Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch
Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero Ettore Accenti, Marco Ancora, Alessandro Beggio, Aaron Bettazza, Marco Betocchi, Ignazio Bonoli, Nathalie Chaix, Simone Gianini, Christian Hoefliger, Giacomo Malinverno, Marco Martino, David Mülchi, Frank Pagano, Stelio Pesciallo, Alessandro Regogliosi, Rocco Rigozzi, Adriano A. Sala Progetto e coordinamento grafico Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch
Logistica e amministrazione amministrazione@eidosmedia.ch
Chiusura redazionale: 29 agosto 2025
Editoriale
Variabile democratica, costante demografica
Montblanc
Stilografica
se ne parla ormai da tanti anni, sono spesso al centro dell’attenzione e di molte puntigliose analisi, sono oggetto di roboanti promesse e dei più sbalorditivi rendimenti, salvo le sfide per concretizzarli. Almeno così millantano. Vero è che l’Occidente non è più ‘il mondo’, ma solo una parte di esso, condiviso quasi in egual misura con queste nuove potenze, quelle che orgogliosamente si definiscono ‘Emergenti’.
Pur definendosi tali, non c’è particolare consensus su chi lo sia davvero, quali siano i criteri per determinarlo, e quali aspetti debbano essere considerati. È così che si entra in molti paradossi: la Corea del Sud e la Grecia sono Stati avanzati? Secondo alcuni sì, ma ci sono anche illustri istituzioni che sostengono il contrario. E poi c’è il Caso cinese. Il dragone asiatico è ancora un Emergente, status che gli ha garantito i successi più straordinari, e davvero, della storia economica recente?
C’è però unanimità nel riconoscere quale sia il diamante della corona, la cui molatura è appena iniziata, ma promette meraviglie ancora più straordinarie. È l’India, la sola a potersi permettere la definizione di ‘Subcontinente’. Le sfide lungo il suo cammino sono però esponenziali: su tutte, è la più grande Democrazia del mondo. Una situazione unica, per economie che hanno sempre e solo condiviso giovinezza, inesperienza, potenzialità e demografia.
La vera domanda è: sarà in grado di maturare il consenso necessario a emergere, al costo di riforme impopolari e sensibili costi sociali? Saprà rimanere una grande democrazia della maggioranza, o è condannata invece a diventare una dittatura della minoranza, allineandosi ironicamente all’essenza di tutte le altre potenze emergenti?
Nel frattempo si è conclusa un’estate all’insegna anche della Geopolitica, o forse dei suoi non risultati. Pompose kermesse, illusorie strette di mano, promesse da marinaio, dialoghi vuoti e ambasciate ingenue. Che un altro autunno di grandi e ottimistici successi si spalanchi? Per intanto, una certezza dal Vecchio Continente: Londra e Parigi traballano.
Wes Anderson for Montblanc
The ‘Schreiberling’
Limited Edition 1969
Federico Introzzi
... in un LAMPO
Una concatenazione di dieci news per decriptare l’attualità. C’è molto tech, ovviamente, e molta umanità. È imperativo rimanere aggiornati e ‘sul pezzo’, ma anche riuscire a cogliere i segnali deboli, quelli che rimangono sottotraccia in mezzo a ‘tanto rumore’. Non solo per proteggere aziende e marchi dai rischi di oggi ma anche per anticipare i trend di domani.
Crescita
Gli indicatori macro del primo semestre resistono alle turbolenze. Il Pil americano cresce dello 0,9%, quello europeo dell’1,2 con un’inflazione sotto al 3%. Gli azionari dei Paesi del G7, salvo il Giappone, restano in positivo, mentre i tassi dei decennali conservano la posizione, Treasury al 4,5% e al 2,7% in Europa. I mercati globali si sono adattati, per ora, all’incertezza dei conflitti regionali e dei dazi, con la Casa Bianca che continua a pressare Powell.
Genio!
Il Genius Act è la legge federale pensata per regolare le stablecoin. Tra le imposizioni: copertura 1:1 con dollaro o buoni del Tesoro a 3 mesi; report mensili sulle riserve e revisioni annuali per i grandi emittenti; conformità rigorosa all’antiriciclaggio; protezione legale per i consumatori. La legge si mostra contraria a una Cbdc, e aiuta l’economia a mantenere dominio del dollaro e diminuire i tassi.
E chiarezza!
La Blockchain è tornata?
Da maggio bitcoin si è mantenuto al di sopra dei 100mila dollari, raggiungendo i 2,3 trilioni di market cap. I relativi Etf hanno superato i 150 miliardi di AuM rispetto a un totale globale di 130 trilioni. Bitcoin rimane un alternativo di diversificazione o ad alto rischio/rendimento.
La storia di una Blockchain passée va rivista. Le soluzioni B2B mostrano ancora adozioni in leggero calo, ma è presto per stappare la bottiglia.
Il Clarity Act (Digital Asset Market Clarity Act) è la legge federale Usa che stabilisce un quadro normativo completo per gli asset digitali. Bitcoin ed Ethereum sono considerate commodity e riferiscono alla Commodity Futures Trading Commission (Cftc), le azioni tokenizzate di una società diventano titoli e riferiscono alla Sec.
La fine di Internet?
Perplexity, azienda Ai americana, ha lanciato Comet, una soluzione per sostituire la search tradizionale (Google), consentendo alle aziende di gestire meglio e-commerce, search e marketing digitale (con tanto di dashboard e reportistica). Alphabet (Google) ha già incorporato Gemini Ai in Chrome per aiutare a ottenere più informazioni senza dover cliccare su link sponsorizzati e annunci. I fan sono alla ricerca di modi più interattivi e funzionali per raggiungere offerte e contenuti migliori, subito e senza ulteriori click.
Agenti con licenza di testare OpenAi, la più famosa start-up Ai del pianeta, ha lanciato un nuovo agente in ChatGpt, che può, ad esempio, navigare nel calendario, generare presentazioni e scrivere codice. Grok (xAi di Elon Musk) ha rilasciato Grok 4. xAi ha anche introdotto nuovi agenti, tra cui Ani, una ragazza anime giapponese. The Economist sottolinea come GenAi sia ancora spesso in modalità test. Se è anche il vostro caso, non siete soli, ma occorre accelerare.
Nvidia è l’invidia di tutti
A luglio ha superato i 4 trilioni di dollari di capitalizzazione. Meta ha acquisito il 3% di Essilor Luxottica (occhiali), mentre Meta e Amazon sono sui braccialetti. Google ha acquistato Wiz per 32 miliardi, per rafforzare la security del suo cloud. Sono finiti i tempi in cui “il software mangiava il mondo”. Hardware e software sono ugualmente importanti, come infrastruttura, chip ed energia perqualunque azienda.
Anche i ricchi piangono
Luca De Meo, ex Renault, è stato nominato Ceo di Kering per risollevare le sorti di un’azienda in difficoltà, in un settore sotto stress. Il lusso ha bisogno di reinventarsi, anche in vista delle New Gen-s (Z e Alpha), che comprano con un approccio funzionale e sostenibile.
Vogliono sapere tutto sui loro prodotti, in linea con le nuove leggi (vedasi il passaporto digitale dei prodotti o Dpp).
Oro
l miglior modello di Ai di Google, Gemini, ha vinto a luglio una medaglia d’oro all’International Math Olympiad. Netflix per prima ha utilizzato la sua GenAI per la serie “El Eternauta”, quale test per produrre contenuti di qualità, velocemente e a minor prezzo. Chi è il più intelligente in azienda? Probabilmente una macchina. Si nota un impatto sul modo di parlare e sulle capacità cognitive delle persone. L’interazione con l’Ai è una relazione da monitorare.
Quello che è mio è tuo È rivoluzione: a giugno un giudice di San Francisco si è pronunciato a favore di Anthropic, start up del modello (Llm) Claude. Questo potrebbe aprire a un mercato completamente liberalizzato dei contenuti digitali e non. Ha stabilito che l’uso del suo Llm era corretto (fair) e che seguiva un processo di completa trasformazione di contenuti protetti da copyright. Meta ha vinto una causa simile. Le aziende devono dunque muoversi in fretta!
Avanzati o emergenti?
Cosa qualifica un Paese come ‘emergente’, e cosa lo distingue da un’economia avanzata? La Cina è ancora in via di sviluppo, o si è ormai affermata? E la Grecia? A segnalarsi è però l’India, il diamante grezzo della corona. Riuscirà a emergere?
Opinioni
12 Ettore Accenti. La medicina quantistica sarà la prossima sostanziale rivoluzione, per vivere sino a 120 anni.
14 Simone Gianini. Estendere il raggio della Legge sul riciclaggio di denaro sì, ma sino a che punto?
16 Adriano Sala (in foto).
Qual è il prezzo di un’opera d’arte? Anche elementi culturali, simbolici e geopolitici concorrono a determinarlo.
18 Stelio Pesciallo. Le limitazioni imposte da tutti i Governi nei momenti più bui dell’emergenza pandemica, a distanza di anni, impongono più d’una riflessione.
20 Ignazio Bonoli. In dono per il primo agosto dazi tra i più alti al mondo. Meglio stare lontani dal telefono?
22 Rocco Rigozzi In ambito di compravendita e appalto immobiliare sono in arrivo nuove tutele per le parti coinvolte.
Economia
38 Testimonianza. Interesse per il Messico? Meglio trovare un intermediario di lingua spagnola
52 Sosteniblità. Solo la sua integrazione all’interno della strategia aziendale può creare valore.
53 Svizzera-Europa Aggiornare gli accordi è l’unica soluzione per evitare ulteriori sostanziali problemi.
Da sinistra, Stephen Li Jen, Ceo di Eurizon Slj Capital; Xavier Hovasse, Head of Emerging Market di Carmignac; Amit Goel, Portfolio Manager di Fidelity International; e Xiadong Bao, Portfolio Manager di Edmond de Rothschild Am.
Osservatorio
87 Sfama. L’industria svizzera dei fondi d’investimento.
88 Obbligazionario. I titoli emergenti scontano ancora uno stigma ingiustificato.
90 Scenari . Se la guerra in Ucraina finisse, cosa succederebbe agli indici europei?
92 Alternativi (in foto, Charles-Henry Monchau). Integrare le stablecoin nel sistema finanziario globale che effetti avrebbe oggi e domani?
94 Obbligazionario Qual è il ruolo della duration oggi, in un contesto d’investimento del tutto mutato? Rispetto al passato molto è cambiato, ma attenzione.
95 Strumenti. Strutturare le idee è sempre possibile. I prodotti strutturati sono un’alternativa, a doppio taglio.
96 Strategie. Guardare al passato non è sempre una soluzione brillante, dunque è meglio essere preparati.
Eureka
64 L’imprenditore. Iniziare da giovani, riconoscere le difficoltà, non fermarsi a ogni errore: il successo.
65 Blockchain. L’Intelligenza Artificiale promette faville, ma non tutte le risposte arrivano da ovest.
66 Venture Capital. Sempre più trapianti e sempre più organi: qualcuno ha pensato a come allungare i tempi di valutazione e riflessione.
68 Scienza. Conquistare la longevità è un esercizio complesso, ma sempre possibile. Il parere dello scienziato Valter Longo.
70 Innovazione. La Biennale di architettura inaugura tendenze, ’adattività’ è stato il termine chiave di questa edizione.
72 Orologi. Sostenibilità, design, Swiss Made e tradizione è la formula del successo di Hanowa nei confronti delle next-Gen.
Il settore vinicolo
Emergenze climatiche, commerciali ed evoluzione delle abitudini di consumo chiamano ad evolvere il settore. Le radici restano in Italia, Francia e Spagna, tra produzione e tradizione. A lato, Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini.
p. 40
Coerenza e strategie mirate p. 46
Un player indipendente che, forte dei suoi valori familiari, giunto alla quarta generazione, si distingue dai grandi operatori puntando su prossimità, affidabilità e continuità nel servizio. A lato, Matteo Centonze, Ceo di Ecsa Group.
Speciale Coaching p. 54
Una partnership per trasformare il potenziale in risultati concreti, accompagnando persone e imprese nel percorso per trovare dentro di sé risposte, risorse e le strategie più efficaci. A lato, Anthony Smith, Executive Business Coach
74 Studenti. Il patto formativo, dalla A alla Z. Quali i limiti e quali le clausole per collaboratori e imprese?
75 Marketing. La prima vera sfida è sapersi promuovere sul mercato, insieme alle proprie competenze.
76 Sport. Il delicato e prezioso equilibrio tra arte, sport e filosofia che la scherma è in grado di trovare.
78 Innovazione. Decolla la Difesa europea; curiosi i protagonisti che stanno avendo un ruolo attivo.
Barocco bancario p. 80
Conservare la stessa identità per 125 anni non è impresa da poco, nemmeno in Svizzera, ma la tradizione e il tempo gli stanno dando ragione. Un Gruppo antico, e unico. A lato, Alina Augello, Responsabile Svizzera Italiana di Raiffeisen Svizzera.
Orologeria autografa p. 102
Dagli strumenti di scrittura, con cui si è guadagnata i gradi sul campo, alle sfide dell’Alta Orologeria. Il viaggio è lungo, ma possibile. A lato, Laurent Decamp, Direttore Generale della Divisione Orologi di Montblanc.
Il movimento dell’Arte p. 108
I 100 anni dalla nascita di Jean Tinguely ricordano la sfida di preservare le opere cinetiche, custodendone estetica, meccanica e anima. A lato, Jean-Marc Gaillard del Centro di competenza in conservazione e restauro del Museum Tinguely di Basilea.
Finanza
84 Analisi. La storia del boicottaggio è particolarmente lunga. Nell’era dei dazi e delle tensioni torna il tema: il carrello della spesa è politico?
97 Settori. Il bancario europeo continua a essere sottovalutato in termini di valutazioni. Quali le cause?
98 Previdenza. Lasciare la vita attiva? Molte le sfide, troppe le libertà.
Cultura&Lifestyle
106 Mostre. Il ritorno di una mostra straordinaria, 90 anni dopo.
110 Musei. Come ripensare gli spazi e le funzioni nel mondo di oggi.
111 Auto. La storia della Fiat Jolly
Rubriche
112 Motori
Cover story
I mercati emergenti si confermano una galassia variegata e in evoluzione. Quali nuove dall’India?
Eureka
La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.
Cultura
I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.
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Les Cabinotiers Temporis Duo Grand Complication Openface
Riunire in un orologio da polso una ripetizione minuti, un cronografo rattrappante e un regolatore a tourbillon è una vera e propria sfida tecnica! Notevoli anche la decorazione e le finiture a mano del Calibro 2757 S, composto da quasi 700 componenti. Segnatempo estremamente tecnico, questa creazione trasforma l’orologeria meccanica in una forma d’arte cinetica che misura il tempo.
Opinionisti
Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.
Finanza
Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.
Eventi
La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.
Economia
Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.
Osservatorio
La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.
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La sezione dedicata a tutti gli Speciali degli ultimi mesi.
La perfetta guida dell’internauta. Un vivace dialogo è iniziato, da un lato Ticino Management cartaceo dall’altro suo fratello minore digitale, l’obiettivo? Che siano sempre più connessi. Tra l’uscita di un’edizione e la successiva tutti gli articoli del cartaceo saranno pubblicati a cadenza regolare, insieme a contenuti studiati appositamente per essere nativamente digitali.
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Medicina quantistica
Calcolo quantistico, Intelligenza Artificiale e Informazione Quantistica sono una combinazione magica capace di allungare la vita delle persone oltre l’immaginabile.
La medicina è da sempre il terreno in cui l’innovazione scientifica ha avuto gli effetti più diretti sulla vita delle persone. Dalla scoperta degli antibiotici ai trapianti d’organo, ogni progresso ha segnato una svolta epocale. Oggi ci si trova alle soglie di una nuova rivoluzione, silenziosa ma dirompente, guidata da tre tecnologie che fino a pochi anni fa sembravano confinare con il mondo della fantascienza: l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico e l’informazione quantistica. Ciascuna porta con sé possibilità straordinarie, ma è nella loro convergenza che si intravede la vera trasformazione del presente e del futuro
della medicina. Ne avevamo già trattato nell’edizione di Febbraio di quest’anno, con Ray Kurzwel, uno dei più anziani ed esperto di intelligenza artificiale ed ex direttore di quel reparto in Google. Nel suo libro Singularity is Near sviluppa la previsione che queste tecnologie dal 2035 avranno la possibilità di allungare la vita fino a 125 anni.
L’intelligenza artificiale è ormai entrata nelle corsie ospedaliere e nei laboratori di ricerca. Gli algoritmi di deep learning sono in grado di riconoscere schemi e anomalie invisibili all’occhio umano: un software può analizzare in pochi secondi migliaia di immagini radiologiche, indivi-
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
A sinistra, la sanità del futuro. Genomi in pochi secondi, farmaci disegnati molecola per molecola: il connubio tra calcolo quantistico e Ia apre l’era di una medicina rapida, predittiva e su misura per ciascun individuo.
A destra, Ray Kurzweil. Nel suo libro
The Singularity is Near, ha previsto che entro il 2029 medicina e intelligenza artificiale raggiungeranno una svolta epocale ‘la Singolarità’ e la capacità dell’informatica di superare l’intelletto umano si tradurrà anche in una medicina radicalmente nuova. Grazie al calcolo quantistico e all’Ia, genomica e farmacologia avanzano verso terapie predittive e personalizzate, capaci non solo di prevenire le malattie ma di rallentare l’invecchiamento. Secondo le sue previsioni, già dal 2030 sarà possibile estendere l’aspettativa di vita oltre i 120 anni, inaugurando un’era in cui la longevità non sarà più un limite biologico ma una scelta tecnologica.
duando tumori o malattie cardiovascolari allo stadio iniziale. In oncologia, ad esempio, l’Ia ha già dimostrato di poter ridurre significativamente i tempi di diagnosi, offrendo così cure tempestive e aumentando le possibilità di successo terapeutico.
Parallelamente, sensori indossabili e dispositivi connessi raccolgono dati continui su battito, pressione, ossigenazione e altri parametri vitali: un flusso costante di informazioni che i sistemi di Ia traducono in allarmi precoci o suggerimenti personalizzati. È come avere un medico digitale che non si stacca mai da noi.
Ma l’Ia da sola non basta. La scoperta di nuovi farmaci, la simulazione di pro-
Progressi nella medicina del Futuro secondo i principali esperti
teine e molecole, la ricerca su malattie complesse richiedono una potenza di calcolo che i computer tradizionali faticano a fornire. Qui entra in scena il calcolo quantistico. I computer quantistici non ragionano in bit, ma in qubit, capaci di rappresentare contemporaneamente più stati grazie a fenomeni come la sovrapposizione e l’entanglement. Questo consente loro di esplorare in parallelo milioni di combinazioni, rendendoli ideali per risolvere problemi che oggi richiedono mesi o anni.
Per la medicina significa poter progettare farmaci in tempi rapidissimi, valutando le interazioni molecolari con una precisione mai raggiunta. Significa anche poter creare modelli predittivi di malattie basati sul patrimonio genetico del singolo paziente, aprendo la strada a una medicina davvero personalizzata.
Applicazioni mediche
Accelerazione scoperta farmaci analisi dati genomici sulla longevità
Progetti farmaci molecolari Diagnostica non invasiva avanzata
Medicina predittiva e preventiva Trattamenti mirati mutazioni individuali
Rallentamento invecchiamento cellulare Terapie di ringiovanimento
Impatto su salute e longevità
Cure più rapide e personalizzate, diagnosi precoci
Terapie su misura, maggiore precisione nelle cure
Riduzione malattie croniche, prevenzione prima dei sintomi
Possibilità di superare i 120 anni, avvicinandosi alla “longevity escape velocity”
evidente l’intrusione. Questo garantisce la possibilità di scambiarsi informazioni sensibili in modo sicuro tra ospedali, centri di ricerca e medici distribuiti in ogni parte del mondo.
Un altro tassello fondamentale è l’informazione quantistica. In un’epoca in cui i dati sanitari sono sempre più digitalizzati, il problema della sicurezza non è secondario. Cartelle cliniche elettroniche, risultati di test genetici, immagini mediche: tutto questo costituisce un patrimonio prezioso ma anche vulnerabile. La crittografia quantistica, basata sulle leggi stesse della fisica, offre un livello di protezione quasi assoluto. Se qualcuno prova a intercettare una comunicazione quantistica, l’atto stesso della misurazione altera i dati, rendendo immediatamente
Si immagini uno scenario non lontano: un paziente viene ricoverato in un piccolo ospedale di provincia, ma i suoi dati clinici, protetti da crittografia quantistica, sono immediatamente condivisi con un centro universitario a centinaia di km di distanza. Lì, un computer quantistico simula in poche ore la risposta del suo organismo a diversi farmaci. Nel frattempo, l’Ia analizza i dati del paziente confrontandoli con milioni di casi simili, suggerendo il trattamento più efficace. Il tutto in tempo reale, senza rischi per la privacy e con un livello di precisione mai visto.
Non è solo teoria. Aziende come Ibm e Google stanno già sviluppando com-
puter quantistici da centinaia di qubit, mentre ospedali e istituti di ricerca stanno sperimentando algoritmi di Ia per la diagnostica avanzata. In Cina, il satellite Micius ha già dimostrato la fattibilità delle comunicazioni quantistiche a lunga distanza, aprendo la strada a reti sanitarie globali inviolabili. E diverse start up stanno lavorando su sensori quantistici capaci di rilevare cambiamenti minimi nelle cellule, potenzialmente utili per scoprire tumori o malattie neurodegenerative allo stadio più precoce.
Il futuro della medicina quantistica, insomma, è già iniziato. Diagnosi più rapide, cure mirate al singolo paziente, dati protetti e ricerca accelerata sono obiettivi realistici. Certo, serviranno investimenti, formazione e tempo perché queste tecnologie diventino di uso comune. Ma i segnali sono chiari: la salute del domani sarà frutto dell’alleanza tra competenza dei medici e potenza di strumenti digitali e quantistici.
Per i cittadini questo si tradurrà in una medicina più vicina, precisa e personalizzata. Non si tratta di sostituire il medico con una macchina, ma di offrirgli strumenti nuovi e potentissimi per prendersi cura delle persone.
La medicina quantistica rappresenta dunque una promessa concreta: vivere più a lungo, meglio e in sicurezza. Tutto questo rende verosimile la predizione di Ray Kurzweil; si potrà presto vivere meglio e più a lungo, sempre se non ci distruggeremo prima da soli.
Regolamentare senza eccedere
In Parlamento si sta dibattendo sull’estensione del campo di applicazione della Legge sul riciclaggio di denaro a ulteriori attività di avvocati e notai. Lo stato dell’iter legislativo.
Lo scorso anno il Consiglio federale ha sottoposto al Parlamento il disegno per una nuova legislazione sulla trasparenza in ambito finanziario con l’obiettivo di rafforzare l’integrità della piazza svizzera. Le misure proposte tengono dichiaratamente conto dell’evoluzione degli standard internazionali elaborati dal Gruppo di azione finanziaria (Gafi) che periodicamente fa pressione sulla Confederazione a dipendenza di nostre peculiarità giuridiche e istituzionali. Sciolto il nodo del segreto bancario per la clientela estera, nel mirino ci sono ancora le società anonime e le attività di consulenza finanziaria, ma anche legale.
Ecco quindi che, oltre all’introduzione di una nuova Legge sulla trasparenza delle persone giuridiche (Ltpg) che istituisce un registro consultabile dalle autorità preposte alla lotta contro il riciclaggio, nel quale le società devono iscrivere l’identità dei loro aventi economicamente diritto, il Governo ha proposto di sottoporre all’applicazione della Legge sul riciclaggio di denaro (Lrd) non solo gli intermediari finanziari, ma anche i “consulenti”, intendendo “gli avvocati, i notai e le altre persone che prestano consulenza in ambito giuridico o contabile” in operazioni di vendita o acquisto di un immobile, costituzione di società, fondazioni o trust, la loro gestione o amministrazione, organizzazione dei conferimenti a una società oppure la sua vendita o il suo acquisto. Sono inoltre considerati consulenti le persone che, a titolo professionale, per loro clienti costituiscono una società, una fondazione o un trust, forniscono un indirizzo o locali come sede oppure ne sono azionisti a titolo fiduciario. Con questa regolamentazione che affi-
na - andando però oltre - quella che non aveva trovato la necessaria maggioranza in Parlamento nel 2019, il Consiglio federale intende giustamente impedire che il crimine organizzato possa sfruttare il fatto che avvocati e notai non sono oggi assoggettati alla Lrd, se non per la sola attività di consulenza finanziaria (il Codice penale svizzero punisce comunque chi partecipa ad attività di riciclaggio, qualsiasi essa sia). D’altro canto, il risultato pratico sarebbe quello che ogni avvocato e ogni notaio che presti anche soltanto una consulenza preliminare a un qualsiasi cliente, che intenda per esempio acquistare o vendere un immobile oppure costituire una società per il proprio lavoro, sarebbe obbligato ad aprire un “incarto Oad” e quindi ad affiliarsi a un organismo di autodisciplina (Oad, appunto), con tutti gli oneri di verifica e vigilanza che ciò comporta. E questo, indipendentemente dall’importanza del negozio giuridico, rispettivamente che si tratti del vicino di casa, del panettiere di fiducia o di altra persona con un rischio di riciclaggio pari a zero.
Oltre a un ingiustificato aumento della burocrazia, un simile regime - pensando già solo alle spese di affiliazione e di controllo periodico degli organismi di vigilanza - determinerebbe un importante aumento dei costi per chiunque si rivolgesse a un avvocato o a un notaio, risultando contrario proprio allo spirito che il Consiglio federale ha indicato di voler perseguire con le nuove misure: oltre che efficaci - si legge nel relativo messaggio - “devono essere proporzionate, mantenendo i costi a livelli ragionevoli per le professioni interessate”.
Orientandosi maggiormente a quello spirito, il Parlamento ha deciso di se -
Simone Gianini, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
parare la trattazione dei due temi (Lptg ed estensione della Lrd), arrivando nel frattempo ad avere quasi approvato la prima. La seconda per ora è stata trattata soltanto dal Consiglio degli Stati, che ha modificato la proposta originaria del Consiglio federale, approvando sì l’estensione del campo di applicazione della Lrd a chi fornisce consulenza nelle transazioni immobiliari e societarie, limitandola tuttavia ai casi dove il rischio di riciclaggio è ritenuto concreto. Ne verrebbero quindi escluse le operazioni correlate con il diritto di famiglia, matrimoniale, successorio e le donazioni, i trasferimenti per un valore inferiore a 5 milioni di franchi, purché il prezzo di acquisto sia versato e ricevuto esclusivamente per il tramite di banche o altri intermediari finanziari sottoposti alla legge (che già devono controllarne l’origine lecita), l’acquisto di un’abitazione in Svizzera, il trasferimento di aziende o fondi agricoli a coltivatori diretti e le attività svolte per organi di fondazioni di pubblica utilità o di associazioni e altri di enti giuridici operativi con sede in Svizzera.
La proposta del Consiglio degli Stati è stata sostanzialmente approvata dalla Commissione degli affari giuridici del Nazionale che l’ha trasmessa alla propria Camera, la quale è previsto che la tratti ancora entro fine anno. Sarà premura di chi scrive darne conto su queste pagine, auspicando che si possa raggiungere l’efficacia richiesta, senza però eccedere nella sovraregolamentazione che, alle nostre latitudini, viene chiamata swiss finish.
Fare impresa è una grossa sfida
Per un’imprenditoria forte
Quotazioni fra mito e finanza
Valore economico, simboli e potere: perché le opere d’arte non sono mai semplici merci e a determinarne il prezzo concorre un intreccio di fattori esterni, spesso irrazionali.
Il fascino del mercato dell’arte risiede nella natura medesima dei beni che vi vengono trattati. L’arte suscita reazioni, positive o negative, ed è foriera di emozioni. Spesso si perde l’oggettività quando si apprendono cifre iperboliche legate alla vendita di opere d’arte. Chi non ricorda la vendita all’asta da Christie’s New York nel novembre 2017 per oltre 450 milioni di dollari, del Salvador Mundi, attribuito con forti critiche da parte di importanti istituzioni a Leonardo da Vinci? Questo mio contributo vuole essere il primo di una serie che permetta al lettore di munirsi di alcuni strumenti per comprendere i meccanismi, talvolta poco trasparenti, che governano il mercato dell’arte.
Qualche giorno fa leggevo di una petizione, lanciata dallo storico dell’arte francese Didier Rykner a luglio, per bloccare il prestito al British Museum dell’Arazzo di Bayeux, la cui esposizione è prevista da settembre 2026 a luglio 2027, mentre il Musée de la Tapisserie de Bayeux verrà rinnovato. Tale notizia, che a prima vista poco o punto rileva del mercato, permette invece di comprendere un assunto fondamentale. Un’opera d’arte può non essere solo una semplice opera d’arte. L’Arazzo di Bayeux è stato realizzato in Normandia o in Inghilterra nella seconda metà dell’XI secolo, e descrive per immagini gli avvenimenti chiave relativi alla conquista normanna dell’Inghilterra del 1066, culminanti nella battaglia di Hastings. L’opera dalla lunghezza incredibile di 68,30 metri ha un valore documentale inestimabile, tanto che l’Unesco l’ha inserita nel 2007 nel Registro della memoria del mondo.
In tempi turbolenti, successivi alla Brexit e di guerra in Europa, è facile comprendere la valenza altamente poli-
tica che il prestito dell’Arazzo riveste nelle relazioni tra Francia e Inghilterra, quasi a suggellare una rinnovata fratellanza che vada al di là dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. È altrettanto facile comprendere come mai si siano levate voci critiche. Va notato, ed è senz’altro vero, che movimentare un’opera simile, di oltre mille anni, sia complesso, e richieda estre-
ma professionalità e cautela. Ma oggi, dal profilo tecnico, sarebbe senz’altro possibile. Forse che i contrari, invece, in un clima di crescenti nazionalismi, colgano l’alto valore simbolico dall’Arazzo, e non vogliano privarsene? Per giunta in favore di un antico rivale? Oppure, banalmente, si vuole evitare che l’opera al British Museum, fra i più importanti musei al mondo, trovi una valorizzazione maggiore che non nella provinciale Bayeux, e venga percepito, dal grande pubblico, come “opera inglese”? Il dibattito potrebbe continuare all’infinito.
L’opera d’arte racchiude in sé valori che trascendono la mera corporalità. In altri termini, non è una merce come le altre. La determinazione del suo valore, dunque, è influenzata sia dalle leggi di mercato,
Adriano A. Sala, Avvocato e Socio dello Studio legale e notarile Olgiati Ghiringhelli Sala di Lugano, specializzato in diritto del mercato dell’arte. Sotto, la scena della morte di re Harold, fra gli episodi culminanti dei 68,3 metri dell’Arazzo di Bayeux, che racconta la conquista normanna dell’Inghilterra, ricamato nella seconda metà dell’XI sec.
sia da fattori esterni, spesso irrazionali. In alcuni casi, addirittura, il suo valore culturale o simbolico è talmente elevato da metterla fuori mercato.
Aspetti da non dimenticare, quando ci si avvicina al mercato dell’arte. Si scoprirà perché due lavori del medesimo artista, realizzati in periodi diversi, ma con soggetti simili o addirittura identici, abbiano quotazioni diverse, oppure perché alcune opere dello stesso artista siano ricercate dal mercato, e altre assolutamente no. Il mercato dell’arte appare come un terreno in cui il valore economico convive costantemente con elementi culturali, simbolici e perfino geopolitici. Comprendere questo intreccio significa accettare che il prezzo di un’opera non rifletta soltanto il suo pregio estetico o la sua rarità, ma anche le dinamiche di potere, le mode del collezionismo, le strategie dei grandi musei e, talvolta, le sensibilità nazionali. È in questo spazio ibrido, sospeso tra economia e identità, che si colloca l’interesse per l’arte come asset di investimento e, al contempo, come testimonianza di memoria collettiva. Forse proprio per questo, come scriveva Tucidide, l’opera d’arte può essere considerata un κτῆμα ἐς αἰεί, un possesso per sempre, che trascende le logiche contingenti del mercato e si proietta nell’eternità della cultura.
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I limiti del confinamento
Recenti decisioni giudiziarie e studi scientifici sull’argomento permettono di rivedere criticamente la portata delle misure imposte alla libertà delle persone durante la pandemia.
Non mi consta che in Svizzera la vicenda “Covid” e le misure che l’hanno accompagnata siano state sottoposte dalle varie istanze a una doverosa rielaborazione critica, a differenza di quanto accaduto altrove.
In Germania, ad esempio, la Corte Costituzionale del libero Stato di Sassonia, su ricorso del partito AfD, si è occupata a quattro anni di distanza delle restrizioni che hanno limitato la libertà personale e il libero movimento dei cittadini, fino al divieto di uscire di casa la sera. La Corte ha sentenziato che, in particolare, detto divieto e la limitazione alla partecipazione in determinati ambienti come chiese, case di risposo, funerali, matrimoni, erano e sono contrari ai dettami costituzionali e non rispettosi del principio di proporzionalità al quale deve adeguarsi ogni misura che limita i diritti garantiti dalla Costituzione.
Di portata molto più ampia è uno studio dal titolo “Did Lockdowns Work?” (Il Lockdown ha funzionato?) pubblicato dal Prof. Steve H. Hanke, fondatore e codirettore dell’Istituto di economia applicata, salute globale ed economia dell’impresa presso la Johns Hopkins University. Partendo dall’assunto difeso da chi ritiene che le misure di lockdown abbiano permesso di salvare vite umane, ha condotto insieme ai ricercatori Jonas Herby e Lars Jonung una cosiddetta meta-analisi, che consiste in una tecnica statistica che combina i risultati di più studi indipendenti sullo stesso argomento al fine di ottenere una stima complessiva più precisa.
L’incipit di tale studio ha avuto luogo in Svezia dove, in ossequio alla propria Costituzione, invece delle misure limitative promulgate dalla maggior parte de-
gli altri Stati, tra cui la Svizzera, si sono unicamente emanate raccomandazioni sul comportamento personale, prediligendo la strategia dell’immunità di gregge. Nonostante le critiche sollevate da ‘esperti’ e mass media di altri paesi, la Svezia ha così presentato il più ridotto eccesso di mortalità dell’intera Eurozona.
Da qui è sorta la domanda se il lockdown, in quanto misura costringente non farmacologica, sia stato in grado di ridurre la mortalità e, se sì, in quale misura. Sono stati considerati 19.646 studi che avrebbero potuto contribuire a rispondere alla domanda. Dopo attente valutazioni e tre livelli di screening, ne sono stati selezionati 32, distinti in tre tipologie.
Secondo la prima tipologia, basata su studi sull’indice di severità delle misure di confinamento, il lockdown medio promulgato dalla primavera del 2020 in Europa e negli Usa avrebbe ridotto la mortalità solo del 3,2%, che si traduce in circa 6mila morti evitate in Europa e 4mila negli Usa. Le misure di confinamento domestico considerate dalla seconda tipologia avrebbero contenuto la mortalità solo del 2% (- 4mila morti Europa; -3mila Usa), mentre gli interventi non farmacologici specifici rientranti nella terza tipologia del 10,7% (-23mila morti Europa; -16mila Usa). Facendo i dovuti raffronti, annualmente a causa della usuale influenza si verificano 72mila morti in Europa e 38mila negli Usa!
Le conclusioni della meta-analisi indicano dunque che le misure di lockdown hanno avuto minimi effetti, se non nulli, sulla mortalità per Covid 19, considerato che il semplice volontario cambiamento nelle abitudini personali, quali le misure di distanziamento, ha giocato un ruolo importante nel mitigare gli effetti della
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
pandemia. Ma i risultati di questo studio sono stati boicottati da istituzioni e mass media, tacendo come le misure limitative delle libertà personali, tra le più gravi dei tempi moderni, abbiano generato benefici - questi sì - molto limitati, a fronte di costi enormi alla società.
Un numero considerevole di indagini ha permesso di accertare che le misure di lockdown hanno prodotto effetti disastrosi sul lungo periodo. Hanno impattato le attività economiche, causato sfasciamento di aziende e l’aumento vertiginoso del debito pubblico, come abbiamo constatato anche in Svizzera.
In aggiunta, vi è stato l’impatto sull’insegnamento scolastico, che si traduce in un ridotto investimento nel capitale umano, un aumento dei casi di scompensi psichici e violenze domestiche, e quindi perdita di qualità di vita.
Come se non bastasse in base a un altro studio, condotto da Casey Mulligan e Robert Arnold, si è potuto accertare che dall’aprile 2020 a fine 2021 negli Usa i decessi per cause non direttamente legate al Covid sono aumentati di ben 97mila unità rispetto ai periodi precedenti, riconducibili a ipertensione, diabete, obesità, consumo di stupefacenti, omicidi e incidenti stradali.Tutte cause dell’isteria collettiva instaurata, su sollecitazione epidemiologica rivelatasi errata (da ricordare la stima dell’Imperial College di Londra di 22 milioni di morti nei soli Usa per causa della pandemia) dai vari poteri statali che non hanno visto l’ora di marcare presenza con misure draconiane limitanti la libertà personale.
Umori americani
Una telefonata non andata del tutto come doveva ha consegnato alla Svizzera i dazi americani tra i più elevati al mondo. Potrebbero pesare sulla crescita, ma nulla è detto.
Sarà un caso fortuito, ma la Svizzera si è vista ‘regalare’ i dazi americani fra i più alti proprio il primo agosto, cioè il giorno della festa nazionale. E perfino subito dopo che la presidente delle Confederazione Karin Keller-Sutter, con una telefonata diretta, avesse compiuto un ultimo tentativo di convincere Donald Trump a moderare le proprie intenzioni.
Anzi, sembra che proprio questa telefonata lo abbia indotto a non tenere in nessuna considerazione le ragioni, più che fondate, dei negoziatori svizzeri. A essere valutato è soltanto il deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti della Svizzera, che è di una quarantina di miliardi di dollari. Ha perfino peggiorato una prima intenzione, che era quella di stabilire dazi al 31%, salendo al 39% generalizzato!
Quasi subito ci si è comunque accorti che l’importazione di oro proveniente dalla Svizzera in alcuni anni è quasi pari al totale del deficit commerciale citato e si è quindi provveduto a esentare l’oro dal dazio generale. E questo anche perché si tratta di oro soltanto lavorato in Svizzera, dove risiedono tre delle cinque maggiori raffinerie al mondo, delle quali due sono attive nel canton Ticino.
A quanto si dice, e la stampa svizzera ha puntualmente riportato, la presidente della Confederazione avrebbe impartito a Trump una lezione di economia, facendogli notare le possibili conseguenze a livello mondiale, a medio e lungo termine, della politica protezionistica degli Stati Uniti attraverso le tariffe doganali.
Trump è però ben lungi dal tener conto dei fattori economici nelle sue decisioni e usa i dazi favorendo chi gli piace e sfavorendo chi, per un motivo e per l’altro, fuorché solo economico, non gli piace.
Dal 7 agosto l’economia svizzera, il cui Pil è dipendente per metà dalle esportazioni, con gli Stati Uniti fra i maggiori clienti, deve accollarsi un dazio del 39% oltre alla penalizzazione dovuta alla forte svalutazione del dollaro nei confronti del franco e agli effetti indiretti provocati nei Paesi che hanno un forte import-export con la Svizzera. Effetti che si sono già visti perfino prima dei nuovi dazi.
L’inevitabile irritazione è stata poi accentuata dal fatto che la Svizzera, attraverso lunghe trattative, era convinta di essere tra i Paesi che non avrebbero sofferto
«Sarà un caso fortuito, ma la Svizzera si è vista ‘regalare’ i dazi americani fra i più alti proprio il primo agosto. E perfino subito dopo che Karin Keller-Sutter, con una telefonata diretta, avesse compiuto un ultimo tentativo di convincere Donald Trump a moderarsi»
della nuova politica americana. Tesi che sembrava confermata dagli incontri avuti a Washington dalla Presidente, nonché responsabile delle finanze, con Guy Parmelin all’economia, e da alcuni rappresentanti dei maggiori settori economici. Non si è invece tenuto conto dell’imprevedibilità del presidente americano e delle sue simpatie o antipatie, anche solo temporanee. Mentre l’economia si sta preparando al peggio, la Politica non ha perso tutte le speranze e sta preparando nuove proposte da sottoporre a Trump. Sottomettendosi al gioco del “io ti do se tu mi dai”, insito nella mentalità e nella
Ignazio Bonoli, economista.
pratica di Trump. Con quali risultati? È sempre più difficile dirlo. Un fatto forse più certo, fra tante incertezze, è l’imprevedibilità a livello mondiale tanto economica quanto politica.
Per la Svizzera, il Segretariato di Stato all’economia (Seco) valuta che alcuni rami e alcune aziende verranno colpiti duramente dalle decisioni americane, per cui si possono prevedere riduzioni dei tempi di lavoro e un leggero aumento della disoccupazione. Questi effetti non dovrebbero estendersi subito all’intera economia. Per il resto dell’anno l’evoluzione del Pil dovrebbe solo leggermente rallentare. Con due trimestri in calo, il rischio di una recessione tecnica è in agguato.
Più forti potrebbero invece essere le ripercussioni nei prossimi anni. Ma, grazie a un’economia solida, nel 2026 il Seco calcola una crescita del Pil dello 0,8%, ben inferiore alle previsioni precedenti dell’1,2. In sostanza, dopo due trimestri già deboli, nel 2026 si dovrà contare su un’evoluzione ancora debole, ma non con una pesante recessione, con un forte aumento della disoccupazione. Il tutto però avvolto in un manto di grosse incertezze.
Se nuove trattative con Trump potessero avvicinare i dazi a quelli europei (15%) le cose migliorerebbero e il Pil potrebbe galleggiare sopra l’1%. Molto dipenderà dall’esito delle discussioni sul Pharma. Nel frattempo, comunque, il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Svizzera si è già ridotto. Se poi si tiene conto del commercio dell’oro, già nel secondo trimestre 2025 potrebbe essere scomparso! I dazi al 39% non sarebbero così più giustificabili, nemmeno per Trump.
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Immobiliare: più protezioni
In vista maggiori protezioni per acquirenti e committenti in ambito di contratti di compravendita e appalto per opere immobiliari con l’estensione del termine minimo per la notifica di difetti a 60 giorni.
Per i contratti di compravendita e appalto stipulati dal primo gennaio 2026, acquirenti e committenti avranno un termine minimo di legge - obbligatorio, che non può quindi essere contrattualmente ridotto - di 60 giorni per segnalare eventuali difetti. Un notevole miglioramento della tutela di acquirenti e committenti rispetto all’attuale normativa giuridica, che sanciva l’obbligo di denuncia immediata: infatti, giusta l’attuale art. 201 del Codice delle Obbligazioni, l’acquirente deve esaminare lo stato del bene non appena l’ordinario andamento degli affari lo consenta e, se scopre vizi di cui il venditore sia responsabile, dargliene subito notizia. Questa norma veniva interpretata in modo assai stringente dalla giurisprudenza, che imponeva un obbligo di notifica immediato, vale a dire, entro indicativamente 7 giorni. Va da sé che tale situazione normativa era del tutto insoddisfacente, perlopiù nell’ambito di transazioni di acquisto di costruzioni “chiavi in mano”. Va tuttavia sottolineato che, nella pratica, gli acquirenti che si avvalevano dell’assistenza di legali esperti richiedevano spesso, nei contratti di acquisto o di appalto per costruzioni da realizzare ex novo secondo la formula “chiavi in mano”, che venisse applicata la cosiddetta normativa Sia 118. Questa regolamentazione - contenente condizioni generali per i lavori di costruzione dell’Associazione Svizzera degli Ingegneri e Architetti (Sia) - prevede che i difetti possano essere notificati in qualsiasi momento entro due anni dalla consegna. Al fine di essere applicabile, la normativa Sia 118 va però espressamente ripresa nel contratto di compravendita, alla stregua delle cosiddette condizioni generali di contratto.
