peso nella popolazione (più specificamente degli accumuli di grasso), in alcuni individui fino allo sviluppo di una vera e propria patologia: l’obesità.
È fondamentale comprendere che l’obesità non è il risultato di semplice pigrizia o ingordigia. La ricerca
È fondamentale comprendere che l’obesità non è il risultato di semplice pigrizia o ingordigia
Prof. Lorenzo M. Donini
Dott. Edoardo Mocini
Sapienza Università di Roma
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Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU)
dimagrire: della salute
medica ha chiaramente identificato l’obesità come una patologia complessa, influenzata da una serie di fattori genetici, ambientali, psicologici e sociali
Tuttavia, nonostante questa consapevolezza scientifica, il pregiudizio verso le persone con obesità, spesso definito “stigma del peso”, persiste. Questo fenomeno è alimentato e a sua volta alimenta gli ideali estetici pervasivi, che promuovono un tipo specifico di corpo come possibile o auspicabile. Se internalizzo credenze stigmatizzanti sulle persone con corpi grassi, sicuramente sarà ancora più pervasivo il desiderio di mantenere o raggiungere la magrezza.
Natura cronica dell’obesità
Quanto detto finora si scontra con un altro fatto: molte persone, tra cui gli stessi Pazienti, non riconoscono la natura cronica dell’obesità. Cosa intendiamo quando parliamo di cronicità? Significa che, al contrario di quanto molti credono, per la maggior parte delle persone con obesità la magrezza è un obiettivo non solo non necessario, ma nemmeno realistico. Si può sicuramente trattare la patologia, riducendo gli accumuli adiposi e le conseguenti complicanze mediche. Tuttavia quando questo si realizza, anche con strumenti potenti come i farmaci o la Chirurgia, dati alla mano nella maggior parte dei Pazienti con obesità non si raggiunge la “magrezza” (con tutta la difficoltà di definire una simile caratteristica che per il Paziente ha connotati più sociali che clinici).
Percorsi terapeutici e aspettative
molti percorsi terapeutici. I Pazienti, profondamente insoddisfatti, mirano dunque principalmente, se non esclusivamente, a conformare il proprio corpo all’ideale di magrezza promosso dalla società, non a migliorare il proprio stato di salute.
Anche la fascia di popolazione “magra” subisce gli effetti di questo cortocircuito e non è immune dal potente e pervasivo desiderio di magrezza. La paura di essere percepiti come grassi, o addirittura anche la semplice paura di potervi diventare, è spesso presente.
In alcuni casi questa preoccupazione non è neanche correlata alla realtà del proprio corpo, ma piuttosto a una percezione distorta o esagerata della propria immagine corporea.
L’abuso di farmaci
Non è sorprendente dunque, visto quanto detto finora, come vi sia un abuso di farmaci destinati al trattamento dell’obesità allo scopo di perdere peso in persone già “magre” o in blando sovrappeso o addirittura sottopeso. La letteratura indica come quasi un terzo delle donne normopeso e sottopeso abbia tentato di dimagrire durante l’anno. Questo fenomeno riflette l’entità della pressione sociale e la potente forza dello stigma grassofobico, che spinge le persone a misure estreme pur di conformarsi a un ideale irrealistico di magrezza.
Promuovere un approccio centrato sul benessere
Mentre affrontiamo una crescente epidemia di malnutrizione per eccesso, che sfocia nell’obesità e in altre patologie metaboliche, è essenziale riconoscere che esiste, in parallelo, un profondo desiderio di magrezza che ha scarso legame con la ricerca di un autentico benessere o con il trattamento di patologie. Un desiderio, alimentato da ideali estetici distorti e da pressioni sociali, che può sabotare i tentativi terapeutici di trattare l’obesità e spingere gli individui verso comportamenti alimentari dannosi quando non patologici.
Come professionisti sanitari, è imperativo differenziare tra obiettivi di benessere reale e aspettative sociali, garantendo un approccio olistico e centrato sul benessere complessivo del Paziente e della collettività. Risulta necessario, come collettività ma soprattutto come comunità medica, spostare l’attenzione dal peso allo stato di nutrizione, allo stato di salute e, in senso più ampio, a quello di benessere e di qualità di vita, temi ampiamente dibattuti in occasione del XLIII Congresso Nazionale della SINU Società Italiana di Nutrizione Umana, tenutosi lo scorso giugno ad Arezzo.
In ambito obesiologico e clinico emerge dunque un paradosso: gli obiettivi che noi clinici come professionisti sanitari proponiamo, in termini di perdita di peso, sono spesso meno ambiziosi rispetto alle aspettative stesse dei Pazienti. Il Paziente può raggiungere un peso corrispondente al suo target terapeutico, risolvere o comunque migliorare considerevolmente il proprio quadro clinico metabolico complessivo (ad esempio un buon controllo glicemico), e tuttavia rimanere insoddisfatto rispetto al suo desiderio di magrezza. Questa discrepanza può condurre al fallimento di ●
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di vista di medici e ricercatori 17
punto
Tumore del pancreas, terapia combinata
Il gruppo di ricerca coordinato da Gioacchino Natoli, condotto al Dipartimento di Oncologia Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha scoperto il meccanismo molecolare per cui due terapie contro il Tumore del pancreas singolarmente poco efficaci, se combinate ottengono invece un buon risultato terapeutico. Le due terapie prese in considerazione, l’Immunoterapia e la somministrazione del trametinib, sostanza appartenente a una nuova classe di farmaci antitumorali, se somministrate insieme, hanno dimostrato nei modelli preclinici di poter acquisire un controllo molto significativo della malattia. Il Tumore del pancreas è caratterizzato da un insieme di mutazioni del DNA molto ben definite, contro tali mutazioni sono stati sperimentati
Diabete, utile monitorare il glucosio
Nasce da un gruppo internazionale di esperti Diabetologi ed Endocrinologi, tra cui Stefano Del Prato, Professore di Endocrinologia all’Università di Pisa, il nuovo documento pubblicato da “Nature Reviews” che sostiene i vantaggi del monitoraggio glicemico nelle varie fasi della evoluzione del Diabete tipo 2, sia all’esordio della malattia che nelle fasi più avanzate con terapia insulinica. I sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori offrono al Paziente una migliore consapevolezza della gestione della patologia, permettendo loro di valutare direttamente gli effetti dell’aderenza alla terapia dietetica e di attività
alcuni farmaci a bersaglio molecolare, progettati proprio per contrastare questi effetti. Tuttavia, i tentativi di bloccare in maniera mirata la trasmissione di stimoli proliferativi indotti dalla mutazione, in particolare con l’inibitore trametinib, non hanno finora prodotto i risultati terapeutici attesi. Attraverso procedure avanzate è stato valutato l’effetto terapeutico della combinazione del trametinib con farmaci che aumentano la risposta immunitaria contro i tumori, i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari, ottenendo effetti terapeutici significativi. I risultati del progetto, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul Cancro, sono stati appena pubblicati sulla rivista “Sciences Advances”. Per approfondire: https://shorturl.at/yFS79
fisica oltre che alla eventuale terapia farmacologica. Il monitoraggio glicemico con sensore inoltre facilita l’interpretazione della risposta clinica al trattamento anche da parte del personale sanitario e del Medico, che con maggiore accuratezza può valutare il profilo glicemico del Paziente, impostare e valutare nel tempo il piano di cura sulla base di rilevazioni in continuo del glucosio. La migliore consapevolezza di gestione clinica determina un effetto positivo sugli esiti clinici, una riduzione degli eventi acuti e delle ospedalizzazioni.
Per approfondire: https://shorturl.at/grNOQ
Editing genetico per Talassemia e Anemia
L’editing del genoma con il sistema CRISPR-Cas9 è una tecnologia innovativa e funziona come un “correttore” del DNA ad altissima precisione. Il metodo si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di “forbice” molecolare che viene programmata per tagliare o modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula, potendo così portare potenzialmente alla correzione di varie malattie. Grazie a questo sistema, i Pazienti con Talassemia e Anemia falciforme coinvolti in due studi internazionali, pubblicati entrambi sulla rivista New England Journal of Medicine, che hanno visto l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù tra i Centri di ricerca protagonisti della sperimentazione, sono guariti: il 91% dei Pazienti talassemici ha raggiunto l’in-
dipendenza dalle trasfusioni periodiche e il 97% dei Pazienti con Anemia falciforme è divenuto invece libero dalle crisi vaso-occlusive, che possono provocare complicanze gravi e fortemente invalidanti. Alla luce di questi dati l’editing genetico con CRISPR-Cas9 per il trattamento di Talassemia e Anemia falciforme si presenta oggi come un’opzione terapeutica che funziona e che può essere offerta teoricamente ad ogni Paziente, perché non è condizionata dalla necessità di avere un donatore compatibile. Entrambe le patologie sono causate dalle mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi delle catene dell’emoglobina, la proteina dei globuli rossi che trasporta ossigeno nell’organismo. Per approfondire: https://shorturl.at/pwxE5
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di medici e ricercatori 18 scienza & salute
Radiazioni
L’esposizione alle radiazioni solari mette la nostra pelle a rischio di danni derivanti dal Fotoinvecchiamento, è pertanto importante adottare le adeguate modalità di Fotoprotezione
solari, quale protezione?
Specialista in Dermatologia
La terra viene costantemente irradiata dalle radiazioni solari che si dividono in raggi infrarossi, invisibili ma responsabili di produzione di calore, luce visibile, che ci consente di vedere forme e colori, e radiazioni ultraviolette (UV), in parte filtrate dall’atmosfera ma comunque capaci di raggiungere la crosta terrestre. La cute umana è quindi continuamente esposta alle radiazioni solari; tra queste, quelle che hanno maggior impatto sono le radiazioni UV (ultraviolette), in particolare UVA e UVB, che svolgono funzioni fisiologiche, come lo stimolo alla melanogenesi e la sintesi di vitamina D, ma sono purtroppo anche responsabili dei danni alla nostra pelle.
Dott. Leonardo Bianchi
Santa Maria della Misericordia Hospital
Perugia
Le radiazioni ultraviolette
Tali radiazioni vengono emesse in grandi quantità, oltre che dal sole, anche da lampade e lettini abbronzanti. I raggi UVA hanno lunghezza d’onda maggiore e minor energia e vengono assorbiti dalle strutture più profonde della cute; i raggi UVB hanno lunghezza d’onda minore e maggior energia e vengono assorbiti dagli strati più superficiali della cute. In virtù di queste caratteristiche, i raggi UVA sono prevalentemente responsabili del fotoinvecchiamento, mentre i raggi UVB provocano Eritema e possono indurre la comparsa di Tumori cutanei.
Il Fotoinvecchiamento è prevalentemente la conseguenza del danneggiamento delle fibre collagene, una delle componenti fondamentali del connettivo umano
Che cos’è il Fotoinvecchiamento
Il Fotoinvecchiamento è prevalentemente la conseguenza del danneggiamento delle fibre collagene, una delle componenti fondamentali del connettivo umano, localizzate nel derma medio e profondo e sintetizzate dai fibroblasti, e dello stress ossidativo, responsabile dei danni alle cellule di epidermide e derma, in particolare a carico del DNA.
Il Fotoinvecchiamento può manifestarsi con diversi aspetti clinici. Tra questi i più noti sono la comparsa di macchie di colorito brunastro, rughe e capillari, assottigliamento e perdita di tonicità ed elasticità della cute, secchezza, fino ad aspetti più francamente patologici come l’Eritrosi interfollicolare del collo o la “Cutis romboidalis nucae”. I Tumori cutanei sono invece legati ad alterazioni del DNA delle cellule che costituiscono la pelle e si dividono in Melanoma e Tumori cutanei “non Melanoma”.
Il Melanoma
Questo tipo di Tumore cutaneo deriva dai melanociti, è il tumore più aggressivo e con peggior prognosi ed è legato prevalentemente alle esposizioni solari intense e intermittenti, come ad esempio quelle conseguenti all’utilizzo di lampade e lettini abbronzanti o esposizioni saltuarie nel periodo estivo. La sua incidenza, purtroppo, nei paesi occidentali è in progressivo aumento, anche tra i giovani, a causa dei cambiamenti nelle abitudini di vita.
Tumori cutanei “non Melanoma”
I Tumori cutanei “non Melanoma” derivano dai cheratinociti, i principali costituenti dell’epidermide; si dividono a loro volta in Carcinoma basocellulare, meno aggressivo e con prognosi migliore, e Carcinoma squamocellulare, dotato invece di maggiore aggressività e capacità di metastatizzare. Questi sono conseguenza dell’esposizione prolungata e ripetuta alle radiazioni UV e sono tipici dei lavoratori che svolgono attività all’aperto, ma anche di persone che si espongono al sole frequentemente e per lunghi periodi di tempo per abitudini di vita extraprofessionali.
Rischi dell’esposizione solare
I rischi di sviluppare danni in conseguenza dell’esposizione a radiazioni UV dipendono non solo dalla quantità delle radiazioni, ma anche da fattori legati alla persona. Tra questi la familiarità, soprattutto per il Melanoma, il fumo di sigaretta, la compromissione del sistema immunitario (in conseguenza di Patologie ematologiche, oncologiche, Infezione da HIV oppure di trattamenti immunosoppressivi per Malattie infiammatorie ed autoimmunitarie croniche o Trapianti di organo), la presenza di nevi e il fototipo. Quest’ultimo è sicuramente un fattore determinante.
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Viene classificato in 6 tipi in base alla classificazione Fitzpatrick, a seconda delle caratteristiche dell’individuo, in particolare colore di occhi e capelli, e della reazione all’esposizione ai raggi UV.
Fototipo 1: è caratterizzato da carnagione lattea con efelidi, occhi azzurri, capelli rossi, tendenza a scottarsi con facilità e a non abbronzarsi.
Fototipo 2: si manifesta con pelle chiara, occhi azzurri o verdi, capelli biondi; le persone con questo fototipo si bruciano con molta facilità e sviluppano un’abbronzatura lieve, dorata.
Fototipo 3: appare con pelle chiara con occhi e capelli castani; dopo l’esposizione al sole sviluppa un’abbronzatura omogenea e tende a scottarsi solo se si espone per lungo tempo.
Fototipo 4: si manifesta con pelle olivastra, occhi e capelli bruni; le persone con fototipo 4 sviluppano un’abbronzatura intensa e raramente vanno incontro a Eritemi.
Fototipo 5: è caratterizzato da pelle olivastra, occhi scuri e capelli neri; l’abbronzatura è facile da sviluppare, di colore bruno scuro, e il rischio di scottatura è basso, se non dopo esposizioni intense.
Fototipo 6: appare con pelle molto scura, capelli ed occhi neri e raramente è esposto a rischio scottatura.
I rischi di sviluppare danni in conseguenza dell’esposizione a radiazioni UV dipendono non solo dalla quantità delle radiazioni, ma anche da fattori legati alla persona
Il fototipo condiziona ovviamente la necessità di fotoprotezione: i soggetti con fototipo chiaro necessitano costantemente di una fotoprotezione molto alta e costante, mentre quelli con fototipi più scuri possono permettersi di modulare la fotoprotezione.
Altri fattori
L’intensità degli UVA che raggiungono la superficie terrestre rimane praticamente costante durante l’anno. L’intensità degli UVB è invece influenzata da diversi parametri, quali l’ora della giornata, la stagione, la latitudine, l’altitudine, le condizioni meteorologiche, l’ozono, l’inquinamento e la riflessione al suolo (albedo). Per tale motivo è indispensabile proteggerci dai raggi UVA indipendentemente dalla stagione, mentre la protezione dagli UVB può essere modulata in relazione all’intensità degli stessi.
L’UVI (UV-Index), o indice universale della radiazione UV solare, descrive il livello di radiazione UV solare sulla superficie terrestre, pesando in maniera diversa le varie componenti della radiazione UV a seconda della loro importanza nell’insorgenza dell’Eritema. Il valore dell’indice parte da zero fino ad un massimo di 10 e il suo aumento indica un maggior
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rischio di danno per la pelle e per gli occhi e un minor tempo necessario perché questo danno si verifichi. Ad ognuna delle categorie dell’UVI l’Organizzazione Mondiale della Sanità associa alcune precauzioni da attuare per ridurre al minimo gli effetti dannosi. Sebbene l’UVI sia legato all’insorgenza dell’Eritema, va sottolineato come le protezioni siano necessarie anche quando si è abbronzati: i danni (soprattutto quelli a lungo termine) sono infatti legati alla dose cumulativa di radiazione UV che assorbiamo durante la nostra esistenza, senza considerare il fatto che gli occhi non sono in alcun modo protetti dall’abbronzatura. Per valori di UVI tra 1 e 2 si può stare all’aperto senza rischi; per valori tra 3 e 7 è necessario utilizzare filtri solari ed indossare abbigliamento adeguato ed evitare l’esposizione nelle ore centrali; per valori uguali o superiori all’8 è indispensabile evitare l’esposizione diretta a radiazioni UV.
Fotoprotezione e “Sun Protection Factor”
Nella scelta del fotoprotettore da utilizzare, un elemento determinante è il fattore di protezione solare, detto SPF (Sun Protection Factor). Questo viene calcolato in base al rapporto di tempo di esposizione necessario ad indurre la comparsa di Eritema su cute protetta rispetto a cute non protetta e indica di conseguenza solo la protezione nei confronti dei raggi UVB.
I prodotti che possiedono un valore di SPF inferiore a 6 non possono essere definiti come “protezioni solari”
In base al valore di SPF distinguiamo protezione solare bassa (SPF 6-10), media (SPF 15-25), alta (SPF 30-50) o molto alta (SPF > 50). Il valore di SPF minimo consentito è pari a 2; tuttavia, i prodotti che possiedono un valore di SPF inferiore a 6 non possono essere definiti come “protezioni solari”, ma sulla confezione devono riportare la dicitura “abbronzanti”. Non esiste la protezione totale: per legge è vietato etichettare solari come “protezione totale” o “schermo totale”. È necessario chiarire che non vi è una proporzionalità diretta fra l’aumento del valore di SPF e l’aumento della protezione garantita dal prodotto solare. Il valore di SPF rispecchia in maniera lineare quanto il prodotto riduce il rischio di Eritema, mentre non è direttamente collegato alla quantità di radiazioni UV assorbite: un prodotto con un SPF 15 assorbe il 93% dei raggi UVB, un prodotto con un SPF 30 ne assorbe il 97%, un prodotto con SPF 50 circa il 98%. La protezione dai raggi UVA garantita deve essere uguale o superiore a un terzo della protezione fornita contro i raggi UVB. Pertanto, all’aumentare dell’SPF, dovrà aumentare anche il livello di protezione contro le radiazioni UVA. Questo deve essere riportato sulla confezione con un simbolo standardizzato.
