Elisir di Salute - 3/2024 - maggio/giugno

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Quale relazione?

INTESTINO INFIAMMATO

Il ruolo della dieta CUORE E TIROIDE

cibo & salute Alternative vegetali nella dieta

mente & corpo Mal di testa, il fattore psiche

CISTITE Le terapie più efficaci

SALUTE DEGLI OCCHI

L’importanza degli screening

salute & benessere Yoga ormonale, un aiuto per il Diabete estetica & salute

Grasso localizzato, quali trattamenti?

9 772465 303002 40006 ISSN 2465-3039 Anno XXIV • N. 05/06-2024, periodicità bimestrale • 03/05/2024 • Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB maggio/giugno € 3,90

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Pubblicazione a stampa: ISSN 2465-3039

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sono trascorsi ormai quasi vent’anni dall’uscita del nostro primo numero e la nostra motivazione e impegno a portare avanti un obiettivo di informazione corretta, su prevenzione e salute, sono più che mai validi e semmai accresciuti dal gradimento sempre crescente del pubblico.

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Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 6966 del 24/11/1999

Iscrizione R.O.C. n. 20066

La salute e il benessere sono temi di fondamentale importanza che rivestono un ruolo differente ma ugualmente importante nelle varie fasi della vita. Ho sempre pensato che l’attività di un medico non finisca una volta realizzata l’attività clinica e di aggiornamento ma che sia una nostra precisa responsabilità, anche e soprattutto, quella di rendere note le indicazioni e informazioni per evitare, quanto più possibile, il disequilibrio e la malattia, mantenendo invece uno stato di benessere sia fisico che mentale. Questo è ciò che abbiamo cercato e continuiamo a fare in questi anni, con l’aiuto prezioso di centinaia di Medici, Ricercatori ed esperti dei vari ambiti di cui ci occupiamo. A loro va un sentito ringraziamento perché senza la loro disponibilità e volontà di dialogo con il pubblico la nostra rivista non potrebbe esistere.

Il nostro concetto di salute è andato definendosi in modo sempre più ampio e completo nell’ottica di una visione olistica del benessere e della salute della persona. La prevenzione attraverso opportuni e periodici controlli, un’alimentazione corretta ed equilibrata, come quella mediterranea, a cui destiniamo sempre maggiore spazio, la pratica costante di un’adeguata attività fisica, ormai da ritenere vero e proprio “farmaco naturale” da “assumere” quotidianamente, l’equilibrio mentale ottenuto attraverso opportune scelte di vita e nuove discipline a cui attingere, l’attenzione all’ambiente e la limitazione dei fattori inquinanti, sono tutti aspetti ugualmente importanti.

È solo attraverso l’attenzione verso ognuno di questi elementi e comportamenti, in una parola lo “stile di vita”, che può nascere il nostro “stare bene”.

Buona lettura!

Enrico Montanari

Direttore Scientifico

È vietata la riproduzione totale o parziale di ogni contenuto di questa pubblicazione senza il consenso dell’editore. Tutti i punti di vista espressi in questa pubblicazione sono quelli dei rispettivi autori e non riflettono necessariamente quelli delle organizzazioni, delle istituzioni, delle imprese a cui essi appartengono e neppure riflettono necessariamente i punti di vista dei membri degli organi di direzione ed editoriali di questa pubblicazione. Nulla di quanto contenuto in Elisir di Salute intende rappresentare un consiglio, ovvero una raccomandazione, concernente una qualsiasi delle cure, dei metodi e dei rimedi descritti. Gli editori non danno, né espressamente né implicitamente, garanzie sul piano terapeutico o su quello della convenienza rispetto a pratiche o utilizzi specifici, né riconosceranno alcuna responsabilità, verso chi sosterrà di essere stato danneggiato in conseguenza della pubblicazione di Elisir di Salute o dell’utilizzo delle informazioni pubblicate.

il sommario

cibo & salute

08 Nespola, quali proprietà?

Ricca di microelementi, polifenoli, vitamine e sali minerali, svolge un ruolo importante nel mantenimento della nostra salute

Dott.ssa Maria Chiara Dell’Amico

14 Alimenti di origine animale e alternative vegetali

Gli studi scientifici hanno verificato che i modelli alimentari più salutari sono quelli basati su un largo consumo di alimenti di origine vegetale

Prof.ssa Daniela Martini

18 Naturalmente dolce

Per dolcificare bevande e alimenti, tra le varie alternative possibili, è bene preferire i dolcificanti naturali...

Dott.ssa Sara Simonetti medicina

22 Cuore e tiroide, quale relazione

Eventuali alterazioni nella produzione di ormoni prodotti dalla tiroide possono ripercuotersi sul funzionamento del cuore e di tutto l’apparato cardiovascolare

Prof. Michele M. Gulizia, Dott.ssa Stefania Angela Di Fusco, Dott.ssa Fabiana Lucà, Dott. Edoardo Gronda, Prof. Domenico Gabrielli

28 Salute degli occhi, l’importanza della prevenzione

È importante effettuare screening preventivi e di controllo sin da bambini...

Prof. Dott. Demetrio Spinelli

32 Mal di schiena, dalle cause ai rimedi

Tra le diverse cause, lo stile di vita sedentario, caratterizzato da lunghe ore trascorse in posizioni statiche, può indebolire i muscoli della schiena...

Dott. Umberto Lavagnolo

36 La prima visita del bambino

È un momento importante per garantire il benessere globale del piccolo e della sua famiglia...

Prof. Massimo Agosti

45 Cistite, le terapie più efficaci

Alcune condizioni come la gravidanza o la presenza di alcune patologie possono favorire l’insorgere delle Cistiti...

Prof. Andrea Minervini, Dott. Antonio Andrea Grosso, Dott. Andrea Mari, Dott.ssa Mara Bacchiani

48 Infiammazione intestinale, quale dieta?

In presenza di patologie dell’intestino

è importante valutare, con l’aiuto degli Specialisti, il regime alimentare...

Dott.ssa Maria Cappello

n. 3 2024 maggio/giugno
Anno XXIV N. 05/06-2024, periodicità bimestrale • 03/05/2024 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB maggio/giugno € 3,90 INTESTINO INFIAMMATO Il ruolo della dieta CUORE E TIROIDE Quale relazione? SALUTE DEGLI OCCHI L’importanza degli screening CISTITE Le terapie più efficaci mente & corpo Mal di testa, il fattore psiche cibo & salute Alternative vegetali nella dieta salute & benessere Yoga ormonale, un aiuto per il Diabete estetica & salute Grasso localizzato, quali trattamenti? EDS24_03_C.indd 1 26/03/24 14:19 36 22 28

il tuo medico di famiglia

54 Medicina di Emergenza, il caso dell’Emilia Romagna

La creazione in Emilia Romagna dei nuovi Centri di Assistenza e Urgenza, seppur con molte criticità, rappresenta un tentativo di sgravare i Pronto Soccorso...

Dott. Fernando Perrone

piante medicinali

50 Alga Spirulina, una fonte di benessere

Numerosi studi hanno dimostrato svariati benefici di questa microalga: dai vantaggi per la salute vascolare o di prevenzione per obesità e Diabete fino ad arrivare agli usi in ambito cosmetico

Dott.ssa Anna Rosa Magnano psicologia

61 Disturbo bipolare, quale approccio?

Ne soffre il 4% della popolazione mondiale, tanti ne parlano, ma pochi sanno di cosa si tratta, proviamo a conoscerlo...

Dott.ssa Silvia Marinelli

mente & corpo

64 Mal di testa, le componenti psicologiche

In un’ottica psicosomatica l’attacco emicranico rappresenta...

Dott.ssa Luisa Merati

salute & benessere

70 Yoga ormonale, un aiuto per il Diabete

Oltre che per il benessere generale, lo Yoga ormonale può essere un’ottima pratica anche in caso di Diabete...

Carla Nataloni

estetica & salute

79 Grasso localizzato, i trattamenti più efficaci

In molti casi uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata non sono sufficienti per eliminare le adiposità...

Dott. Eugenio Maria Amato

ecologia & salute

82 Ambiente e saggezza indigena

Secondo le Nazioni Unite le duemila comunità indigene salvaguardano l’80% della biodiversità mondiale...

Dott. Giuseppe Lai

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il sommario

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Microbiota, nuova opportunità di salute

Le numerose ricerche compiute sul concetto di microbiota hanno portato a riconoscere attività del tutto sconosciute sul piano funzionale e fisiologico, utili e necessarie per il mantenimento di uno stato di salute

Con il termine microbiota ci si riferisce all’intero complesso degli agenti microscopici come batteri, funghi, virus, protozoi, batteriofagi, ecc. presenti nel nostro organismo. Parliamo dell’insieme dei microrganismi, nel senso di germi, che convivono, per gran parte in buona pace, sul o nel nostro corpo, caratterizzandosi per un’attività che non appare sul piano funzionale, anche se molto utile e talvolta essenziale in senso pratico, quanto pure manifesta nel caso in cui la malattia colpisca l’individuo.

Per quanto il fisiologico sviluppo della conoscenza professionale sanitaria porti a considerare dapprima gli stati di normalità e di corretto funzionamento dell’organismo quali parametri basilari per la diagnostica e la cura del soggetto in salute, inevitabilmente il Medico e il suo impaziente Paziente sono portati a considerare i sintomi della malattia acuta come aspetto prevalente e preponderante cui prestare attenzione. Questo fatto ha portato a sviluppare per un lungo periodo una Sanità più attenta a sviluppare tecniche e metodi di contrasto, sicuramente efficaci in termini di capacità, quanto tuttavia più aggressivi e in grado di essere descritti in termini bellici di “battaglia contro” più che di mantenimento e prevenzione del primitivo stato di benessere.

Tipica espressione di tale atteggiamento si riscontra nel concetto di “lotta ai germi” tramite l’uso degli antibiotici con la conseguente comparsa e diffusione di pericolosi fenomeni di resistenza dei germi, intesi come effetti collaterali.

Ecco quindi come solamente alla lunga siano scaturite

le maggiori conoscenze di quanti, curiosi ricercatori, in questi ultimi decenni, si sono impegnati in indagini e osservazioni sui comportamenti reali di tali agenti. Da tali ricerche sono scaturiti preziosi suggerimenti che promuovono atteggiamenti più cauti, vere e proprie azioni dotate di logica e azione fattibile, che hanno assunto il carattere di veri e propri comportamenti a indirizzo preventivo. Hanno inoltre portato a riconoscere attività del tutto sconosciute sul piano funzionale e fisiologico, pertanto utili e necessarie per il mantenimento di uno stato di salute.

È così che, sul piano pratico, si è potuto assistere a un radicale mutamento terapeutico che ha visto precedere cure antibiotiche da trattamenti pre-probiotici in grado di influenzare positivamente la funzione locale diretta quanto pure influenzare a distanza altri ambiti biologici.

Appare evidente ritenere come sia importante, nel corso di questa epocale rivoluzione, fornire alla classe medica i giusti contributi di indirizzo, verificandone una corretta applicazione, come al pari considerare come i più elevati obiettivi di reale prevenzione potranno essere raggiunti solo con una consapevole adesione dei soggetti stessi, autori in prima persona dei cambiamenti di stile di vita necessari e più consoni (alimentazione, attività fisica, ecc.) tarati sulle specifiche necessità individuali.

Con ciò pervenendo finalmente ad una reale e concreta filosofia attiva di prevenzione come da sempre perseguito, ma spesso solo a parole!

l’editoriale

Gravidanza e Sovrappeso

Sono una donna di 39 anni e sono al quarto mese di gravidanza. Essendo io obesa, volevo sapere se devo stare attenta e se devo fare esami specifici. PS: Sto seguendo comunque una dieta prescritta dal mio nutrizionista. Grazie.

email firmata

Risponde la Dott.ssa Immacolata Blasi

Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia

Azienda Ospedaliera Santa Maria

Reggio Emilia

La condizione descritta, che necessita di un percorso di consapevolezza da parte della futura mamma, deve essere valutata attentamente poiché può portare ad un aumento di insorgenza di Patologia cardiovascolare, Diabete, Tumore e, in caso di gravidanza, aumentare il rischio di complicanze. Il rischio di Ipertensione e di Diabete è molto più elevato e questo complica la gravidanza. Studi a lungo termine hanno evidenziato come neonati di donne obese in gravidanza presentino, in adolescenza e nella vita adulta, un rischio più alto di obesità, Diabete, Malattia metabolica e Ipertensione. Se la donna ha un BMI maggiore di 30, diventa molto importante, sin dall’inizio della gravidanza, seguire un percorso nutrizionale, che la aiuti a contenere l’incremento ponderale.

La maggior parte delle Linee Guida concordano sul fatto che durante la gravidanza l’incremento ponderale debba essere contenuto entro i 6-7 Kg, pertanto deve essere minimo nel primo trimestre e poi aumentare in maniera proporzionale nei successivi due trimestri. Il consiglio è di svolgere attività fisica come passeggiate giornaliere di almeno 20 minuti da incrementare e, se possibile, introdurre attività come stretching, pilates, yoga. Si consiglia inoltre di mangiare cibi freschi e non precotti, eliminare dolci e bevande con contenuto di zucchero, preferendo la frutta a minor contenuto di zucchero come la mela e i frutti di bosco e le fragole, evitando i succhi di frutta. Alcuni ospedali cominciano a prevedere ambulatori dedicati per aiutare le future mamme in questo percorso; in caso di rischio dovuto al sovrappeso, la Paziente viene inviata dal nutrizionista per la dieta, dalla Psicologa motivazionale, dal Cardiologo e dai noi Ginecologi per l’aspetto propriamente ostetrico.

Disfagia e Reflusso

Ho 70 anni e sono in sovrappeso, peso circa 94 kg. Vorrei sapere se la Disfagia può dipendere dal Reflusso?

email firmata

Risponde la Dott.ssa Maria Cappello Responsabile Ambulatorio IBD

UO Gastroenterologia Policlinico - Palermo

Consigliere Nazionale AIGO

La Disfagia, cioè la difficoltà a deglutire, può essere causata dal Reflusso gastro-esofageo: si calcola che dal 18 al 48% dei soggetti con Reflusso (e quindi con sintomi da Reflusso come bruciore o rigurgito) possono lamentare Disfagia e questo può essere legato a un cattivo funzionamento dello sfintere esofageo superiore, una sorta di valvola che apre e chiude durante la deglutizione, a un disturbo della motilità dell’esofago o all’ipersensibilità alla risalita dell’acido.

La Disfagia porta a preferire alimenti liquidi o semiliquidi, a mangiare più lentamente, alla sensazione di “blocco” del cibo in gola o nella regione toracica, alla tosse, al senso di soffocamento e può determinare Polmoniti da aspirazione dette “ab ingestis”. Se la Disfagia è causata dal Reflusso, la terapia più appropriata prevedrà la modifica dello stile di vita (riduzione del peso corporeo se in eccesso, cenare almeno 3 ore prima di andare a letto); la terapia medica basata sugli inibitori di pompa protonica (omeprazolo e simili) e antiacidi (meglio i nuovi dispositivi di barriera che contengono alginato e acido ialuronico che forma un film protettivo sulla mucosa esofagea). La Disfagia è comunque un sintomo da non sottovalutare e, se di recente insorgenza, in particolare in soggetti oltre i 50 anni, e comunque, se non risponde alla terapia anti reflusso, vi è indicazione alla esofagogastroduodenoscopia per la diagnosi differenziale con altre condizioni come le Stenosi benigne, le Neoplasie dell’esofago, l’Acalasia e l’Esofagite eosinofila. In soggetti con patologie vascolari aterosclerotiche o pregressi Ictus o Demenza, bisogna pensare a una Disfagia “alta” di origine neurologica, ipotizzabile anche sulla base dei sintomi perché si associa più spesso a crisi di soffocamento e tosse.

Avete un problema particolare? Volete un consiglio o un semplice parere? Spedite le vostre domande a Elisir di Salute, via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna, oppure inviate una e-mail alla redazione: info@elisirdisalute.it I nostri specialisti vi risponderanno direttamente sulla rivista.

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L’attività di ricerca del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano ha scoperto che speciali microrganismi del territorio Euganeo, i cianobatteri, producono numerose sostanze antinfiammatorie durante la maturazione del fango in acqua termale. La fangobalneoterapia, riconosciuta dal Ministero della Sanità e convenzionata col SSN, è particolarmente indicata per la cura dei disturbi articolari quali artrite e artrosi, oppure ossei come l’osteoporosi. Questo tipo di terapia naturale non presenta effetti collaterali ed ha limitate controindicazioni.

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Nespola, quali

Ricca di microelementi, polifenoli, vitamine e sali minerali, svolge un ruolo importante nel mantenimento della nostra salute

proprietà?

Il Nespolo europeo, anche chiamato Nespolo germanico, è un albero da frutto della famiglia delle Rosaceae, il suo frutto è la Nespola. Negli ultimi due secoli però, in Europa e altri paesi del mondo, è stato gradualmente rimpiazzato dal Nespolo giapponese, che appartiene ad una specie diversa, i cui frutti sono chiamati ugualmente Nespole. Mentre il Nespolo europeo produce frutti in autunno/inverno (da cui le Nespole invernali), quello giapponese produce frutti in primavera/estate (Nespole estive).

I frutti di entrambe le specie si raccolgono acerbi, in attesa di maturazione fuori dalla pianta. La Nespola europea è a raccolta autunnale, di forma più tondeggiante e con una buccia di color verdastro-grigiomarrone chiaro, riconoscibile da una grossa apertura

Dott.ssa Maria Chiara Dell’Amico Biologa - Nutrizionista - Massa Carrara

al fondo; mentre quella giapponese è primaverile, la bacca appare più oblunga e chiusa, e la buccia di un colore più vivo e giallastro.

Un po’ di storia

Sembra che le origini del Nespolo europeo risalgano a tempi antichi presso le aree geografiche del Mar Caspio, in Asia Minore, quindi nell’Antica Grecia (VIII secolo a.C. circa), per poi diffondersi fino all’Europa Centrale. A causa della sua maturazione autunnale e dei frutti vagamente simili, esso veniva anche confuso, o anche semplicemente paragonato, alla pianta della sorba. A partire dalla fine del XVIII secolo, fu gradualmente soppiantato nell’intera Europa dal Nespolo giapponese, inizialmente importato come semplice pianta ornamentale nelle corti di Francia.

Il Nespolo europeo

Albero di medie dimensioni, il Nespolo europeo raggiunge i 4-5 m in altezza (a differenza di quello giapponese che può raggiungere i 10 metri di altezza), e con una larghezza della chioma che spesso supera l’altezza. È un albero longevo e può diventare anche pluricentenario, ma ha una crescita molto lenta. I fiori di colore bianco puro, sono semplici, a cinque petali; la fioritura nel complesso è molto decorativa. La fioritura, che è piuttosto tardiva (all’incirca nel mese di maggio), avviene dopo l’emissione delle foglie. È una pianta molto visitata dalle api. I frutti appaiono come piccoli pomi tondeggianti, a buccia ruvida e di colore verde-grigio-marrone chiaro, spesso coperti da una finissima peluria; le dimensioni variano da 2 a 3 cm di diametro. Come detto in precedenza, la raccolta avviene a frutto immaturo verso novembre, ma vengono consumati man mano che maturano, grazie al tepore domestico, un po’ come avviene per i kiwi. Inizialmente, i frutti restano duri e con sapore acido e astringente fino a dicembre, poi una successiva trasformazione enzimatica della polpa riduce il contenuto di tannino e ne rende possibile il consumo. I frutti, dopo la maturazione, arrivano ad avere una concentrazione di zuccheri di almeno il 20%. Questi frutti, quindi, non possono essere consumati alla raccolta, che si ha verso fine ottobre, ma vanno lasciati maturare in un ambiente asciutto e ventilato sotto la paglia, dovranno ammorbidirsi e virare di colore dal marrone chiaro al marrone scuro. La trasformazione enzimatica trasforma così la polpa, cancellando il forte sapore acido e astringente, rendendoli commestibili e zuccherini, questo nonostante la robusta buccia e i numerosi e duri semi rendano problematico il consumo.

La polpa del frutto presenta gradualmente un gusto via via più dolce, anche se rimane una nota leggermente acidula, dovuta alla presenza degli acidi formico e acetico, e di solito viene mangiato togliendo il picciolo e risucchiando la polpa, trattenendo i semi al suo interno. Essendo una pianta autunnale molto resistente al freddo, si adatta principalmente alle zone dell’Europa Centrale, anche se esistono delle varietà selezionate con frutti leggermente migliorati per dimensioni e caratteristiche organolettiche, adatti alle latitudini di area mediterranea.

Proprietà e benefici

100 grammi di Nespole apportano: 86.73 g di acqua, 47 kcal, 1.7 g di proteine, 0.2 g di grassi, 12.14 g di carboidrati, 1.7 g di fibre e 266 mg di potassio. Sono frutti ricchi di proprietà e apportano diversi benefici alla salute. Grazie al loro elevato contenuto di potassio, le Nespole contribuiscono all’equilibrio elettrolitico del sangue, riducendo così i rischi di sviluppare Malattie cardiovascolari.

Anche le vitamine A e del gruppo B (in particolare

Le Nespole non possono essere consumate alla raccolta ma vanno lasciate maturare in ambiente asciutto e ventilato sotto la paglia
cibo & salute maggio/giugno
filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 10
2024

folati) e altri minerali come ferro, manganese e rame contribuiscono a questo equilibrio. Inoltre aiutano a regolare la pressione sanguigna.

Le Nespole aiutano a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue: le fibre presenti legano l’eccesso di grassi nell’intestino, impedendo così che vengano assorbiti. Questi frutti sono ricchi di vitamina A, che ha un effetto protettivo sulla retina, contrastando la formazione dei radicali liberi con la sua azione antiossidante.

Le Nespole hanno una buona dose di pectina, una fibra solubile, che agisce da lassativo e fa in modo di eliminare le tossine e ridurre l’esposizione delle mucose del tratto digerente ed eventuali sostanze tossiche che vi si possono accumulare. Sempre la vitamina A, presente in questo frutto, protegge la pelle e le mucose dall’invecchiamento e dai danni causati da agenti esterni. Magnesio, manganese, rame e ferro, contenuti nelle Nespole, sono minerali utilizzati nelle reazioni chimiche che portano alla formazione dei globuli rossi nel sangue.

Le Nespole sono inoltre particolarmente utili nella

Le Nespole sono ricche di vitamina A, che ha un effetto protettivo sulla retina, contrastando la formazione dei radicali liberi

dieta in caso di Iperuricemia (elevati livelli di acidi urici nel sangue), Gotta e Calcoli renali, e posseggono proprietà diuretiche, favorendo l’eliminazione degli acidi urici attraverso le urine.

Le foglie di Nespolo, usi medicinali

Oltre al frutto, anche le foglie del Nespolo hanno notevoli proprietà benefiche; infatti sono espettoranti, cioè il loro estratto agisce da mucolitico e, proprio per questo motivo, in Fitoterapia vengono usate come rimedio per la tosse. Anche il loro decotto si può usare nel trattamento della tosse e come collutorio. Nella Medicina tradizionale cinese, le foglie di Nespolo sono usate per curare il mal di testa, il mal di schiena e il vomito. Esse contengono inoltre numerosi acidi e composti polifenolici con proprietà antivirali. Le stesse foglie, in Cosmetologia, sono utilizzate per produrre creme antinfiammatorie e antirossore per la pelle.