Oggetto della riforma. Il termine minimo obbligatorio di 60 giorni per la notifica dei difetti riscontrati stabilito dal nuovo articolo 219a del Codice delle obbligazioni si applicherà anche all’acquisto di beni mobili che sono stati integrati stabilmente in un’opera immobiliare e hanno causato un difetto all’opera stessa. Inoltre, grazie alla riforma, non sarà più possibile abbreviare il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla legge per difetti in ambito di compravendita immobiliari.
A partire dal 1 gennaio 2026, gli acquirenti di immobili “chiavi in mano” beneficeranno di una protezione decisamente rafforzata. Qualora, dopo l’acquisto, vengano individuati difetti nell’immobile, avranno sempre diritto alla riparazione gratuita da parte del venditore, posto che i diritti di garanzia siano stati correttamente attivati dagli acquirenti/committenti. Questo diritto non potrà più essere limitato o escluso in anticipo da alcuna clausola nel contratto di appalto.
Con la riforma, il venditore non potrà più escludere tutte le garanzie nei confronti dell’acquirente per un immobile appena costruito, limitandosi a trasferire all’acquirente le proprie pretese di garanzia verso le imprese artigiane coinvolte nella realizzazione dell’opera. Questa prassi è stata infatti considerata carente dal punto di vista della tutela dell’acquirente: quest’ultimo, di fatto, veniva costretto a far valere i propri diritti direttamente nei confronti delle imprese artigiane e dei partner contrattuali del venditore, senza conoscerne i contratti e le eventuali controversie in corso. In questo modo, la posizione dell’acquirente risultava indebolita e le sue possibilità di ottenere una tutela effettiva erano notevolmente ridotte.
Rocco Rigozzi, avvocato, LL.M., notaio, partner dello Studio Bär & Karrer (Zurigo e Lugano), autore di questo contributo insieme all’Avv. Andrea Ziswiler, LL.M., partner dello Studio Bär & Karrer (Lugano).
Le modifiche introdotte si applicheranno anche ai contratti di appalto che hanno come oggetto la realizzazione di opere immobiliari. È inoltre importante sottolineare che il diritto dell’acquirente alla riparazione gratuita non potrà più essere limitato o escluso preventivamente qualora il difetto riguardi una parte dell’edificio. Adeguamento della Sia 118. Come segnalato, già in passato gli acquirenti ben assistiti legalmente erano soliti prevedere, nei contratti di compravendita o di appalto per immobili “chiavi in mano” l’applicazione della normativa Sia 118. Poiché quest’ultima prevede una notifica dei difetti entro due anni dalla consegna, rimarrà consigliabile prevederne l’applicazione in modo esplicito nei contratti. Tuttavia, è da evidenziare come alcune disposizioni attuali della normativa Sia 118 non saranno più conformi alla nuova legge: infatti, la versione odierna della Sia 118 prevede l’obbligo di contestazione immediata sia per i difetti riconoscibili al momento della consegna sia, successivamente, per i difetti occulti non appena scoperti. Tali prescrizioni, in contrasto con l’introduzione del nuovo termine minimo obbligatorio di 60 giorni, dovranno pertanto essere riviste. Si prevede un adeguamento in tempi rapidi, ma qualora non avvenisse entro il primo gennaio 2026, le nuove norme imperative del Codice delle Obbligazioni prevarranno comunque sulle disposizioni della Sia 118.
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I Paesi emergenti sono una galassia di economie tra loro simili, ma estremamente difformi, che condividono un potenziale sbalorditivo, accompagnato da sfide esponenziali lungo il loro percorso di emersione. Se è ambiguo definire la Cina ancora un’emergente, l’India è senza dubbio il diamante più grezzo di questo universo, ma quello che più saprà sorprendere nei prossimi anni. La sua matrice democratica sarà solo un freno, o una risorsa?
Tangibile, immaginifico, idealizzato, concreto, benigno se non anche malvagio; spesso realtà e immaginazione si trovano a metà strada, si ibridano sino a che non è più possibile discernerle. Se oggi nell’era della (dis)informazione il concetto non è troppo strano, laddove non all’ordine del minuto o del byte, nel corso della storia il problema seppur posto in altri termini, e in contesti molto differenti, era altrettanto frequente, in presenza di strumenti di verifica e autenticazione molto più modesti.
È così che quando nel 325 a.C. Alessandro Magno sconfisse Re Poro lungo la valle dell’Indo, e dunque iniziò il viaggio di ritorno verso l’Europa, suggellò l’entrata nell’immaginario collettivo dell’India quale terra di meraviglie, ricchezze, animali feroci, ma soprattutto lontanis-
sima in termini spazio-temporali, scalzando dunque definitivamente la Persia dal ruolo che aveva minacciosamente avuto sino a quel momento.
Chiusa la parentesi macedone, con il baricentro di quel mondo che si spostava più a occidente, verso Roma, la nomea rimase nonostante fossero andati completamente persi i rapporti diretti con il subcontinente indiano, intermediati per almeno altri tre secoli dai successori egizi del Tolomeo I Sotere, generale di Alessandro, da cui discenderà poi Cleopatra, sorella per l’appunto di Tolomeo XIII.
Morto Cesare, chiusa l’epoca repubblicana, conquistato l’Egitto, insediatosi stabilmente Augusto al comando per i primi 41 anni di storia imperiale, ecco che i porti del Mar Rosso tornano a essere la porta sul resto del mondo non romano della nuova Roma; la via per raggiun -
gere quello che a tutti gli effetti diventò primo Partner commerciale dell’impero, nonché il fornitore dei beni (di lusso) più desiderati.
Come sempre accade in questi casi i numeri sono esemplificativi di determinate grandezze, ma anche soggetti a margini d’incertezza molto grandi, ciononostante si stima che l’interscambio commerciale tra l’India e l’Impero nel I d.C. valesse tra i 100 e i 900 milioni di sesterzi annui, di cui circa il 25% erano tasse doganali riscosse dai funzionari romani in Egitto. A titolo di esempio, il mantenimento delle otto legioni del Reno, insieme al Danubio uno dei limes più pericolosi e dunque meglio sorvegliati, ammontava a 88 milioni di sesterzi ogni anno, e un legionario ne guadagnava circa 800.
Erano oltre 120 le navi che ogni anno facevano la spola tra Egitto e sud dell’In-
dia, con un disavanzo commerciale stimato in non meno di 100 milioni negli anni buoni. Una singola spedizione da Muziris ad Alessandria, di cui Plinio conserva doviziosa traccia, inventariava tra gli altri 2.100 kg di avorio, oltre 700 di incenso himalayano, ben 360 di stoffe e tessuti, probabilmente cotone prezioso almeno quanto la seta, per un totale di 150 tonnellate di merci, per un controvalore di 131 talenti, sufficienti a comprare 850 ettari del migliore terreno agricolo dell’Egitto, tra i più costosi del tempo. A testimoniare le cifre in ballo un’ingente quantità di monete d’oro romane in India coniate tra il I e il V secolo, quando i rapporti commerciali diretti vennero meno. Nonostante dunque quanto si pensi, e con un sospettato ruolo dominante della Cina, di cui non erano ben note le coordinate geografiche, se non un generico ‘molto est, poco nord’, era l’India a essere al contempo una voragine per la bilancia commerciale romana, ma anche a conservare nell’immaginario collettivo l’aura di misteriosità greca necessaria a essere considerata ‘confine del mondo’, pur nella consapevolezza generale che la terra fosse sferica e che dunque tali meraviglie dovessero essere raggiungibili sia navigando verso est che verso ovest, pur non essendoci ancora riusciti.
Meraviglie moderne. Passano gli anni, cambiano le epoche, mutano le geografie, il mondo si amplia. Inevitabilmente si alterano determinati equilibri, le ‘economie avanzate’, in quanto tali mature, stanche e attempate, cedono lo scettro (e solitamente non pacificamente) ad altri attori. Nel recente passato è stato il caso dell’impero britannico, e dell’egemone subentrante americano. Ma oggi? «A sgomitare tra la folla, cercando di ritagliarsi un loro spazio, ci sono economie in rapida evoluzione che ambiscono allo status di ‘sviluppate’, ma che per il momento restano ‘emergenti’. Il baricentro dell’economia globale si sta spostando rapidamente verso sud-est, abbandonando le rive dell’Atlantico; dunque l’interesse degli investitori si concentra su nuove regioni, e soprattutto sul quando questi Paesi raggiungeranno la maturità», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management. Questione sottile, ma non meramente semantica, è che cosa qualifichi un’economia quale ‘avanzata’ o ‘emergente’, laddove spesso le differenze in termini
«Molte economie emergenti sono cresciute in passato grazie al ‘beta economico’ rispetto alle Avanzate, in futuro per continuare a farlo dovranno riuscire a intercettare un ‘Alpha economico’, a patto di riuscirci potranno raccogliere ancora più interessanti frutti»
Stephen Li Jen, Ceo di Eurizon Slj Capital
L’impero nel I d.C. e il resto del mondo (India ma non solo)
Laodicea
Petra Mios hormos Lefki komi Apologou Charax Spasinos Alexandria Bucephalus
Via mare Via terra Regno di Himyar Regno Indo-Scizia Pandyia
Impero dei Parti Regno di Aksum Regno di Nabatea Keralaputra Damirica Altri
Avorio Fiori aromatici
Metalli Seta Spezie Vino Oro Stoffe Pietre preziose
Gli Emergenti più riconosciuti in finanza, senza la Cina (ponderazione negli indici)
Europa dell’Est ~3%
America Latina ~10%
Fonte: Goldman Sachs 25
di fondamentali macroeconomici potrebbero non essere così pronunciate. «Un dato di fatto è che una definizione precisa e univoca non esiste; c’è però un ampio consenso su quali siano i criteri, pur molto ampi, sulla base dei quali effettuare la valutazione. Generalmente a giocare un ruolo sono: un reddito intermedio ma che possa crescere facilmente; una crescita economica sostenuta; una rapida industrializzazione e urbanizzazione; un ciclo
Medio Oriente / Africa ~15%
Emerging Asia ex-China ~72%
I mercati emergenti sono anni che ricoprono un ruolo a livello di portafogli d’investimento, ma vantano anche un fascino difficile da quantificare. Ma quali sono, e come si ripartiscono nelle diverse aree geografiche? Ogni regione ha la sua storia, e le sue peculiarità, al pari di ogni Paese, che può riservare molte sorprese, in positivo, ma anche in negativo. Dunque molta prudenza.
Per coorte demografica (mln unità)
«L’India è spesso appellata come ‘nuova Cina’, ma il confronto è complesso. Ha una forza lavoro giovane, la crescita è trainata da servizi e tecnologia, e si sta integrando nell’economia globale. Ha importanti riserve valutarie e basso debito estero, ed è una democrazia, un aspetto più unico che raro»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Corre il Pil Crescita annua del Pil per Paese (%)
Bambini (under 15)
Popolazione attiva (15-64)
Anziani (65+)
195019661982199820142030*2046*2062* 2078*2094*
Potenze popolose
Imf 24
Ripartizione della popolazione globale nel 2030 nei primi 20 Paesi
Strutturalmente il Pil degli Emergenti è portato a crescere molto, muovendo da basi ancora modeste, e soprattutto potendo contare solitamente su una demografia esplosiva, che le economie avanzate possono solo sognare. Di qui a pochi anni un terzo della popolazione mondiale sarà concentrata in Cina ed India, ed è la seconda ad avere tutte le carte in regola per fare bene.
politico stabile, al pari del contesto sociale. Nel caso degli investitori rivestono una certa importanza anche l’accessibilità al mercato e l’investibilità delle aziende locali», precisa Xiadong Bao, Co-lead of the Big Data fund and Portfolio Manager in International Equities di Edmond de Rothschild Asset Management. Dunque una serie di criteri molto ampia, e consequenziali valutazioni altrettanto discutibili. «Trattandosi di un
termine abbastanza approssimativo, e con valutazioni nemmeno troppo concordi pur tra istituzioni titolate, a essere forse più importante è l’idea di ‘potenzialità’, caratteristica che accomuna tutti questi Paesi, e tutti i criteri. La Corea del Sud è un ottimo esempio. Stando alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario si tratta di un’economia matura, almeno da un punto di vista di sviluppo economico, che è quello che conta per la popolazione residente, ma non lo è in termini finanziari stando a Ftse e Msci, che vedono invece importanti criticità nelle funzionalità di mercato, quali la qualità istituzionale, la stabilità economica e l’apertura dei mercati dei capitali», nota Michael Langham, economista di Aberdeen Investment.
Sempre stando concentrati sulla penisola, e sul medesimo Paese, le evidenze si rafforzano. «La Banca Mondiale colloca l’asticella del reddito pro-capite sufficiente a essere promossi a 13.845 dollari, soglia che è stata raggiunta dalla Corea nel 2000, e che oggi viaggia in area 35mila, rispetto ai 1.700 del 1980. Secondo il Fondo Monetario è necessario che oltre al reddito vi sia un export di beni e servizi variegato, e che il Paese sia fortemente integrato nel sistema finanziario globale. Sulla base di questo a oggi esistono 39 economie sviluppate», evidenzia Arthur Jurus, Head Investment Office Private Bank di Oddo Bhf Switzerland.
Non mancano però altri casi curiosi, che danno forse ancora meglio l’idea della difficoltà di tali valutazioni. «Msci si sta da tempo confrontando con un dilemma: l’Europa dovrebbe essere considerata quale panorama d’investimento coeso e unificato, e dunque tutti i Paesi andrebbero definiti avanzati? In seguito al 2009, la Grecia era stata declassata ad Emergente nel 2013, ma nell’arco di un decennio, e soprattutto sotto la guida dell’attuale Premier Mitsotakis, sono stati fatti significativi progressi, e si è rimessa in carreggiata. Ciononostante in termini di mercato dei capitali non rispetta ancora i criteri di Msci, non potendo vantare almeno cinque quotate sufficientemente stabili per dimensioni e liquidità, dunque secondo gli indici Msci è ancora Emergente», rileva Xavier Hovasse, Head of Emerging Market Equities di Carmignac. Tutto può cambiare, e durante le crisi questo avviene anche molto in fretta. Non mancano per l’appunto esempi recenti. «Pur in presenza di decine di indici e cri-
Fonte: S&P Global 24
Fonte: Onu
Gli indiani
Fonte:
teri esistono ampie zone grigie tra economie emergenti e sviluppate. La Crisi dei debiti sovrani europei ha dimostrato che anche un Paese avanzato può presentare un rischio di credito elevato; al contempo esistono Emergenti con rating molto elevati, e mercati dei capitali sofisticati. In questi casi un importante discrimine è il grado di sviluppo delle istituzioni, e l’influenza dei Governi sulle politiche d’investimento dei privati. In Europa economie emerse di recente sono la Slovenia e la Slovacchia, al di fuori secondo alcuni parametri anche Abu Dhabi e Israele potrebbero essere considerati tali», sintetizza Daniel Shaykevich, Senior Portfolio Manager e Co-head of Emerging Markets and Sovereign Debt Team di Vanguard. Le difficoltà di emergere. Al netto di semantica e sistematica - dunque, come classificare chi e per quanto tempo - i problemi con cui un Emergente è chiamato a confrontarsi sono notevoli. «Criteri di valutazione e sfide sono inevitabilmente legati, e solo vincendole un Paese può sperare di continuare a emergere, che è a tutti gli effetti un processo lungo, e impegnativo. Ad esempio, la lotta alla povertà e il miglioramento dello sviluppo socioeconomico sono le migliori garanzie a che il Pil continui a crescere, e si sviluppino mercati finanziari profondi e liquidi. Si tratta di sfide peculiari ma comuni, e in ambiti diversi, valutari e infrastrutturali, di corruzione o stabilità politica, di lacune sociali o sanitarie. Ma sono tutti problemi che se mal gestiti potrebbero rallentare la crescita, e scoraggiare gli investimenti», chiarisce il Cio di Ubs.
Per loro natura, come evidenziano le non-definizioni, gli Emergenti dipendono però anche dal resto del mondo. «Pur con alcune analogie, la traiettoria di ‘emersione’ seguita da ogni Paese è storia a parte. Se risolvere i problemi in casa propria è un buon inizio, tali economie dipendono fortemente dall’estero in positivo e in negativo, come potrebbe essere nel caso della congiuntura globale, dei tassi di cambio o dei prezzi delle materie prime. Sono economie portate strutturalmente a crescere più degli Avanzati, negli ultimi vent’anni hanno tenuto un tasso annuo medio del 5% rispetto all’1,7, che nel prossimo lustro potrebbe rallentare al 4%. Per dimensioni sono già oggi tra le più grandi del mondo, com’è il caso di Cina, India, Indonesia e Brasile», rileva Amit Goel, Portfolio Manager Emer-
«Il Cile è un Emergente che ha saputo creare un fondo sovrano che investe in infrastrutture e istruzione, stabilizzando le entrate fiscali. Oltre ai proventi, la presenza di materie prime attira anche investimenti esteri, spesso però in assenza di un quadro giuridico e istituzionale maturo»
Xavier Hovasse, Head of Emerging Market Equities di Carmignac
Quale Emergente è più attrattivo?
ging Markets di Fidelity International. Alcune di queste sfide sono però standard, e anche temporalmente molto prevedibili. Non che questo risolva il problema. «Tra le più temute ed emblematiche c’è sicuramente la Trappola del reddito medio, la capacità di continuare a crescere sostenibilmente nel tempo, possibile solo attraverso strategie di sviluppo e riforme, anche istituzionali, incisive. Sono molti gli esempi di Paesi che ce l’hanno fatta, e ne
Se cresce la quota del Pil globale in mano agli Emergenti, il diamante grezzo della corona è certamente l’India, che si trova oggi in una situazione analoga a quella della Cina nel 2007, con un reddito paragonabile, ma un’incidenza dei servizi molto superiore. L’Ia e la digitalizzazione promettono però di rendere i servizi esportabili, il che potrebbe essere decisivo per l’India.
Questione energetica
Consumo pro-capite di elettricità (kWh/y)
«Pur con alcune analogie, la traiettoria di ‘emersione’ seguita da ogni Paese è storia a parte. Se risolvere i problemi in casa propria è un buon inizio, tali economie dipendono fortemente dall’estero in positivo e in negativo, ad esempio per la congiuntura, i tassi di cambio, i prezzi delle materie prime»
Amit Goel, Portfolio Manager Emerging Markets di Fidelity International
La potenza installata Per singola fonte in gW negli Emergenti
raccolgono i preziosi frutti, è il caso delle ‘Nie’, le potenze di recente industrializzazione, come la Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Hong Kong; chi invece non ce la sta facendo sono Brasile, Messico, Thailandia e Indonesia, pur avendo le medesime potenzialità», riflette Stephen Li Jen, Ceo di Eurizon SLJ Capital. Il mantra delle riforme non è dunque la panacea di tutti i mali, nemmeno per gli Avanzati, ma è un buon inizio. «Sono un potente indicatore di quanto ci credano e stiano facendo i singoli stati. Determinanti sono le riforme che migliorano l’efficacia delle istituzioni, riducendo i costi delle attività commerciali, un volano per la crescita. Nel caso del Vecchio Continente per molti Paesi il sentiero è già tracciato e passa dall’adesione all’Unione Europea, all’adozione della moneta unica, che ad esempio Croazia, Slovacchia e Repubblica Ceca stanno percorrendo. Per stati che crescono molto la sfida macroeconomica più importante è la stabilità, dei prezzi ma non solo, e per raggiungerla è indi-
Chiave demografica
S&P
La forza dell’India, un’economia ancora molto chiusa, sta nel suo mercato interno, tutto da sviluppare, ma forte della sua popolazione e di istituzioni democratiche. «Le possibili riforme salariali e fiscali, unite a un contesto monetario favorevole, dovrebbero stimolare i consumi, in particolare la domanda urbana, mentre quella rurale dovrebbe evolvere lateralmente. L’azionario dovrebbe rivelarsi particolarmente tonico, trainato da utili aziendali in crescita a doppia cifra, in presenza di valutazioni ancora attrattive», rileva Guglielmin. L’India, e in generale il Sud Est asiatico, presentano anche altre interessanti peculiarità. «In altre regioni emergenti la metà della ponderazione degli indici è data da titoli finanziari o dei materiali, in questi Paesi a segnalarsi sono invece semiconduttori, beni di consumo, istruzione e sanità. La demografia spiega molto: in India il 65% degli 1,46 miliardi di persone ha meno di 35 anni, dunque nativi digitali, che si rivolgono alla rete per servizi migliori, a prezzi migliori, che stimola l’It, il settore dei pagamenti digitali, i viaggi e i consumi»,
La crescita di Pil e consumi negli Emergenti solleva non pochi problemi in ambito energetico, con soluzioni tutte da inventare.
Diversi livelli d’istruzione Tasso di alfabetizzazione nei due Paesi per grado e anno Fonte:
riflette Jianan He, Portfoliomanager Equities Emerging Asia, di Berenberg Wealth and Asset Management (in foto). La demografia è uno dei principali motori del subcontinente per capirne molti equilibri. «Tra il 2022 e il 2030 si prevede che da 176 milioni di famiglie, la classe media riuscirà a contarne quasi il doppio, dunque 298 milioni, il che dovrebbe spingere la penetrazione del consumo di molti beni ‘nuovi’ per il Paese. Ogni anno l’India produce 2-3 milioni di laureati in materie Stem, che arricchiscono ulteriormente una forza lavoro qualificata. Per raccogliere il dividendo demografico sarà però altrettanto fondamentale riuscire a smuovere il manifatturiero stagnante, valvola di sfogo per tutta la manodopera meno qualificata, che in caso contrario potrebbe rivelarsi una pericolosa variabile», conclude Goel.
spensabile che le istituzioni si guadagnino sul terreno la fiducia di mercati e investitori, ossia che le politiche messe in atto risultino credibili, pena grossi problemi. Come Brasile e Turchia testimoniano», evidenzia l’economista di Aberdeen.
Anche su questo fronte si stanno però registrando notevoli miglioramenti, ampiamente diffusi. «Instabilità politica e volatilità economica fanno spesso eco, il che è anche riconducibile a normative deboli, inefficaci nel portare trasparenza e arginare la corruzione. In termini macro è ormai dai primi Duemila che si registrano significativi miglioramenti, lo dimostra ad esempio il fatto che ben il 65% di questi Paesi stia operando un efficace regime di controllo dell’inflazione, accompagnato da normative fiscali e bancarie più severe», riflette l’esperto di Oddo. Da un punto di vista macro le sorprese non sono finite, e i dati raccontano una realtà quanto meno curiosa. «Dopo l’esperienza del Taper Tantrum del 2012, la maggior parte degli Emergenti ha inaugurato un nuovo corso, migliorando la bilancia delle partite correnti, le riserve valutarie e il grado di copertura dell’import. I livelli di indebitamento sono migliori degli Avanzati, hanno gestito meglio le recenti pressioni inflative, e beneficiano ora di tassi reali positivi che garantiscono alle Banche Centrali ampi margini di manovra. Guardando agli indici Msci Emerging Market ed Msci World emerge anche un’ulteriore evidenza: l’azionario emergente è scambiato a uno sconto quasi massimo rispetto agli Avanzati, il che in presenza di un contesto favorevole offre interessanti opportunità per l’Alpha», prosegue l’esperto di Fidelity. Ma chi ce la fa? Il processo evolutivo che questi Paesi, e le relative società, si trovano ad affrontare, al netto delle singole e precise tappe, è però razionale ed ex post facilmente intellegibile. «Man mano che gli stati si sviluppano, il testimone della crescita viene passato ordinatamente di settore in settore. Si parte solitamente dal primario, con contadini e agricoltori che specializzandosi lentamente diventano operai. A patto di muoversi bene e gettare le necessarie fondamenta, ad esempio in istruzione, la produzione manifatturiera può avviare la complicatissima transizione verso il terziario, che per fiorire non ha però bisogno solo di manodopera qualificata, ma anche di un quadro normativo chiaro, in ambito bancario e finanziario,
«Non esiste una sola Cina. Se si guarda a quella urbana è un’economia sviluppata, con un reddito del ceto medio analogo, una demografia simile, e uno sviluppo infrastrutturale più che accettabile. Diversa da quella rurale. Ma è un Emergente per quanto più interessa agli investitori»
Xiadong Bao, Co-lead of the Big Data fund di Edmond de Rothschild Am
Popolazione attiva
Popolazione attiva
World Inequality Lab 24
Questione donna
Quota di popolazione inattiva per genere (% tot, per anno e Paese) Fonte: World Inequality Lab 24
leggi sul lavoro e assistenza sanitaria, oltre a tasse e tributi sufficienti per finanziare lo Stato», commenta il Ceo di Eurizon. Ispirato al recente passato, immediatamente affiora un modello in apparenza ben rodato, che ha dato apprezzabili risultati. «Far trainare la crescita dalle esportazioni è stato l’ingrediente del successo prima del Giappone, poi di Singapore e Corea del Sud, e ora della Cina. Richiede evidentemente un elevato
Diversamente dalla Cina dove il mondo rurale è ancora particolarmente arretrato, ma soprattutto poco formato, l’India ha diversi assi nella manica. Oltre ad avere una popolazione discretamente istruita, non ha ancora coinvolto o pensato di impiegare la componente femminile della società. Le donne non partecipano all’attività economica, almeno per il momento.
La ricchezza dei cinesi
«Il mercato dei capitali cinese è ancora immaturo, diversamente da quello indiano, ma non è un problema significativo per la centralità dell’export con il resto del mondo quale sbocco, il che spiega l’impatto macroeconomico sostanziale che ha avuto nella storia recente»
Daniel Shaykevich, Co-head of Emerging Markets Team di Vanguard
Composizione dei patrimoni delle famiglie cinesi (mld usd) e Pil pro capite indiano
■ Asset fisici (ex oro) ■ Oro
Altri asset finanziari ■ Azioni Pil pro capite indiano (usd correnti, dx)
Statista, Imf 24
Margini monetari
Andamento del saggio d’inflazione e tassi d’interesse della Royal Bank of India (%)
prese che dunque faranno pressioni sulla Politica. La Cina si trova in una situazione analoga, ha investito pesantemente sull’offerta per rendere competitive le sue imprese, ma così facendo ha creato uno squilibrio tra domanda e offerta nel mercato domestico», rileva Langham. L’attualità e la congiuntura internazionale stanno condizionando fortemente la traiettoria anche delle economie più grandi. «Il termine che si usa sempre più spesso rispetto alla situazione in cui si trova la Cina è ‘Nei-juan’, ossia l’eccesso di concorrenza interna tra imprese per accaparrarsi una domanda domestica minima, che le costringe a cercare all’estero, creando forti pressioni deflative. Le imprese non riescono a crescere, e dunque ‘involvono’. Il contrario di quanto, anche a fronte dei dazi, accade in India, il che ribalta del tutto gli equilibri successivi all’emergenza pandemica, quando l’India guardava all’estero, e la Cina in casa», nota l’esperto di Rothschild.
Fonte: Gavekal 25
Almeno una parte dei problemi in cui è incappata la Cina figurano sotto il nome di ‘bolla immobiliare’, una quota importante del patrimonio delle famiglie, benestanti e anche meno. La situazione è molto diversa in India, dove un’inflazione sotto controllo, e nessun problema immobiliare, consentono alla Banca Centrale di avere ampi margini di manovra nel ‘rilanciare’ la crescita.
risparmio interno, da destinarsi agli investimenti, indispensabili per aumentare la competitività delle imprese, e risalire la catena del valore. Essere competitivi e riuscire a specializzarsi è un buon viatico per farcela, resistendo alla tentazione di fare eccessivo affidamento sull’export di materie prime, un problema noto come ‘malattia olandese’. Esportare costringe a confrontarsi con la concorrenza estera, non sempre ben vista da lavoratori e im-
La peste. Quando non tutti, ma sicuramente molti, problemi sono venuti in superficie è certamente durante e dopo la pandemia. Equamente distribuiti tra Avanzati ed Emergenti. «Ad aver fatto la differenza non sono tanto le politiche adottate, ma l’entità degli stimoli fiscali. Gli Emergenti hanno solitamente molte meno risorse da mobilitare, e infatti mediamente i loro debiti pubblici si sono mantenuti stabili, o comunque non sono peggiorati, negli Avanzati in più d’un caso sono esplosi, e molti stati stanno ancora incoraggiando una parte importante della popolazione attiva a tornare al lavoro. Questo ha avuto un impatto diretto anche sulle pressioni inflative, e sulle consequenziali politiche. Nei Paesi emergenti la stretta monetaria semplicemente non si è resa necessaria», sottolinea Jen. Non tutti sono uguali, ma una tendenza di fondo si è comunque andata segnalandosi. «Le disuguaglianze tra Emergenti e Sviluppati si sono ulteriormente ampliate, il Giappone o la Germania hanno varato stimoli pari al 20% del Pil, l’India si è limitata a un timido 3,5 che pur essendo comunque molto rispetto al passato, è molto poco in confronto ad altri. Di conseguenza la ripresa è stata diversa, e si stima che il Pil di molte economie in via di sviluppo al 2027 sarà del 6% inferiore rispetto alle previsioni precedenti, escludendo la Cina», chiarisce Jurus. Il caso cinese è infatti particolare sotto
molti aspetti. «Le sfide che Pechino ha dovuto affrontare sono state delle più impegnative, ha infatti imposto lockdown estremi, oltre a politiche di vaccinazione e tracciamento pesanti sino a fine 2022. L’atteso rimbalzo dei consumi è rapidamente sfumato, anche a causa della sensibile correzione del mercato immobiliare, dove si concentra il 60% del patrimonio delle famiglie. La sfiducia dei consumatori ha depresso la domanda domestica, che continua a non decollare, il che sta però contribuendo a un sostanziale miglioramento dei bilanci privati, maggiori risparmi e meno debiti, il che avrà effetti positivi nel medio termine», rileva Goel. Chi sono? Al netto di due importanti protagonisti, forse non troppo scontati, la domanda è dunque chi siano questi Emergenti, cosa stiano facendo, e con quali prospettive. «Un primo aspetto da sottolineare è che non si tratta d’un insieme omogeneo, è un’asset class complessa ma ricca di opportunità. Da che è stata formata è il segmento la cui composizione è più variata, e alleanze che forse avevano un senso sino a pochi anni fa, i Brics, oggi non ne hanno. Nonostante alcune caratteristiche strutturali, a pesare sono tutte le altre, che li rendono una galassia estremamente variegata anche solo in termini di maturità, accessibilità e trasparenza», puntualizza l’esperto di Carmignac.
A essere particolarmente influenzati sono gli indici azionari di riferimento, soggetti a continui aggiustamenti, per certi versi schizofrenici. «Le revisioni sono la regola, e non l’eccezione. Nel 2014 il Medio Oriente è entrato a far parte del relativo indice Msci, mentre la Corea ha cercato di uscirne nel 2008, nel ’14 e nel ’25. L’Argentina è invece emblematica per altri motivi: l’introduzione del controllo dei capitali nel 2009 l’ha fatta retrocedere a ‘mercato di frontiera’, è però ritornata nell’indice nel 2019, prima di essere retrocessa nuovamente nel 2021 per analoghe circostanze», sintetizza Bao. Facile intuire quale sia stato il problema del Paese latino, ma evidentemente esistono anche casi ben più virtuosi. «Ad avere pesato su Buenos Aires è stata l’instabilità politica ed economica, che ha innescato una pericolosa spirale negativa. Diversamente il Vietnam che dal 2000 si è concentrato sulla transizione verso un modello di successo imperniato sull’export. A beneficiarne ampiamente la popolazione, con un Pil pro capite passato
«In passato gli Emergenti rappresentavano una posizione a leva sulla domanda statunitense posizionandosi nelle prime fasi delle catene del valore. I cambiamenti strutturali ora innescati consentiranno in futuro agli investitori di beneficiare invece della domanda domestica di queste popolose economie»
Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée
Crescita indiana
Contributo delle componenti della crescita del Pil (pp %)
Fonte: Bnp Paribas 24
Le banche indiane
Contributi alla variazione del credito bancario (y/y pp)
Fonte: Gavekal 25
da 400 dollari a oltre 3.000 nel 2023, diversamente l’Argentina che nel medesimo arco temporale è scesa dagli iniziali 7.600 dollari a 7.400», annota Jurus.
Se il Sud America non è certo rappresentativo di casi particolarmente virtuosi, i problemi non sono solo lì. «L’Argentina ha imboccato un nuovo sentiero positivo, diversamente dal Venezuela, che da anni sta implodendo, basti pensare che fosse un Paese AAA. Il Sud Africa sta prendendo
Il sistema bancario indiano si presenta come sofisticato e molto efficiente, dunque in grado di erogare le risorse disponibili all’attività economica. Scomporre le leve che muovono la crescita del Pil indiano rivela delicati meccanismi che inquadrano il subcontinente indiano quale economia emergente, e destinata a rimanerlo per diversi dei prossimi lustri.
Servizi
Altro
Industria ■ Prestiti personali
Agricoltura Credito bancario
«Non esiste una definizione univoca di ‘Emergente’, è un termine approssimativo, e con valutazioni nemmeno troppo concordi pur tra istituzioni titolate, a essere forse più importante è l’idea di ‘potenzialità’, caratteristica che accomuna tutti questi Paesi. La Corea del Sud è un ottimo esempio»
Michael Langham, Economista di Aberdeen Investment
Il ruolo dei privati Var. Capex delle quotate indiane (% y/y)
mania, che secondo Msci è ancora un mercato di frontiera, si sta segnalando come potenza regionale in ambito tecnologico e manifatturiero, ed è una delle economie più dinamiche in Europa, sfruttandone intelligentemente i fondi di coesione. Importante sottolineare che per molte altre istituzioni è invece a tutti gli effetti un Emergente. In Asia centrale sono molti i casi di Paesi dinamici e che stanno portando avanti importanti liberalizzazioni rispetto a un passato sovietico, com’è il caso del Kazakistan, che sta cercando di liberarsi anche dalla dipendenza da materie prime. Analogamente l’Uzbekistan, il Kirghizistan e l’Armenia», riferisce Luca Pellegrini, Senior Executive Officer di Impakt Kapital Services.
■ Central Govt. capex growth
Apr Mag Giu Lug Aug Set Ott Nov Dic Gen
Fonte: Warakirri Am
Fonte: Warakirri Am
Il nodo infrastrutturale indiano Sviluppo del sistema viario per costruzioni, e progettazioni (in Km annui)
La lungimiranza di Pechino è stata sin dal principio spingere per dotare il Paese, almeno la costa, di un sistema infrastrutturale avanzato, in grado di connettere il dragone che si stava svegliando al resto del mondo. L’India si trova invece una situazione sotto questi aspetti tragica, e l’essere la più grande democrazia del mondo non depone certo a suo favore. Il consenso richiede tempo.
una rotta negativa, mentre la Turchia ha rapidamente compromesso il rating Investment Grade che si era conquistata, a causa di una totale perdita di fiducia internazionale nelle sue istituzioni. Diversamente Polonia e Croazia, che proseguono nella convergenza verso gli Avanzati», rileva l’esperto di Vanguard.
Ci sono però anche tanti Paesi che ci stanno provando, pur non riuscendoci, nonostante importanti progressi. «La Ro-
La malattia olandese. A incidere pesantemente sugli equilibri mondiali degli ultimi decenni è stata sì la geopolitica, ma accompagnata dalla globalizzazione, cui gli Emergenti non sono stati immuni. «L’apertura della Cina, con il suo miliardo di operai a basso costo, e la dissoluzione dell’Urss, con lo scarico sul mercato di ingenti quantità di materie prime, sono stati i due principali eventi deflazionistici della storia recente, che hanno gettato i presupposti per il globalizzarsi dell’economia mondiale. A essere diversi sono i ruoli che Asia e Sud America hanno assunto all’interno delle catene del valore, con la seconda a uscirne svantaggiata, in quanto fornitrice di materie prime, e non potenza manifatturiera. Questo ha favorito l’instabilità economica e politica del continente latino», riflette Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (Ubp).
Le risorse naturali sono un’arma a doppio taglio, nota con il nome molto poco rassicurante di ‘malattia olandese’. «La loro abbondanza spesso si trasforma in una vera e propria maledizione, come testimonia una ricca letteratura accademica. La popolazione tende a essere meno motivata, meno istruita e meno ‘abile’ in generale. La Norvegia è un’eccezione, ma questo è riconducibile alla relativamente tarda scoperta del suo patrimonio naturale nascosto, che è diventato un importante puntello a un’economia che nel frattempo si era già evoluta, pur accompagnato da una sua gestione accorta e professionale», evidenzia il Ceo di Eurizon.
Altro continente, altra gestione saggia di quanto la fortuna ha voluto riservare. «Il Cile è un’altra felice eccezione, è un
Fonte: MoRth, Crisil
Emergente che ha saputo creare un fondo sovrano con i proventi derivanti, che investe in infrastrutture e istruzione, stabilizzando le entrate fiscali. Oltre ai proventi, la presenza di materie prime attira anche investimenti esteri, spesso però in assenza di un quadro giuridico e istituzionale maturo, che rende difficile capitalizzarne i risultati, diversamente che in Norvegia o Singapore», chiarisce Hovasse.
I rischi derivanti sono però abbastanza diversificati, e una notevole sfida per Paesi molto giovani. «Le materie prime possono sostenere i consumi interni e l’economia, ma non incentivano la diversificazione dell’export che anzi si concentra, escludendo alternative più produttive. A lungo termine potrebbero illudere i Governi di potersi permettere spese importanti, ad esempio in welfare, che una semplice flessione del mercato potrebbe rendere insostenibili, nonostante le più rosee prospettive», nota Shaykevich.
In questo le ex repubbliche sovietiche sono chiamate al fronte, per quanto non sempre risultino ancora vaccinate a sufficienza. «L’Asia centrale è un importante forziere, che spazia dall’oro, a uranio, petrolio e gas naturale. Il Tagikistan sta lavorando per sviluppare il settore idroelettrico, un’altra forma di materia prima, mentre il Kirghizistan sta cercando di passare dall’export di oro a quello dei servizi. Il fattore chiave di differenziazione per tutti questi Paesi è la robustezza della Governance: solo una pianificazione attenta e disciplina nelle riforme consentono infatti di capitalizzare le fortune del sottosuolo», riferisce l’esperto di Impakt.
New Dehli. Una delle poche certezze che restano riguarda proprio il Subcontinente indiano, a tutti gli effetti un mondo a parte, ma sicuramente un importante tassello emergente. «L’India è spesso appellata come ‘nuova Cina’, ma il confronto è complesso. Ha la popolazione più numerosa al mondo e una forza lavoro giovane, la crescita è trainata da servizi e tecnologia, e si sta integrando nell’economia globale. Oltre alla non trascurabile autosufficienza alimentare, ha importanti riserve valutarie e basso debito estero, ed è una democrazia, un aspetto più unico che raro», chiosa Guglielmin.
Nonostante le complessità, le somiglianze con la Cina sono però numerose. «È circa 15 anni indietro, con un Pil pro capite di 2.700 dollari è dove era Pechino nel 2007, con un basso costo del lavoro,
«Le disuaglianze tra Emergenti e Sviluppati si sono ulteriormente ampliate, il Giappone o la Germania hanno varato stimoli pari al 20% del Pil, l’India si è limitata a un timido 3,5 che pur essendo comunque molto rispetto al passato, è molto poco in confronto ad altri Paesi»
Arthur Jurus, Head Investment Office Private Bank di Oddo Bhf Switzerland
Bond indiani
degli
indiani Rendimenti gov. a confronto (in %)
Emergenti, ma non emersi Pil pro capite in rapporto a media G7 (%) Messico Mercati Emergenti mediani Indonesia Filippine Vietnam India Cina Cile
Costo del lavoro Confronto del costo orario tra Emergenti
un mercato interno da sviluppare, e infrastrutture ancora da costruire. L’essere democratica potrebbe non essere un vantaggio, il tempo necessario a maturare decisioni è lungo, e il manifatturiero incide per il 14% del Pil, rispetto al 32 della Cina, mentre il primario vale ancora il 17%, contro un 7% cinese. Per entrambe i servizi valgono invece ben il 55%. La sua incidenza sul commercio globale è al momento minima, pari al 2,2% una delle
In termini finanziari il mercato indiano si conferma essere molto più interessante che l’ingombrante vicino, invischiato in diversi problemi interni. Ciononostante anche in rapporto al reddito la strada da fare da parte del Subcontinente sarà sicuramente molto lunga. Nonostante le retribuzioni orarie crescano, il gap con gli altri Emergenti si conferma essere molto significativo.
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg
Bond
Fonte: S&P Global 24
India Messico Malesia Vietnam Filippine Indonesia
della composizione dell’indice Msci Em Equity (ponderazione per Paese)
L’Alpha economico
Altra variabile erratica da tenere monitorata e che potrebbe incidere sensibilmente sugli Emergenti nei prossimi anni è certo la Geopolitica. «Il secondo mandato di Trump sta scuotendo alle fondamenta molte certezze. Gli Stati Uniti non sono più considerati un baluardo di forza istituzionale e di stabilità economico-finanziaria, mostrano invece tutte le fragilità di un Emergente. Intanto procede l’avanzata di nuove potenze, come la Cina, sempre più dominante in catene di fornitura High Tech, avendo a sua volta delocalizzato parte della produzione in Emergenti di prossimità, come il Vietnam», rileva Hovasse. La nuova realtà detta però nuove sfide anche per questi Paesi. «L’aumento del protezionismo può rivelarsi un problema per economie orientate all’export, e che non hanno ancora sviluppato mercati interni sufficientemente profondi, com’è il caso di questi Paesi. Secondo il Fondo Monetario questo potrebbe tradursi in più debito e inflazione, oltre a molta più volatilità nei flussi di capitale. Situazione in cui invece la Cina non si era trovata in precedenza», nota Jurus. Guardare a Pechino, ciononostante, potrebbe essere più che una semplice ispirazione. «Le attuali sfide del dragone asiatico sono state tutte autoinflitte, il che dovrebbe servire da lezione a molti, anche se in una nuova era, all’insegna di una più gestibile ‘globalizzazione 2.0’. Molte economie emergenti sono cresciute in passato grazie al ‘beta economico’ rispetto alle Avanzate, in futuro per continuare a farlo dovranno riuscire a intercettare un ‘Alpha economico’, a patto di riuscirci potranno raccogliere ancora più interessanti frutti», conclude Jen.
principali differenze con la Cina, anche di allora», rileva l’esperto di Fidelity.
Rispetto all’ingombrante vicino, può però anche vantare importanti atout, e ricche sorprese per gli investitori. «La Cina sconta grossi limiti di natura finanziaria, i capitali sono strettamente regolamentati e il sistema bancario claudicante. Diversamente, l’India può contare su un sistema finanziario interno ben funzionante e banche efficienti nel gestire con efficacia i capitali disponibili, che di recente hanno cercato di stimolare gli investimenti in infrastrutture e manifattura per soddisfare la domanda del ceto medio. Gli utili societari indiani, pur sotto traccia, corrono. Da inizio Duemila il rendimento
annuo in euro dell’Msci India è stato di un ragguardevole 9%, ben superiore al 4,6 Europe, al 5,7 China e al 7,2 dello S&P 500», precisa l’esperto di Ubp.