Quale fotoprotettore?
Nella scelta del fotoprotettore è indispensabile tenere conto di molti fattori, sia personali, come il fototipo, la presenza di patologie cutanee potenzialmente fotoaggravate, una storia di Neoplasie cutanee e, non ultima, l’età della persona, sia fattori ambientali, come tempo e luogo in cui avviene la fotoesposizione.
È comunque raccomandabile utilizzare schermi solari con protezione alta o molto alta, specie in bambini, soggetti con fototipo basso o con presenza di danni da fotoesposizione o precedenti Tumori cutanei. Il fotoprotettore deve essere applicato ogni 2-3 ore, facendo attenzione a riapplicarlo dopo i bagni, considerando che i prodotti con indicato “water resistant”, mantengono l’SPF dopo due bagni di venti minuti ciascuno, mentre quelli con la scritta “water proof” resistono a quattro bagni.
Il prodotto deve essere applicato in maniera uniforme su tutta la superficie cutanea, facendo attenzione soprattutto alle sedi maggiormente fotoesposte. In caso di elevate esposizioni è indispensabile aiutarsi con cappelli, occhiali e indumenti tecnici dotati di SPF. Infine, nonostante l’impiego di fotoprotettori, è fondamentale evitare l’esposizione nelle ore centrali della giornata, tra le 12 e le 16.
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La meditazione diventa tecnologia
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Ghiandole salivari,
LLe ghiandole salivari svolgono un’importante funzione per il benessere generale ed è importante prestare attenzione
ai segnali che possono indicare infiammazioni o neoplasie
Prof. Giampietro Ricci
Direttore della Clinica di Otorinolaringoiatria
Ospedale S. Maria della Misericordia – Perugia
Direttore della scuola di specializzazione in Otorinolaringoiatria
Università degli studi di Perugia
e ghiandole salivari sono gli organi deputati alla secrezione della saliva, la loro funzione è molto importante per il benessere dell’individuo e le patologie che le interessano, pur non essendo molto frequenti, incidono in maniera rilevante sulla qualità di vita di chi ne è affetto e, talvolta, presentano anche prognosi molto complesse. Anche se le malattie del tessuto salivare non sono frequentissime, possono essere particolarmente multiformi e dunque insidiose, necessitano quindi di un percorso diagnostico scrupoloso, preliminare necessario ad una strategia terapeutica che deve essere adeguata e personalizzata nel singolo Paziente in rapporto soprattutto alla localizzazione, alla estensione e al tipo istologico della lesione.
Un po’ di anatomia...
Da un punto di vista anatomico, classicamente, è possibile distinguere le ghiandole salivari in maggiori (parotide, sottomascellare e sottolinguale) e minori, piccoli aggregati di tessuto salivare secernente, distribuiti a livello di faringe, lingua, labbra e mucosa interna della bocca.
La funzione della saliva
La saliva prodotta dalle ghiandole salivari è un liquido costituito per il 99% da acqua all’interno del quale sono
La più comune infezione delle ghiandole salivari è la Parotite epidemica, più conosciuta con il nome popolare di “orecchioni”
sciolte sostanze organiche, in particolare enzimi come amilasi e lisozima, ed inorganiche, cloruri e bicarbonati di potassio, cloro e calcio. Svolge funzioni importantissime all’interno del cavo orale tra cui trasformare il cibo in bolo, ossia l’impasto uniforme che evita il danneggiamento delle mucose faringo-esofagee da parte di frammenti appuntiti o di eccessive dimensioni, e dare inizio alla digestione del cibo grazie ad alcuni enzimi, quali la lipasi e l’amilasi salivare, che contribuiscono ad una prima demolizione dell’amido. La saliva ha inoltre funzione igienica per la cavità orale, soprattutto per la presenza di acqua e sali minerali, che passano tra i denti asportando eventuali residui di cibo. Inoltre ha una funzione lubrificante per la cavità orale che facilita la deglutizione e la fonazione e, infine, svolge una funzione antibatterica grazie all’azione di immunoglobuline e del lisozima, agente in grado di danneggiare la parete cellulare dei batteri determinandone la morte. Nell’uomo le ghiandole salivari producono da 1 a 2 litri di saliva al
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attenzione ai disturbi
giorno ma il flusso può essere molto variabile: da quantità appena percettibili, come si verifica durante il sonno, fino a 4 ml/minuto in condizioni di massima stimolazione come avviene durante i pasti. La secrezione salivare è sotto il controllo del sistema orto- e parasimpatico, che ne regolano il flusso.
Parotite e...
Le patologie del tessuto salivare possono essere di tipo infiammatorio, degenerativo e neoplastico. La più comune infezione delle ghiandole salivari è la Parotite epidemica, più conosciuta con il nome popolare di “orecchioni”, ed è una malattia infettiva acuta di origine virale che colpisce entrambe le ghiandole salivari. Si tratta di una malattia tipicamente infantile che, prima delle campagne vaccinali, colpiva con maggior frequenza i bambini fra i 5 e i 9 anni, caratterizzata da una tumefazione dolente di entrambe le parotidi, con un decorso in genere benigno della durata di un paio di settimane. Raramente può manifestarsi anche durante la pubertà o nella età adulta e, in questi casi, può dare più facilmente complicanze gravi come le Orchiti, che sia pur raramente, possono condurre a sterilità, Meningiti, Encefaliti o Pancreatiti. Attualmente è disponibile un vaccino capace di indurre l’immunizzazione tramite infezione subclinica e non contagiosa, che viene somministrato in combinazione con i vaccini per Morbillo e Rosolia dopo il primo anno di vita. Altre infezioni acute o croniche delle ghiandole salivari sono rare e si mani-
festano principalmente in soggetti immunodepressi o gravemente deperiti.
... Sindrome di Sjogren
Una particolare malattia infiammatoria, non infettiva, è costituita dalla Sindrome di Sjogren, fastidiosa affezione causata da un’anomalia del sistema immunitario che comporta una infiammazione cronica, con progressiva distruzione di tutte le ghiandole a secrezione esocrina del nostro organismo, in particolare di quelle salivari e oculari. Pertanto, i sintomi caratteristici di questa malattia autoimmune sono costituiti da secchezza della gola, della faringe, degli occhi, con conseguente Disfagia (alterazione del transito del cibo) e Cheratocongiuntivite secca. È molto più comune nel sesso femminile.
Calcolosi salivare
Una singolare patologia delle ghiandole salivari e della sottomascellare è la Calcolosi salivare, caratterizzata dalla formazione di veri e propri calcoli costituiti da sali di calcio che si depositano all’interno dei dotti escretori, di solito favoriti dalla stasi salivare che si verifica in particolare in Pazienti debilitati o disidratati. La manifestazione tipica e più eclatante della Calcolosi salivare è la colica salivare, caratterizzata da gonfiore e dolore della ghiandola interessata e si verifica prevalentemente in occasione dei pasti, quando la secrezione di saliva aumenta ma non trova sbocco per la ostruzione dei dotti escretori. A causa del ristagno salivare sono frequenti anche le complicazioni infiammatorie (Scialoadeniti). La diagnosi viene effettuata clinicamente o attraverso Tomografia computerizzata, Ecografia o Scialografia, mentre la terapia prevede la somministrazione di antinfiammatori o antibiotici in caso di infezione e la rimozione chirurgica dei calcoli attraverso la dilatazione o la apertura dei dotti principali o attraverso l’asportazione completa della ghiandola (che di solito è la sottomascellare) quando questi siano localizzati all’interno del suo parenchima.
La manifestazione tipica e più eclatante della Calcolosi salivare è la colica salivare, caratterizzata da gonfiore e dolore della ghiandola interessata
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In caso di Tumore
Certamente la patologia più temibile del tessuto salivare è costituita da quella neoplastica. Il Tumore delle ghiandole salivari è piuttosto raro e rappresenta meno dell’1% di tutti i tumori umani e il 2% circa dei Tumori della testa e del collo. Secondo le stime più recenti, ogni anno in Italia se ne diagnostica un nuovo caso ogni 100.000 maschi e 0,7 casi ogni 100.000 femmine. Può interessare qualunque età, ma in genere si sviluppa dopo i 60 anni anche se non è infrequente la sua diagnosi prima dei 40 anni.
La ghiandola parotide è senz’altro la sede preferita dalle neoplasie (75-85%), seguita dalla sottomascellare (10-15%) e dalla sottolinguale e dalle ghiandole minori (1%). L’80% delle neoplasie parotidee, il 65% di quelle sottomascellari e il 50% di quelle sottolinguali sono benigne. Dal punto di vista morfologico le neoplasie salivari hanno una grande variabilità che si traduce anche in comportamenti biologici assai variabili: nessun altro organo umano produce una così ampia varietà di istotipi (tipologie di cellule) tumorali. Tra i tumori benigni i più caratteristici ci sono sicuramente l’Adenoma pleomorfo e il Cistoadenolinfoma mentre, tra i tumori maligni, i più diffusi sono il Carcinoma mucoepidermoide, che interessa più spesso la parotide, il Carcinoma adenoido-cistico, tipico delle ghiandole salivari minori, vari tipi di Adenocarcinoma con caratteristiche specifiche (polimorfo di basso grado, a cellule basali, mucinoso, ecc.). Inoltre nelle ghiandole salivari si possono generare altri tumori come, per esempio, Carcinomi a cellule squamose, Carcinomi indifferenziati, Carcinoma anaplastico a piccole cellule, Sarcomi e Linfomi (molto rari).
Riconoscere i sintomi
I sintomi del Tumore delle ghiandole salivari variano a seconda del tipo e della localizzazione. Nei casi di tumori benigni, l’unico sintomo è rappresentato da una massa indolore, a lenta crescita ed a margini regolari. Se compaiono altri sintomi quali dolore nevralgico, parestesie o asimmetrie del volto, difficoltà a deglutire, si deve pensare alla presenza di una neoplasia maligna infiltrante.
Terapia chirurgica
Dal punto di vista terapeutico, la Chirurgia rimane il trattamento di scelta per i Tumori delle ghiandole salivari, in particolare di quelli benigni. Nei tumori maligni, il trattamento chirurgico può essere combinato con la Radioterapia, soprattutto nei casi di
incompleta radicalità chirurgica e, in alcuni casi, con la Chemioterapia.
Il trattamento chirurgico delle Neoplasie parotidee risulta fortemente condizionato dalla presenza del nervo facciale che, come è noto, dopo essere fuoriuscito dall’osso temporale attraverso il foro stilomastoideo, penetra nella ghiandola parotide e, all’interno di essa, si divide nelle varie branche che innervano la intera muscolatura dell’emivolto omolaterale. Se il nervo non è infiltrato dalla neoplasia va ovviamente individuato ed accuratamente conservato. Pertanto, gli obiettivi della Chirurgia delle ghiandole salivari e della parotide in particolare sono quelli di una rimozione completa della massa, minimizzando per quanto possibile il rischio di recidive e rispettando la funzionalità del nervo facciale.
La prognosi dipende ovviamente dal tipo istologico del tumore, che può essere più o meno aggressivo, dalla sua estensione e dalle condizioni generali del Paziente. Un follow-up a lungo termine è indispensabile per rilevare tempestivamente le recidive e valutare l’efficacia del trattamento.
Quando rivolgersi allo Specialista
La presenza di una tumefazione o di una massa all’interno di una ghiandola salivare che persista da più di tre settimane deve indurre il Paziente a effettuare una visita specialistica otorinolaringoiatrica. Se la visita ambulatoriale può far sospettare un problema oncologico bisogna ricorrere ad esami strumentali. L’esame radiologico di primo livello per l’inquadramento diagnostico di una patologia delle ghiandole salivari è l’Ecografia che permette di raccogliere informazioni preziose sulla presenza e sulla struttura di eventuali neoformazioni in maniera non invasiva; gli esami di secondo livello sono la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Magnetica. Infine, qualora si riscontri un tumore, per determinarne il tipo e formulare la strategia terapeutica più adeguata, si procede con la Agobiopsia, cioè il prelievo di un frammento del tumore e la sua analisi al microscopio.
Altri disturbi, quali tumefazioni dolenti che interessano una ghiandola salivare, linfonodi satelliti dolenti a livello cervicale, sensazione di secchezza delle fauci, possono far sospettare altre patologie di tipo infiammatorio o degenerativo come Scialoadeniti acute e croniche, Calcolosi salivari, Malattie degenerative o immunitarie del tessuto salivare (Scialoadenosi o Sindrome di Sjogren) la cui diagnosi si basa sempre sulla visita clinica in primo luogo, e poi sull’utilizzo di esami di laboratorio, Ecografie, TAC e Risonanza Magnetica in particolare.
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PRESBIOPIA, come correggerla?
Le lenti progressive
Aliena, dai laboratori Divel, garantiscono confort visivo e versatilità d’uso
Dopo i quaranta anni 28 milioni di persone, sia uomini che donne, vengono colpite da un invalidante disturbo visivo: la Presbiopia.
Tale condizione è caratterizzata dalla progressiva riduzione della visione da vicino: gli oggetti ravvicinati cominciano ad apparire sfocati. Ciò è dovuto al cristallino, la cui parte centrale, con il passare degli anni, perde acqua, si indurisce e aumenta l’indice di rifrazione. Ciò produce un’incapacità del cristallino di adattarsi con un allontanamento del punto prossimo, il punto di messa a fuoco più vicino.
Quali sono i sintomi?
La Presbiopia si manifesta con un sintomo tipico: l’incapacità di leggere da vicino. La persona non riesce a mettere a fuoco correttamente la scrittura e, per tale motivo, tende ad allontanare il giornale o il libro che sta cercando di leggere.
La visita oculistica
Per valutare lo stato dell’apparato oculare, della funzione visiva e giungere da un lato alla diagnosi di Presbiopia e dall’altro alla soluzione del problema, è fondamentale sottoporsi ad una attenta visita oculistica.
Solo dopo aver accertato le condizioni oculari, la presenza di altri eventuali vizi di refrazione, e considerata l’età del soggetto e le sue necessità visive, lo Specialista Oculista potrà indicare le migliori soluzioni.
Una condizione di non adeguata correzione della Presbiopia può causare l’insorgenza di sintomi da affaticamento, con Cefalea e sensazione di occhi “pesanti”, il tutto legato allo sforzo per raggiungere una visione nitida.
Come intervenire
Le persone affette da Presbiopia che non soffrono di altri disturbi visivi, come la Miopia o l’Ipermetropia, possono tran-
quillamente ricorrere alle lenti monofocali per distinguere nitidamente gli oggetti vicini. Chi invece soffre di Presbiopia ed è inoltre Miope o Ipermetrope, e quindi utilizza già gli occhiali, può essere indirizzato verso l’uso di lenti progressive. Queste sono dotate di aree con diversa capacità correttiva, che consentono la visione di immagini nitide a qualsiasi distanza.
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Oppure la soluzione ottimale potrebbe essere una lente di fascia standard, come la Gemini, concepita per chi passa molte ore al volante, e non per questo meno funzionale di una lente di fascia superiore.
A cura di Docmed s.r.l.
Epilessia nei bambini,
Le crisi epilettiche esordiscono solitamente in età pediatrica e sono caratterizzate da manifestazioni che possono variare in base all’età e alla sede cerebrale colpita
L’Epilessia è una condizione neurologica che può colpire persone di tutte le età, compresi i bambini. Si stima che circa 1 persona su 100 soffra di Epilessia. In Italia si calcola ci siano 500.000 persone affette da Epilessia e ogni anno si diagnosticano circa 36.000 nuovi casi di cui 20-25.000 con crisi isolate e 10-15.000 con crisi sintomatiche acute. Di questi, sono 90.000 i bambini che ne soffrono. Il 60% delle Epilessie esordisce in età pediatrica. Ma cosa significa esattamente l’Epilessia per un bambino e la sua famiglia? In questo articolo esploreremo l’Epilessia nei bambini per comprendere meglio questa condizione e come affrontarla.
Diverse manifestazioni
Si tratta di una condizione in cui il cervello produce scariche elettriche anomale che causano crisi epilettiche che possono variare da brevi momenti di assenza a crisi più intense, con movimenti convulsivi.
Dott.ssa Teresa Mazzone
Specialista in Pediatria
Specialista in Psicoterapia dell’età evolutiva
CIPe (Confederazione Italiana Pediatri)
Nell’Epilessia il cervello produce scariche elettriche anomale che causano crisi epilettiche che possono variare da brevi momenti di assenza a crisi più intense
Esistono diverse forme di Epilessia che si differenziano in base all’età dell’individuo colpito e alla sede del cervello interessata. Il bambino piccolo ha un cervello non ancora completamente sviluppato e quindi manifesterà crisi diverse rispetto ad un adulto. Per quello che riguarda l’area del cervello da cui origina la crisi, se è interessata la zona che determina i movimenti di un braccio, avremo crisi che si manifesteranno con movimenti anomali di un braccio; se ad essere interessata è l’area del cervello che controlla la funzione visiva, avremo crisi caratterizzate da allu-
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come affrontarla?
cinazioni visive e deviazioni degli occhi dalla parte opposta all’area del cervello interessata. In base alla tipologia della crisi, distinguiamo crisi parziali o focali dalle crisi generalizzata.