Uso alimentare

Mentre le Nespole estive (frutto del nespolo giapponese, pianta originaria della Cina) vengono di solito mangiate fresche, con quelle invernali (frutto del Nespolo europeo) si preparano confetture (come già accennato sopra, in ambito di tradizioni e sagre locali). Inoltre, dai noccioli delle Nespole, si ricava il “nespolino”, un liquore molto apprezzato.

Effetti collaterali

Non ci sono controindicazioni note al consumo di Nespole. Particolare attenzione meritano i noccioli, che contengono composti chiamati glucosidi cianogeni (come l’amigdalina), che liberano acido cianidrico, una sostanza tossica. L’amigdalina è letale ad alte dosi, mentre a bassi dosaggi può causare sintomi come mal di testa o nausea.

cibo & salute
maggio/giugno 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori 11

TUTTO IN UN PIATTO Da

Valfrutta la

nuova linea di piatti pronti UHT, nutrienti, gustosi e subito pronti

Nati per soddisfare le esigenze di praticità, unite a quelle di un’alimentazione sana e corretta, i nuovissimi piatti pronti vegetali di Valfrutta uniscono bontà e benessere attraverso un mix di ingredienti naturali sapientemente combinati.

Il vantaggio del piatto unico

Le tre ricette ideate da Valfrutta offrono il notevole vantaggio di avere una composizione di ingredienti bilanciati fra loro, assicurando in modo completo il fabbisogno nutrizionale medio di una persona attiva in un solo piatto. Gli alimenti presenti comprendono infatti carboidrati (riso, frumento integrale), proteine vegetali (grano, legumi, soia), vitamine e minerali (peperone, melanzana, zucchina, ecc.). Ottimo anche l’apporto di fibre

100% vegetale

Tutti gli ingredienti della linea “Tutto in un Piatto” sono al 100% di origine vegetale e privi di conservanti per soddisfare i più recenti dettami di una nutrizione sana che prevenga l’invecchiamento cellulare e contribuisca alla prevenzione, in particolare delle malattie cardiovascolari e degenerative.

Più energia

Le proteine vegetali contenute nelle gustose ricette di “Tutto in un Piatto” forniscono una quota importante di energia e contribuiscono alla formazione della massa muscolare, oltre ad essere importanti per la formazione di enzimi e neurotrasmettitori.

Subito pronti

Grazie alle comode confezioni monoporzione “apri e gusta” che possono essere velocemente portate alla temperatura desiderata con il microonde, “Tutto in un Piatto” va incontro alle necessità di velocità e praticità della quotidianità di chi lavora o studia. Inoltre è pratico da conservare, in quanto ha una shelf life di 18 mesi.

Polpette vegetali con mix di risi

Ricco di sapori mediterranei, questo piatto vanta ottime proprietà nutrizionali. La preparazione comprende polpette con proteine del grano, semi di zucca e fibre di bambù, conditi con salsa al pomodoro, erbe aromatiche mediterranee e melanzane. Riso bianco lungo e riso rosso, cotto a vapore, completano il piatto.

Polpette vegetali con bulgur

Un piatto unico che fornisce tutte le sostanze nutritive necessarie al nostro benessere. Potremo gustare polpette a base di proteine del grano, semi di zucca e fibre di bambù in salsa al pomodoro dal sapore mediterraneo con peperoni rossi e olive. In aggiunta bulgur con carote, cotto a vapore e profumato alla curcuma.

Mix di legumi con riso nero

Gustosa combinazione di ingredienti ricca di proteine vegetali, carboidrati e un buon contenuto di fibre. I protagonisti sono fagioli bianchi e rossi ed edamame. A questi si uniscono peperone rosso e zucchine che bilanciano il piatto con i loro sapori mediterranei. Il riso nero completa il piatto con il suo sapore intenso.

A cura di Docmed s.r.l.

Alimenti di origine animale alternative vegetali

SGli studi scientifici hanno verificato che i modelli alimentari più salutari sono quelli basati su un largo consumo di alimenti di origine vegetale

Prof.ssa Daniela Martini

Professore Associato

Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente

Università degli Studi di Milano

Segretario Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU)

ono ormai innumerevoli le evidenze scientifiche che mettono in relazione corrette abitudini alimentari con il mantenimento di uno stato di salute e la riduzione del rischio di malattia. In questo contesto, è sempre più chiaro come i modelli alimentari più salutari siano i cosiddetti modelli “plantbased”, ovvero modelli basati su un largo consumo di alimenti di origine vegetale, quali frutta fresca e secca, verdura, cereali preferibilmente integrali e legumi, e un consumo solo moderato di alimenti di origine animale.

Quale modello alimentare?

Quando si parla di alimentazione a base vegetale non ci si riferisce quindi necessariamente a modelli dietetici che escludono parzialmente o totalmente i prodotti di origine animale, come il modello vegetariano o vegano, in quanto anche il modello mediterraneo è un modello dietetico caratterizzato da un largo consumo di alimenti di origine vegetale, oltre che da un moderato consumo di alimenti di origine animale tra cui latte e derivati, carni prevalentemente bianche, uova, e pesce. Questo modello alimentare è stato

ampiamente studiato in letteratura per i suoi benefici sulla salute dell’uomo, eppure anche la popolazione dei Paesi dell’area del Mediterraneo si sta progressivamente allontanando da questo modello alimentare in favore di modelli caratterizzati da eccessivi consumi di carne rosse, alimenti ricchi in grassi e un consumo limitato di alimenti di origine vegetale, soprattutto freschi. Implementare delle strategie utili ad aumentare l’aderenza della popolazione a modelli “plant based” dovrebbe rappresentare pertanto un importante obiettivo di salute pubblica finalizzata alla riduzione del rischio di malattie croniche.

Vegetale è meglio

Una recente meta-analisi pubblicata su BMC Medicine ha valutato gli effetti della sostituzione degli alimenti

La popolazione dei Paesi dell’area del Mediterraneo si sta progressivamente allontanando dal modello alimentare mediterraneo
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animale e

di origine animale con alimenti di origine vegetale sul rischio di Malattie cardio-metaboliche e sulla mortalità. Tra i principali risultati, è stata trovata una riduzione del rischio di Malattie cardiovascolari, Diabete e mortalità per tutte le cause quando prodotti di origine animale, come carne rossa, uova e latticini, venivano sostituiti con alimenti di origine vegetale come frutta secca, legumi e cereali integrali, o il burro con olio d’oliva.

Chiaramente il consumo di alimenti di origine vegetale non è però sempre sinonimo di miglioramento dello stato di salute, ma molto dipende dalla tipologia di alimenti consumati, oltre che dalle quantità e dalle frequenze di consumo. Il termine “alimenti vegetali” include, infatti, un ampio ed eterogeneo gruppo di alimenti accomunati dal fatto di essere di origine vegetale, ma il cui impatto sulla salute può essere diverso. Ad esempio, il consumo di alimenti a base di cereali di tipo integrale è associato a maggiori benefici sull’organismo rispetto agli stessi prodotti raffinati, mentre un succo di frutta non ha lo stesso profilo nutrizionale che ha la frutta di partenza e per questo non andrebbe consumato in sostituzione della frutta.

La salute dell’ambiente

Ai benefici in termine di salute umana si associa anche il beneficio in termini di salute del pianeta. I modelli basati su un largo consumo di alimenti di origine vegetale sono infatti caratterizzati anche da un impatto ambientale minore, sia in termini di emissione di gas serra sia di consumo di acqua e suolo, rispetto agli alimenti di origine animale, soprattutto se l’impatto dei diversi alimenti viene comparato utilizzando come unità funzionale la massa, quindi ad esempio 1 kg di prodotto.

Questo perché quello che impatta maggiormente sull’ambiente è generalmente la fase di allevamento animale, sia in termini di approvvigionamento delle materie prime che in termini di inquinamento prodotto dal metabolismo degli animali, in particolare per i ruminanti. A ciò si aggiunge il fatto che, come detto precedentemente, il consumo di alimenti di origine animale come carne rossa e processata è spesso ben al di sopra delle raccomandazioni, andando ad aumentare in maniera rilevante l’impatto sull’ambiente, ad esempio in termine di emissione di gas serra.

La riduzione dell’impatto del sistema alimentare sull’ambiente rappresenta una delle più importanti sfide dell’era moderna, anche alla luce delle proiezioni che prevedono un aumento della popolazione mondiale a fronte di una riduzione delle risorse ambientali disponibili per produrre cibo sufficiente e adeguato per tutti.

Alimenti di origine animale e alternative vegetali

La transizione verso modelli alimentari più salutari e sostenibili, come il modello mediterraneo, può essere chiaramente ottenuta aumentando il consumo di pasti in cui sono presenti piatti a base di alimenti freschi, tra i quali appunto legumi, cereali, frutta e verdura. In alternativa, l’industria sta mettendo a disposizione un numero crescente di alternative vegetali agli alimenti di origine animale, ovvero alimenti che tendono a mimare in termini sensoriali (aspetto, colore e in parte anche sapore) gli alimenti di origine animale. Questi alimenti sono solitamente prodotti a base di cereali o legumi, o loro combinazioni, dando luogo ad un’ampia gamma di prodotti analoghi a carni, latte e formaggi ma anche pesce e uova, fornendo ormai ai cittadini un’ampia gamma di prodotti diversi per ingredienti, valori nutrizionali, aspetto tra i quali scegliere, in modo da facilitare la scelta di alimenti di origine vegetale. Tra i diversi prodotti, il mercato delle

L’industria sta mettendo a disposizione un numero crescente di alternative vegetali agli alimenti di origine animale
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cosiddette “carni vegetali” è sicuramente un settore in continua espansione, al punto che ormai è possibile trovare delle isole dedicate nei vari supermercati e, sugli scaffali, centinaia di referenze diverse che spaziano da analoghi di fettine e burger a analoghi di polpette, nuggets, cotolette, oltre che di una varietà sempre più elevata di salumi. Allo stesso modo, è ormai possibile trovare centinaia di referenze di bevande vegetali, ovvero bevande analoghe al latte vaccino e generalmente preparate con cereali, frutta secca o legumi tra i quali principalmente la soia.

Le alternative vegetali sono tutte uguali?

Ovviamente non tutti i prodotti sono uguali, sia in termini di “apparenza” che di ingredienti e valori nutrizionali. Un’analisi approfondita delle caratteristiche nutrizionali delle carni vegetali è stata condotta nell’ambito del progetto “Food Labeling of Italian Products” (FLIP) portato avanti ormai da diversi anni dal Gruppo giovani della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) in cui sono stati analizzati i valori nutrizionali di oltre 200 carni vegetali in commercio sul mercato italiano. In generale, essendo prodotti a base vegetale, è emerso che questi prodotti sono tipicamente più ricchi di fibra e poveri di acidi grassi saturi , nonché privi di colesterolo , rispetto agli analoghi prodotti di origine animale. Tuttavia, è emerso che alcuni prodotti contengono anche elevate quantità di sale, paragonabili, se non talvolta addirittura superiori, a quelle che si riscontrano negli analoghi prodotti di origine animale.

Bevande vegetali e valori nutrizionali

In un altro studio, condotto sempre nell’ambito del progetto FLIP, sono invece state analizzate oltre 330 referenze di bevande vegetali in commercio. Anche in questo caso, i risultati hanno mostrato un’elevata variabilità tra i diversi prodotti, sia in termini di tipologie di bevande che di valori nutrizionali. Ad esempio, le bevande di riso erano caratterizzate da alti contenuti in zuccheri semplici, mentre quelle di mandorle contenevano più grassi, il che porta alla conclusione che è errato considerare le bevande vegetali come un’unica categoria di alimenti alternativi fra loro. Ancora più interessante è stato però evidenziare ampie differenze in termini nutrizionali rispetto al latte vaccino, sia intero che parzialmente scremato. Tali differenze risiedono soprattutto nel contenuto

Le uniche bevande che nelle recenti Linee Guida americane sono considerate alternative al latte sono le bevande di soia fortificate con calcio

in proteine che, in generale, risulta simile al latte solo nelle bevande a base di soia.

Un aspetto importante da considerare è quello legato alla fortificazione con vitamine e minerali. Sappiamo infatti benissimo che il latte rappresenta una delle principali fonti di calcio (contenendone circa 120 mg per 100 mL), che viene addizionato nelle bevande vegetali nelle quali non è naturalmente presente. Tuttavia, ad oggi ancora molte referenze in commercio non sono fortificate con calcio, rappresentando un possibile rischio di introduzione insufficiente di questo minerale. Non a caso sono le uniche bevande che nelle recenti Linee Guida americane sono considerate come alternative al latte sono proprio le bevande di soia fortificate con calcio. Nonostante questo, è doveroso ricordare che non è assicurata la medesima biodisponibilità a livello intestinale del calcio addizionato rispetto a quello naturalmente presente nel latte.

Tutti questi risultati, unitamente ad un numero crescente di lavori presenti in letteratura che analizzano le caratteristiche di queste alternative vegetali, rivelano che un consiglio importante è sempre quello di leggere attentamente le etichette, e in particolare i valori nutrizionali, e non considerare il prodotto vegetale come sinonimo di garanzia di ottimo profilo nutrizionale.

Incrementare la ricerca

Per quanto riguarda il fronte della ricerca, è invece indispensabile procedere con gli studi che valutino l’impatto della sostituzione di origine animale con alimenti di origine vegetale, incluse queste alternative vegetali, sia in termini di adeguatezza nutrizionale che di impatto sulla salute. Ad oggi, infatti, sono pochi gli studi che si sono focalizzati sullo studio dell’impatto del consumo di queste alternative vegetali, soprattutto nel medio-lungo termine, lasciando il campo aperto alla ricerca che nei prossimi anni dovrà aiutarci a comprendere meglio se e come introdurre questi alimenti all’interno di un modello alimentare sano e bilanciato, utile a garantire il mantenimento di un buono stato di salute sia all’uomo che al pianeta.

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Naturalmente dolce

NPer dolcificare bevande e alimenti, tra le varie alternative possibili, è bene preferire i dolcificanti naturali tra cui lo zucchero da barbabietola, lo zucchero di canna integrale e il miele

Dott.ssa Sara Simonetti

Medico Chirurgo

Master in Nutrizione ed educazione alla Salute

Ambulatorio Eubios - Bologna

egli ultimi anni, solide evidenze scientifiche hanno dimostrato i numerosi effetti sfavorevoli che un eccessivo, e sottolineiamo eccessivo, consumo di zucchero, di dolciumi e bevande zuccherine ha sul peso corporeo, sul metabolismo glucidico, sulla sensibilità insulinica e sul profilo lipidico, aumentando il rischio di obesità e delle patologie ad essa correlate, come Diabete di tipo 2, Sindrome metabolica, Dislipidemie, Patologie cardiovascolari e anche Neoplasie. In questo panorama l’uso di dolcificanti naturali e artificiali è stato fortemente incoraggiato come strategia per ridurre l’introito calorico e prevenire l’obesità. A tal proposito, però, è bene sottolineare che preferire un dolcificante, specie se artificiale, non è una scelta migliore rispetto a consumare modiche quantità di zucchero o miele. Scopriamo il perché.

Cosa sono i dolcificanti

Per definizione, i dolcificanti o edulcoranti sono sostanze usate per conferire un sapore dolce alle bevande e/o

Studi recenti hanno dimostrato che i dolcificanti artificiali sono in grado di influenzare alcune funzioni dell’organismo

agli alimenti a cui sono aggiunti. A seconda della loro origine, sono distinti in naturali, estratti dalle piante e dotati in genere di contenuto calorico, e dolcificanti artificiali, sostanze ottenute per sintesi chimica, con un potere nutritivo minimo o assente e un sapore dolce molto persistente.

Dolcificanti artificiali

Studi recenti hanno dimostrato che questi composti sono in grado di influenzare alcune funzioni dell’organismo quali il senso di fame-sazietà, l’assorbimento intestinale e l’equilibrio del microbiota intestinale, con riduzione dei lattobacilli e aumento delle specie enterobacteroides. Alcuni di questi sono stati associati ad un aumento del rischio di Neoplasie, come la saccarina, per esempio, il cui uso fu vietato dalla “Food and Drug Administration” (FDA) per una possibile cancerogenicità vescicale (tale divieto fu poi revocato). L’EFSA (European Food Safety Authority) per ogni dolcificante artificiale ha stabilito la dose giornaliera accettabile (DGA), definita come la quantità di sostanza espressa in grammi per kilogrammo di peso corporeo che la persona può assumere per tutta la vita senza rischi per la salute.

Dolcificanti naturali

Tali alimenti comprendono lo zucchero comunemente conosciuto, il quale a sua volta comprende lo zucche-

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ro da barbabietola e lo zucchero di canna, oltre che un gruppo di dolcificanti distinti in derivati dagli zuccheri (es. il fruttosio), dolcificanti derivati da carboidrati complessi o glicosidi, quali lo stevioside (più comunemente chiamato stevia) e dolcificanti derivati da polialcoli, quali sorbitolo, mannitolo e xilitolo.

Lo zucchero da barbabietola

Questo zucchero si ottiene dall’estrazione e lavorazione del liquido prodotto dalla barbabietola comune, conosciuta come barbabietola rossa per il colore intenso del tubero e delle foglie. La barbabietola è un vegetale conosciuto fin dal 420 a.C. e veniva utilizzata principalmente a scopo alimentare e per foraggio animale, solo nel 1600 ebbe diffusione l’uso della radice. Per quanto riguarda la barbabietola da zucchero, invece, si deve aspettare il 1747, quando il Dott. Margaff, un chimico russo, scoprì che era possibile ottenere cristalli zuccherini dalla barbabietola, simili a quelli prodotti dalla più comune canna da zucchero. Successivamente nel 1800 iniziò la produzione industriale di zucchero a partire dalla barbabietola.

La produzione segue varie fasi: la prima è l’estrazione del succo, detto melassa o sciroppo, dalla bollitura delle barbabietole; la melassa è poi depurata e concentrata, infine raffinata e trasformata in cristalli. Questo permette di ottenere lo zucchero bianco raffinato formato al 100% da saccarosio. In commercio però si trovano anche le forme più grezze della lavorazione, come la melassa di barbabietola e lo zucchero bruno; queste ultime sono ricche di sali minerali e sostanze nutrienti del primo succo di barbabietola. La barbabietola da zucchero è indicata come ricostituente poiché ricca in vitamine (come la vitamina A e alcune del gruppo B), sali minerali (come sodio, calcio, ferro, potassio, magnesio e fosforo), antiossidanti e flavonoidi.

Lo zucchero di canna integrale

Tale zucchero deriva dalla canna da zucchero ma, a differenza dello zucchero raffinato, non subisce il processo di raffinazione chimica. Ha un potere edulcorante inferiore rispetto allo zucchero raffinato, così come il suo indice glicemico è più basso rispetto al saccarosio, nonostante ciò va comunque consumato con moderazione soprattutto nelle persone con Diabete mellito di tipo II.

Il miele

utilizzavano sia per scopi medici sia come alimento. I Greci lo definivano “cibo degli dei” per le sue proprietà benefiche. Dal punto di vista nutrizionale, è costituito per il 70-80% da fruttosio e in misura minore da glucosio; questa composizione determina un potere dolcificante superiore allo zucchero raffinato, ma gli effetti sull’indice glicemico sono meno accentuati rispetto allo zucchero e, rispetto a quest’ultimo, vanta anche un maggior contenuto di micronutrienti che gli conferiscono proprietà antibatteriche, grazie ad alcune sostanze che svolgono un’attività soppressiva sulla proliferazione di alcune specie di batteri; proprietà antiossidanti, che contribuiscono alla riduzione dei radicali liberi dell’ossigeno e proprietà prebiotiche, favorendo la crescita di bifidobatteri. Si deve comunque fare attenzione a non assumerne in quantità eccessiva e, inoltre, non è adatto per i bambini fino ai 12 mesi di età, soprattutto se fatto in casa, per evitare il rischio di Botulismo.

Il fruttosio

Si tratta dello zucchero della frutta, ha un potere dolcificante superiore al saccarosio e indice glicemico più basso del glucosio. Si ottiene industrialmente attraverso la isomerizzazione di composti glucidici contenenti principalmente glucosio. Il fruttosio viene assorbito dalle cellule dell’intestino deputate all’assorbimento dei nutrienti (enterociti) e non necessita dell’azione dell’insulina per essere trasportato all’interno della cellula e metabolizzato, per questo motivo è stato utilizzato come dolcificante nei Pazienti diabetici. Se ingerito in quantità tale da superare la capacità di trasporto intestinale, può causare disturbi come gonfiore, meteorismo e dolori addominali.

La stevia

Questo dolcificante naturale è un glicoside steviolico, ricavato da una pianta del Centro America, le cui foglie vengono utilizzate per estrarre una polvere dall’elevato potere dolcificante, circa 200-300 volte superiore a quello del saccarosio, ma con ridotto apporto calorico, ed è caratterizzata da un particolare retrogusto amaro che, talora, altera il sapore delle bevande o degli alimenti a cui è aggiunto.

In questo vasto panorama di opzioni, spesso non è facile districarsi nella scelta migliore. In ogni caso è bene ricordare di non eccedere nel consumo di dolcificanti e comunque è sempre preferibile scegliere quelli di origine naturale.

Rappresenta il dolcificante di origine naturale per eccellenza. Veniva apprezzato dagli Egizi, che lo ●

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Tumori, la reversibilità è possibile

Pubblicato sulla testata scientifica internazionale “Oncology Reports” un importante lavoro di riesame di oltre ottant’anni di studi sulla reversione tumorale che riaccende i riflettori sulla possibilità di trasformare il fenotipo della cellula cancerosa da maligna a benigna. Tale processo di trasformazione oggetto della ricerca avviene attraverso meccanismi di natura epigenetica ossia tramite i processi che regolano l’espressione dei geni e, dunque, senza la correzione delle mutazioni genetiche. Grazie a tali modificazioni epigenetiche, le cellule tumorali si ri-normalizzano e perdono la capacità di disseminare metastasi. La “tumor reversion” risulta essere un filone di ricerca molto promettente, con evidenze sperimentali so-

lide fornite da diversi gruppi di ricerca e con diversi modelli sperimentali, da cui si può cominciare a lavorare per arrivare a produrre soluzioni di nuova generazione per la cura oncologica, quanto meno come terapie complementari che aumentino l’efficacia di quelle tradizionali, o rimedi multicomponente in grado di agire sui diversi meccanismi biologici che concorrono allo stato canceroso. Il progetto è stato condotto dal ricercatore italiano Andrea Pensotti, in collaborazione con il Systems Biology Group e l’Università Campus Bio-Medico di Roma e realizzato insieme al Prof. Mariano Bizzarri e alla Prof.ssa

Marta Bertolaso.