Insieme al Brasile è uno degli Emergenti a vantare il sistema finanziario più sofisticato, ma a cosa è dovuto? «È il frutto della stretta collaborazione tra Governo, autorità di regolamentazione e imprese, tutte favorevoli al mercato e impegnate a sostenere l’innovazione, come le Ipo degli ultimi anni dimostrano. Sopravvive un sensibile problema burocratico, e la diversità di vedute su certe materie da parte degli Stati federali può portare a ritardi e tensioni. Si stima però il Pil possa crescere del 6-7% annuo per i prossimi 10-15
Gli indici finanziari emergenti sono sempre particolarmente instabili, anche nella loro composizione, con continue promozioni e bocciature, con Paesi emergenti, pur non finanziariamente.
anni, trainato dalla domanda domestica, in presenza di imprese investibili, e in assenza della sovraccapacità produttiva che sta invece zavorrando la Cina», enfatizza l’esperto di Carmignac.
Un vantaggio insperato potrebbe arrivare dallo sviluppo tecnologico, vincendo le molte resistenze interne. «Sono state lanciate diverse iniziative, come il Made in India, per incoraggiare la produzione interna, e sono state tentate politiche di sostegno all’offerta, su stile cinese. A vacillare è però la risolutezza delle istituzioni, che in quanto democratiche sono soggette al ciclo elettorale. La digitalizzazione, amplificata da soluzioni di Ia, sta sempre più facilitando l’export di servizi, che potrebbe diventare un’arma fondamentale nell’arsenale di Nuova Dehli, e senza dover sciogliere nell’immediato il grosso nodo infrastrutturale», rileva l’economista di Aberdeen.
I margini di manovra a disposizione delle autorità si confermano significativi. «La Reserve Bank of India dovrebbe tagliare il tasso repo tre volte entro l’anno fiscale, portandolo sotto al 5% e riducendo la riserva di liquidità. L’inflazione non è un problema, l’Ipc è tra un invidiabile 2-3%, mentre la Core Inflation è stabile tra il 4 e il 4,5. La ripresa è ancora debole, come indicano le riscossioni Gst, mentre l’attività infrastrutturale è ambigua, cresce la domanda di cemento, ma è ancora debole quella di energia e acciaio. È probabile che la crescita si attesti al 6% reale, ma è ancora raggiungibile la soglia del 7», prosegue il Cio di Ubs. Pechino. Una domanda all’apparenza sciocca, in realtà potrebbe dimostrarsi oltre che sostanziale, particolarmente perigliosa. La Cina è un Emergente? «Ha raggiunto un Pil pro capite di 13.300 dollari nel 2024, che unito al livello di sviluppo infrastrutturale e al peso che ha sui mercati globali la qualificherebbe come economia sviluppata. Sono la mancanza di trasparenza delle politiche e l’elevata volatilità del mercato dei capitali a frenarla. L’età media è già oggi superiore ai 40 anni, e la popolazione sta invecchiando. Ha il vantaggio di non essere una democrazia,
Fonte: Ocse 24, Morningstar Msci
e dunque quanto deciso ha sempre il supporto dello Stato, che può pianificare riforme o strategie a lunghissimo termine», riflette l’esperto di Oddo.
La programmazione economica, unita a piccole dosi di libero mercato, ha fatto la differenza. «A spiegare i molti successi cinesi c’è principalmente la lungimiranza dei suoi Governi, che ad esempio l’hanno dotata di tutte le infrastrutture necessarie per accedere facilmente al mercato globale, oltre evidentemente a istruzione, energia e finanza. La vera domanda è se riuscirà a tirarsi fuori dalla trappola del reddito medio in cui si trova attualmente, e se invece l’India riuscirà a sperimentare la stessa traiettoria, triplicando quindi il suo Pil in 15 anni, pur essendo una democrazia», evidenzia Jen.
Tra le peculiarità del gigante asiatico ci sono anche le sue molte identità. «Non esiste una sola Cina, ma diverse. Se si guarda alla Cina urbana è sotto moltissimi aspetti un’economia sviluppata, con un reddito del ceto medio analogo, una demografia simile, e uno sviluppo infrastrutturale più che accettabile. Molto diversa è quella rurale. Ma è un’economia emergente per quanto più interessa agli investitori, ha una regolamentazione erratica, una postura geopolitica non molto conciliante, e una performance dell’indice di riferimento non buona. Cinque anni fa era un segmento in cui ci si doveva essere, due anni più tardi era considerata non investibile, da gennaio è tornata a essere sensibilmente rivalutata. Tutte dinamiche che la inquadrano come emergente», precisa l’esperto di Rothschild.
Pechino e Nuova Dehli si confermano essere agli opposti, pur condividendo involontariamente molte caratteristiche. «Il mercato dei capitali cinese è ancora immaturo, diversamente da quello indiano, ma non è un problema troppo significativo per la natura del modello economico che ha adottato decenni fa, ossia la centralità dell’export con il resto del mondo quale sbocco, il che spiega l’impatto macroeconomico sostanziale che ha avuto nella storia recente. L’economia indiana, invece, è in gran parte chiusa, e vive di vita propria. Anche a patto continui a crescere a questi ritmi, è certo che conserverà lo status di ‘emergente’ per molto tempo, prima che possa davvero emergere», chiarisce l’esperto di Vanguard.
Le tensioni degli ultimi mesi derivanti principalmente dalla nuova Amministra-
Gli effetti del decoupling Performance degli indici azionari di riferimento (XII-19: 100)
Premio al rischio eccessivi?
Confronto tra rapporti Msci 12m forward P/E negli Emergenti
Fonte: Gavekal 25
zione Trump hanno innescato una serie di processi di lungo periodo ambigui nei potenziali risultati. «Il tramonto della globalizzazione e il riavvicinarsi ai mercati finali dovrebbero attirare in India nei prossimi anni notevoli flussi d’investimento, in infrastrutture e capacità produttiva, che fino a ieri l’avevano quasi del tutto ignorata. In passato gli Emergenti rappresentavano una posizione a leva sulla domanda statunitense, con molta volatilità, collocandosi nelle prime fasi delle catene di approvvigionamento. I cambiamenti strutturali che si sono ora innescati, e il raffreddarsi della domanda americana, consentiranno nel prossimo futuro agli investitori di queste asset class di beneficiare invece della domanda domestica di queste popolosissime economie», conclude Norman Villamin.
Gli Emergenti si confermano dunque essere una galassia, laddove anche un universo d’investimento, ricco di peculiarità a loro volta diametralmente opposte di Paese in Paese. Ogni economia segue un sentiero di emersione diverso, pur in presenza di molte analogie con i modelli pas-
Guardando all’azionario gli Emergenti sono un’asset class particolare, con buoni rendimenti, e buoni cuscinetti a dipendenza dei singoli casi. Le azioni mostrano alta volatilità, ma al netto della Cina le performance sono anche significativamente buone.
sati, ma senza escludere di volta in volta la possibilità di creare nuovi paradigmi, più funzionali, sulla base di altrui esperienze. In tutto questo l’India costituisce una prima fondamentale eccezione: è una democrazia, cosa mai successa per questo genere di economie, giovani e immature, dunque prive di quell’esperienza che solo le grandi democrazie occidentali, pur facendo secoli di errori, hanno saputo capitalizzare. La sfida dei prossimi anni per il Subcontinente sarà dunque sfatare quanto gli uccelli del malaugurio, e sono tanti, vedono al suo orizzonte, e tornare a essere quella terra delle meraviglie che i romani avevano immaginato. Con buona pace dell’ingombrante vicino, oggi falsamente amichevole, ma domani? ❏
Un partner per la salute ancor più orientato all’assicurato
La nuova agenzia CSS a Lugano diventerà un punto di riferimento e incontro tra gli assicurati e una delle principali casse malati in Ticino. All’insegna del benessere e del dialogo.
Il 27 agosto è stato un giorno importante per CSS nella Svizzera italiana. L’assicuratore - che figura da tempo tra le principali casse malati in Ticino - ha inaugurato la sua nuova sede a Lugano, in Corso Pestalozzi 9. Questa sostituisce gli spazi amministrativi a Breganzona e l’agenzia a Manno. Abbiamo parlato della nuova “casa”, dei costi crescenti della sanità e di cosa fa la CSS per contrastarli con il responsabile della nuova agenzia, Andrea Zucchetti.
Andrea Zucchetti, quali sono le ragioni dello spostamento della sede? Moltissime, ma la ragione principale è che vogliamo restare fedeli ai valori di CSS. Soprattutto quando la salute ci mette a dura prova, l’assicuratore malattia rappresenta un partner fondamentale. La presenza, l’accoglienza e la vicinanza diventano elementi importanti per accompagnare gli assicurati. Lo spostamento in centro a Lugano si inserisce in questo contesto. La nuova agenzia sarà ancor più di oggi un punto di incontro.
Quanti collaboratori saranno attivi nella nuova sede?
In totale 130. Ma gli spazi permettono un’ampia flessibilità che nella sede di Breganzona non era possibile. I nuovi spazi a Lugano offrono numerose possibilità anche in vista di nuove sfide e permettono di attuare il concetto di desk-sharing di CSS. Inoltre, la posizione centrale è un vantaggio interessante per la mobilità sostenibile e il benessere dei collaboratori.
La centralità della posizione della nuova Agenzia di CSS a Lugano, nel cuore della città e proprio accanto alla pensilina dei bus, facilita l’incontro con i clienti e favorisce la mobilità sostenibile. All’insegna di una strategia di maggior vicinanza, accessibilità ed efficienza nei confronti degli assicurati.
A proposito di centralità e collaboratori, la nuova sede è certamente un passo avanti. Esatto: la posizione, proprio accanto alla pensilina dei bus, garantisce ottimi collegamenti con i mezzi pubblici e ci rende più interessanti come datore di lavoro sia per i collaboratori attuali che per quelli futuri. Gli uffici moderni e open space permettono una collaborazione tra i diversi team e creano un’atmosfera di lavoro stimolante. L’uso flessibile delle varie aree rafforza lo spirito di squadra e la coesione, elementi importanti della cultura aziendale della CSS. Anche la caffetteria e i numerosi dettagli ben studiati contribuiscono a creare un ambiente di lavoro positivo. La nuova sede di Lugano non è quindi solo un luogo di lavoro, ma un luogo di incontro, anche per i collaboratori.
E quali sono i vantaggi diretti per gli assicurati?
Il nuovo concetto di agenzia che stiamo implementando in tutta la Svizzera permette di aumentare la visibilità e intensificare il dialogo con i clienti potenziali o esistenti. Nelle principali città - tra cui Lugano - sono situate al piano terra, in buone posizioni pedonali e permettono un contatto rapido e diretto con i clienti. Tutto questo non era possibile nelle sedi di Breganzona e Manno e il trasferimento nel centro di Lugano è stata la soluzione ideale.
La nuova agenzia si inserisce in una strategia di maggior vicinanza, accessibilità ed efficienza nei confronti degli assicurati. Esattamente. La strategia posa su due colonne portanti. Agenzie moderne, accessibili e all’avanguardia come quella inaugurata a Lugano, insieme a sempre più offerte digitali, per semplificare l’interazione con gli assicurati più affini alle tecnologie. Con questa strategia duale siamo in grado di raggiungere le persone di tutte le fasce d’età, pazienti con necessità di consulenza personale e, al contempo, offriamo la possibilità di sbrigare le formalità in modo snello e veloce attraverso nuovi strumenti.
CSS sottolinea regolarmente il suo impegno in relazione al contenimento dei costi nella sanità. In che modo la nuova agenzia contribuisce all’obiettivo?
Siamo convinti che un elemento importante per contrastare l’esplosione dei costi sia l’assicurato stesso. Non c’è nulla di più efficace di un paziente ben informato che sia in grado di dialogare con i fornitori di prestazioni. I collaboratori nelle nostre agenzie forniscono gli strumenti necessari agli assicurati. Inoltre, siamo certi che la medicina più individualizzata e mirata al paziente permetta di evitare trattamenti inutili, oltre che a ridurre lo stress per i pazienti. Anche in quest’ottica una consulenza personalizzata e locale contribuisce, in ultima analisi, alla riduzione dei costi.
Quali altri strumenti mette in campo CSS per contrastare l’aumento dei costi?
Da una parte siamo sempre impegnati a ridurre l’onere amministrativo. Dal 2013, a livello di Gruppo CSS, la quota dei relativi costi continua a diminuire. Nell’assicurazione di base, l’anno scorso ammontavano al 3,7%, un valore-record decisamente basso rispetto a una media nel settore assicurativo elvetico che supera il 7%. Siamo dunque tra le assicurazioni più efficienti in questo ambito. Ma non solo: con l’ausilio di nuovi metodi e tecnologie controlliamo le fatture dei fornitori di prestazioni, ciò che ha permesso nel 2024 di risparmiare 849 milioni di franchi.
E poi ci sono gli abusi. Sì, crediamo valga la pena investire risorse per identificarli. Nel 2024 il team di CSS ha trattato, a livello svizzero, 264 casi di abuso e fatturazione errata. In questo modo, la
«Soprattutto quando la salute mette a dura prova, l’assicuratore malattia rappresenta un partner fondamentale. La presenza, l’accoglienza e la vicinanza diventano elementi importanti per accompagnare gli assicurati. La nuova agenzia CSS in centro a Lugano sarà ancor più che in precedenza un punto di incontro»
Andrea Zucchetti, Responsabile agenzia di Lugano di CSS
Gli spazi open space flessibili della nuova agenzia rafforzano lo spirito di squadra e la coesione fra i collaboratori. L’Health Bar e tanti altri dettagli contribuiscono a un ambiente di lavoro positivo.
CSS ha evitato che medici, ospedali, nonché offerenti Spitex e di fisioterapia fatturassero indebitamente prestazioni per un importo di oltre 38 milioni. Sono soldi che, in fin dei conti, risparmiano direttamente i nostri assicurati.
In conclusione, tra gli obiettivi della nuova sede in Ticino vi è anche l’ampliamento della cerchia di clienti?
Il Ticino gode da sempre della nostra attenzione e il nostro legame con il territorio è già forte. Questa sede ci darà ancor più visibilità e vicinanza ai nostri clienti, come pure a potenziali nuovi assicurati. Ci rallegriamo molto di questa nuova “casa” di CSS a Sud delle Alpi.
Il ponte culturale e linguistico attraverso la Spagna è prezioso per le aziende e gli investitori svizzeri interessati al Messico; con un partner spagnolo si facilita l’accesso a quel mercato.
Mi accingo a lanciare, in studio a Madrid, un nuovo “desk” presidiato da un brillante avvocato messicano e, subito, a spiegare ai lettori di Ticino Management il perché di tale iniziativa, soprattutto nell’ottica di un interesse per il Ticino e per la Svizzera. Le relazioni economiche tra Spagna e Messico sono strette e di natura bilaterale, con un elevato volume di scambi commerciali e importanti flussi di investimenti diretti esteri (Ide) in entrambe le direzioni. Dati del Governo spagnolo evidenziano, per il 2023, esportazioni di beni dalla Spagna verso il Messico pari a 5.605,1 milioni di euro, con un +8,1% rispetto al 2022. Da parte loro, le importazioni spagnole di beni dal Messico sono state pari a 5.623 milioni di euro nel 2023, leggermente inferiori (-5,4%) al 2022. Complessivamente, il commercio bilaterale di merci ha superato gli 11.200 milioni di euro nel 2023, riflettendo la solidità delle relazioni commerciali. In termini relativi, il Messico è un mercato prioritario per la Spagna in America La-
tina: nel 2023 è stato la prima destinazione delle esportazioni spagnole in America Latina, concentrando il 28% del loro totale verso la regione. A livello globale, il Messico è il settimo mercato extracomunitario per le esportazioni spagnole. Nel 2023, la Spagna è stata la seconda destinazione all’interno dell’Ue per le esportazioni del Messico (assorbendo circa lo 0,9% delle vendite messicane mondiali) e il terzo fornitore dell’Ue per il Messico (contribuendo con circa l’1% delle importazioni messicane). Ciò fa della Spagna uno dei principali ponti commerciali tra Europa e Messico, sebbene il grosso del commercio estero messicano sia di fatto concentrato in Nord America e Asia. Questo, dal punto di vista delle relazioni commerciali. Ma anche i dati delle fatidiche “Fdi” sono promettenti: Spagna e Messico mantengono un intenso legame di investimenti diretti esteri, profilandosi, reciprocamente, tra i principali investitori nelle rispettive economie. La Spagna è, dopo gli Usa, il secondo maggiore investitore straniero in Messico. Secondo i dati del Ministero dell’Economia messicano,
l’insieme degli Ide provenienti dalla Spagna tra il 2006 e marzo 2024 raggiungono i 57.491 milioni di dollari, pari a circa il 10% del totale degli Ide ricevuti dal Messico in quel periodo. I capitali spagnoli sono ampiamente distribuiti in settori chiave dell’economia messicana, con cinque aree principali: servizi finanziari (banche), energia, infrastrutture, turismo e telecomunicazioni.
Oggi in Messico operano più di 7mila aziende con capitale spagnolo, tra cui sia multinazionali dell’Ibex-35 sia numerose Pmi internazionalizzate, che insieme generano circa 1 milione di posti di lavoro in Messico. Per quanto riguarda invece gli investimenti messicani in Spagna, sebbene in misura minore rispetto a quelli spagnoli in Messico, sono aumentati negli ultimi tempi: il Messico è ora uno dei principali investitori extra-Ue nell’economia spagnola. Alla fine del 2022, la posizione degli investimenti di capitale messicano in Spagna era pari a 28,369 miliardi di euro, il che ha reso il Messico il sesto Paese investitore in Spagna (e il terzo al di fuori dell’Ue, dopo gli Usa e il Regno Unito). Gli investitori messicani in Spagna includono sia grandi aziende che imprenditori di spicco, coprendo una vasta gamma di settori. Si distinguono gli investimenti nei settori alimentare e dei consumi, alberghiero e della ristorazione (gestori di franchising di ristoranti), dei materiali da costruzione (cemento e vetro), dell’energia e della petrolchimica, delle infrastrutture e dell’edilizia (alcuni gruppi messicani hanno acquisito società di costruzioni o partecipazioni in concessioni spagnole), il settore finanziario (banche e servizi finanziari messicani con attività in Spagna) e le industrie culturali e del tempo libero.
Una veduta notturna di Città del Messico.
Oscar Reygol / Unsplash
E ora qualche dato sulle relazioni tra Svizzera e Messico che, dal punto di vista economico, sono cresciute costantemente. Secondo il Dfae, nel quadro dell’accordo di libero scambio i due Paesi si impegnano a rafforzare gli scambi commerciali. La Svizzera è tra i principali investitori in Messico: nel 2022 gli investimenti sono stati pari a quasi 8,8 miliardi di franchi e le imprese svizzere nel Paese hanno dato lavoro a 54.986 persone. Nel 2023 la Svizzera ha importato dal Messico merci per un valore di 2,6 miliardi di franchi, soprattutto metalli preziosi, veicoli e macchinari. Le esportazioni, pari a 2 miliardi di franchi, hanno riguardato prevalentemente prodotti chimici e farmaceutici, macchinari, strumenti di precisione, orologi e gioielli. Secondo dati del governo messicano, la Svizzera è oggi il 23° partner commerciale del Messico a livello mondiale (7° tra i Paesi europei).
Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri della Svizzera in Messico sono consistenti e incentrati sulla qualità: è tra i primi dieci Paesi investitori in Messico (nono investitore complessivo). Forte è la presenza di aziende svizzere in Messico: nel 2024 erano oltre 600, con oltre 40mila dipendenti. Permangono alcune sfide - i dirigenti svizzeri citano le differenze culturali, la complessità delle normative e le preoccupazioni in materia di sicurezza come ostacoli - ma nel complesso il partenariato economico tra Svizzera e Messico è su un percorso positivo.
Vediamo ora in quali settori esiste un “matching” tra gli interessi di aziende svizzere e aziende spagnole in Messico: il settore ‘Automobilistico e manifatturiero’ offre opportunità di partnership, come la produzione svizzera di alta precisione combinata con le operazioni di assemblaggio spagnole. Con la crescita del nearshoring nel settore automobilistico in Messico, le aziende svizzere stanno espandendo la loro capacità (ad esempio Monosuisse a Querétaro) per servire le case automobilistiche statunitensi in Messico. Le aziende spagnole, già ben integrate a livello locale, potrebbero collaborare con questi nuovi operatori svizzeri per joint venture o accordi di fornitura. Passando poi al settore ‘Energia e fonti rinnovabili’: con la transizione del Messico verso un’energia più pulita, gli sviluppatori di progetti spagnoli e i fornitori svizzeri di tecnologie pulite hanno sinergie naturali. Un’azienda svizzera con
una tecnologia solare innovativa potrebbe collaborare con un’azienda energetica spagnola che conosce il panorama normativo e il mercato della rete elettrica in Messico. Inoltre, le istituzioni finanziarie o i fondi svizzeri potrebbero co-investire insieme alle utility spagnole nelle infrastrutture energetiche, unendo la prudenza finanziaria svizzera con l’esperienza sul campo della Spagna. E quindi, il settore ‘Finanza e banche’: le società finanziarie svizzere possono sfruttare l’infrastruttura delle banche spagnole per raggiungere i clienti messicani. Viceversa, le banche spagnole potrebbero avvalersi delle competenze svizzere nel private banking o nel fintech per migliorare i propri servizi. ‘Farmaceutico e sanità’: la collaborazione può avvenire nella ricerca e sviluppo e nella distribuzione. Un’azienda biotecnologica svizzera che entra in Messico potrebbe collaborare con un distributore farmaceutico spagnolo che dispone di una forza vendita consolidata tanto da raggiungere gli ospedali e le farmacie messicane. Inoltre, la familiarità culturale delle aziende spagnole può aiutare le aziende farmaceutiche svizzere a orientarsi nella normativa sanitaria messicana e nel coinvolgimento dei pazienti. Quanto al settore ‘Infrastrutture e costruzioni’: nei progetti su larga scala (ferrovie, impianti di energia rinnovabile, città intelligenti), gli appaltatori spagnoli potrebbero integrare soluzioni ingegneristiche o materiali svizzeri. Ad esempio, un consorzio spagnolo che partecipa a una gara d’appalto per una ferrovia ad alta velocità in Messico potrebbe utilizzare la tecnologia di segnalazione o gli strumenti di precisione svizzeri per migliorare la qualità del progetto. Inoltre, i fondi di investimento svizzeri potrebbero finanziare progetti infrastrutturali in cui le imprese spagnole sono appaltatori. Tutt’altro che trascurabile, il settore ‘Turismo e ospitalità’: le aziende alberghiere spagnole potrebbero trarre vantaggio dall’esperienza svizzera nel branding di lusso, nella sostenibilità e nella formazione. I progetti comuni potrebbero includere resort eco-turistici che combinano la gestione alberghiera spagnola con la tecnologia svizzera per la sostenibilità (sistemi idrici, efficienza energetica). Inoltre, i tour operator svizzeri potrebbero collaborare con gruppi alberghieri spagnoli. Dal punto di vista finanziario, gli investitori alberghieri spagnoli potrebbero cercare capitali svizzeri
David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Legale Mülchi & Asociados, Madrid e Lugano.
per espandersi attraverso le reti bancarie private della Svizzera. Questo settore è uno di quelli in cui la leadership spagnola e la qualità svizzera potrebbero fondersi per creare esperienze turistiche di alto livello in Messico. Passando quindi a ‘Ict e innovazione’: le aziende tecnologiche spagnole in Messico potrebbero fungere da distributori o integratori per le soluzioni tecnologiche svizzere. Ad esempio, un’azienda svizzera di sicurezza informatica potrebbe collaborare con un consulente It spagnolo per commercializzare il proprio software alle banche messicane. Sia la Spagna che la Svizzera vedono opportunità nella trasformazione digitale del Messico e le partnership triangolari (tecnologia svizzera + integratore spagnolo + cliente finale messicano) possono essere vantaggiose per tutti. Il ponte culturale attraverso la Spagna è prezioso per le Pmi tecnologiche svizzere: lavorare con il team messicano di un partner spagnolo piuttosto che agire da sole in un mercato sconosciuto. Il Messico è un grande mercato sia per la Spagna che per la Svizzera. Esplorare possibilità di collaborazione fra le nostre aziende offre senz’altro un’occasione per creare nuove opportunità d’affari. Non da meno, esiste un grande potenziale anche da parte di investitori messicani, che hanno importanti risorse ma con una mentalità propria, sia culturale che determinata da una minore propensione alla loro internazionalizzazione (per questo il mercato spagnolo è per loro molto interessante). Ecco spiegate le ragioni del nostro “mexican desk”.
La tenuta del settore vinicolo
Cambiamento climatico, nuovi modelli di consumo, ritorsioni commerciali, passaggi generazionali,
Sono molte le sfide che minacciano l’internazionalizzazione, motore trainante del settore vinicolo che oggi vanta un export da quasi 37 miliardi di euro, guidato da Italia, Francia e Spagna, culle di produzione e tradizione. Minacce transitorie o cambiamento strutturale per un settore millenario?
Quasi una bottiglia su due di vino attraversa le frontiere prima di essere stappata. Un prodotto sempre più internazionale. Se nel 2000 ancora solo il 27% del vino consumato nel mondo proveniva dall’estero, oggi l’incidenza degli scambi è prossima al 45% e le esportazioni nel 2024 hanno raggiunto un valore record di quasi 36 miliardi di euro. Saldamente in testa, lo storico terzetto Italia, Francia e Spagna: insieme generano il 63,6% del valore globale e il 54,5% dei volumi.
Primo mercato di destinazione gli Stati Uniti, che importano per 6,3 miliardi. Nonostante un calo dei consumi (-5,8% nel 2023), hanno comunque assorbito 33,3 milioni di ettolitri (mhl), acquistando dall’estero circa un terzo di quanto consumano. Inevitabile, dunque, che i dazi trumpiani abbiano agitato i produttori europei. La Dichiarazione congiunta tra Ue e Usa, finalizzata lo scorso 21 agosto, non ha fatto sconti a vini, spiriti e aceti. E il problema non è solo l’impatto diretto, ma l’effetto moltiplicatore lungo la catena di distribuzione: dagli importatori ai ristoratori, ogni passaggio gonfia il prezzo finale, aggravato inoltre dal rafforzamento dell’euro sul dollaro.
«La crescita di un mercato vinicolo internazionale altamente diversificato ma interconnesso è stata resa possibile dall’efficace funzionamento del sistema
Andamento del settore vinicolo
multilaterale basato su regole, andato delineandosi da metà anni Novanta con gli accordi dell’Omc. Il commercio rappresenta un’opportunità, che dipende dalla stabilità e dalla reciprocità garantite dalle istituzioni internazionali. E inoltre si tratta di molto più di una semplice transazione economica. È uno scambio culturale e di savoir faire. Ed è uno stimolo agli investimenti transfrontalieri», dichiara John Barker, Direttore generale dell’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, impegnata nella promozione della cooperazione, nell’armonizzazione e nella condivisione delle conoscenze per far progredire gli interessi comuni del settore. Con i suoi 51 Stati membri rappresenta l’85% della
Meteo avversa, estirpazioni, tensioni geopolitiche e commerciali, caro vita e nuovi trend di consumo stanno determinando la flessione di offerta e domanda del settore vinicolo.
superficie vitata mondiale, l’88% della produzione e il 75% del consumo globali. Ma le tariffe commerciali non sono che una delle variabili a preoccupare. «Oltre alle perturbazioni economiche e geopolitiche a breve termine, è importante considerare i fattori strutturali che influenzano produzione e consumi», precisa John Barker. Il 2024 è stato un anno particolarmente difficile. Gelate precoci, piogge intense, siccità prolungate e la conseguente
pressione delle malattie fungine della vite hanno messo in difficoltà le principali regioni vinicole di entrambi gli emisferi, portando la produzione mondiale al livello più basso degli ultimi 60 anni: 225,8 milioni di ettolitri. «Il calo non riguarda solo i vigneti, ma anche i consumi. Negli ultimi decenni si è osservata una convergenza nelle abitudini: i grandi paesi tradizionalmente produttori in Europa e Sud America hanno progressivamente moderato il loro consumo, mentre altri mercati hanno iniziato ad apprezzarlo. Il problema centrale degli ultimi anni è che persino i mercati ad alta crescita, come Stati Uniti e Cina, stanno rallentando», prosegue John Barker. Anche l’inflazione post-pandemica ha lasciato il segno. «I costi di produzione e distribuzione sono aumentati, mentre il potere d’acquisto dei consumatori è calato. Oggi il prezzo medio dell’export è superiore del 30% rispetto al periodo pre-Covid, attestandosi a 3,60 euro al litro», nota il Direttore generale dell’Oiv.
Su questi nodi si è concentrato il 46esimo Congresso mondiale della vigna e del vino, ospitato per la prima volta in Moldova lo scorso giugno, con oltre 500 partecipanti. Ma non ci si è fermati a guardare il bicchiere mezzo vuoto. Eloquente il tema guida “Delineare il futuro della vigna e del vino: resilienza, valore, innovazione”: «Le sfide del settore rappresentano anche opportunità per chi saprà adattarsi. Il vino non può vivere solo di qualità e tradizione: oggi più che mai, dobbiamo farci guidare da due stelle polari: da un lato, la cooperazione, perché nessuna regione e nessun paese può avere tutte le risposte; dall’altro, la scienza, perché è lì le troveremo», afferma John Barker.
Resilienza significa, prima di tutto, affrontare l’impatto del cambiamento climatico. Nuove pratiche agronomiche, tecniche enologiche e varietà più resistenti diventano indispensabili per garantire qualità e continuità produttiva. Tanti i progetti già in corso. Ma innovazione vuol dire anche comunicare in modo diverso. «Per restare rilevanti dobbiamo guardare al vino con gli occhi dei nuovi consumatori, comprenderne gusti e abitudini, comunicare secondo le loro modalità», aggiunge Barker. L’Oiv si impegna a fornire una prospettiva globale attraverso la raccolta di dati e statistiche. Di recente ha ad esempio lavorato a uno
«Le sfide del settore rappresentano anche opportunità per chi saprà adattarsi. Il vino non può vivere solo di qualità e tradizione: oggi più che mai, dobbiamo farci guidare da due stelle polari: da un lato, la cooperazione, perché nessuna regione e nessun paese può avere tutte le risposte; dall’altro, la scienza, perché è lì le troveremo»
John Barker, Direttore generale dell’OIV
Produzione di vino nei principali Paesi 2024E, Volume (mhl) e Var. % 2023-2024E
OIV 2025
più internazionale
studio sul re-export, che rappresenta una delle principali componenti del commercio mondiale di vino, toccando il 13% delle esportazioni, dunque in media oltre 4,5 miliardi di euro. Capirne le logiche è fondamentale anche per i produttori, perché significa sapere dove le loro bottiglie vengono effettivamente acquistate e, dunque, poter focalizzare strategie di vendita e mercati su cui puntare.
Dagli anni ’90 l’incidenza dell’export sul consumo di vino è aumentata del 30%, facendone un settore altamente globalizzato. Malgrado la leggera flessione nel 2024, gli scambi hanno raggiunto un valore di 35,9 miliardi di euro. A detenere il primato della produzione, il Vecchio mondo, con Italia, Francia e Spagna che dal 2000 si spartiscono le prime tre posizioni.
Impatto dei dazi
delle abitudini di consumo
Le leve strategiche
Survey aziende vinicole italiane aprile 2025 %, risposte multiple possibil
Apertura a nuovi mercati
Investimento in capitale umano
Sviluppo di bevande no o low alcol
Sviluppo della tecnologia (IA e automazione)
Diversificazione dell'offerta
Rimodulazione dei formati e dei canali
Attività di M&A
Apertura al mercato dei capitali
La performance del comparto del vino di lusso
Cfr. Ebit margin e Roi Fondazione Altagamma, Istituto Grandi Marchi e valori medi settore
Italia in controtendenza. Fra le poche nazioni nel 2024 ad aver incrementato la produzione, l’Italia: +15,1% rispetto al minimo storico del 2023, per un totale di 44 mhl. «Abbiamo così riconquistato la leadership mondiale nella produzione vinicola in volume, sebbene il dato vada contestualizzato essendo, oggi più di ieri, profondamente legato al cambiamento climatico e alle sue conseguenze sulla produzione», avverte Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini, nonché 26esima generazione della storica azienda di famiglia, la Marchesi Antinori, di cui è Presidente.
Un settore strategico per l’economia italiana, con forte impatto su produzione, occupazione e territorio. Secondo l’Osservatorio Federvini 2024, il comparto genera 5,5 mld di euro di valore aggiunto diretto, quasi 10 includendo l’indotto. Diffuso in oltre 300 aree a denominazione, spesso in territori marginali, coinvolge 210mila aziende agricole e 45mila imprese di trasformazione, contribuendo a mercato del lavoro, paesaggio e sostenibilità. I bianchi guidano la produzione (60%), trainati dagli spumanti (17% della
Ebit margin valori medi 255 principali aziende del settore italiane Altagamma
IGM valori medi 255 principali aziende del settore italiane Altagamma
IGM Roi
Fine wines: la nicchia del lusso che rende di più
Nicchia del mercato mondiale dei beni di lusso, con un valore stimato di 30 miliardi di euro su un totale di 1.478 miliardi, i fine wines hanno registrato nel decennio 2013-2023 la performance più elevata rispetto ad altri asset del lusso. A favorirli, la combinazione tra capacità di migliorare nel tempo e rigidità dell’offerta, che li rende un investimento alternativo tanto in ottica speculativa quanto come bene da godere direttamente. «I fine wines si rivolgono principalmente ad appassionati di vino con elevate capacità di spesa e molto informati sul mercato e sulle caratteristiche delle etichette. I principali fattori di richiamo sono la qualità del territorio e del vino, che deve essere garantita nel tempo, la celebrità del marchio e la relativa scarsità, tutti fattori che rendono il prodotto difficilmente sostituibile. La profittabilità delle aziende produttrici di fine wines è garantita dalla capacità delle imprese di vedersi riconosciuto un valore di vendita che prescinde dai costi industriali», spiega Oriana Romeo, Senior Analyst dell’Area Studi Mediobanca.
Questa nicchia della produzione vinicola è composta per il 59% da vini fermi e per il 40% da sparkling. Fortemente concentrata in Occidente, nel 2024 il 75% della produzione è avvenuta in Europa: 55-60% in Francia e 10-15% in Italia.
Sfide ma anche opportunità secondo i protagonisti del settore in Italia.
Qui spiccano due aggregati di imprese espressione del vino italiano di alta qualità: Istituto Grandi Marchi (Igm), nato nel 2004 e oggi composto da 18 grandi aziende vitivinicole (tra cui Antinori e Ca’ del Bosco), con l’obiettivo di promuovere la tradizione del vino italiano di qualità nel mondo, e Fondazione Altagamma, attiva dal 1992, che riunisce imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, tra cui Frescobaldi e Ornellaia. «Il confronto tra Ebit margin e Roi di questi due aggregati e quello delle 255 principali imprese vitivinicole italiane nel periodo 2019-2023 conferma la migliore performance del comparto del vino di lusso. Anche la struttura finanziaria risulta più solida: nel 2023 il rapporto tra debito finanziario e patrimonio netto era pari al 31,1% per le aziende Altagamma, al 47,6% per quelle Igm, contro il 52,6% della media nazionale», conclude Oriana Romeo.
Fonte: Indagine campionaria Area Studi Mediobanca
Fonte: Indagine campionaria Area Studi Mediobanca
Fonte: Altagamma-Bain Fine Wines and Restaurants Market Monitor 2025
Fonte: Area Studi Mediobanca
produzione nazionale nel 2024). Oltre il 90% delle società vinicole vende all’estero, per una quota pari al 52,9% del fatturato, secondo l’indagine annuale presentata dall’Area Studi di Mediobanca che esamina le performance di 255 società di capitali italiane, che esprimono il 94,9% del fatturato nazionale del settore, con ricavi aggregati pari a 11,7 miliardi di euro. Toscana, Abruzzo e Piemonte mostrano la maggiore vocazione internazionale.
«La resilienza dell’export italiano gioca un ruolo chiave, a differenza della contrazione dei valori per Francia e Spagna, rispettivamente -2,8% e -3,2%. In vent’anni, l’export del vino italiano è cresciuto del +188%, passando da 17% a 22% di quota di mercato globale, raggiungendo oggi 46 paesi. Le imprese stanno puntando sulla diversificazione, anche se il mercato statunitense, dove esportiamo il 23,8% del valore, resta la destinazione che regala le maggiori soddisfazioni in termini di marginalità», sottolinea la Presidente del Gruppo Vini che auspica un approccio europeo unitario e pragmatico per superare le tensioni transatlantiche e una maggiore attenzione a una politica commerciale capace di promuovere accordi di libero scambio. «La questione dei dazi rappresenta un vero “campanello d’allarme” sull’importanza crescente di diversificare i mercati di sbocco. In particolare, lo strumento della misura Ocm (Organizzazione Comune del Mercato) che finanzia attività di promozione e informazione nei mercati esterni all’Ue, va potenziato e semplificato, prevedendo un aumento dell’intensità di aiuto e maggiore flessibilità, anche nella rendicontazione delle spese, per sostenere efficacemente le imprese nelle azioni promozionali sui mercati alternativi», afferma Albiera Antinori. Un decisivo passo avanti potrebbero rappresentarlo anche le proposte legislative del “Pacchetto Vino” che in autunno sarà sottoposto al voto del Parlamento europeo. Tra i punti salienti: semplificazione dell’etichettatura, più flessibilità produttiva, sostegno alla promozione e investimenti per l’adattamento climatico. Misure drastiche come l’estirpazione dei vigneti finanziata dal Governo francese, con incentivi differenziati tra estirpi temporanei e definitivi, non sembrano poter attecchire in Italia. «In materia di regolazione dell’offerta, la nostra Federazione auspica misure e interventi puntuali, onde evitare politiche calate dall’alto e
«La competitività di un’azienda vinicola oggi dipende da alcuni fattori chiave: lungimiranza nell’osservare le tendenze di mercato, anche per intercettare nuove possibilità commerciali, investimenti mirati e visione a lungo termine. Sarebbe opportuno poter contare su una reale semplificazione normativa e un maggiore supporto istituzionale nella promozione»
Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini
dell’export
Export / Produzione (media 2020-2024)
Fonte: OIV
esportatori
orizzontali. Piuttosto occorre lavorare sulla domanda e sulla creazione di valore. Una reale semplificazione normativa, un maggiore supporto istituzionale nella promozione sui mercati internazionali, lungimiranza nell’osservare le tendenze di mercato, investimenti mirati, potenziamento della collaborazione pubblico-privato e visione a lungo termine sono alcuni dei fattori chiave da cui oggi dipende la competitività di un’azienda vinicola»,
Prima per produzione e volume di export, nel 2024 l’Italia s’è mossa in controtendenza, con un’ottima performance. Dopo che negli ultimi 20 anni il saldo commerciale è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, raggiungendo 7,5 mld, sarà da vedere come impatterrano i dazi. Gli Usa rappresentano infatti il principale mercato di destinazione, pari al 23,8% del
(+10,2% nel 2024).
intensità Bilanciato Bassa intensità media
«Tra biologico, biodinamico, produzione integrata e rispetto delle prestazioni ecologiche richieste, in Svizzera il 90% delle superfici viticole adotta pratiche sostenibili. Inoltre, la produzione e il consumo locale riducono l’impatto ambientale del 30-40% rispetto ai vini importati dall’Europa o da oltreoceano»
Nicolas Joss, Direttore di Swiss Wine Promotion
Dopo il brusco calo della produzione nel 2024 (-27,5%) determinato dalla meteo inclemente, si spera in una vendemmia più generosa nel 2025.
suggerisce chi ne dirige una alla 26esima generazione, che di cambiamenti in oltre sei secoli molti ne ha brillantemente superati, oltre ovviamente ai passaggi generazionali. Che per un settore al 65% costituito da imprese di famiglia, sono una tematica prioritaria. Secondo il sondaggio di Area Studi Mediobanca, condotto ad aprile fra le aziende del settore, il 30% ha già affrontato la successione, il 39% è in transizione, mentre il 16% è in fase di pianificazione. Così si spiegano anche diverse operazioni di M&A, sebbene la maggioranza sia motivata da logiche di consolidamento e di espansione all’estero. Sempre il medesimo sondaggio evidenzia come la riduzione dei consumi venga riconosciuta come la principale minaccia strutturale per il futuro del settore (72%, molto più del cambiamento climatico, 28%). «Occorre lavorare a una comunicazione sul vino diversa e innovativa.
A destare particolare preoccupazione, inoltre, anche la crescita del fronte salutista e anti-alcol che lancia iniziative, anche di natura politica, fondate su divieti e restrizioni per combattere le “malattie alcol-correlate”: il rischio è di demonizzare il vino senza distinguere tra abuso e un consumo consapevole e conviviale», avverte la Presidente del Gruppo Vini. Oltre a essere prodotto, il vino è sempre più vissuto come destinazione. L’enoturismo amplifica il valore del marchio perché trasforma il vino in esperienza, legandolo a paesaggio e territorio. «Sempre più diffuso, l’enoturismo sta acquisendo crescente rilevanza in termini economici per le aziende. Offre infatti la possibilità di generare valore continuo e incrementare le vendite dirette, oltre alla sua funzione di business a sé stante e, non ultimo, di utile strumento per la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo di dati per finalità commerciali», conferma Oriana Romeo, Senior Analyst dell’Area Studi Mediobanca. Le attività più diffuse restano le visite in cantina (75,4% delle aziende), seguite dall’ospitalità in strutture proprie (34,2%) e dalla ristorazione (22,8%).
Nella botte piccola... La Svizzera osserva da vicino le dinamiche globali, con un mercato che importa quasi due terzi del vino venduto, soprattutto dall’Italia (43%). Il consumo indigeno è invece sceso al 35,5%, complice il calo di produzione e consumi. «Fra le molteplici le sfide con cui si confronta la filiera, la principale è sicuramente garantire un prezzo equo e corretto ai viticoltori. Nel cuore dell’Europa, confiniamo con produttori molto forti e competitivi nei prezzi, nonché molto interessati al nostro mercato, con un alto potere d’acquisto, dove non valgono alcune limitazioni alla concorrenza
presenti invece tra produttori europei», osserva Nicolas Joss, Direttore di Swiss Wine Promotion (Swp), ente nazionale incaricato di valorizzare l’immagine del vino svizzero in patria e all’estero. Ma quali potrebbero essere le opportunità di crescita, considerato come la produzione sia destinata pressoché interamente al mercato interno, con un solo punticino percentuale di export? «In Svizzera abbiamo oltre 250 vitigni e 2.500 produttori. La qualità è alta: ad esempio, in una degustazione cieca a Wine Paris, uno spumante svizzero ha superato tutti i concorrenti, inclusi alcuni champagne. Dobbiamo trasmettere al pubblico questa ricchezza, anche attraverso iniziative come Cantine Aperte o Nel cuore della vendemmia, che avvicinano i consumatori al lavoro dietro ogni bottiglia. E, anche se limitato nei volumi, l’export nei nostri mercati prioritari ha un gran potenziale che intendiamo sviluppare ulteriormente», anticipa di direttore di Swp.
Anche la sostenibilità diventa leva reputazionale, nelle sue tre dimensioni - ambientale, sociale ed economico. «Dietro una bottiglia di vino svizzero si cela la salvaguardia del paesaggio, l’indotto per le regioni di montagna, le tradizioni e la cultura enogastronomica della Svizzera che si perpetuano. Sul fronte ambientale, il settore vanta già standard molto elevati: tra biologico, biodinamico, produzione integrata e rispetto delle prestazioni ecologiche richieste, il 90% delle superfici viticole adotta pratiche sostenibili. Inoltre, la produzione e il consumo locale riducono l’impatto ambientale del 30-40% rispetto ai vini importati dall’Europa o da oltreoceano», nota Nicolas Joss.