Differenza tra crisi convulsiva febbrile e crisi epilettica
Le crisi convulsive febbrili e le crisi epilettiche sono due tipi di episodi convulsivi ma differiscono in diversi aspetti importanti, tra cui causa, età di insorgenza, durata e associazione con altre condizioni. Partiamo col dire che le crisi convulsive febbrili sono causate da un rapido aumento della temperatura corporea dovuto a una febbre e sono più comuni nei bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni, solitamente durano meno di 5 minuti e raramente si prolungano oltre i 15 minuti. La febbre è la causa sottostante e la crisi è spesso considerata una risposta del corpo all’alta temperatura. Le crisi epilettiche invece sono causate da una scarica elettrica anormale e sincronizzata nelle cellule cerebrali. Questa scarica può essere causata da diverse condizioni, tra cui lesioni cerebrali, malattie neurologiche o squilibri chimici nel cervello. La durata può variare notevolmente ma le crisi epilettiche possono essere più brevi o prolungate a seconda del tipo specifico di Epilessia. Per quanto riguarda l’età del bambino, solitamente le crisi convulsive febbrili sono più comuni nei bambini di età inferiore ai 5 anni, le crisi epilettiche possono verificarsi a qualsiasi età, compresa l’infanzia, ma non sono limitate solo ai bambini. Rispetto alla frequenza della manifestazione le crisi convulsive febbrili, di solito, si verificano solo una volta durante un episodio di febbre elevata e non sono ricorrenti, mentre le crisi epilettiche possono essere ricorrenti, con una variazione nella frequenza tra i Pazienti. L’Epilessia è infatti una condizione cronica che può richiedere trattamento a lungo termine per prevenire le crisi. Infine se le prime sono spesso legate a episodi di febbre contagiosa, come infezioni del tratto respiratorio o dell’orecchio medio, le seconde possono essere causate da una varietà di condizioni; in alcuni casi le forme di Epilessia sono idiopatiche, il che significa che la causa non è nota. È importante notare che, mentre le crisi convulsive febbrili sono spesso benigne e non richiedono necessariamente trattamento a lungo termine, le crisi epiletti-
che possono essere sintomo di una condizione medica sottostante più grave e possono richiedere una gestione medica specifica. In caso di sospetta crisi epilettica o febbrile, è importante consultare un Medico per una valutazione accurata e una diagnosi appropriata.
Le cause dell’Epilessia
Nei bambini le cause dell’Epilessia possono variare in base a fattori genetici, traumi o infezioni, disturbi neurologici o fattori ambientali. Vediamole nel dettaglio:
• predisposizione genetica: l’Epilessia può essere ereditata da membri della famiglia;
• lesioni cerebrali: traumi cranici, infezioni cerebrali o anomalie cerebrali congenite possono aumentare il rischio di sviluppare l’Epilessia;
• disturbi dello sviluppo cerebrale: alcuni disturbi neurologici possono aumentare la probabilità di Epilessia in età evolutiva;
• fattori ambientali: l’esposizione a tossine o infezioni durante la gravidanza possono contribuire allo sviluppo dell’Epilessia nei bambini.
In alcuni casi le cause rimangono tuttavia sconosciute.
Le cause dell’Epilessia nei bambini possono variare in base a fattori genetici, traumi o infezioni, disturbi neurologici o fattori ambientali
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Riconoscere i sintomi
I sintomi possono variare notevolmente da un individuo all’altro: alcuni bambini possono avere solo occasionali crisi epilettiche mentre altri possono sperimentare crisi più frequenti. Alcuni sintomi comuni includono:
• convulsioni: questi episodi possono variare da brevi momenti di assenza a crisi convulsive più gravi;
• movimenti involontari: alcuni bambini possono avere movimenti incontrollati durante le crisi;
• sbalzi dell’umore: l’Epilessia può influenzare l’umore e il comportamento dei giovani Pazienti;
• problemi cognitivi: alcuni bambini possono sperimentare difficoltà di apprendimento o problemi di memoria.
Quando un bambino ha un episodio epilettico può sembrare confuso, spaventato o persino cadere a terra. Durante l’episodio il bambino potrebbe avere movimenti incontrollati, contrazioni muscolari o perdere conoscenza. È essenziale mantenere la calma e proteggere il bambino dalle lesioni posizionandolo in modo sicuro, evitando di mettere oggetti in bocca e allontanando gli oggetti pericolosi.
Per i giovani affetti da Epilessia può essere utile consultare uno Psicologo o uno Psichiatra per affrontare l’impatto emotivo della malattia
Diagnosi e Trattamento
Se un bambino ha un episodio epilettico è molto importante consultare il Medico che esaminerà il bambino, valutando eventualmente di effettuare esami come l’Elettroencefalogramma (EEG) per confermare la diagnosi. Una volta diagnosticata l’Epilessia, il trattamento dipenderà dalla gravità e dalla frequenza delle crisi. La terapia farmacologica è spesso prescritta per aiutare a controllare le crisi e può richiedere un periodo di aggiustamento per trovare il farmaco più efficace e sicuro.
Come affrontare l’Epilessia
La gestione dell’Epilessia in età evolutiva richiede una squadra di professionisti sanitari, compresi Neurologi, Pediatri e, spesso, Psicologi.
Alcune strategie per affrontare questa condizione prevedono l’impiego di farmaci, la terapia farmacologica è spesso il trattamento di prima scelta per controllare le crisi epilettiche. La scelta del farmaco e il dosaggio devono essere attentamente valutati dal Medico. Anche mantenere uno stile di vita sano, con una buona alimentazione e sonno regolare, può contribuire a ridurre il rischio di crisi epilettiche.
Da non dimenticare il supporto psicologico, per i giovani affetti da Epilessia infatti può essere utile consultare uno Psicologo o uno Psichiatra per affrontare l’impatto emotivo della malattia. Infine educare il giovane Paziente, la sua famiglia e gli insegnanti sull’Epilessia può contribuire a creare un ambiente di supporto.
Vivere con l’Epilessia
Per i bambini con Epilessia la condizione può rappresentare una sfida ma, con il giusto trattamento e il supporto della famiglia e degli insegnanti, molti possono condurre una vita normale. È importante educare gli insegnanti e gli amici del bambino sull’Epilessia in modo che possano reagire in modo adeguato durante un’eventuale crisi.
In conclusione
L’Epilessia nei bambini è una condizione che richiede comprensione, pazienza e un adeguato supporto medico. Con il trattamento appropriato, la maggior parte dei bambini con Epilessia può vivere una vita felice e soddisfacente.
La consapevolezza e l’educazione svolgono un ruolo fondamentale nel creare un ambiente di supporto per questi piccoli guerrieri che affrontano con coraggio la loro condizione.
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Diagnosi prenatale, gli esami
La gravidanza è un’esperienza intensa e complessa per la coppia, associata ad aspettative ma anche a timori sulla salute del nascituro
prenatale, esami diagnostici
Dott.ssa Barbara Ravaioli
UO Ginecologia e Ostetricia
Forlì e Faenza
Prof. Luca Savelli
Professore Associato di Ginecologia e Ostetricia - Università di Bologna
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche - DIMEC
Direttore UOC Ginecologia e Ostetricia - Forlì e Faenza
Quando il desiderio di avere un bambino finalmente si esaudisce, insieme alla gioia a volte sorgono le prime preoccupazioni, soprattutto riguardo alla salute del bambino che nascerà. Avvicinarsi alle indagini prenatali è spesso una scelta che porta con sé alcuni dubbi anche perché non sempre è facile orientarsi nel panorama degli esami diagnostici. Parlando di Diagnosi prenatale, comprendiamo l’in -
sieme di tutti quegli accertamenti strumentali e laboratoristici che vengono eseguiti per monitorare lo stato di benessere del feto in corso di gravidanza; essi hanno anche l’obiettivo di individuare precocemente condizioni patologiche congenite (come malformazioni fetali o patologie cromosomiche) al fine di instaurare, ove possibile, un trattamento farmacologico e/o chirurgico già in epoca fetale e ottimizzare la condotta medica successiva alla nascita.
Quali patologie si possono identificare?
Le patologie che possono essere identificate sono:
• Malformazioni fetali;
• Anomalie cromosomiche;
• alcune patologie genetiche su base genica come Talassemia, Fibrosi cistica, Distrofia muscolare, Emofilia, Sordità congenita;
• agenti infettivi come Citomegalovirus, Herpes simplex, Varicella zoster, virus Rosolia, HIV, Toxoplasma, Parvovirus.
Le patologie malformative congenite sono presenti nel 3% dei nati e sono responsabili del 25% della natimortalità e del 45% della mortalità perinatale; mentre l’incidenza delle patologie cromosomiche è circa dell’1%, tale rischio tende ad aumentare in maniera esponenziale dai 35 anni di età nella donna.
Quali esami diagnostici?
L’offerta diagnostica è vasta e si è arricchita nel tempo di nuove tecnologie, consentendo indicazioni personalizzate, modulabili in base alla storia clinica, l’età o le necessità di ogni donna:
• Ecografia ostetrica: è una tecnica non invasiva che utilizza gli ultrasuoni la cui finalità è lo studio dell’anatomia fetale; è il principale strumento per la diagnosi di patologie congenite malformative ma è anche una tecnica che, più delle altre, è operatore-dipendente; ossia risente dell’esperienza dell’operatore e dalla qualità della strumentazione utilizzata;
• Ecografia morfologica: può essere eseguita intorno alla 20 a settimana e consente di individuare circa la metà dei feti con malformazioni, per questo motivo viene indicata dalle principali Società scientifiche come Test di screening da proporre a tutte le donne in gravidanza;
• Ecografia morfologica precoce: si esegue tra la 14 a e la 17 a settimana in caso di fattori di rischio
già noti e identificati; ha la finalità di valutare più precocemente la forma e la struttura del feto e dei suoi organi;
• Ecografia morfologica di 2° livello: si esegue tra la 20 a e la 22a settimana;
• Ecocardiografia: è un esame diretto ad una valutazione approfondita dell’anatomia e della funzionalità cardiaca fetale;
• Flussimetria doppler: molto utile per la valutazione del benessere fetale, costituisce la guida fondamentale per individuare il momento migliore per la nascita nei casi a rischio;
• Test di screening (Test combinato e NIPT): sono test non invasivi, non diagnostici che hanno lo scopo di calcolare una stima del rischio di Patologie cromosomiche in modo particolare della Trisomia 21 (Sindrome di Down), della Trisomia 13 (Sindrome di Patau) e della Trisomia 18 (Sindrome di Edwards); il Test combinato è un test che “combina” più dati per calcolare tramite un
L’offerta diagnostica è vasta e si è arricchita nel tempo di nuove tecnologie, consentendo indicazioni personalizzate, modulabili in base alla storia clinica
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algoritmo il rischio di Patologia cromosomica e va effettuato tra la 11 a e la 13 a settimana; il test combinato individua 9 casi su 10 dei casi di Trisomia 21 (90%) e ha un margine di incertezza del 5%. l’esecuzione di tale test prevede un prelievo ematico dove vengono dosati due sostanze di derivazione placentare (PAPP-A e free BHCG) e un Ecografia eseguita da un operatore accreditato in cui viene misurata la translucenza nucale (NT).
NIPT
(Non invasive Prenatal Test)
Detto anche Test del DNA fetale su sangue materno, questo esame è di recente introduzione e si basa sul dosaggio di frazioni di DNA fetale di origine placentare, circolanti nel sangue materno. Quindi è un test di semplice esecuzione, perché è sufficiente sottoporsi ad un prelievo ematico; oltre al calcolo del rischio per la Trisomia 21 (riconosce il 99% dei casi di Trisomia 21), il NIPT consente anche di calcolare il rischio per Trisomia 18 e 13 e di anomalie di numero dei cromosomi sessuali; si può effettuare a partire dalla 10a settimana fino alla 24a settimana.
L’Amniocentesi è una tecnica ambulatoriale rapida e praticamente indolore che si esegue tra la 15a e la 18a settimana
Il vantaggio dei Test di screening è di essere innocui per madre e feto, mentre lo svantaggio è quello di poter risultare falsamente alterati (falsi positivi) o falsamente rassicuranti (falsi negativi).
Amniocentesi
Questo esame di tipo invasivo consiste in un prelievo di liquido amniotico (circa 20 ml) dalla cavità uterina tramite un ago che viene inserito nella cavità amniotica sotto giuda ecografica. Nel liquido amniotico sono presenti cellule fetali (amniociti) che, una volta fatte crescere in coltura, consentono di studiare l’assetto cromosomico fetale (cariotipo) al fine di evidenziare la presenza di eventuali malattie cromosomiche o genetiche.
Si tratta di una tecnica ambulatoriale rapida e praticamente indolore che si esegue tra la 15 a e la 18 a settimana. Il rischio di aborto correlato all’invasività della tecnica è molto basso (0.5-1%). È un esame che va effettuato da operatori esperti.
Villocentesi
Si tratta di una tecnica di diagnosi prenatale che consente di effettuare un prelievo di villi coriali dalla placenta ; tale prelievo si esegue tramite un ago sotto guida ecografica e va eseguito da operatori esperti. I villi coriali vengono poi fatti crescere in vitro e analizzati per lo studio del cariotipo fetale. L’esame viene eseguito ambulatorialmente tra la 11 a e la 13 a settimana, dura pochi minuti ed è ben tollerato dalla Paziente. La Villocentesi rispetto all’amniocentesi ha il vantaggio di essere più precoce Il rischio di aborto legato alla tecnica invasiva è, similmente all’Amniocentesi, basso (0.5-1%). Tuttavia secondo i risultati di alcuni studi recenti il
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rischio di aborto correlato ad Amniocentesi e Villocentesi non sarebbe statisticamente significativo, sarebbe cioè sovrapponibile a quello di donne che non si sottopongono a tale procedura.
Array-CGH:
Grazie ai recenti progressi della Citogenetica molecolare, è possibile studiare i cromosomi in maniera più approfondita utilizzando il Cariotipo molecolare, tecnica innovativa di ibridazione genomica comparativa, sviluppata per identificare anomalie del numero dei cromosomi ma anche piccoli riarrangiamenti ovvero variazioni del contenuto di piccole porzioni cromosomiche, come ad esempio microduplicazioni o microdelezioni e le eventuali malattie correlate. Essendo una tecnica molecolare, non necessita di coltura cellulare, è pertanto possibile ottenere un’analisi cromosomica in tempi più brevi con una maggiore accuratezza diagnostica
I limiti di questa tecnica sono rappresentati dall’impossibilità di identificare riarrangiamenti cromosomici bilanciati (cioè non patologici) ed i mosaicismi (presenza di due o più linee genetiche diverse).
Quali indicazioni per la diagnosi prenatale?
Le principali indicazioni all’esecuzione di diagnosi prenatale sono:
• età materna avanzata (superiore o uguale a 35 anni);
• un precedente figlio con anomalia cromosomica nota;
• un precedente figlio con malformazione ma assetto cromosomico sconosciuto;
• aneuploidie o anomalie cromosomiche (bilanciate, mosaicismo, cromosomi sessuali) in uno dei due genitori;
• familiarità per malattie genetiche;
• test di screening ad alto rischio per patologie cromosomiche;
• segni ecografici di anomalie fetali;
• malattie infettive insorte in gravidanza;
• indicazioni teratologiche (assunzione di farmaci o esposizione a radiazioni);
• precedenti aborti spontanei;
• consanguineità.
Le indagini prenatali sono obbligatorie?
Tali esami non sono obbligatori, ma vengono effettuati su richiesta. La disponibilità di diverse tipolo-
È fondamentale sostenere la coppia attraverso un counseling adeguato ed esaustivo per garantire ai futuri genitori la possibilità di una scelta consapevole
gie di diagnosi prenatale rende la scelta non sempre semplice; diventa quindi fondamentale sostenere la coppia attraverso un counseling adeguato ed esaustivo per garantire ai futuri genitori la possibilità di una scelta consapevole, effettuata sulla base delle informazioni ricevute.
Aspetti psicologici e di coppia
La gravidanza è un’esperienza intensa e complessa per la coppia, associata ad aspettative ma anche a timori, per tale motivo si assiste ad un ricorso sempre maggiore alla diagnosi prenatale. Una scelta consapevole consente da un lato un controllo dettato dalla possibilità di avere informazioni relative alla salute del nascituro, ma d’altro canto apre anche uno scenario di possibili decisioni e percorsi che devono essere gestiti dalla coppia in modo univoco, mettendoli di fronte ad un dilemma decisionale. Sottoporsi o meno a diagnosi prenatale? Come affrontare il risultato del test? Per questo motivo il counseling assume un’importanza rilevante per il processo decisionale, un momento delicato dove comprendere e far comprendere le motivazioni che orientano la coppia verso la scelta di una diagnosi prenatale. L’obiettivo quindi è quello di condurre la coppia verso una decisione autonoma e consapevole attraverso informazioni adeguate.
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Tumore della bocca,
CIl front line della prevenzione è rappresentato dagli Odontoiatri che, visitando milioni di persone nel nostro
Paese, sono in grado di rilevare i sintomi del Carcinoma orale
Dott. Aldo Nobili
A.N.D.I. (Associazione Nazionale Dentisti Italiani)
Il Tumore del cavo orale si sviluppa più frequentemente su lingua, mucosa delle guance e sul pavimento della bocca
on i termini “Cancro”, “Neoplasia”, “Tumore” o “Malattia neoplastica” si identificano un insieme molto eterogeneo di circa 200 malattie caratterizzate da una crescita cellulare incontrollata.
I numerosi modelli sviluppati per spiegare tale crescita anomala delle cellule neoplastiche concordano sul fatto che il processo di trasformazione di una cellula normale in cellula neoplastica avviene attraverso varie tappe con progressivo accumulo di anomalie genetiche, funzionali e morfologiche.
Come si forma un Tumore
Si tratta di un processo lento e progressivo che, nella maggioranza dei casi, è contrastato con successo dai meccanismi di riparazione dell’organismo e dal sistema immunitario.
Quando questi meccanismi di controllo falliscono, la cancerogenesi prosegue nelle sue tappe, e alla fase iniziale del processo carcinogenetico segue una fase di progressione, in cui le cellule anomale sono in grado di moltiplicarsi e di allontanarsi ulteriormente, dal punto di vista della differenziazione e funzione, dalle cellule originarie.
Possono così generarsi masse e aggregati cellulari
in grado di interferire con l’organo e l’apparato in cui risiedono, eventualmente anche migrando verso organi a distanza (disseminazione, metastasi) fino a minacciare la vita dell’intero organismo.
Il Tumore del cavo orale
Questo tipo di neoplasia si sviluppa più frequentemente su lingua, mucosa delle guance e sul pavimento della bocca. La sua incidenza complessiva è in aumento, così come il tasso di mortalità. In Italia, ogni anno si registrano quasi diecimila nuovi casi con una mortalità, a 5 anni dalla diagnosi, di oltre il 39%. Rappresenta il 5% dei tumori negli uomini e l’1% nelle donne.
Recentemente i dati epidemiologici del nostro Paese indicano un aumento di casi di Cancro orale in giovani che non bevono e non fumano.