Per approfondire: https://shorturl.at/bxCHL

Nuovi strumenti per la cura del Parkinson

È tutto italiano lo studio, pubblicato sulla rivista “Nature Communications”, che approfondisce, attraverso l’impiego di strumenti molecolari, la comunicazione intracellulare dei diversi compartimenti cellulari, in particolare nell’insorgenza di Malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer. I Ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Biomediche e di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova hanno potuto osservare come avviene la comunicazione tra due organelli chiave, mitocondri e lisosomi, e come la proteina alfa-sinucleina, coinvolta nell’insorgenza di Malattie neurodegenerative, interferisce con questa comunicazione portando alla

Terapia forestale per l’Asma

L’Istituto per la bioeconomia del CNR e il Club alpino italiano, con l’Istituto Pio XII di Misurina e l’Ospedale universitario di Parma, hanno condotto uno studio che ha dimostrato che i monoterpeni, componenti degli oli essenziali emessi dalle piante, possono migliorare le condizioni respiratorie dei bambini e degli adolescenti asmatici. Secondo lo studio, pubblicato su Forests, la “terapia forestale”, oltre che avere effetti significativi sulla riduzione dei sintomi dell’ansia, può contribuire al miglioramento delle funzioni respiratorie di bambini e adolescenti affetti da Asma e sottoposti alle terapie convenzionali. Incrociando i dati ambientali con quelli clinici raccolti su 42 Pazienti, si è dimostrato che l’aria forestale svolge un ruolo

morte delle cellule neuronali. Gli strumenti molecolari sviluppati si sono rivelati indispensabili per la comprensione del linguaggio attraverso cui i diversi compartimenti cellulari si scambiano informazioni vitali. Riuscire a decifrare questo linguaggio permetterà non solo di far luce sui meccanismi molecolari alla base del funzionamento cellulare ma anche di capire quando questa comunicazione viene meno e perché, nelle diverse condizioni patologiche, evidenziando così il “tallone di Achille” di una specifica malattia e aprendo la strada allo sviluppo di nuovi farmaci mirati. Per approfondire: https://shorturl.at/irN09

terapeutico ad ampio spettro, offrendo la definitiva giustificazione scientifica all’adozione delle prescrizioni sanitarie cosiddette “verdi”. Dopo la scoperta sul ruolo terapeutico degli stessi monoterpeni sui sintomi di ansia, oggi si ha quindi un quadro molto più chiaro sulle funzioni curative della foresta sia per quanto riguarda la sfera psicologica che per quella fisiologica. La ricerca è stata realizzata presso il Lago di Misurina (Belluno), individuando, attraverso l’analisi di dati ambientali e clinici raccolti nel corso dell’estate 2022, l’effetto dell’esposizione alle piante sui parametri respiratori che normalmente si misurano per valutare le terapie tradizionalmente utilizzate contro l’Asma. Per approfondire: https://shorturl.at/adCDH

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Protezione dai raggi UV:

Occhiali da sole graduati ?

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Gli occhiali da sole filtrano i raggi ultravioletti dannosi (UV) provenienti dal sole.

L'esposizione prolungata a tali raggi può causare danni agli occhi, come la degenerazione maculare e la formazione di cataratta.

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Molti di noi spesso indossano occhiali per la protezione dai raggi solari, senza tuttavia conoscere come sono fatti. Sapere quale tecnologia utilizziamo per proteggerci dai riflessi della luce solare è però di grande importanza. Ecco perché la differenza tra un paio d'occhiali da sole presi al costo di dieci euro ad una bancarella del mercato ed un paio d'occhiali di marca esiste davvero. Questa differenza non deve essere valutata soltanto in termini di design, ma riguarda essenzialmente la qualità e la sicurezza delle lenti montate.

Proteggere gli occhi con gli occhiali da sole

3 Protezione della pelle intorno agli occhi:

Gli occhiali da sole riducono l'esposizione della pelle delicata intorno agli occhi ai danni causati dai raggi UV, che possono contribuire all'invecchiamento precoce della pelle e al rischio di sviluppare rughe e altre condizioni cutanee.

Prevenzione delle lesioni agli occhi:

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Cuore e tiroide,

Eventuali alterazioni nella produzione degli ormoni prodotti dalla tiroide possono ripercuotersi sul funzionamento del cuore e di tutto l’apparato cardiovascolare

tiroide, quale relazione

Prof. Michele M. Gulizia

Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima

Catania

Dott.ssa Stefania Angela Di Fusco

Ospedale San Filippo Neri - Roma

Dott.ssa Fabiana Lucà

Cardiologia, Grande Ospedale Metropolitano “GOM” - Reggio Calabria

Dott. Edoardo Gronda

Fondazione IRCCS Cà Granda

Ospedale Metropolitano - Milano

Prof. Domenico Gabrielli

Ospedale San Camillo - Roma

La tiroide è una ghiandola che si trova alla base anteriore del collo, con il compito principale di produrre ormoni che regolano numerose funzioni del metabolismo e sono essenziali per l’accrescimento dell’intero organismo e per lo sviluppo del sistema nervoso. In particolare, gli ormoni tiroidei contribuiscono alla produzione/consumo di energia a livello cellulare, regolando il metabolismo basale, modulando la sintesi e la degradazione di carboidrati, dei grassi e delle proteine. Inoltre, gli ormoni tiroidei producono importanti effetti sul funzionamento dell’apparato cardiovascolare. In condizioni fisiologiche normali favoriscono l’apporto di

ARNAS “Garibaldi” -

nutrienti e di ossigeno a livello tessutale attraverso diversi meccanismi come, ad esempio, favorendo la contrattilità del muscolo cardiaco, aumentando la frequenza cardiaca e dilatando le arteriole periferiche.

Alterazioni

della funzione tiroidea

La funzionalità tiroidea può essere indagata attraverso semplici esami del sangue che consentono di misurare le concentrazioni degli ormoni connessi all’attività della ghiandola. Questi includono l’ormone tireotropo noto come TSH (Thyroid-Stimulating Hormone). Vi sono poi gli ormoni prodotti proprio dalla tiroide, rispettivamente FT3 e FT4

Generalmente, se i valori della concentrazione di TSH risultano all’interno dell’intervallo di normalità, non è necessario eseguire ulteriori esami e il Paziente viene definito eutiroideo, cioè con una normale funzione tiroidea. Se, invece, i livelli di TSH sono inferiori rispetto al valore minimo di riferimento, deve essere dosata l’FT4. A questo punto, se la concentrazione di FT4 risulta aumentata, il Paziente viene classificato come ipertiroideo, cioè con una tiroide iperfunzionante.

La

funzionalità tiroidea può essere indagata attraverso semplici esami del sangue che consentono di misurare le concentrazioni degli ormoni

Invece, nel caso in cui la concentrazione di FT4 sia nell’intervallo dei valori di riferimento, dovrà essere misurata anche l’FT3. Nei Pazienti in cui i livelli di TSH sono al di sopra del limite superiore di normalità e l’FT4 è ridotta, il Paziente viene definito ipotiroideo, cioè con una funzione tiroidea ridotta. Altri possibili esami ematici utilizzati per la valutazione della funzione tiroidea sono il dosaggio della tireoglobulina e la ricerca di specifici autoanticorpi

Le malattie che interessano la ghiandola tiroidea sono relativamente frequenti e sono più comuni nelle donne. Poiché gli ormoni tiroidei hanno un effetto diretto sull’apparato cardiovascolare, eventuali alterazioni nella produzione e/o secrezione di questi ormoni possono ripercuotersi, in modo sintomatico o asintomatico, sul funzionamento del cuore e di tutto l’apparato cardiovascolare.

Effetti cardiovascolari dell’Ipertiroidismo

Quando gli ormoni tiroidei sono presenti nella circolazione sanguigna in quantità anomala, sia in eccesso che in difetto, determinano numerose alterazioni a carico dell’organismo.

I Pazienti con Ipertiroidismo (produzione eccessiva di ormoni tiroidei) o con Tireotossicosi (eccesso di ormoni tiroidei circolanti nel sangue) presentano palpitazioni, Tachicardia, intolleranza all’esercizio, dispnea da sforzo, aumento della pressione arteriosa sistolica e spesso Fibrillazione atriale.

Gli ormoni tiroidei aumentano il metabolismo basale (l’energia spesa nelle principali funzioni metaboliche vitali) in quasi tutti i tessuti e gli organi del corpo, incluso il cuore, causando un aumento delle richieste metaboliche con un effetto a catena sul sistema cardiovascolare.

L’Ipertiroidismo determina un incremento della contrattilità cardiaca, della frequenza cardiaca a riposo, del consumo di ossigeno, del volume del

maggio/giugno 2024 filo diretto con la redazione • telefono 051 307004 • 10,00 – 13,00 24 per il Tuo cuore

sangue, del precarico cardiaco, e della gittata cardiaca che si innalza dal 50% fino al 300% in più rispetto agli individui normali.

È stato inoltre dimostrato, da studi sull’uomo e sugli animali, che l’Ipertiroidismo determina Ipertrofia cardiaca

È importante sottolineare che l’Ipertiroidismo causa anche un aumento della rigidità arteriosa; pertanto l’effetto finale è un aumento della pressione arteriosa sistolica. L’Ipertiroidismo, infatti, ha dimostrato essere una causa secondaria di Ipertensione sistolica isolata, che è la forma più comune di Ipertensione arteriosa.

I Pazienti ipertiroidei hanno caratteristicamente un aumento della frequenza cardiaca a riposo. La Tachicardia sinusale è il disturbo più comune in questi Pazienti.

Nel 2% - 20% dei casi viene riscontrata anche Fibrillazione atriale. È importante sottolineare che non solo nell’Ipertiroidismo conclamato, ma anche nelle forme subcliniche (più lievi) vi è il rischio di Fibrillazione atriale

Se un disturbo tiroideo viene riconosciuto e trattato precocemente, le ripercussioni cardiovascolari sono spesso reversibili

È stata inoltre dimostrata un’ associazione tra Ipertiroidismo e Insufficienza cardiaca fino allo Scompenso cardiaco conclamato.

Nei Pazienti ipertiroidei, l’intolleranza all’esercizio può derivare dall’incapacità di aumentare ulteriormente la frequenza cardiaca e capacità contrattile o di ridurre le resistenze vascolari come normalmente accadrebbe con l’esercizio.

È possibile che i Pazienti con Ipertiroidismo presentino dolore toracico e alterazioni dell’elettrocardiogramma (ECG) indicative di Ischemia cardiaca e questo avviene più frequentemente nei Pazienti più anziani con Malattia coronarica sottostante nota o sospetta.

Il trattamento farmacologico dell’Ipertiroidismo e la terapia con i farmaci beta-bloccanti determina un miglioramento dei segni e dei sintomi cardiovascolari dell’ipertiroidismo.

È importante sottolineare che, se un disturbo tiroideo viene riconosciuto e trattato precocemente, le ripercussioni cardiovascolari sono spesso reversibili, per cui la diagnosi precoce riveste un ruolo fondamentale.

per il Tuo cuore maggio/giugno 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori 25

Effetti cardiovascolari

dell’Ipotiroidismo

L’Ipotiroidismo induce importanti effetti sul sistema cardiovascolare: riduce la gettata cardiaca, aumentando il tempo di circolo, riduce il flusso sanguigno in molteplici distretti e spesso determina l’insorgenza di uno Scompenso cardiaco a bassa portata

Nell’Ipotiroidismo i livelli di renina diminuiscono, mentre la pressione arteriosa diastolica aumenta e la pressione sistolica si riduce

L’ormone triiodotironina (T3) stimola nel fegato la produzione della renina, e ciò permette di spiegare perché nell’Ipotiroidismo i livelli di renina diminuiscono, mentre la pressione arteriosa diastolica aumenta e la pressione sistolica si riduce. Inoltre, la bassa concentrazione di ormone tiroideo compromette la produzione di ossido nitrico (sostanza che controlla la circolazione del sangue) non solo nell’endocardio, ma anche nell’endotelio vascolare determinando l’aumento delle resistenze vascolari sistemiche e l’incremento della pressione arteriosa diastolica, influenzando in modo negativo la funzione cardiaca nel suo insieme. Per tutte queste ragioni la compromissione del rilasciamento diastolico e l’incremento della pressione arteriosa diastolica si traducono nella riduzione della gittata cardiaca che, a sua volta, è aggravata dalla diminuzione della frequenza cardiaca.

Peraltro vi è da considerare che la triiodotironina agisce quale principale regolatore dell’espressione genica nel muscolo miocardico e si ritiene che la sua diminuita concentrazione possa influire sulla contrattilità e sul rimodellamento del miocardio. Di fatto i bassi livelli di T3 sono stati associati ad aumento della mortalità nei Pazienti con malattie cardiache. Il dato è in larga parte spiegabile considerando che l’Ipotiroidismo subclinico, e ancor più quello conclamato, possono indurre profonde alterazioni nei parametri lipidici comportando l’aumento del colesterolo plasmatico, delle lipoproteine a bassa densità (LDL) e dell’apolipoproteina B.

L’Ipertensione diastolica propria dell’Ipotiroidismo e la Malattia coronarica sono spesso coesistenti ed esprimono un’azione sinergica sull’evoluzione del danno miocardico.

L’associazione dell’Ipertensione arteriosa diastolica e della dislipidemia espressa dalla marcata elevazione delle lipoproteine a bassa densità costituisce un forte rischio per l’insorgenza della Malattia coronarica e per l’evoluzione di Sindromi coronariche acute particolarmente aggressive.

Tra le numerose funzioni regolate dagli ormoni tiroidei vi è anche quella sui i geni del sistema betaadrenergico dei cardiomiociti che controlla la frequenza di attivazione del nodo del seno (il pacemaker spontaneo del nostro organismo) e spiega la nota presenza di bradicardia nei Pazienti ipotiroidei La diminuita regolazione del sistema adrenergico cardiaco ha anche altre implicazioni, quali alterazioni nel grafico dell’ECG (elettrocardiogramma) e l’insorgenza del blocco atrioventricolare di grado diverso, espressione di una elevata irritabilità elettrica del miocardio.

Vi è da osservare come in corso d’Ipotiroidismo di maggiore gravità, si riscontri l’aumentata incidenza di versamento pericardico che sembrerebbe dipendere dall’incremento della permeabilità capillare e dalla diminuzione del drenaggio linfatico nello spazio pericardico.

Infine, l’Ipotiroidismo può associarsi alla diminuzione della sensibilità all’insulina, determinando un’alterazione del metabolismo glucidico con conseguenti ulteriori implicazioni cardiovascolari.

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Salute degli occhi, della

prevenzione

La prevenzione è attuata tramite quell’insieme di azioni e comportamenti che hanno il fine di impedire l’insorgenza e la progressione della malattia e il determinarsi di danni irreversibili quando la patologia è in atto. Il concetto di Medicina preventiva non è recente come i più credono: l’uomo ha da sempre cercato di mettere in pratica, anche in campo sanitario, l’aforisma “è meglio prevenire che reprimere”, ben sapendo che “la salute è un bene ineguagliabile degno di essere conservato e difficile da recuperare allorché lo si è perduto”.

L’intervento sanitario preventivo è veramente tale se lo si realizza prima che un danno per la salute abbia potuto determinarsi, suscitando un quadro morboso o premorboso, ed è ideale quando riesce ad eliminare il rischio o ad impedire che un individuo possa incorrere in esso.

L’importanza degli screening

La prevenzione può avere diversi scopi e pertanto viene classificata in questi modi:

• primaria: ha lo scopo di impedire che la malat-

È

importante effettuare screening preventivi e di controllo sin da bambini per monitorare l’insorgenza di patologie oculari o disabilità visive

Prof. Dott. Demetrio Spinelli

Già Direttore S.C. Oculistica Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano

Presidente S.I.O.L.

(Società Italiana di Oftalmologia Legale)

In ambito oftalmologico il principio fondamentale della Medicina preventiva è rivolto alla precoce individuazione delle condizioni patologiche che possono portare alla cecità

tia insorga quando ancora non si è sviluppata, combattendone le cause e i fattori predisponenti, si attua su un soggetto sano;

• secondaria: ha lo scopo di identificare la malattia nella fase in cui è ancora priva di sintomi (diagnosi precoce) mediante esami di screening e coinvolge un soggetto malato che non sa di esserlo;

• terziaria: ha lo scopo di limitare i danni procurati dalla malattia mediante la cura e la riabilitazione (terapia e gestione delle complicanze) ed è destinata a un soggetto malato che sa di esserlo.

Gli screening devono avere precise caratteristiche:

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l’importanza

le malattie da individuare devono essere curabili, i programmi devono essere sostenibili, cioè devono essere rivolti alla popolazione con più alla probabilità di sviluppare quelle patologie.

Gli esami con cui vengono effettuati gli screening devono essere sicuri (scarsi rischi e/o effetti collaterali), accettabili (i test devono essere semplici), effettuabili (rivolti a popolazioni apparentemente sane), non devono diagnosticare erroneamente una patologia a chi non ce l’ha.

Alcuni dati sulla salute visiva

Nel mondo vi sono circa 43 milioni di ciechi e 596 milioni di ipovedenti, in Italia sono 110.000, cui si devono aggiungere circa 1.800.000 di persone con disabilità visiva.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’80% dei casi di cecità o di minorazione visiva sono evitabili se le malattie oculari vengono diagnosticate per tempo.

Il 23 luglio 2021 l’Assemblea delle Nazioni Unite (UNGA) ha adottato la prima risoluzione per la prevenzione della vista (approvata all’unanimità dai 193 paesi delle Nazioni Unite): “Vision for everyone. Accelerating Action to Achieve the Sustainable Development Goal” con la quale viene sancita ufficialmente la salute degli occhi come parte integrante dello sviluppo sostenibile.

Le tappe della prevenzione

In ambito oftalmologico, il principio fondamentale della Medicina preventiva è rivolto alla precoce individuazione delle condizioni patologiche che possono portare alla cecità o ad una grave compromissione della visione. Si tratta quindi di una prevenzione secondaria.

La corretta prevenzione delle Malattie oculari comincia alla nascita, per escludere malformazioni o malattie congenite, prosegue poi intorno ai tre anni per indagare la presenza di vizi di refrazione e dell’Ambliopia. A sei anni poi si consiglia di valutare la presenza di vizi di refrazione successivamente insorti; ulteriori controlli sarebbero opportuni nel periodo di avviamento di attività di studio e/o lavorative per valutare l’ulteriore comparsa di vizi di refrazione oltre alla presenza di Patologie degenerative tra

cui il Cheratocono, una Malattia della cornea ad evoluzione cronica progressiva e asintomatica, che compare, in genere, in giovane età. In età adulta inoltre si dovrebbero effettuare altri esami di approfondimento intorno ai quarant’anni, momento dell’insorgenza della Presbiopia e, infine, a 50-60 anni, per individuare la comparsa di patologie oculari gravemente invalidanti quali Degenerazione maculare legata all’età, Glaucoma, Retinopatia diabetica, ecc..

Ambliopia e Cheratocono

L’ Ambliopia è una patologia oculare tipica dell’età infantile che comporta un deficit, in genere monolaterale, dell’acuità visiva che può diventare irreversibile se non diagnosticata in tempi utili al suo ripristino attraverso misure terapeutiche mirate. In Italia è stato calcolato che la prevalenza dell’Ambliopia nella popolazione raggiunge il 2-4% il che significa che dei 1.6 milioni di bambini tra i 3 e i 5 anni, 40-60.000 bambini ambliopi dovrebbero essere identificati e adeguatamente trattati in Centri specializzati.

Il Cheratocono è una malattia multifattoriale della cornea su base genetica, biochimica, biomeccanica e ambientale

Il Cheratocono invece è una malattia multifattoriale della cornea, su base genetica, biochimica, biomeccanica e ambientale, caratterizzata dal suo progressivo sfiancamento e assottigliamento, prima nella porzione centrale e, in seguito, anche in quella

medicina maggio/giugno 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori 29

periferica, è ad evoluzione cronica e, nella maggior parte dei casi, progressiva.

In caso di Glaucoma

Il Glaucoma è la seconda causa di cecità nel mondo, si indentifica in un gruppo di Malattie oculari che causano un progressivo deterioramento del nervo ottico nel punto in cui questo lascia l’occhio per portare le informazioni visive al cervello. Se non diagnosticato e trattato in tempo, il Glaucoma può portare alla cecità. Ne esistono diversi tipi: congenito, primario e secondario, quello più comune è il Glaucoma “ad angolo aperto” o Glaucoma cronico che insorge dopo la 4ª decade di vita e la cui frequenza aumenta con l’età. È caratterizzato da aumento del tono oculare (pressione oculare), pallore ed escavazione della testa del nervo ottico (papilla ottica), riduzione del campo visivo, riduzione del visus.

È asintomatico, infatti il Paziente non ha modo di avvertirne la presenza in quanto la vista può essere eccellente, mancano disturbi irritativi, l’occhio non è arrossato, rischiando così di esserne informato solo quando la malattia è già in uno stadio avanzato. Per tale motivo è fondamentale la diagnosi precoce mediante la misurazione del tono oculare (pressione), l’esame della papilla ottica e del campo visivo e attraverso l’impiego di tecniche di immagine. La terapia prevede l’uso di colliri, Laser o Chirurgia, con l’obiettivo di abbassare il tono oculare a valori di pressione target, rallentando e/o bloccando la progressione del Glaucoma verso la cecità.

Degenerazione maculare legata all’età

Si tratta di una malattia cronica e progressiva della retina che coinvolge in particolare la regione maculare, cioè quella parte centrale del fondo dell’occhio deputata alla visione distinta delle immagini che ci permette, quindi, di distinguere le singole parole di un testo scritto, i colori o di riconoscere il volto di un individuo e ci consente di svolgere azioni quotidiane come guidare, leggere, guardare la televisione.

La DMLE (Degenerazione maculare legata all’età) è

La Degenerazione maculare legata all’età è una malattia perlopiù legata all’invecchiamento della retina, anche se sembra esistere una predisposizione familiare

la prima causa di cecità nei Pazienti sopra i 50 anni d’età nel mondo sviluppato. È una malattia perlopiù legata all’invecchiamento della retina, anche se sembra esistere una predisposizione familiare.

Si riconoscono due forme di DMLE:

• forma “secca”: riguarda circa il 90% di tutte le Degenerazioni maculari ed è caratterizzata dall’accumulo, al di sotto della macula, di depositi di materiale metabolico giallastro (drusen), che alterano progressivamente la funzionalità delle cellule deputate alla percezione degli stimoli luminosi e da anormalità dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR);

• forma “essudativa” o “umida” o neovascolare ad evoluzione rapida: è fortunatamente meno frequente della forma “secca” (10%) ma con un esito più invalidante che può giungere sino alla cecità legale; è caratterizzata dalla formazione di piccoli vasi sanguigni coroideali anomali al di sotto della macula, dalle pareti molto fragili, che possono facilmente lasciare trasudare liquido o possono rompersi, causando emorragie nella retina.

In conclusione

Da una mancata prevenzione potrebbe scaturire un ritardo diagnostico con progressione irreversibile della malattia come in caso di Ambliopia, Glaucoma, Degenerazione maculare, riduzione più o meno importante della funzione visiva e conseguente effetto sulla vita lavorativa e di relazione. Ne deriva un rilevante impatto psicosociale delle patologie oculari, anche perché ricordiamo che più dell’80% delle interazioni che arrivano al cervello passano dalla vista.

Per concludere, è opportuno sottolineare che la prevenzione è un atto medico che, attraverso gli screening, individua fattori di rischio e patologie oculari che possono, se non diagnosticate per tempo, portare ad una più o meno grave disabilità visiva e che comporta delle responsabilità sia per quanto riguarda l’informazione che i protocolli da seguire nonché rispetto alla prevedibilità ed evitabilità del danno da mancata prevenzione.