Intanto ci si prepara alla vendemmia, sperando in un’annata di maggiori soddisfazioni dopo il brusco calo del 2024, ai minimi degli ultimi 50 anni, a causa delle condizioni meteorologiche che hanno favorito le malattie della vite e ridotto le rese di almeno il 30% in tutte le regioni. Ma sarebbe miope prevedere che un’arte millenaria, che di cambiamenti climatici e tecnologici ne ha conosciuti di epocali, sarà incapace di mostrare nuovamente la sua capacità di adattamento. Basta guardare i terrazzamenti del Lavaux, patrimonio Unesco, per avere la prova di come i terreni più impervi possano dare le soddisfazioni più grandi.
Susanna Cattaneo
Fonte: Ufag
La
di vino in Svizzera
Piedi per terra, strade all’orizzonte
In mercati globali dominati dai grandi operatori, prossimità, affidabilità e continuità nel servizio diventano vantaggi distintivi per un player indipendente, insieme alla specializzazione nei settori scelti. Lo sviluppo di un’impresa familiare che, alla quarta generazione, prosegue nel solco dei suoi valori grazie a strategie mirate, visione a lungo termine e agilità, anche nel cogliere nuove opportunità.
Una su cento ce la fa. Non è che esigua la percentuale delle aziende di famiglia capaci di trasmettere il testimone fino alla quarta generazione. Se poi l’impresa opera in settori altamente competitivi, dominati da grandi gruppi pigliatutto, il traguardo diventa ancor più ragguardevole. Eppure, attivo nella fornitura di prodotti petroliferi, nel trading internazionale di chimici e commodities e nella distribuzione di soluzioni per la manutenzione industriale, il Gruppo Ecsa ha saputo costruire una posizione riconosciuta in Svizzera ed Europa, puntando su un approccio fatto di vicinanza, affidabilità e continuità nei servizi.
«Operiamo in mercati molto diversificati, ciascuno con logiche specifiche, accomunati però da due forti tendenze: la spinta alla digitalizzazione e la concentrazione dei grandi operatori, che tende a ridurre i player indipendenti. Per una realtà familiare come la nostra, ciò significa adattarsi con rapidità e costruire strategie mirate. La nostra risposta è mantenere
agilità nei servizi, specializzazione nei settori e un rapporto diretto e personale con i clienti. È questa relazione di lungo periodo a distinguerci dalle multinazionali, spesso più standardizzate e distanti», osserva Matteo Centonze, Ceo del Gruppo, che ha rilevato nel 2019 con un Family Buy Out insieme al fratello Carlo, Presidente del CdA.
La piccola drogheria fondata nel 1913 dal bisnonno Emanuele Centonze Sr. è evoluta in una realtà da oltre 350 milioni di franchi di fatturato annuo, più di 300 collaboratori e circa 16mila clienti attivi in ambito B2B. Con sette società controllate, il Gruppo ha sviluppato la sua rete logistica lungo l’asse strategico Nord-Sud Europa, garanzia di prossimità ai mercati e flessibilità, combinando la grande capacità di stoccaggio (depositi per 27mila mq
In apertura, fra pietre miliari della storia di Ecsa Group, alla quarta generazione, la partnership con BP dal 1926, e, nel 2018, l’attribuzione della concessione per la ristrutturazione e la gestione trentennale dell’area autostradale di Stalvedro San Gottardo Sud, a Ecsa Energy, con il contribuito del progetto architettonico di Mario Botta.
di superfici complessive) alla possibilità di trattare anche piccoli quantitativi, per un servizio calibrato sulle specifiche esigenze dei clienti.
La sede storica di Balerna ospita i servizi centrali e la rivendita di prodotti chimici, mentre a Desio, con la consorella Ecsa Italia, il Gruppo serve il mercato europeo della cosmetica, degli aromi e delle fragranze. A Flawil, nel Canton San Gallo,
anche polo chimico per la distribuzione di prodotti industriali come acidi, basi e solventi, si concentrano i servizi di manutenzione. Proprio l’aggiunta di questo terzo ramo all’attività, una ventina di anni fa, ha permesso di offrire alle imprese che già acquistavano prodotti delle due altre divisioni (Materie Prime ed Energia) una copertura a 360 gradi dei bisogni industriali - dal prodotto fresco al ritiro dell’esausto - nelle categorie antinfortunistica, lubrificanti e trattamento delle superfici. «La nostra diversificazione è sempre stata guidata da bisogni e sviluppi della clientela. Organizziamo strategie mirate ricorrenti, calibrate sulle diverse aree di competenza, così da intercettare tempestivamente le evoluzioni delle esigenze nei vari mercati in cui operiamo e rafforzare la nostra posizione nei mercati di riferimento», osserva Matteo Centonze. Nuove frontiere. Nel 2015, diversificazione e crescita delle tre principali divisioni di attività hanno reso necessario uno split aziendale, dando origine a tre società indipendenti e specializzate. Ecsa Chemicals è oggi uno dei principali distributori di prodotti chimici in Svizzera ed Europa grazie a una rete di approvvigionamento costruita nei decenni, nei segmenti Industrial Chemicals, Pharma &Nutrition, Flavours&Fragrances, Cosmetics&De-
Rappresentanza
Castrol lubrificanti
Industry e Heavy Duty per la Svizzera
Acquisto deposito Flawil (SG) per la chimica
Attribuzione concessione due aree autostradali di Coldrerio
«Operiamo in mercati molto diversificati, accomunati però dalla crescente digitalizzazione e dalla concentrazione che tende a ridurre i player indipendenti. Per un gruppo familiare come il nostro, la risposta è mantenere agilità nei servizi, specializzazione settoriale e un rapporto molto vicino ai clienti, basato su relazioni di lungo periodo»
Matteo Centonze, CEO di ECSA
Group
Una fotografia del Gruppo Ecsa in numeri
Il Gruppo in numeri
IV gen, FBO Carlo e Matteo Centonze
Fonte: ECSA Group
Primo impianto produzione AdBlue® in Svizzera
Riorganizzazione Gruppo Ecsa nascono 3 società 2019 2024
Acquisizione Suncolor SA
tergents. Ecsa Energy contribuisce invece in modo significativo all’approvvigionamento svizzero di combustibile e carburanti, importati da raffinerie situate nell’area mediterranea e nel bacino del Reno, assicurando la fornitura delle sue 36 attuali stazioni di servizio (fra cui tre aree autostradali in Ticino), nonché ad attività produttive al di fuori della sua rete. Infine Ecsa Maintenance, dedicata ai servizi di manutenzione.
«Se fino alla riorganizzazione del Gruppo nel 2015 avevamo puntato alla crescita organica, nel 2021 abbiamo colto la nostra prima opportunità di acquisizione: Suncolor Sa, leader nel trattamento delle superfici in Ticino. Per noi è stata
Coerenza e specializzazione
Le origini di Ecsa risalgono a 112 anni fa, quando il trentenne Emanuele Centonze Senior, bisnonno degli attuali proprietari Matteo e Carlo, fondò una piccola drogheria di fronte alla dogana di Chiasso. Inizialmente l’attività si concentrava sulla fornitura di aromi per i liquorifici, allora molto diffusi, un settore che aveva imparato a conoscere dalla precedente esperienza in Fernet Branca.
Nel 1926 intuendo la portata della “rivoluzione energetica”, installò davanti al negozio una colonna per l’erogazione di carburanti, avviando una partnership con la British Petroleum, collaborazione da cui è nato anche il commercio di lubrificanti per l’industria. Sviluppi che hanno posto le basi dei tre settori che ancora oggi rappresentano il cuore del Gruppo: commercio all’ingrosso di materie prime chimiche, energia (carburanti), sistemi e prodotti per la manutenzione industriale.
Per garantire il grado di specializzazione settoriale con maggiore continuità, con l’entrata in azienda nel 1986 di Emanuele Centonze Jr., sono state formalizzate le prime strategie aziendali moderne per ramo d’azione dedicato. Un settaggio specialistico che ha permesso all’azienda di essere estremamente pronta e flessibile all’opportunity caching. Nel 2015 il grado di diversificazione e la massa critica raggiunta dalle tre divisioni ha portato allo split aziendale e alla creazione di singole ditte specializzate: Ecsa Chemicals, Ecsa Energy, Ecsa Maintenance, fra le sette società oggi controllate da Ecsa Group, insieme alla consorella Ecsa Italia di Desio (Mi), Porta Ticino Easy Stop, Stalvedro Easy Stop e Suncolor.
Efficacia del management
Valutazione GPTW di ECSA, 2022-23
Due importanti riconoscimenti arrivati nel 2023 a sottolineare le qualità del Gruppo Ecsa: il Best Workplaces Switzerland di Great Place To Work e il “Best Managed Companies” (Deloitte Private con Six e Julius Baer).
un’evoluzione naturale, avendo già un reparto dedicato al settore: unire le forze con il player di riferimento ci ha permesso di accelerare», nota Matteo Centonze. Ad aprirsi anche nuove opportunità di partnership, accanto a quella storica con BP, avviata nel 1926 da Emanuele Centonze Sr., che ha portato anche allo sviluppo della collaborazione con Castrol per i lubrificanti di cui Ecsa è partner Ambassador. «Poniamo particolare cura nelle relazioni con i partner chiave: in ambito chimico, ad esempio, già negli anni ’90 - in concomitanza con l’apertura della Cina - Ecsa ha avviato collaborazioni con produttori cinesi, che continuano ancora oggi e che servono i mercati a livello mondiale. Mantenere rapporti di fiducia e di lungo periodo con i fornitori è un elemento centrale della nostra strategia, insieme alla loro pluralità, per garantire indipendenza e flessibilità», sottolinea il Ceo.
Anzianità di servizio
Valutazione GPTW di ECSA, 2022-23
Grande attenzione anche all’evoluzione del quadro normativo: il reparto Qualità conta 7 specialisti- 5 in Svizzera e 2 in Italia - impegnati quotidianamente a garantire il rispetto di standard e normative vigenti.
Allo stesso tempo, Ecsa esplora costantemente ulteriori possibilità. «L’esplorazione è da sempre parte del nostro modo di lavorare. Negli ultimi anni abbiamo varcato più volte i confini nazionali per raccontare chi siamo. Le fiere internazionali ci hanno permesso di portare il nostro know-how oltre le Alpi, consolidando relazioni storiche, ma anche aprendo il dialogo con nuovi player del settore. Abbiamo analizzato nuovi mercati, cercando partner affidabili e nuove occasioni di business», racconta Matteo Centonze. La recente collaborazione in Turchia per la fornitura di sorbitolo liquido destinato al settore Pharma& Nutrition ne è un esempio concreto: un prodotto che soddisfa pienamente gli standard europei di qualità, prezzo più competitivo e, al tempo stesso, classificato come merce europea, con tutti i vantaggi in termini di distribuzione e regolamentazione. «Naturalmente l’inserimento di un nuovo fornitore nella nostra supply chain è stato un processo graduale, a partire dalla verifica delle certificazioni e dai primi test interni dei nostri clienti», illustra Matteo Centonze.
Una crescita sostenibile.Vietato l’attendismo se si vuole restare competitivi: difficile altrimenti non soccombere alle inevitabili crisi sistemiche. Negli ultimi vent’anni, il Gruppo ha investito oltre 100 milioni di franchi, soprattutto per mantenere infrastrutture e logistica allo stato dell’arte. «Investimenti continui e programmati sono essenziali per evitare interventi troppo onerosi da realizzare in un’unica soluzione. Distinguiamo tra budget ordinario - per manutenzione e aggiornamento - e straordinario, approvato sulla base di analisi puntuali. La differenza, rispetto a una quotata, è l’orizzonte: come azienda di famiglia ragioniamo in termini di generazioni. Questo ci consente di avere pazienza, di aspettare i risultati senza subire la pressione del breve termine», sottolinea Matteo Centonze.
Una disciplina finanziaria che è valsa anche il titolo di “Best Managed Companies” in Svizzera, iniziativa di Deloitte Private, in collaborazione con Six Swiss Exchange e Julius Baer, che premia le aziende private con fatturato superiore ai 100 milioni che ecellono per capacità di gestione e crescita sostenibile. «Il nostro obiettivo è essere profittevoli per garantire benessere e sostenibilità della nostra azienda. Manteniamo quindi un livello di capitale proprio ben bilanciato, così da ridurre l’esposizione e poter affrontare con solidità anche i momenti di crisi più complessi. Una gestione equilibrata che consente non solo di tutelare gli interessi del Gruppo, ma anche di cogliere nuove opportunità quando si presentano le condizioni giuste», commenta il Ceo.
Tutti per uno. Accanto ai numeri, c’è il capitale umano. Nel 2023 Ecsa è stata certificata “Best Workplaces Switzerland” da Great Place to Work. Decidere di sottoporsi al sondaggio che valuta la cultura organizzativa raccogliendo le opinioni dei dipendenti rispetto all’ambiente di lavoro, è stata espressione della nuova interpre-
Fonte: Certificazione Great Place
Le esplorazioni più recenti del Gruppo. Negli ultimi mesi il team Flavours & Fragrances di Ecsa Chemicals ha visitato fornitori e aziende partner in India, Francia e Thailandia individuando ingredienti naturali e soluzioni innovative. Il team Pharma & Nutrition, invece, ha intensificato i contatti in Cina e Turchia, incontrando nuovi produttori. Le fiere e gli incontri locali si confermano occasioni per conoscere meglio nuove realtà. Il team Energy ha viaggiato in Finlandia per sondare nuove opportunità in un mercato in rapida evoluzione.
tazione della leadership da parte della quarta generazione. «Disporre di una foto dello status quo, misurandosi con un benchmark locale e internazionale, era essenziale per implementare ulteriori processi di miglioramento. Ho sempre sostenuto che non bisogna temere l’autoanalisi. Il risultato è stato duplice: all’esterno, la certificazione rende più attrattivi verso talenti e stakeholder; all’interno, rafforza orgoglio e senso di appartenenza», sottolinea Matteo Centonze.
Il nuovo approccio manageriale punta a una struttura più decentralizzata e responsabilizzata, capace di dialogare con
Agire e non subire
Esplorazioni recenti
Ricerca opportunità di mercato e partnership
Sedi Ecsa
Mercati in esplorazione
Finlandia
Turchia
Fonte:
ECSA Group
la generazione Z e con le esigenze di un gruppo diversificato. Punto di forza rimane una sana cultura del try and error, ingrediente del successo di Ecsa: «Crediamo che chi ha responsabilità debba sentirsi libero di sperimentare, sapendo che l’errore fa parte del processo di crescita. Può essere l’introduzione di un nuovo prodotto che non riesce a trovare mercato, oppure di un servizio che, pur avendo un razionale tecnico, non ottiene il riscontro atteso dai clienti. Tanti episodi minori, ma tutti preziosi, perché permettono di imparare, correggere la rotta e, in alcuni casi, riproporre l’idea in forma più
Un esempio rappresentativo dell’attitudine del Gruppo Ecsa ad “agire e non subire” arriva dalla crisi energetica seguita al conflitto in Ucraina. Fra le materie prime colpite dall’aumento dei prezzi, anche l’AdBlue, additivo indispensabile per ridurre le emissioni dei veicoli diesel. «Fino a quel momento, in Svizzera veniva importato interamente dall’estero, sebbene composto per due terzi da acqua: un trasporto inefficiente e costoso. Nel 2023 abbiamo deciso di reagire in modo proattivo, investendo per realizzare a Flawil il primo impianto di produzione di AdBlue “Made in Switzerland”», racconta Matteo Centonze. Una scelta che, oltre a rafforzare la sicurezza di approvvigionamento, ha ridotto sensibilmente rischio di dipendenza, costi logistici e impatto ambientale: diminuzione di due terzi delle importazioni, pari a 180 viaggi di camion all’anno e un taglio di circa 178 tonnellate di CO2, equivalenti alla capacità di assorbimento di 17.800 alberi adulti. Già leader svizzero nella distribuzione di biocarburanti, Ecsa compie così un altro passo a favore della mobilità verde. «Questo progetto dimostra la nostra attitudine a trasformare una minaccia in opportunità strategica, potenziando al contempo sostenibilità, indipendenza e servizio al cliente», sottolinea il Ceo di Ecsa Group. Pienamente certificato da Vda (Verband der Automobilindustrie), da metà 2024 l’impianto fornisce AdBlue in vari formati alle aziende in tutta la Svizzera, con tempi di consegna brevi e consulenza personalizzata da parte di un team di esperti di Ecsa Maintenance.
efficace, trasformando un insuccesso iniziale in un’opportunità», afferma Matteo Centonze.
Uno spirito di coinvolgimento che si riflette nello slogan aziendale “Be Part”, filo conduttore di molte iniziative, e che trova naturale prosecuzione nel programma Esg. Per Ecsa non è un’etichetta di facciata, ma un percorso continuo e radicato, basato su un approccio integrato capace di bilanciare risultati economici, responsabilità sociale e tutela dell’ambiente - un aspetto cruciale per chi opera in settori ad alto impatto. Non a caso è stata la prima azienda industriale svizzera a certificarsi con myclimate, uno dei leader mondiali nella compensazione volontaria di CO2. Fra le iniziative più concrete, l’investimento nel fotovoltaico: oggi Ecsa dispone di 821 kWp di potenza installata, pari al fabbisogno di 182 famiglie, con una riduzione di 300 tonnellate di emissioni l’anno e significativi risparmi sui costi energetici. Pronti a nuove sfide. Dopo un lungo periodo di crisi e volatilità, il 2024 ha segnato un ritorno alla normalità: «Per la prima volta da quando sono in aziendaormai 15 anni - tutti e tre i settori hanno performato bene nello stesso anno. In passato, infatti, capitava spesso che uno o due settori rallentassero mentre gli altri compensavano», commenta il Ceo.
Il 2025, invece, è iniziato in un contesto nuovamente incerto. «Le tensioni e le oscillazioni sui mercati internazionali, influenzate anche da fattori geopolitici, hanno un impatto diretto su diversi settori della nostra clientela. Basti pensare che se si fossero concretizzati i dazi Usa del 39% anche sull’oro, le realtà produttive svizzere avrebbero inevitabilmente ridotto drasticamente la produzione. Le incertezze macroeconomiche e politiche possono rapidamente influire sulla stabilità dei mercati e, di conseguenza, sui nostri risultati. Come Gruppo continueremo a esplorare il futuro partendo dai nostri mercati di riferimento, cogliendo le opportunità che si presenteranno e diversificando quando le condizioni lo renderanno strategico», conclude il Ceo del Gruppo Ecsa, che guarda alle nuove sfide nel solco che ne ha guidato la crescita. Perché la resilienza non è difesa passiva, ma si costruisce su fondamenta solide e con la capacità di trasformare i vincoli esterni in vantaggio competitivo.
Susanna Cattaneo
Guidati dalla responsabilità verso l’ambiente e le persone
Il conseguimento delle certificazioni ISO 14001 e ISO 45001 costituisce una tappa fondamentale nel percorso di sostenibilità ambientale, sicurezza sul lavoro e trasparenza di Driver Agom. Un impegno che coinvolge tutte le 23 officine svizzere del Gruppo Pirelli, inaugurato dal progetto pilota della sede centrale di Bioggio.
Esempio concreto di un’eccellenza nata in Ticino negli anni Sessanta, Driver Agom è oggi una rete di 23 officine distribuite capillarmente sul territorio svizzero. Un’espansione resa possibile da investimenti mirati, da un processo continuo di professionalizzazione e dalla guida di un gruppo multinazionale come Pirelli. Oltre 135 collaboratori altamente qualificati offrono ogni giorno un servizio rapido, preciso e personalizzato per privati, flotte aziendali, leasing company e rivenditori partner. Agli oltre 100mila pneumatici gestiti annualmente e alle 70mila ruote custodite nei Tyre Hotel, si affiancano servizi di meccanica leggera, controlli stagionali e consulenze dedicate.
Oltre alla qualità di prodotti e servizio, per Driver Agom la crescita passa anche dall’impegno concreto verso ambiente e persone. Un’attenzione alla sostenibilità e alla sicurezza che guida sia l’operato giornaliero sia la strategia di lungo periodo, in un’ottica di miglioramento costante.
Sostenibilità e sicurezza certificate Il conseguimento delle certificazioni ISO 14001 (Sistema di Gestione Ambientale) e ISO 45001 (Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro) rappresenta una tappa cruciale nel percorso di sostenibilità della rete Driver Agom. Un impegno che riflette la strategia globale di Pirelli, basata su Governance responsabile, rispetto dei diritti umani, innovazione sostenibile e centralità delle persone.
«Driver Agom rappresenta la traduzione operativa di questi principi nel contesto svizzero, agendo come presidio di qualità, competenza tecnica e cultura della prevenzione, anche nel servizio post-vendita», dichiara Luca Tedeschi, CEO di Pirelli Tyre Suisse SA e Driver Agom Svizzera. «Le due certificazioni ISO sono molto più di una prova di conformità: per noi rappresentano uno strumento di sviluppo sostenibile, una leva di reputazione e performance, ma anche una garanzia per chi lavora ogni giorno nei nostri centri e per chi vi acquista pneu-
matici e servizi. Dimostrano infatti concretamente la responsabilità e il rispetto verso i nostri collaboratori, i clienti e il territorio; sono parte integrante del nostro modo di operare, oggi e domani», prosegue il CEO.
Ticino, “officina” di innovazione Il progetto di certificazione ha richiesto un percorso articolato, avviato nel 2022 con la creazione di un team HSE multidisciplinare e la definizione di una roadmap chiara. Il Ticino ha svolto il ruolo di regione pilota grazie alla sede centrale di Bioggio, dove sono presenti uffici, magazzino centrale e punto vendita. «Qui abbiamo lavorato a stretto contatto tra management e parte operativa, testando sul campo procedure, interventi strutturali e programmi di formazione, e ricevendo feedback immediati. Qui abbiamo avviato i primi audit interni, i primi Safety Champion e i primi corsi. Un’esperienza che ha reso il modello robusto e scalabile», sottolinea Luca Tedeschi.
Si è partiti da una mappatura completa dei rischi, seguita da audit interni ed esterni, benchmarking e lo sviluppo di procedure operative allineate ai migliori standard internazionali.
«Parallelamente abbiamo realizzato interventi di adeguamento infrastrutturale, la sostituzione di attrezzature e l’introduzione di piani di manutenzione preventiva. Sul fronte ambientale, l’illuminazione è stata aggiornata con sistemi Led ad alta efficienza, migliorando visibilità e consumi. Gestiamo i rifiuti con partner qualificati, controlliamo ogni passaggio in digitale e rispettiamo tutte le normative federali e cantonali. L’efficacia di ogni intervento è garantita da audit, checklist e ispezioni di secondo livello», spiega Marcello Guerrini, CFO di Pirelli Svizzera e e responsabile delle attività di HSE.
In un Paese caratterizzato da pluralità linguistica, culturale e differenze normative come la Svizzera, una delle sfide principali è stata l’armonizzazione del sistema di gestione integrato HSE. È stato necessario tradurre documenti, adattare corsi di formazione, nominare referenti locali e instaurare un dialogo costante con i responsabili dei punti vendita. Decisivo il supporto dell’ Headquarter Pirelli di Milano: linee guida chiare, risorse dedicate e una visione coerente con gli standard aziendali globali.
«Promuovere una cultura di sicurezza e responsabilità ambientale significa inoltre investire in formazione tecnica, ergonomia, primo soccorso, piani di evacuazione e uso sicuro di attrezzature e sostanze. Tra il 2023 e il 2025 Driver Agom ha realizzato oltre 800 interventi formativi, con alta partecipazione e soddisfazione del personale», aggiunge Luca Tedeschi. Si parte sin dall’ingresso in azienda, con gli apprendisti. I responsabili di filiale sono ormai veri leader HSE, proattivi nel proporre miglioramenti, attenti alla prevenzione e punto di riferimento per i team. L’impegno costante del management completa l’efficacia del modello.
Imprescindibile estendere gli stessi standard di sicurezza, rigore e sostenibilità a tutta la filiera di approvvigionamento, coinvolgendo fornitori altamente specializzati: Altola assicura la gestione conforme e tracciata dei rifiuti industriali; Mewa fornisce materiali riutilizzabili a basso impatto ambientale riducendo gli sprechi; Astra garantisce dispositivi di
«Per Driver Agom le due certificazioni ISO sono molto più di una prova di conformità: rappresentano uno strumento concreto di sviluppo sostenibile, una leva di reputazione e performance, una garanzia per chi lavora nei nostri centri e per chi vi acquista pneumatici e servizi. Sono parte integrante del nostro modo di operare, oggi e domani»
Luca Tedeschi, CEO Pirelli Svizzera
protezione individuale certificati per tutti i collaboratori; Safia cura la manutenzione periodica delle attrezzature. «Questi accordi quadro prevedono controlli costanti e audit regolari, consolidando relazioni basate su valori ESG condivisi. In questo modo Driver Agom contribuisce a creare una filiera sicura, sostenibile e con benefici concreti per la comunità», evidenzia Marcello Guerrini.
Un traguardo e un inizio
L’obiettivo è continuare a investire nei programmi di formazione continua e nella sensibilizzazione HSE, per costruire una Driver Agom sempre più forte, innovativa e responsabile.
«Rafforzeremo ulteriormente i controlli operativi con audit regolari e verifiche di terza parte, rinnoveremo infrastrutture e attrezzature critiche e ridurremo ancora di più l’impatto ambientale, puntando su efficienza energetica e gestione intelligente dei rifiuti. Investiremo non solo in strutture fisiche, ma anche in intelligenza artificiale e nella digitalizzazione dei nostri sistemi di gestione e controllo, per garantire un monitoraggio sempre più proattivo e preventivo di qualsiasi anomalia o rischio», conclude il CEO Luca Tedeschi.
Due momenti della giornata evento presso la sede centrale di Bioggio, in cui Driver Agom ha ricevuto le due certificazioni ISO, frutto del suo autentico impegno verso l’ambiente e la salute e la sicurezza sul lavoro.
Le certificazioni ISO 14001 e ISO 45001 verificate da un ente terzo prestigioso come RINA, gruppo internazionale presente in oltre 70 Paesi, costituiscono dunque il primo importante traguardo di un percorso ambizioso, in cui sostenibilità e sicurezza sul lavoro si traducono ogni giorno in azioni concrete e costituiscono un valore aggiunto per chi sceglie Driver Agom.
Dalla conformità normativa alla creazione di valore: l’integrazione della sostenibilità nella strategia aziendale come leva competitiva, in termini di crescita, innovazione, attrattività e resilienza.
Se fino a qualche anno fa la rendicontazione sulla sostenibilità era una pratica vagamente definita e utilizzata principalmente come strumento di pubbliche relazioni, di recente ha subito una notevole evoluzione, giungendo oggi a maturazione con la reportistica integrata.
Si tratta di un report che combina la rendicontazione finanziaria con quella sulla sostenibilità e dà informazioni circa il valore creato per gli stakeholders, come la società abbia generato miglioramenti sostenibili e come sia posizionata per continuare a farlo in futuro.
In questo senso, si evince come la competività passi anche dall’integrazione dell’Esg (Environmental, Social and Governance) nella strategia. Ne consegue che, anziché trattare ancora l’Esg come un obbligo a cui conformarsi, sia ora tempo di riconoscerne il ruolo di potente volano per la creazione di valore in termini di prestazioni finanziarie, innovazione, attrazione di talenti, catene di approvvigionamento resilienti e per l’organizzazione nel suo complesso.
Guidare l’integrazione Esg in azienda. I membri del CdA si trovano nella posizione ideale per garantire l’integrazione della sostenibilità nella creazione di valore a lungo termine. Anche i dirigenti aziendali riconoscono il loro ruolo decisivo nel supervisionare e guidare proattivamente le questioni Esg.
Qualche semplice raccomandazione può sostenere i CdA nell’integrazione Esg in azienda. Ad esempio:
• Migliorare le conoscenze e l’impatto dei temi Esg;
• Istituire specifici comitati di supervisione;
• Promuovere decisioni relative alla stra-
tegia, al piano di azione, ai processi e alla governance di sostenibilità;
• Assicurare la compliance, la rendicontazione e la trasparenza, mantenendo elevati standard;
• Relazionarsi con gli stakeholder e incrementare la loro fiducia.
Requisiti normativi
Conformarsi ai requisiti normativi rappresenta una parte importante di questo percorso. La rendicontazione sulla sostenibilità è infatti sottoposta a principi legislativi e requisiti molto più stringenti rispetto al passato.
«È tempo di riconoscere il ruolo di potente volano dell’Esg per la creazione di valore in termini di prestazioni finanziarie, innovazione, attrazione di talenti, resilienza e l’organizzazione nel suo complesso»
Ai sensi dell’art. 964 del Codice delle Obbligazioni svizzero, l’organo supremo di gestione è responsabile delle questioni non finanziarie - comprese le questioni ambientali, gli obiettivi di CO2, le questioni sociali e relative ai dipendenti, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione.
A completamento, la Legge svizzera sul Clima e l’Innovazione promuove ulteriormente l’innovazione sostenibile e le misure di protezione del clima, incoraggiando le imprese ad adottare pratiche e tecnologie ecologiche. Le società quotate non sono solo tenute a rendicontare sulle prestazioni storiche in materia di sostenibilità, ma vengono incoraggiate a divulga-
re i piani di transizione con cui intendono raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 al più tardi.
Inoltre, per combattere il greenwashing, la Legge sulla Concorrenza Sleale stabilisce che le società debbano evitare affermazioni fuorvianti sulle loro pratiche ambientali. Questo garantisce che gli sforzi di sostenibilità siano rappresentati in modo veritiero e accurato, favorendo fiducia e trasparenza tra gli stakeholder.
Le società svizzere sono inoltre tenute ad aderire a linee guida internazionali come il Global Compact delle Nazioni Unite e le Linee Guida dell’Ocse per le Imprese Multinazionali, che promuovono una condotta aziendale responsabile in aree come i diritti umani, gli standard lavorativi e la gestione ambientale.
Anche le normative europee stanno evolvendo con il pacchetto Omnibus, che mira a semplificare le normative sulla sostenibilità.
Questi movimenti globali influenzano le stesse imprese svizzere richiedendo l’adattamento a quadri normativi in evoluzione, esercitando pressioni competitive, ma rappresentando al contempo opportunità per l’innovazione e la leadership nelle pratiche sostenibili.
In conclusione, con l’integrazione della sostenibilità nel cuore della strategia aziendale, i CdA possono identificare nuovi percorsi di crescita, innovazione e resilienza. È quindi il momento, per i membri del Consiglio d’amministrazione e per la Direzione, di abbracciare questa opportunità, guidando le imprese con lungimiranza verso tale trasformazione.
Ostacoli fatali al commercio
Il mancato aggiornamento del Mutual Recognition Agreement, garantito dai Bilaterali III, infliggerebbe un duro colpo all’industria svizzera, pilastro dell’export elvetico, già sotto forte pressione.
Chi segue anche solo superficialmente la politica europea della Svizzera si sarà sicuramente già imbattuto nel tema delle conseguenze dell’erosione degli Accordi bilaterali con l’Ue. Tale fenomeno è dovuto all’evoluzione delle normative europee in numerosi settori, ciò che porta alla progressiva obsolescenza degli accordi di accesso al mercato unico negoziati tra le due parti. Infatti, nonostante un adattamento autonomo della legislazione svizzera al diritto europeo in svariati ambiti, in alcuni settori l’equivalenza delle rispettive norme viene bloccata dall’Ue nell’attesa della risoluzione delle cosiddette “questioni istituzionali” (composizione delle controversie, recepimento dinamico del diritto e le relative eccezioni).
Se l’attuale situazione di stallo dovesse proseguire, le conseguenze per la Confederazione sarebbero notevoli: gli spedizionieri svizzeri non potrebbero infatti più beneficiare di ordini supplementari all’interno dell’Ue; le imprese elvetiche non avrebbero più la possibilità di partecipare agli appalti pubblici nell’Ue su un piano di parità; reclutare manodopera dall’Ue risulterebbe molto più complicato. Tutto questo limitandosi a citare solo alcuni esempi.
In generale, l’Unione europea soffrirebbe molto meno del deterioramento delle relazioni commerciali con la Svizzera che non viceversa: la Svizzera guadagna circa 15.400 franchi pro capite esportando beni nell’Ue, mentre l’Ue ne guadagna solo 350 esportando beni in Svizzera. Ciò ha un influsso diretto sulle piccole e medie imprese, una colonna portante dell’economia Svizzera. Infatti, secondo i dati raccolti dalla Nzz nell’ultima edizione del suo Barometro Pmi, oltre il 40% dei
dirigenti ha indicato le relazioni irrisolte con l’Ue come la seconda fonte di preoccupazioni di natura geopolitica e macroeconomica, dopo le tensioni commerciali provocate dalla politica commerciale del Presidente Trump.
Come menzionato in precedenza, uno degli ambiti maggiormente colpiti dal mancato aggiornamento degli accordi attuali, a causa delle divergenze relative alle questioni istituzionali, è senza dubbio quello del reciproco riconoscimento delle valutazioni di conformità.
Entrato in vigore il primo giugno 2001, l’Mra (Mutual Recognition Agreement) abolisce gli ostacoli tecnici nella commercializzazione di numerosi prodotti industriali tra Svizzera e Ue. L’Mra comprende 20 settori di prodotti (tra cui macchinari, dispositivi medici, apparecchi elettrici, prodotti per la costruzione, ascensori, prodotti farmaceutici), vale a dire il 73% di tutti i prodotti industriali svizzeri esportati nell’Unione europea. Esso definisce norme uniformi per i prodotti e stabilisce che la valutazione della conformità deve essere effettuata una volta sola, in Svizzera o nell’Ue. In questo modo, è possibile commercializzare un articolo senza costi aggiuntivi.
Poiché le norme sui prodotti sono in continua evoluzione, l’Mra deve essere aggiornato regolarmente. In caso contrario, secondo le stime dell’Erosion Monitor di Avenir Suisse, l’economia dovrebbe probabilmente sostenere costi di adeguamento superiori a un miliardo di franchi. Denaro che verrebbe a mancare agli investimenti in prodotti innovativi e alla piazza economica svizzera. Alcuni settori devono già confrontarsi con questa situazione. Dopo la fine del riconoscimento reciproco dei disposi -
Marco Martino, Responsabile economiesuisse per la Svizzera italiana.
tivi medici provocato dall’interruzione dei negoziati sull’accordo quadro istituzionale, Ypsomed, impresa leader nello sviluppo e nella produzione di sistemi di iniezione per l’autosomministrazione di farmaci liquidi, ha dovuto far ricertificare 400 prodotti in Germania, ciò che ha richiesto l’impegno di quasi 40 collaboratori durante due anni con un costo di oltre 20 milioni di franchi. Inoltre, le imprese attive nel settore devono anche disporre di un mandatario responsabile dei prodotti esportati con sede nell’Ue e le specifiche dei prodotti, pur costituendo informazioni riservate, devono essere messe a disposizione di quest’ultimo, il quale è tenuto a fornire informazioni all’autorità di vigilanza dell’Ue. Tutto ciò comporta un rischio concreto che numerose imprese decidano di delocalizzare almeno una parte delle loro attività nell’Ue.
In conclusione, considerando la sua rilevanza per il comparto industriale svizzero, l’erosione del Mutual Recognition Agreement va interrotta al più presto. Nell’ambito del nuovo pacchetto di Accordi bilaterali in consultazione, con l’introduzione dei nuovi elementi istituzionali si garantisce che in futuro l’Mra venga adeguato regolarmente alle pertinenti evoluzioni del diritto dell’Ue. In particolare, le nuove disposizioni introducono l’obbligo per l’Ue di aggiornare i capitoli settoriali dell’Accordo. Perciò, in futuro i necessari aggiornamenti non potranno più essere sospesi unilateralmente dall’Ue e una situazione di stallo come quella del settore dei dispositivi medici non potrebbe più ripetersi.
Coaching speciale
Una partnership per trasformare il potenziale in risultati concreti
In un contesto in cui mercati, tecnologie e modelli organizzativi evolvono a velocità inedita, il business coaching è diventato una leva strategica per leader e professionisti, chiamati a prendere decisioni rapide, e guidare le persone in percorsi di trasformazione complessi. Non si tratta di un trend passeggero, ma di un investimento mirato per rafforzare le competenze chiave: dalla visione strategica alla comunicazione efficace, dalla gestione dei team allo sviluppo delle soft skills indispensabili per affrontare il cambiamento organizzativo. Perché il capitale più prezioso è il potenziale umano.
Questo approfondimento vuole offrire uno sguardo privilegiato su visioni, metodologie e strumenti di chi, del coaching, ha fatto la propria missione. Apriamo con la voce autorevole di Anthony Smith, executive business coach di fama internazionale, che non mancherà di ispirare e sorprendere il lettore, per poi proseguire con proposte di valore di professionisti accreditati attivi sul nostro territorio. Tutti volti femminili, a conferma della tendenza globale del settore, che vede un 72% di donne attive, secondo le stime dell’International Coaching Federation.
p. 56
Gabriela Cotti Musio Mental Coach per sportivi e professionisti mental-drive.ch
Vanessa Helfrich Life & Success Coach lifeguidecoach.com
p. 57
Sara Rossini Coach per aziende formatrici e apprendisti fill-up.ch
Chantal Gilardini Linder Professional Coach cglcoaching.ch
Romina Henle Individual, Relationship & Team Coach coachingfederation.ch p. 56 p. 62
Artefici del cambiamento
Il primo consiglio a un imprenditore? Guardarsi allo specchio. Perché la crescita di team e aziende inizia sempre dal lavoro su sé stessi.
Spesso chi si rivolge a un business coach si aspetta una soluzione istantanea: un metodo pronto all’uso, strumenti immediati. Ma Anthony Smith, executive business coach di fama internazionale, mette subito in guardia chi lo interpella: «Posso proporti il miglior metodo del mondo, ma se vuoi ottenere risultati diversi, per prima cosa devi agire diversamente. E per farlo devi diventare una persona diversa».
Un obiettivo che richiede coraggio, lavoro su sé stessi e la capacità di affrontare le responsabilità senza puntare il dito su collaboratori o fattori esterni quando qualcosa non funziona. In questa intervista, Anthony Smith racconta come diventare artefici del cambiamento - personale e organizzativo - e quali strumenti rendano un leader capace di guidare il proprio team con efficacia.
Barbara Brosadola Strategic Intervention Coach 360coachacademy.com
Anthony Smith, perché sostiene che per diventare un leader più efficace occorra prima conoscere sé stessi? Perché prima di essere professionisti, siamo persone. E se migliori te stesso, i risultati arriveranno di conseguenza. Lavorare su di sé significa andare in profondità, guardare alla propria storia e individuare schemi ripetitivi: errori
ricorrenti, reazioni automatiche che ci limitano, ma anche successi da cui trarre forza. Conoscersi è la base per capire che ci sono anche altre opportunità e per scegliere quali obiettivi darsi, costruendo un piano dettagliato per raggiungerli e, poi, per mantenere la motivazione. Spesso chiedo a imprenditori e manager che mi contattano se abbiano mai fatto un corso di crescita personale: purtroppo la risposta è quasi sempre no. Come si traduce questo approccio nel suo lavoro con un imprenditore?
Lo metto davanti allo specchio. Spesso i clienti arrivano da me convinti che il problema siano i collaboratori: “Gliel’ho spiegato decine di volte e non lo fa!”. Ma prima di dare la colpa agli altri bisogna chiedersi: la mia comunicazione è davvero efficace? Sto trasmettendo in modo chiaro la visione? Sto dando il giusto contesto? Da qui inizia un percorso strutturato in cinque fasi:
1. Chiarezza di visione. Un leader deve sapere dove sta andando l’azienda. Serve non solo a livello strategico, ma anche per creare senso di appartenenza e impegno nei collaboratori.
2. Dati e monitoraggio Come in un’auto, serve un cruscotto che indichi l’andamento. I dati vanno non solo raccolti, ma anche analizzati e condivisi con il team.
A cura di Susanna Cattaneo
3. Momenti di condivisione. Riunioni strutturate, brevi e basate su fatti e numeri, non su emozioni e opinioni, per mantenere tutti allineati sulla rotta.
4 Ruoli e processi. Creare flussi di lavoro chiari e mansionari dettagliati, con obiettivi, compiti, competenze e qualità individuali richieste.
5. Feedback costruttivi. Dare riscontri, positivi o negativi che siano, per correggere la rotta senza affossare la motivazione.
Un approccio così strutturato è sostenibile anche per una piccola azienda?
È proprio nelle piccole realtà che funziona meglio. Se inizi dal giorno zero con processi chiari, eviti che ogni persona lavori “a modo suo”. Nelle grandi aziende che non hanno mai fatto questo lavoro, introdurlo è molto più complesso: ci sono abitudini radicate e resistenze al cambiamento. Certo, fare un percorso di coaching ha un costo… Ma la vera domanda è: quanto costerà non farlo?
Crescere come leader significa creare le condizioni per non farsi travolgere dal cambiamento, ma guidarlo.
Quanto è importante il coinvolgimento del team?
È fondamentale: il coinvolgimento genera impegno. Se i collaboratori partecipano alla creazione della visione o di un processo, non lo subiscono: lo sentono proprio. Per esempio, quando si creano i mansionari, chiedo all’imprenditore di scriverne uno ‘ideale’ per il ruolomai ad personam, se si vuole crescere bisogna professionalizzarsi strutturando funzioni di riferimento. Poi domando al collaboratore di fare lo stesso. Infine si confrontano le due versioni per stabilire quella definitiva. È una base condivisa che facilita i feedback successivi.
Dare feedback negativi è uno degli aspetti più delicati.
Qui entra in gioco il “metodo sandwich”: iniziare con un commento positivo, inserire la parte critica in modo costruttivo e chiudere con un rinforzo positivo. Porto l’esempio di un collaboratore problematico - lo chiamerò Michele - che mi sono trovato a gestire come Sales Director di Nike Italia. Conosceva il mercato e i clienti meglio di chiunque altro, aveva numeri eccellenti e un grande carisma. Ma in azienda, quell’energia si trasformava in negatività: commenti demotivanti, aperta opposizione alle strategie.
Nato negli Stati Uniti, Anthony Smith ha sperimentato la leadership sul campo sportivo prima ancora che nel mondo aziendale, con una lunga carriera nel football americano. Dopo aver maturato una vasta esperienza come dirigente commerciale in multinazionali come Nike, dove è stato promosso cinque volte in dieci anni fino a diventare Sales Director Italia, e poi Levi Strauss Italia, in qualità di Country Managing Director, nel 2004 ha deciso di mettersi in gioco aiutando le persone a dare il meglio di sé e a tirar fuori il proprio potenziale inespresso (una sfida che racconta in Il coraggio di cambiare, fra i suoi bestseller). Oggi Anthony è executive business coach e personal coach per imprenditori e dirigenti di diverse realtà industriali e commerciali e per i loro team di manager. Supporta inoltre allenatori professionisti nelle massime serie del calcio italiano ed è spesso interpellato per interventi motivazionali e ispirazionali in convention aziendali rivolte a forze commerciali e manager, dove rivela le sue doti di grande comunicatore.
Affrontarlo di petto avrebbe solo portato allo scontro. Durante il colloquio di feedback ho allora iniziato da un commento positivo, ‘la prima fetta di pane’: “Michele, tu sei il nostro punto di forza, conosci il mercato meglio di chiunque altro, i clienti ti adorano”.
Poi il ‘ripieno’ indigesto, facendo però attenzione a preservare quell’onda comunicativa positiva creatasi senza introdurre affermazioni negative: “E ti dico di più: se usassi questa capacità anche all’interno dell’azienda, mi saresti di grande aiuto”. A questo punto ho elencato i suoi comportamenti problematici: “La scorsa settimana, in riunione, il tuo intervento ha minato il lavoro del gruppo. Questo non aiuta né te né noi. Se hai idee alternative, portale a me prima”.
Infine, la ‘seconda fetta di pane’, con una chiusura costruttiva: “Fammi vedere questa svolta. Voglio che tiri fuori il massimo della tua potenzialità”. Ha funzionato: Michele ha cambiato atteggiamento, e il team ha ritrovato equilibrio. Qual è l’errore più pericoloso per un leader?