I dati sono epidemiologici, si conosce soltanto l’incidenza legata all’afferenza dei Pazienti nei reparti e a quanti stiamo curando. Per avere qualcosa di più approfondito sull’argomento bisogna attendere i dati di Genetica. Al momento i più grandi centri di ricerca stanno cominciando a svolgere questo tipo di studi e alcuni sono già in fase avanzata per quanto riguarda
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quale prevenzione?
risultati utili a capire se questo tumore abbia un profilo genetico uguale a quello fumo-correlato oppure sia qualcosa di diverso.
Fattori di rischio
Fumo e alcol sono tra i primi fattori di rischio del Tumore del cavo orale: nel 75% dei casi, infatti, questa forma di Carcinoma è legato all’abuso di queste sostanze. La loro combinazione, in particolare, aumenta la probabilità di sviluppare la malattia di ben 15 volte. Il 90% dei soggetti affetti da Carcinoma orale sono fumatori abituali.
Altri fattori di rischio da non sottovalutare riguardano la presenza di alcune infezioni, specie quelle causate dal Papilloma Virus (HPV 16), che colpisce prevalentemente i giovani e attacca soprattutto l’orofaringe, le tonsille e la base della lingua, la cui causa principale è rappresentata dal sesso orale non protetto.
I microtraumi continui, causati da protesi dentarie irritanti, denti scheggiati o fratturati, insieme a una cattiva igiene orale, sono fortemente associati all’insorgenza di questo tumore.
Infine, poiché la mucosa orale perde col tempo alcune proprietà difensive nei confronti di stimoli esterni nocivi, l’età è a tutti gli effetti un fattore di rischio, specie per chi ha già superato i 45 anni.
Per l’individuazione dei soggetti a rischio, la diagnosi e il trattamento precoce costituiscono, come detto, il più importante presidio di prevenzione a nostra disposizione attuabile facilmente attraverso periodici controlli dal proprio Dentista.
Come riconoscerlo
Nella sua fase iniziale, il Tumore del cavo orale si presenta frequentemente attraverso lesioni pre-cancerose come macchie o placche bianche e/o rosse, piccole erosioni o ulcere all’interno della bocca. Pericolosamente sottovalutate, queste condizioni patologiche iniziali vengono spesso etichettate dai Pazienti come “infiammazioni”. Anomalie silenti, che non presentano sintomi, sono persistenti e non si risolvono spontaneamente o con comuni terapie.
Per questo sottoporsi a uno screening puntuale e periodico, eseguito da uno specialista, è fondamentale per capire se la lesione sia una patologia non
evolutiva o se rappresenti lo stadio iniziale di un vero e proprio tumore.
Di norma, poi, se le lesioni sospette persistono oltre i 10-15 giorni, è necessario ricorrere ad approfondimenti diagnostici come la biopsia e, comunque, a una valutazione di secondo livello presso Centri di riferimento specializzati. Inoltre, l’eccessiva esposizione ai raggi solari è responsabile, in particolare, della comparsa di Carcinoma alle labbra
Il ruolo della dieta
Una dieta povera di frutta e verdura, che determini carenze vitaminiche importanti, può essere anch’essa un nemico per la salute del cavo orale. L’alimentazione è senza dubbio uno dei fattori più importanti in grado di controllare l’insorgenza e lo sviluppo del Tumore del cavo orale. Fondamentale è il ruolo delle vitamine antiossidanti A, C ed E, contenute nella verdura e nella frutta di colore rosso, giallo e verde, in grado di eliminare radicali liberi dalle cellule danneggiate.
Fondamentale la prevenzione
Per questi tumori, un’adeguata prevenzione e una diagnosi precoce possono fare la differenza: quando il Carcinoma è rilevato e curato nelle sue fasi iniziali, infatti, si ottiene una guarigione che va dal 75% al 100% dei casi, con interventi terapeutici poco invasivi. Il front line della prevenzione secondaria è rappresentato dagli Odontoiatri che, visitando milioni di persone nel nostro Paese, sono in grado di rilevare i sintomi del Carcinoma orale. Per richiamare l’attenzione sulla necessità di fare prevenzione, l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani, attraverso l’opera d’informazione e divulgazione della sua Fondazione, si pone l’obiettivo di continuare la campagna di sensibilizzazione della popolazione nei confronti di questa importante patologia, il tutto anche attraverso visite di controllo gratuite che sono state recentemente effettuate presso gli studi degli associati ANDI, in un momento come l’attuale in cui i Pazienti, alla prese con la crisi economica, rischiano di dover rinunciare alle cure odontoiatriche mettendo a repentaglio la propria salute.
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Microbiota, protegge
Non è raro, guardando un programma televisivo o uno spot pubblicitario o leggendo un giornale, incontrare il termine microbiota umano, nonché sentir decantare i suoi benefici e connessioni con il benessere del nostro organismo. Solo nei primi mesi del 2024, oltre 3000 articoli, che rispondono alle parole chiave “Microbiota e Salute”, sono stati pubblicati su PubMed, il raccoglitore internazionale della letteratura scientifica in ambito biomedico, indicando che stiamo parlando di un tema di ricerca fervido e attivo, ma essenzialmente nuovo. Infatti, seppur evidenze scientifiche sulla presenza di specie microbiche nei vari distretti anatomici umani siano già comparse a partire dai primi del ‘900, l’avvio nel 2007 del progetto internazionale “Human Microbiome Project” ha aperto un vaso
Il microbiota rappresenta la totalità dei microrganismi presenti in un organismo vivente pluricellulare, una sorta di organo aggiuntivo o superorgano
Questo superorgano
aggiuntivo è diffuso in tutto il corpo e il suo equilibrio
è fondamentale per la prevenzione verso numerose patologie
Prof.ssa Federica Valeriani
Professore Associato
Igiene Generale e Applicata
Laboratorio di Epidemiologia
e Biotecnologie - Unità di Sanità Pubblica
Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute
Università degli Studi di Roma “Foro Italico”
di pandora, facendo emergere un mondo di conoscenze sulla caratterizzazione delle specie microbiche e suggerendo anche prospettive nuove per sviluppare strategie per il contrasto, la prevenzione e il trattamento di molte patologie, così come per il miglioramento del benessere in condizioni di stress fisico e/o mentale, come per gli atleti o chi pratica attività motoria.
Che cos’è il microbiota e quale ruolo svolge
Il microbiota rappresenta la totalità dei microrganismi presenti in un organismo vivente pluricellulare, una sorta di organo aggiuntivo o superorgano, implicato nel corretto funzionamento metabolico dell’individuo che lo ospita, con una specificità nella composizione microbica che varia in base al distretto anatomico che andiamo a considerare. Il microbiota umano è distribuito nei vari distretti anatomici, e si può parlare, oltre che del ben noto microbiota intestinale, anche del microbiota orale che alberga il cavo orale, il microbiota cutaneo o dermobiota che ricopre la cute, il microbioma urinario o urobiota caratteristico dell’apparato genito-urinario e nel caso delle donne il microbiota presente nella vagina, il microbiota vaginale. I microrganismi che albergano questi distretti
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la nostra salute
coesistono in equilibrio, ossia di eubiosi. Tuttavia, fattori esterni e interni possono alterare questa situazione, favorendo la disbiosi, cioè uno squilibrio della composizione microbica del distretto, con eccessiva proliferazione di microbi tendenzialmente patogeni, che possono anche determinare alterazioni delle normali funzioni fisiologiche. La condizione di eubiosi è di fondamentale importanza, già dai primi giorni di vita, per lo sviluppo e la maturazione del sistema immunitario, con effetti anche a lungo termine sulla salute. Il microbiota neonatale, infatti, è un ecosistema delicato e altamente dinamico che subisce rapidi cambiamenti di composizione in risposta a fattori determinanti sia pre- che peri-natali, come l’età gestazionale, l’esposizione al fumo, l’indice di massa corporea e l’incremento ponderale materno durante la gravidanza, la dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento, la presenza di Periodontite nella madre, la modalità e la sede del parto, la dieta, l’esposizione ambientale a virus o batteri, l’impiego di antibiotici e la presenza di animali domestici. Recentemente è stato, inoltre, ipotizzato il ruolo nella modulazione del microbiota neonatale da parte di specifiche proteine trasmesse dalla madre durante l’allattamento tra cui l’imprinting determinato da proteine come la S100B.
Microbiota intestinale
La maggior parte delle informazioni che abbiamo oggi sulla correlazione tra microbiota e patologie sono emerse dal microbiota intestinale, e questo è comprensibile poiché è il primo ad essere stato studiato e i lavori disponibili sono maggiormente estesi. Il tratto digestivo è il luogo con la più alta densità di microrganismi che contribuisce alla salute metabolica dell’uomo e, quando alterato, alla patogenesi di vari disturbi metabolici, tra cui l’obesità, il Diabete di tipo 2 e le Malattie metaboliche. Sindrome dell’intestino irritabile, diarrea, costipazione e altre sindromi funzionali dell’intestino sono tutte state poste in relazione con alterazioni più o meno profonde del microbiota intestinale o crescite anomale in regioni dove la presenza di batteri è inferiore, specie nell’intestino tenue.
Un nuovo ambito di indagine molto fervido è quello che indaga la relazione tra la composizione microbica intestinale e la Fisiopatologia di alcune patologie come il Morbo di Alzheimer, il Disturbo dello spet-
Recenti studi considerano la correlazione tra l’asse intestinocervello e patologie della sfera comportamentale o psichiatrica
tro autistico, la Sclerosi multipla, il Morbo di Parkinson e l’Ictus. Inoltre, recenti studi considerano la correlazione tra l’asse intestino-cervello e patologie della sfera comportamentale o psichiatrica, e prove su modelli murini (sperimentazioni sui topi) hanno evidenziato come possibile terapia il trapianto fecale. Tuttavia, il campo è nascente e sono necessari studi longitudinali e randomizzati sugli esseri umani per scoprire se prendere di mira il microbiota può produrre nuove strategie terapeutiche rivolte a tali patologie.
Microbiota orale
Oltre al microbiota intestinale, il microbiota orale è la seconda comunità microbica umana per dimensioni, biodiversità e ruolo nell’omeostasi del nostro corpo. Come per l’intestino anche la cavità orale presenta una sub-geografia costituita da tre principali microambienti (placca sopra-gengivale, mucosa buccale e dorso della lingua), ciascuno caratterizzato da un nucleo microbico stabile, una componente variabile e una ipervariabile che caratterizza le tre diverse zone. Evidenze scientifiche riportano come il microbiota orale sia in grado di collaborare al mantenimento della salute dell’ospite sia a livello locale che sistemico. Un’alterazione dell’eubiosi della cavità orale è stata correlata ad una maggiore predisposizione per lo sviluppo di patologie, come Faringo-Tonsilliti, Otiti medie ricorrenti, Infezioni respiratorie, Asma, Malattia cronica ostruttiva polmonare. Inoltre, la presenza di batteri tipici del microbiota orale è stata rilevata anche nella flora batterica fecale nel contesto di Malattie infiammatorie cro-
medicina
niche dell’intestino o delle vie biliari e Reflusso gastroesofageo. In aggiunta, evidenze scientifiche sottolineano l’associazione tra cause di insorgenza di Tumori tipici dell’appartato gastrointestinale, come il Carcinoma del colon-retto, e disbiosi del cavo orale. È stato dimostrato che le Malattie parodontali, che iniziano e si propagano attraverso la disbiosi del microbiota orale, sono associate ad un aumento del rischio di Malattie cardiovascolari.
Microbiota cutaneo
Anche la nostra pelle rappresenta un ecosistema con diverse caratteristiche abitative costituite da pieghe, nicchie, invaginazioni nei quali vivono un’ampia gamma di microrganismi noti come microbiota cutaneo o dermobiota. In generale, il microbiota cutaneo è composto da un core microbico ma la distribuzione e varietà delle ghiandole e dei follicoli piliferi, così come le differenze chimiche delle differenti regioni della pelle creano una composizione del microbiota che varia anche da soggetto a soggetto. La disbiosi dei microbi residenti nella pelle è stata associata a una varietà di patologie dermatologiche, come Dermatite atopica e Psoriasi; tuttavia, sebbene gli studi indichino che in queste patologie esiste una disbiosi del microbiota cutaneo, risultati contrastanti lasciano una sorta di enigma del tipo “è nato prima l’uovo o la gallina”, poiché non è del tutto chiaro se le alterazioni nel microbiota cutaneo portino alla malattia o se le condizioni sottostanti determinano uno squilibrio nelle comunità microbiche.
Microbiota delle vie urinarie
Studi recenti hanno dimostrato che anche le vie urinarie ospitano un proprio microbioma detto anche urobiota, una nicchia relativamente inesplorata che varia con il sesso e che risulta ben distinto dai siti vicini, in particolare dal microbiota intestinale. Diversi studi suggeriscono che il l’urobiota può svolgere un ruolo in molte Malattie del sistema urinario, tra cui le Infezioni tipiche delle alte e basse vie urinarie, l’incontinenza urinaria d’urgenza, la Sindrome del dolore vescicale o la Cistite interstiziale. Inoltre, studi incentrati sul Cancro della vescica hanno permesso di caratterizzare preliminarmente il microbiota dei soggetti malati, anche se ancora resta poco conosciuto il meccanismo sottostante la connessione tra microbiota e patogenesi del Cancro della vescica.
Microbiota vaginale
Recenti scoperte hanno dimostrato che le comunità microbiche che popolano la vagina femminile, note come microbiota vaginale, svolgono un ruolo
Le comunità microbiche che popolano la vagina svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute delle donne
fondamentale nel mantenimento della salute delle donne e nel sostegno delle attività riproduttive. Un microbiota vaginale squilibrato può predisporre gli individui a una serie di malattie, tra cui Vaginosi batterica, Infezioni trasmesse sessualmente, aborto spontaneo e parto pretermine. Mentre i meccanismi esatti attraverso i quali un microambiente vaginale dominato da specifici batteri, come i lattobacilli, migliori la salute vaginale, rimangono sfuggenti e acquisire informazioni sulle interazioni tra l’ospite e il microbiota vaginale, nonché il ruolo nei confronti di patogeni opportunisti, potrà aiutare ad affrontare alcune domande senza risposta.
Verso la prevenzione e la corretta terapia
Lo specifico studio della microflora presente nei vari fluidi biologici e distretti anatomici è promettente e porterà profonde implicazioni cliniche nel prossimo futuro con potenziali sviluppi per la prevenzione, la diagnosi e la terapia verso molte patologie che colpiscono il nostro corpo. Le applicazioni delle preziose ricerche eseguite e in progetto per il futuro sono spendibili non solo in contesti clinici e di prevenzione verso la popolazione generale, ma anche in contesti specifici come le competizioni sportive, dove recenti evidenze hanno sollevato la possibile associazione tra prestazioni atletiche e microbiota
L’aumento delle evidenze scientifiche quindi suggerisce di tenere in considerazione strategie mirate alla promozione della salute dell’atleta ma anche della popolazione generale, per minimizzare gli effetti indesiderati sulla salute, aumentare la resistenza e massimizzare gli adattamenti specifici dell’allenamento, anche con effetti sulla crescita e la funzione muscolare. Le ricerche attuali stanno valutando l’efficacia di strategie sia preventive che terapeutiche, che ristabiliscano un quadro di eubiosi, senza ricorrere a terapia farmaceutiche o limitando il loro uso, con risultati promettenti sull’impiego di probiotici e di ceppi predatori nei confronti di altri microrganismi non desiderati e in eccesso durante la patologia, e che possono ristabilire l’omeostasi del nostro organismo dopo sforzi fisici e mentali.
luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 46 medicina ●
CIP – Salviamo la pelle
Non tutti sanno che la pelle è l’organo più esteso del nostro corpo, ci avvolge come un vestito ed è la prima barriera verso gli agenti esterni ma non solo. La cute svolge infatti molteplici azioni importantissime per la nostra salute. La pelle è nostra alleata: ci invia messaggi sullo stato di salute del nostro organismo, i segni che si manifestano su di essa possono rivelare utili informazioni per la diagnosi di malattie sia fisiche che psicologiche.
Durante tutto il mese di luglio, il team scientifico della rivista Elisir di Salute attraverso il Circuito Informazione e Prevenzione (CIP), presso le strutture sanitarie aderenti al progetto, propone l’approfondimento di alcuni
temi chiave di riflessione. Durante gli eventi informativi proposti sarà possibile raccogliere le indicazioni utili per la prevenzione delle malattie della pelle (alimentazione, norme per l’esposizione solare, idratazione e cura, ecc.) ed anche ottenere maggiori notizie sui possibili controlli periodici da effettuare ai fini della diagnosi precoce dei tumori cutanei, e in particolare del Melanoma.
Presso le strutture sanitarie aderenti all’iniziativa saranno anche attive alcune promozioni che consentiranno di effettuare visite specialistiche ed esami diagnostici a tariffe agevolate.
Per approfondire: www.elisirdisalute.it
Il Tumore della prostata colpisce principalmente gli uomini tra i 45 e i 60 anni. Oltre l’età, altri fattori di rischio sono l’etnia, l’obesità, fattori ambientali o legati allo stile di vita e una storia familiare per lo stesso tumore. Con l’obiettivo di informare gli uomini sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, Pfizer Italia promuove, in collaborazione con Europa Uomo e la Federazione Italiana di Rugby, la campagna di comunicazione e informazione “MEN’S PRO”, rivolgendosi non solo ai Pazienti ma anche ai loro caregivers per superare le barriere e il senso di isolamento che ancora troppo spesso sono legati a questa patologia maschile. Raccontando le diversi fasi della malattia dal punto di vista del Paziente, dei caregiver, dei clinici (Oncologi e Urologi) e del team multidisciplinare (Nutrizionista, Sessuologo,
Psiconcologo), “MEN’S PRO” vuole far sentire gli uomini affetti da Carcinoma alla prostata metastatico come parte di una grande squadra. La campagna ha anche l’obiettivo di superare tutti gli ostacoli che non permettono spesso la diagnosi tempestiva di questo tumore anche a causa della riluttanza della popolazione maschile a sottoporsi a visite di controllo periodiche e ad una bassa percezione di rischio percepita dagli uomini che tendono spesso a trascurare la salute dell’apparato uro-genitale. Di fondamentale importanza risulta quindi non sottovalutare i fattori di rischio sia per una corretta prevenzione sia per affrontare questa neoplasia tempestivamente anche grazie al lavoro di team multidisciplinari e a trattamenti sempre più personalizzati.