L’Oculista e l’Ortottista-Assistente in Oftalmologia sono la figure deputate alla prevenzione e allo screening con particolare riguardo alla prevenzione infantile. Ricordiamo che lo screening non equivale ad una visita: in caso di positività sono previsti esami di approfondimento specifici per quella specifica malattia al fine di ottenere una diagnosi certa, e di conseguenza, una terapia sicura.

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Bevi. Un’acqua straordinaria, Nerea.

L’acqua è il bene più prezioso che esiste sulla nostra terra; è indispensabile alla vita e rappresenta oltre il 50% del nostro peso. Ecco perché ogni tanto il nostro organismo ci ricorda di bere e, nell’arco della nostra giornata, abbiamo necessità di introdurre acqua per almeno 2 litri.

Chi necessita di bere molto?

Alcune condizioni legate alla nostra età, all’attività fisica o sportiva, o ad esempio la gravidanza e l’allattamento, necessitano di un’assunzione ancora maggiore di acqua per mantenere in buona salute il nostro corpo. Quale acqua bere quotidianamente?

Soddisfare la sete è una esigenza che ci impone anche di scegliere un’acqua con caratteristiche salutari e con un sapore piacevole ma, al tempo stesso, con una composizione equilibrata e priva di sostanze dannose o contaminanti.

Perché Nerea è un’eccellenza

L’Acqua Nerea sgorga dai Monti Sibillini, tra le Marche e l’Umbria, in un territorio incontaminato. Oltre al sapore straordinario di una vera acqua di fonte, che sgorga naturalmente dalle rocce, l’Acqua Nerea ha caratteristiche di eccellenza, con un residuo fisso equilibrato, che la pone tra le acque oligominerali con la sua lieve alcalinità che la rende ottimale per reidratarsi, favorire i processi digestivi e per diluire un eccesso di acidità gastrica.

Cosa è importante per una buona acqua da tavola

Nerea è un’acqua adatta agli anziani, agli sportivi e ai neonati perché è praticamente priva di nitrati e di arsenico, che è bene non trovare nella nostra bevanda quotidiana; l’acqua deve avere lo scopo di idratarci ma al tempo stesso deve anche essere un ottimo disintossicante e digestivo.

Nerea per l’Ambiente

Acqua Nerea è particolarmente attenta alla salvaguardia dell’ambiente, guarda alle innovazioni scientifiche e tecnologiche per nuove soluzioni di sostenibilità, promuovendo l’uso consapevole della plastica e il suo corretto smaltimento. Le bottiglie di Acqua Nerea sono realmente 100% riciclabili, gli imballaggi sono a ridotto impatto ambientale, imboccature e tappi associati in materiali plastici eco-sostenibili.

A cura di Docmed s.r.l.

Mal di schiena, dalle

Tra le diverse cause, lo stile di vita sedentario, caratterizzato da lunghe ore trascorse in posizioni statiche, può indebolire i muscoli della schiena e contribuire allo sviluppo della Lombalgia

La Lombalgia muscolo-tensiva rappresenta una delle patologie più comuni del sistema muscolo-scheletrico, caratterizzata da dolore nella regione lombare. Questo disturbo implica una significativa limitazione nella qualità della vita dei Pazienti, influenzando sia le attività quotidiane che la pratica sportiva. Approfondiamo l’incidenza, le cause e l’impatto sulle attività quotidiane e sulla pratica sportiva, nonché le terapie non chirurgiche disponibili.

Un disturbo molto diffuso

La Lombalgia muscolo-tensiva rappresenta una delle principali cause di disabilità in tutto il mondo, con una prevalenza che varia dal 60% al 80% nella popolazione generale. Tale incidenza può essere influenzata da fattori come età, sesso, stile di vita, condizioni lavorative e livello di attività fisica.

L’età è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della Lombalgia muscolo-tensiva. Le perso-

Dott. Umberto Lavagnolo Specialista in Ortopedia e Traumatologia

Le donne, specialmente durante la gravidanza e dopo la menopausa, possono essere più soggette a questo disturbo

ne anziane, a causa della degenerazione dei tessuti muscolo-scheletrici e della riduzione della densità ossea, sono più inclini a sperimentare dolore lombare. Il sesso è un altro fattore determinante; studi epidemiologici hanno dimostrato che può influenzare l’incidenza della Lombalgia. Le donne, specialmente durante la gravidanza e dopo la menopausa, possono essere più soggette a questo disturbo a causa dei cambiamenti ormonali e della pressione aggiuntiva sulla colonna vertebrale.

Sovrappeso e obesità sono fattori di rischio significativi per lo sviluppo della Lombalgia muscolo-

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medicina

dalle cause ai rimedi

tensiva. L’eccessivo carico sulla colonna vertebrale può causare stress aggiuntivo sui muscoli e sui dischi intervertebrali, aumentando il rischio di lesioni e infiammazioni.

Stile di vita e attività fisica

Lo stile di vita sedentario, caratterizzato da lunghe ore trascorse in posizioni statiche, come sedute al computer o alla scrivania, può indebolire i muscoli della schiena e contribuire allo sviluppo della Lombalgia.

Inoltre lavori che richiedono sollevamento di pesi, movimenti ripetitivi o posture scomode aumentano il rischio di lesioni alla schiena e di sviluppare Lombalgia. Al contrario, alcune attività fisiche intense o sportive possono anche aumentare il rischio di lesioni muscolari e sovraccarico della colonna vertebrale.

Fattori psicologici e stress

Ansia, depressione e altri fattori psico-sociali possono influenzare la percezione del dolore e la suscettibilità alla Lombalgia muscolo-tensiva. Condizioni di stress cronico possono inoltre contribuire al mantenimento o all’aggravamento del dolore.

Storia familiare e Genetica

Alcune persone possono avere una predisposizione genetica alla Lombalgia muscolo-tensiva, con una storia familiare di problemi muscolo-scheletrici che aumenta il rischio di sviluppare il disturbo.

Fattori Ambientali

Anche l’ambiente può essere talvolta un fattore determinante, ad esempio l’esposizione a vibrazioni, temperature estreme e condizioni di lavoro poco ergonomiche possono influenzare la salute della schiena e aumentare il rischio di Lombalgia muscolo-tensiva.

Cause multifattoriali

Le cause della Lombalgia muscolo-tensiva sono dunque multifattoriali e comprendono sia fattori biomeccanici che psico-sociali. Tra le cause biomeccaniche più comuni vi sono le posture scorrette, il sollevamento di pesi in modo improprio, la debolezza muscolare e la mancanza di flessibilità. I fattori

psico-sociali, come lo stress e l’ansia, possono contribuire al persistere o all’aggravarsi del dolore.

Come classificare il disturbo

La Lombalgia muscolo-tensiva può essere classificata in base alla durata e alla gravità dei sintomi. Si distinguono solitamente tre tipologie:

• Lombalgia acuta: caratterizzata da dolore nella regione lombare che dura meno di sei settimane;

• Lombalgia subacuta: persistenza del dolore per un periodo compreso tra sei e dodici settimane;

• Lombalgia cronica: quando il dolore persiste per più di dodici settimane;

I fattori psico-sociali, come lo stress e l’ansia, possono contribuire al persistere o all’aggravarsi del dolore

• La gravità della Lombalgia può variare da lieve a grave e può essere associata a sintomi come rigidità muscolare, limitazione dei movimenti e irradiazione del dolore verso glutei o gambe.

Impatto sulla vita quotidiana

La Lombalgia muscolo-tensiva può influenzare significativamente le attività quotidiane e la pratica sportiva

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dei Pazienti. Il dolore e la limitazione dei movimenti possono compromettere la capacità di svolgere le normali attività lavorative e domestiche. In ambito sportivo, la Lombalgia può limitare le prestazioni atletiche e aumentare il rischio di infortuni.

Terapie Non Chirurgiche

Nel trattamento della Lombalgia muscolo-tensiva, l’approccio terapeutico non chirurgico è spesso preferito e può includere una combinazione di farmaci, terapie fisiche, esercizi di stretching e rafforzamento muscolare, nonché terapie complementari come l’Agopuntura e la Terapia cognitivo-comportamentale.

Cerotti Non Medicati

Una delle opzioni terapeutiche emergenti è l’utilizzo di Cerotti Non Medicati che sfruttano la riflessione della radiazione infrarossa corporea. Questi cerotti contengono materiali che assorbono il calore corporeo e lo riflettono sotto forma di radiazione infrarossa, che penetra nei tessuti cutanei stimolando la circolazione sanguigna e alleviando il dolore. Non essendo presente alcun farmaco, la tollerabilità di tali cerotti è completa e non esiste rischio di svilup-

I Cerotti Non Medicati che utilizzano la riflessione della radiazione infrarossa aumentano la circolazione sanguigna e favoriscono il rilassamento muscolare

pare reazione locali o sistemiche causate da principi attivi farmacologici.

I Cerotti Non Medicati che utilizzano la riflessione della radiazione infrarossa corporea sono progettati per essere applicati direttamente sulla zona lombare dolorante. Una volta applicati, il calore corporeo viene assorbito dal materiale del cerotto e riflessi sotto forma di radiazione infrarossa, che penetra nei tessuti cutanei fino a raggiungere i muscoli profondi.

Effetti benefici

Questi dispositivi medici producono una serie di effetti benefici:

• aumentano la circolazione sanguigna: la radiazione infrarossa stimola la vasodilatazione, aumentando il flusso sanguigno verso la zona lombare e favorendo il trasporto di nutrienti e ossigeno ai muscoli implicati;

• alleviano del dolore: la penetrazione della radiazione infrarossa nei tessuti può ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore muscolare, migliorando il comfort del Paziente;

• producono rilassamento muscolare: il calore generato dalla radiazione infrarossa può favorire il rilassamento dei muscoli contratti, riducendo la tensione e migliorando la flessibilità;

• studi clinici hanno dimostrato l’efficacia di questi dispositivi nel fornire sollievo dal dolore associato alla Lombalgia muscolo-tensiva, con un’ azione rapida e senza gli effetti collaterali spesso associati all’uso di farmaci analgesici. Sebbene esistano diverse opzioni terapeutiche non chirurgiche disponibili, l’utilizzo di Cerotti Non Medicati che sfruttano la riflessione della radiazione infrarossa corporea emerge come un valido supporto al trattamento del dolore lombare. La loro capacità di aumentare la circolazione sanguigna, alleviare il dolore e favorire il rilassamento muscolare li rende un’opzione terapeutica efficace per i Pazienti che cercano sollievo dal dolore lombare senza gli effetti collaterali dei farmaci.

medicina

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La prima

È un momento importante per garantire il benessere globale del piccolo e della sua famiglia e pone le basi per un rapporto di fiducia destinato a durare nel tempo

prima visita del bambino

Prof. Massimo Agosti

Vicepresidente SIN (Società Italiana di Neonatologia) Direttore Neonatologia, Terapia Intensiva Neonatale e Pediatria, Direttore Dipartimento Materno Infantile Ospedale Del Ponte - Varese Università degli Studi dell’Insubria

La prima visita del neonato è un appuntamento importante, un’occasione per conoscersi, neonato, Genitori e Pediatra, e porre così le basi di un rapporto di fiducia destinato a durare nel tempo, un’alleanza tra Genitori e Medico, per garantire il benessere globale del piccolo e della sua famiglia proprio perché, soprattutto nel caso di un primo figlio, tanti sono i dubbi e, talvolta, il senso di inadeguatezza da parte dei Genitori prende il sopravvento.

Le modalità comunicative, la delicatezza degli atteggiamenti, in altri termini il “saper esserci” del professionista medico sono requisiti fondamentali particolarmente nella prima visita in cui i Genitori, e in particolare la mamma, affidano il piccolo per la prima volta alle cure mediche. All’uscita dalla maternità si pensa di avere le idee chiare, ma i piccoli riservano molte sorprese e accudirli non è poi sempre così facile.

Un quesito frequente

Uno dei quesiti più frequenti è: “Quando cadrà il moncone?” Sono necessari circa 7-10 giorni perché il moncone del cordone ombelicale, reciso dopo la nascita, si essichi e cada e, nel frattempo, per favorire il distacco e la completa cicatrizzazione, è necessario avvolgere il moncone in una garza sterile asciutta, una volta al giorno, al cambio del pannolino. La medicazione va, poi, fissata e protetta dalla pipì (in particolare nei maschietti) con una retina elastica. Il bagnetto non è controindicato.

Quando fare la prima visita

La prima visita pediatrica è bene avvenga più o meno vicino alla dimissione dall’Ospedale, a seconda delle problematiche presenti. E, proprio per tali ragioni, molti Centri nascita offrono una visita dopo pochi giorni dalla dimissione, visita che risulta molto utile per rispondere a domande e per risolvere dubbi.

Informazioni importanti

Nella prima visita è importante per il Pediatra conoscere anche la storia medica delle due famiglie di origine (materna e paterna) e informarsi sull’andamento di gravidanza e parto; con la visita, poi, si valuta lo stato di nutrizione e di salute complessiva del neonato, eseguendo anche la misurazione di lunghezza, circonferenza cranica e peso. In particolare il peso è un dato potenzialmente stressogeno per la mamma e il Pediatra risulta utile per inserirlo nel contesto più complessivo della visita medica.

L’allattamento materno

Un aspetto molto importante di questo incontro riguarda l’alimentazione del bambino, che deve realizzarsi con il sostegno e il supporto alla mamma per un allattamento al seno esclusivo e a richiesta, cercando di aiutarla a superare le fisiologiche difficoltà iniziali.

Il latte materno è universalmente considerato l’ali-

mento più idoneo da offrire ad un neonato in modo esclusivo per i primi 6 mesi di vita e da proseguire, insieme all’introduzione dei cibi complementari (svezzamento), anche nel secondo semestre e, se possibile, anche nel secondo anno di vita. È l’alimento di cui si nutrono tutti i mammiferi fin dalle prime fasi della loro vita ed è l’unico in grado di far crescere un cucciolo in tempi variabili ma specifici per ogni specie. È un cibo unico, inimitabile, comodo e vantaggioso da tutti i punti di vista, porta benefici ai piccoli in termini di protezione a breve termine verso le Infezioni e le Allergie, ma anche a lungo termine perché ha un effetto protettivo nei confronti di sovrappeso e obesità e quindi di tutte quelle malattie ad esse correlate (come Ipertensione e Diabete dell’adulto); porta vantaggi anche alla mamma, poiché è dimostrato che allattare a lungo protegge la donna nei confronti del Tumore alla mammella e del Tumore alle ovaie. Insomma, il latte materno è un vero voucher di salute, raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’Unione Europea, dal Ministero

All’uscita dalla maternità si pensa di avere le idee chiare, ma i piccoli riservano molte sorprese e accudirli non è poi sempre così facile
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della Salute e dalle Società Scientifiche di Neonatologia e Pediatria.

Se compare l’Ittero

Un altro aspetto riguarda la possibilità che il bambino possa manifestare, se pur tardivamente, l’Ittero dei neonati, che si presenta con una colorazione giallastra della cute e delle sclere; è quasi sempre fisiologico e destinato a scomparire nel giro di pochi giorni. A volte, tuttavia, può essere necessario intervenire con l’esposizione a una luce particolare (Fototerapia) e indagare meglio le possibili cause di questa condizione. La colorazione si manifesta dapprima al volto e alle sclere, per poi estendersi a tronco, arti superiori e infine arti inferiori. Il Pediatra controlla da un punto di vista clinico la colorazione della cute (che è dovuta al deposito del pigmento denominato bilirubina). In particolare si dovrà escludere che:

• la colorazione gialla diventi molto intensa;

• la colorazione gialla si estenda, passando dal volto alla pancia, alle braccia e alle gambe;

• il bambino sia sofferente, faccia fatica a svegliarsi o a rimanere sveglio;

Se l’Ittero è fisiologico, non occorre fare nulla, così come nei casi di Ittero da latte materno

• il piccolo si alimenti male o non prenda peso;

• l’ittero duri più settimane. Nei casi sopradescritti sarà necessario eseguire ulteriori approfondimenti. Se l’Ittero è fisiologico, non occorre fare nulla, così come nei casi di Ittero da latte materno, se non aspettare che le vie metaboliche smaltiscano da sé l’eccesso di bilirubina circolante e la colorazione della cute torni quella normale. A volte invece l’Ittero del neonato non è una manifestazione fisiologica, ma il segnale della presenza di un’altra malattia.

L’Ittero patologico si distingue da quello fisiologico perché in genere:

• compare nelle prime 24 ore di vita;

• la bilirubina aumenta a una velocità elevata, superiore ai 5 mg al giorno;

• l’Ittero dura solitamente più a lungo del normale: più di 14 giorni nel caso del bambino nato a termine e più di 21 nel bambino prematuro;

• richiede un trattamento più specificao a seconda della patologia che causa l’Ittero.

Altre indicazioni

Il Pediatra valuta infine l’opportunità di integrazioni utili, oltre alla raccomandazione di somministrare vitamina D, che viene consigliata a tutti i neonati almeno per il primo anno di vita, così come è stato sicuramente indicato anche al momento della dimissione dall’Ospedale. Un altro importante consiglio riguarda la posizione nel sonno: il neonato deve dormire a pancia in su per ridurre in modo notevole il rischio di SIDS (Sudden Infant Death Syndrome, ovvero la Sindrome della morte in culla). Infine si dovrà ribadire il ruolo negativo del fumo passivo per l’organismo del piccolo.

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medicina ●

Giornata Mondiale dell’Ambiente

Celebrata in tutto il mondo il 5 giugno, la Giornata Mondiale dell’Ambiente è un importante momento di riflessione a livello globale per trovare insieme ogni anno nuove modalità e idee per proteggere e tutelare il patrimonio del nostro ecosistema. Istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU, questa giornata nasce dalla necessità di mantenere sempre viva l’attenzione di popoli e Governi sulla consapevolezza dell’impatto dell’uomo sull’ambiente naturale e sul suo equilibrio nonché sull’importanza di indagare sulle possibili strategie per tutelarlo. Il World Environment Day con lo slogan “OnlyOneEarth - Solo una Terra. Insieme per un futuro sostenibile”, quest’anno

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Torna anche quest’anno l’appuntamento internazionale dedicato all’intero ecosistema del mondo wellness: ultime tendenze, innovazioni e formazione per i professionisti e gli appassionati del fitness, benessere e sport. Il Rimini Wellness si terrà presso il quartiere fieristico di Rimini dal 30 maggio al 2 giugno e, per questa 18° edizione, vedrà come filo conduttore il tema della longevità: dai programmi di allenamento dedicati alla cura del corpo e alla prevenzione, fino alle più recenti ricerche nel campo della nutrizione e del benessere psicofisico, la manifestazione evidenzierà come uno stile di vita attivo sia fondamentale per mantenere un’elevata qualità della vita.

Progetto DARE

DARE - DigitAl lifelong pRevEntion, è un progetto finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano Nazionale per gli investimenti Complementari al PNRR sviluppato con l’obiettivo di implementare e migliorare la cosiddetta “prevenzione digitale”, gli strumenti tecnologici, le conoscenze e i processi che permettano di usufruire dell’enorme potenziale dei dati sanitari per definire, monitorare e persino prevedere l’efficacia delle soluzioni sanitarie disponibili, a beneficio della promozione della salute e della prevenzione, con la prospettiva di accompagnare il cittadino. Il progetto si inserisce nel più ampio contesto della “Digital Health”, la salute digitale, traducendosi, nella pratica, in una serie di servizi e strumenti che semplificano e migliorano l’assistenza sanitaria come, ad esempio, la

tratterà il tema della desertificazione, la siccità e il ripristino del suolo, e il Paese ospitante è l’Arabia Saudita. Nel nostro piccolo, tutti possiamo partecipare a questo processo di consapevolezza e cambiamento, mettendo in atto semplici accorgimenti quotidiani come ad esempio seguire un’alimentazione basata su prodotti stagionali, sostenibili e vegetali, partecipare a piccoli interventi di riqualificazione urbana o aree naturali, seguire abitudini ecosostenibili a casa e nel posto di lavoro, scegliere di usare meno l’auto e di muoverci più con mezzi green, ridurre il consumo di energia e di acqua, ecc.

Per approfondire: https://shorturl.at/fjFKX

Tante le varie sezioni tematiche che spazieranno dall’alimentazione sana, con corsi di cucina e degustazioni guidate, alla Medicina sportiva, dedicata alle attrezzature per la Fisioterapia, le tecnologie per la Riabilitazione e il recupero post trauma fino al mondo della formazione e quello del benessere a 360° in uno spazio multifunzionale dedicato a Yoga, Pilates e Mindfulness e luogo ideale per approfondire le proprie conoscenze sul mondo olistico, i servizi per la cura del corpo e il benessere della persona. Non mancheranno le ultime tendenze delle discipline di allenamento, i brand più amati da chi segue uno stile di vita attivo e i trainer più conosciuti a livello mondiale. Per informazioni: https://www.riminiwellness.com/

Telemedicina, le cartelle cliniche digitalizzate, le prescrizioni elettroniche oltre all’impiego di dispositivi di uso comune già disponibili al Paziente, come gli smartphone, per favorire l’aderenza alle terapie. DARE si propone dunque di agire direttamente sulla prevenzione, sviluppando soluzioni tecnologiche che hanno dimostrato di avere il potenziale di migliorare i risultati di salute, le decisioni terapeutiche, le sperimentazioni cliniche, la prevenzione delle emergenze, l’autogestione delle cure da parte dei Pazienti e l’assistenza incentrata sulla persona. Il progetto è coordinato dall’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, e partecipano l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Università, Ospedali di ricerca e privati, imprese. Per scaricarla: https://shorturl.at/qBCJY

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CUORE E TIROIDE Qualerelazione?

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SALUTE DEGLI OCCHIL’importanza degliscreening

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Cistite, le terapie più efficaci

LAlcune condizioni come la gravidanza o la presenza di alcune patologie possono favorire l’insorgere delle Cistiti che possono però essere curate in tempi rapidi

Prof. Andrea Minervini

Università degli Studi di Firenze

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - Firenze

SIU (Società Italiana di Urologia)

Dott. Antonio Andrea Grosso

Urologo AOU Careggi, Dottorando di ricerca

Università degli Studi di Firenze

Dott. Andrea Mari

Urologo AOU Careggi

Ricercatore Università degli Studi di Firenze

Dott.ssa Mara Bacchiani

Urologa AOU Careggi)

e Cistiti sono le infezioni batteriche più diffuse, le donne ne sono maggiormente soggette in particolare nel periodo di età compreso tra i 20 e i 50 anni. Negli uomini invece sono meno frequenti e si manifestano principalmente nei neonati per la presenza di anomalie anatomiche o funzionali delle vie urinarie e negli uomini dopo i 50 anni per l’elevata incidenza di Ipertrofia prostatica o Patologie ostruttive del basso apparato urinario.

Alcuni Pazienti sono suscettibili alle infezioni a causa della presenza di patologie sistemiche tali da compromettere i meccanismi di difesa contro le infezioni batteriche

Cosa sono le Cistiti?