Ignorare comportamenti dannosi solo perché chi li mette in atto è ‘troppo bravo per perderlo’. È un messaggio de-
Anthony Smith
leterio per il resto del team: “Le regole non valgono per tutti”, “Il capo non ha il coraggio di intervenire”. Così si perde fiducia e motivazione.
Invece uno strumento irrinunciabile?
Le domande. Saperle utilizzare cambia la vita. Servono non solo a capire competenze e obiettivi, ma anche a prevenire conflitti e incompatibilità che possono minare un team.
Qualcuno potrebbe anche dire che queste sono cose già sentite e risentite... Ma il punto non è averle sentite: è averle applicate. Ognuno è diverso, per questo prima di sperimentare occorre lavorare su di sé e, ovviamente, è un processo che richiede tempo. Un coach ti porta a capire cosa fare, ti dà strumenti e un metodo, però lo sforzo dovrai farlo tu. Quando in Nike mi hanno promosso a Sales Director Italia, dissero di avermi scelto non perché fossi il miglior venditore, ma perché sapevo tirare fuori il meglio dalle persone. Ho capito solo allora che non è una qualità scontata per un leader. Ed è ciò che mi ha spinto a diventare executive business coach: per aiutare altri a fare lo stesso. Perché il vero leader non è chi ha tanti follower, ma chi sa creare altri leader.
Executive Business Coach
Romina Henle
Individual, Relationship & Team Coach
• Andragoga con background corporate in L&D. Volontaria di ICF Svizzera, già ICFS Chapter Leader Ticino e membro del Comitato direttivo di ICFS
• PCC, CPCC, ORSC trained, Diploma federale di supervisore-coach,...
• Con Dance In Your Essence accompagna individui, team e organizzazioni nei processi di cambiamento, allineando valori e azioni con approcci sistemici ed esperienziali
Il Quality Label che certifica la professionalità
Con oltre 60mila membri e circa altrettanti coach con credenziale, International Coaching Federation (ICF) è la più grande associazione al mondo del suo settore e opera senza scopo di lucro. Fra le prime al di fuori del Nord America, ICF Svizzera (ICFS), fondata nel 2003, è oggi fra i Charter Chapter più importanti in Europa, con 907 membri. Suo obiettivo è sostenere lo sviluppo e la diffusione del coaching nel nostro paese, promuovendo principi etici e professionali riconosciuti a livello internazionale. Cinque le community locali, tra cui una nella Svizzera italiana, che affiancano il comitato direttivo di ICFS, a disposizione di aziende, associazioni di categoria e privati per un sostegno, quale partner nell’integrazione del coaching nelle proprie strutture e nella vita quotidiana. Il programma indipendente di credenziali proposte da ICF - Associate Certified Coach (ACC), Professional
Certified Coach (PCC) e Master Certified Coach (MCC) - definisce standard globali, a cui si affianca la più recente Advanced Certification in Team Coaching (ACTC), dedicata al lavoro con i team. Questo porta chiarezza in un settore non regolamentato, ricco di opportunità ma anche di sfide.
Molti professionisti fanno riferimento a ICF: alcuni aderiscono al codice etico, altri diventano membri o ottengono credenziali. È responsabilità del coach comunicare con trasparenza il proprio percorso, l’esperienza, l’appartenenza a ICF e lo status di credenziale. Espressioni generiche come “coach certificato” non hanno valore: solo credenziali ufficiali come quelle proposte da ICF rappresentano standard riconosciuti. Grazie all’app “Verify a Coach” sul sito globale dell’Associazione, è possibile verificare se un coach è membro ICF o possiede una credenziale, inserendo semplicemente il suo nominativo.
La mente, vero motore della performance
Mental Coach per sportivi e professionisti
• Vasta esperienza in comunicazione aziendale
• Certificato e Diploma Sport Mental Coach alla Sport Mental Akademie di Zurigo
• Attualmente si prepara agli esami federali di Mentore aziendale
Tel. +41 (0)79 664 49 48 gabrielacotti@bluewin.ch
Dal campo da golf alla sala riunioni: il coaching mentale sviluppa concentrazione, resilienza e fiducia, competenze decisive per lo sport come per il business.
Il successo nello sport nasce infatti dall’equilibrio tra cinque fattori: allenamento, alimentazione, flessibilità, riposo e recupero, preparazione mentale. Se i primi quattro sono spesso noti, il quinto è a volte sottovalutato, pur essendo determinante per raggiungere l’eccellenza. La preparazione mentale consente agli atleti di sviluppare concentrazione, fiducia e resilienza nelle fasi decisive di una competizione. Ed è proprio su questo aspetto che si fonda Mental Drive, la mia nuova iniziativa professionale da indipendente, dopo molti anni intensi e arricchenti nella comunicazione e nel marketing del settore bancario. Un progetto che rappresenta la sintesi delle mie passioni e nuove prospettive, rivolto a
sportivi e anche a chi, nel mondo professionale, deve affrontare pressioni, sfide e cambiamenti continui.
Le tecniche utilizzate - dalla gestione dello stress alla concentrazione, dalla visualizzazione alla regolazione delle emozioni - permettono di potenziare abilità trasversali utili in ogni ambito. Un manager che impara a mantenere la calma sotto pressione o un imprenditore che rafforza la fiducia in sé stesso davanti a una sfida strategica applicano gli stessi principi che consentono a una golfista o a un nuotatore di performare al meglio nel momento decisivo.
In un contesto economico e sociale sempre più competitivo e incerto, saper allenare la mente diventa un vantaggio concreto. Mental Drive nasce proprio con questo obiettivo: aiutare persone e organizzazioni a sviluppare risorse interiori, consolidare la motivazione, migliorare la comunicazione e trasformare il potenziale in performance duratura.
Gabriela Cotti Musio
Una leva strategica per le aziende
Oggi l’apprendistato non è più solo una fase formativa: è una delle leve più strategiche per contrastare la crescente carenza di personale qualificato. Eppure, molte aziende faticano ad attrarre giovani motivati, a gestirli in modo efficace e - soprattutto - a trattenerli una volta formati. Il problema non è nei giovani, ma nella mancanza di strumenti concreti per accompagnarli, formarli e integrarli davvero nel contesto aziendale.
Il Coaching di Fill-Up nasce per questo: aiutare le aziende formatrici a trasformare l’apprendistato in un investimento solido e sostenibile. Lo chiamiamo coaching, ma è molto di più: è un accompagnamento strategico che unisce formazione, sviluppo del personale, consulenza e organizzazione interna. Lavoriamo su due livelli integrati: da un lato accompagniamo gli apprendisti nella loro crescita personale e professionale, sviluppando quelle compe -
tenze trasversali oggi indispensabili e mantenendo un dialogo attivo anche con la famiglia; dall’altro affianchiamo le direzioni aziendali nella revisione della struttura formativa e forniamo ai formatori strumenti pratici per affrontare le sfide quotidiane, migliorare la comunicazione, prevenire i conflitti e valorizzare il potenziale dei giovani. Il nostro approccio genera risultati misurabili: apprendisti più stabili e motivati, un tasso di successo formativo più alto e una concreta possibilità di inserimento interno al termine del percorso.
Ogni giovane che resta è una risorsa formata su misura, un costo di reclutamento risparmiato, un investimento che rientra.
Con Fill-Up, prima realtà specializzata nel coaching per apprendisti e aziende formatrici, l’apprendistato torna a essere una leva strategica per l’azienda, valorizzando il presente per potenziare il futuro.
In profondità, con empatia e concretezza
Il compito di un coach non è “aggiustare” le persone, ma aiutarle a capire che non sono spezzate: dentro di sé hanno già le risorse per crescere, trovare soluzioni e fare cambiamenti concreti.
Da sempre mi interessa ascoltare gli altri e cogliere ciò che sta sotto la superficie. Quando, dopo studi in turismo e una carriera come project manager ad Amsterdam, la mia città, ho scoperto il coaching, ho capito subito che era la strada giusta per me, una persona positiva e orientata alle soluzioni.
Dal 2010 accompagno i miei clienti in percorsi di crescita personale e professionale: rapidi, concreti, focalizzati sul risultato. A differenza di altre forme di supporto, il coaching infatti non si sofferma sul problema ma apre prospettive nuove, lavorando su mentalità, emozioni e comportamenti che plasmano il modo in cui affrontiamo le sfide. Non crea dipendenza: offre strumenti pratici per
superare gli ostacoli, fare chiarezza e acquisire consapevolezza.
Chi si rivolge a me desidera cambiare, ma spesso non è del tutto pronto. Il mio compito è accompagnare con empatia, ascolto e, soprattutto, con le domande giuste, quelle che arrivano al momento in cui sei davvero pronto per rispondere. Il mio metodo si basa sulla “Ruota della vita”: carriera, relazioni, salute, finanze, spiritualità… tutto è collegato e bisogna lavorare su ogni aspetto della propria vita per trovare l’equilibrio personale.
Dal 2016 vivo in Ticino, dove la mia esperienza internazionale, rafforzata dalla certificazione come Life & Success Coach presso la Jay Shetty Certification School, è un valore aggiunto.
Accanto al coaching individuale porto avanti nuovi progetti: tra questi Energy Talks with Vanessa & Alyssa, il podcast che curo con una collega basata negli Usa, dove il coaching ha avuto origine. E altre novità sono in arrivo, anche in Ticino.
Sara Rossini
Coach per aziende formatrici e apprendisti
• Oltre 30 anni di esperienza nella formazione professionale in Svizzera
• Titolare di un Executive MBA (SUPSI), abilitata all’insegnamento professionale e formatrice APF
• 2022: Fondatrice di Fill-Up
Tel. +41 91 252 11 10 / info@fill-up.ch
Sedi per consulenze a Bellinzona, Lugano e Locarno
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Il valore di un approccio integrato
Anche in ambito business, la dimensione personale è inscindibile da quella professionale: il successo nasce quando chiarezza interiore e strategia esterna operano unitamente, dando slancio all’impresa.
Non basta la strategia: molte organizzazioni sottovalutano come gestire cambiamenti e trasformazioni, ormai all’ordine del giorno nell’odierno mondo del lavoro, non sia questione solo di scelte razionali, ma richieda anche di confrontarsi con emozioni e reazioni fisiologiche dei propri collaboratori. «In ambito professionale si pensa di poter lasciare fuori le emozioni, ma il nostro cervello non funziona così. È il sistema limbico, responsabile delle emozioni primarie, a determinare la risposta istintiva di fronte a una situazione destabilizzante», spiega Günnur Homburg, life e business coach basata in Ticino dal 2002, attiva anche in Svizzera tedesca, Germania e Italia.
Fra i temi più frequenti delle sue consulenze aziendali: gestione dello stress e dei conflitti, team building, sviluppo delle competenze di ascolto attivo al sostegno nei cambiamenti di ruolo o carriera. «Dimensione personale e professionale sono sempre strettamente intrecciate: che si parli di motivazione, efficacia o leadership, il fattore decisivo sono le relazioni - incluse quelle con noi stessi. Le situazioni di conflitto, ad esempio, sono generate quasi sempre da bisogni contrastanti. Un intreccio complesso, ma anche molto interessante: se si accetta questa diversità, si può trasformarla in risorsa», prosegue Günnur Homburg.
Lavorare sulla diversità significa anche personalizzare ogni percorso. «La prima regola di un buon coach è prendere la persona nel punto in cui si trova: ascoltarla, comprenderne i bisogni e rispettarne i tempi. Il cambiamento e la formazione di nuove abitudini richiedono infatti costanza e ripetizione, analogamente all’introduzione di nuove procedure in azienda. Per questo sono scettica verso metodi che promettono risultati immediati: possono dare un impulso iniziale, ma spesso si esauriscono alla prima difficoltà», sottolinea la coach.
L’incontro con le neuroscienze è stato cruciale per potenziare i suoi strumenti
e sviluppare un approccio integrato che considera tre livelli inseparabili: mentale, emotivo, corporeo. Anche quest’ultimo, solitamente sottovalutato quando si parla di business coach, è fondamentale: «Spesso, mentre un cliente parla, noto dettagli come un abbassamento della voce, spalle che si incurvano, un gesto che lo contraddice. Sono segnali preziosi, che mi guidano nelle domande da porre. La memoria somatica conserva infatti esperienze, emozioni, persino traumi e il corpo può allora prendere il sopravvento segnalando un blocco emotivo, proprio come capita a quei manager che chiedono il mio supporto perché si agitano durante le presentazioni, pur essendo più che preparati e competenti sull’argomento», illustra la coach. Prima di affrontare le aree di vulnerabilità si lavora sempre per rafforzare le risorse personali. È la prospettiva della psicologia positiva, altro ambito di specializzazione di Günnur Homburg. Un metodo che valorizza le qualità già presenti nella persona per svilupparne il potenziale.
Sempre più sono le aziende a riconoscere il valore del coaching anche come strumento di prevenzione dei costi legati al malessere dei collaboratori. Günnur Homburg è stata ad esempio incaricata da una compagnia assicurativa svizzera di organizzare per la clientela corporate training e presentazioni in Ticino. Perché dipendenti soddisfatti e motivati significa riduzione di assenteismo, burnout , turnover e maggiore fidelizzazione dei talenti. E, ancora: aumento della produttività, ottimizzazione dei processi interni, decisioni più efficaci e sviluppo di una cultura aziendale solida e partecipativa. «Se le persone operano con focus, forza e gioia, si crea una dinamica che spinge avanti l’intera impresa. Il successo nasce infatti quando chiarezza interiore e strategia esterna lavorano insieme», conclude Günnur Homburg. Ragioni che rendono il coaching un must per ogni organizzazione, come investimento nel suo futuro.
Homburg
Neurocoach Integrativo
Il mio talento nell’ascoltare, motivare e consigliare è emerso lavorando in realtà internazionali come PwC e Hugo Boss, dove ho potuto conoscere diverse culture aziendali e collaborare con team e persone molto differenti. Un’attitudine di cui ho allora voluto fare la mia professione, decidendo di specializzarmi in coaching per aiutare individui e organizzazioni a vivere in modo più appagante e a raggiungere obiettivi duraturi. Dopo la certificazione come Master Life Coach, ho proseguito alla Dr.Bock-Coaching-Akademie, dove mi sono specializzata come Mindfuck® Coach, un metodo che aiuta a riconoscere e superare gli schemi mentali auto-sabotanti. Affascinata dalla complessità dei meccanismi umani, ho poi conseguito un Certificate of Advanced Studies in Psicologia Positiva all’Università di Zurigo e studiato neurocoaching integrativo al RothInstitute, avendo la fortuna di lavorare con Gerhard Roth, fonte di grande ispirazione. Un percorso formativo che continuo ad arricchire, in quanto credo profondamente nel valore di un approccio integrativo al coaching: disporre di più metodi e strumenti mi permette di scegliere, ogni volta, quello più giusto per la persona che ho davanti, in quel preciso momento della sua vita. Via Malpensata 2b
6883 Novazzano
Tel. +41 (0)79 719 6624
guennur@ticino-lifecoaching.ch
Investire su di sé: dal pensiero all’azione
Con oltre 23 anni di pratica, Chantal Gilardini Linder dimostra come un percorso di coaching con un professionista certificato generi ritorni concreti per persone e imprese, accompagnandole a trovare dentro di sé le proprie risposte e le strategie più efficaci. Un capitale di esperienza che continua a coltivare, anche con una specializzazione in sidrome dell’impostore, ampiamente diffusa.
Quando nel 2002 Chantal Gilardini Linder ha iniziato a occuparsi di coaching in Ticino, in pochi ne avevano sentito parlare al di fuori dell’ambito sportivo. Le prime aziende del territorio a interessarsi sono state quelle indirizzate dalla casa madre d’oltreoceano, dove invece era già la norma da una ventina di anni dotarsi di coach che seguissero dirigenti, manager o capisquadra. Pochi anni più tardi, la crescita esponenziale della domanda ha portato Chantal Gilardini Linder a fondare anche una scuola per formare altri professionisti, accompagnandoli a vivere e condividere il coaching con competenza, serietà e sensibilità. Ha così irraggiato le sue conoscenze su tutto il territorio e oltre, contribuendo a formare gli attuali protagonisti del settore con il percorso “Professional Coach”, che fa della 360 Coach Academy l’unico istituto nella Svizzera italiana a vantare una formazione certificata da parte dell’International Coaching Federation (ICF), ente di riferimento mondiale. Il coaching non si riduce infatti a qualche chiacchierata motivazionale: è un processo strutturato che mette il cliente al centro, aiutandolo a generare consapevolezza e a trovare dentro di sé le risposte giuste e le strategie più efficaci per ottenere risultati concreti nella vita professionale e personale.
Ora che la sua scuola ha raggiunto la maggiore età, ne sta passando il testimone a chi possa farla crescere ulteriormente. Ma Chantal Gilardini Linder non intende fermarsi. Troppo entusiasmo per la sua professione, e poi come non condividere il suo capitale di esperienza, con più di 6.000 ore di coaching individuale, oltre 5.000 d’aula in formazione di coaching e sviluppo delle competenze aziendali e più di 1.000 di mentoring?
«D’altra parte, un buon coach è tenuto a continuare ad aggiornarsi e l’anno scorso mi è ad esempio capitato di imbattermi in un campo davvero interessantissimo, la sindrome dell’impostore», prosegue la coach. Non si tratta semplicemente di ‘bassa autostima’ o di insicurezza passeggera, avverte. È una convinzione profonda e persistente di non meritare il successo raggiunto, di essere arrivati dove si è solo per fortuna o per circostanze esterne, e questo porta a non godersi i propri traguardi, a vivere nell’ansia da prestazione, a rinunciare a nuove opportunità di carriera per paura di ‘essere smascherati’. «I primi studi di fine anni Settanta pensavano che fosse una caratteristica legata solo alle donne, ma in realtà ci si è accorti che colpisce entrambi i generi, indipendentemente dal ruolo professionale o dal livello di successo: si stima che l’82% della popolazione la sperimenti
Smascherare la sindrome dell’impostore
Hai la sensazione di non essere mai abbastanza competente o meritevole dei tuoi successi?
Il Test CIPS (Clance Impostor Phenomenon Scale) è un questionario semplice e gratuito per valutare la presenza e l’intensità della sindrome dell’impostore. Provalo senza alcun impegno, prima di decidere se approfondire con un percorso insieme a Chantal Gilardini Linder.
“Danzare col momento”
Ricordo bene uno dei miei primi clienti aziendali: avevo cominciato da poco, ero una giovane mamma e mi trovo questo manager verso la pensione, 40 anni di carriera, physique du rôle, che voleva chiaramente essere dappertutto fuorché davanti a una coach novellina. Il suo sguardo mi diceva “Cosa vuoi da me? Cosa hai da offrirmi?”.
Ho deciso di giocare a carte scoperte, facendogli capire che quell’ora avremmo comunque dovuta trascorrerla insieme.
Allora l’ho semplicemente invitato a parlarmi del progetto con cui era confrontato, facendo quelle poche domande che venivano dall’ascolto, ma che gli hanno aperto un mondo, permettendogli di vedere la questione da una diversa prospettiva. È uscito dal mio ufficio estremamente soddisfatto di sé, perché lui stesso aveva risolto un problema che lo bloccava da mesi (non è mai il coach a risolvere!). Questo è anche il bello della nostra professione: il mio successo è vedere un cliente soddisfatto.
È un esempio che ho sempre condiviso volentieri nelle classi in cui ho insegnato perché illustra alla perfezione una competenza fondamentale per un coach: “danzare col momento”. Prendere quello che si riceve dal cliente e accompagnarlo senza sostituirne volontà e intelligenza, ma liberandole e amplificandole.
nel corso della carriera, ma identificarla non è evidente perché può paradossalmente manifestarsi anche in modo contrapposto: tanto con ansia da perfezionismo quanto con la tendenza a procrastinare. Ho deciso dunque di conseguire quest’ulteriore specializzazione per rendere ancor più completa la mia offerta e oggi fa parte dei percorsi che propongo con la mia nuova attività, CGL Coaching», racconta Chantal Gilardini Linder.
A creare la sindrome dell’impostore sono spesso i ruoli che ci hanno affibbiato da bambini: il ribelle, il sopravvissuto, il figlio intelligente o il primo della classe. Ruoli che magari all’inizio ci sono piaciuti, ma che adesso ci portiamo dietro e ci frenano. Anche l’educazione contribuisce, tanto troppo rigida quanto troppo permissiva. Durante la prima fase del percorso si parte da un assessment e si esplora il genogramma per mappare le relazioni familiari e comprenderne l’influenza; successivamente si identificano i fattori che attivano risposte controproducenti (procrastino, faccio ore straordinarie, divento perfezionista) per poter lavorare su di essi in modo mirato nelle fasi successive. Attenzione però, quello del coach non è un servizio chiavi in mano: risolvere i problemi non è il compito del coach, proprio come nello sport non è l’allenatore a fare la partita e a segnare il punto. «Il coach può prendere atto del problema, fa esprimere il cliente e rilancia, stimolandolo a definire cosa vuole di diverso e nella focalizzazione di nuovi obiettivi. Molto spesso infatti non si osa andare verso qualcosa di diverso perché non lo si riesce nemmeno visualizzare. Una delle frasi storiche di Walt Disney era “If you can dream it, you can do it” e lo ha dimostrato non arrendendosi davanti a reiterati rifiuti e creando un impero perché lo vedeva. Ma oggi, nel mondo dell’apparentemente tutto possibile, è più facile sapere cosa non si vuole, che dove si vuole andare. Ecco, il lavoro del coach è sostenere il cliente nel comprendere quello che desidera di diverso, esplorando nuove prospettive e sfidandolo a considerare aspetti che forse non aveva ancora preso in considerazione», sottolinea Chantal Gilardini Linder, alla quale piace definirsi un “Thinking partner”. Oltre a continuare a proporre i percorsi di sviluppo del potenziale e di pianificazione strategica su cui ha lavorato negli ultimi 23 anni, con CGL Coaching offre anche un altro nuovo percorso, battezzato “ ImprendoVision”: un programma di accompagnamento per quei professionisti indipendenti che vogliono
sviluppare competenze da imprenditore: «La differenza può sembrare sottile, ma non lo è. Entrambi sono validi professionisti, ma mentre l’indipendente svolge un’attività individuale, con pochi costi fissi e il suo obiettivo principale è soddisfare i clienti attraverso il proprio lavoro, l’imprenditore crea valore e fa crescere l’attività autonomamente dalla propria persona, guadagnando da diverse attività e prodotti, con diversi collaboratori e, di conseguenza, maggiori responsabilità. Chi decide di fare il salto imprenditoriale perché ha ambizioni di crescere, di costruire un progetto che abbia un impatto e che gli dia soddisfazioni personali (nella media europea 1 su 5) ha bisogno di cambiare mentalità, approccio e modelli di lavoro, per imparare a coordinare, delegare e pianificare il futuro dell’azienda. Con questo percorso desidero dunque supportare i giovani e meno giovani imprenditori a vedersi nel futuro», conclude la coach. Con al suo attivo oltre 500 clienti, dal settore pubblico a importanti nomi di industria, grande distribuzione, moda, automotive e finanza, Chantal Gilardini Linder è pronta ad aiutare chiunque voglia mettersi in discussione e andare oltre i propri limiti. Niente promesse facili, ma una garanzia: in un percorso di coaching strutturato con competenza, onestà e lavorando sulla propria unicità, c’è sempre un ritorno sull’investimento.
Informazioni in merito: Coaching - Sindrome dell’impostore Sviluppo del potenziale ImprendoVision Pianificazione strategica
Contatti: cgl@cglcoaching.ch cglcoaching.ch
Dal 2002 ho la fantastica opportunità di lavorare allo sviluppo della persona e accompagnarla al raggiungimento dei propri obiettivi: una soddisfazione impagabile, ieri come oggi. Mi affascina sempre vedere il potere che ognuno può avere su sé stesso e come il coaching stimoli la crescita di ogni individuo. Ho iniziato la mia formazione nel 2001, specializzandomi a Ginevra: un grande impegno per un’allora giovane mamma di tre bambini, ma la dimostrazione che quando si è sicuri di aver trovato il proprio percorso non ci sono ostacoli, ma solo sfide per raggiungerlo. Nel 2002 ho ottenuto il diploma e dato vita a Coach Ticino. L’anno successivo ho partecipato alla creazione del TicinoChapter di ICF Svizzera, del cui Consiglio sono stata membro per 4 anni. L’esperienza internazionale vissuta a Singapore dal 2007 al 2009 mi ha arricchita sia a livello personale sia professionale e mi ha spinta a trasmettere la passione, la professionalità e l’etica del coaching anche ad altri. Così è nata 360 Coach Academy, tuttora l’unica scuola nella Svizzera italiana a proporre un percorso di formazione per coach professionisti riconosciuto da ICF. Oggi, mentre passo il testimone a Barbara Brosadola, già mia allieva, affiancandola per i prossimi 5 anni, mi sono lanciata nella nuova avventura di CGL Coaching, forte di un’esperienza di oltre 23 anni che continuo ad aggiornare, da ultimo con una specializzazione in Breakthrough coaching e Sindrome dell’impostore, per offrire un supporto completo e su misura a chi vuole dare il meglio di sé, persone e organizzazioni. Sempre molto appassionata della mia professione e molto orgogliosa dei risultati raggiunti dai miei clienti.Che sono avvisati: lavorare con me significa mettersi in gioco, decidere,farsi delle domande, agire, cambiare, crescere e... avere successo nella vita.
Da quasi 20 anni protagonista del settore in Ticino, 360 Coach Academy si rinnova a partire dalla introduzione nella sua offerta formativa di un corso semestrale dedicato a chi desidera sviluppare le competenze chiave del coaching, strategiche per potenziare l’efficienza dei team e l’efficacia personale.
Il successo del settore
Anche nel mezzo di una crisi globale, il settore del coaching non solo è sopravvissuto, ma ha prosperato. I professionisti attivi nel mondo hanno superato quota 100mila, con una crescita del 54% fra 2019 e 2022. Punto di riferimento per il settore, lo studio Global Coaching Study 2023 dell’ICF, realizzato in collaborazione con PwC, ne conferma resilienza e flessibilità sulla base di un sondaggio che ha raccolto le risposte di 14.591 coach in 157 paesi.
Coach professionisti
Stime per regione, 2022
Gestione di cambiamenti organizzativi o di carriera, sviluppo di competenze per motivare i team o risolvere conflitti tra collaboratori, miglioramento delle performance e del time management, conciliazione tra obblighi professionali e vita privata, crescita individuale… ad accomunare gli innumerevoli motivi per cui ci si rivolge a un coach è il desiderio di raggiungere nuovi obiettivi - personali o professionali - in maniera efficace ed efficiente.
«In particolare negli ultimi anni, segnati da forte instabilità con i cambiamenti accelerati dalla digitalizzazione e dalla pandemia che hanno rivoluzionato il mercato del lavoro e i suoi paradigmi, sapersi adattare e rispondere in tempi rapidi è diventato determinante. Allo stesso tempo, si fa sentire l’esigenza di sentirsi realizzati e di condurre una vita piena e appagante, come ci insegnano le nuove generazioni, meno inclini ai compromessi fra carriera e famiglia», osserva Chantal Gilardini Linder, fondatrice di 360 Coach Academy e pioniera del coaching in Ticino.
Anche alle nostre latitudini, dove a inizio anni Duemila di coachingche spopolava oltreoceano - si parlava esclusivamente in ambito sportivo, la richiesta è oggi elevata sia a livello aziendale che di sviluppo personale. E, come sempre accade, quando cresce la domanda, cresce l’offerta. Di qui la necessità di scegliere con cura il professionista a cui ci si affida per affrontare questo cruciale percorso. Da ormai 18 anni 360 Coach Academy è un riferimento in Ticino, non solo per chi vuole intraprendere un percorso formativo per diventare coach, ma anche per chi cerca un co -
ach qualificato. «Se infatti la sintonia è un fattore essenziale per stabilire la relazione di fiducia e trasparenza che è alla base di un percorso di coaching, altrettanto essenziale è poter fare affidamento su un professionista adeguatamente formato. Ma si tratta di un mestiere ancora scarsamente regolamentato», sottolinea Chantal. Purtroppo chiunque può definirsi ‘coach’ senza dover soddisfare requisiti particolari né aver conseguito un diploma specifico. Mancanza di regolamentazione che si riflette in ambito formativo.
«Il percorso “Professional Coach” di 360 Coach Academy è l’unico nella Svizzera italiana accreditato Level 2 da ICF (International Coaching Federation), la più grande e riconosciuta federazione indipendente di coach a livello mondiale. Offre una preparazione a 360 gradi, teorica e pratica, progettata per accompagnare i partecipanti a diventare coach qualificati di alto livello, allineati agli standard professionali e al codice deontologico di ICF, a garanzia di integrità, riservatezza, trasparenza e rispetto per il cliente e la professione», spiega la fondatrice. A lei il merito, oltre vent’anni fa di aver intrapreso la sfida di promuovere il coaching in Ticino, dimostrando la validità della metodologia con risultati concreti. Lo confemano istituzioni e aziende del settore pubblico, eccellenze del settore industriale, nomi della grande distribuzione svizzera e molte realtà in ambito finanziario entrate a far parte
Vi incuriosisce capire se il nostro percorso formativo può davvero fare la differenza per voi, per il vostro team o per la vostra azienda? Contattateci senza impegno: insieme valuteremo come trasformare le vostre esigenze in opportunità di crescita concreta.
della clientela di 360 Coach Academy. A fianco di Chantal, oggi, si inserisce Barbara Brosadola, ex allieva dell’Accademia, che nei prossimi 5 anni si appresta ad assumere progressivamente un ruolo gestionale per portarne avanti l’eredità, con la volontà, forte della sua precedente esperienza imprenditoriale, di imprimere un’ulteriore accelerazione, dopo gli anni di inevitabile sofferenza della pandemia: «Aver superato il Covid, poter vantare una qualità comprovata da ICF e 18 anni di attività in un settore dove sono molte le meteore, è un importante punto di partenza. Il mio desiderio è far fiorire ancora di più questo patrimonio, sulle solide fondamenta poste da Chantal, esplorando nuove opportunità e rispondendo ai bisogni emergenti del territorio», dichiara la futura direttrice.
Prima novità, l’introduzione di un percorso Level 1 di sei mesi, pensato per chi non mira a diventare coach professionista, ma vuole svilupparne le competenze. Uno strumento prezioso, ad esempio, per manager, consulenti HR, responsabili della comunicazione o, in generale, per chi desidera integrarsi meglio nella propria posizione lavorativa, dando quel qualcosa in più all’azienda o per sé stesso. Far sentire veramente ascoltato l’interlocutore, saper formulare domande che stimolano idee e approfondimenti piuttosto che semplici risposte, e riconoscere i punti di forza propri e altrui: queste non sono soltanto abilità da coach, ma strumenti strategici per far funzionare meglio i progetti, i team e i rapporti con clienti o partner, risorse trasversali utili tanto nella vita professionale quanto in quella personale.
A ottobre partirà il progetto pilota per la certificazione ICF del programma Level 1, che prevede tre ore settimanali equamente suddivise tra teoria e pratica, due volte la settimana in diretta online, per un totale di sei mesi in cui si acquisiscono metodologie e strumenti della disciplina. Il progetto pilota include anche un percorso di mentoring e supervisione che garantisce l’immersione nell’applicazione delle competenze fondamentali.
La frequentazione da remoto è pensata per facilitare la partecipazione di professionisti già attivi che l’Accademia attrae anche da Italia e Francia, arricchendo il confronto interculturale. «Sei mesi possono sembrare lunghi, ma sono fondamentali affinché un adulto assimili ciò che apprende, lo testi, lo discuta e lo faccia proprio», osserva Barbara, specificando: «Questo formato, più agile del nostro corso per coach professionisti, ci consentirà di attivare diverse edizioni all’anno, andando incontro alle esigenze dei partecipanti nel creare le classi. In prospettiva, intendiamo inoltre sviluppare anche delle proposte ad hoc per rispondere a esigenze molto puntuali anche di una singola azienda. Parallelamente, vogliamo potenziare anche la nostra complementare attività di coaching individuale e aziendale - business, leadership ed executive. Il tutto ampliando il nostro team di professionisti certificati e appassionati». Sotto la guida della fondatrice, affiancata dal contributo della futura direttrice, la scuola è dunque pronta a cogliere il momento di forte slancio di un settore che, più che mai oggi, nell’era dell’incertezza globale, si dimostra indispensabile per supportare i processi di trasformazione che toccano tanto le organizzazioni quanto le singole persone. Ognuno con un potenziale da far emergere e sviluppare attraverso quella relazione di partnership che, senza voler imporre prospettive né strumenti, è alla base della dinamica del coaching, capace attraverso domande riflessive, aperte e potenti di aiutare ciascuno a (ri)scoprirsi.
Barbara Brosadola
Per informazioni e iscrizioni:
360 Coach Academy Via Nocc 20, 6925 Gentilino
Tel. +41 91 220 5545
info@360coachacademy.com
360coachacademy.com
”La vita accade per te, non a te”. Questa frase mi accompagna ogni giorno e rappresenta il cuore del mio approccio: ogni sfida è un’opportunità di crescita, se scegliamo di affrontarla con intenzione. Sono laureata in Ingegneria Energetica al Politecnico di Milano e ho conseguito un Master in Energy and Utility Management. Dopo quasi 15 anni nel settore energetico, di cui gli ultimi come co-fondatrice di una società di consulenza, ho sentito che era il momento di dare una direzione nuova alla mia vita: più umana, più profonda, più allineata alla mia vera natura. Volevo lavorare con le persone, in profondità, creando legami autentici e trasformativi. Così ho scelto il coaching. Mi sono formata come Strategic Intervention Coach con la Robbins-Madanes Training e, contemporaneamente, alla 360 Coach Academy: un luogo che per me è stato molto più di una scuola. È stato un punto di svolta. Il coaching ha cambiato la mia vita. Mi ha permesso di fare scelte più consapevoli e tornare a sentirmi viva, piena, autentica. Oggi, con entusiasmo e gratitudine, inizio il mio percorso all’interno di questa realtà che sento profondamente affine ai miei valori, con il desiderio di contribuire, portare la mia esperienza e restituire almeno in parte ciò che ho ricevuto: un coaching solido, umano, concreto. Nella convinzione profonda che ogni persona, con il giusto supporto, possa riscoprire la propria autenticità e costruire una vita piena, appagante e su misura.
Il segreto? Partire da giovani, saper riconoscere le opportunità e non farsi fermare da qualche errore. Con la terza generazione, lo spirito imprenditoriale è di casa alla Maison Hornberg.
Era domenica 15 dicembre 2002, lo ricordo ancora bene! Venerdì avevamo festeggiato la consegna dei diplomi alla Scuola alberghiera di Lucerna. Sabato ci siamo trasferiti e il giorno dopo abbiamo iniziato a lavorare, quindi, di fatto, la nostra attività in proprio. Noi, ovvero Brigitte von Siebenthal e Christian Hoefliger.
Gli inizi sono stati segnati dal cambiamento strutturale che il settore alberghiero stava attraversando: l’attività dei nonni di mia moglie, lo Chalet Hotel Hornberg come si chiamava allora, scontava il ritardo sugli investimenti, nonostante fosse sempre stato gestito in maniera impeccabile, sia da loro sia dai genitori di Brigitte.
Ed è così che siamo entrati in gioco noi. Non avevamo soldi e nemmeno l’attività ne disponeva di molti. La priorità, quindi, era azzerare i crediti e pagare ogni settimana tutte le fatture scoperte: la liquidità è l’ossigeno di ogni impresa! È stato un tour de force, ma ci ha insegnato molto: tenere la testa fuori dall’acqua e imparare a nuotare. Provo profonda gratitudine per questa esperienza: se non l’avessimo vissuta, oggi non saremmo la stessa azienda.
Diventare indipendenti e imprenditori così giovani è estremamente prezioso. I rischi si vedono, certo, ma ci si fanno molte, molte meno preoccupazioni. A vent’anni ci si butta, a trenta già si pondera ogni scelta. Inoltre, sono estremamente grato ora, a 48 anni, di poter già guardare indietro a oltre già vent’anni di
elevati. Ma posso invece affermare con certezza che facciamo il nostro lavoro con enorme passione. E con l’immenso privilegio - da proprietari e membri del Consiglio di amministrazione - di poter stabilire i valori della nostra azienda. E considero altrettanto un privilegio poter offrire lo stesso ai nostri collaboratori. Possiamo garantire loro un “luogo sicuro”, mobbing-free, dove si giudica il lavoro ma mai la persona, dove non si colpisce mai sotto la cintura. Un luogo in cui possono essere valorizzati ed esprimere se stessi.
Sì, esatto, perché lavoriamo con le persone. I nostri 55 collaboratori e, naturalmente, i clienti - gli ospiti dell’hotel. Un vero arricchimento, soprattutto in questi tempi d’automazione e digitalizzazione.
Posizionamento, differenziazione, un mercato competitivo: i venti anni successivi sono stati caratterizzati da importanti investimenti e un’elevata attività edilizia. Per sua natura, il settore alberghiero è capital-intensive, e la nostra sopravvivenza dipendeva - e dipende tuttora - dalla capacità di garantire un cash flow costante. In altre parole, abbiamo un motivo molto concreto per ottenere una buona performace: se non riuscissimo a generare un Ebitda positivo, in capo a cinque anni ci troveremmo davanti a un serio problema. Va anche detto, però, che come azionisti - mia moglie e io - non abbiamo mai prelevato un solo franco di utile dall’azienda: il nostro principio è sempre stato reinvestire.
Brigitte von Siebenthal e Christian Hoefliger, terza generazione di proprietari e gestori della Maison Hornberg a Saanenmöser, seconda classificata del Prix SVC Espace Mittelland 2019, riconoscimento con cui lo Swiss Venture Club, rete di riferimento delle Pmi svizzere, promuove l’imprenditorialità nelle otto regioni economiche nazionali.
attività imprenditoriale. E anche se il rischio era grande, siamo incredibilmente riconoscenti ai genitori e ai nonni di mia moglie per questa opportunità.
La lezione più importante? Ci sono sempre occasioni e possibilità! Certo, alcune situazioni sono difficili, ma come sempre nella vita: si può vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno - e l’ottimista vede il contenuto.
Se oggi qualcuno mi chiedesse se conviene investire nel settore alberghiero, inizialmente sarei cauto. Non si può certo dire che sia il settore con i margini più
La nostra visione si è evoluta e continuerà a farlo. All’inizio si trattava davvero di arrivare a fine mese e dimostrare di potercela fare. Con quella voglia dei giovani intraprendenti di farsi notare, distinguersi, avere successo, e “farsi le ossa”. Oggi la prospettiva cambia. Da un lato perché si invecchia: si pensa già a potenziali soluzioni di successione, alla continuità dell’azienda, al futuro. Allo stesso tempo, si ragiona su cicli più brevi, considerando che noi due saremo in attività ancora per un 10 o 15 anni. Non significa un approccio meno sostenibile, ma si guarda a un orizzonte più ravvicinato. Ma è auspicabile che la visione imprenditoriale continui a evolvere, anche perché le esigenze degli ospiti non sono più le stesse di una volta. Di conseguenza, anche la raison d’être dell’azienda deve adattarsi: ci sono esempi più che sufficienti di imprese che hanno perso progressivamente la propria rilevanza sul mercato. Che bella storia - dal 1936! Amiamo il nostro lavoro, amiamo la nostra Maison Hornberg e amiamo essere imprenditori!
In collaborazione con Swiss Venture Club (SVC)
Un retail intelligente
Nonostante il progresso tecnologico e gli sviluppi derivanti dall’Ia siano attesi guardando a ovest, le sorprese potrebbero non mancare ad est. Dove guardare quindi?
Cindy Chow è Senior Director of Finance di Alibaba, la più grande piattaforma di e-commerce in Cina (opera anche attraverso Taobao, Tmall...). È anche il direttore esecutivo e Ceo dell’Alibaba Entrepreneurs Fund, che si concentra sugli investimenti in Start up focalizzate sull’Ia nei più svariati settori. Il fondo ha investito 90 milioni di dollari americani in più di 75 realtà e ha attratto oltre 2,8 miliardi in co-investimento.
Ecco cosa ci ha detto al Viva Tech di Parigi, per discutere del futuro del commercio e del retail nell’era dell’Ia.
Chi sei e cosa fai nella vita? Attualmente sono il direttore esecutivo e Ceo dell’Alibaba Hong Kong Entrepreneurs Fund (Aef). È un’iniziativa ispirata da una missione lanciata dal Gruppo nel 2015, per rivitalizzare lo sviluppo dell’innovazione e della tecnologia. La missione di Aef è aiutare gli imprenditori e i giovani di Hong Kong a realizzare i loro sogni e le loro visioni per una nuova città, vivace e impegnata a livello regionale e globale.
Nell’ambito del suo programma di investimenti, forniamo agli imprenditori capitali e una guida strategica per aiutarli a far crescere le loro aziende e a penetrare il mercato cinese e mondiale, utilizzando l’ecosistema di Alibaba.
Qual è il futuro dell’e-commerce e del retail, visto l’impatto che l’Ia avrà sulla supply chain, sulla forza lavoro e sul marketing? La GenAi non solo ottimizza i flussi di lavoro esistenti, ma sblocca anche nuove strategie di monetizzazione e flussi di reddito. Ad esempio, i motori di raccomandazione predittivi alimentati dall’Ia aumentano il customer lifetime value sulle piattaforme di e-commerce attraverso conversioni iper-personaliz-
zate, migliorando direttamente fatturato e frequenza degli acquisti.
In qualità di venture capitalist, mi concentro sul modo in cui le aziende o le Start up possono sfruttare l’Ia per migliorare in modo significativo la produttività e sviluppare nuovi scenari applicativi per diventare dei leader nel settore. Per cogliere i valori che l’Ia sta apportando,
l’anno scorso abbiamo lanciato l’Aef NextGen Fund da 150 milioni di dollari, che si rivolge a Start up orientate all’Ia con una comprovata adattabilità al mercato. L’Ia sta trasformando il business globale e, grazie a un ampio mandato il nostro fondo è ben posizionato per beneficiare delle opportunità in vari settori in cui l’adozione dell’Ia si sta accelerando. Oltre all’Ia, ci sono altre tecnologie esponenziali a cui state guardando? Le applicazioni dell’Ia rimangono il nostro obiettivo principale. Mentre i Large Language Models forniscono la base, il vero valore viene creato a livello applicativo, dove gli imprenditori possono sviluppare soluzioni mirate per settori e casi d’uso
Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala.
Sotto, Cindy Chow, Ceo dell’Alibaba Entrepreneurs Fund, e Senior Director of Finance di Alibaba.
specifici. È qui che vediamo le opportunità di rottura e di impatto scalabile. Come state affrontando i dazi americani? Ci sono consigli e idee per una maggiore resilienza da condividere con il mondo retail? Nell’affrontare il difficile contesto economico odierno, consigliamo vivamente alle aziende di dare priorità a due strategie fondamentali:
- Continuare a perfezionare incessantemente il proprio business model per garantire la scalabilità e un’economia sostenibile: questa disciplina separa le aziende resilienti dalle altre.
- Perseguire la diversificazione del proprio mercato di riferimento con precisione strategica, sia attraverso l’integrazione della Greater Bay Area, sia con l’apertura del mercato mediorientale, sia cogliendo le opportunità di crescita del Sud-Est asiatico (in ambito Asia).
La Cina potrebbe non essere al centro dell’attenzione come altre regioni e imprese con sede in Emea e soprattutto negli Stati Uniti. I cinesi si stanno letteralmente tuffando nell’Intelligenza Artificiale, come modo per conoscere i fan e soddisfarli con offerte ultra personalizzate e un servizio clienti rapido e senza intoppi.