Per informazioni: https://shorturl.at/gmwzH
Con l’obiettivo di diffondere l’approccio globale alla salute dove, accanto alla salute individuale, è indispensabile tutelare la salute dei servizi sanitari e del pianeta, il progetto “La Salute tiene banco”, promosso da Fondazione GIMBE, mira a coinvolgere gli studenti della scuola secondaria di 2° grado per migliorare l’alfabetizzazione sanitaria dei giovani e l’utilizzo informato del Servizio Sanitario Nazionale secondo princìpi di equità, solidarietà e universalismo, oltre a fornire gli strumenti per contrastare le fake news sulla salute. Il compito di difendere il diritto alla salute passa anche dalle nuove generazioni, a partire dall’età scolastica: con il progetto “La Salute tiene banco” si intende fornire ai ragazzi gli strumenti indispensabili per crescere come cittadini consapevoli
dei propri diritti e capaci di preservare la propria salute. Grazie a questo progetto, che ha coinvolto già migliaia di studenti e studentesse di Bologna, è stata data ai ragazzi la possibilità di approfondire temi legati al mondo della salute attraverso quiz interattivi somministrati negli incontri formativi. Nello specifico gli argomenti affrontati riguardano i fattori che influenzano la nostra salute e quella del nostro pianeta, come funziona il nostro Servizio Sanitario Nazionale, cosa sono i Livelli Essenziali di Assistenza e perché dobbiamo difenderli. Per la realizzazione degli incontri, sono messi a disposizione materiali didattici e informativi adeguati al target: slides, video, social media contents.
Per scaricarla: https://shorturl.at/cknMT
luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 48 eventi & notizie
La Salute tiene banco
Men’s Pro
Paste filate Nonno Nanni
Bontà fresche e genuine, realizzate con
solo
latte fresco 100% italiano
La famiglia dei prodotti Nonno Nanni si è ampliata dando spa zio a tre nuove bontà, tipiche della tradizione casearia: Mozzarella, la Burrata e la Stracciatella Nonno Nanni ne include solo ingredienti naturali, latte 100% italiano ed è priva di conservanti.
Mozzarella Nonno Nanni
Lavorata con cura, la Mozzarella Nonno Nanni è una bontà unica, ricca di gusto e con una precisa identità, ottima da assaporare in purezza, ma anche compagna ideale per gli abbinamenti più creativi.
Burrata Nonno Nanni
Fresca bontà, dal cuore morbido e cremoso, la Burrata Nonno Nanni è un prodotto inconfondibile dal piacere dolce e avvolgente. Può essere utilizzata in mille modi: come condimento per la pasta, come ingrediente di sfiziose insalate oppure come perfetto componente di bruschette e focacce.
Stracciatella Nonno Nanni
La Stracciatella Nonno Nanni prende vita da un morbido incontro tra sfilacci di Mozzarella e crema di latte, amalgamati con morbida panna, formando così un connubio dalla consistenza cremosa e un gusto inimitabile. Il suo sapore dolce e intenso ricorda il gusto del latte fresco.
Apporto di calcio e proteine
Attraverso il consumo dei formaggi freschi come questi tre prodotti Nonno Nanni, possiamo usufruire di un importante apporto di calcio, che qui si trova in forma biodisponibile, e di proteine che possiedono elevate proprietà biologiche: contengono infatti gli aminoacidi essenziali che il nostro corpo da solo non produrrebbe, fornendogli così elementi fondamentali per la crescita e lo sviluppo.
Versatili in cucina
Particolarmente apprezzate nella stagione estiva, che richiede un’alimentazione fresca e varia, le paste filate Nonno Nanni sono buonissime da sole, ma anche protagoniste ideali per mille gustose ricette come antipasti, insalate, bruschette e piatti freddi a base di verdure; unite fresche alla pasta la rendono gustosa ed appagante.
A cura di Docmed s.r.l.
Intelligenza Artificiale,
La strada corretta
dovrà prevedere un rigoroso percorso di validazione di queste tecnologie innovative
Dott. Enrico Delfini Federazione Italiana Medici di Medicina Generale
Da qualche anno, si sente spesso parlare di Intelligenza Artificiale, talvolta evidenziando le potenzialità in tanti campi delle attività umane, talvolta invece per sottolineare limiti e pericoli, auspicando norme e regole che ne garantiscano un uso controllato. Di fronte alle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, come di qualsiasi altro importante progresso tecnologico e scientifico, è ragionevole avere alcuni dubbi. Ma è fondamentale, prima di esprimere opinioni, avere una conoscenza reale di che cosa sia e cosa possa realmente fare..
Le caratteristiche dell’I.A.
Una delle principali differenze tra l’I.A. e le già prodigiose capacità dei computer e dei programmi informatici in uso da decenni, è questa. Finora, strumenti e software eseguono programmi e calcoli impostati dall’uomo; in modo efficientissimo e a velocità impensabili, ma sostanzialmente fanno semplicemente, in modo rapidissimo, e senza stancarsi, cose che anche l’uomo potrebbe fare, avendone il tempo. È il caso dei programmi per giocare a scacchi: da anni oramai i computer sono in grado di battere anche i più bravi campioni e maestri. Ci riescono perché fanno in pochi secondi miliardi di calcoli, esplorando migliaia di combinazioni di gioco, estendendo la simulazione
L’Intelligenza Artificiale sfrutta sempre la enorme potenza di calcolo, ma senza seguire passivamente le “istruzioni” riesce a dare risposte in modo creativo
non a 3 o 4 mosse in avanti, come fa ogni discreto giocatore, e nemmeno a 7 o 8 mosse come riescono a fare i grandi campioni. Infatti, con la “forza bruta” e seguendo criteri di valutazione stabiliti dai creatori dei software, i moderni programmi giocano a scacchi potendo fare simulazioni e previsioni fino a 15 o 20 mosse, senza risentire dello stress o della stanchezza. Con l’I.A. le cose cambiano; il programma sfrutta sempre la enorme potenza di calcolo ma, senza seguire passivamente le “istruzioni”, riesce a dare risposte in modo creativo, utilizzando anche regole e procedure non prestabilite, in modo molto più libero, per cui non è completamente sbagliato parlare di “intelligenza”.
Risposte creative
Un esempio oramai classico sono i sistemi di risposta (tipo chat-gpt) che “capiscono” le domande e creano una riposta attingendo ad enormi banche dati, sele-
filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 50 il tuo medico di famiglia
luglio/agosto 2024
rischi e vantaggi
zionando i dati e i testi che risultano più pertinenti. La differenza principale è proprio nel fatto che questi “ragionamenti” non seguono regole definite dall’uomo e inserite nel programma (come nel caso degli scacchi), ma vengono creati dall’Intelligenza stessa, attraverso migliaia di simulazioni, in un periodo di “allenamento”, con un meccanismo di feed back che consente un continuo miglioramento delle prestazioni.
Potenzialità in ambito medico
In campo medico è facile immaginare i potenziali benefici che potrebbero derivare dall’utilizzo di simili strumenti nei processi diagnostici. E in effetti i primi risultati ci sono e sono nel contempo affascinanti e sconcertanti.
Negli USA sono stati studiati oltre 35mila casi di Tumore pancreatico (uno dei tumori più letali e più difficili da intercettare in anticipo). Per ognuno di questi 35mila, è stata data “in pasto all’I.A.” una mole enorme di dati, riguardanti test ed esami eseguiti nei 18 mesi precedenti alla diagnosi; e lo stesso è stato fatto con un milione e mezzo di soggetti senza tumore. Al programma è stato chiesto di cercare e identificare schemi e ricorrenze che si riscontravano nei casi sfociati poi in tumore e non nei controlli. Il numero di calcoli e di combinazioni possibili è chiaramente impossibile da gestire per una mente umana. La macchina è però riuscita a scovare “qualcosa” che seleziona i casi tumorali con elevata sensibilità e specificità. Testando il programma con una successiva serie di Pazienti, è stato possibile identificare nuovi Tumori pancreatici con una efficienza più che tripla rispetto ad altri programmi “umani”.
La particolarità di questo strumento di I.A. è che il programma non chiarisce attraverso quali singoli dati, o quale combinazione di più dati differenti arriva alla diagnosi, essendo tutto il “ragionamento” non legato ad istruzioni fisse ma legato al continuo accumulo di dati e di calcoli decisi in autonomia.
Elaborando milioni di dati, queste macchine ottengono prestazioni apparentemente migliori dei
La lettura degli esami
Anche la lettura e refertazione di lastre radiografiche e immagini di Tomografia computerizzata o Risonanza Magnetica è stata affrontata con sistemi di I.A. Elaborando milioni di dati, queste macchine ottengono prestazioni apparentemente migliori dei migliori Radiologi. Identificando “qualcosa” che l’occhio umano non vede, ma che identifica le radiografie al torace (apparentemente normali) di Pazienti che un anno dopo avranno una neoplasia visibile. È chiaro che, al momento attuale delle conoscenze e, stante la normativa vigente, non è lecito (e sarebbe anche decisamente inquietante) prendere decisioni operative e porre diagnosi in casi in cui non esistono evidenze cliniche tradizionali (segni, sintomi, radiografie, esami, ecc.), ma soltanto sulla sorta di un “parere” uscito da un computer. Scenari di questo genere sono stati fino a ieri argomento di libri e di film di fantascienza; qualcuno ricorderà la affascinante trama di “Minority Report”, un film del 2002 che preconizzava un futuro in cui un software avveniristico era in grado di individuare i propositi omicidi dei cittadini. A questo punto, era lecito processare e incarcerare le persone prima che il delitto avesse avuto luogo? Quando tecnicamente gli accusati non avrebbero potuto nemmeno essere accusati, non essendo stato compiuto il delitto?
Quale futuro?
Volendo fare delle previsioni sugli sviluppi della tecnologia e sugli utilizzi che ne saranno possibili in Medicina e Chirurgia, non vi è dubbio che grandi passi in avanti saranno compiuti, sia nell’utilizzo dei robot in sala operatoria, sia in ambito diagnostico. Oltre agli esempi accennati prima, è prevedibile che la capacità delle macchine potrebbe superare quella del cervello umano nell’interpretazione degli elettrocardiogrammi o delle spirometrie; e forse in settori oggi impensabili.
Credo sia sbagliato porsi, nei confronti dell’I.A., in posizione eccessivamente ottimista; ma altrettanto errato sarebbe rinunciare alle possibilità offerte anche da software che agiscono in modo, diciamo così, inquietante. La strada corretta dovrà prevedere un rigoroso percorso di validazione di queste tecnologie innovative; forse i Medici dovranno abdicare riguardo ad alcuni aspetti della loro professione oggi ritenuti imprescindibili, ma che domani potrebbero non essere più necessari.
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Le virtù della
Sono numerose le proprietà di questo frutto: produce effetti digestivi e svolge un’importante azione antiossidante, ma non solo…
Papaya
Dal sapore dolce simile a quello del melone cantalupo, la Papaya è sempre più presente su tutte le nostre tavole. È il frutto dell’albero “Carica papaya”, della famiglia delle Cariacae, originaria dell’Indonesia, in particolare delle isole Molucche, ma diffusa anche in regioni dal clima tropicale come Africa, centro America e India. Diversi grandi esploratori, da Cristoforo Colombo a Vasco da Gama fino al temibile Cortez, assaggiarono
Dott.ssa Maria Lombardi
Farmacista Specializzata in Fitoterapia
la Papaya durante gli incontri con le popolazioni del Nuovo Mondo e ne lasciarono testimonianza nei loro resoconti navali, descrivendola come “il frutto degli angeli” o quello “dell’eterna giovinezza”.
Le popolazioni indigene ne facevano largo uso sia alimentare che medicamentoso e, ancora oggi, la Papaya viene utilizzata proprio per le proprietà riportate dagli esploratori. Frutti, foglie e lattice sono utilizzati nella Medicina tradizionale come antibatterico, digestivo, antinfiammatorio, antidiabetico e antimalarico. Le potenzialità non solo del frutto, ma dell’intera pianta hanno stimolato la curiosità dei ricercatori e sono ad oggi disponibili diversi studi che confermano le attività decantate dalla Medicina tradizionale e le potenzialità in malattie endemiche come la Dengue e la Malaria.
Ricca di nutrienti
e ottima per il sistema digerente
Mangiamo solo il frutto, ma a scopo terapeutico si usano anche le foglie, i semi e il lattice ricavato dai frutti acerbi. Il frutto è ricco di minerali (ferro e calcio soprattutto), fibre e beta-carotene. Foglie e frutti sono inoltre ricchi di flavonoidi (apigenina, catechina, kampferolo, quercetina), cumarine e chinoni dall’elevato potere antiossidante e antibatterico. Infine, è un’importante fonte di vitamine A, B, C ed E. L’estratto che si ricava dai semi è ricco di benzilisotiocianato, una molecola dal forte potere batteriostatico, battericida e fungicida.
Foglie e frutti sono ricchi di flavonoidi (apigenina, catechina, kampferolo, quercetina), cumarine
e chinoni dall’elevato potere antiossidante e antibatterico
Gli studi fatti sulle potenzialità della Papaya hanno indagato il potenziale non solo del frutto e del succo freschi, ma anche di diverse formulazioni presenti in commercio: dagli estratti acquosi o etanolici fino alla famosa Papaya fermentata, ottenuta tramite fermentazione enzimatica del frutto acerbo.
Dall’incisione dei frutti acerbi si ottiene un succo gelatinoso che contiene la papaina, un enzima in grado di rompere le proteine (proteolitico) molto simile alla pepsina umana necessaria per scomporre e digerire le proteine che ingeriamo. Proprio grazie alla papaina, il succo del frutto fresco e gli estratti di Papaya sono utilizzati in diversi integratori per favorire la digestione. Questa attività è confermata non solo dalla lunga tradizione d’uso, ma anche da studi clinici in cui il consumo di succo o polpa fresca di Papaya ha portato a miglioramenti dei sintomi di indigestione, bruciore, costipazione e reflusso in Pazienti con problemi gastrointestinali sia acuti che cronici, come la Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS).
È interessante che questo effetto proteolitico (relativo alla degradazione delle proteine) sia sfruttato anche
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a livello cosmetico: la papaina rientra infatti nella composizione di molti cosmetici ad azione esfoliante.
Proprietà antimicrobiche
L’attività antibatterica e antimicrobica è di particolare interesse, se consideriamo la crescente attenzione della ricerca verso derivati naturali che possano fornire nuove armi contro l’antibioticoresistenza. Sebbene i risultati ottenuti vadano confermati con studi sull’uomo, in studi in vitro e in vivo gli estratti etanolici di foglie di Papaya hanno inibito la crescita di batteri sia Gram positivi (come lo “Pseudomonas auriginosa”, uno dei batteri con maggior resistenza agli antibiotici tradizionali e lo “Staphylococcus aureus”) che, in minor misura, di batteri Gram negativi (“Klebsiella pneumonia” ed “Escherichia coli”, sempre più presente anche nei nostri mari). Anche contro Infezioni fungine , gli estratti di Papaya si sono dimostrati un valido aiuto, in particolare contro la “Candida albicans”, responsabile di molte Cistiti e Infiammazioni del tratto genitale . Il meccanismo dell’azione antibatterica degli estratti di Papaya è dovuto alla capacità dei composti fenolici, presenti soprattutto nei semi, di legarsi con delle specifiche proteine presenti sulle membrane batteriche, danneggiandole e portando alla morte del batterio.
Studi in vitro hanno dimostrato che la molecola responsabile dell’azione antimalarica della Papaya sarebbe la carpaina, un alcaloide con azione antiparassitaria
Fondamentale per le Malattie endemiche subtropicali
Dengue e Malaria sono malattie di cui si sente parlare quasi unicamente dai telegiornali, per qualche turista tornato da un viaggio o per focolai scoppiati al di fuori delle zone in cui queste malattie sono invece endemiche e per le quali la Medicina tradizionale sfrutta anche estratti di Papaya. Nel caso della Dengue, nonostante non sia ancora ben chiaro il meccanismo, l’assunzione di estratti etanolici di foglie di Papaya ha portato a un aumento delle piastrine e a una minore percentuale di Pazienti ospedalizzati. La Trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue) è infatti uno dei sintomi principali della Dengue e sembra che l’estratto di Papaya agisca sul gene del recettore per l’attivazione delle piastrine, portando ad un aumento della loro sintesi.
Studi in vitro hanno dimostrato che la molecola responsabile dell’azione antimalarica della Papaya sarebbe la carpaina, un alcaloide con azione antiparassitaria nei confronti del “Plasmodium falcifarum” responsabile della malattia. Da alcuni studi clinici abbiamo dati incoraggianti: nei Pazienti a cui era stato somministrato un estratto acquoso di foglie di “Carica papaya” e “Vernonia amygdalina”, alla fine del trattamento erano aumentati i globuli rossi, diminuiti i globuli bianchi (segno del miglioramento dello stato infettivo) ed è stata riscontrata una riduzione del danneggiamento delle cellule epatiche.
Fonte di antiossidanti
Tutti gli estratti a base di Papaya agiscono come antiossidanti e immunomodulanti. In particolare, sembra che il passaggio della fermentazione permetta di concentrare maggiormente i flavonoidi presenti nel frutto e che quindi le preparazioni a base di Papaya fermentata abbiano una maggiore attività antiossidante. I flavonoidi, infatti, agiscono come “spazzini” di molecole altamente reattive, i radicali superossidi (ROS) o radicali liberi, riducendo i danni causati dallo stress ossidativo.
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Al contempo, la Papaya fermentata (ma anche di estratto etanolico delle foglie) ha mostrato attività immunomodulante e antinfiammatoria riducendo le concentrazioni di diverse interleuchine (IL-4, IL-2 e IL-8), del Tumor Necrosis Factor α (TNF-α). Queste molecole sono implicate nei processi infiammatori dell’organismo e quando sono in eccesso possono provocare gravi danni all’organismo stesso. Molte patologie degenerative e croniche, dai tumori alle patologie cardiovascolari fino ad arrivare all’Alzheimer, per il quale ci sono risultati incoraggianti da studi in vitro con gli estratti di Papaya, hanno infatti una base infiammatoria.
Un potenziale aiuto per Tumori e Sindrome metabolica
Infiammazione e stress ossidativo sono anche tra i responsabili di patologie tumorali. Alcuni studi in vitro hanno dimostrato che, oltre ad agire come antinfiammatorio e antiossidante, la Papaya riduce sia la proliferazione di cellule prostatiche tumorali, probabilmente inducendo l’apoptosi (morte programmata) cellulare, che le capacità adesive e migratorie delle cellule tumorali, caratteristiche responsabili delle metastasi.