Si tratta di infezioni delle vie urinarie limitate alla vescica. Secondo le Linee guida Europee possono essere classificate dal punto di vista clinico come:

• Cistiti non complicate: limitate alle donne, non in stato di gravidanza, in assenza di anomalie anatomiche e/o funzionali del tratto urinario o di presenza di altre patologie;

• Cistiti complicate: riguardano Pazienti con un maggior rischio di decorso complicato ovvero uomini, donne in gravidanza, Pazienti con rilevanti anomalie anatomiche o funzionali delle vie urinarie, in presenza di cateteri vescicali a permanenza oppure quando sussistano malattie renali e/o altre patologie concomitanti con compromissione delle difese immunitarie. Possono inoltre essere distinte in base alla loro insorgenza e decorso in acute o croniche, sporadiche o ricorrenti.

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Fattori di rischio

Come precedentemente detto, le Cistiti sono più frequenti nel sesso femminile per la specifica conformazione anatomica. In menopausa, l’alterazione dell’equilibrio ormonale, la presenza di anomalie che determinano una difficoltà allo svuotamento vescicale, come prolassi degli organi pelvici e l’atrofia genitourinaria, sono ulteriori fattori che possono favorirne la comparsa. La gravidanza rappresenta un ulteriore fattore predisponente a causa delle modificazioni emodinamiche (riguardanti il flusso sanguigno) e anatomiche dovute alla compressione dell’utero e dell’azione miorilassante del progesterone che favoriscono la stasi urinaria e il rischio di sovrainfezione batterica.

Altri fattori di rischio per entrambi i sessi sono rappresentati dalle manovre chirurgiche sul tratto urinario e dalla presenza del catetere vescicale. Alcune categorie di Pazienti sono suscettibili alle infezioni a causa della presenza di patologie sistemiche tali da compromettere i meccanismi di difesa contro le infezioni batteriche (Immunodepressione, Diabete, gravi malnutrizioni, Malattie oncologiche in trattamento chemioterapico). Inoltre, l’alterazione del microbiota intestinale può favorire l’insorgenza di infezioni urinarie.

Riconoscere i sintomi

Le Cistiti si presentano generalmente con sintomi irritativi quali: disuria (fastidio e/o dolore durante la minzione), pollachiuria (minzione in più tempi, più volte al giorno), urgenza ed incrementata frequenza minzionale. Possono essere presenti sintomi aspecifici come febbre e astenia e disorientamento, soprattutto in Pazienti anziani e in caso di infezioni complicate.

Individuare le cause

Le Cistiti sono dovute alla colonizzazione da parte di microrganismi che colpiscono l’apparato urologico e causate prevalentemente da batteri (Gram-negativi e Gram-positivi), di derivazione intestinale o provenienti dai tessuti periuretrali e perineali, che risalgono il canale uretrale. Il batterio che si riscontra più comunemente nelle Cistiti è Escherichia Coli (85%), altri agenti potenzialmente implicati sono Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus saprophyticus, Enterococcus faecalis, Proteus mirabilis, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus e Candida (15%). Esistono anche forme di Cistite non associate ad infezione, come nel caso della Cistite interstiziale, un’infiammazione cronica della vescica della cui

causa ancora si conosce poco, o delle Cistiti scatenate da farmaci o dovute a trattamenti radianti (Cistiti post-attiniche).

Arrivare alla diagnosi

La diagnosi può essere fatta su base clinica ovvero in presenza di una sintomatologia irritativa delle basse vie urinarie (disuria, frequenza e urgenza).

A completamento diagnostico può essere eseguita un’analisi chimico-fisica delle urine e una urinocoltura per stabilire quale patogeno sia interessato e stabilire la sua sensibilità ad antibiotici (antibiogramma).

I trattamenti

Secondo le Linee guida Europee, la Cistite acuta non complicata deve essere trattata con terapia antibiotica empirica con regime breve (3-5 giorni di terapia), basandosi sulla prevalenza della antibioticoresistenza (in base all’area geografica di origine). Solitamente gli antibiotici più utilizzati sono: fosfomicina, amoxicillina - acido clavulanico, cotrimoxazolo, nitrofurantoina. In caso di Cistiti complicate o resistenti alle comuni terapie antibiotiche, può essere necessario l’utilizzo di fluorochinolonici

La terapia antibiotica in caso di Cistite acuta complicata deve protrarsi per 7-14 giorni e deve essere seguita (circa dopo 10 giorni dal termine dell’ultima somministrazione di antibiotico) da un’urinocoltura. In caso di Cistiti post-attiniche o interstiziali, possono essere utili le instillazioni endovescicali di acido ialuronico.

Insieme alla terapia antibiotica risulta molto efficace il ripristino della normale flora batterica intestinale pertanto, insieme alla terapia antibiotica, spesso viene associata l’assunzione di integratori a base di batteri saprofiti che favoriscono la proliferazione del microbiota “buono” dell’intestino.

Prevenire con lo stile di vita

Il trattamento delle Cistiti non può escludere misure di prevenzione per ridurne l’eventuale ricomparsa come, ad esempio, mantenere un’adeguata idratazione, ben distribuita nella giornata, cercare di non trattenere l’urina per troppe ore e svuotare bene la vescica più volte al giorno. Inoltre è consigliabile regolarizzare l’intestino con una dieta equilibrata e ricca di fibre. È utile seguire cicli di trattamento con integratori a base di D-mannosio, estratto di mirtillo rosso, bacche rosse e probiotici. In donne in fase post-menopausa può essere utile l’utilizzo di terapia sostitutiva estrogenica per via vaginale.

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Disturbi intestinali, come alleviarli?

Condizione diffusa nei paesi industrializzati, la Diverticolosi colpisce oltre il 50% della popolazione e tale percentuale cresce con l’aumentare dell’età.

I Diverticoli sono piccole deformazioni esterne a forma di sacco che possono manifestarsi in prevalenza lungo le pareti del colon terminale, a causa dell’indebolimento delle fibre muscolari che le strutturano.

In caso di infiammazione

Nel caso in cui i Diverticoli si infiammino ed intervengano sintomi quali dolore addominale, febbre, gonfiore, meteorismo, costipazione e/o stipsi/ diarrea, siamo in presenza di una condizione acuta. In questi casi è necessario rivolgersi al Medico curante, che saprà suggerire il miglior approccio sia diagnostico che di trattamento.

L’importanza dello stile di vita

Le persone che ne soffrono possono trarre notevoli benefici da uno stile di vita corretto, fattore fondamentale in un’ottica di prevenzione ma anche di cura. In questo senso si consiglia di praticare una maggiore attività fisica, di non fumare e di non bere alcolici. Per quanto riguarda l’alimentazione, si possono trarre benefici limitando il consumo di carni rosse e cibi raffinati o ultraprocessati, adottando l’assunzione regolare di fibre vegetali e abbondante quantità di acqua che, pur non impedendo la formazione dei Diverticoli, sembrano ridurne l’impatto.

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Questo prodotto, a base di Fibra d’Acacia, Prugna, Kiwi ed estratto di Boldo, coadiuva la funzione intestinale. Prugna e Boldo, in particolare, favoriscono la regolarità del transito, mentre il Kiwi ha un’azione di sostegno e ricostituente.

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Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata ed equilibrata e di uno stile di vita sano. Leggere le avvertenze prima dell’uso.

Le informazioni in questa pagina non devono essere interpretate come consulenza medica e non intendono, né possono sostituire il parere del proprio Medico curante. Gli integratori non vanno intesi come mezzo per trattare, prevenire, diagnosticare o attenuare malattie o condizioni anomale.

Informazione pubblicitaria

Infiammazione intestinale,

Accomunate dall’acronimo MICI o IBD (Inflammatory Bowel Disease nei paesi anglosassoni), Malattia di Crohn e Rettocolite ulcerosa sono la causa più comune di Infiammazione intestinale cronica. Sebbene l’origine non sia nota, sappiamo che i fattori che concorrono a determinare queste malattie sono di tipo genetico (spesso più casi si presentano nella stessa famiglia) e ambientali come il fumo di sigaretta e la dieta. L’azione della dieta si esplica probabilmente attraverso la modificazione della flora intestinale o microbiota, ovvero quell’insieme di microrganismi che vivono nell’intestino ed esercitano tante azioni benefiche come, per esempio, la produzione di alcuni acidi grassi a catena corta, importanti per la funzione di barriera dell’epitelio intestinale. La dieta è centrale nelle aspettative del Paziente e “Cosa posso mangiare?”

Una dieta ricca di carboidrati complessi a più alto contenuto in fibra, di grassi insaturi, grassi polinsaturi, di frutta e verdura, come la Dieta mediterranea, ha un ruolo protettivo

In presenza di patologie dell’intestino è importante valutare, con l’aiuto degli Specialisti, il regime alimentare più indicato in base alle diverse fasi della malattia

Dott.ssa Maria Cappello

Responsabile Ambulatorio IBD

UO Gastroenterologia Policlinico di Palermo

Consigliere Nazionale AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri)

è una delle domande più comuni nel corso della visita specialistica

Il ruolo dell’alimentazione

Queste malattie, una volta appannaggio del Nord Europa e nel Nord America, sono in aumento nei paesi del bacino del Mediterraneo e in Estremo Oriente e questo si spiega con la progressiva occidentalizzazione della dieta con il consumo crescente di zuccheri raffinati, di bevande gasate ad alto contenuto di fruttosio, di alimenti processati (ad esempio i salumi), di grassi saturi e di carni rosse. Anche gli additivi alimentari, come gli emulsificanti e le carragenine, hanno un ruolo negativo. Una dieta ricca di carboidrati complessi a più alto contenuto in fibra, di grassi insaturi e grassi polinsaturi (omega-3), di frutta e verdura, come la Dieta mediterranea, ha invece un ruolo protettivo.

Inoltre una corretta alimentazione aiuta a prevenire o trattare la malnutrizione dovuta alla riduzione dell’apporto alimentare e/o dell’assorbimento dei nutrienti, con comparsa di diarrea, dolore, nausea, riduzione dell’appetito, perdita di peso involontaria e deficit di vitamine e minerali. Una dieta equilibrata rispetto al fabbisogno calorico e nutrizionale individuale è fondamentale; con una corretta alimentazione si possono migliorare i sintomi e la qualità della vita. Il Paziente

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intestinale, quale dieta?

con MICI tende a evitare tutta una serie di alimenti che considera dannosi come latte, frutta e verdura, cibi piccanti o fritti, poiché associati a un peggioramento dei sintomi intestinali durante le fasi di attività della malattia. Le restrizioni sono così esasperate che a volte sono causa di gravi deficit nutrizionali e hanno un impatto negativo sulla qualità della vita. Le privazioni autoindotte, in alcuni Pazienti, possono determinare l’insorgenza di veri e propri disturbi del comportamento alimentare

Negli ultimi anni la Ricerca scientifica ha valutato il ruolo di alcune diete specifiche nel ridurre l’infiammazione (“dieta come terapia”). Vediamole nel dettaglio.

Dieta Antinfiammatoria

È stata elaborata una Dieta Antinfiammatoria (AID) basata sul rapporto tra variazioni del microbiota e l’assunzione di specifici carboidrati come gli zuccheri raffinati, il glutine e i carboidrati complessi processati che diventano substrati dei batteri patogeni, scatenando una risposta immunitaria alterata e danno alla mucosa intestinale. Questo approccio dietetico ha 5 componenti principali: la prima si basa sulla modificazione di alcuni carboidrati (lattosio, carboidrati complessi o raffinati), la seconda sull’introduzione di prebiotici e probiotici naturali (fibre solubili, sedano, cipolle e cibi fermentati), la terza distingue tra grassi saturi, mono e polinsaturi, la quarta rivede tutte le abitudini alimentari, individua i nutrienti deficitari e identifica le intolleranze individuali, la quinta modifica la consistenza degli alimenti in base alla sintomatologia del Paziente per migliorare l’assorbimento e minimizzare l’assunzione di fibre insolubili. Tale dieta comprende carni bianche, pesce, grassi omega-3, alcuni carboidrati, frutta e verdure, farine di noci

Si consiglia di modificare la consistenza degli alimenti iniziando, in fase acuta, con puree o centrifugati ed evitando fibre intatte

e legumi, formaggi semi-stagionati, yogurt o kefir e miele. Consigliati i prebiotici sotto forma di fibra solubile (inulina e betaglucani contenuti in banane, avena, semi di lino). Si consiglia infine di modificare la consistenza degli alimenti iniziando, in fase acuta, con puree o centrifugati ed evitando fibre intatte, specie nei Pazienti con stenosi intestinali e attività infiammatoria mucosale severa. In uno studio condotto in 27 Pazienti con MICI refrattari alle terapie farmacologiche sottoposti alla dieta AID per 4 settimane, 24 su 27 hanno ottenuto un beneficio clinico e tutti sono stati in grado di ridurre il dosaggio dei farmaci. Il tasso di aderenza alla dieta è stato elevato (70%).

Dieta con carboidrati specifici

Un’altra dieta valutata nelle MICI è quella con carboidrati specifici (“Specific Carbohydrate Diet”), composta prevalentemente da monosaccaridi, proteine e grassi, con esclusione di carboidrati complessi. I monosaccaridi sono infatti zuccheri semplici completamente assorbiti nell’intestino tenue, a differenza di disaccaridi e polisaccaridi che spesso rimangono indigeriti, promuovendo la crescita di batteri e, quindi, l’infiammazione. Alcuni studi negli adulti hanno mostrato una efficacia modesta, migliori risultati nei bambini. Tuttavia, qualche perplessità è sorta sui possibili deficit nutrizionali indotti da questa dieta in particolare sui livelli di vitamina D e calcio.

Alimentazione e Malattia di Crohn

La Dieta di Esclusione per il Crohn (Crohn’s Disease Exclusion Diet - CDED) si ispira alla nutrizione enterale che, nei bambini, si è dimostrata efficace nell’indurre la remissione ed è basata su una nutrizione enterale parziale quindi con supplementi nutrizionali orali, somministrati su prescrizione medica con piano terapeutico, associata a una dieta che consente frutta, verdura, carni, carboidrati semplici e complessi ma proibisce alcuni grassi animali, alcune carni e gli additivi emulsionanti e

medicina maggio/giugno 2024 www.elisirdisalute.it • il punto di vista di medici e ricercatori 49

maltodestrine, sempre per la loro azione negativa sulla integrità della barriera intestinale e sul microbiota. Questa dieta ha dato risultati promettenti nei bambini e di recente anche negli adulti anche già trattati con farmaci biologici.

Il ruolo delle microparticelle

Una ulteriore dieta, valutata da un gruppo di ricerca, è quella a basso contenuto di microparticelle. Questo regime alimentare si basa sul concetto che microparticelle inorganiche non degradabili presenti in additivi alimentari (coloranti, antiagglomeranti, titanio, silicati di alluminio), accumulandosi nell’intestino, scatenino una risposta infiammatoria su base immune. I risultati preliminari di questa dieta sono stati tuttavia discordanti. Diversi studi infine hanno valutato alcuni alimenti, giudicati ad azione antinfiammatoria, utili nel mantenere la remissione della malattia e prevenire la ricaduta, con risultati però discordanti.

Di contro, altri studi hanno mostrato l’azione proinfiammatoria e quindi nociva di alcuni additivi e emulsionanti, con conseguente peggioramento del decorso delle MICI. Dolcificanti, emulsionanti e maltodestrine presenti negli alimenti ultraprocessati come bevande gasate ad alto contenuto di fruttosio, caramelle e barrette energetiche modificano il microbiota e peggiorano l’infiammazione. La carragenina è un polisaccaride ad alto peso molecolare usato come addensante, gelificante e stabilizzante in molti alimenti processati come gli alimenti a basso contenuto di grassi (gelati, latte di soia e yogurt). È una molecola proinfiammatoria in grado di causare Colite nei modelli animali e la sua aggiunta alla dieta ha causato un incremento del numero di ricadute in un campione di Pazienti con Colite ulcerosa. Anche i sulfiti sono usati come additivi, ad esempio, nelle bevande energetiche e possono danneggiare il microbiota. In sintesi, nonostante dati sperimentali indirizzino verso abolizione o introduzione di alcuni alimenti allo scopo di ridurre l’infiammazione, le prove di efficacia non si possono considerare definitive.

In caso di Intolleranze

Alcuni Pazienti con MICI manifestano Intolleranze alimentari, la più comune è quella al lattosio poiché l’infiammazione della parete intestinale determina la perdita dell’enzima “lattasi”, non consentendo quindi la digestione del lattosio presente nei latticini freschi, peggiorando la diarrea o causando gonfiore. L’Intolleranza al lattosio nelle MICI è spesso transitoria e si verifica nelle fasi acute. Alcuni Pazienti presentano poi Intolleranza al glutine, pur non essendo celiaci.

Non si può infine non parlare della Dieta mediterranea i cui benefici sulle Malattie cardiovascolari e sulla Sindrome metabolica sono noti a tutti. Studi epidemiologici ne hanno dimostrato un ruolo preventivo in caso di MICI, tuttavia i dati sull’utilità della Dieta mediterranea come intervento terapeutico sono pochi anche se indicherebbero un beneficio sui sintomi.

Quali raccomandazioni

I risultati della Ricerca scientifica sono preliminari e la comunità scientifica è concorde nel dichiarare che non esiste una dieta specifica nelle MICI. Tuttavia, sulla base dei principi che hanno ispirato la ricerca e per evitare il “fai da te” e il ricorso ad informazioni non scientifiche, si possono fornire alcune semplici raccomandazioni. Nelle fasi acute, e cioè in presenza di sintomi, si dovranno eliminare i latticini freschi, consentendo il consumo di formaggi stagionati e di latte senza lattosio, e i cibi piccanti che stimolano i movimenti intestinali; consigliata anche la diminuzione del consumo di frutta e verdura, si ai centrifugati, passati, puree e vellutate. Importante anche evitare alimenti integrali (pasta, pane e derivati, cereali come orzo, farro), in casi selezionati favorire l’uso di cereali naturalmente privi di glutine. Anche il consumo di caffè deve essere ridotto poiché può stimolare la motilità.

Una dieta senza scorie (fibra alimentare) è raccomandata nei Pazienti con restringimenti dell’intestino (Stenosi) in cui l’assunzione di fibre può determinare l’occlusione intestinale.

Nelle fasi di remissione, la dieta deve contenere tutte le componenti, incluse le fibre, privilegiando quelle solubili. In tutti i Pazienti va scoraggiato l’uso di carni rosse più di 1-2 volte alla settimana e di alimenti processati e incoraggiata l’assunzione di carni bianche, di pesce in particolare azzurro di piccola taglia e di carboidrati complessi. Si deve garantire una adeguata idratazione (bere molta acqua). In sintesi, in fase di remissione si deve seguire una dieta di tipo mediterraneo, con un moderato apporto di fibre e privilegiando l’assunzione di alimenti freschi a km zero.

Consultare un Nutrizionista esperto è raccomandato per gestire le variazioni della dieta in rapporto alla fase della malattia e alle complicanze, personalizzandola in base alle Intolleranze individuali e al riconoscimento di alimenti che peggiorano i sintomi. Quando possibile, il Nutrizionista deve essere un componente del gruppo multidisciplinare che prende in carico il Paziente e quindi lavora in collaborazione con il Gastroenterologo di fiducia.

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I disturbi muscolo-scheletrici della colonna vertebrale, comunemente noti come “mal di schiena” rappresentano un problema assai diffuso che può essere evitato mettendo in atto alcune semplici indicazioni e modificando opportunamente il proprio stile di vita. Partendo dall’adozione di una corretta postura, passando attraverso il mantenimento dell’adeguato peso corporeo e, innanzitutto, praticando una costante e adeguata attività fisica che mantenga attiva la muscolatura dorsale, possiamo infatti rendere la nostra schiena elastica ed efficiente, evitando fastidiosi e invalidanti episodi dolorosi. Per tutto il mese di maggio, il team scientifico della rivista Elisir di Salute attraverso

Food & Science Festival

Con l’obiettivo di interrogare agricoltura e ricerca sulle sfide globali del nostro tempo, Food & Science Festival è la rassegna scientifica che affronta il mondo contemporaneo partendo dall’analisi e dall’esplorazione degli intrecci che uniscono cibo e scienza. L’ottava edizione di questa iniziativa si terrà da venerdì 17 a domenica 19 maggio a Mantova, si parlerà di emergenza climatica, politiche agricole, della tradizione produttiva e della nuova era della “digital transformation”. Protagonisti scienziati, divulgatori, esperti in ambito agroalimentare e professionisti del panorama culturale e scientifico contemporaneo che offriranno al pubblico spunti di riflessione e dibattito, condivideranno testimonianze e conoscenze, risponderanno a domande e dubbi. Tre

Tepy, l’app fisioterapica

Nonostante la crescente autonomia nella ricerca delle informazioni sulla salute, ciò che si trova sul web non è sempre chiaro e adatto alle esigenze di tutti. Per rispondere alle necessità in campo fisioterapico e per trattare in autonomia i dolori muscolari o rafforzare il proprio corpo con una routine su misura nasce Tepy, la prima app di benessere dotata di Intelligenza Artificiale che rappresenta un ottimo strumento per affrontare autonomamente problematiche minori come torcicollo, Mal di schiena o dolori articolari. L’obiettivo non è sostituire il Fisioterapista, la cui consulenza è fondamentale quando il dolore diventa importante, bensì di migliorare la qualità delle soluzioni quando il dolore è gestibile autonoma-

il Circuito Informazione e Prevenzione (CIP) propone a tutte le persone afferenti alle strutture sanitarie aderenti al progetto, alcuni temi chiave di riflessione. Durante gli eventi informativi sarà possibile raccogliere alcune indicazioni di base utili a costruire un’adeguata informazione e prevenzione su questo tema. Il punto fondamentale su cui focalizzare l’attenzione è rappresentato dall’attivazione delle opportune correzioni al proprio stile di vita, programmando la pratica costante di attività fisica, da definire in rapporto alle caratteristiche individuali con l’aiuto di Medici Specialisti e Fisioterapisti.

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giorni all’insegna del confronto, tra conferenze, laboratori, mostre, spettacoli, panel, tavole rotonde e visite guidate. Promosso da Confagricoltura Mantova, ideato da FRAME - Divagazioni scientifiche e organizzato da Mantova Agricola con il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e altri partner istituzionali locali, il Festival abbraccerà più campi del sapere nel tentativo di analizzare le criticità correnti e proporre soluzioni concrete e sostenibili, favorendo l’incontro tra società, culture ed esperienze differenti attraverso la molteplicità di voci, prospettive e approcci creativi.

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Medicina di Emergenza,

La creazione in Emilia Romagna dei nuovi Centri di Assistenza e Urgenza, seppur con molte criticità, rappresenta un tentativo di sgravare i Pronto Soccorso regionali dalle incombenze sanitarie a bassa complessità

Come spesso accade in tema di sanità, la Regione Emilia Romagna è la prima a studiare e immaginare soluzioni nuove che diano risposta alle continue e stringenti richieste di salute dei cittadini. Così è avvenuto con i CAU (Centri Assistenza Urgenza), nati alla fine dell’anno scorso nell’ambito della riorganizzazione della rete Urgenza/Emergenza, con l’intento di “sgravare” i Pronto Soccorso regionali da incombenze sanitarie ad impatto clinico basso. Tali situazioni avrebbero infatti causato ai Pazienti lunghe ore di attesa prima di essere visitati e ricevere il referto medico, per destinarli solo ed esclusivamente alla gestione di casi di Emergenza.