Si è soliti, è ormai tradizione, guardare a ovest per seguire i progressi dell’Ia. L’Oriente è però il luogo da cui potrebbero arrivare delle sorprese, con o nonostante investimenti più ragionevoli e con presentazioni e rilasci di nuove soluzioni meno rumorosi, ma non meno incisivi.
eureka / start up
Lunga vita ai trapianti
Ogni anno oltre metà dei fegati donati è scartata malgrado la crescente carenza. La tecnologia di perfusione sviluppata dalla start up zurighese Apersys moltiplica il tempo di conservazione degli organi, permettendo valutazioni più accurate, trattamenti rigenerativi e pianificazione degli interventi.
Ogni anno migliaia di pazienti in attesa di un trapianto di fegato muoiono prima dell’intervento. Nonostante i progressi della medicina, il tempo utile per verifica dell’organo, trasporto e trapianto è ancora troppo breve: massimo 24 ore, anche con le tecnologie attuali. Più della metà dei fegati donati non viene pertanto sfruttata. I chirurghi preferiscono rifiutare un organo se incerti sulla sua qualità, per evitare complicazioni postoperatorie che prolungherebbero la permanenza in terapia intensiva o renderebbero necessario un ulteriore trapianto per salvare il paziente.
Proprio moltiplicare il tempo a disposizione è un punto di forza della soluzione proposta dalla start up zurighese Apersys. Il fegato è da questo punto di
In principio fu...
vista fra gli organi più sfidanti: responsabile di oltre 5mila funzionalità, è affamato di energia, garantita dalla circolazione sanguigna che apporta l’ossigeno. Replicando un ambiente fisiologico, il sistema di perfusione di Apersys permette di mantenerne la vitalità del fegato al di fuori del corpo fino a 14 giorni in contesti di ricerca, con una finestra clinica di 7 giorni. Tempo per la valutazione e il trattamento di organi inizialmente scartati; tempo per l’équipe chirurgica e l’ospedale per pianificare la logistica e l’intervento; tempo per il paziente di prepararsi all’operazione, che da procedura d’emergenza si trasforma in una procedura elettiva pianificabile. A ridursi è solo il tempo trascorso in lista di attesa, spesso anni di esistenza precaria. Il Ceo Waldemar Hoffmann
lo ha sperimentato in prima persona: suo padre ha dovuto affrontare due trapianti di rene. «In quel caso almeno nell’attesa c’era la dialisi. Per il fegato, non esiste ancora un’alternativa simile. Aver vissuto in prima persona paure e le speranze di chi aspetta di essere chiamato e di coloro che gli sono accanto, mi ha spinto a lavorare nei dispositivi medici e nella medicina dei trapianti», racconta l’ingegnere biomedico.
Ispirato dal Prof. Pierre-Alain Clavien, rinomato chirurgo viscerale di Zurigo, il progetto Liver4Life ha preso forma dal 2015 sotto l’egida del Wyss Zurich Translational Center. L’idea della perfusione meccanica ha radici nel secolo scorso, ma solo negli ultimi anni, grazie all’aumento della potenza di calcolo e alle conoscenze mediche, è diventata realtà. Nel gennaio 2020, il team di ricerca multidisciplinare - che vede la collaborazione dell’Ospedale Universitario di Zurigo (Usz), del Politecnico di Zurigo (Eth) e dell’Università di Zurigo (Uzh) - ha dimostrato che la tecnologia di perfusione consente di conservare un fegato fuori dal corpo per diversi giorni. Nel 2022 è stata la volta del primo intervento (in foto, Pierre-Alain Clavien e il Prof. Philipp Dutkowski). Ad agosto 2024 è stata costituita Apersys Ag per sviluppare l’innovativo sistema di perfusione epatica sacturito da Liver4Life.
Non si tratta solo di un’innovazione teorica, poiché la tecnologia di Apersys ha già salvato una vita: un paziente molto malato, con un tumore al fegato, le cui chance di ricevere un organo erano pressoché nulle. «La nostra tecnologia in tre giorni ha reso possibile ricondizionare un fegato originariamente non approvato per il trapianto a causa della sua scarsa qualità. In questa finestra di tempo, i chirurghi sono stati in grado di trattare il fegato e ripristinarne la funzionalità al punto da renderlo idoneo al trapianto. Vedere quattro anni dopo quel paziente in buona salute e con una vita normale è davvero una grande spinta motivazionale», afferma Waldemar Hoffmann.
Apersys è un perfetto esempio del percorso che in Svizzera porta dall’accademia all’industria, con un team multidisciplinare di ingegneri, chirurghi e
La tecnologia di perfusione normotermica di Apersys
Il dispositivo replica le condizioni all’interno del corpo umano: una pompa funge da cuore, un ossigenatore sostituisce i polmoni e un’unità di dialisi svolge le funzioni dei reni. Ormoni, nutrienti e movimenti respiratori completano l’ambiente fisiologico. In questo contesto, è ad esempio possibile effettuare analisi approfondite prima del trapianto su organi e tessuti, trattarli con terapie antibiotiche o ormonali e ottimizzare il metabolismo epatico.
Fra le implicazioni cliniche:
• Maggiore idoneità al trapianto dei fegati marginali.
• Riduzione dei tassi di scarto e migliore allocazione degli organi.
• Migliore pianificazione per le équipe chirurgiche e i pazienti.
• Migliori risultati a lungo termine per i riceventi.
Ulteriori opportunità per medici e ricercatori:
• Testare terapie rigenerative.
• Implementare protocolli di riduzione della steatosi.
• Somministrare terapie geniche o altri farmaci direttamente a un organo isolato.
• Sviluppare nuovi strumenti diagnostici e di monitoraggio del trattamento.
Il mercato delle macchine per perfusioni normotermiche
scienziati all’intersezione fra ricerca, regolamentazione e commercializzazione. Ma le sfide sono molte, sottolinea il Ceo: «Abbiamo avviato una raccolta di fondi per le risorse finanziarie necessarie allo studio clinico multicentrico. Allo stesso tempo, dobbiamo sviluppare la nostra start up, tutti i processi aziendali, ma anche tutta l’industrializzazione della tecnologia che deve essere messa a punto. Essendo un team piccolo, mantenere l’attenzione e il ritmo sarà cruciale».
In riconoscimento del suo potenziale, Apersys ha ricevuto a marzo 2024 la designazione di Breakthrough Device Designation dalla Fda. «Questo dimostra che non si tratta solo di tecnologia innovativa, ma con un potenziale grande impatto sulla società. Al contempo, ci aiuta ad accelerare i tempi, con il sostegno della Fda stessa nella preparazione degli studi clinici e nella definizione dei requisiti normativi, in modo da poter costruire il dispositivo in base alle esigenze, ma anche di disporre della documentazione, che è un grosso ostacolo per i dispositivi medici», sottolinea il Ceo di Apersys.
La medicina d’organo presenta opportunità di crescita elevate. La perfusione meccanica non solo sta ridefinendo la medicina dei trapianti, ma sta anche emergendo come leva fondamentale per una migliore assistenza e sostenibilità finanziaria nell’ecosistema sanitario. Solo negli Stati Uniti, il costo annuale della gestione dei pazienti è di 500 milioni di dollari. La qualità non ottimale degli organi aggrava ulteriormente i costi
Sopra, il team di Apersys. In prima fila, secondo da sinistra, il Ceo Waldemar Hoffmann.
post-trapianto, complicanze e spese di assistenza a lungo termine. Con il passaggio dei sistemi sanitari a modelli basati sul valore, le tecnologie che migliorano i risultati e riducono i costi diventeranno essenziali. Si prevede che il mercato della perfusione meccanica passerà da 1,7 miliardi di dollari nel 2024 a 8,5 nel 2034.
Un segmento che Apersys è ben posizionata per guidare. Dalla sua costituzione nell’agosto 2024, ha trasformato il suo proof-of-concept accademico in un prototipo funzionale e ha realizzato la sua prima vendita commerciale: un ospedale di ricerca di Parigi utilizzerà il dispositivo per la ricerca oncologica. «E non abbiamo che scalfito la superficie delle potenziali applicazioni della nostra piattaforma, molto versatile. Potrebbe permettere anche test di dispositivi medici oppure la sperimentazione di farmaci su organi e molto altro ancora», sottolinea Waldemar Hoffman. Il che posiziona Apersys come qualcosa di più di una MedTech, facendone una piattaforma al crocevia fra trapianti, medicina rigenerativa e sviluppo farmaceutico, in grado di farsi interprete dell’approccio interdisciplinare alla risoluzione di complesse sfide biomediche. Pronta a guidare un’intera nuova generazione di cure.
Emanuele Pizzatti
Vivere più a lungo una vita di qualità
In un’epoca in cui la medicina ha esteso l’aspettativa di vita e si sta affrontando il tema della qualità della vita anche nella terza età, la visione del professor Valter Longo offre una prospettiva radicale: si può vivere più a lungo, sì, ma soprattutto si può vivere meglio. Ne ha parlato a Lugano, dove è stato relatore al ‘Senotherapeutics Revolution Forum 2025’, organizzato da Ibsa Foundation per la ricerca scientifica, anche esponendo i benefici delle diete mima digiuno sulla rigenerazione cellulare e sul contrasto delle malattie legate all’invecchiamento. Intervistato in quell’occasione, ha chiarito come mantenere lucidità mentale, forza fisica, indipendenza e integrità fisiologica fino a 90 o 100 anni non sia più un’utopia, ma un obiettivo raggiungibile attraverso scelte consapevoli e basate su evidenze scientifiche.
Professor Longo, lei parla spesso di ‘longevità sana’. Che cosa significa concretamente?
La longevità sana non si limita all’aggiunta di anni alla propria esistenza, ma riguarda anche la loro qualità, evitando malattie croniche come diabete, Alzheimer e tu-
mori. Un risultato che si può raggiungere attraverso uno stile di vita che combina alimentazione, attività fisica e prevenzione.
Il suo nome è legato alla ‘dieta della longevità’. In cosa consiste e come si differenzia dalle diete tradizionali?
La dieta della longevità si basa su decenni di ricerche scientifiche, compresi studi su popolazioni longeve come i centenari della Sardegna, del Giappone e delle altre ‘zone blu’, aree geografiche dove si vive più a lungo rispetto alla media mondiale, con una bassa incidenza di malattie croniche. È una dieta pescetariana o vegetariana, ricca di legumi, cereali integrali, verdure, e povera di proteine animali, zuccheri e grassi saturi. Promuove anche il digiuno intermittente o cicli periodici di alimentazione simulata a digiuno (Fmd), che hanno mostrato effetti sorprendenti sul ringiovanimento cellulare e sulla prevenzione di molte malattie.
È un protocollo alimentare sviluppato nei nostri laboratori che imita gli effetti del digiuno, ma in modo sicuro e con una minima assunzione calorica per cinque giorni. Stimola la rigenerazione cellulare,
Intervista a Valter Longo, scienziato di fama mondiale, che da anni studia e divulga ‘piani’ per cambiare il modo in cui invecchiamo.
La longevità è a portata di mano, tra regole ormai note e alcuni stratagemmi. Anche della celebre dieta mima digiuno ha parlato di recente a Lugano, durante il Forum scientifico organizzato all’Usi da Ibsa Foundation per la ricerca scientifica.
riduce i fattori di rischio per malattie e favorisce la perdita di grasso viscerale. Non è una dieta da seguire sempre, ma ciclicamente: una volta al mese o ogni duetre mesi, a seconda delle esigenze individuali. La scelta dei cinque giorni si basa su evidenze sperimentali: questa durata è ottimale per indurre l’autofagia (pulizia cellulare), attivare la rigenerazione basata su cellule staminali e stimolare i processi rigenerativi che un digiuno più breve non raggiunge.
I cicli di diete che imitano il digiuno abbassano parametri cardiometabolici, pressione, colesterolo, trigliceridi e glicemia, ovvero marker legati a invecchiamento e patologie come diabete, cancro e disturbi cardiovascolari. Inoltre, studi suggeriscono una riduzione dell’età bio-
La dieta mima digiuno è nata dalla necessità di mitigare i rischi e l’impossibilità pratica del digiuno prolungato. Si sostanzia in un protocollo sicuro e sostenibile, che imita i benefici del digiuno mantenendo il nutrimento essenziale e garantendo risultati misurabili.
logica (fino a 2,5 anni in meno) e una rigenerazione del sistema immunitario. Molti vedono il digiuno con sospetto. È davvero sicuro?
Il digiuno totale può essere rischioso se non supervisionato. Ma la dieta mima digiuno è stata testata in diversi studi clinici con risultati molto positivi. Non è indicata per tutti: la prudenza si impone ad esempio per anziani fragili, donne in gravidanza o chi ha determinate condizioni mediche. Esiste un protocollo medico dedicato. La dieta della longevità è una strategia alimentare, ma ha anche implicazioni sistemiche. Quali sono i principi fondamentali da considerare?
Innanzitutto: ridurre le proteine animali in età adulta, e aumentare l’assunzione di legumi, verdure a basso indice glicemico, olio extravergine d’oliva e cereali integrali. Il secondo pilastro è appunto la restrizione calorica ciclica, non cronica, attraverso la dieta mima digiuno.
Ci sono evidenze scientifiche solide a supporto di questi protocolli?
Sì, ci sono. Gli studi clinici condotti su migliaia di pazienti hanno mostrato miglioramenti nei biomarcatori cardiovascolari, nella glicemia, nella pressione arteriosa e nei livelli di colesterolo Ldl. Ma ancora più interessante è l’effetto preventivo a lungo termine: stiamo parlando di una riduzione significativa del rischio di sviluppare patologie come diabete tipo 2, tumori e demenza. E non parliamo solo di modelli animali: i risultati negli esseri umani sono sempre più promettenti.
L’uomo moderno, soprattutto se impegnato in attività intellettuali, spesso trascura il proprio corpo finché non arriva un segnale d’allarme. Lei sostiene invece che la prevenzione debba essere una prassi quotidiana, anche per chi si sente in forma. Perché?
Perché spesso il danno metabolico e cellulare è silenzioso. I marker clinici tradizionali possono restare nei limiti per anni, mentre l’infiammazione cronica, la perdita di massa muscolare o l’accumulo di grasso viscerale avanzano in modo subdolo. Soprattutto per chi ha superato i quarant’anni, è fondamentale agire prima che insorgano disfunzioni metaboliche, insulinoresistenza, disturbi cardiovascolari o declino cognitivo.
Per chi ha una vita intensa, tra lavoro e impegni, spesso il tempo è il vero nemico. Come si integra il suo approccio in una routine impegnativa?
Proprio per questo ho sempre insistito sull’approccio sostenibile, non punitivo. Non servono restrizioni continue, ma interventi mirati e periodici, ad esempio con due cicli di dieta mima digiuno all’anno per persone sane, oppure tre-quattro per chi ha fattori di rischio. Per il resto, bastano due pasti al giorno, una colazione abbondante e una cena anticipata, evitando snack e mantenendo una finestra alimentare ristretta. Il corpo, dopo i 40, beneficia enormemente di questi ritmi. In molti ambienti di lavoro ad alto rendimento si parla di biohacking, integratori, nootropi. Lei cosa ne pensa?
Alcuni interventi possono essere utili, ma non devono diventare scorciatoie o sostituti di uno stile di vita corretto. Il ‘biohacking’ è interessante, ma deve essere guidato da dati e biologia, non da marketing. Per esempio, gli integratori possono avere senso in caso di carenze specifiche (vitamina D, omega-3, B12 per i vegetariani). Ma il vero ‘hack’ è conoscere i propri parametri, monitorarli regolarmente e intervenire sulle cause, non solo sui sintomi.
Il cervello, con l’avanzare dell’età, è soggetto a perdita di plasticità e focus mentale. C’è un legame tra alimentazione e performance cognitiva?
Assolutamente sì. L’infiammazione sistemica e la glicemia instabile sono nemiche della neuroplasticità. I nostri studi hanno mostrato che una dieta con basso indice infiammatorio, associata a cicli di dieta mima digiuno, migliora anche i parametri cognitivi. Inoltre, il digiuno stimola la produzione di Bdnf (Brain-Derived Neurotrophic Factor), una molecola chiave nella
Biografia in pillole
Valter Longo è considerato uno dei massimi esperti mondiali nell’ambito di invecchiamento e scienze biomediche. Nato in Italia, vive negli Stati Uniti. Inserito dal Time tra i 50 uomini più influenti nel campo della salute, ha dato vita alla Fondazione Valter Longo Onlus, impegnata nella promozione della longevità e nel sostegno alimentare a pazienti oncologici e persone in difficoltà economica. A capo di importanti istituti di ricerca è anche relatore, divulgatore, autore di libri.
Valter Longo, biologo cellulare e gerontologo, Edna Jones Professor in Scienze biologiche e gerontologia e Direttore del Longevity Institute presso la USC School of Gerontology. È anche autore del celebre saggio
La Dieta della Longevità, divenuto punto di riferimento per chi cerca un approccio preventivo, scientifico e razionale alla salute.
neurogenesi. Per chi lavora molto con il cervello, una nutrizione intelligente è uno strumento di potenziamento, non solo di prevenzione.
Qual è il ruolo della forza muscolare nella longevità?
Fondamentale. La massa muscolare è un predittore diretto della sopravvivenza, soprattutto in età avanzata. Per questo consiglio sempre di integrare un’attività di resistenza moderata, come pesi leggeri, due-tre volte a settimana. Non si tratta di estetica, ma di salute sistemica: il muscolo è un organo endocrino, produce molecole benefiche, regola il metabolismo e protegge dalle cadute e dalla fragilità. Infine, professore: in un mondo accelerato, dove tutto è ottimizzazione, qual è secondo lei il valore più importante da preservare?
La sobrietà consapevole. Viviamo in un sistema che ci spinge all’eccesso, al consumo, alla performance costante. Ma l’organismo umano è stato selezionato per funzionare in equilibrio, con cicli di carico e scarico, abbondanza e restrizione. Rieducare corpo e mente a questa logica naturale è il più grande investimento che un individuo possa fare su sé stesso.
Simona Manzione
Architettura adattiva
L’urgenza ambientale sollecita l’architettura a farsi promotrice di un dialogo produttivo fra le numerose discipline e intelligenze che modellano l’ambiente costruito, con soluzioni tempestive.
Adattarsi non è sottostare al compromesso, ma la dinamica alla base stessa della vita. Un processo chiave nell’evoluzione, che permette agli organismi di modificare le proprie caratteristiche per sopravvivere e riprodursi in ambienti diversi. “Ambienti diversi” sono anche quelli cui si confronta l’architettura odierna: cambiamenti climatici, pressione demografica, disparità economica e sociale, progresso tecnologico. Un mondo alterato, spesso ostile, che spinge a ripensare la pratica progettuale per rispondere con dinamismo e flessibilità alle sfide del presente e del futuro. Non limitandosi a mitigare l’impatto del costruito, ma assumendo un ruolo proattivo e reinterpretando la relazione al territorio con nuove forme di simbiosi. Attingendo alle molteplici forme di intelligenza e promuovendo un’ottica interdisciplinare, dalle scienze alle arti. Ad aprirsi è anche l’approccio curatoriale
dell’Arch. Carlo Ratti, fra i più influenti studiosi nel campo della pianificazione urbana, che ha cercato di andare oltre il format autoriale di una grande mostra internazionale, facendo della Biennale Architettura 2025, affidata alla sua direzione, una piattaforma polifonica di ricerca e confronto che possa generare una reazione a catena. Come? A quattro mesi dall’inaugurazione è il momento per riaccendere i riflettori sull’evento, in programma fino al 23 novembre.
Architetto Carlo Ratti, ancor prima della Biennale Architettura la sua esperienza curatoriale includeva importanti progetti in diverse parti del mondo. Quali nuove sfide ha comportato essere investito di questo ruolo? È un onore, certo, ma anche una sfida. La Biennale è un po’ un bene comune globale: tante voci, tante urgenze, tutte insieme su un unico palcoscenico. La difficoltà maggiore? Direi coordinare su
Apertura di grande impatto, fisico e metaforico, per la Biennale Architettura 2025 curata dall’Arch. Carlo Ratti, con l’installazione Terms and Conditions: nell’ingresso, popolato di vecchi condizionatori, tutto il calore generato per rinfrescare il percorso nelle Corderie dell’Arsenale investe i visitatori. A riaccendere la speranza nell’intelligenza e nella responsabilità collettiva, le luci del Terzo Paradiso, nella rilettura prospettica della Fondazione Pistoletto Cittadellarte. Ma cosa attendersi dalle intersezioni tra automazione, artigianato e materialità? Se lo chiede, nella sezione Artificial, l’installazione A Robot’s Dream, firmata anche dell’Eth Zürich.
larga scala. Abbiamo avuto il più alto numero di partecipanti di sempre, oltre 750, e la sfida era tenere un filo curatoriale chiaro senza perdere coerenza. Un ruolo meno da “autore” e più da “direttore d’orchestra”, cercando di dare spazio a molte intelligenze che suonassero insieme. Come andare oltre il formato di una grande mostra internazionale, trasformando la Biennale Architettura in una piattaforma di incontro e dialogo capace di catalizzare davvero il cambiamento?
Certo, le mostre di architettura possono sembrare formule stanche. Appena un progetto ha i render, li trovi subito su Domus o Dezeen. Allora perché venire a Venezia? Per scoprire un laboratorio: progetti che prendono forma sul posto, che vengono testati in Laguna, che generano discussioni in workshop e residenze. Anche per questo abbiamo creato il programma Gens, centrato sull’interdisciplinarità, e aperto lo Space for Ideas, la call aperta a tutti. Tutti esperimenti essi
Venezia
The Third Paradise Perspective Fondazione Pistoletto Cittadellarte Terms and Conditions Transsolar Bilge Kobas Daniel A. Barber
A Robot’s Dream Gramazio Kohler Research, ETH Zurich, MESH Studio Armin Linke
stessi per far funzionare la Biennale non come una mostra statica, ma come un laboratorio.
Il filo conduttore di questa edizione è l’alleanza tra intelligenze: naturale, artificiale e collettiva. Cosa ci insegna ciascuna di queste forme? E cosa rimane di specificamente umano?
Direi così: l’intelligenza naturale ci insegna la circolarità e la resilienza: pensiamo agli ecosistemi, dove nulla si spreca. L’intelligenza artificiale ci offre percezione su larga scala: sensori, simulazioni, la possibilità di testare scenari prima di colare cemento. L’intelligenza collettiva trasforma le città in progetti co-autoriali, dove si lavora insieme. E l’elemento umano? Le macchine possono simulare, la natura può ispirare, il collettivo può organizzare - ma sono e devono essere gli esseri umani a decidere quali futuri sono desiderabili. Come si possono trasformare le città esistenti quando i modi di vivere cambiano in fretta, mentre costruire richiede anni? È complicato. Allora servono strategie diverse: progetti reversibili, gemelli digitali per accelerare i cicli di feedback, urbanismo tattico per testare prima di investire, e strumenti per velocizzare le autorizzazioni. La professione sta cambiando: fluente non solo nella progettazione, ma anche in tante altre discipline, come facciamo vedere a Venezia. Le
«Servono strategie diverse: progetti reversibili, gemelli digitali per accelerare i cicli di feedback, urbanismo tattico per testare prima di investire, e strumenti per velocizzare le autorizzazioni. La professione sta cambiando: fluente non solo nella progettazione, ma anche in tante altre discipline, come mostriamo a Venezia»
Arch. Carlo Ratti, curatore Biennale Architettura 2025
università si stanno muovendo in questa direzione, ma anche loro dovrebbero fare più in fretta…
In contrasto con un mondo che erige barriere politiche ed economiche, la tecnologia sembra dare un forte impulso a pratiche partecipative, facilitando connessioni, progetti collaborativi, approcci open-source. Lo riscontra anche nella sua pratica progettuale?
È vero - il digitale facilita il collettivo in varie forme. Le resistenze esistono: ma possono essere contrastate con standard aperti, accordi chiari di governance dei dati, e nuovi contratti che riconoscano il valore della co-creazione, non solo della consegna finale.
In parte bar, in parte laboratorio, il progetto Canal Café (Diller Scofidio + Renfro) depura l’acqua della laguna dell’Arsenale permettendo addirittura di preparare un eccellente espresso. Premiato con il Leone d’Oro per la migliore partecipazione alla Biennale Architettura 2025, affronta in modo intelligente la lotta all’emergenza idrica.
L’apertura e la pluralità hanno plasmato anche il suo approccio curatoriale a questa Biennale: partecipativo e collettivo, ma non anonimo. Una cosa interessante è che abbiamo accreditato i progetti un po’ come si fa con gli articoli scientifici: elencando contributori di diverse discipline. Molti di quei team si sono formati attraverso lo Space for Ideas, una sorta di open call che, per la prima volta, ha permesso di superare i limiti dell’invito diretto, ampliando enormemente gli orizzonti delle proposte. Sono orgoglioso del mix che ne è scaturito: persone di generazioni diverse, di continenti diversi, con esperienze e stature diverse, che hanno lavorato fianco a fianco. Una cosa non scontata nelle mostre di architettura.
L’ultima sezione della mostra alle Corderie dell’Arsenale, “Out,” offre una prospettiva extraterrestre sul nostro pianeta. Come può aiutare un simile ribaltamento di prospettiva?
Non credo a un Pianeta B. Ma credo che il nostro pianeta cambierà molto sotto la pressione climatica. La tesi centrale della mostra, l’adattamento, è legata a questo: guardare a condizioni estreme nello spazio ci aiuta a prepararci a condizioni estreme sulla Terra. E ci ricorda che la migliore opzione - l’unica opzione - è prenderci cura del pianeta che abbiamo già. Come presidente della Giuria ha scelto uno dei curatori più influenti del mondo dell’arte, lo svizzero Hans Ulrich Obrist: in cosa rispecchia la sua prospettiva?
Hans Ulrich Obrist incarna una cultura porosa, transdisciplinare: è un convener instancabile, un archivista di idee. Ha una generosità incredibile verso le nuove voci, e una memoria lunga delle mostre passate. Mi sembrava perfetto per una Biennale che vuole dare valore tanto alla continuità quanto alla novità.
Nell’attività progettuale con il suo studio CRA-Carlo Ratti Associati (Torino, New York, Londra) e di insegnamento e ricerca (al Mit, dove dirige il Senseable City Lab, e al Politecnico di Milano) è impegnato sia negli Stati Uniti che in Europa. Quanto differisce sui due fronti la percezione del ruolo dell’architettura? Certo, i ritmi e le priorità sono diversi. Ma di fronte a eventi con i roghi di Los Angeles o le alluvioni di Valencia sta maturando una consapevolezza simile. Solo la progettazione dell’ambiente costruito ci può aiutare ad adattarci a un pianeta e un clima che cambia.
Canal Café, Diller Scofidio + Renfro Natural Systems Utilities SODAI Aaron Betsky Davide Oldani
Lo Swiss Made al polso della Gen Z
PC-7 WING
Fanno tendenza, i Centennials. E loro, i giovani “G Z”, vanno oltre il semplice accessorio, alla ricerca di orologi in cui sostenibilità e un design all’avanguardia si mixano con la tradizione e il label ‘Swiss Made’. Swiss Military Hanowa da sessant’anni lavora per accontentarli...
Nel 2007 la Fédération horlogère aveva avviato un processo di rafforzamento dell’orologeria svizzera. Con la conseguente modifica dell’ordinanza che regola l’uso del label ‘Swiss made’. Questo per garantire la credibilità e il valore dell’indicazione geografica “Svizzera” a lungo termine, garantendo al contempo la soddisfazione dei consumatori che, quando acquistano un orologio Swiss made, si aspettano che corrisponda alla qualità e alla reputazione della tradizione orologiera svizzera, e quindi che sia prodotto entro i confini confederati e che incorpori un alto livello di valore aggiunto di origine svizzera.
Per ottenere il marchio Swiss made, un orologio deve quindi soddisfare da allora anche il requisito del 60% minimo di valore svizzero, oltre a quei requisiti già esistenti, come l’incorporazione di un movi-
Forged for flight, this Special Edition PC-7 Wing 44mm chronograph pairs a black-green dial anchored by the PC-7 emblem and a tachymeter scale. Sapphire crystal, dual-finish case, and brown nubuk-style strap deliver performance and presence.
e controllo artigianale», esordisce Hilde Niedermann, Ceo di Hanowa Ag. Il marchio Hanowa è stato fondato nel 1963 da Hans Noll. A Biel/Bienne, cuore dell’orologeria svizzera. La sua evoluzione è legata all’unione di qualità svizzera, design sportivo e accessibilità. Negli anni, il marchio ha consolidato la sua identità come orologio Swiss Made dal forte carattere militare e sportivo, con una presenza internazionale in costante
Per celebrare i cento anni di Avia (Società degli ufficiali delle Forze aeree), il marchio svizzero di orologi Swiss Military Hanowa ha creato un’edizione speciale, costituita da cinque segnatempo: sopra il modello PC-7 Wing. Gli orologi sono stati presentati a Lugano, al Grand Hotel Villa Castagnola, durante l’evento con il quale Avia ha festeggiato l’importante traguardo. L’evento si è concluso con un’esibizione di FLightArt (foto in alto a sinistra) realizzata dall’acclamato artista svizzero Gerry Hofstetter, che trasforma luoghi iconici svizzeri in un omaggio a coloro che hanno plasmato i cieli.
Case: 44 mm
Case Material: Stainless Steel
10
Crystal: Sapphire Glass
Dial: Black-Green with PC-7 Team Logo
Band Material: Genuine Leather Strap
Band Color: Brown
Function: Quartz Chronograph
Movement: Swiss Made Ronda 5030.D
SPECIAL EDITION PC-7 TEAM
tosto maschile, ha segnato un’evoluzione strategica per il marchio - che è oggi parte di un gruppo più vasto, l’International Luxury Group, per un totale di 250 collaboratori -, rafforzandone l’identità nel segmento degli orologi Swiss Made dal carattere robusto e funzionale.
La licenza “Swiss Military” arrivata nel 2015 da parte della Confederazione svizzera è ben più di una definizione estetica.«Swiss Military incarna quei valori profondamente radicati nella tradizione svizzera, come precisione, robustezza, affidabilità, resistenza e funzionalità. È un richiamo diretto allo spirito militare svizzero e a una filosofia produttiva rigorosa», prosegue Hilde Niedermann, che aggiunge: «Tutto questo nei nostri orologi si traduce in un insieme di caratteristiche: estetica funzionale, leggibilità ottimale, uso di materiali resistenti come l’acciaio inox e vetri zaffiro, oltre all’affidabilità dei movimenti svizzeri e all’inconfondibile logo con la croce federale. Ogni orologio è progettato per resistere a condizioni estreme, garantendo performance elevate. Il mix di funzionalità militare e look urbano, con una declinazione ‘sporty’ è la nostra firma, per una clientela che ingloba tutte le fasce di età», nota ancora l’amministratore delegato, evidenziando come in un panorama orologiero ricco di proposte, a contraddistinguere il marchio Swiss Military Hanowa sia anche l’equilibrio tra qualità e prezzo: «Proponiamo orologi con caratteristiche professionali, Swiss Made, con un posizionamento altamente competitivo, senza compromessi in termini di qualità o prestazioni. Puntiamo su sostenibilità, innovazione tecnologica e rafforzamento digitale e ci rivolgiamo oggi a un pubblico dinamico, attivo, sia maschile che femminile, che apprezza la qualità svizzera ma desidera anche uno stile moderno e funzionale. Rispetto al passato, il cliente è più giovane e orientato alla performance».
I mercati di riferimento, che includono oltre 60 Paesi, evidenziano una forte affermazione in Europa, Medio Oriente e Asia. «Stiamo consolidando la nostra presenza anche in America Latina e nei mercati digitali globali, rispondendo a una domanda crescente, su scala internazionale, per orologi Swiss Made versatili e accessibili». Le sfide non mancano neppure per quei marchi che, con prodotti di una fascia di prezzo considerata abbordabile, si muovono più agilmente non solo nei
«La licenza ‘Swiss Military’ incarna quei valori profondamente radicati nella tradizione svizzera, come precisione, robustezza, affidabilità, resistenza e funzionalità. È un richiamo diretto allo spirito militare svizzero e a una filosofia produttiva rigorosa»
Hilde Niedermann, Ceo di Hanowa Ag
differenti mercati ma anche nei su e giù dell’economia. «Le principali sfide sono l’evoluzione delle preferenze dei consumatori, sempre più attenti all’etica e alla trasparenza, l’intensificarsi della concorrenza globale e la necessità di differenziazione costante. Sfide che affrontiamo costruendo innovazione su quella solida base che è la tradizione svizzera. La tradizione garantisce continuità e credibilità, mentre l’innovazione permette di rispondere alle esigenze di un mercato in costante mutamento. Il nostro approccio è quello di innovare rispettando i valori fondanti dell’orologeria svizzera. E oggi, nonostante il settore nel suo complesso stia attraversando una fase considerabile di stagnazione, per quanto ci riguarda stiamo invece riscontrando con soddisfazione un trend di crescita, soprattutto in Svizzera».
A sinistra, l’orologio Dark Matter, un’edizione speciale uscita nel 2024 usando il materiale tecnico Musou black. Nel 2025 si celebrano tre anniversari di realtà ‘in volo’: i 110 anni della Luftwaffe, i 60 anni della Patrouille Suisse e i 35 del PC-7 Team (la seconda pattuglia acrobatica ufficiale delle Forze Aeree Svizzere).
Guidare un marchio dal Dna militare e maschile in quanto donna forse è una sfida nella sfida… «È stato piuttosto una leva», risponde la Ceo di Swiss Military Hanowa, «La diversità di prospettive arricchisce la strategia e la creatività, in qualunque contesto aziendale. La forza del brand non è in un genere o nell’altro, ma nei valori che il marchio rappresenta. Portare una visione femminile ha aperto nuove direzioni stilistiche e comunicative, interpretando il marchio in chiave contemporanea e più inclusiva, senza snaturare la sua anima militare. La comunicazione oggi parla anche di lifestyle, di esperienze e di equilibrio tra forza e sensibilità», sintetizza Hilde Niedermann che, parlando di leadership, condivide le proprie considerazioni: «Per quanto riguarda la leadership, non è legata al genere, ma al background di chi la esprime, uomo o donna che sia. A una giovane donna che aspira a ruoli apicali in un settore tecnico o fortemente maschile consiglierei pertanto di valorizzare la propria competenza, determinazione e autenticità. I settori tecnici richiedono leadership fondata sul merito e sulla visione. Le sfide sono reali, ma lo sono anche le opportunità per chi è preparata, motivata e capace di innovare con responsabilità».
Simona Manzione
I termini del patto formativo
In quali casi la formazione continua viene (co)finanziata dal datore di lavoro? E quando entrano in vigore le clausole di rimborso a tutela di eventuali dimissioni anticipate?
Studia, finché puoi. Se non ti impegni a scuola ora, dopo te ne pentirai. È adesso che ti giochi il futuro. Frasi come queste le abbiamo sentite tutti, durante la nostra gioventù. Le diceva un genitore, un nonno, magari un insegnante, nel tentativo di scuoterci da quel torpore didattico che talvolta prendeva il sopravvento. Suonavano esagerate, ma finivano per lasciare il segno, suscitando una sottile pressione. E lentamente prendeva spazio l’idea che, più avanti, il tempo da dedicare allo studio non si sarebbe più presentato.
Sicuramente, in passato, tali frasi riflettevano bene la realtà. Oggi, invece, senza voler sminuire l’importanza della formazione di base, è evidente che l’apprendimento si estende lungo tutta la vita professionale. Tra i fattori che rendono la formazione continua un investimento centrale figurano lo sviluppo tecnologico, le sfide della sostenibilità, nonché la crescente domanda sul mercato svizzero di manodopera altamente qualificata. Secondo l’Ufficio federale di statistica, nel 2016 circa il 62% della popolazione residente permanente tra i 25 e i 74 anni aveva svolto almeno un’attività di formazione continua nel corso degli ultimi dodici mesi. Nel 2021, a causa della difficoltà dell’insegnamento in presenza durante la pandemia, si è rilevato un calo al 45%, ma per la prossima registrazione nel 2026 si prevede un ritorno ai livelli pre-Covid, se non un ulteriore incremento. La formazione continua rappresenta quindi il segmento del sistema educativo svizzero con la più alta partecipazione. Tutto ciò comporta naturalmente dei costi. Secondo la legge, il datore di lavoro è tenuto a rimborsare le spese della formazione continua dei propri dipendenti
solo quando risulta indispensabile per l’esecuzione della mansione. Nella prassi, tuttavia, è molto frequente che il datore di lavoro si accordi con il lavoratore per coprire una parte o la totalità di questi costi, poiché del perfezionamento professionale approfittano entrambe le parti. Attraverso la formazione, il lavoratore potrà aggiornare e ampliare le proprie competenze, mentre il datore di lavoro beneficerà dei risultati di un collaboratore più qualificato.
Il vantaggio aziendale si concretizza però solamente nel medio-lungo termine, con l’aumentare del tempo di lavoro prestato. Ed è per questo motivo che, per tutelarsi da eventuali interruzioni anticipate del rapporto lavorativo, il datore di lavoro inserisce spesso nell’accordo di sovvenzione apposite clausole di rimborso. Ecco cosa occorre sapere a riguardo.
La clausola deve fare esplicito riferimento all’importo rimborsabile e al periodo durante il quale lo scioglimento del contratto di lavoro attiverebbe l’obbligo di risarcimento dei costi. L’accordo andrebbe convenuto prima del periodo di formazione e, a fini probatori, si raccomanda la forma scritta.
Va anche sottolineato che la clausola è valida unicamente nel caso in cui il datore di lavoro ha sovvenzionato la formazione continua su base facoltativa. Accordi di rimborso per corsi obbligatori o strettamente necessari allo svolgimento della mansione sono quindi da considerarsi nulli (ex art. 327a cpv. 3 CO). È anche importante precisare che non tutte le risoluzioni del contratto di lavoro attivano la clausola, bensì solo quelle riconducibili al lavoratore (come, una sua disdetta ordinaria o la risoluzione immediata del contratto per cause gravi a lui imputabili).
Un altro punto chiave riguarda il periodo entro cui la disdetta attiva la clausola di rimborso, poiché vincoli troppo lunghi potrebbero ledere la libertà di disdetta del lavoratore. Secondo il Tribunale federale, tre anni dal termine della formazione sono da considerarsi un periodo conforme al diritto. La giurisprudenza cantonale più recente sembra però orientarsi verso un’estensione a 5 anni (soprattutto per formazioni molto onerose, come nell’aviazione). Questa tendenza emerge anche nelle ordinanze sul personale pubblico federale e cantonale. Sono quindi le circostanze del caso specifico a determinare la validità della clausola, come l’ammontare dei costi, eventuali aumenti di salario o l’anzianità di servizio presso l’azienda.
Riassumendo, se la formazione continua è diventata indispensabile nel mondo del lavoro odierno, tra svolte tecnologiche, necessità di polivalenza e percorsi professionali sempre meno lineari, ecco che gli accordi facoltativi per la copertura dei costi da parte del datore di lavoro sono sempre più visti come un investimento all’interno della propria organizzazione. Le clausole di rimborso rappresentano perciò uno strumento legittimo di tutela degli interessi aziendali. Al tempo stesso, per il lavoratore costituiscono una sorta di “promessa di fedeltà”, che lo induce, in segno di riconoscenza per il sostegno finanziario ricevuto, a restare fino alla scadenza. Un impegno reciproco che non deve tuttavia compromettere la libertà di disdetta del lavoratore, principio sempre più rilevante in una società in cui la mobilità professionale è in crescita costante.
Aaron Bettazza, Membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
Alla prova del mercato
Il vero test? Saper promuovere e vendere le proprie competenze, mentre la domanda di professionisti in Marketing & Sales diventa sempre più selettiva. Una sfida da sfruttare per distinguersi.
Negli ultimi dodici mesi il mercato del lavoro svizzero nel settore Marketing&Sales ha rallentato in modo evidente. I dati del Rapporto sul mercato del lavoro di giugno 2025 - elaborati da x28 Ag e jobchannel ag, gestore del portale marketing-job.ch - mostrano un quadro differenziato ma chiaro:
- Marketing&Comunicazione: dalla estate 2024 il numero di posizioni aperte è in costante calo. A giugno 2025 erano rimasti circa 870 annunci attivi, il livello più basso degli ultimi anni.
- Marketing: complessivamente si è registrato un calo del 22%, passando dalle 2.570 posizioni aperte a giugno 2024 a 2.010 questo.
«Chi resta visibile, vince. Chi si specializza, è ricercato. Chi continua ad apprendere, resta rilevante»
Marco Ancora, Direttore Generale di Swiss Marketing.
Tre dritte per...
- Marketing Communication: segmento particolarmente colpito: -34% in un anno (da 650 a 430 posizioni aperte).
- Vendite: dopo un picco nell’autunno 2024, le offerte sono scese a 13.820 questo giugno, anch’esse con un calo marcato. Perché il mercato è più selettivo? Le cause sono molteplici. L’incertezza economica frena gli investimenti in marketing e vendite, i budget vengono ridotti, i team snelliti. Allo stesso tempo, l’automazione e gli strumenti basati sull’Intelligenza artificiale aumentano la pressione su efficienza e produttività. Risultato: le aziende assumono in modo più mirato, crescono i requisiti richiesti a professionisti e dirigenti, e aumenta la concorrenza per le posizioni più interessanti. Impatto su professionisti e dirigenti. Fra chi è alla ricerca di un lavoro, i profili ‘standard’ incontrano maggiori difficoltà. Oggi, per avere successo nel marketing e nelle vendite, serve più di un buon cur-
... chi cerca lavoro:
• Aumentare la visibilità: essere attivi nei network professionali, a eventi di settore e sui social media.
• Specializzarsi: focalizzarsi su aree di competenza ad alta richiesta, come data analysis, marketing automation o competenze specifiche di settore.
• Apprendere: formazione continua per essere preparati alle nuove tecnologie, strumenti e trend emergenti.
... le aziende:
• Definire profili precisi: chiarezza nei requisiti per ridurre candidature fuori target.
• Ricerca mirata: oltre ai consueti portali di lavoro, far ricorso a piattaforme e network specialistici.
• Offerte attrattive: oltre alla retribuzione, puntare su crescita professionale, flessibilità e progetti con valore.
riculum: a contare sono specializzazioni chiaramente riconoscibili, competenze professionali aggiornate e la capacità di posizionarsi in modo visibile. Reti di contatti, esperienza di settore, esempi di progetti e personal branding diventano fattori decisivi. I curricula che si limitano a elencare mansioni sono meno convincenti. È fondamentale presentare risultati concreti e successi dimostrabili.
Impatto sulle aziende. Anche i datori di lavoro affrontano nuove sfide. In un mercato più competitivo, cresce la pressione per trattenere i talenti più brillanti e trovare nuovi profili adeguati. Molte aziende segnalano che, sebbene arrivi un numero sufficiente di candidature, troppi pochi profili corrispondono alle loro esatte esigenze. Servirebbero quindi requisiti più precisi, una ricerca più mirata e condizioni quadro più attrattive per aggiudicarsi i migliori talenti. Restare rilevanti. Nel 2025 il mercato del lavoro per i professionisti di marketing e vendite è diventato più esigente, ma non impenetrabile. Chi saprà posizionarsi con chiarezza, investire nella propria crescita e mettere in evidenza il proprio valore affinando il suo profilo può persino trasformare questa maggiore selettività in un vantaggio competitivo. Analogamente, le aziende che cercano in modo mirato, comunicando con chiarezza le loro esigenze e offrendo condizioni di lavoro stimolanti hanno le carte in regola per individuare i migliori talenti anche in un contesto difficile.