La Papaya si è dimostrata efficace anche nel trattamento della Sindrome metabolica e del Diabete di tipo 2, con riduzione della glicemia sia a digiuno che post-prandiale
In modelli animali, la Papaya si è dimostrata efficace anche nel trattamento della Sindrome metabolica e del Diabete di tipo 2, con riduzione della glicemia sia a digiuno che post-prandiale, e dei livelli di colesterolo. La riduzione dei livelli di infiammazione e dello stress ossidativo sicuramente contribuiscono agli effetti benefici nei confronti della Sindrome metabolica, ma ci sono anche effetti diretti. Non è ancora ben chiaro quale molecola sia responsabile di queste azioni ma, per quanto riguarda l’azione ipoglicemizzante, sembra essere legata a un doppio meccanismo: in primis la Papaya aumenterebbe la capacità delle cellule di muscoli e altri tessuti di assorbire il glucosio presente nel circolo sanguigno, e contemporaneamente sembra inibire alcuni enzimi deputati alla degradazione dei carboidrati. Questi enzimi, in particolare l’α-amilasi e l’α-glicosidasi, scindono i carboidrati in glucosio che viene immesso nel sangue: la loro inibizione porta ad una riduzione della produzione di glucosio durante la digestione e, unita al maggiore assorbimento di glucosio ematico, contribuisce a ridurre la glicemia.
Sull’ipercolesterolemia, invece, sembra agire con un meccanismo simile a quello delle statine, con inibizione dell’enzima responsabile della produzione del colesterolo, l’HMG-CoA reduttasi ma, nonostante studi sugli animali confermino questa attività ipocolesterolemizzante, sono necessari ulteriori ricerche.
Una pianta abbastanza sicura
Dagli studi effettuati sull’uomo sappiamo che dosi di circa 150 mL di succo al giorno, o compresse di estratto acquoso standardizzato (al 40% di glicosidi) 3 volte al giorno, sono efficaci e sicure.
L’uso alimentare della Papaya è abbastanza sicuro, anche se chi è diabetico, o in cura con farmaci anticoagulanti come il warfarin, dovrebbe evitare le grosse scorpacciate.
Secondo gli studi effettuati, infatti, gli estratti di Papaya interferiscono con l’assorbimento e l’attività di farmaci per il Diabete (metformina e glimepiride), potenziandone l’effetto e portando a ipoglicemia, con la ciprofloxacina, un comune antibiotico e con la digossina, utilizzata nel trattamento dell’Insufficienza cardiaca congestizia, oltre al già citato warfarin. Nella popolazione sana, ad eccezione delle donne in gravidanza e in allattamento, anche il consumo di succo fresco e dei vari estratti di Papaya sono sicuri e presentano pochi e lievi effetti collaterali, principalmente a livello gastrico e cutaneo con rash e irritazioni o, in alcuni casi, reazioni allergiche.
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Conflitto, tra distruttività di cambiamento
Possiamo parlare dell’esistenza del nostro mondo
senza parlare di conflitti? Non credo. Tuttavia potremmo dire che, da che mondo è mondo, gruppi di persone si incontrano, sentono la diversità degli altri sconosciuti, diventano sospettosi e temono per se stessi, quindi si scontrano in infiniti conflitti, finché non torna un’armonia più o meno stabile, in una continua modalità distruttiva e poi ricostruttiva.
Il confronto con il mondo esterno
Il Filosofo del divenire Eraclito, circa cinquecento anni prima di Cristo, già esprimeva questo concetto: “Ciò
Dobbiamo confrontarci con la natura delle cose, con la visione del mondo di ciascuno, con il dubbio e con la paura
Attraversando il lato oscuro e folle spesso presente nell’animo umano, possiamo scoprire l’opportunità creativa
di cambiamento insita nel conflitto stesso
che è opposizione si concilia e dalle cose differenti nasce l’armonia più bella, e tutto si genera per via di contrasto”. Dobbiamo confrontarci con la natura delle cose, con la visione del mondo di ciascuno, con il dubbio, con la paura, con le scelte, con le crisi, con il narcisismo umano, talvolta patologico, con le motivazioni, le follie, con le ribellioni e le conseguenti e necessarie rivoluzioni, ma anche con le inevitabili contraddizioni, con la naturale aggressività delle relazioni, spesso molto conflittuali che ognuno di noi ha con se stesso, con il mondo esterno e con i propri simili, con il disordine infinito, “il Chaos da cui tutto origina”, almeno secondo Esiodo.
Un’opportunità creativa
Addentrandosi, nelle dinamiche conflittuali, possiamo incontrare le complesse contraddizioni, le infinite crudeltà, le perversioni, le possibili rivoluzioni, attraversando così il lato oscuro, brutale e folle, spesso
luglio/agosto
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2024
Prof. Antonio Lo Iacono Presidente Società Italiana di Psicologia Istituto di Psicoterapia Psicoumanitas
distruttività e occasione
presente nell’animo umano, ma anche scoprire l’opportunità creativa di cambiamento insita nel conflitto stesso. Naturalmente il conflitto può, in molti casi, attivare la violenza, l’odio, la vendetta, il tradimento, implementando varie forme di aggressività. Il conflitto interno, spesso presente nelle scelte difficili tra istinto, emozione e ragione, quello interpersonale talvolta con sconosciuti, quello di coppia e familiare, quello che può manifestarsi a scuola (bullismo), quello sul lavoro (il mobbing), quello gruppale, intercomunitario e quello delle guerre tra i popoli che, ancora una volta, ci sta circondando in questo periodo.
Quando il conflitto degenera
La degenerazione del conflitto è sempre la violenza, una parola che sa di forza, vitalità e violazione connaturata nel mondo e diffusa nell’umanità. A cominciare dalla violenza della natura che ci infligge disastri e catastrofi, la violenza è stata sempre vissuta in modo contraddittorio tra repulsione e attrazione, tra ossessione e negazione, tra rimozione e proiezione, legata ai vari caratteri delle persone, alle culture, alle varie situazioni geopolitiche dei popoli. È proprio nella natura umana che la violenza assume le sue forme più degenerate e distruttive, si deve considerare, perciò, una particolare terra di nessuno, ma spesso frequentata e talvolta subita da tutti, tra normalità e patologia, sia nell’ambito individuale che nell’ambito sociale.
Parole che fanno male
Tra gli eventi naturali violenti possiamo comprendere anche la nascita e la morte, l’inizio e la fine di ogni cosa. L’inizio di ogni storia umana è determinato da un primo atto, che può essere violento e scioccante: il parto. Il trauma della nascita è un concetto psicologico sviluppato da Otto Rank (1924), il quale sostiene che alla base di ogni sviluppo psicopatologico vi sia un vissuto traumatico irrisolto durante la nascita. Ma, anche in seguito, le occasioni non mancano per incontrare qualche altra violenza. Quando il bambino comincia a crescere, persino una parola può aggredirlo, umiliarlo e congelarlo emotivamente. Infatti, anche se certe parole aiutano, motivano, magari illudono, ma stimolano a vivere, e/o facilitano una guarigione, ci sono anche parole che annoiano, umiliano, che scoraggiano, che offendono, che non fanno crescere, che creano
conflitti, che fanno ammalare, che violentano l’identità stessa della persona, annichilendola.
La violenza ha tante forme
Tra le manifestazioni di violenza ci sono anche quelle particolarmente crudeli come la tortura, spesso perpetrata verso i prigionieri di guerra, anche con stupri sulle donne, infierendo talvolta sui bambini e sui vecchi. Le violenze di genere che facilmente sfociano in femminicidi (120 in Italia nel 2023 e la metà per mano del partner), ma sempre più spesso accadono anche stragi familiari. Consideriamo anche la violenza sui folli, sui disabili, sugli omosessuali, sugli immigrati (razzismo) e sugli schiavi, ma anche su liberi pensatori, su avversari politici e su Scienziati e Filosofi rivoluzionari (Galileo Galilei, Giordano Bruno), esercitata soprattutto in passato, ma ancora presente in alcune nazioni poco democratiche.
Ci sono anche varie forme di violenza verso se stessi, auto-aggressività spesso usata dai giovani che si tagliano, che rifiutano il cibo, che si rinchiudono nella propria cameretta per isolarsi, soffrire e far soffrire i propri genitori. Forse una vendetta per non essersi sentiti visti. Quindi, in certi casi il suicidio, di persone che non trovano più il senso di vivere, che prima di uccidersi, per non essersi sentiti amati, uccidono le persone intorno a sé. Infatti la peggior violenza che si
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può fare a una persona è non vederlo, ignoralo, cioè la violenza dell’indifferenza.
Il narcisista
Certo la conflittualità è legata a molti fattori e a varie circostanze ambientali, familiari e caratteriali. Anche se un po’ tutti i caratteri, pur in modo diverso, possono coinvolgersi in una situazione conflittuale, il carattere con più cariche aggressive e con potenzialità di conflittualità più alta è quello narcisista. Egocentrismo, manipolazione, vanità, continuo bisogno di apparire e di conferme, presunzione, senso di grandiosità, bisogno di sentirsi superiore e vincente ad ogni costo, sono le caratteristiche che tutti conosciamo di questo carattere, che in certi casi può tendere ad esprimere comportamenti psicopatici sugli altri per sfogare le frustrazioni subite in passato e i conflitti interni irrisolti. È significativo, per esempio, che i caratteri narcisistici e le personalità psicopatiche mostrino un bisogno di gratificazione istantanea, un’incapacità di contenere i desideri e di sopportare le frustrazioni. Si potrebbe vedere in questa debolezza un’espressione di infantilismo della personalità ma l’origine e il significato sono diversi e vanno ricercati nell’insufficienza del senso di sé. Al di là dei personaggi psicopatologici, talvolta coloro che creano conflittualità lo fanno in modo strategico per dimostrare la propria superiorità, soprattutto quando prepotentemente aggrediscono individui più deboli o guidano gruppi contro persone pacifiche e indifese. Questa forma di bullismo può derivare, non solo dal carattere, ma da elementi familiari e culturali che hanno condizionato l’atteggiamento e il loro comportamento; un approccio predatorio che c’è sempre stato sia a livello interpersonale che gruppale, ma anche sociale e inter-nazionale.
Il tradimento
Come ben descritto nel mio libro “Psicologia dei Conflitti” pubblicato dall’editore Armando nel 2023, da sempre i popoli più forti hanno cercato di aggredire i più deboli, cercando di vincerli e inglobarli in una continua contaminazione culturale; ciò ha comportato, dal 1900 ad ora, la morte di più di duecento milioni di persone uccise dai propri simili. Tra i maggior motivi di conflitto uno dei più diffusi è il tradimento. Da quando è nata l’umanità il tradimento c’è sempre stato. È la rottura di un patto esplicitato da accordi o da contratto, talvolta implicito, legato alla fiducia e al senso di lealtà, altre volte centrato sull’illusione di aver compreso la personalità dell’altro, quindi, eventualmente fidarsi. Naturalmente, se c’è una buona relazione, se c’è un
investimento nell’altro o negli altri, se si è costruito un noi, il tradimento può sussistere, poiché è impossibile tradire un nemico, uno sconosciuto o qualcuno con cui non c’è un rapporto profondo. Anche se forse si potrebbe tradire il senso comune di umanità implicito nel genere umano, come nei crimini di guerra, negli stermini e nei genocidi. Nei miti e nella storia c’è un affollamento incredibile di tradimenti, accompagnati da innumerevoli violenze, conflitti e distruzioni che hanno connotato il genere umano come la specie più portata al tradimento reciproco.
Talvolta i conflitti nascono dalla diffidenza reciproca e dalla costruzione del nemico che molte persone attivano anche per motivi futili
In certi casi il dono è stato la trappola per conseguire un tradimento distruttivo usato da alcuni personaggi mitici dell’antichità: Ulisse e il suo cavallo di legno, Medea che regala a Glauce una corona incendiaria per vendicarsi del tradimento di Giasone, ma consideriamo anche Cristo tradito da due suoi apostoli, Giuda e Pietro. Le storie dei tradimenti sono legate all’inganno, spesso strategico, che alcuni mettono in atto per ambizione, per vendetta, per passione, per leggerezza, per gioco, per avere vantaggi e ricompense.
Talvolta i conflitti nascono dalla diffidenza reciproca e dalla costruzione del nemico che molte persone attivano anche per motivi futili, antipatie, atteggiamenti, traffico automobilistico stressante, appartenere a squadre diverse, pregiudizi banali che una volta che ci si conosce profondamente potrebbero dileguarsi, quindi incontrarsi e costruire progetti per il futuro. Ci sono molte proposte di comunicazione non violenta che si possono seguire per trasformare ogni conflitto in opportunità creative di conoscenza reciproca e trasformazione, mettendo insieme le belle differenze di ciascuno e l’unicità imprescindibile di ogni persona.
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Lifting, tutte le alternative
Grazie alle novità in campo estetico è possibile intervenire per migliorare l’aspetto di viso e corpo con risultati durevoli, senza ricorrere alla Chirurgia
Dott.ssa Maria Donatella
Calabretti
Medico Chirurgo Estetico Statte – Civitanova Marche FIME (Federazione Italiana Medici Estetici)
L’invecchiamento del viso è un processo complesso e multifattoriale che dipende dalla Genetica, dallo stile di vita (fumo, alcol, vita sedentaria, lampade e raggi UVA-UVB) e dalla situazione ormonale. I primi segni si hanno, di solito, con la disidratazione del viso, la cui pelle risulta secca e spenta a causa della perdita di collagene ed elastina e dell’assottigliamento dell’epidermide, che favorisce l’insorgenza di rughe sottili. Fino a qualche anno fa, per ottenere una pelle liscia, attenuare le rughe e avere viso e collo più giovani e freschi, la soluzione più idonea sarebbe stata una sola: l’intervento di Lifting, cioè un intervento chirurgico con riposizionamento degli strati facciali. Oggi, per fortuna, la Medicina estetica ha fatto enormi passi in avanti, elaborando nuovi trattamenti che permettono di distendere la pelle e ringiovanirla senza entrare in sala operatoria.
Addio alla Chirurgia
La domanda che spesso mi viene posta è se è davvero possibile ottenere gli effetti di un Lifting senza sottoporsi a un intervento chirurgico. La risposta è si. Se prima infatti si interveniva chirurgicamente solo con il Lifting tradizionale, una vera e propria luglio/agosto 2024
Nel Lifting non chirurgico l’effetto “liscio” è affidato all’azione di appositi macchinari oppure all’utilizzo di specifici principi attivi
operazione di Chirurgia estetica durante la quale si opera simultaneamente su tutte le zone del viso e del collo, svolta in anestesia totale, o con il mini-Lifting, sempre una operazione chirurgica ma meno invasiva perché eseguita per settori ma comunque in anestesia locale abbinata a una sedazione; con il Lifting non chirurgico, invece, si cambia completamente prospettiva. Addio Chirurgia, niente più bisturi e anestetici. L’effetto “liscio”, a seconda della tipologia di trattamento, è affidato all’azione di appositi macchinari oppure all’utilizzo di specifici principi attivi, con risultati ugualmente di grande impatto ma più naturali, con tempi di ripresa rapidi e costi decisamente ridotti. I trattamenti che possiamo utilizzare saranno comunque stabiliti dal Medico, una volta eseguita l’anamnesi, la valutazione clinica e considerate le aspettative del Paziente in termini di risultati.
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alternative alla Chirurgia
I vantaggi dell’acido ialuronico
L’acido ialuronico è un glicosaminoglicano naturalmente presente all’interno del nostro corpo e svolge azioni molto importanti tra cui sostenere e strutturare il derma, agire contro i radicali liberi e influenzare la proliferazione, differenziazione e riparazione tissutale. L’acido ialuronico diminuisce con il passare del tempo, causando la comparsa dei classici segni dell’invecchiamento come perdita di tono e comparsa di rughe e pieghe cutanee. L’obiettivo è quindi quello di fornire ai tessuti una nuova impalcatura in grado di garantire idratazione, flessibilità e fermezza. L’iniezione di acido ialuronico viene eseguita con ago o cannula, a seconda dell’area da trattare, e consente di definire e ripristinare lo zigomo, riempire la zona malare, ridefinire e riposizionare le guance, disegnare un mento sfuggente, definire la linea mandibolare e migliorare l’intera armonia del viso. Nel caso del trattamento di aree particolarmente sensibili, come le labbra e l’area peri-labiale, viene preventivamente applicata una potente crema anestetica che viene lasciata in sede per circa 20 minuti. Al termine del trattamento è possibile tornare immediatamente alle normali attività quotidiane con qualche accorgimento: evitare il trucco per le prime 24 ore, per le prime 48 ore astenersi anche da attività sportiva, sauna, bagno turco, lampada solare, bagni eccessivamente caldi, bagni in mare o in piscina. I risultati sono immediatamente visibili: la pelle risulta tesa, le rughe e le cavità appaiono riempite. Per quanto riguarda le zone più sensibili (come le labbra), il risultato definitivo è generalmente raggiunto in 5/14 giorni. Si consiglia di ripetere il trattamento ogni 3-12 mesi per mantenere i risultati.
Il
Lifting “liquido”
Il trattamento definito Lifting “liquido” utilizza come sostanza fondamentale l’idrossiapatite di calcio, formulata nel filler sotto forma di microsfere e con azione biostimolante, immersa in una matrice di carbossimetilcellulosa, che ha un effetto rimpolpante. Una delle proprietà più interessanti del filler a base di idrossiapatite di calcio è la sua capacità di stimolare la produzione di collagene, offrendo anche un effetto di rimpolpante e volumizzante, andando a contrastare le depressioni e le lassità cutanee. Il filler viene
Una delle proprietà più interessanti del filler a base di idrossiapatite di calcio è la sua capacità di stimolare la produzione di collagene
iniettato nelle aree del viso che hanno perso volume o che necessitano di un maggior sostegno strutturale, riempie gli spazi vuoti sotto la pelle, donando un aspetto più pieno e più giovane. Questo effetto può essere particolarmente evidente a livello di guance e zigomi, conferendo un aspetto più fresco, proporzionato e armonioso al volto. Dopo la seduta possono comparire nei punti delle microiniezioni arrossamenti o gonfiori che si risolvono di solito entro pochi giorni. È importante prestare attenzione alle istruzioni del Medico da seguire dopo il trattamento e prendersi cura della pelle trattata per minimizzare il rischio di complicazioni. I risultati sono visibili in parte da subito, soprattutto per quanto riguarda l’effetto rimpolpante, ma migliorano nelle settimane successive, tempo necessario all’organismo per produrre nuovo collagene.