Le criticità dei Pronto Soccorso

Certamente la pandemia ha aggravato la già critica attività dei Pronto Soccorso cui vanno aggiunti altri fattori: la carenza di personale medico e infermieristico, il ricorso estemporaneo quanto fallimentare ai cosiddetti Medici “gettonisti”, i continui accessi in Pronto Soccorso,

I Centri Assistenza e Urgenza sono nati con l’obiettivo di sgravare”

i Pronto Soccorso regionali da incombenze sanitarie ad impatto clinico basso

anche per motivi non proprio urgenti. Senza trascurare il pericoloso aumento della conflittualità tra personale sanitario e Pazienti, sino ad arrivare ad aggressioni e violenze non solo verbali, e le persistenti difficoltà della Medicina territoriale che è andata in crisi e lasciata sola e disarmata durante e dopo la pandemia da Covid-19.

La nascita dei CAU

Prima che i Pronto Soccorso “esplodessero” del tutto, la Regione ha aperto i Centri di Assistenza Urgenza (al momento sono oltre 30 rispetto ai 50 previsti per fine anno), partendo da Ferrara e Ravenna alla fine dell’anno scorso e via via in tutte le province come Bologna. A quanto sostiene l’Assessore regionale alla salute Raffaele Donini, i dati sembrano soddisfacenti, registrando nei primi tre mesi di attività un calo degli accessi al Pronto Soccorso del 6% a fronte di circa 40.000 accessi ai CAU, a dimostrazione che l’obiettivo di snellire i Pronto Soccorso dagli accessi non urgenti risulta centrato. Non solo, ma presso i CAU i tempi di attesa registrati sono stati quasi sempre sotto le due ore, nel rispetto degli obiettivi prefissati sui tempi di attesa.

Cosa sono i CAU

I CAU sono strutture a bassa criticità clinica (codici bianchi e verdi) con accesso diretto; sono allocati presso i C.d.C. (Case di Comunità) oppure presso gli Ospedali territoriali del Dipartimento Emergenza Accettazione

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il caso dell’Emilia Romagna

di I e II livello, come osservazione OBI (Osservazione Breve Intensiva) e la Rianimazione e comunque con percorsi di cura separati e distinti tra Urgenza a bassa complessità ed Emergenza.

I CAU sono inseriti nella organizzazione delle Cure Primarie per cui si avvalgono delle prestazioni sanitarie di Medici della Continuità Assistenziale e di qualche Medico di Medicina generale con condivisione dei dati con il Medico di fiducia del Paziente ed erogano servizi a bassa complessità clinica, utilizzando adeguate strumentazioni tecnico-sanitarie che permettono di eseguire un ECG (elettrocardiogramma) con tele-refertazione oppure effettuare una Ecografia, piccola Chirurgia, ecc.

Il precedente

Anche se non ce n’è più memoria, una struttura simile a questi Centri Assistenza Urgenza fu aperta circa 20 anni fa presso l’Ospedale Bellaria di Bologna per far fronte alle esigenze della popolazione che gravitava attorno a quella struttura ospedaliera e che reclamava l’apertura di un vero e proprio Pronto Soccorso. Non essendoci le condizioni per un tale progetto e avendo registrato che, esattamente come nell’attuale situazione e con gli stessi accessi stimati, si trattava di codici bianchi e verdi, si optò per l’apertura di un Punto di Primo Intervento (PPI) aperto h24 e integrato con la rete dei Pronto Soccorso del S. Orsola, Maggiore e Rizzoli. Purtroppo l’esperienza non tagliò, per vari motivi, il traguardo dei due anni di sperimentazione previsti dal progetto.

Le criticità

Ora come allora, anche per i CAU (Centri di Assistenza e Urgenza), non sono tutte rose e fiori. Critiche non proprio velate sono venute proprio dalla sigla sindacale maggiormente rappresentativa (FIMMG) che, sin da subito, aveva aderito al progetto condividendolo e firmando l’intesa di servizio. In un comunicato diffuso dalla stampa, infatti, aveva parlato di “intesa disattesa”, denunciando casi di ricorso a Medici gettonisti o a qualche struttura cooperativa con aumento dei costi di

Al contrario di quanto previsto, nei CAU verrebbero affrontati problemi sanitari non di emergenza ma di complessità

servizio e accessi tramite ambulanze del 118, mentre l’accordo avrebbe previsto che il cittadino accedesse autonomamente; inoltre è stato obiettato l’allestimento e uso del carello di emergenza, con tanto di kit di intubazione e farmaci anestetici iniettivi, procedura non “appropriata” e non caratteristica di quella che invece deve rimanere una prestazione di Medicina ambulatoriale territoriale di Cure Primarie. Con ciò in sostanza, al contrario di quanto previsto, verrebbero affrontati problemi sanitari non di emergenza ma di complessità tali da non poter essere gestiti in tempi rapidi negli ambulatori della Medicina generale, sommersi come sono da numerosi accessi post-pandemici e dal disbrigo di pratiche burocratiche obsolete e spesso inutili. Tanto per citarne solo alcune mi riferisco alla compilazione di moduli anamnestici (quindi a portata di tutti i Medici e a maggior ragione di quelli che richiedono la prestazione) per la somministrazione di mezzo di contrasto o per eseguire un intervento di Cataratta di pochissimi minuti.

In conclusione

Alla luce di quanto esposto sarà necessario riconsiderare e ricalibrare meglio il neonato servizio territoriale CAU, prendendo in esame le critiche espresse dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG) ma soprattutto delle indicazioni contenute nel nuovo accordo firmato alcuni mesi fa che prevede il ruolo unico della Medico di Medicina generale a tempo pieno (38 ore settimanali complessive). Pertanto i CAU dell’Emilia Romagna dovrebbero trovare spazio nel nuovo assetto della Medicina territoriale, fugando così il dubbio che possano, alla lunga sostituire gli Ambulatori di Medicina Generale.

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Alga Spirulina, una fonte di benessere

Numerosi studi hanno dimostrato svariati benefici di questa microalga: dai vantaggi per la salute vascolare o di prevenzione per obesità e Diabete fino ad arrivare agli usi in ambito cosmetico

» seconda parte

Negli ultimi anni numerose pubblicazioni hanno fornito prove dell’effetto di sostanze naturali e integratori sul miglioramento della funzione endoteliale e la riduzione del rischio di Malattie cardiovascolari. Il consumo di Spirulina è noto per essere associato ad una maggiore salute cardiovascolare e metabolica.

Benefici sulla salute cardiovascolare

La Spirulina media la sintesi e il rilascio di ossido nitrico (NO) dall’endotelio; è altresì responsabile del rilascio delle prostaglandine che inducono vasodilatazione. Inoltre, la supplementazione di Spirulina in soggetti obesi ha condotto a risultati che creano la premessa per nuovi approcci terapeutici destinati al trattamento dell’Ipertensione correlata ad obesità. Recentemente, è stata dimostrato che l’integrazione con Spirulina migliora la funzione endoteliale, abbassando l’indice di rigidità arteriosa, la pressione sanguigna e il peso in Pazienti in sovrappeso con Ipertensione senza evidenza di malattia cardiovasco-

Recentemente è stato dimostrato che la Spirulina ha attività antidiabetiche e anti-obesità

lare. Le potenziali proprietà protettive di Spirulina a livello cardiovascolare nei Pazienti obesi soggetti a terapia farmacologica antipertensiva rimangono da chiarire, ma i risultati ottenuti mostrano certamente un’influenza favorevole che fa ben sperare.

L’azione anti-batterica

Lo studio dell’attività antibatterica in vitro dell’estratto acquoso di Spirulina ha dimostrato la massima efficacia nei confronti di “Candida albicans” (attivo contro 22 ceppi di “Candida”), di “Escherichia coli”, “Staphylococcus aureus”, “Pseudonomas aeuruginosa”, “Bacillus subtilis” e “Aspergillus niger”.

Attività anti-obesità e antidiabetica

Recentemente l’interesse per i potenziali effetti antiobesità e antidiabetici della Spirulina è andato crescen-

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Dott.ssa Anna Rosa Magnano Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente Università degli Studi di Siena

do, e sempre più numerosi sono gli studi che vengono effettuati con l’obiettivo di studiarne il meccanismo d’azione. Recentemente è stato dimostrato che Spirulina ha attività antidiabetiche e anti-obesità. In un recentissimo studio clinico condotto su uomini sedentari e in sovrappeso è stato dimostrato che l’utilizzo di Spirulina migliora gli effetti dell’esercizio fisico, sia dal punto di vista del BMI (indice di massa corporea) che dei valori dei lipidi ematici, in particolare negli individui affetti da Dislipidemia. Inoltre la Spirulina, introdotta come supplemento, potrebbe avere un effetto positivo sul rispetto della dieta ipocalorica tramite la diminuzione del senso della fame, grazie al contenuto di fenilalanina che, agendo a livello del sistema nervoso, induce il senso di sazietà. Oltre a ciò, facilita la perdita di peso e la diminuzione dei valori dei trigliceridi ematici. Questi studi molto recenti permettono quindi di ipotizzare un’effettiva efficacia della Spirulina nella prevenzione e nel trattamento dell’obesità e delle patologie ad essa correlate.

Aspetti nutraceutici

L’Alga Spirulina fornisce molti importanti elementi nutritivi (acidi grassi essenziali, acidi nucleici, vitamina B12, beta-carotene, ferro, calcio e fosforo, ecc.) e inoltre le sue proprietà organolettiche la rendono abbastanza gradevole da assumere, ciò conferisce a questa microalga grande potenzialità come cibo del futuro o come integratore alimentare, considerando anche che essa non ha esibito né tossicità acuta né cronica, dimostrandosi sicura per il consumo umano. Uno degli usi più importanti della Spirulina è infatti quello alimentare, sia per l’abbondanza di principi nutritivi di notevole valore nutraceutico e funzionale sia per la facilità di coltivazione e adattamento ad ambienti e condizioni estreme, tant’è

che è stata denominata dalla FAO il “cibo del futuro”. L’alto valore nutrizionale di Spirulina dipende anche da altri aspetti, quali l’ elevata quantità di azoto proteico trattenuto dall’organismo in relazione a quello ingerito e il basso quantitativo di acidi nucleici , con conseguente scarsa produzione di acido urico derivante dal loro catabolismo; infine il consumo di Spirulina, se confrontato con altre fonti proteiche come le uova, a parità di proteine, fornisce un minore apporto di colesterolo e di kilocalorie

I valori nutrizionali

Un cucchiaio di Spirulina contiene:

• vitamina B12 corrispondente a 500 g di carne;

• proteine corrispondenti a 35 g di bovino;

• ferro corrispondente a 300 gr di spinaci;

• calcio corrispondente a 3 bicchieri di latte;

• betacarotene corrispondente a 18 carote;

• vitamina E corrispondente a 3 cucchiai di grano.

Quali benefici?

In seguito all’assunzione regolare di 3-5 grammi al giorno di Spirulina si ha un miglioramento dei sintomi dell’Anemia (per il contenuto di vitamina B12) negli anziani, un aumento dei livelli di zeaxantina con effetti positivi su Cataratta e Degenerazione Maculare, una riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi, una riduzione della risposta glicemica nei diabetici, un rafforzamento dello stato nutrizionale nei bambini malnutriti e negli anziani.

In commercio la Spirulina è reperibile in formati diversi come polvere, compresse, pillole e tavolette da utilizzare come integratori

Le forme in commercio

In commercio la Spirulina è reperibile in formati diversi come polvere, compresse, pillole e tavolette da utilizzare come integratori. Si trovano anche stick o scaglie di Spirulina biologica pura, che possono rappresentare un’alternativa valida all’uso degli integratori. Le dosi consigliate dall’Ente statunitense FDA (Food and Drug Admninistration), a seguito degli studi di sicurezza effettuati, ha stabilito che la quantità di Spirulina aggiunta agli alimenti è considerata sicura rispettando la quantità di 0.5-3 grammi per porzione. Secondo altre fonti, invece, la

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In Cosmetica la Spirulina è utile per stimolare la produzione di collagene e una naturale idratazione della pelle

dose giornaliera consigliata è di massimo 5 grammi al giorno, da assumere solitamente per qualche mese alternando periodi di pausa.

Le possibili preparazioni

La Spirulina può anche essere assunta inserendola come ingrediente nell’ambito di alcune preparazioni alimentari, come ad esempio:

• frullati energetici: possono fungere da ricostituenti da preparare frullando della frutta, una banana o un’arancia alla quale si aggiunge polvere di Spirulina;

• centrifugati disintossicanti: la clorofilla contenuta nella Spirulina favorisce la detossificazione del corpo; si possono associare alla Spirulina degli spinaci freschi insieme a prezzemolo, sedano e succo di limone o anche mirtilli o mela verde;

• si possono preparare pasta, pane o biscotti alla Spirulina;

• zuppe e minestre: un utilizzo semplice che prevede l’aggiunta della polvere a cottura terminata in modo da non cuocere la Spirulina e mantenere inalterato il contenuto proteico

• latte vegetale integrato: si può utilizzare al mattino come energizzante o dopo un allenamento sportivo intenso; prevede l’aggiunta di un cucchiaino di Spirulina in polvere a mezzo litro di latte vegetale a piacere.

• barrette energetiche: gli snack contenenti Spirulina sono sempre più reperibili, molto energetici e ricchi dal punto di vista nutrizionale.

Gli usi in ambito cosmetico

In Cosmetica la Spirulina è utile per stimolare la produzione di collagene e una naturale idratazione della pelle; è ricca di glucosamina che favorisce la sintesi biologica di acido ialuronico, che tonifica e distende le rughe, di acidi grassi insaturi che trattengono

i liquidi sotto cute, di luteina, betacarotene che hanno proprietà antiossidanti nei confronti di agenti esterni come il sole o il vento. Per questo la possiamo considerare un vero e proprio nutrimento per pelli spente e devitalizzate che apporta idratazione e aiuta la pelle a ritrovare un normale equilibrio idrico e nello stesso tempo, grazie ad una forte azione antiossidante ed elasticizzante, aiuta a rallentare l’invecchiamento. Come tutte le proteine costituenti della materia viva, anche le proteine cutanee sono strutture dinamiche e in continua evoluzione. Quindi l’applicazione di sostanze ad elevato contenuto amminoacidico, come la Spirulina, consente di somministrare dall’esterno sostanze azotate di elevato valore biologico, in grado di mantenere o integrare il normale bilancio proteico cutaneo. È consigliata per trattamenti viso-idratanti (anche per pelli sensibili), anti-età, illuminanti, tonificanti e rassodanti per il corpo.

Il sapone naturale di Spirulina e argilla verde deterge a fondo, disintossica, rassoda e protegge la pelle lasciandola sana e luminosa.

È anche possibile preparare maschere per viso, idratanti ed esfolianti , seguendo questa facile ricetta: 1 cucchiaino di polvere di spirulina, 1 cucchiaino di succo di limone fresco, ½ banana, ½ avocado. Con mortaio e pestello lavorare tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta morbida e maneggevole da applicare sulla pelle pulita per 15 minuti. Risciacquare con acqua tiepida, asciugare e applicare una crema idratante.

Contrindicazioni

Non ci sono particolari controindicazioni, se presa nelle giuste dosi e modalità. Può essere assunta a qualsiasi età. A causa del contenuto elevato di vitamina K, i Pazienti che seguono trattamenti con anticoagulanti dovrebbero consultare il Medico e regolare l’assunzione di Spirulina.

Nelle persone affette da Fenilchetonuria (rara malattia genetica che impedisce al corpo la metabolizzazione della fenilalanina, amminoacido essenziale di cui spirulina è ricca), dovrebbe essere evitata.

Per il resto, la Spirulina è ben tollerata, sebbene il sapore di alga marina ne limiti l’uso, soprattutto quando assunta come polvere da diluire in acqua, e da Pazienti poco collaborativi, come bambini o animali. Si sconsiglia l’uso di Spirulina a chi ha problemi di tiroide o soffre di malattie autoimmuni. Come sempre, si raccomanda il parere del Medico in caso di patologie o gravidanza.

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Disturbo Bipolare, quale approccio?

CNe soffre il 4% della popolazione mondiale, tanti ne parlano, ma pochi sanno di cosa si tratta, proviamo a conoscerlo…

Dott.ssa Silvia Marinelli Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

La comunità scientifica fornisce evidenze consistenti di un forte contributo genetico nella predisposizione al disturbo

aratterizzato da gravi alterazioni del tono dell’umore e dalla ricorrenza di episodi affettivi di segno opposto, il Disturbo bipolare è una patologia a decorso cronico.

La persona oscilla da uno stato maniacale, cioè da una condizione caratterizzata da euforia, iperattività, estroversione, estremo senso di benessere, e illimitata fiducia in se stessi e/o ipomaniacale, ossia denotato da umore elevato, espansivo e irritabile in modo persistente, ad uno stato depressivo e viceversa, accompagnati da alterazioni del pensiero e del comportamento.

Di grandi personalità affette da tale disturbo ne è ricca la storia, alcuni esempi sono Beethoven, Jimi Hendrix, Van Gogh, Hemingway, Hesse, per citarne solo alcune…

Circa il 4% della popolazione è affetta da un sottotipo di Disturbo bipolare. Quest’ultimo è presente nel corso di tutta la storia e i tassi di prevalenza

del disturbo sono molto simili in tutti i paesi. Tale patologia è tra le maggiori cause di inabilità lavorativa e, a causa della sua cronicità e gravità, comporta una considerevole spesa economica e sociale. Determina, inoltre, una grave compromissione del funzionamento personale, familiare, sociale e lavorativo, riducendo drasticamente la qualità di vita di chi ne è colpito.

I diversi tipi

Il Disturbo bipolare è solitamente classificato come:

• Disturbo bipolare I: per una diagnosi di questo tipo è richiesto almeno un episodio maniacale nel corso della vita che può essere preceduto e può essere seguito da episodi ipomaniacali o depressivi maggiori;

• Disturbo bipolare II: è presente un decorso clinico caratterizzato da ricorrenti episodi di alterazione dell’umore, che consistono in uno o più

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Numerosi studi hanno evidenziato come il primo episodio di malattia sia preceduto da una situazione ambientale stressante

episodi depressivi maggiori e almeno un episodio ipomaniacale;

• Disturbo ciclotimico: il decorso clinico è caratterizzato da un’alterazione dell’umore cronica e fluttuante che implica periodi della durata di almeno 2 anni con sintomi ipomaniacali alternati a periodi con sintomi depressivi.

Quali sono le cause?

La comunità scientifica fornisce evidenze consistenti di un forte contributo genetico nella predisposizione al disturbo. È inoltre noto che, affinché una patologia cronica con una forte componente biologica ed ereditaria si manifesti, è necessario il concorso di fattori psicosociali, ugualmente importanti nel determinare il conclamarsi della malattia. Allo stato attuale delle ricerche non è possibile, quindi, individuare una singola causa alla base del disturbo poiché fattori di natura diversa sono coinvolti nella genesi della patologia. Si evidenzia, pertanto, un’origine multifattoriale, biopsicosociale, che deve necessariamente tener conto della singolarità di ogni caso clinico. All’origine del manifestarsi del Disturbo bipolare contribuiscono, come detto, diversi fattori, facciamo alcuni esempi.

Influenze genetiche

Come già accennato, attualmente si può affermare con certezza che il Disturbo bipolare possieda una base biologica e venga trasmesso geneticamente. Studi condotti su famiglie, gemelli e su bambini adottati forniscono evidenze consistenti di un forte contributo genetico nella predisposizione al Disturbo bipolare.

Fattori psicosociali

Affinché determinate malattie con una componente ereditaria si manifestino, è necessario il concorso di alcuni fattori psico-sociali, ugualmente importanti o addirittura più importanti dei fattori genetici. Un ruolo determinante è stato riconosciuto agli eventi stressanti. Numerosi studi effettuati su Pazienti bipolari hanno evidenziato come il primo episodio di malattia sia preceduto da una situazione ambientale

stressante e come, a partire da questo momento, i meccanismi biologici regolatori del tono dell’umore sembrano entrare in oscillazione permanente. Si può asserire con notevole certezza che lo stress sociale e familiare, il modo in cui l’individuo si rapporta ad esso, in base alla propria personalità, alle proprie credenze, schemi e percezione delle proprie abilità, interessi il decorso della malattia, incrementi la possibilità che si sviluppi un nuovo episodio e influenzi i tempi di recupero da un episodio, costituendo, pertanto, un fattore prognostico per il decorso della malattia.

Come trattare il Disturbo bipolare

A seguito del raggiungimento di un accordo nell’ambito della comunità scientifica per un’ipotesi multifattoriale nella genesi del Disturbo bipolare, il trattamento di quest’ultimo inizia a tener conto di una molteplicità di aspetti, decretando il passaggio da un trattamento esclusivamente farmacologico ad un trattamento integrato e cioè di tipo farmacologico ma anche psico-educazionale familiare-individuale e psicoterapeutico.

La Psicoterapia cognitivo-comportamentale

La Psicoterapia cognitivo comportamentale per il Disturbo bipolare integra l’utilizzo di Tecniche cognitive e comportamentali standard con Tecniche di psico-educazione. La Terapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato la sua efficacia nel trattamento della malattia, potenziando l’intervento farmacologico nei seguenti modi:

• sviluppando una conoscenza adeguata della malattia, dei sintomi e dei fattori eziologici e scatenanti;

• operando una distinzione tra fattori di vulnerabilità e fattori di stress;

• migliorando l’aderenza al trattamento farmacologico;

• individuando i fattori di stress e i fattori protettivi;

• regolarizzando lo stile di vita;

• fornendo abilità per il controllo dei sintomi;

• sviluppando abilità di problem-solving;

• individuando le risorse personali e ambientali;

• migliorando l’attività sociale e i rapporti interpersonali e familiari;

• incrementando il benessere e migliorando la qualità della vita.

Il consiglio, come sempre, è quello di rivolgersi a uno Specialista, non sottovalutando i segnali che corpo, mente e genetica possono lanciare.

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Mal di testa, le componenti

In un’ottica psicosomatica l’attacco emicranico rappresenta il momento acuto del conflitto tra le componenti istintuali che cercano di emergere e la coscienza che si oppone ad esse

testa, componenti psicologiche

Dott.ssa Luisa Merati

Medico specialista in Psicologia clinica Psicoterapeuta - Milano Psychosomatic Specialist (International College Psychosomatic Medicine ICPM)

Membro del Direttivo SIMP (Società Italiana Medicina Psicosomatica)

La Cefalea essenziale, ossia quella che non deriva da altre condizioni mediche o patologie, è il tipo di Cefalea più diffuso e colpisce perlopiù il sesso femminile. Il dolore tipico della Cefalea è di natura complessa. In particolare è emerso sempre più chiaramente come la Cefalea (essenziale) nasconda quasi sempre conflitti, in gran parte inconsci, legati prevalentemente alla gestione dell’aggressività a vari livelli

Il Paziente con Cefalea o Emicrania privilegia la dimensione intellettuale e razionale, e con essa cerca di controllare il mondo istintuale

di profondità, la gestione del dolore delle Cefalee richiede quindi non solo una gestione del sintomo ma anche del suo significato.