Una stoccata per la crescita
La scherma è un perfetto equilibrio tra arte, sport e filosofia, in cui tecnica e strategia si fondono in un duello nobile e avvincente. La neonata Associazione Amici della Scherma Ticino ha fatto sua la sfida ed è pronta a sostenere una nuova generazione di schermidori.
La Svizzera vanta una lunga tradizione nella scherma, con risultati significativi a livello mondiale. Dal primo oro olimpico per la Svizzera, conquistato da Marcel Fischer nella spada individuale alle Olimpiadi di Atene del 2004 alla medaglia d’argento che si era aggiudicata Gianna Hablützel-Bürki, nella spada individuale, alle Olimpiadi di Sidney del 2000.
Più di recente, nel 2024, la Svizzera ha ottenuto due medaglie di bronzo ai Campionati Europei a Basilea, e nel 2025, sono state in tutto tre le medaglie conquistate
dall’Under 23 in Estonia. Risultati che hanno confermato la competitività degli atleti elvetici a livello internazionale. Disciplina che unisce sportività, strategia e valori etici, la scherma richiede equilibrio, concentrazione, rapidità nelle decisioni e rispetto per l’avversario. È uno sport che si adatta a tutte le età e livelli, dai bambini agli adulti, dai principianti agli agonisti.
Nel panorama sportivo del Canton Ticino, la scherma sta vivendo una nuova fase di crescita. Da una parte l’impegno dei tre club - Bellinzona Scherma, Circolo
Scherma di Locarno e Lugano Scherma - che fanno capo alla Federazione Ticinese di Scherma, con l’offerta di corsi che spaziano dall’apprendimento ludico e ricreativo alla preparazione agonistica, creando un ambiente inclusivo e stimolante per tutti gli appassionati.
Dall’altra, un importante booster al settore è oggi rappresentato dall’Associazione Amici della Scherma Ticino, di recente fondazione. «L’Associazione Amici della Scherma è nata per creare una comunità attiva a sostegno della scherma locale. Lo scopo principale è la raccolta fondi grazie alla quale potrer offrire ai giovani un ambiente sano, formativo e ricco di opportunità, dentro e fuori dalla pedana», ha sintetizzato Paolo Vismara,
I quattro pilastri della disciplina
Tecnica: azioni codificate come affondi, parate, risposte e finte. Tattica: capacità di leggere l’avversario, scegliere il momento giusto per attaccare o difendersi. Aspetto della fisicità: agilità, riflessi, resistenza e rapidità. Aspetto mentale: concentrazione, autocontrollo, capacità decisionale e gestione dello stress.
In Ticino, il più antico dei tre Club di scherma, quello di Locarno, è stato fondato nel 1940, mentre quello dal maggior numero di iscritti è oggi il club di Lugano, con 170 atleti di età compresa tra i 5 e gli 80 anni.
Armi
bianche, A voi!
La scherma è una disciplina sportiva, ma anche un’arte marziale di origine antica, che consiste nel combattimento con armi bianche - fioretto, spada e sciabola - secondo regole codificate e con l’obiettivo di toccare l’avversario senza essere toccati. Si tratta di uno sport olimpico dal 1896 (per gli uomini) e dal 1924 (per le donne).
presidente della neonata Associazione, che ha evidenziato anche come la scherma insegni disciplina, rispetto delle regole e dell’avversario; alleni la mente alla rapidità di pensiero e all’analisi strategica; promuova autonomia, autocontrollo e perseveranza.
Tre le armi usate nella scherma:
Fioretto
•Arma di punta, leggera e flessibile.
•Il bersaglio valido è il tronco (esclusi braccia, gambe e testa).
• Si applica il principio della priorità: se entrambi colpiscono, il punto va a chi ha l’iniziativa corretta.
Sopra, Paolo Vismara, presidente dell’Associazione Amici della Scherma Ticino. In alto a sinistra, il primo evento ufficiale dell’Associazione, tenutosi il 14 maggio al Padiglione Conza di Lugano. Sono intervenuti (in foto, da sinistra) Fabio Capello, icona del calcio internazionale, Diego Confalonieri, già campione olimpico e oggi allenatore, e Gian Maria Regazzoni, preparatore mentale, protagonisti di un talk moderato da Roberto Mazzantini (in foto, a destra), membro del comitato promotore dell’Associazione.
• Arma di punta, più pesante del fio-
• Il bersaglio è tutto il corpo.
• Non c’è priorità: se entrambi colpiscono contemporaneamente, entrambi ottengono il punto.
Sciabola
• Arma di taglio e di punta.
• Il bersaglio valido va dalla cintura in su (tronco, braccia, testa).
• Come nel fioretto, vige la regola della priorità.
«Con l’impegno dell’Associazione e dei club locali, attraverso l’organizzazione di eventi e attività, questa affascinante disciplina ha un futuro promettente nel nostro cantone. La nostra missione è aiutare giovani talenti a raggiungere i loro obiettivi, offrendo loro le risorse necessarie per
crescere e competere a livello nazionale e internazionale», aggiunge Paolo Vismara, che prosegue: «Il nostro primo progetto è destinato a supportare il già campione olimpico Diego Confalonieri, attuale allenatore di Swiss Fencing delle nostre promettenti squadre U17-U20, dotandolo di una vettura per la scuola di scherma, essenziale per garantire l’accesso e la partecipazione agli allenamenti e alle competizioni, soprattutto per gli atleti provenienti dalle zone meno servite del nostro Cantone».
Il progetto dell’Associazione Amici della Scherma Ticino, presentato in una serata-evento che ha avuto luogo lo scorso mese di maggio al Padiglione Conza di Lugano, si prefigge di accompagnare la crescita di una nuova generazione di schermidori, tenendo ben presente che «La scherma è rispetto, ascolto, autocontrollo. È un duello nobile, prima ancora che sportivo», come ha sintetizzato Paolo Vismara, concludendo: « Dietro ogni stoccata, c’è un sogno; e dietro ogni sogno, c’è una comunità pronta a sostenerlo».
Simona Manzione
Start up della Difesa
Difendere l’Europa è un mantra dagli strascichi economici sempre più importanti, a muoversi anche i personaggi più improbabili, come il Ceo di Spotify.
Un record storico di 5,2 miliardi di dollari. Si tratta dei finanziamenti di Venture
Capital raccolti nel 2024 dal solo settore europeo della Difesa e sicurezza, almeno secondo un report del Nato Innovation Fund. Considerando l’attuale contesto geopolitico, la tendenza potrebbe accelerare ulteriormente.
Un segnale di rilievo è arrivato di recente, con l’annuncio di Helsing, start up europea specializzata nella tecnologia applicata alla Difesa, relativo a un round da 600 milioni di euro. Un investimento che è stato guidato da Prima Materia, il fondo creato dal Ceo di Spotify, Daniel Ek, insieme a Shakil Khan, uno dei primi investitori della popolare App di streaming musicale. Tra gli altri punti, è opportuno non scordare che Ek sia anche presidente di Helsing.
Al round hanno partecipato inoltre player come Lightspeed Venture Partners, Plural, General Catalyst e Saab.
Helsing ha precisato sin da subito che utilizzerà i nuovi capitali raccolti per investire nella sovranità tecnologica europea, in scia con gli sforzi dell’Unione Europea di portare nel Vecchio Continente lo sviluppo e la produzione di tecnologie critiche come l’Intelligenza Artificiale per tenere il passo dei giganti fuori continente.
“Mentre l’Europa rafforza rapidamente le proprie capacità di difesa in risposta a sfide geopolitiche in rapida e costante evoluzione, c’è un bisogno particolarmente urgente di massicci investimenti in tecnologie avanzate che garantiscano la sua autonomia strategica e prontezza alla sicurezza”, ha dichiarato Daniel Ek in un comunicato.
Helsing, sino ad oggi operativa tra Regno Unito, Germania e Francia, non ha
reso nota la nuova valutazione societaria a seguito del finanziamento, che resta soggetto a “determinate approvazioni”, secondo quanto comunicato.
Come ricordato puntualmente da Cnbc, l’anno scorso, la società era stata valutata circa 5 miliardi di euro in un round da 450 milioni guidato dall’importante player statunitense del Venture Capital, General Catalyst.
Negli ultimi tempi, la Difesa e le tecnologie correlate sono diventate un ambito molto interessante per gli investitori in molte regioni del mondo; Ucraina-Russia, Medio Oriente, Africa: di conflitti negli ultimi anni ne sono visti parecchi,
«Dichiarano: “Noi e la nostra base di investitori siamo allineati sull’idea che difendere il futuro delle nostre democrazie sia morale, ma c’è anche chi ritiene che lavorare su tecnologie letali non sia accettabile”.
Chi avrà ragione?»
e ancora se ne continuano a vedere (purtroppo) molti. Va poi considerato l’effetto Trump e il suo pubblicamente annunciato più volte ‘disimpegno’ dall’Europa, che sta spingendo l’Unione ad accelerare per raggiungere il prima possibile una sua indipendenza, pur anche relativa, difensiva. Dunque, non c’è affatto da stupirsi che il settore della Difesa sia un trend in continua crescita, da diversi anni.
Helsing, in particolare, sviluppa software basati sull’Ia in grado di analizzare grandi quantità di dati provenienti da sensori e sistemi tech (infrarossi, radar
Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.
e sonar montati sui veicoli). Il prodotto di punta della start up, Altra, elabora tali informazioni generando una mappa digitale del campo di battaglia aggiornata in tempo reale, con obiettivi chiari: dare al personale militare una visione complessiva dell’andamento di determinate operazioni, supportando i processi decisionali degli ufficiali. La tecnologia può essere tuttavia usata facilmente anche in ambito civile.
Tra la fine del 2023 e l’inizio del ’24, Helsing ha poi cominciato un’evoluzione strategica: non più semplice fornitore di software, ma anche produttore integrato di sistemi e mezzi, avviando la produzione della propria linea di droni HX-2.
Ecco però una questione delicata: alcuni fondi di Vc cercano di evitare le restrizioni Esg puntando su tecnologie cosiddette ‘dual-use’, ovvero con applicazioni sia civili sia militari. Tra queste rientrano la computer vision, la robotica, i software di cybersecurity e i droni autonomi.
Tutti e tre gli unicorni europei del settore, tra cui Helsing, ma anche la tedesca Quantum Systems e la portoghese Tekever (attive anche nel comparto droni), si promuovono come aziende a uso duale.
Da un punto di vista etico, ognuno fa le proprie considerazioni. Secondo quanto detto a Reuters da Sten Tamkivi, partner della piattaforma di investimento Plural, che ha investito in Helsing: “Noi e la nostra base di investitori siamo allineati sull’idea che difendere il futuro delle nostre democrazie sia un bene morale, ma in altri fondi c’è chi ritiene che lavorare su tecnologie letali non sia accettabile”.
Il futuro elettrico è già qui
Spaziosa, sicura e completamente digitale: Leapmotor B10 porta la moderna mobilità elettrica sulle strade svizzere. Guidare il futuro non è mai stato così accessibile.
Eleganza, efficienza e intelligenza digitale: la nuova Leapmotor B10 combina tutte queste caratteristiche in un insieme armonioso, con un Suv di fascia media completamente elettrico che convince per la tecnologia avanzata, il design sofisticato e un interessante rapporto qualità-prezzo, a soli 29.900 franchi. Una perfetta anticipazione della mobilità del futuro, dinamica e integralmente sostenibile.
Schermo centrale flottante
Un’interfaccia moderna per una guida fluida. Lo schermo HD da 14,6” 2.5K offre un’esperienza di guida intuitiva e coinvolgente, con un design elegante e armonico.
Essendo un veicolo puramente elettrico, offre comfort di guida, spazio e tecnologia ai massimi livelli - ideale per famiglie, pendolari e mobilità urbana. Con un’autonomia fino a 460 km (Wltp), la B10 è l’ideale per viaggi giornalieri e rilassanti tour del fine settimana. Il motore elettrico da 160 kW (218 Cv) garantisce una guida dinamica e fluida, mentre il telaio bilanciato assicura un’esperienza di guida stabile e silenziosa.
Cerchi in lega da 18”
Design dinamico, prestazioni migliorate. I cerchi in lega da 18” uniscono stile audace e leggerezza strutturale, migliorando manegevolezza, efficienza e il carattere sportivo del veicolo.
Per maggiori informazioni, i due concessionari Auto Nec di Riazzino per il Sopraceneri e il Garage Sport di Lugano per il Sottoceneri saranno felici di rispondere. Scopri di più su: leapmotor.net/ch-it/B10
Il design esterno della B10 unisce curve slanciate e linee dinamiche, bilanciando energia e stabilità con un look audace e moderno. Con una lunghezza di 4,73 metri e un passo di 2,73 metri, la B10 offre uno spazio interno generoso per cinque persone e un volume del bagagliaio flessibile. Curati nel minimo particolare i dettagli.
L’attenzione è rivolta al comfort digitale. Il conducente può aspettarsi un moderno concetto di comando con un touchscreen HD da 14,6 pollici nella consolle centrale e un quadro strumenti da 8,8 pollici dietro il volante. L’interfaccia utente è chiaramente strutturata e intuitiva da controllare. I regolari aggiornamenti software migliorano continuamente le prestazioni e l’intelligenza del Suv. L’ampio pacchetto di sicurezza di serie sulla Leapmotor B10 è impressionante: telecamera a 360°, cruise control adattivo, monitoraggio degli angoli ciechi, avviso di deviazione dalla corsia e assistenza automatica al parcheggio supportano il conducente nella vita di tutti i giorni e garantiscono un’esperienza di guida rilassata.
Fanali posteriori Full LED
Visibilità con carattere. I fanali posteriori Full LED garantiscono un’eccellente visibilità e sicurezza, con una firma uminosa distintiva che valorizza il design del veicolo.
Così il barocco si fece successo
Il secondo Gruppo bancario svizzero dopo oltre un secolo dalla sua nascita conserva ancora un’identità antica e unica. Nel corso degli anni ha saputo rimanere fedele a sé stesso, e ora il tempo gli dà ragione. I principi non sono solo contabili, e a San Gallo l’avevano capito.
Tra gli elementi costitutivi, e certo tra i principali obiettivi che l’arte barocca si prefigge, un ruolo determinante è ricoperto dallo stupore: la volontà di sorprendere e meravigliare il destinatario in ogni ambito, si tratti dunque di opere letterarie, musicali, architettoniche, figurative… è l’essenza stessa di quella corrente artistica, nel senso più ampio del termine, sbocciata in Italia tra la fine del XVI secolo, e il primo quarto del XVII, e andato
estinguendosi nell’era post napoleonica. Inizialmente molto criticato, nel Novecento è stato invece via via rivalutato, riconoscendogli una cifra stilistica non indifferente, anche rispetto a formidabili predecessori e illustri successori.
Del resto anche in finanza non tutto è sempre come sembra, e le sfumature si confermano ancora una volta uno dei tratti dominanti dell’industria svizzera, la sua vera ricchezza, ma sicuramente uno dei principali ingredienti del suo successo.
È un programma di vantaggi, tra cui ad esempio un’interessante scontistica rispetto a iniziative culturali e ricreative, destinato ai soci del Gruppo Raiffeisen. Nel corso degli anni si è costituita una popolosa comunità, negli ambiti più disparati, dalla musica all’arte allo sport, che beneficia del supporto diretto del Gruppo, e che dunque contraccambia riservando ai soci vantaggi e promozioni speciali, ad esempio forti sconti per partecipare a importanti concerti.
La fitta rete di filiali del Gruppo in Svizzera garantisce al 90% della popolazione di raggiungere la più vicina in meno di 10 minuti di auto.
«Ho accettato quattro anni fa questa nuova sfida professionale con grande slancio e voglia di rimettermi in gioco, senza rendermi davvero conto di dove stessi andando, muovendo dall’idea che Raiffeisen fosse una banca sana, e di sani principi, ma
Nasce il movimento Raiffeisen in Germania, grazie a F. W. Raiffeisen
Apre la prima Cassa Raiffeisen in Svizzera a Bichelsee (Tg)
Le prime 21 Casse creano l’Unione Svizzera Raiffeisen
Alleanza con l’Unione Svizzera dei Contadini
Nasce la Cassa rurale di Sonvico, Raiffeisen arriva in Ticino
Il primo rappresentante di Raiffeisen nel Consiglio della Bns
Nasce la Federazione delle B. Raiffeisen Ticino e Moesano
77 di 1000 banche hanno ora una sede fisica propria
Nascono le Banche Raiffeisen e Raiffeisen Svizzera Società Cooperativa
non conoscendo in dettaglio la struttura e le peculiarità del Gruppo. Ho trovato una galassia estremamente complessa e articolata in termini di struttura, non evidente dall’esterno, diversi cantieri aperti ma una direzione molto chiara, e un invidiabile livello di competenze interne su cui si sta lavorando da molto tempo, il che non ha fatto che aumentare l’entusiasmo con cui avevo abbracciato, inconsapevole, questa nuova avventura», esordisce Alina Augello, Responsabile Sede Svizzera italiana di Raiffeisen Svizzera.
Trascorrono gli anni, passano i decenni e si aprono nuove fasi. Il mondo continua inesorabilmente a cambiare. «Mi ritengo una persona fedele, sono nell’industria dal 1991, e ho trascorso i primi 23 anni in Credit Suisse. Ero una giovane tirocinante, ancora non troppo in chiaro su cosa volesse fare davvero da grande, e senza una particolare voglia di studiare, che ricevette una grande opportunità. Qualcuno aveva creduto in me, e ho la fortuna da allora di essere in un settore che adoro, ricco di sfide quotidiane e stimoli, che mi accompagneranno per almeno un altro decennio», prosegue la responsabile.
Ma nell’arco di un trentennio cos’è davvero cambiato? «Sicuramente molto, nel lungo periodo tutti i settori presentano somiglianze; sono attraversati da cicli di espansione e contrazione, con cause e conseguenze che eternamente ritornano. Nei Novanta tutto era improntato sulla fiducia, i Duemila hanno segnato il passo verso un’esponenziale crescere delle normative per fronteggiare le conseguenze della Grande Crisi, ed è iniziata così a prevalere la forma sulla sostanza, processo che sta proseguendo tuttora. Si è certo chiusa la fase della ‘spensieratezza’, e si è aperta quella della ‘prudenza’, con particolare attenzione al rischio, alla compliance, e alla trasparenza. Il problema solitamente è che bisogna capire quando fermarsi prima di esagerare, in un senso o nell’altro, trovando un equilibrio ottimale per il mercato», rileva Augello.
«Tra i compiti di ogni
Federazione c’è quello di avere un ruolo proattivo, facilitando il coordinamento delle banche locali. I membri di ogni
Federazione sono indipendenti tra loro, e il principale strumento per arrivare a dei risultati è la ‘moral suasion’ dei CdA delle cooperative»
Alina Augello, Responsabille per la Svizzera Italiana di Raiffeisen Svizzera
Un Gruppo che cresce
Evoluzione
Ed è qui che ovviamente nascono le differenze. Ogni istituto è diverso dall’altro, in termini di cultura e processi, con le persone quale ago della bilancia, ma alcuni si segnalano in un panorama pur particolarmente ricco. «Come dice il nome stesso, Raiffeisen Svizzera (società cooperativa), il nostro Gruppo è formato da 21 Federazioni regionali di Banche Raiffeisen (proprietarie di Raiffeisen Svizzera), 212 cooperative (con circa 770 sportelli) ben radicate nel territorio, che a loro volta hanno oltre 2 milioni di soci, gli effettivi titolari, chiamati ad esempio a eleggere i membri dei CdA delle singole banche, i quali insieme alla Direzione gestiscono
In pochi anni le dimensioni del Gruppo sono triplicate, e pur a una certa distanza ha seguito anche l’utile, pur senza i recenti record. Nel 2014 ha acquisito lo status di istituto di rilevanza sistemica in Svizzera.
la banca contribuendo così a plasmare il futuro della stessa. Il rapporto che hanno quindi i nostri collaboratori con i loro clienti è sui generis, e un unicum, molto spesso si stanno infatti relazionando con i proprietari stessi della banca, e questo fa una notevole differenza. Quando si dice che in Raiffeisen le persone possano fare
Dibattito ‘Raiffeisen 2000’, nuovi cambiamenti interni
Nuovo brand e prima pubblicità televisiva, la sede si sposta a San Gallo
Sono 1229 le filiali Raiffeisen, centralizzazione di importanti compiti
Nasce il fondo di solidarietà interno
Il primo secolo di attività in Svizzera
Lancio dell’e-banking del Gruppo
Nuovo logo per il Gruppo
Nasce il programma MemberPlus
Il Gruppo diventa istituto finanziario di rilevanza sistemica
I primi 125 anni di Raiffeisen in Svizzera
Fonte: Raiffeisen 2025
del totale di bilancio e dell’utile del Gruppo (mln chf)
■ Somma di bilancio (sx)
Utile del Gruppo (dx)
Il valore della reciprocità
Evoluzione dei depositi e prestiti alla clientela (mln chf)
Depositi della clientela (sx) ■ Prestiti alla clientela (dx)
Sopra, un interno della sede originaria di Bichelsee dove è nata nel 1900. Nel frattempo depositi e prestiti hanno raggiunto cifre sostanziali che ne fanno il secondo Gruppo svizzero.
la differenza è vero, siano clienti, collaboratori o organi sociali, ogni banca è un mondo a sé, indipendente in quasi tutto anche dalla federazione regionale, fatto salvo alcune funzioni strettamente tecniche in capo al Gruppo, che ne garantiscono ad esempio la solidità finanziaria. Nel mio caso rappresento Raiffeisen Svizzera nella regione di lingua italiana, mentre Mauro Cavadini è il Presidente della Federazione Raiffeisen Ticino e Moesano», chiarisce la responsabile. Questa architettura particolarmente barocca del secondo Gruppo bancario elvetico pone però delle significative sfide, diverse rispetto ad altre realtà finanziarie. «A livello nazionale, Raiffeisen inizia la
sua attività quale istituto di credito rurale il 1 gennaio 1900 a Bichelsee, e ad oggi i principi dei fondatori sopravvivono intatti. Crediamo nell’associazionismo, nella solidarietà e nell’integrità, e ‘investiamo’ concretamente nei territori. L’unione fa la forza, e questo anche rispetto alle persone, che hanno sempre lo spazio per esprimersi, ma non il diritto assoluto di farlo, e che in ogni caso devono sentirsi in sintonia con tali valori. Sono ormai anni che stiamo lavorando alacremente per diversificare il business model, e dal 2023 abbiamo raddoppiato gli sforzi, con buoni risultati. Oltre ai 3,7 milioni di clienti, privati e aziendali, e a 226 miliardi di crediti ipotecari su un totale di bilancio di 311 miliardi di franchi, 586mila persone ci affidano la gestione di 55,7 miliardi di patrimoni», nota Augello. Sono del resto diversi gli indizi che suggeriscono una certa continuità strategica che ha attraversato i decenni, di cui alcuni anche particolarmente turbolenti,
come gli anni Novanta per la Svizzera. «In quanto cooperativa l’obiettivo che abbiamo non è fare utili, e anche laddove vi fossero, come negli ultimi due anni, per oltre il 90% non verrebbero distribuiti. Le cooperative si rafforzano patrimonialmente, e investono, dunque nel territorio o nelle persone, acquisendo nuove figure professionali, per migliorare le competenze interne, come stiamo facendo da diversi anni. Abbiamo conservato il nome, dall’imprenditore tedesco Friedrich Raiffeisen, che nel 1846 aveva gettato le basi del movimento per sostenere il credito agricolo in Germania, e siamo attivi in Svizzera da 125 anni. Rimaniamo la banca di prossimità per antonomasia, con un forte senso di appartenenza e attaccamento alle comunità locali, che oltre a non essere affatto scontato nel mondo di oggi, penso sia bellissimo, soprattutto per un Gruppo che continua a crescere, ed è secondo a livello nazionale per dimensioni», nota la responsabile.
Il percorso è stato certamente lungo, e difficoltoso, soprattutto considerando le umili origini di tutta la sua storia. «A portare l’idea in Svizzera è stato un parroco, nel 1899, nel piccolo villaggio di Bichelsee che è anche rimasto la sede del Gruppo sino al 1912 quando è stata spostata a San Gallo. Le Banche Raiffeisen sono nate come Casse solidali di paese, ad occuparsi della loro gestione non erano impiegati delle stesse, ma volontari, spesso contadini. Le sedi fisiche in cui si svolgevano le ‘attività operative’ erano in prevalenza le cucine delle loro case, e ancora nel 1961 su un totale di 1000 Casse, solo 77 avevano una vera sede in stabili bancari propri, totale che a metà anni Ottanta era cresciuto a circa 400 su un totale di 1230 cooperative. La professionalizzazione è stata una sfida epocale, ma che nonostante non ci venga ancora del tutto riconosciuto dal mercato è stata vinta; abbiamo maturato tutte le competenze necessarie a essere oggi banca universale, e soprattutto capace di creare valore aggiunto per il nostro cliente, o socio», evidenzia Augello. Rafforzamento della struttura delle singole banche, nuove risorse così come un continuo investimento nello sviluppo del personale, diversificazione del business insieme a molte nuove iniziative, ma esiste la domanda? «Nel corso dei decenni il nostro cliente è cambiato, e i servizi di cui necessita si sono adeguati, ma è anche vero che in questa fase stiamo lavorando
sul lato dell’offerta, per essere pronti e strutturati quando arriverà la domanda. Ho sempre pensato che la domanda non debba essere solo subita, può essere stimolata, specie laddove si ritenga essere la direzione giusta. In questo caso ci si deve poter far carico dei costi iniziali, ‘investendo’ temporaneamente per un futuro più florido, quando gli sforzi saranno premiati. Nell’ultimo biennio ci siamo appesantiti sul fronte dei costi, il che è stato reso possibile anche da risultati finanziari record per la nostra storia, al tempo stesso siamo un Gruppo abituato a vivere con margini contenuti, ma senza la pressione di distribuire dividendi, impensabile per qualunque concorrente», prosegue la responsabile.
Chiarito dunque quale sia la funzione del Gruppo, e le molte libertà in capo alle singole banche, sembra legittimo domandarsi quale sia la funzione del livello intermedio, dunque delle 21 federazioni. «A livello regionale si ritiene sia giusto coordinare gli sforzi delle cooperative del territorio, ad esempio sostenendo progetti importanti, in ambito sociale o culturale. Questo era particolarmente vero in passato, ma qualcosa sta cambiando, ed è tra i compiti di ogni Federazione, quello di avere un ruolo proattivo a livello regionale, facilitando il coordinamento e le sinergie. È un lavoro apparentemente semplice, ma estremamente complesso; i membri della Federazione, 16 nel caso del Ticino Moesano, sono infatti indipendenti tra loro, e il principale strumento per arrivare a dei risultati è la ‘moral suasion’ dei CdA delle cooperative nel tentativo di far maturare maggioranze consistenti a supporto delle diverse iniziative», riflette Augello.
In qualunque altro istituto il problema non si porrebbe nemmeno in termini, il board prende le decisioni che vengono trasmesse a cascata. In questo caso, invece, è tutto diverso: i modi e i linguaggi. «Le banche oltre a essere indipendenti potrebbero ritrovarsi in concorrenza tra loro, soprattutto nelle regioni più densamente popolate; la sfida è dunque riuscire a veicolare il messaggio corretto, convincendo e facendo percepire i vantaggi derivanti da un’azione concertata, accettando che qualcuno possa restare fuori dalla singola iniziativa. Le banche sono ben consapevoli delle grandi responsabilità che hanno, in primis nei confronti del brand, di cui a livello locale sono uniche
custodi e rappresentanti presso clienti e soci; ma sta maturando una nuova positiva consapevolezza. Sovente dall’esterno siamo percepiti in qualità di Gruppo, e non come insieme di singole realtà, e sta a noi riuscire a muoverci in misura sempre più efficace e coordinata», mette in evidenza la responsabile.
Le sfide quindi si moltiplicano, interne ed esterne, in un contesto di mercato globalmente sempre più complesso, in una fase storica di grandi cambiamenti. Perché dunque cimentarsi? «In una sola parola direi per semplice passione. Mi è sempre piaciuto il mio lavoro perché credo in quello che faccio, perché mi identifico con il brand e la strategia, e perché vorrei poter trasmettere questo entusiasmo anche alle generazioni successive, convincendo i più giovani che la nostra industria sia ancora una valida alternativa, e non un semplice ripiego. Con quello di cui ci occupiamo ho la percezione di avere un impatto positivo, di contribuire ad andare
La natura cooperativistica del Gruppo pone molto spesso il rapporto collaboratori - clienti in una dimensione molto particolare. I soci sono infatti i proprietari delle singole banche, cooperative tra loro del tutto indipendenti, seppur federate.
nella giusta direzione, lasciando un segno a beneficio di tutti, dal brand al cliente, e le nuove sfide non fanno che motivarmi ulteriormente», conclude Alina Augello. Nonostante una struttura barocca e unica a livello svizzero, il Gruppo si conferma essere e da ormai mezzo secolo una perla nascosta, testimonianza di un modo di far banca antico, ma dai risultati positivi ancora oggi. La dimostrazione che forse non sempre l’innovazione debba essere l’unica protagonista, ma che alternative siano sempre possibili.
Federico Introzzi
La rete si allarga
Evoluzione del n. di collaboratori e soci delle cooperative
Fonte: Raiffeisen 2025
Collaboratori (sx)
delle cooperative (dx)
Quando il carrello diventa politico
Di fronte all’ascesa del nazionalismo economico e alla crescente polarizzazione politica, i consumatori non sono spettatori neutrali: scelgono, selezionano, premiano e puniscono.
Oggi più di allora, ma non mancano esempi storici degli inizi di tale pratica.
Negli ultimi anni, l’attivismo dei consumatori ha trovato un nuovo slancio e un nuovo campo di battaglia: il commercio internazionale. Dai boicottaggi contro singole aziende alle campagne contro interi Paesi, le scelte di consumo si caricano oggi sempre più spesso di significati politici e identitari.
Il boicottaggio è un’azione straordinaria che consiste nell’interruzione organiz-
zata e temporanea dell’acquisto di uno o più prodotti al fine di spingere le aziende produttrici (o in alcuni casi i Paesi in cui i beni vengono prodotti) ad abbandonare determinati comportamenti e adottare delle pratiche differenti.
Il termine boicottaggio deriva dal nome del capitano inglese Charles Cunningham Boycott (1832-97), un amministratore terriero vissuto nel XIX secolo in Irlanda. Ricco proprietario terriero, era famoso
La storia dei boicottaggi è molto ricca e varia, e ha segnato molte epoche. Se nel 1933 in Germania a essere boicottati erano infatti gli ebrei, nel 1989 agli onori delle cronache era arrivata invece una decisa campagna per l’abolizione dell’Apertheid. Non mancano però esempi più recenti, come l’attualità degli ultimi mesi ha mostrato, è il caso infatti del crollo delle vendite di Tesla specie in Europa, o dell’ostilità crescente dei cittadini canadesi alle pressioni dello scomodo vicino di casa.
per la sua prepotenza. Fu così che la Lega irlandese dei lavoratori della terra adottò nel 1880 un’azione non violenta lanciando una campagna di isolamento e non collaborazione verso Boycott.
Sono passati quasi 150 anni, e le azioni di boicottaggio potrebbero tornare prepotentemente sulla scena internazionale. A seguire alcuni esempi recenti. Canada vs Stati Uniti. Nel 2025, una proposta provocatoria del presidente Donald Trump di ‘annettere’ il Canada quale 51esimo Stato ha innescato una risposta durissima da parte dei consumatori canadesi. Il movimento Buy Canadian Instead ha guadagnato rapidamente consenso: secondo un sondaggio Ipsos, il 91% dei cittadini ha dichiarato di voler ridurre la dipendenza dai prodotti statunitensi. Il 48% ha già sostituito beni americani con alternative locali.
Le prenotazioni di viaggi verso gli Stati Uniti sono diminuite. Il Canada invia in America più turisti di qualsiasi altro Paese. L’anno scorso, oltre 20 milioni di canadesi hanno visitato gli Stati Uniti e
hanno speso più di 20 miliardi di dollari. Quest’anno molti stanno evitando di viaggiare negli Stati Uniti. Secondo i dati di Statistics Canada, il mese di giugno scorso il volume dei viaggi in auto negli Stati Uniti, il mezzo con cui la maggior parte dei canadesi si reca in visita, è calato del 33% rispetto a giugno 2024, dopo il calo del 38% registrato a maggio. Tesla e il rischio reputazionale globale. Nel primo semestre del 2025, le vendite globali di Tesla sono diminuite del 13% rispetto all’anno precedente. Nel secondo trimestre, le vendite sono scese a 384.122 unità nel periodo aprile-giugno, rispetto alle 443.956 degli stessi tre mesi dell’anno precedente. Ma il dato è ancora più allarmante se si guarda all’Europa: in Germania, le vendite sono crollate del 76% a febbraio. Ad aprile, le consegne europee sono scese del 49% su base annua, con una quota di mercato dimezzata allo 0,7%.
Il boicottaggio, alimentato dalla vicinanza percepita tra Elon Musk e ambienti trumpiani, è stato amplificato dalla concorrenza cinese (Byd in testa) e da una crescente sensibilità politica nei confronti dei leader aziendali.
Il caso Corea-Giappone. Nel 2019, la decisione del Giappone di imporre restrizioni all’export verso la Corea del Sud ha innescato una massiccia campagna di boicottaggio da parte dei consumatori sudcoreani.
In meno di un anno, le vendite di auto giapponesi sono crollate: Nissan -87%, Honda -81%, Toyota -59%. Anche il retail ha sofferto: Muji e Uniqlo hanno registrato cali del 30-40%.
Un esempio lampante di come una tensione diplomatica possa trasformarsi in una crisi commerciale.
Azienda o Paese? La natura del boicottaggio fa la differenza. Non tutti i boicottaggi sono però uguali. Quando a essere colpita è una singola azienda, l’effetto può essere ambivalente. Se il target ha una base di consumatori politicamente opposta ai promotori del boicottaggio, si verifica spesso un ‘rally around the brand’: un effetto fedeltà che compensa o addirittura incrementa le vendite. Il caso della catena di fast food Chick-fil-A negli Stati Uniti ne è un esempio: i boicottaggi liberal hanno rinforzato il sostegno del pubblico conservatore.
Il boicottaggio verso un Paese, invece, ha una portata più ampia e spesso più duratura. Il nazionalismo, in questo
«Nel 2025, una proposta di Trump di ‘annettere’ il Canada ha innescato una risposta durissima da parte dei canadesi. Il movimento ‘Buy Canadian Instead’ ha guadagnato rapidamente consenso: secondo un sondaggio Ipsos, il 91% dei cittadini ha dichiarato di voler ridurre la dipendenza dai prodotti statunitensi»
Giacomo Malinverno, Analista di Lagom Family Advisors
I guai di Musk
Andamento delle vendite di Tesla per Paese (Q1 2025 y/y, in mia unità)
Fonte: Statista
La risposta del piccolo vicino
Andamento dei flussi turistici dal Canada verso gli Stati Uniti (var % y/y)
Statistics Canada
contesto, tende a rafforzare la coesione interna e la mobilitazione collettiva. Tuttavia, l’efficacia dipende dalla consapevolezza dei consumatori, dalla disponibilità di alternative e dalla visibilità mediatica della causa.
Una sfida per aziende e Governi. Per le aziende internazionali, non è più possibile restare neutrali in un mondo dove ogni scelta può essere interpretata come
presa di posizione. Le implicazioni reputazionali sono enormi, soprattutto per i marchi globali.
Anche i Governi devono prestare attenzione: il soft power passa oggi anche dai consumatori. Una politica estera percepita come aggressiva può ritorcersi contro sotto forma di perdite economiche. In un mondo interconnesso, il carrello della spesa è diventato un’urna politica.
Fonte:
Osservatorio
Estate serena
L’industria dei fondi mantiene la barra dritta e prosegue nella sua corsa, grazie alle eccellenti performance dei mercati azionari, pur in presenza di tensioni politiche e geopolitiche.
Il mercato svizzero dei fondi prosegue sereno nella sua corsa verso nuovi record, sulle ali di un’estate trascorsa serena, e senza sostanziali intoppi, nonostante i frequenti sbalzi di umore che contraddistinguono il nuovo corso politico oltre Atlantico.
La scure dei dazi si è abbattuto, almeno per il momento, su Svizzera e India, mentre è stato possibile trovare una quadra con l’Europa, non è dato sapere a davvero quale prezzo, e un ulteriore rinvio è stato concesso a Pechino. Intanto il panorama interno americano evolve rapidamente, e un nuovo tribunale ha sollevato qualche dubbio sulla base legale con cui sono state prese molte delle ultime decisioni.
Per intanto i principali listini proseguono nel loro brodo, non particolarmente infastiditi da questa maretta, in attesa con ogni probabilità di avere qualche certezza in più. È così che l’EuroStoxx50 a fine agosto (Ytd) segnala un progresso del 7,69%, rispetto invece a un Nasdaq100 inarrestabile a +14,86 e uno S&P500 al 14,72. Numeri particolarmente importanti considerati i massimi già raggiunti nel corso del 2024, e comunque lontanissimi dai minimi toccati nelle settimane successive al Liberation Day.
Soprattutto nel caso del Vecchio Continente il quadro è però particolarmente contrastato, se infatti Francoforte e Milano sono in rialzo rispettivamente del 28,9 e 23,3 (Ytd), a segnalarsi in controtendenza sono Parigi (1,08%) e Zurigo (-0,61). A sorprendere invece è Londra, con il Ftse100 in progresso dell’11,4 pur in presenza di un contesto politico delicato. Mai come invece in Francia, dove i problemi vanno moltiplicandosi.
Sempre da inizio anno, il mercato dei cambi si segnala in allegria, con il dollaro in calo sul franco del 5,95% (con minimi precedenti al 7,8), e la sterlina che corregge del 3,06%. Laterale la moneta unica, in sostanziale parità (-0,22%).
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)
Categoria fondi Asset
Raccolta
per
Asset
class (in milioni di franchi)
Osservatorio 4.0
Caro lettore, L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI
L’Angolo dell’investitore: (China, India, Us; Isin):
▲ Alibaba (KYG017191142)
▲ China Const. Bank (CNE1000002H1)
▲ PetroChina (CNE1000003W8) ▲ Icici Bank (INE090A01021)
Food India (INE806T01020)
Pharmac. India (INE044A01036)
(US0970231058)
Chevron Corp (US1667641005)
Ely Lilly (US5324571083)
Opportunità Emergenti
Il credito emergente torna a segnalarsi, grazie a fondamentali societari buoni e prospettive macroeconomiche mai così positive. Ottimo il rendimento aggiustato per il rischio.
Debito Corporate emergente Performance del corporate emergente Ytd rispetto
Il n termini di prospettive di crescita macro e fondamentali delle aziende i mercati emergenti non sono mai stati così interessanti.
Guardando alle prospettive , ad esempio, sono probabilmente le più positive degli ultimi dieci anni, un periodo dominato dall’eccezionalità degli Stati Uniti, con un flusso costante di capitali che ne ha conseguentemente rafforzato il dollaro.
Allo stato attuale ci si aspetta che il
Pil degli Emergenti crescerà del 4% quest’anno e anche il prossimo, con un divario di crescita rispetto agli Stati Uniti che si amplierà a 2,8 punti percentuali, rispetto ai soli 1,5 del 2024. Parallelamente anche l’inflazione sta diminuendo, il che potrebbe spingere a tagli dei tassi.
Se a ciò si aggiungono le aspettative di un indebolimento del dollaro, minato dai dazi, una maggiore allocazione in obbligazioni societarie emergenti diventa un’i-
Sabrina Jacobs, Senior Client Portfolio Manager del team Emerging Market Fixed Income di Pictet Am. Il credito emergente continua a macinare ottimi risultati, pur scontando ancora le molte reticenze degli investitori.
potesi non solo di studio. L’opportunità non deve necessariamente comportare un aumento del rischio. Ad esempio, grazie alla crescente domanda da parte degli investitori locali, con l’aumento dei fondi di risparmio locali, il credito societario negli Emergenti è rimasto relativamente stabile anche dopo il Liberation Day. Gli spread rispetto ai Treasury sono aumentati di soli 55 bp durante la prima settimana di aprile, rispetto ai 120 bp dell’high yield americano.
La maggiore resilienza riflette fondamentali più solidi, come un indebitamento più gestibile. Il premio richiesto dalle obbligazioni societarie rispetto al grado di indebitamento (spread per turn of leverage) è elevato sia rispetto a quello delle società statunitensi (per ogni rating a eccezione delle B) sia rispetto allo storico. Ciò significa che gli investitori stanno ottenendo rendimenti interessanti a fronte di un rischio relativamente basso.
Inoltre, la duration è piuttosto bassa nel societario emergente, circa 4-4,5 anni rispetto ai 7 anni dell’Investment Grade americano. Ciò contribuisce ad attenuare eventuali aumenti del ‘term premium’, ovvero l’extra rendimento che gli investitori richiedono per detenere obbligazioni a più lunga scadenza.
L’allineamento di tutti questi fattori favorevoli al credito emergente, si potrebbero sbloccare significativi afflussi verso questa asset class sottovalutata, creando
un circolo virtuoso. Questo perché gli investitori retail offshore stanno disinvestendo dal 2021.
Potenziale di crescita interna. In questo contesto, dove si trovano le migliori opportunità? A prescindere dalla risposta, rimane fondamentale diversificare adeguatamente tra Paesi e settori, tenendo un occhio sempre sulla liquidità.
A fronte delle notevoli tensioni e grandi incertezze che si stanno propagando dagli Stati Uniti, l’attenzione dovrebbe concentrarsi su quelle regioni dove si trovano mercati che hanno un importante consumo interno. Dunque alcune parti dell’America Latina, dove l’esposizione ai dazi statunitensi è relativamente modesta. Ad esempio, Brasile, Argentina e Perù rientrano in questa categoria. Come plus ci sono anche stretti legami con la Cina e il fatto che diverse Banche Centrali della regione abbiano già potuto avviare un percorso di riduzione dei tassi.
In Argentina, le riforme di Javier Milei stanno migliorando significativamente la situazione economica del Paese, insieme a un nuovo accordo di prestito da 20 miliardi di dollari con l’Fmi e a un calo dell’inflazione. Ciò ha creato opportunità di investimento in alcune società e servizi pubblici argentini quasi sovrani, che hanno aumentato le emissioni.
In Colombia, invece, le turbolenze politiche hanno portato a valutazioni più convenienti. Con un cambiamento di direzione politica alle elezioni 2026 che sembra sempre più probabile, il Paese potrebbe offrire alcune interessanti opportunità nei prossimi 12 mesi, soprattutto perché gran parte del rischio fiscale è già scontato.
C’è del potenziale anche nelle obbligazioni emesse dalle società tecnologiche cinesi, che hanno solide posizioni di cassa nette, prospettive di rating creditizio in miglioramento e valutazioni interessanti.
L’Intelligenza Artificiale è una priorità per il governo cinese, il che lascia intendere un contesto normativo favorevole.
Al contrario, l’eventuale flessione della crescita globale o un’escalation commerciale potrebbero impattare il metallurgico e il minerario, oltre a conglomerati diversificati in diverse regioni dell’Asia, dunque meglio ridurre l’esposizione.
Oro uzbeko, gas peruviano. Sebbene si possa attribuire grande importanza alla ricerca macro e alle analisi settoriali, a pesare nel caso degli Emergenti sono soprattutto i fondamentali delle singole
Resilienza emergente? Andamento degli spread Hy ed Emergenti rispetto ai Treasury (in bp)
società che mostrano la capacità di generare rendimenti interessanti adeguati al rischio di credito. Tali dati possono essere colti nei dati di bilancio, e nelle valutazioni delle singole società, con da preferirsi aziende i cui ricavi siano stabili, e protetti dai potenziali dazi.