Acido biostimolantepolilattico, e anallergico
Polimero dell’acido lattico, prodotto per sintesi chimica con una totale biodegradabilità e biocompatibilità, l’acido polilattico, una volta introdotto nel derma, stimola i fibroblasti a produrre collagene che va ad ispessire il derma e ad aumentare il tessuto sottocutaneo. Se iniettato nei tessuti umani, può essere completamente riassorbito nell’arco di 18-20 mesi e inoltre è immunologicamente inattivo e, quindi, è esente dal rischio di reazioni allergiche. Non si tratta di un vero e proprio filler ma piuttosto di un “biostimolante” della cute. Quando l’acido polilattico viene riassorbito (circa 6 mesi), resta il collagene che si è formato e che si mantiene per un tempo piuttosto lungo. La correzione non è quindi immediata ma si manifesta nei mesi successivi a seconda della risposta del Paziente e del numero di sedute effettuate. Il risultato ottenuto avrà una durata di circa 2-3 anni, molto di più di un normale filler, e sarà sempre possibile effettuare dei richiami per incrementarlo. La sua peculiarità consiste nel rin-
estetica & salute
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luglio/agosto
giovanimento di aree intere del viso, le microparticelle di acido polilattico vengono iniettate molto lentamente nello strato sub-dermico attraverso siringhe munite di aghi sottilissimi. Il trattamento non è particolarmente doloroso, il Paziente percepirà solo il pizzicore dell’ago e del materiale che viene iniettato. Subito dopo l’impianto è fondamentale il massaggio fatto direttamente dall’operatore affinché le microparticelle siano distribuite con assoluta uniformità nel distretto trattato: questo darà luogo ad un risultato uniforme e assai naturale. Nei giorni successivi sarà opportuno evitare l’esposizione a temperature troppo calde o troppo fredde e continuare, per almeno una settimana, ad effettuare un massaggio simile a quello effettuato dal Medico minimo due volte al giorno. I primi risultati saranno visibili dopo la quarta settimana dall’impianto, normalmente sono necessarie da 3 a 5 sedute per ottenere l’aumento volumetrico pianificato.
Light Lift
Rappresenta una soluzione veloce e facile per rimodellare e ringiovanire il viso, il collo e il décolleté, risollevando i tessuti di viso e corpo. Il trattamento permette di intervenire ancorando in profondità i tessuti cutanei riposizionandoli grazie ai fili tensori (lisci o spinati), sottili e flessibili fili realizzati con materiali naturalmente riassorbiti nel tempo, inseriti a livello sottocutaneo con dei piccoli aghi, che permettono di ottenere uno stiramento della cute evidente ma naturale. Inoltre, inducono nell’organismo l’attivazione dei fibroblasti e la formazione di collagene e di altre proteine, creando una struttura sottocutanea con la funzione di contrastare il cedimento verso il basso della pelle, portando ad un meccanismo di sollevamento biologico autoindotto. Il trattamento viene eseguito in anestesia locale e dura mediamente da 20 a 60 minuti, i risultati sono immediati e in genere possono durare fino a 2 anni.
L’uso dei fili per il viso, il collo e il décolleté presenta diversi vantaggi. In primo luogo richiedono un tempo di inattività minore rispetto all’intervento chirurgico, la procedura è minimamente invasiva e può essere eseguita in meno di un’ora e i tempi di recupero sono minimi o nulli; inoltre sono meno costosi della Chirurgia. Infine i fili di trazione riassorbibili possono essere utilizzati in modo mirato per trattare aree specifiche del volto, del collo e del décolleté, ottenendo così un effetto molto naturale.
I risultati ottenibili con questa metodica sono naturali e i tempi di recupero molto inferiori a quelli di un intervento chirurgico.
Gli ultrasuoni microfocalizzati si trasformano in energia termica, riparando il tessuto e favorendo la produzione di nuovo collagene
Ultrasuoni focalizzati
Si tratta di una metodica moderna in grado di assicurare un graduale ringiovanimento cutaneo senza la necessità di ricorrere a metodiche invasive, pur non sostituendo il tradizionale Lifting chirurgico. L’uso di Ultrasuoni microfocalizzati è stato approvato dalla FDA per la lassità palpebrale, ovale del viso, lassità di collo e decolleté e di altri parti del corpo quali braccio, addome, ginocchia e cosce. Il trattamento prevede l’uso di un apparecchio, simile ad un ecografo, che eroga fasci di ultrasuoni ad una profondità molto precisa, stabilita da protocolli standardizzati, indirizzati sul muscolo o fascia muscolare per raggiungere la stessa profondità del Lifting chirurgico. Gli Ultrasuoni microfocalizzati si trasformano in energia termica (che raggiunge una temperatura di 65-70 gradi), riparando il tessuto e favorendo la produzione di nuovo collagene, dando il via al processo di rigenerazione che si protrarrà per alcuni mesi. La metodica presenta diversi vantaggi rispetto al Lifting chirurgico per minore invasività e maggiore profondità di azione. Non è richiesto un trattamento particolare dopo la terapia per cui è possibile riprendere immediatamente la propria attività, l’energia trasmessa attraverso la cute non lascia alcuna traccia e non provoca lesioni epidermiche.
Radiofrequenza
Si basa su una tecnologia in grado di veicolare energia nel tessuto cutaneo e sottocutaneo, la quale si converte in calore che penetra in profondità, senza danneggiare gli strati superficiali dell’epidermide, stimolando l’attività dei fibroblasti, le cellule produttrici di collagene, elastina e acido ialuronico. Le sedute favoriscono un immediato accorciamento delle fibre collagene ed elastiche, generando un effetto di tensione cutanea, migliorando il microcircolo, aumentando l’ossigenazione della pelle che apparirà più compatta e lucente. Inoltre viene rafforzato il connettivo, il tessuto di sostegno, promuovendo un meccanismo di lipolisi indotta, ossia di parziale svuotamento volumetrico della cellula adiposa. È consigliata in caso di lassità cutanea, rughe e solchi, invecchiamento cutaneo di viso, collo, décolleté, addome, braccia, fianchi, interno coscia, polpacci. ●
luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 66 estetica & salute
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Leggere le avvertenze prima dell’uso. Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta varia, equilibrata e di uno stile di vita sano.
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Shiatsu, un’arte
Nato in Giappone come trattamento manuale, lo Shiatsu ha cominciato ad affiancare la Medicina tradizionale nei percorsi di cura dei Pazienti per migliorane la qualità della vita
per la salute
Andrea Mascaro
Presidente legale rappresentante FISieo
(Federazione ltaliana Shiatsu insegnanti e Operatori)
Giuseppe Montanini
Presidente area professionalità
CST FISieo (Comitato Scientifico Tecnico FISieo)
Prof. Edoardo Rossi
Oncoematologo ex-responsabile ambulatorio medicina integrata
Ospedale Gallino Pontedecimo - Genova
Dott.ssa Maria Teresa Corsetti
Dirigente medico Ematologia di Alessandria
Lo Shiatsu è un particolare tipo di trattamento manuale che è nato e si è sviluppato in Giappone. Si avvale di diversi riferimenti culturali e differenti tecniche che danno origine a veri e propri stili diversi fra loro. Il termine “Shiatsu” è un vocabolo composto da “shi” (dita) e “atsu” (pressione) e significa quindi “pressione con le dita”. Da molti anni in Italia lo Shiatsu viene utilizzato con profitto in strutture sanitarie nell’ambito di quella che oggi viene chiamata Medicina integrata o integrativa.
Il concetto di Medicina integrata
Attualmente la ricerca clinica è rivolta a migliorare le potenzialità terapeutiche con farmaci sempre più efficaci e “intelligenti” e a sostenere il benessere del soggetto malato, cominciando con il ridurre la tossici-
Lo Shiatsu è empatia e l’operatore percepisce le emozioni del Paziente e adatta il trattamento alle sue necessità
tà dei farmaci utilizzati anche, ove possibile, attraverso presidi naturali e/o fisici, che non appesantiscano ulteriormente le terapie farmacologiche. Questa è la strategia della Medicina integrata che si prefigge di offrire al Paziente il meglio della Medicina accademica associato al meglio dalla Medicina complementare. L’obiettivo fondamentale è dunque quello di offrire al Paziente la possibilità di vivere una “vita decorosa e dignitosa”, attraverso un’integrazione tra Medicina accademica e quella complementare. La prima ha il compito di creare, attraverso la conoscenza delle basi biologiche della malattia, un percorso terapeutico atto a combattere la malattia, mentre la seconda si concentra sulle esigenze più profonde della persona malata, contribuisce ad offrire un miglioramento della qualità di vita nel corso del trattamento, gli consente di essere partecipe attivamente al processo della propria cura, riduce gli effetti collaterali dei trattamenti e aiuta il Paziente ad affrontare meglio la Chemioterapia. Sulla base di questi concetti, trasversali nel mondo medico e nella società in cui viviamo, abbiamo sentito la necessità di accogliere queste nuove esigenze dei Pazienti oncologici. Siamo partiti dal presupposto che la dignità umana è un valore fondamentale che non può essere incrinato dalla malattia. Il Paziente nell’era moderna desidera un rapporto attivo con il
Medico e vuole, in particolare, essere protagonista del suo processo di guarigione. Tale concetto è definito come “Salutogenesi” e viene sostenuto dalla Medicina integrata che si ripropone anche un’attività preventiva nei confronti della malattia
Nella Medicina integrata l’Operatore Shiatsu si inserisce perfettamente perché lo Shiatsu è empatia e l’Operatore percepisce le emozioni del Paziente e adatta il trattamento alle sue necessità. Il punto di forza dello Shiatsu è rappresentato dal fatto che si tratta di una relazione diadica tra l’operatore e l’individuo che si sottopone al trattamento che porta ad un legame di attaccamento, incidendo positivamente sul superamento delle difficoltà dei percorsi di cura.
Cos’è lo Shiatsu
Questa particolare metodica trae origine dalla Medicina e dalla Filosofia orientali per le quali ogni organismo vivente, anche e soprattutto l’essere umano, è pervaso da energia vitale. Il Ministero della Salute e del Benessere del Giappone lo definisce così: “Lo Shiatsu è un trattamento nel quale si adoperano i pollici e le palme delle mani per esercitare pressioni su determinati punti, allo scopo di correggere irregolarità dell’organismo, di conservare e migliorare lo stato di salute e di contribuire alla cura di taluni stati morbosi”.
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Un approccio globale
Lo Shiatsu viene attualmente definito in Italia “un’arte per la salute”. Tramite una precisa sequenza di pressioni esercitate su tutto il corpo, aiuta a riequilibrare l’organismo sia da un punto di vista funzionale che fisiologico oltre che energetico. Inoltre permette di recuperare le proprie forze, se indebolite da stress e tensioni, sempre in armonia con la natura e senza eventuali effetti indesiderati. Una sua caratteristica importante è di avere un approccio globale all’individuo: non si pone come obiettivo solo l’eliminazione dei sintomi e dei disturbi più superficiali ma considera e tratta l’individuo nella sua totalità, tenendo conto di tutta la sua complessità. Scopo primario dello Shiatsu é di stimolare la capacità di “auto-guarigione” insita in ogni individuo, contribuendo a mantenere l’organismo nelle migliori
Scopo primario dello Shiatsu è di stimolare la capacità di “autoguarigione” insita in ogni individuo, contribuendo a mantenere l’organismo nelle migliori condizioni di salute
condizioni di salute. Nel trattamento Shiatsu la pressione perpendicolare, mantenuta costante, costituisce la peculiare caratteristica di lavoro raffinato che ciascuno stile realizza, secondo i propri riferimenti scientifici, culturali e tecnici. Lo Shiatsu è presente In Italia dalla metà degli anni ’60 e, da allora, si sono sviluppati diversi stili che hanno avuto una notevole e positiva evoluzione, frutto dello studio e della pratica di molti pionieri e ricercatori.
I principi della pratica
È possibile ritrovare le radici dalle quali lo Shiatsu prende vita nel concetto di “Salutogenesi”, termine che letteralmente vuol dire “ciò che genera salute” e che, per noi occidentali, è un concetto relativamente giovane in quanto elaborato circa una quarantina di anni fa dal Sociologo Aaron Antonovsky. Antonovsky interpretò la salute come un continuum fra salute e malattia (quindi non uno “stato” come recita la definizione dell’OMS) e in particolare si chiese cosa permettesse ad un individuo di passare da una condizione di malattia ad una di salute. Rispose in maniera molto semplice a questa domanda, elaborando però un concetto complesso: il senso di coerenza, ovvero i soggetti si mantengono meglio in salute se vivono coerentemente con ciò che accade loro. Ma questo si traduce in pratica in una capacità di comprendere ciò che accade, in una successiva capacità di affrontare ciò che accade e, infine, nella capacità di dare un significato, ovvero un senso, all’esperienza e, quando si parla di senso, si può rileggerlo anche nell’accezione di direzione: ciò che ci sta accadendo deve poter dare una direzione evolutiva alla nostra vita. Quindi la Salutogenesi è la capacità di trasformare quel momento traumatico in un’occasione di crescita e di evoluzione o, per dirla in termini più vicini allo Shiatsu, per dare una nuova direzione alla nostra energia.
In estrema sintesi la salute sta nella capacità di sostenere in senso creativo il cambiamento, cioè costruire la propria vita attraverso il cambiamento, proprio come suggeriva Antonovsky. Aspetto che si ritrova anche in Biologia, nella recente definizione del concetto di “allostasi” del Fisiologo Peter Sterling, che ci dice che sotto stress l’organismo attiva tutta una serie di modificazioni multisistemiche e coordinate, sia fisiologiche che comportamentali, col fine di raggiungere un nuovo equilibrio (“stability through change”). Tutto ciò lo ritroviamo anche nelle basi filosofiche dello Shiatsu dell’antica Cina, come lo “Yang Sheng” ovvero “l’arte di nutrire la vita ogni giorno”,
salute & benessere
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che raccoglie le pratiche di lunga vita, concependo anche quelle di consapevolezza corpo-mente, fondate su un pensiero olistico e non meccanicistico. Non parliamo più quindi di mera sopravvivenza, bensì di percorsi evolutivi e di conoscenza di sé, nei quali il malessere ci fa da guida. Lo Shiatsu è il frutto moderno di questa visione che ha radici antiche. È una pratica corporea che aiuta la persona a ritrovare in sé risorse vitali migliori e a ripristinare i naturali meccanismi di autocura (autopoietici e allostatici) e, allo stesso tempo, contribuisce a recuperare fiducia in sé stessi e nella propria vita, riconoscendo sempre meglio i propri bisogni autentici e profondi che diventano una nuova bussola per il cambiamento, così da poterlo vivere e non più solo subire.
Shiatsu e Medicina integrata
Nell’ambito della Medicina integrata viene praticata una chiara distinzione tra la cura della patologia e il sostegno allo stato di salute e al benessere della persona. Proprio la chiarezza, condivisa senza alcuna ambiguità, della distinzione tra questi due settori di lavoro, ha consentito e consente lo sviluppo di questa proficua collaborazione tra le figure sanitarie e i professionisti dello Shiatsu. Questi interventi degli Operatori Shiatsu nelle strutture sanitarie si sono sviluppati negli anni in diversi settori, dall’Oncologia ai Disturbi alimentari, alle dipendenze, agli hospice, fino alla cura dell’Alzheimer e del Parkinson. In particolare, in questi ultimi anni si è moltiplicata
Gli interventi degli Operatori
Shiatsu si sono sviluppati in diversi settori, dall’Oncologia ai Disturbi alimentari, alle dipendenze, fino alla cura
dell’Alzheimer e del Parkinson
la presenza di Operatori Shiatsu in strutture dedicate alla cura di Pazienti oncologici sia adulti che pediatrici. Questa diffusione, con la conseguente richiesta sia da parte del pubblico che del privato, di Operatori specializzati nel lavoro in equipe in questi ambiti ha portato la FISieo (Federazione Italiana Insegnanti ed Operatori Shiatsu) ad avviare uno specifico corso di aggiornamento per i propri operatori, tutti professionisti attestati ex L 4/2013.
La funzione dell’Operatore
Fino ad oggi l’accrescimento delle competenze degli Operatori Shiatsu per operare in equipe in questi specifici campi è avvenuto grazie alla proficua interazione sul campo tra le figure sanitarie e gli operatori stessi.
Come è facile intuire, inizialmente, si trattava di un nuovo campo di azione tutto ancora da costruire e nessuno aveva l’esperienza necessaria per trasmettere conoscenze e competenze ai professionisti che intendevano lavorare in questi nuovi e vari settori. Sono adesso trascorsi oltre vent’anni dalle prime esperienze di questa collaborazione in strutture sanitarie pubbliche e private e si sono così cumulati e creati sufficienti dati e competenze da trasmettere ai nuovi professionisti Shiatsu. Il primo corso ha preso l’avvio negli ultimi mesi del 2023, grazie particolarmente alla competenza, passione e disponibilità del Dott. Rossi e della Dott.ssa Corsetti. I professionisti Operatori Shiatsu, attestati della FISieo, iscritti sono attualmente 120 e nei primi mesi del 2025 completeranno questo specifico iter formativo. Tra circa un anno avremo così un nutrito gruppo di Professionisti Shiatsu che potranno offrire alle strutture pubbliche e all’utenza privata le migliori garanzie di competenze e abilità per lavorare proficuamente in questi delicati settori.
Nell’interesse dell’utenza e del miglioramento dello stato di salute e di benessere delle persone, ci auguriamo che queste esperienze di Medicina integrata si diffondano sempre di più, anche nelle Case di Comunità, nelle RSA e negli Hospice.
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Dermobiotica, la Cosmesi del futuro
Grazie all’attenzione sempre
maggiore al dermobiota, i cosmetici sono oggi formulati con una maggiore cautela verso ingredienti con principi attivi benefici e salutari
Dott.ssa Maria Elena Setti
Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche Farmacista - Cosmetologa
Da recenti ricerche scientifiche su varie problematiche della pelle, come Dermatiti, secchezza, disidratazione, Acne e impurità, si è evidenziata una correlazione tra la loro comparsa o peggioramento e il disequilibrio del microbiota cutaneo. Ma che cosa è il microbiota cutaneo? Perché è importante utilizzare una cosmesi che se ne prende cura? Vediamolo insieme.