Alcuni aspetti importanti

Dai numerosi studi condotti da un punto di vista psicosomatico sugli aspetti psicodinamici delle Cefalee e delle Emicranie emergono tre dati fondamentali:

• presenza di conflitti tra istinto e ragione ;

• la Cefalea rappresenta l’espressione del mondo istintuale in generale e delle sue valenze aggressive in particolare;

• durante la Cefalea avviene una sorta di sopravvalutazione della funzione del pensiero e pertanto la sua inibizione.

L’Emicrania in Medicina psicosomatica è una “difesa di emergenza” verso un determinato contenuto, mentre nel caso delle Cefalee croniche persistenti l’intera funzione del pensiero risulta costantemente inibita.

Il Paziente con Cefalea o Emicrania privilegia la dimensione intellettuale e razionale, e con essa cerca di controllare il mondo istintuale. Tale controllo finisce per inibire l’espressione delle pulsioni, soprattutto di quelle più “sanguigne”, calde, come l’aggressività e la sessualità. L’attacco emicranico rappresenta il momento acuto del conflitto tra le componenti istintuali che cercano di emergere e la coscienza che si oppone ad esse.

Cefalea e mito

Narra Esiodo: “...dopo aver detronizzato Cronos, Zeus si unì a Metis (la “Prudenza”), figlia di Oceano e Tethys. Quando Metis rimase incinta, Gea e Urano fecero sapere a Zeus che, dopo avergli dato una figlia, Metis avrebbe dato al mondo un figlio più forte del padre destinato a spodestarlo. Zeus allora ingoiò Metis, che divenne un tutt’uno con il corpo di Zeus, prendendo posto nel suo capo; al momento del parto Zeus avvertì un forte mal di testa e chiese ad Hefèsto, il fabbro divino, di spaccargli la fronte. Dalla grande ferita venne fuori una dea, armata di tutto punto, con l’elmo, la corazza, lo scudo e la lancia; era nata Pallade Atena che subi -

to urlò un grido di vittoria e si mise a ballare una danza guerriera...”

Per chi soffre di Cefalea, escludendo ovviamente le patologie organiche e neurologiche, c’è un conflitto intrapsichico, una sorta di “guerra” all’interno della propria testa . Esattamente come Zeus in bilico tra una sua vecchia identità, frutto di una famiglia invischiante e castrante e una nuova identità, generatrice del futuro, la persona che soffre di Cefalea non fa altro che riproporre attraverso il sintomo del mal di testa un dilemma che lo assilla: dare ascolto a se stesso e alle proprie sensazioni, e quindi effettuare un cambiamento verso ciò che lui desidera e ritiene emotivamente più adatto a sé, o dare ascolto ad una logica razionale, dove attraverso l’analisi dei pro e dei contro, emerge un’inconvenienza pratica nel cambiamento?

Il

controllo delle emozioni

La Cefalea e l’Emicrania psicosomatica sono caratteristiche delle persone che possiamo definire come “cerebrali”, cioè che utilizzano meccanismi di difesa come l’intellettualizzazione e la razionalizzazione, ossia hanno una propensione a teorizzare le proprie esperienze emotive nel difficile tentativo di controllarle, mediante l’utilizzo del

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Il mal di testa rappresenta il tentativo dell’inconscio e delle emozioni di emergere alla coscienza

Le diverse tipologie di Cefalea

Volendo effettuare una distinzione rispetto al tipo di mal di testa nell’adulto, possiamo individuare:

• la Cefalea muscolo-tensiva : i pensieri, sono troppo numerosi e pesano sul collo e sulle spalle, aumentando di peso per ogni responsabilità e decisione; ne soffre, in genere, la classica persona con la testa sulle spalle, “iper-responsabile”;

• l’Emicrania, ossia un’eccessiva costrizione delle arterie che portano il sangue al cervello, col susseguirsi di un improvviso dilatarsi delle stesse; simboleggia un tentativo della coscienza di reprimere le pulsioni e le emozioni a livello inconscio, nel tentativo di difendersi da un contenuto troppo angoscioso per poi ricevere il prorompere di questi contenuti verso l’alto in maniera aggressiva; ne soffre in genere chi cerca di reprimere una parte di sé non ancora accettata e sconosciuta;

• la Cefalea a grappolo, dove il dolore persistente e la lacrimazione indicano una sofferenza per l’impossibilità di un cambiamento dovuto a circostanze esterne o resistenze interiori;

• la Cefalea da week-end: tipica di chi utilizza la mente tutta la settimana e non riesce ad effettuare un cambiamento del ritmo nel tempo libero; ne soffre, in genere, chi utilizza la logica per ogni attività ormai da anni, una mente che prosciuga ogni energia non dando spazio alle emozioni e al corpo. Per una persona afflitta da Cefalea comprendere che la causa del proprio mal di testa ha origine dalle proprie emozioni è già il primo passo verso la ragionamento adottato per bloccare un confronto con il conflitto inconscio e lo stress emozionale ad esso collegato. Chi soffre di Cefalea, essendo una persona tendenzialmente emotiva e sentimentale, crea una serie di strutture mentali razionali che lo possano tutelare dalle eccessive ferite psichiche. Il mal di testa diviene dunque il tentativo dell’inconscio e delle emozioni di emergere alla coscienza. Quest’ultima, dominata da un assetto razionale e logico, reprime tali spinte pulsionali e, quando fallisce nel teorizzare e intellettualizzare le emozioni, emerge l’Emicrania o la Cefalea come ultimo strumento per bloccare il pensiero creativo e le emozioni: il male alla testa rappresenta un nuovo modo di essere che cerca di essere preso in considerazione.

La Cefalea nei bambini

Per quanto riguarda i bambini, il piccolo Paziente diviene il portavoce della propria rete di appartenenza, di cui rappresenta il punto nodale più debole, il simbolo del malessere del gruppo e del sistema d’appartenenza.

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risoluzione della patologia stessa, infatti, proprio la mitologia ci dona la soluzione al problema: il dio Zeus, colpito da atroci Cefalee, guarisce solo quando la dea Atena fuoriesce dalla sua testa, indicando che l’utilizzo di un approccio esclusivamente razionale alla realtà entra in crisi se non si permette al femminile, ossia alle proprie emozioni, di venire alla luce, permettendo la fusione delle emozioni con la logica e creando la Saggezza, Atena.

La terapia

A parte le cure “sintomatiche” della Cefalea, intervenire sulle cause psicosomatiche è un processo più laborioso. Per allentare la rigidità del Paziente fino all’attenuazione e persino alla scomparsa totale del sintomo, il dialogo con lo Psicoterapeuta cercherà di intervenire sulle eccessive esigenze della persona nei propri confronti.

Tecniche di rilassamento

Oltre alla Psicoterapia possono dimostrarsi utili anche alcune tecniche quali:

• il decondizionamento o biofeedback , che agisce mediante un allenamento al controllo della vasocostrizione o della muscolatura, per esempio dei muscoli frontali e della nuca;

• la distensione immaginativa , con cui si riporta a livello verbale quello che è stato vissuto a livello corporeo.

L’Ipnosi

Questa metodica può essere un utile strumento per distrarre l’attenzione, modificare la percezione, ridurre la tensione, produrre favorevoli modificazioni dello schema corporeo, favorire l’acquisizione di nuove capacità sia intra che extra-ipnotiche, anche utilizzando i “compiti postipnotici”, cercando di mettere il Paziente nelle migliori condizioni di realizzare quanto occorre tramite l’apprendimento dell’Autoipnosi.

Ipnosi e subconscio

Nell’Ipnoterapia siamo profondamente connessi al nostro subconscio , tale struttura psichica esercita un potere invisibile non basato sulla volontà o sul pensiero, ma molto potente: governa lo stato di veglia e di sonno, il nostro stato d’animo (ad esempio l’odio e l’amore) e molto spesso lo stato di salute e malattia.

Questa nostra mente emotiva è senza logica o ragione, l’inconscio per definizione è privo di giudizio

L’Ipnosi può essere un utile strumento per distrarre l’attenzione, modificare la percezione e ridurre la tensione

e critica. Esso ha quindi un filo diretto con il cuore , inteso come i nostri sentimenti. Secondo molti ricercatori il subconscio è alla base del conscio e, di conseguenza, il cuore è alla radice della mente. Pertanto, qualunque cosa il cuore senta, la mente parlerà. La mente parlerà e parlerà per cercare di trovare un modo per far sentire meglio il cuore.

L’Ipnosi è una condizione psicofisica che può essere sperimentata da tutte le persone, senza limiti di predisposizione, con lo scopo di fare affiorare in superficie le proprie risorse più nascoste e aiutare il cambiamento.

In particolare l’Ipnosi regressiva aiuta il Paziente a entrare in contatto con le radici di un trauma e, attraverso la rielaborazione delle emozioni negative che il trauma ha creato, sarà possibile raggiungere uno stato di nuovo benessere.

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DETERMINATA NELL’AVERE UN IMPATTO POSITIVO SULLA SOCIETÀ, RICOLA È ORA ANCHE UNA B CORPORATION

Ricola, azienda svizzera leader nella produzione delle caramelle alle erbe, è un’azienda responsabile dal 1930, anno della sua costituzione, e dal 2023 è diventata anche una B-corporation grazie all’impegno a favore della tutela ambientale e della responsabilità sociale.

Cosa vuol dire essere una B-Corp?

Essere un’impresa che con il proprio business genera un impatto positivo sui suoi interlocutori: lavoratori, comunità, consumatori e il Pianeta

La B. indica «BENEFICA per TUTTI»

In quanto B Corporation, l’organizzazione no-profit B Lab ha verificato che Ricola soddisfa i suoi elevati standard in termini di impatto sociale e ambientale, impegno legale verso pratiche aziendali responsabili e verso la trasparenza pubblica. Il punteggio dell’Overall B impact di Ricola è del 97.8 su 100, ben al di sopra del punteggio richiesto per ottenere la certificazione, 80.

Responsabilità e sostenibilità sono nella natura di Ricola

Per Ricola, che deve tutto alla natura, essere diventata una B Corporation corrisponde perfettamente all’identità di azienda a conduzione familiare e alla sua filosofia nell’impegno del connettere le persone con la natura, bilanciando le ambizioni di crescita con le responsabilità nei confronti del Pianeta e dei suoi abitanti.

Il percorso di Ricola che l’ha portata ad essere una B Corporation si basa sul rispetto per gli ecosistemi alpini svizzeri, dove vengono coltivate le erbe per tutti i suoi prodotti.

La strategia di sostenibilità di Ricola

Ricola considera la sostenibilità come un presupposto fondamentale del suo operato e le pratiche dell’azienda, dalla coltivazione delle erbe secondo gli standard biologici all’impegno continuo per la produzione di prodotti rispettosi dell’ambiente, sono progettate per preservare e alimentare questi ecosistemi e la loro biodiversità, garantendo un impatto positivo sull’habitat e sulla collettività. Negli ultimi due anni, Ricola ha perfezionato un approccio completo alla sostenibilità, identificando sei aree principali in cui può avere impatto in maniera più significativa: principi agricoli, gestione dei rifiuti, innovazione degli imballaggi, mitigazione dei cambiamenti climatici, conservazione dell’acqua e approvvigionamento etico di materie prime - attribuendo grande importanza alla selezione dei luoghi e dei metodi di coltivazione.

L’azienda si impegna concretamente ogni giorno per agire in maniera sostenibile: ad esempio, in Italia, collabora con Slow Food sostenendo il Presidio dei Mieli di alta montagna alpina a favore della biodiversità e di api e impollinatori

Ricola invita i consumatori a scoprire l’importanza dei prati stabili, dove trovano nutrimento api e impollinatori con l’ingaggiante concorso: Più prati per tutti. Dal 15 aprile al 4 agosto, con l’acquisto di 2 prodotti Ricola, i consumatori potranno vincere una delle 16 biciclette personalizzate Ricola, la Ricoletta. Regolamento completo su www.concorsoricola.it

RICOLA DALLA PARTE DELLE API.

Yoga ormonale, un aiuto

Oltre che per il benessere generale, lo Yoga ormonale può essere un’ottima pratica anche in caso di Diabete, intervenendo sul pancreas e migliorando il metabolismo degli zuccheri

ormonale, aiuto per il Diabete

Carla Nataloni

Insegnante certificata Hata Yoga

Insegnante certificata Yoga Ormonale

Metodo Dinah Rodrigues

Disciplina dai molteplici benefici, lo Yoga sta attualmente conquistando uno spazio sempre maggiore come attività coadiuvante e sinergica nel trattamento di molte condizioni patologiche o prepatologiche.

Nello specifico, lo Yoga ormonale (Hormone Yoga Therapy o HYT) è una pratica ideata ed elaborata circa 30 anni fa da Dinah Rodrigues, psicologa e yogini brasiliana, che ancora oggi pratica la disciplina e che, con i suoi 96 anni, è sicuramente la migliore testimonial della sua efficacia.

L’Hormone Yoga Therapy, che io divulgo in Italia da circa 10 anni, ha lo scopo di riequilibrare le alterazioni ormonali causate dall’età, dallo stress o da particolari condizioni come la difficoltà al concepimento e i disturbi della Menopausa e dell’Andropausa.

Yoga classico e Yoga ormonale

Se lo Yoga classico (Hatha yoga) ha l’obiettivo di preservare il benessere e la salute del corpo, riducendo così le probabilità che compaiano malattie, lo Yoga ormonale è una pratica più specifica, che sta suscitando interesse sempre maggiore in ogni parte del mondo.

Dopo aver notato, nel corso di un controllo, che i valori dei suoi dosaggi ormonali erano riferibili ad un’età molto inferiore alla sua, l’ideatrice di questa pratica ha messo a punto una routine di asana (posizioni) dinamiche unite a pranayama (esercizi di respirazione) stimolanti, tecniche energetiche tibetane, ed altri esercizi per il rilassamento, lavorando a stretto contatto con una équipe di Medici specialisti, incuriositi dall’intuizione che il beneficio derivasse dalla costanza della pratica Yoga.

Benefici istantanei

I gruppi di donne con le quali aveva condiviso il metodo da lei ideato ne hanno confermato l’efficacia nel ridurre i disturbi della peri-menopausa e gli squilibri ormonali femminili. Anche io mi sono avvicinata a questo tipo di tecnica in un momento particolarmente critico, mal sopportando i fastidi tipici come Insonnia, irritabilità e dolori articolari. Superfluo dire che i benefici, dopo solo pochi giorni di pratica, sono stati tali che mi è sembrato doveroso impegnarmi nel condividere quanto appreso,

Il Diabete è una condizione che si instaura quando il pancreas perde la sua capacità di produrre il corretto quantitativo di insulina

divulgando in Italia questa tecnica non conosciuta e organizzando conferenze e workshop in tante città.

Le potenzialità

Gli ottimi risultati ottenuti hanno spinto Dinah Rodrigues a valutare e confermare ulteriori potenzialità di tale pratica, ideando specifiche sequenze per lo stress e gli squilibri ormonali maschili e, dopo specifici approfondimenti, ad impiegare la pratica come coadiuvante nella cura e nella prevenzione del Diabete, per il metabolismo e per il sistema immunitario

Diabete, cause e tipologie

Il Diabete è una condizione che si instaura quando il pancreas perde la sua capacità di produrre il corretto quantitativo di insulina, l’ormone in grado

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di facilitare il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule del corpo e che dovrebbe convertirlo in energia per il funzionamento di muscoli e tessuti. La carenza di insulina determina una maggiore concentrazione di glucosio nel sangue con conseguente danno per l’organismo.

Esistono vari tipi di Diabete, i più comuni sono il tipo 1, che colpisce in prevalenza i giovani e può ricondursi a predisposizione genetica e fattori ambientali come le infezioni virali e il Diabete di tipo 2, che riconosce chiaramente una concausa nell’età oltre i quarant’anni e nello stile di vita sedentario, in una dieta non equilibrata e ricca di zuccheri e nell’Obesità.

È facile intuire come le abitudini attuali rendano un numero enorme di persone facilmente predisposto a questa patologia.

Alimentazione e sedentarietà, fattori di rischio

Un’alimentazione ricca di zuccheri e carboidrati raffinati fa salire molto in fretta l’indice glicemico perché richiede al pancreas di secernere grandi quantità d’insulina per metabolizzare il glucosio; col tempo, le cellule beta che lo producono si esau-

riscono e non riescono più a produrre la quantità necessaria di ormone. L’Obesità, spesso associata a una cattiva alimentazione, determina dunque una minore efficacia dell’insulina nei tessuti periferici per l’eccesso di adipe.

Quando la persona è sedentaria, inoltre, i muscoli non riescono a consumare lo zucchero in circolo, lo stress non viene smaltito, la circolazione rallenta. È bene ricordare che Diabete è una patologia cronica e degenerativa e nel tempo causa tutta una serie di gravi complicanze che influenzano pesantemente la vita dei Pazienti, riducendone drasticamente la qualità.

Yoga e Diabete

Se in buona parte dei casi (Diabete di tipo 1) la somministrazione di insulina prima dei pasti riesce a rimediare sommariamente alla mancanza di questo ormone, in altri (Diabete di tipo 2), oltre ad assumere farmaci specifici, si può agire sull’alimentazione e sullo stile di vita in generale, cercando di aumentare l’esercizio fisico e riducendo lo stress, un importante co-fattore.

In quest’ottica, le pratiche mirate dello Yoga hanno dato risultati molto soddisfacenti.

Questa disciplina fisica, mentale e spirituale, nata in India più di 5.000 anni fa, aiuta a coordinare respirazione, mente e corpo con importanti benefici: promuove il rilassamento, sviluppa la consapevolezza del respiro, favorisce un profondo senso di equilibrio interiore.

Lo Yoga Ormonale per il Diabete interviene sul pancreas, stimolando non solo la produzione di insulina ma anche quella degli altri ormoni che influiscono sull’organismo

Lo Yoga Ormonale per il Diabete interviene principalmente sul pancreas, stimolando non solo la produzione di insulina ma anche quella degli altri ormoni che influiscono, direttamente e indirettamente, sull’organismo tramite organi come la tiroide, il surrene, il fegato. Una pratica costante stimola, inoltre, la disgregazione del tessuto adiposo mentre i movimenti dei muscoli addominali producono un efficace massaggio sugli organi interni e una loro migliore ossigenazione tramite l’aumento dell’afflusso sanguigno. Questo rende la digestione più veloce e, di conseguenza, anche il metabolismo degli zuccheri

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accelera, mentre il fegato, organo indispensabile al mantenimento delle buone condizioni dell’intero organismo, svolge meglio la sua funzione.

Un contributo per la prevenzione

Lo Yoga Ormonale non vuol essere un sostituto della terapia farmacologica ma consente di integrare cure tradizionali e cure naturali, che si potenziano a vicenda.

Lo Yoga per il Diabete è molto utile in quei soggetti che, per familiarità o stile di vita, sono maggiormente predisposti a svilupparlo, in questi casi può contribuire a prevenire l’insorgere della malattia o comunque renderla più lieve e gestibile.

Anche nella sua “variante’ per i diabetici, lo Yoga ormonale rimane una pratica olistica di cui la persona beneficia a 360 gradi: in particolare migliora la funzionalità dei reni e la vista, riduce i livelli di stress, ha effetti positivi sui problemi sessuali e, in generale, infonde energia. Secondo quanto sostiene Dinah Rodrigues, aiuta a stare meglio, a sentirsi più in forma e belli e ad affrontare la vita con positività.

Gli esercizi

Lo Yoga ormonale per il benessere della donna, dell’uomo, del sistema immunitario e per il Diabete si basa su sequenze precise di asana ed esercizi di respirazione che vanno eseguiti con un ritmo sostenuto e nel tempo massimo di trenta minuti. La tecnica non è difficile da imparare ma richiede necessariamente l’intervento di un insegnante certificato che possa supervisionare la correttezza delle posizioni e la giusta alternanza fra inspirazione ed espirazione.

Le lezioni di Yoga ormonale per il Diabete sono individuali e anche chi non ha mai fatto Yoga può facilmente approcciarsi a questo tipo di pratica. Il

Questa pratica si basa su sequenze precise di asana ed esercizi di respirazione che vanno eseguiti con un ritmo sostenuto e nel tempo massimo di trenta minuti

rapporto diretto con l’insegnante ha vantaggi notevoli sulla sfera fisica e psicologica. Gli incontri si possono seguire in presenza oppure on line. In questo modo, chiunque e dovunque può avvicinarsi allo Yoga. Dopo la fase di apprendimento ognuno potrà dedicarsi alla cura di sé, ritagliandosi il tempo necessario per eseguire la sequenza in compagnia o da solo nella propria casa. La regolarità è importante e i migliori risultati si ottengono con abitudine quotidiana. Chi è predisposto al Diabete può praticare tale attività fin da bambino.

Al contrario, la disciplina è controindicata se si è in gravidanza, si soffre di forme serie di Endometriosi, si hanno avuto Tumori ormonodipendenti, si soffre di Osteoporosi, ci si è sottoposti recentemente a interventi chirurgici all’addome o si hanno dolori addominali di cui non si conosce l’origine.

Per chi ha voglia di provare alcune delle posizioni più semplici, ecco alcuni esempi.

Il gatto seduto

Seduti a gambe incrociate e con le mani appoggiate alle ginocchia, guardare di fronte a sé, mantenendo le braccia tese per tutto il tempo, quindi muovere la schiena facendola ondeggiare avanti e indietro per tre volte, senza mai superare i propri limiti. Con questo esercizio si attivano le ghiandole surrenali, i reni e il pancreas. Ripetere cinque volte.

L’esercizio di respirazione calmante

Seduti con la schiena dritta e con la muscolatura distesa, si tengono le mani sulle ginocchia o sulle cosce, con la punta dell’indice appoggiata alla base del pollice; in tale posizione, bisogna inspirare contando fino a tre ed espirare contando fino a sei. L’esercizio va ripetuto almeno per tre minuti.

Per approfondire: www.carlanataloni.com

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La salute di tutto comincia da te

L’attuale situazione ambientale come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, le ondate di calore, le pandemie ma anche il senso di sopraffazione dato dall’assistere impotenti di fronte a questi eventi, hanno un importantissimo impatto sulla nostra salute, non solo fisica ma anche mentale, determinando l’insorgere di numerose malattie e mettendo a rischio la nostra salute generale. Nel libro “La salute di tutto comincia da te. Un percorso per ritrovare l’equilibrio tra noi e la natura”, Letizia Proserpi, Chirurga e divulgatrice scientifica, ci accompagna in un percorso di consapevolezza, partendo dal presupposto che solo se la Terra è in salute anche noi potremo tornare a stare

Aiutami a ricordare

Perdita di memoria, deterioramento delle funzioni cognitive, dal linguaggio alla capacità di prendere decisioni, variazioni di umore, comportamenti anomali. Questi sono solo alcuni dei principali disturbi che si manifestano in soggetti che soffrono di demenza. Nato sia per motivazioni personali che professionali “Aiutami a ricordare. La demenza non cancella la vita” è un libro in cui l’autore, Marco Tabucchi, Professore di Neuropsicofarmacologia nell’Università di Tor Vergata tenta di rispondere ad alcuni interrogativi legati a questa condizione: è possibile prevenirla? E possiamo curarla? La demenza è certamente una malattia del nostro secolo e la popolazione anziana è esposta ad un rischio sempre

Il cuore ha sempre ragione

bene, spiegando al lettore come non farsi scoraggiare dalla situazione attuale e quali sono i possibili nuovi modi di vivere da attuare e mettere in pratica per prenderci cura della salute nostra e del pianeta intero. Una dieta e un consumo consapevoli, una mobilità più dolce, abitare diversamente le città, così come ritrovare ritmi più lenti o passare più tempo nel verde sono solo alcune delle numerose direzioni possibili per vivere meglio, tutelando noi stessi e insieme la natura. Senza farci scoraggiare dagli eventi, lasciamo che ci ricordino qualcosa che con il tempo abbiamo dimenticato: noi siamo natura.