Dermobiota: difende e protegge
In questi ultimi anni si parla sempre di più di microbiota cutaneo detto anche dermobiota, del suo ruolo nelle patologie della pelle e dell’importanza di preservarlo per la salute e la bellezza della pelle. Si tratta dell’insieme di microrganismi (batteri, funghi, virus e acari) che vivono sulla pelle, in perfetta simbiosi con essa e che, interagendo col sistema immunitario, contribuiscono a mantenere la pelle in equilibrio. La sua funzione è quella di aiutare la pelle a difendersi dagli agenti esterni, è fondamentale per preservare l’integrità della barriera cutanea, ha un ruolo importante nel regolare le infiammazioni e la riparazione della pelle stessa e determina anche l’odore che ognuno di noi emana. Utilizzando
La funzione del dermobiota è quella di aiutare la pelle a difendersi dagli agenti esterni ed è fondamentale per preservare l’integrità della barriera cutanea
prodotti specifici per riequilibrare il dermobiota, la pelle risulta meno soggetta a problematiche di diversa natura.
Un delicato equilibrio
Come anticipato, il dermobiota è composto da tantissime specie di microrganismi che convivono e cooperano in armonia in un delicato equilibrio. Quando non vi è un’eccessiva proliferazione di uno specifico ceppo, il dermobiota svolge le sue funzioni biologiche in modo efficiente e mantiene la pelle in salute, questa condizione di equilibrio si chiama eubiosi. Questo equilibrio però si può rompere a causa di agenti esterni come, ad esempio, inquinamento, prodotti cosmetici non naturali o aggressivi come certi conservanti o tensioattivi, oppure a causa di fattori interni come un’alterazione
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del sistema immunitario, una cattiva alimentazione o l’utilizzo di alcuni farmaci come, per esempio, gli antibiotici sia ad uso topico che per assunzione orale. Anche il cambiamento del pH della pelle, le radiazioni UV, il passare degli anni possono modificare il microbiota cutaneo. Alcune abitudini o prassi di lavoro come l’utilizzo della mascherina, favoriscono la proliferazioni di certi ceppi batterici, peggiorando l’Acne o la Rosacea in quanto si ricrea sulla pelle un ambiente più caldo e umido.
Alterazioni del dermiobiota
Se l’equilibrio si altera, alcune specie prevalgono su altre oppure i batteri che chiamiamo “buoni” si trasformano in patogeni. In questa situazione il dermobiota è in squilibrio (disbiosi) ed è terreno fertile per tanti problemi della pelle a seconda del tipo di batteri o di altri microrganismi che proliferano. Ad esempio il “cutibacterium acnes”, che è normalmente presente in piccole quantità in tutte le pelli, è spesso causa dell’Acne, quando prende il sopravvento; la “malassezia furfur” invece è un fungo, anch’esso normalmente presente in tutte le pelli ma, quando è in squilibrio, può dare origine a Dermatiti seborroiche o a Pitiriasi versicolor. Anche i prodotti cosmetici possono potenzialmente interferire con il microbiota cutaneo e quindi il loro impatto dovrebbe essere maggiormente valutato dalla comunità scientifica e dalle industrie cosmetiche. Per esempio l’utilizzo di prodotti cosmetici idratanti è in grado di modificare l’espressione batterica del microbiota cutaneo (ha aumentato la diversità) indipendentemente dallo stato iniziale di idratazione.
La cosmesi del futuro
Grazie alle recenti conoscenze si stanno sviluppando nuovi prodotti che non solo non interferiscono con l’equilibrio del dermobiota ma lo possono mantenere in salute. Nasce quindi il concetto di cosmetico “dermobiotico” realizzato con ingredienti benefici per il microbiota cutaneo che apportano principi attivi per nutrirlo e favoriscono il bilanciamento tra microrganismi “buoni” e “cattivi”. Comprendere gli effetti dei cosmetici sull’equilibrio del microbiota cutaneo permetterà alle aziende che sviluppano nuove materie prime di creare attivi nuovi ed efficaci nel proteggere e ripristinarne l’equilibrio e alle case cosmetiche di creare prodotti sempre più validi sia nel ramo dello “skincare”, come nei cosmetici per l’anti-age, che in quello dermatologico, aiutando le pelli problematiche a riequilibrarsi.
L’aumentata crescita sul mercato di prodotti con attivi dermobiotici ci fa capire l’interesse sia da parte delle
aziende sia del consumatore che ne percepisce l’enorme potenzialità per il bene della sua pelle.
Gli ingredienti benefici
Questi ingredienti entrano a far parte dei “biotici” e si suddividono in:
• prebiotici: nutrono i microrganismi buoni del dermobiota, tra questi troviamo inulina, oligosaccaridi e polisaccaridi (alfa e beta-glucani); per garantire che la pelle sia in condizioni ottimali è importante nutrire i batteri che la abitano e i prebiotici sono molto usati in campo cosmetico;
• probiotici: sono veri e propri microrganismi che, nelle formulazioni cosmetiche, vengono introdotti in forma stabilizzata in modo che il prodotto si possa conservare e non ne alterano la formulazione; si tratta di “lactobacillus plantarum” o altri Lactobacilli, associati a un miglioramento della funzione della barriera cutanea, a un rafforzamento delle difese naturali della pelle, all’inibizione della crescita di patogeni e alla riduzione di secchezza e rossori;
• postbiotici: sono le sostanze buone prodotte dai batteri stessi, promuovono la salute e il benessere della pelle; tra questi i derivati dell’avena fermentata, l’acido lattico o l’acido ialuronico da biotecnologia.
Alcuni consigli
I prodotti dermobiotici sono ideali ogni qualvolta occorra normalizzare la pelle in squilibrio, per trattare pelli sensibili, sensibilizzate, secche, reattive, atopiche, impure, dopo trattamenti estetici come Laser, acidi e durante trattamenti oncologici. Sono molto utili prima di qualunque percorso di trattamento estetico, per riequilibrare la pelle e renderla più ricettiva al trattamento, consigliati anche dopo esposizione solare o lampade. Importante la fase della detersione con tensioattivi delicati, facendo attenzione alle saponette che hanno un pH troppo diverso dalla nostra pelle e tendono a seccarla, creando quindi un disequilibrio. L’idratazione è un passaggio fondamentale, deve essere fatta con ingredienti il più possibile eudermici e ripristinare il film idrolipidico. Non esagerare con peeling e scrub che possono alterare la barriera cutanea e quindi creare occasioni per batteri “non buoni” di proliferare e passare attraverso la cute. È bene scegliere cosmetici dermocompatibili e il più affini possibile alla pelle, ricchi di oli, burri naturali, agenti idratanti per il ripristino del fattore naturale di idratazione e del film idrolipidico e optare per attivi dermobiotici specifici per i propri problemi di pelle.
La Dermobiotica è sicuramente la Cosmesi del futuro dove in gioco c’è l’equilibrio e la salute della nostra pelle.
luglio/agosto 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 76 cosmetici & benessere ●
Il
talento del cervello
Come racconta in questo libro dal titolo “Il talento del cervello. 10 lezioni facili di neuroscienze” Michela Matteoli, una tra i Neuroscienziati italiani più riconosciuti a livello internazionale, il cervello ha un punto di forza: la plasticità, cioè la proprietà di modificare se stesso e di autoripararsi, inoltre è l’organo in grado di invecchiare meno di tutti gli altri. È il motivo per cui può evolversi nel corso dell’intera esistenza, espandendosi, letteralmente, e costruendo nuovi collegamenti tra i neuroni. Facile intuire dunque che, prendendocene cura, possiamo mantenerci giovani, puntare alla longevità e salvaguardare allo stesso tempo la salute del
corpo. In dieci lezioni facili di neuroscienze, l’autrice guida i lettori alla scoperta delle grandi potenzialità della nostra mente, ma anche del nemico principale del sistema nervoso, l’infiammazione cronica, che provoca invecchiamento precoce e innesca lo sviluppo di patologie come Alzheimer, Parkinson e Depressione. Attualmente gli scienziati sono concentrati proprio nella ricerca di metodi che contrastino la neuroinfiammazione e, per prevenire e rallentare i suoi danni, è possibile adottare protocolli di prevenzione anche nelle semplici azioni quotidiane.
Autore: Michela Matteoli
Editore: Sonzogno
Difficile da diagnosticare e con segnali clinici di complessa identificazione, la Fibromilagia è una patologia, troppo spesso incompresa, definita come un disturbo del dolore cronico. Nonostante nel corso degli anni siano stati proposti diversi criteri di classificazione, di diagnostica e di screening, attualmente non esistono esami specifici che possano indirizzare verso la sua diagnosi. Nel libro “La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla” l’autore, Francesco Garritano, Biologo nutrizionista, laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e in Scienze della Nutrizione, tenta, mettendo insieme le esperienze scientifiche e i contributi raccolti nella sua attività clinica, di essere d’aiuto nella gestione di questa patologia, sem-
pre più diffusa, non solo sul versante strettamente medico ma anche motivazionale. L’obiettivo è quello di spiegare come si possono ottenere risultati apprezzabili grazie a un trattamento mirato, specie se tempestivo, e a un approccio multifattoriale che affianchi alla terapia farmacologica anche un percorso non farmacologico in particolare seguendo una sana alimentazione, prediligendo frutta, verdura, cereali integrali e pesce, svolgendo attività fisica, in relazione alle condizioni del soggetto fibromialgico e intervenendo, ove necessario, con integrazioni nei casi in cui si ricontrino carenze di Vitamina D.
Autore: Francesco Garritano
Editore: Edizioni Lswr
Al giorno d’oggi il concetto di sostenibilità si ritrova in moltissimi ambiti della nostra vita quotidiana, nella politica mondiale, nelle scelte aziendali e sui mass media. Quello che emerge però è spesso una discrepanza tra impegni assunti e comportamenti praticati, provocando un impoverimento culturale del concetto stesso di sostenibilità. Nel libro “L’alfabeto della sostenibilità. 26 modi di essere sostenibili” gli autori, Francesco Morace (sociologo) e Marzia Tomasin (giornalista), raccontano invece 26 storie che dimostrano senza ombra di dubbio che, nonostante le difficoltà che si incontrano a metterla in atto, la scelta della sostenibilità, inizialmente costosa, procura poi grandi vantaggi, scoprendo che il concetto è stato preso molto seriamente da soggetti abituati alla concre-
tezza e alla lungimiranza, come le imprese di successo. Si tratta di imprese che hanno saputo tracciare e reinventare una strada che sia in grado di “sostenere” il futuro del nostro Pianeta. Il costo è legato non tanto e non solo alle spese che bisogna sostenere per modificare i processi produttivi e organizzativi, ma soprattutto al cambiamento di paradigma culturale che questa dimensione comporta perché tutti, dalla politica alle imprese, dai media ai consumatori, arrivino a cambiare la grammatica dei propri comportamenti e a parlare un linguaggio adatto alle sfide del XXI secolo.
Autore: Francesco Morace, Marzia Tomasin Editore: Egea
La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla
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L’alfabeto della sostenibilità
120°
Sostenibilità dell’acqua e tecnologie
Le tecnologie digitali possono offrire un contributo determinante nella gestione della risorsa idrica e il loro ruolo deve essere inserito in un quadro di riferimento orientato alla sostenibilità
Sostenibilità digitali
Fondazione per la Sostenibilità Digitale
L’acqua è fondamentale per l’ambiente, per le persone, per la prosperità e per la pace, elementi che sono alla base dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La sua “abbondanza”, erroneamente percepita dai cittadini del nostro Paese, ha fatto si che essa venisse considerata da sempre come qualcosa di scontato. La realtà è ben diversa: infatti, pur essendo un bene comune, ha tutte le caratteristiche di una risorsa sempre più scarsa, da gestire con
cura e attenzione. Ciò appare evidente osservando i dati relativi alla situazione dell’acqua in Italia che, seppur con differenze da regione a regione e da territorio a territorio, risultano decisamente preoccupanti: la dispersione lungo la rete idrica nazionale, infatti, va dal 14% (ad esempio Milano) al 72%, con una media che si attesta al 42%. Inoltre, in più del 50% dei Comuni italiani, le perdite idriche totali sono superiori al 35% dei volumi immessi in rete.
La Sostenibilità Digitale del settore idrico
In questo contesto, transizione digitale (ossia l’utilizzo delle tecnologie digitali) e trasformazione digitale (cioè la sostituzione delle modalità manuali con quelle digitali) rappresentano due fenomeni che ridefiniscono profondamente il rapporto con la risorsa idrica; per questo motivo, è oggi necessario riflettere sulle modalità attraverso le quali questi fenomeni possano e debbano essere implementati nelle filiere dell’acqua.
Sostenibilità Digitale (ossia la modalità con cui si dovrà sviluppare la tecnologia digitale per contribuire ad una maggiore tutela dell’ambiente) nel settore idrico rappresenta dunque una sfida cruciale che richiede l’utilizzo responsabile e consapevole delle tecnologie, ponendo un’enfasi particolare sull’equilibrio tra il progresso tecnologico e l’impatto ambientale. Questo approccio va oltre la mera riduzione dell’impatto ecologico delle tecnologie e abbraccia un concetto più ampio di sostenibilità, incorporando l’ efficienza energetica , l’ economia circolare e la responsabilità sociale come pilastri fondamentali.
Il convegno “Sustainable Water”
Ne è convinta la Fondazione per la Sostenibilità Digitale che, nell’ambito delle attività previste nel 2024 e su iniziativa delle aziende sostenitrici Acquedotto Pugliese, Gruppo CAP, Italgas e MM, ha promosso la costituzione del gruppo di lavoro “Sustainable Water” che in questi mesi ha lavorato alla redazione di un Position Paper dedicato proprio a questo tema. Il documento, che analizza le diverse tecnologie digitali per il settore e come queste, applicate a 14 esempi d’uso, siano di supporto agli obiettivi di sostenibilità di Agenda 2030, è stato presentato il 4 marzo nel corso del convegno “Sustainable Water: il ruolo del digitale nella gestione sostenibile della risorsa idrica”, organizzato a Milano presso la sede di Gruppo CAP.
Obiettivo del convegno è stato quello di condividere il Position Paper con i principali operatori del settore delle diverse Regioni italiane, con l’auspicio di rafforzare il partenariato, allargare la composizione del gruppo e di poter, in seguito, avviare iniziative concrete in modo partecipato. “Crediamo fortemente in un approccio sistemico che coinvolga tutti i gestori del Servizio Idrico Integrato del Paese, non solo per la forte spinta all’innovazione tecnologica che questo produrrebbe, ma anche per come gli operatori potrebbero utilizzare la leva del digitale per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità”, ha spiegato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale:. “L’auspicio è quindi quello di instaurare un dialogo costruttivo e un processo collaborativo fra tutti i gestori del Servizio Idrico Integrato italiano, che tenga conto delle diverse esigenze territoriali del nostro paese e che sia capace di evolversi e arricchirsi grazie al contributo di tutti i partecipanti”.
Pur essendo un bene comune, l’acqua ha tutte le caratteristiche di una risorsa sempre più scarsa, da gestire con cura e attenzione
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L’iniziativa della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, guidata da un gruppo di soci che vede al suo interno alcuni tra i principali attori del settore del nostro Paese, vuole rappresentare un punto di riferimento sul tema della sostenibilità digitale dell’acqua e del settore idrico, prevalentemente frammentato in piccole e medie imprese pubbliche che non sempre dispongono delle risorse, soprattutto economiche, per far fronte agli investimenti necessari a garantire una gestione efficiente, efficace e sostenibile della risorsa idrica.
Dalle nuove tecnologie
alla Sostenibilità
Più nel dettaglio, il Position Paper esamina alcune delle tecnologie di interesse preminente per le società del settore, tra le quali l’ Intelligenza Artificiale, l’Industrial Internet of Things (IIoT) e i Digital Twin, riportando per ognuna di esse alcuni
Solo attraverso lo sviluppo di una visione comune e tramite la collaborazione tra gli operatori del settore, le soluzioni esistenti potranno essere implementate
esempi di applicazione in campo idrico. Seguendo poi la logica di aggregazione delle tecnologie sono stati individuati 14 casi d’uso, veri e propri esempi di come l’utilizzo di una combinazione di strumenti digitali permette di risolvere criticità, ottimizzare ed evolvere processi aziendali. Ogni esempio d’uso, inoltre, è stato analizzato in maniera sistematica, correlandone gli impatti agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di Agenda 2030, individuando così i benefici derivanti dall’utilizzo delle diverse tecnologie applicabili ad ogni fase.
Il primo caso d’uso, relativo al controllo degli impianti di prelievo, è ad esempio messo in relazione con il tema dell’aumento dell’efficienza idrica. In questa direzione la raccolta e l’analisi dei dati forniti dall’IIoT (Industrial Internet of Things) e dal Digital Twin, elaborate dall’Intelligenza Artificiale, permettono di ottimizzare i processi di prelievo e distribuzione dell’acqua: ciò si traduce in un miglioramento dell’efficienza nella gestione delle risorse idriche, riducendo gli sprechi e promuovendo un utilizzo più mirato e consapevole dell’acqua, e in un miglioramento, inoltre, della sostenibilità a lungo termine del sistema idrico.
Il settimo caso d’uso esaminato, riguardante la riduzione delle perdite, impatta invece, tra le altre cose, sullo sviluppo di infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti. Incrociando le informazioni dei flussi idrici con altri dati (condizioni meteo, condizioni del traffico, riparazioni effettuate sulla rete ecc.) la combinazione delle tecnologie IIoT, Big Data e Intelligenza Artificiale permette di prevedere futuri guasti, consentendo ai gestori di indirizzare in via preventiva, mirata e affidabile gli investimenti per sostituzioni di tubazioni ad alto rischio: in questo modo non solo si riducono le perdite, ma si prevengono anche casi di nuove perdite occulte.
Per concludere
Insomma, il digitale può offrire un contributo determinante nella gestione della risorsa idrica e il suo ruolo deve essere inserito in un quadro di riferimento orientato alla Sostenibilità, ispirandosi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di Agenda 2030. Ma è solo attraverso lo sviluppo di una visione comune e tramite la collaborazione tra gli operatori del settore che le soluzioni esistenti potranno essere implementate, esprimendo tutto il proprio potenziale, garantendo una migliore gestione di una risorsa tanto importante quanto fragile, nell’ottica di un futuro più sostenibile.
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