Autore: Letizia Proserpi

Editore: Giunti Editore

maggiore, purtroppo non conoscendo ancora tutte le cause nella loro complessità, è grande la difficoltà di trovarvi una cura. Tentando di riscostruire la storia di questa malattia, dall’insorgenza dei primi sintomi alle ultime fasi, l’autore si sofferma in particolare sulla necessità di lavorare a livello medico-scientifico sulla fase della diagnosi precoce, attraverso i corretti esami diagnostici senza però dimenticare il lato umano e la difficoltà di tutti coloro che assistono un familiare o un Paziente affetto da demenza, indicando loro spunti che possono aiutarli ad affrontare meglio e più consapevolmente questo percorso di cura.

Autore: Marco Tabucchi

Editore: San Paolo Edizioni

Giulio Pompilio, Direttore scientifico del Centro Cardiologico Monzino di Milano, il primo Istituto in Europa dedicato esclusivamente alla ricerca e alla cura delle Malattie cardiovascolari, nel libro “Il cuore ha sempre ragione” ci conduce alla scoperta dei traguardi scientifici dell’“età dell’oro” della Cardiologia. Cuori che si rigenerano e ringiovaniscono, robot che operano a distanza, intelligenza artificiale al servizio di diagnosi rapidissime e personalizzate, valvole sostituite senza bisturi sono solo alcune delle importanti risorse che la Cardiologia ha oggi a disposizione non solo per la cura ma anche e soprattutto per la prevenzione. Alcune conquiste fanno già parte della pratica clinica altre mete saranno raggiunte probabilmente

in un futuro non troppo lontano. Ma il progresso non riguarda solo gli interventi d’avanguardia. A essersi evolute sono anche le strategie per combattere condizioni diffuse come Ipertensione, Diabete e Colesterolo alto, fattori di rischio per il cuore. Nella seconda parte del libro un prezioso vademecum per la prevenzione e la cura con importanti consigli e indicazioni su diete, movimento e nuovi farmaci. Come afferma l’autore “Dobbiamo partire dal cuore: è nell’organo che scandisce i nostri battiti la chiave della longevità sana”.

Autore: Giulio Pompilio

Editore: Sonzogno

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Gambe pesanti e gonfie?

Alla base c’è l’infiammazione vascolare

La diffusione dell’Insufficienza Venosa nei Paesi occidentali è molto elevata: si tratta infatti del disturbo vascolare più frequente, che viene però spesso affrontato come un banale inestetismo. In realtà è una condizione molto complessa, dietro cui si cela uno stato infiammatorio coinvolge la circolazione degli arti inferiori: il ristagno dei liquidi causa la classica sensazione di “gambe pesanti e gonfie” e la fragilità capillare.

I primi segnali di un problema complesso

Il caldo che accompagna la bella stagione amplifica la vasodilatazione del microcircolo periferico, determinando alterazioni funzionali, oltre che estetiche, a carico dei vasi della gamba, della caviglia e del piede. I sintomi associati a questa condizione sono prevalentemente dolore, bruciore, prurito, gonfiore e crampi, che con l’avanzare del tempo tendono a peggiorare e favorire lo sviluppo delle ben note vene varicose (varici).

Occorre prestare attenzione ai primi segnali di questo disturbo vascolare! Intervenire precocemente con rimedi specifici è utile infatti a contrastare l’ingravescenza del problema e allo stesso tempo facilitare il normale flusso sanguigno degli arti inferiori.

Doppio beneficio per il tono e la circolazione venosa

La Linea Podoven® consente di prevenire e gestire in maniera completa i sintomi dell’insufficienza venosa.

Podoven® Supra Crema riduce il senso di gonfiore, l’affaticamento e la dolorabilità degli arti inferiori grazie a un mix sinergico di sostanze funzionali. L’ Adelmidrol è la molecola esclusiva della formulazione in grado di proteggere il microcircolo periferico dal danno infiammatorio. L’estratto di Meliloto officinale e la Rutina stimolano il ritorno venoso dalle gambe e favoriscono il corretto drenaggio dei liquidi; il Mentolo e l’Eucaliptolo

donano un effetto rinfrescante e defaticante alla preparazione, mentre la Glicerina svolge un’azione emolliente per la cute.

Podoven® Capsule completa l’intervento locale e protegge sin dalle prime fasi la circolazione delle gambe. Integra sostanze naturali come l’Escina, la Vitamina C e l’Esperidina, dalle proprietà venotoniche e antiossidanti. Inoltre la presenza di Centella Asiatica, Quercetina e Zinco preserva il turgore e la resistenza vascolare, contribuendo a mantenere la pelle sana.

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Grasso localizzato, i trattamenti più efficaci

In molti casi uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata non sono sufficienti per eliminare le adiposità localizzate più ostinate, risulta quindi necessario intervenire con specifici trattamenti locali

Dott. Eugenio Maria Amato

Medico Chirurgo Estetico

Verona -Milano-Napoli-Ischia-Firenze -Forlimpopoli-Lecco FIME (Federazione Italiana Medicina Estetica)

In vista dell’estate e della fatidica “prova costume” molte persone, arrivate a questo punto dell’anno, si accorgono di non sentirsi all’altezza notando grasso localizzato in varie parti del proprio corpo. Vediamo allora di capire come affrontare il problema.

Per “grasso localizzato” intendiamo quegli accumuli di tessuto adiposo, sottocutaneo o viscerale, situati in specifiche aree corporee. Queste zone sono in genere costituite dall’addome e dal girovita per gli uomini, e dai glutei, fianchi e cosce per le donne. Queste differenze esistono per le diverse caratteristiche fisiologiche tra i due sessi, anche se non è solo il sesso a determinare queste differenze, ma anche l’età, l’entità della secrezione degli ormoni e la loro distribuzione unita alla sensibilità degli specifici recettori nel tessuto bersaglio. Ancora, per la donna incide lo stato di fertilità.

I livelli ormonali, la distribuzione dei recettori e la loro sensibilità sono inoltre decisivi per condizionare la distribuzione del grasso, pertanto gli accumuli di grasso localizzati sono dovuti al sesso, alla storia genetica personale, agli ormoni tiroidei, alla sedentarietà, allo stress, all’Iperinsulinemia, alla Sindrome metabolica, ecc.

I livelli ormonali, la distribuzione dei recettori e la loro sensibilità sono decisivi per condizionare la distribuzione del grasso

Stile di vita e dimagrimento

Sicuramente uno stile di vita corretto, con un’adeguata attività fisica, e un’alimentazione equilibrata prevengono la formazione di accumuli di grasso. Quando però si deve ricorrere ad una terapia nutrizionale con l’obiettivo di colpire gli accumuli localizzati, a volte, può capitare che, con il dimagrimento dell’intero corpo, si depauperino altre zone che non si desidera modificare come ad esempio il seno nelle donne. Fortunatamente esistono molte altre possibilità terapeutiche.

Iniezioni lipolitiche

Si tratta di iniezioni di sostanze che agiscono sulle cellule adipose causando la rottura della membrana superficiale e lo scioglimento del grasso contenuto al

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loro interno. Il vantaggio è che si colpisce selettivamente la zona da trattare senza disperdere sostanze attive in aree non interessate. Il trattamento è localizzato e non eccessivamente invasivo, non necessita di lunghi periodi di recupero come altri interventi e gli effetti sono immediati. Le sostanze generalmente usate sono l’acido desossicolico e la fosfatidilcolina, il primo aggredisce gli adipociti mentre la fosfatidilcolina saponifica il grasso fuoriuscito facilitandone l’eliminazione per le vie fisiologiche. Il cocktail farmacologico viene iniettato direttamente nella zona adiposa con una serie di iniezioni opportunamente distanziate tra loro. Il numero di sedute, a cadenza quindicinale o mensile, varia da caso a caso in funzione del risultato da raggiungere. Inutile dire che occorre la collaborazione del Paziente nel seguire un regime alimentare corretto al fine di non continuare a produrre da un lato quello che viene sottratto dall’altro.

Mesoterapia

Questa metodica consiste in una tecnica iniettiva effettuata impiegando piccole dosi di farmaco, o cocktail di farmaci, sull’area superficiale della zona da trattare. Si scelgono sostanze adatte allo scopo da raggiungere, in questo caso lipolitiche, che vengono posizionate in piccoli pomfi disseminati a distanza opportuna tra loro. L’effetto terapeutico si sviluppa localmente e in maniera prolungata perché i pomfetti costituiscono piccoli depositi che rilasciano lentamente le sostanze attive.

È utile associare a questa, ma anche ad altre tecniche terapeutiche, l’utilizzo concomitante della Carbossiterapia. Si tratta dell’iniezione di anidride carbonica nelle zone interessate mediante apparecchiature che purificano e riscaldano il gas. L’effetto è duplice: l’organismo, per liberarsi di un eccesso del prodotto finale dei processi metabolici, effettua una vasodilatazione nella zona che apporta un maggior flusso ematico. I globuli rossi, per portare via l’eccesso di anidride carbonica, scaricano una maggiore quantità di ossigeno che attiva maggiormente il metabolismo locale.

Cavitazione

È una tecnica medico-estetica non invasiva basata sulla emissione di ultrasuoni, di frequenze ben definite, emessi dai manipoli del macchinario che vengono fatti scorrere sulle zone da trattare. Gli ultrasuoni provocano delle variazioni di temperatura e pressione nel tessuto che portano alla disgregazione delle cellule adipose. Il grasso liberato nei tessuti viene eliminato per le vie fisiologiche. I risultati si osservano abbastanza rapidamente e continuano a concretizzarsi fino a due mesi dal trattamento. In genere occorrono dalle sei alle dodici sessioni.

Laserlipolisi

Tale metodica utilizza la Tecnologia Laser: una serie di manipoli contenenti dei Laser vengono infatti posizionati sulle aree da trattare. La particolare lunghezza d’onda colpisce in modo selettivo le cellule adipose, arrivando a frantumarle ma risparmia gli altri tessuti. Non c’è bisogno di anestesia, la totalità dei Pazienti non avverte praticamente nulla durante il trattamento che si svolge nel normale ambulatorio. Occorrono dalle 6 alle 12 sedute. È sempre utile per tutti i tipi di intervento sopra elencati associare un’attività fisica appropriata per facilitare l’eliminazione del grasso liberato.

Liposuzione

Al secondo posto tra gli interventi di Chirurgia estetica più eseguiti al mondo, questa tecnica è effettuata con una cannula di aspirazione che scorre nel tessuto frantumando gli accumuli e risucchiando il grasso in eccesso. L’intervento dura una o due ore, a seconda della zona da trattare, e si effettua in anestesia locale o generale. Il risultato si manifesta in genere dopo tre settimane. Il post trattamento in questo caso è più impegnativo. Le attività vanno riprese con attenzione ed è necessario indossare una guaina contenitiva per un certo periodo.

Radiofrequenza

Questa metodica si attua attraverso l’utilizzo di cannule endodermiche. Con una temperatura intorno ai 70°C si determina la lisi cellulare degli adipociti con emissione del grasso negli spazi interstiziali. Successivamente questi residui sono rimossi per via linfatica. Anche questa è una procedura ambulatoriale con minimo discomfort post trattamento. I trattamenti possono essere molto accurati realizzando risultati di precisione.

Criolipolisi

Questa metodica risulta molto efficace per eliminare il grasso localizzato, esso permette di intervenire sull’adiposità congelando il tessuto e portando così a morte (apoptosi) gli adipociti. La Criolipolisi interviene anche sulle adiposità che resistono a diete ed esercizio fisico. Inoltre riattiva il microcircolo sottocutaneo, favorendo in questo modo il drenaggio dei tessuti e l’eliminazione delle tossine dannose per l’organismo. Non è necessario effettuare anestesia, il trattamento si effettua in 2 o 3 sessioni di circa 70 minuti nell’ambulatorio medico e si può tornare subito alle normali attività sociali. L’effetto non è immediato, il risultato finale si concretizza in circa tre mesi.

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Ambiente e saggezza

Secondo le Nazioni Unite le duemila comunità indigene salvaguardano l’80% della biodiversità mondiale, da qui l’importanza di valorizzare i loro saperi

Dott. Giuseppe Lai

Biologo

Dottore di Ricerca in Igiene degli Alimenti Università di Torino

Icambiamenti climatici sono stati per molto tempo un argomento di grande interesse per scienziati e ambientalisti prima di approdare al dibattito pubblico. Era noto che negli anni ’90 studiosi di varie nazionalità si mettessero in viaggio alla volta del Grande Nord, (la zona più settentrionale dell’Europa) per osservare i ghiacci e la vita delle popolazioni autoctone.

Il caso degli Inuit

Quando nel 1999 Igor Krupnik, antropologo del Centro Studi Artici di Washington, raggiunse l’Alaska per approfondire la storia dei suoi abitanti, rimase stupito dal racconto di un indigeno Inuit che così argomentava sui propri antenati: “La comunità locale deve affrontare problemi più urgenti delle vicende dei nostri padri”. A cosa si riferiva? All’ambiente, che si comportava in modo strano, inaspettato e non familiare, parole che gli Inuit riassumono nel termine autoctono “uggianaqtuq”.

Essi avvertivano da tempo che attorno a loro si erano rotti degli equilibri che per lunghi anni erano rimasti inalterati: il ghiaccio era sempre più sottile e il vento, soffiando forte e in modo imprevedibile, compattava la

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Grazie al loro rapporto identitario con la natura, gli Inuit avevano percepito da tempo i segnali di cambiamento del clima

neve rendendola inadatta alla costruzione degli igloo, le loro caratteristiche abitazioni. Anche i fiumi non erano più abbastanza profondi per le imbarcazioni usate per la caccia e la pesca. Tutti segnali che forse potevano sfuggire a un esploratore di passaggio ma non agli Inuit che da generazioni hanno instaurato un rapporto olistico con la natura. Dall’ambiente, infatti, traggono tutto il necessario per la loro vita quotidiana: caccia e pesca garantiscono il cibo; le pelli animali forniscono i vestiti per proteggersi dal freddo; le ossa e le pietre servono per realizzare armi e strumenti e con la neve costruiscono gli igloo.

Al tempo stesso, ogni cosa nella tradizione Inuit ha un’anima ed è oggetto di venerazione religiosa: l’oceano è abitato da “Sedna”, lo spirito del mare e il cielo da “Malina”, la dea del sole. Una dimensione spirituale

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indigena

della realtà che si fonde con le percezioni, i racconti degli avi e l’ambiente in una visione di insieme, olistica appunto. Grazie a questo rapporto identitario con la natura, gli Inuit avevano percepito da tempo i segnali di cambiamento del clima. Le loro voci si erano levate attraverso racconti e testimonianze, ma per molti anni erano rimaste inascoltate in quanto ritenute aneddotiche e inaffidabili.

Nel frattempo, la scienza, come riferisce lo stesso Krupnik, sembrava chiedersi se il riscaldamento globale fosse qualcosa di cui realmente preoccuparsi. Solo molti anni più tardi vari studi e osservazioni sul “global warming” avrebbero dato una conferma scientifica ai racconti del popolo Inuit: il clima stava cambiando anche nel Grande Nord.

Sapere indigeno, un contributo alla conoscenza

Quello appena descritto è un esempio di come il sapere indigeno, frutto di un rapporto millenario con la natura, possa dare un contributo alla conoscenza. Nel caso degli Inuit, i loro racconti erano veri e propri segnali di allarme, che la scienza ufficiale avrebbe preso in considerazione solo agli inizi del XXI secolo.

L’insegnamento della tribù dei Moken

Nel Sud-est asiatico, in alcune isole a sud della Thailandia, vive una tribù indigena di circa 4000 individui, i Moken, soprannominati “nomadi del mare”. I loro villaggi si trovano sulle coste e sono costituiti da palafitte immerse nell’acqua. Caratteristica peculiare dei Moken è la totale simbiosi con l’oceano. Qualche esempio? Imparano a nuotare in tenera età ancora prima di camminare sulla terraferma e sott’acqua hanno una visibilità doppia rispetto a un comune nuotatore. A bordo dei loro kabang, tradizionali imbarcazioni di legno, si spostano da una baia all’altra per pescare e raccogliere molluschi e crostacei.

I Moken credono nell’esistenza di un granchio gigante che vive in una caverna nelle profondità dell’oceano. Una creatura mostruosa che, secondo la leggenda, causa correnti e tempeste. Quando esce dalla sua tana, l’acqua prende il suo posto e il mare si ritira, allontanandosi dalla costa. Il ritiro delle acque genera il “laboon”, una parola che nella lingua locale significa “onda

che inghiotte le persone”. Il laboon è stato lo tsunami gigantesco che il 26 dicembre 2004 si è abbattuto sulle coste dell’Oceano Indiano causando la morte di più di 230mila thailandesi. Grazie alla loro profonda conoscenza del mare, i Moken hanno riconosciuto in tempo l’onda anomala e si sono messi in salvo prima che radesse al suolo le loro abitazioni. In base alla leggenda, infatti, il “laboon” si era già verificato molto prima del 2004 ed era citato nei racconti dei loro antenati.

La dell’habitatsalvaguardiaamazzonico

Passando ad altre latitudini, al confine tra il Brasile e il Venezuela vive la tribù degli Yanomami, che occupa l’estensione forestale compresa tra il bacino dell’Orinoco e il Rio delle Amazzoni, la più ampia del pianeta. Una popolazione di circa 38.000 individui, secondo “Survival International”, l’organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni. Gli Yanomami usano ogni giorno circa 500 varietà di piante per gli scopi più vari: costruire la “maloca”, la loro abitazione caratteristica collocata in genere vicino a fiumi e ruscelli per consentire la pesca e l’approvvigionamento idrico; fabbricare utensili e frecce, ottenere legna combustibile, colorare e dipingere il corpo. Da altre piante ricavano medicine,

I Moken hanno riconosciuto in tempo l’onda anomala e si sono messi in salvo prima che radesse al suolo le loro abitazioni
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saggezza

veleni e sostanze allucinogene che usano nei loro riti tradizionali. Una straordinaria varietà di impieghi che implica un rapporto inscindibile con l’ambiente in cui vivono: la foresta pluviale. Appare evidente come la salvaguardia dell’habitat amazzonico sia fondamentale per la sopravvivenza degli Yanomami.

Tutelare la biodiversità del pianeta

L’azione di tutela, in realtà, deve avere un orizzonte più ampio: tutelare la biodiversità del pianeta, di cui le foreste costituiscono parte essenziale. Si pensi al ruolo primario di questi ambienti nella regolazione e nel controllo di malattie e pandemie. L’integrità delle foreste limita l’esposizione ad agenti patogeni, tra cui i responsabili delle cosiddette Zoonosi, patologie trasmissibili direttamente o indirettamente dai vertebrati all’uomo. Con quali modalità la deforestazione incide sulla loro diffusione? Le aree deforestate e poi adibite a varie destinazioni più o meno urbanizzate come pascoli, aree coltivate o insediamenti industriali, favoriscono una maggiore vicinanza tra l’uomo e gli animali selvatici. Questi ultimi agiscono come serbatoi di virus e malattie potenzialmente trasmissibili alla specie umana.

Una relazione che Andy MacDonald, Ecologo delle malattie all’ “Earth Research Institute” dell’Università della California, così esprime: “Che la deforestazione possa essere un importante fattore nella trasmissione di malattie infettive è una cosa piuttosto nota. È una questione di numeri: più danneggiamo gli habitat forestali, più è probabile che si vada incontro a epidemie di malattie infettive”. Gli fa eco Jonathan Epstein, Ecologo, che riferendosi ai patogeni animali afferma: “Non sono loro a cercarci, semmai siamo noi a cercare loro”. Al riguardo, diversi studi condotti in Brasile, Uganda e Indonesia mostrano che i primati “non umani”, come scimpanzè e gorilla, sono potenziali serbatoi di malattie trasmissibili all’uomo. Questo si spiega innanzitutto con l’affinità genetica, considerato che condividono con la specie umana circa il 98% del DNA. La distruzione del loro habitat e la sua sostituzione con insediamenti o terreni destinati agli

Il popolamento di foreste, un tempo intatte, da parte di insediamenti umani ha portato ad una maggior contiguità con preesistenti serbatoi di malattie

allevamenti intensivi rischia di rendere concreto un rischio potenziale: il passaggio di agenti infettivi da una specie all’altra.

Il virus HIV (Human Immunodeficiency Virus), ad esempio, si è adattato all’uomo a partire da una variante presente nelle scimmie dell’Africa centrale, il SIV (Simian Immunodeficiency Virus). Il fattore scatenante è stata in ultima analisi la deforestazione dei territori, che ha favorito il passaggio del virus nell’ospite umano e il successivo contagio uomo-uomo, con la diffusione globale dell’AIDS e decine di milioni di morti. Sempre in Africa, il popolamento di foreste un tempo intatte da parte di insediamenti umani ha portato ad una maggior contiguità con preesistenti serbatoi di malattie, causando la diffusione di patologie come la Leishmaniosi e la Febbre gialla.

Trasformare le conoscenze in strategie

La correlazione tra deforestazione e inquinamento atmosferico è nota da tempo, così come le varie conseguenze “a cascata”, sempre più intense e frequenti: effetto serra, riscaldamento globale, cambiamento climatico ed eventi estremi. Il quadro delle relazioni causa-effetto va in realtà ben oltre i pochi esempi citati e si presenta più complesso e meno prevedibile di quanto si pensi. Comprendere tale complessità è fondamentale per generare maggiore consapevolezza degli impatti che le azioni umane hanno sull’ecosistema e sulla sua evoluzione. Questo è un compito fondamentale della comunità scientifica, che deve svolgersi in parallelo ad una efficace sensibilizzazione delle popolazioni. Ciò che è necessario fare nell’immediato è trasformare le conoscenze finora acquisite in efficaci strategie preventive e di tutela, al fine di preservare la biodiversità esistente.

Inuit, Moken e Yanomami, e con essi le 2000 culture indigene del pianeta, hanno riti e tradizioni differenti ma un denominatore comune: la perfetta integrazione con l’ecosistema. Da questa “full immersion” millenaria nella natura deriva la loro sapienza, che guida ogni momento della loro quotidianità. Attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali, essi tutelano l’ambiente, sempre più minacciato dalle politiche di sfruttamento attuate da multinazionali e governi poco lungimiranti. Nonostante rappresentino meno del 5% della popolazione del pianeta, secondo le Nazioni Unite le 2000 comunità indigene salvaguardano l’80% della biodiversità mondiale. Da qui l’importanza di tutelare e valorizzare i loro saperi per meglio comprendere i delicati e complessi equilibri naturali.

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