Lontani dal mainstream e grazie al vantaggio di una visita sul campo, è ad esempio possibile individuare diverse società in Uzbekistan che soddisfano tali requisiti. Il Paese è in gran parte isolato dai dazi (gli Stati Uniti rappresentano solo lo 0,8% delle esportazioni totali), con una crescita del Pil del 6%, riserve valutarie pari a 15 mesi, livelli di debito relativamente bassi al 33% del Pil e un crescente slancio in termini di riforme, compresi i negoziati in corso per l’adesione all’Omc. Analizzando i fondamentali delle società, si vedono alcune valutazioni interessanti e un forte potenziale tra gli emittenti in gran parte statali nell’estrazione dell’oro e del gas.
In America Latina, invece, un esempio è la recente emissione sul mercato primario da parte di un importante produttore di gas peruviano, i cui ricavi sono protetti
Negli ultimi mesi, pur confrontati con alta volatilità, gli Emergenti hanno dato buona prova di sé. Le diverse asset class hanno resistito, mantenendosi stabili, anche rispetto a segmenti molto più nobili, sia rispetto ai Treasury sia rispetto al corporate americano.
dai prezzi fissi del gas sul mercato interno e dai contratti take-or-pay che garantiscono volumi minimi per i prossimi tre anni. I bassi costi di estrazione, i ricchi giacimenti di gas e le grandi riserve aumentano l’attrattiva della società a tutti gli effetti un campione locale a bassi costi di produzione.
Tali società combinano valutazioni interessanti e fondamentali societari solidi con un contesto macroeconomico positivo e caratteristiche difensive. Nell’ambito di un portafoglio diversificato, possono contribuire a generare rendimenti interessanti adeguati al rischio, sfruttando un contesto sempre più favorevole per il credito dei Mercati Emergenti.
Impatti tutti europei
Un accordo di tregua in Ucraina, anche parziale, avrebbe sostanziali effetti positivi sulla congiuntura europea e sui mercati dei capitali. Nonostante gli sforzi, manca molto?
Azionario europeo conveniente
sul rapporto P/E forward di Msci Emu rispetto Msci Usa
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio di Ubs Wealth Management. A lato, le azioni europee continuano a essere a sconto rispetto agli Stati Uniti, e anche guardando la media storica. 0.5
L’incontro tra Trump e Putin del 15 agosto scorso ha riacceso l’attenzione degli investitori sulla possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina. Sebbene sia lecito attendersi ulteriori sviluppi, è importante non concentrarsi su un singolo scenario o sulle condizioni specifiche per arrivare a un possibile cessate il fuoco. Il percorso verso una pace duratura potrebbe infatti essere lungo e complesso, e i benefici per l’economia europea non saranno immediati.
Le posizioni di Russia e Ucraina restano distanti, con il conflitto che prosegue senza sviluppi decisivi sul campo e il sostegno occidentale a Kiev che rimane fondamentale. È quindi probabile che la guerra continui anche nel prossimo anno, nonostante gli sforzi diplomatici e i tentativi di ridurre le ostilità. Il processo negoziale appare destinato a essere prolungato, vista la mancanza di fiducia reciproca e la distanza tra gli obiettivi delle parti. Senza ulteriori pressioni internazionali sulla Russia, appare difficile che si giunga a concessioni significative. L’incontro in Alaska, primo tra i due leader dall’inizio
del conflitto, potrebbe comunque rappresentare un primo passo verso un riavvicinamento economico tra Stati Uniti e Russia nel lungo termine.
Un eventuale accordo di pace che preveda garanzie di sicurezza per l’Ucraina
«Un progresso verso la pace, anche parziale, potrebbe favorire una graduale ripresa della fiducia tra consumatori e imprese, grazie alla riduzione dell’incertezza e alla possibilità di un contesto macro più stabile. In particolare, potrebbe tradursi in una maggiore propensione alla spesa e agli investimenti»
potrebbe favorire la stabilità della regione, ma la Russia si è spesso opposta a soluzioni di questo tipo e gli Stati Uniti si sono mostrati riluttanti a impegnarsi direttamente come garanti militari. Un cambiamento di approccio da parte americana
aumenterebbe la probabilità di un cessate il fuoco. Al contrario, una riduzione del supporto occidentale a Kiev potrebbe indebolire la posizione negoziale ucraina e favorire una conclusione del conflitto alle condizioni russe.
Implicazioni per i mercati azionari europei. L’eventualità di un cessate il fuoco in Ucraina rappresenterebbe un potenziale catalizzatore per il miglioramento del sentiment nei mercati europei. La guerra ha avuto un impatto significativo sulla fiducia di consumatori e imprese: all’inizio del conflitto, la fiducia dei consumatori nell’Unione Europea è crollata da -9 a -21 in un solo mese, mentre l’Ifo tedesco da 99 a 81. Questi dati riflettono come l’incertezza geopolitica abbia inciso profondamente sulle prospettive economiche e sulle valutazioni di mercato.
Un progresso verso la pace, anche solo parziale, potrebbe favorire una graduale ripresa della fiducia sia tra i consumatori che tra le imprese, grazie alla riduzione dell’incertezza e alla possibilità di un contesto macro più stabile. In particolare, la prospettiva di una diminuzione delle tensioni potrebbe tradursi in una maggiore propensione alla spesa e agli investimenti, con effetti positivi sull’attività economica e sulle aspettative di crescita.
Dal punto di vista delle valutazioni, le azioni europee presentano attualmente uno sconto rispetto ai titoli statunitensi. Questo divario si è ampliato anche a seguito dell’inizio della guerra in Ucraina,
Media storica
Fonte: Ubs 25, Bloomberg
Sconto
PE Msci Emu / Usa
riflettendo il maggiore rischio percepito dagli investitori internazionali nei confronti dell’Europa. Un miglioramento del quadro geopolitico potrebbe quindi favorire una parziale chiusura di questo gap, sostenendo la rivalutazione dei mercati azionari europei.
Un altro aspetto rilevante riguarda il mercato dell’energia. Sebbene la ripresa dei flussi di gas russo verso l’Europa attraverso i gasdotti rimanga incerta a causa dei danni alle infrastrutture e della necessità di volontà politica da entrambe le parti, una distensione potrebbe comunque contribuire a una ulteriore riduzione dei prezzi. Un ulteriore calo dei prezzi energetici avrebbe effetti positivi sia sui consumatori che sulle imprese, riducendo i costi e favorendo la crescita economica.
I settori più energivori, come l’industria chimica, automobilistica e materiali da costruzione sarebbero tra i principali beneficiari. Inoltre, anche i settori più orientati al mercato domestico, come i consumi interni e il settore bancario, potrebbero trarre vantaggio da un miglioramento generale del sentiment e dalla ripresa dell’attività economica. A livello di regioni, i mercati azionari di Germania e Italia potrebbero beneficiare in modo significativo, dato il loro storico legame con le forniture di gas russo e la composizione settoriale dei rispettivi indici.
Va sottolineato che, sebbene alcune società abbiano già registrato reazioni positive in seguito alle notizie sull’incontro tra Trump e Putin di agosto, la realizzazione di benefici concreti per il mercato azionario europeo dipenderà dalla chiarezza e dalla solidità degli eventuali accordi di pace e dalla rapidità con cui si avvierà la ricostruzione. Inoltre, la portata e la tempistica di un’eventuale revoca delle sanzioni nei confronti della Russia restano incerte e potrebbero influenzare solo marginalmente le prospettive delle aziende europee, dato che la Russia rappresentava un mercato finale relativamente piccolo per la maggior parte delle società quotate europee.
Prospettive per l’obbligazionario. La ricostruzione dell’Ucraina rappresenta una sfida finanziaria di proporzioni storiche, con un fabbisogno stimato dalla Banca Mondiale in oltre 500 miliardi di dollari nel prossimo decennio, più di due volte e mezzo il Pil ucraino attuale. Questo scenario apre riflessioni importanti sulle modalità di finanziamento e sulle opportuni-
Ricostruire l’Ucraina
Fabbisogno totale di 524 mld in opere infrastrutturali (riparzione settoriale)
Gestione dei rischi esplosivi
Istruzione e scienza
Protezione sociale e mezzi di sussistenza
tà che potrebbero emergere per il mercato obbligazionario europeo e globale.
In primo luogo, è probabile che la ricostruzione venga sostenuta da una combinazione di risorse pubbliche e private. Le istituzioni multilaterali di sviluppo, come la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, giocheranno un ruolo centrale nel fornire finanziamenti a lungo termine e a basso costo, sia direttamente allo Stato ucraino sia tramite progetti infrastrutturali specifici. Parallelamente, si prevede un coinvolgimento crescente del settore privato, sia attraverso emissioni obbligazionarie dedicate sia tramite partnership pubblico-private per la realizzazione di grandi opere.
Per gli investitori obbligazionari, questo contesto potrebbe tradursi in nuove emissioni di titoli legati alla ricostruzione, sia sovrani che corporate. Questi strumenti offrirebbero la possibilità di partecipare attivamente al rilancio del Paese, con un profilo di rischio-rendimento potenzialmente attraente grazie al supporto internazionale e alla natura strategica degli investimenti sottostanti. Anche le società europee maggiormente esposte alla domanda di materiali, tecnologie e servizi per la ricostruzione potrebbero beneficiare di condizioni favorevoli sui mercati obbligazionari. Il rafforzamento dei fondamentali aziendali, grazie all’aumento dei ricavi e alla maggiore visibilità sui flussi di cassa futuri, potrebbe tradursi in un miglioramento dei rating di credito e in una compressione degli spread. In questo scenario, le obbligazioni emesse da aziende solide e ben diversificate, attive nei settori delle infrastrutture, dell’energia, dei trasporti e dei materiali da costruzione, potrebbero
La ricostruzione dell’Ucraina, dopo anni di devastazioni, sarebbe un’incredibile opportunità per molti settori e imprese europee. Da definirsi il finanziamento.
offrire opportunità interessanti sia in termini di carry sia di prezzo. Va tuttavia sottolineato che, nonostante gli spread creditizi siano attualmente vicini ai minimi storici, i rendimenti assoluti rimangono su livelli relativamente elevati rispetto al recente passato, grazie al rialzo dei tassi di interesse. Questo contesto favorisce un approccio selettivo, orientato verso emittenti di qualità e settori che potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente della ripresa ucraina. Inoltre, la diversificazione geografica delle principali società europee contribuisce a mitigare il rischio specifico legato all’esposizione verso l’Ucraina, rendendo il profilo di rischio complessivo più equilibrato.
La pace. In sintesi, la prospettiva di una distensione in Ucraina e l’avvio di un percorso di ricostruzione potrebbero rappresentare un importante fattore di sostegno per i mercati finanziari europei, favorendo un miglioramento della fiducia e una ripresa dell’attività economica, soprattutto nei settori e nei Paesi più esposti agli effetti della crisi energetica e geopolitica. I mercati giocheranno un ruolo chiave nella fase di ricostruzione dell’Ucraina, offrendo sia opportunità di investimento sia un contributo concreto alla ripresa economica e sociale del Paese. Per gli investitori, sarà importante monitorare l’evoluzione del quadro geopolitico, la qualità delle garanzie offerte e la solidità degli emittenti, adottando un approccio attivo e selettivo nella costruzione del portafoglio.
Abitazioni Trasporti
Energia
Agricoltura
Commercio e Industria
Fonte: World Bank 25
Un primo passettino?
Il processo d’integrazione delle stablecoin nel sistema finanziario globale di un prossimo futuro è iniziato, e il Genius Act americano rappresenta un fondamentale spartiacque.
Crypto in cerca di stabilità
Il prezzo di bitcoin (Btc), e la capitalizzazione delle stablecoin (Usdt, Usdc)
Charles-Henry Monchau, Cio di Banca Syz. A lato, prosegue la crescita del prezzo di bitcoin, al pari dell’interesse nei confronti delle stablecoin.
zione dei partner istituzionali e delle reti di pagamento tradizionali. La sua stablecoin Usdc sta guadagnando terreno come strumento di pagamento globale, e non solo come crypto-asset, con aziende come Fiserv, Shopify e, secondo quanto riferito, Amazon e Walmart che la supportano o la stanno testando.
Negli ultimi anni, le stablecoin hanno registrato una rapida crescita, superando i 238 miliardi di dollari di valore circolante complessivo già a metà del 2025. Rappresentano un’alternativa più sicura alle criptovalute e fungono da ponte verso le valute fiat, aprendo nuove possibilità nei pagamenti, nelle rimesse e nella finanza decentralizzata. Al centro di questa trasformazione ci sono Circle Internet Group, emittente di Usd Coin (Usdc) e attore di primo piano nell’infrastruttura dei pagamenti globali, e il Genius Act, un disegno di legge americano che introduce una sensibile chiarezza normativa per il tramite di requisiti di riserva rigorosi, trasparenza e supervisione. Il leader della rivoluzione. Fondata nel 2013 da Jeremy Allaire e Sean Neville, Circle Internet Group si è inizialmente concentrata sui pagamenti peer-to-peer prima di passare del tutto alle stablecoin, riconoscendone il potenziale trasformativo per la finanza globale.
Oggi, Usdc è la seconda stablecoin sostenuta dal dollaro a livello globale, con
«Per garantire la stabilità delle stablecoin, la legge americana impone una copertura 1:1 in dollari o in attività liquide equivalenti e richiede agli emittenti di pubblicare mensilmente informazioni sulle riserve e revisioni contabili annuali»
una quota di mercato di circa il 30%, e rappresenta il principale concorrente del leader del settore Tether (Usdt). L’Ipo della società il 5 giugno 2025 ha segnato una pietra miliare nella storia non solo del settore delle stablecoin, segnalandosi rispetto a tutte le Ipo che dal 1980 hanno raccolto più di 500 milioni di dollari. Con un prezzo iniziale fissato a 31 dollari per azione, il titolo Circle è salito in pochi giorni a circa 270, spingendone la capitalizzazione vicino ai 60 miliardi.
La capacità di Circle di integrarsi con i sistemi finanziari tradizionali e di offrire un’infrastruttura scalabile e a livello corporate le ha permesso di attirare l’atten-
Circle punta anche al segmento della tesoreria aziendale, offrendo strumenti per la gestione della liquidità e i pagamenti transfrontalieri. E ancora, grazie al sostegno offerto da investitori istituzionali di primaria importanza, come BlackRock e Fidelity, la sua crescita sta allineando Circle sempre più ai mercati del debito sovrano, dove la crescente domanda di Usdc richiede consistenti partecipazioni in Treasury a breve termine.
Il Genius Act. Approvato pochi giorni dopo l’Ipo di Circle, il disegno di legge bipartisan ha dato ulteriore slancio al settore. Abbreviazione di Guaranteed and Enforceable Neutrality in Issuance and Use of Stablecoins (Neutralità garantita e applicabile nell’emissione e nell’uso delle stablecoin), la legge mira a portare chiarezza giuridica, stabilità finanziaria e protezione dei consumatori in un settore che si è rapidamente espanso senza una supervisione uniforme.
Il disegno di legge crea un quadro di riferimento fondamentale per legittimare le stablecoin come componenti integranti del sistema di pagamenti statunitense, mirando al contempo a prevenire le vulnerabilità sistemiche riscontrate in fallimenti
Fonte: Banque Syz (dati al 12-VIII)
Quella di Circle è una delle quotazioni più di successo degli ultimi decenni, vantando una capitalizzazione che in poche settimane ha sfiorato i 60 miliardi di dollari.
passati come quello di Terra-Luna.
Per garantire che le stablecoin mantengano un valore stabile, la legge impone una copertura totale di 1:1 in dollari statunitensi o in attività altamente liquide equivalenti e richiede agli emittenti di pubblicare mensilmente le informazioni sulle riserve insieme alle revisioni contabili annuali effettuate da terzi.
Il Genius Act introduce anche un nuovo meccanismo di supervisione che classifica gli emittenti sulla base di livelli basati sulla loro rispettiva capitalizzazione di mercato, con quelli al di sopra di 10 miliardi di dollari soggetti alla regolamentazione federale, mentre quelli al di sotto hanno la possibilità di scegliere una legge statale allineata a quella federale.
Il Genius Act è anche conforme agli standard stabiliti dal quadro MiCA dell’Unione Europea, che richiede agli
emittenti stranieri di soddisfare standard analoghi per ottenere l’accesso ai mercati nazionali. Oltre a chiarire l’ambiguità normativa, questa nuova legislazione potrebbe avere un’influenza significativa sull’ulteriore sviluppo e sull’adozione diffusa delle stablecoin.
In definitiva, il Genius Act trasforma le stablecoin da meri strumenti crittografici speculativi a prodotti finanziari strettamente regolamentati, promettendo di ridefinire il modo in cui i dollari digitali
Abbonamento annuale (4 numeri) 35.- Chf oppure In combinazione con Ticino Management (4+9 numeri) 125.- Chf Ticino Management Donna Benessere, bellezza, personaggi e lifestyle
vengono emessi, governati e utilizzati, inaugurando un’era di pagamenti digitali più sicuri, veloci e trasparenti.
Con l’aumento della domanda, la rapida crescita di Circle e l’approvazione del Genius Act si sta aprendo la strada all’integrazione nel sistema finanziario delle stablecoin. Dai pagamenti digitali più rapidi ai potenziali cambiamenti nei mercati del debito sovrano, le stablecoin potrebbero evolversi fino a costituire un nuovo tassello per la finanza globale.
Sfumature di duration
In un contesto di mercato completamente mutato rispetto agli ultimi dieci anni com’è cambiato il ruolo ricoperto dalla duration in ambito obbligazionario? È un’opportunità o una trappola?
Conta solo il reale
Evoluzione dei rendimenti reali legati ai Treasury (30y)
Dopo quasi un decennio caratterizzato prima da repressione finanziaria, e poi dall’inflazione post-Covid, ci si trova ora in un regime molto diverso: tassi reali elevati, inflazione persistente ma apparentemente sotto controllo e Banche Centrali che, specie in America, restano prudenti e reattive ai dati. Ma soprattutto con curve dei rendimenti che hanno ripreso la loro forma classica, con inclinazione positiva. In questo nuovo contesto, molti tornano a guardare con interesse al tratto lungo della curva dei governativi. Ma le obbligazioni a lunga duration rappresentano oggi un’opportunità da cogliere o una trappola? Il ruolo strategico. Con duration elevate, anche piccoli movimenti dei tassi possono generare grandi oscillazioni di prezzo delle obbligazioni. Ecco perché è fondamentale capire se il premio richiesto è congruo rispetto al rischio assunto. Per molti istituzionali, la duration non è solo una scelta tattica, ma una leva strategica per la gestione del rischio. Fondi pensioni e assicurazioni hanno bisogno di duration lunga per compensare le passi-
vità di lungo periodo, pertanto le obbligazioni a 20 o 30 anni diventano mattoni fondamentali nella costruzione del portafoglio. Diverso è l’approccio per un investitore total return o per un privato. Pur con un approccio meno strutturale, oggi la duration lunga può avere senso, soprattutto se si ipotizza un rallentamento della crescita nei prossimi trimestri.
Le obbligazioni long duration, inoltre, sono storicamente tra gli strumenti più reattivi a sorprese macroeconomiche negative. In uno scenario di rallentamento economico o di hard landing, le Banche Centrali tenderanno a tagliare i tassi, generando movimenti di prezzo positivi significativi su obbligazioni a lunga duration, fungendo bene anche come copertura dall’esposizione azionaria.
Tuttavia, è essenziale valutarne l’asimmetria. I rendimenti attuali offrono certamente più copertura rispetto al recente passato, ma in presenza di inflazione persistente o rischi fiscali, la duration lunga può subire drawdown importanti. Le curve cosa raccontano? Guardando alla curva americana, si nota un’inclina-
Giuliano Flematti, Gestore obbligazionario di Banca del Sempione. A lato, evoluzione dei rendimenti reali legati ai Treasury.
zione positiva marcata, seppur lontana dai massimi di steepening raggiunti durante la crisi dei debiti sovrani. I Treasury a 2/5 anni offrono rendimenti inferiori al 4%, mentre il tratto a 30 si attesta vicino al 5. Questa struttura indica che il mercato si aspetta un taglio dei tassi in futuro, ma riflette anche rischi di lungo periodo: inflazione strutturale più alta, crescita potenziale più bassa, e soprattutto una posizione fiscale delicata per molti, Stati Uniti in primis. Tutto ciò sembrerebbe voler dire che il term premium, l’extra-rendimento richiesto per emissioni più lunghe, potrebbe anche crescere ulteriormente.
D’altro canto il livello dei tassi reali a lunga scadenza, ovvero i rendimenti pagati da obbligazioni inflation-linked (l’extra-rendimento rispetto all’inflazione), potrebbero già oggi rappresentare ottimi livelli di entrata (negli Stati Uniti il 2,6%), considerando l’esigenza del Tesoro di limitare il più possibile il costo dell’ingente debito statunitense. È innegabile che rendimenti a questi livelli esibiscano grande convessità, ossia la capacità di beneficiare più che proporzionalmente di movimenti favorevoli dei tassi, limitando le perdite in caso contrario.
Le obbligazioni a lunga duration non sono dunque più il tabù che erano. Con tassi a livelli più normali e rischi macro di nuova natura, tornano a essere uno strumento utile, sia come fonte di rendimento che come copertura strategica. Tuttavia, non sono per tutti: richiedono pazienza, disciplina e una gestione attiva dei rischi.
Fonte: Banca del Sempione 25
Strutturare le intuizioni
I prodotti strutturati si confermano essere strumenti chiave nel concretizzare idee brillanti d’investimento, ma a fare la differenza è chi li progetta, e come li inserisce nel portafoglio.
Evolve il mercato
Nel 2024 gli strumenti strutturati sono tornati al centro dell’attenzione. Non perché siano nuovi, esistono da oltre due decenni, ma perché il contesto in cui operano oggi li rende significativi.
Il ritorno dell’inflazione, i movimenti delle curve obbligazionarie, l’incertezza sui Treasury aprono scenari diversi da quelli degli anni passati. La ricerca di controllo, protezione e direzionalità è diventata una necessità strutturale.
Anche i mercati sono cambiati, soprattutto in termini di saturazione informativa. I gestori faticano a trovare aree di valore duraturo; gli investitori leggono molto e capiscono poco; i segnali sono sempre più confusi dal rumore di fondo. L’Intelligenza Artificiale aggiunge ulteriore complessità: il punto non è più avere l’informazione, ma saperla collocare.
L’aumento della libertà operativa degli investitori tramite piattaforme digitali sta riducendo la fiducia relazionale nei confronti del gestore, percepito come meno centrale. Il risultato è che entrambi ne risentono: il gestore perde la narrativa,
l’investitore l’orientamento.
I mercati rimangono imperfetti, e l’idea di un portafoglio ‘perfetto’ porta spesso a errori. Qui entrano in gioco gli strumenti strutturati, che permettono di tradurre un’idea in un contratto con regole chiare e condizioni esplicite.
I prodotti strutturati non sono alternativi alla gestione attiva, né alle filosofie basate su fondamentali o flussi. Se progettati con metodo, non tolgono spazio alla strategia: la rendono più facilmente visibile, misurabile e gestibile.
I dati confermano l’interesse: nel IV trimestre 2024, in Europa, le vendite di investment e leverage products hanno toccato i 39 miliardi di euro (+33% a/a), con un open interest di 465 miliardi. In Svizzera, il turnover ha invece raggiunto i 51 miliardi di franchi nel IV trimestre 2024 e i 196 miliardi sull’intero anno; nel II trimestre 2025 è salito a 56 miliardi di franchi (dati: Eusipa).
Il mondo e i mercati sono cambiati. Affidarsi a portafogli statici è comodo ma poco realistico. La costruzione patrimoniale moderna riguarda contesto, obiet-
Gil Malaguti, Investment Specialist di Credinvest Bank. A lato, continuano a evolvere le esigenze degli investitori, anche rispetto alle fasi di mercato, cambiano le funzioni degli strutturati.
tivi e tempi: tre variabili che richiedono strumenti adattivi.
Includere certificati all’interno di portafogli basati su fondamentali non significa sostituire i titoli, ma modulare l’esposizione, gestire fasi laterali, coprire il tempo e affrontare l’attesa.
A fare la differenza è chi li progetta. Un buon lavoro richiede visione, tempismo, capacità di valutazione, presenza sul mercato e responsabilità. È una competenza verticale, che non si improvvisa e non si riduce a un foglio Excel con codici Isin. Un desk competente non ‘vende’ prodotti: traduce idee in strumenti concreti.Non rincorre il catalogo del momento, non vive di volumi, non fa marketing: fa sintesi. Guardando al 2025. La libertà non è senza costi: più strumenti, più dati e più accesso significano anche più rumore, più errori e più tentazioni. Da qui la necessità di filtri che depurino la complessità e restituiscano chiarezza.
Uno strutturato è questo: un contratto che rende concreta un’idea. Un impegno d’investimento con regole scritte, verificabili e comprensibili.
Da ricordare sempre: in linea con MiFid II e FinSA, i benefici vanno valutati insieme ai rischi. Esma richiede comunicazioni chiare, eque e non fuorvianti, con costi e rischi presentati in modo equilibrato. In un contesto che si muove veloce, è proprio il rispetto di questi confini a garantire libertà e credibilità a chi li utilizza e a chi ne parla.
Fonte: Credinvest Bank
Non sempre, è tutto uguale
I corsi passati non sono garanzia dei rendimenti futuri. La combinazione di fattori che ha limitato i ribassi degli ultimi 15 anni in un prossimo futuro potrebbe anche venir meno.
Le crisi non sono tutte uguali
Le correzioni azionarie dell’ultimo secolo (indice S&P 500)
Jonathan Decurtins, Head of Wholesale Switzerland & Liechtenstein di Vanguard. A lato, nell’arco di un secolo molto è cambiato, anche gli strumenti di policy a disposizione per intervenire ai crolli delle borse, ma...
azionarie degli ultimi anni potrebbero nel prossimo futuro cedere il passo a ribassi più marcati e duraturi.
Durata media dei ribassi (giorni)
Fonte: Vanguard 25
Il 2025 ha messo in evidenza l’instabilità dei mercati. Dopo i crolli di aprile, azioni e obbligazioni hanno recuperato in meno di un mese. Ma la volatilità potrebbe non essere finita. È quindi un buon momento per riflettere sul proprio rapporto con il rischio. Un rapporto sano parte dal riconoscere che i ribassi non sono sempre contenuti, né le riprese rapide come negli ultimi 15 anni. In questo contesto, tre principi possono aiutare a navigare l’incertezza. Essere umili. Lo scomparso storico della finanza Peter Bernstein sottolineava che i rischi più dirompenti sono spesso imprevedibili. Il caso dei derivati creditizi prima del 2008 lo conferma: la loro pericolosità è emersa solo a crisi in corso. Anche i recenti dazi hanno sorpreso più per la rapidità e la portata che per la loro natura.
Essere consapevoli dell’esistenza di rischi di coda aiuta a evitare reazioni impulsive e a mantenere flessibilità nelle scelte. Asset allocation. In un contesto incerto, serve un portafoglio solido, costruito su proiezioni realistiche e capace di affrontare anche scenari estremi. Per chi investe
nel lungo periodo, specie per la pensione, il vero rischio non è la volatilità, ma rendimenti insufficienti. Un’allocazione ben calibrata aiuta a restare investiti e a non compromettere gli obiettivi futuri. Essere ottimisti, ma pronti ai ribassi. Un investitore equilibrato mantiene lucidità anche nei momenti difficili. Restare investiti richiede aspettative realistiche sul rischio e la capacità di ignorare l’euforia dei rendimenti passati, preparandosi a scenari più incerti.
In questo contesto, il ribilanciamento assume un ruolo centrale. Non serve solo a ridurre l’eccesso di rischio, ma anche a correggere un portafoglio diventato troppo prudente. Se, ad esempio, la quota azionaria scende dal 60% al 50% e quella obbligazionaria sale dal 40% al 50%, ribilanciare permette di mantenere un’esposizione adeguata al rischio per favorire la crescita nel lungo periodo e cogliere le opportunità di ripresa del mercato. Guardando ai dati. Una prima osservazione, per quanto semplicemente probabilistica, è un importante memento da tenere presente: le modeste correzioni
Soprattutto se si guarda agli ultimi 15 anni, i mercati (in particolare quelli americani) hanno vissuto correzioni lievi e particolarmente brevi. Il rimbalzo post Liberation Day rafforza questa percezione, ma la storia insegna che i ribassi possono anche essere più lunghi e profondi. Meglio prepararsi a scenari diversi.
Ogni punto del grafico rappresenta infatti la durata e l’entità media di ribassi superiori al 10% dell’azionario americano nel rispettivo periodo. I periodi sono decenni con due eccezioni: gli anni ’20 del ‘900 partono dal dicembre 1927, mentre il 2010 – 2024 comprende i 15 anni dal gennaio 2010 al dicembre 2024. La durata riflette il numero di giorni di negoziazione dai massimi ai minimi di mercato. Le percentuali riflettono unicamente i cali di prezzo (senza dividendi) dell’S&P500 (o dell’S&P90 prima di aprile 1957).
Rischi e aspettative. I fattori che hanno contenuto i ribassi negli ultimi 15 anni potrebbero non durare per sempre. Ad esempio, meno stimoli fiscali durante le crisi; limiti all’azione delle Banche Centrali in caso di stagflazione; incertezze legate al commercio globale.
Ricalibrare le aspettative, senza stravolgere l’asset allocation, può aiutare a restare investiti anche in scenari più complessi.
Il brutto anatroccolo?
Nonostante le buona performance di mercato, il comparto bancario europeo in termini di valutazioni continua a essere fortemente sottovalutato. A quando un’inversione di tendenza?
Vola il bancario europeo
Andamento degli indici di riferimento per il bancario eu (III-2020: 100)
di David Benamou, Managing Partner e Cio di Axiom Alternative Investments. A lato, il confronto tra diversi indici bancari europei.
a bassa marginalità stanno diminuendo gradualmente, liberando ulteriore capacità di espansione dei margini netti.
Dall’inizio del 2025, l’indice bancario europeo ha registrato un rialzo del 32%, contro un +8% dello Stoxx Europe 600. Una dinamica che si inserisce in un trend di lungo periodo: dal marzo 2020, ovvero dal momento più critico dell’emergenza pandemica, lo Stoxx Banks Europe ha guadagnato il 284,5%, rispetto al +93,6% dello Stoxx Europe 600.
Eppure, questo straordinario percorso di performance non si riflette ancora nelle valutazioni. I titoli bancari europei continuano a scambiare con uno sconto significativo rispetto al mercato nel suo complesso (-41%) e, ancora più sorprendentemente, rispetto alle banche statunitensi (quasi -50%). Il tutto mentre, per la prima volta dal 2010, il ritorno sul capitale proprio (Roe) delle banche europee ha superato quello delle omologhe americane. Fondamentali solidi, multipli ancora compressi. Uno degli elementi chiave di questa dissonanza è che la crescita degli utili è stata molto rapida: dal 2022, i ricavi per azione del settore sono triplicati, ma i multipli non hanno avuto il tempo di
seguire. Il mercato, in altre parole, non ha ancora incorporato pienamente l’evoluzione dei fondamentali, lasciando spazio a una rivalutazione potenziale.
Con la chiusura del primo semestre 2025 i risultati dovrebbero ancora migliorare. I dati aggiornati della Bce mostrano una crescita continua dei volumi di deposito, accompagnata da un miglioramento della loro composizione: aumenta la quota di depositi a termine, la cui remunerazione è in progressivo calo. Questo andamento contribuisce ad ampliare i margini d’interesse, sostenendo la redditività complessiva.
In parallelo, la Bce ha indicato che non vi è urgenza di nuovi tagli dei tassi, che dovrebbero stabilizzarsi nella fascia tra 1,5 e 2%. Si tratta di un livello favorevole per l’attività di prestito e per la gestione del costo della raccolta, oltre a rappresentare un equilibrio che riduce i rischi di deterioramento del credito.
Un altro fattore strutturalmente positivo è rappresentato dall’ammortamento progressivo dei portafogli di prestiti originati in epoca di tassi negativi: i crediti
Sul fronte dei ricavi non da interesse, le attività di mercato hanno beneficiato di volumi sostenuti e di un livello di volatilità ancora favorevole, che supportano la generazione di commissioni. Resta invece debole l’attività di M&A. Nel complesso, il Roe medio atteso del settore nel 2025 dovrebbe essere superiore all’11%.
Tra regole e investitori. Guardando al comportamento degli investitori, emerge un paradosso: secondo i sondaggi, molti si dichiarano sovrappesati sul comparto bancario europeo, ma i dati di posizionamento effettivo mostrano al contrario una leggera sottoponderazione rispetto ai benchmark di riferimento. In un contesto più favorevole a livello macro e politico per l’Europa, un ritorno degli investitori sul settore potrebbe costituire un ulteriore fattore di supporto alle valutazioni.
Sul fronte regolamentare, Basilea 4 non ha riservato sorprese: le misure più penalizzanti sono già scontate e alcune potrebbero slittare. Intanto, l’Unione dei mercati dei capitali avanza, migliorando le prospettive di lungo termine per il settore.
Il bancario europeo è oggi solido e ben capitalizzato (Cet1 >14,4%). La generazione di utili consente di offrire rendimenti elevati, con dividendi e buyback stimati tra l’11 e il 12% nel 2025-2026. Una tesi d’investimento ancora valida, grazie a una combinazione rara di solidità, redditività e potenziale di rialzo.
Fonte: Axiom 25
1 equilibrio, 3 generazioni
A dipendenza della generazione il sentiment del sistema previdenziale svizzero, a tre pilastri, cambia molto. Sempre più scelte sono lasciate al cittadino, ma come scegliere?
Liberi, forse troppo?
Quota di averi del II pilastro ritirati al pensionamento per anno
Antonio Viggiani, Head Portfolio Management e membro dell’Executive Board di Lfg+Zest. Le riscossioni del II pilastro nel tempo.
La previdenza è da sempre percepita in Svizzera come un punto fermo: un sistema robusto, fondato sui tre pilastri, che da decenni garantisce protezione e stabilità. Tale modello si trova però oggi a fronteggiare uno scenario nuovo.
Un elemento chiave è che lo stesso sistema previdenziale viene vissuto in modo molto diverso da tre generazioni: chi è già in pensione, chi è in procinto di entrarci e chi è invece ancora molto lontano. Comprenderne le dinamiche e i comportamenti può però raccontare molto anche di come stia evolvendo il rapporto tra cittadino e Stato sociale.
Un confronto generazionale. I pensionati attuali, tra i 70 e i 90 anni, hanno molto spesso optato per la rendita vitalizia. Una scelta che, fino a pochi anni fa, assicurava tranquillità e prevedibilità. Oggi, però, l’erosione del potere d’acquisto e il rallentamento nella rivalutazione delle rendite iniziano a metterla in discussione. I pensionandi, tra i 55 e i 65 anni, si trovano di fronte a una decisione: prelevare il capitale, optare per la rendita o scegliere
un ibrido. Una scelta che comporta non solo conseguenze economiche, ma anche un carico cognitivo importante e che spesso viene affrontata con spensieratezza.
Infine, i futuri pensionati, tra i 30 e i 50 anni, vivono in una sorta di sospensione. Molti si affidano passivamente ai contributi obbligatori, confidando nel fatto che il sistema continuerà a funzionare. Il rischio non è tanto quello di una scelta sbagliata, ma di non farne alcuna. Il paradosso della libertà. Publica, l’Istituto federale di previdenza della Confederazione Svizzera, è uno dei maggiori Istituti del Paese, con oltre 69mila assicurati attivi e quasi 42mila beneficiari di rendita (dato 2024), gestendo i beni previdenziali del personale della Confederazione, enti parastatali e organizzazioni affiliate.
Secondo lo studio Annuity or Lump Sum?, nel 2023 il 57% degli assicurati ha scelto un prelievo parziale o totale del capitale, contro il 33% nel 2013. Ancora più significativo: la quota di chi ha prelevato il 100% del capitale è passata dal 6 al 20%.
Questa tendenza riflette da un lato il desiderio crescente di controllo, au-
tonomia e trasmissibilità patrimoniale, dall’altro, però, solleva un interrogativo sistemico: molti barattano la sicurezza con la flessibilità, ma con quali competenze? Un equilibrio che si incrina. A rendere ancora più complesso il quadro contribuisce la riduzione dell’aliquota di conversione applicata alla parte obbligatoria del II pilastro, scesa dal 7,2 al 6,8%, con prospettive future ancora più contenute. Questo significa che, per la componente obbligatoria, le rendite garantite sono sempre meno appetibili, eppure, per chi non ha un capitale elevato o non è seguito da un esperto è l’unica soluzione.
Ne emerge un sistema previdenziale che offre sempre più libertà ma sempre meno guida, che garantisce opzioni ma non soluzioni e che affida al singolo la responsabilità di scelte critiche. In questo scenario, la personalizzazione delle strategie previdenziali non è più un’opzione, ma una necessità. Una responsabilità seria, specie per chi ha patrimoni rilevanti.
La previdenza, oggi, non è più una procedura amministrativa. È una scelta patrimoniale, fiscale e strategica, che come tale richiede metodo, consapevolezza e visione. Per chi dispone di mezzi significativi, il pensionamento rappresenta un crocevia decisivo, in cui si intrecciano obiettivi successori, valutazioni fiscali e nuove prospettive di vita. E, con il decisivo coordinamento di fiscalisti, esperti previdenziali e gestori patrimoniali, diventa possibile affrontare questo passaggio in modo strutturato e lungimirante.
D’ispirazione inglese
Private e sempre più a lungo, forse un giorno quotate. Come si possono raggiungere le società più promettenti del mercato, investendovi? L’epoca vittoriana consegna un’alternativa.
Quotazioni no grazie
Evoluzione delle valutazioni di alcune aziende
Le aziende restano sempre più a lungo private Amazon Fondata 1994
Si pone dunque il tema di come investire nelle aziende più promettenti al mondo
Le aziende hanno smesso di quotarsi: è spesso problematica la relazione con gli investitori cui è stato aperto il capitale
Non tutti gli investitori sono dunque ammessi in aziende che spesso non ne hanno davvero bisogno: reputazione e relazione sono la chiave
Fonte: Baillie Gifford 25 (dati al 31-XII-24)
Tra tutti i cambiamenti nel mondo degli investimenti, nessuno è più significativo della fine delle vecchie convinzioni sulle giovani aziende quotate in borsa. Oggi molte scelgono di ritardare la propria Ipo, anche a tempo indeterminato. Ciò riflette un profondo cambiamento nel modo in cui si accumula valore in azienda. E richiede una risposta da parte dei gestori.
L’età media di un’azienda al momento della quotazione è passata da 6,9 anni nel 2014 a 10,7 oggi. Ci sono diverse ragioni, tra cui la facilità con cui la tecnologia consente di crescere senza grandi iniezioni di capitale. A ciò si aggiunge il crescente risentimento nei confronti delle pressioni invasive che lo status di società quotata impone, e che i fondatori evitano sempre più spesso. L’Ipo non è più una tappa quasi automatica nella vita di un’azienda. Un approccio d’investimento diverso. Il fatto che un numero maggiore di aziende rimanga privato più a lungo rappresenta un problema per gli investitori al dettaglio che sperano di investire in aziende in fase di crescita iniziale. E questi potrebbero
Google Fondata
Bytedance Fondata 2012 Space X Fondata 2002
Quotata 1997 0,4 mld usd
Quotata 2004 23 mld usd
Quotata 2018 30 mld usd
Quotata 2012 104 mld usd
Valutazione da non quotata 70 mld usd
Valutazione da non quotata 300 mld usd
Valutazione da non quotata 350 mld usd
non essere interessati a fondi di Private Equity costosi e con scadenze limitate. Come esporsi quindi alle fasi di forte crescita di un’azienda prima e dopo la quotazione, o alle aziende che non si quoteranno mai in borsa? Gli investitori britannici hanno trovato una risposta, poco conosciuta in Svizzera, sotto forma di investment trusts. Questi veicoli di capitale permanente a chiusura fissa fanno parte della gestione patrimoniale britannica da oltre 150 anni. Sono quotati in borsa: alcuni sono società del Ftse 100, come l’eminente Scottish Mortgage Investment Trust, che investe in società pubbliche e private a livello globale, e dal 1909. Gli investment trust. I fondi comuni d’investimento chiusi offrono un vantaggio significativo a determinati tipi di investitori al dettaglio: grazie alla loro struttura, sono in grado di attingere ad attività illiquide. Possono utilizzare la leva finanziaria per aumentare potenzialmente l’esposizione ai guadagni e sono in grado di offrire un reddito stabile trattenendo fino al 15% dei rendimenti annuali. Siamo il più grande fornitore singolo di tali
Anna Bretschneider, Head of Switzerland di Baillie Gifford. A lato, Il valore viene sempre più creato fuori dai mercati pubblici.
fondi, e negli ultimi dieci anni i nostri 11 fondi hanno aumentato in modo significativo le loro partecipazioni private, grazie agli investimenti iniziali in società come Alibaba, SpaceX, Spotify e ByteDance. Nella loro forma moderna, questi fondi d’investimento assomigliano a holding, simili alla Berkshire Hathaway. L’acquisto di azioni dà al detentore l’accesso a un portafoglio accuratamente selezionato di titoli pubblici e privati. I fondi utilizzano le economie di scala per ridurre i costi, offrendo al contempo l’esposizione a quelle che i gestori considerano le aziende più promettenti al mondo.
Il lungo termine. Per quanto riguarda i fondatori e i manager delle società private, apprezzano avere come stakeholder fondi ben gestiti e orientati al lungo termine. E la solidità patrimoniale comporta un minor numero di round di finanziamento. Se la società viene quotata, i fondi spesso conservano la loro posizione, garantendo agli azionisti del fondo di beneficiare della creazione di valore in tutte le fasi. Del resto, perché tirarsi indietro?
Questi cambiamenti nella fornitura di capitale sono i più significativi dall’inizio del XX secolo. Con oltre 5 trilioni di dollari di valore in ‘unicorni’ privati, questa parte del mercato non è più una nicchia. Le mutate circostanze richiedono un nuovo tipo di investitore. Sebbene le loro radici affondino nella Gran Bretagna vittoriana, i fondi comuni d’investimento chiusi si stanno dimostrando ben adattati a questo nuovo mondo coraggioso.
La sicurezza nella sicurezza
Vigilare ed essere vigili: agli agenti che gestiscono il traffico è richiesta la massima attenzione per garantire l’incolumità degli utenti della strada e delle maestranze impegnate nei cantieri, ma anche la propria. Senza mai dar per scontato di essere visti. È il messaggio, vitale, al centro della campagna di sensibilizzazione lanciata da Prosegur.
Sarà capitato a molti, in prossimità di un cantiere stradale, di spazientirsi con l’agente che segnala l’obbligo di rallentare, apparentemente incurante dell’ansia che ci assale mentre già siamo in drammatico ritardo… sollevati solo da potergli assestare un’occhiataccia mentre finalmente lo superiamo. Ignari di quale impegno e attenzione richieda la gestione del traffico per tutelare l’incolumità del personale al lavoro sui cantieri e di tutti gli utenti della strada. Noi compresi. Ancor meno si pensa al rischio a cui sono esposti gli agenti di sicurezza stessi, prestando servizio in una posizione critica, in particolare nel caso di chi è operativo sulle autostrade e deve mantenere la massima vigilanza su un traffico ad alta intensità in prossimità di grandi cantieri, magari sotto i raggi cocenti del sole o le piogge torrenziali cui ci ha abituati il cambiamento climatico.
Leader nelle prestazioni di regolazione della circolazione nella Svizzera italiana, che gestisce per conto dell’Ufficio federale delle strade (USTRA), del Cantone e di enti comunali, associazioni o privati, Prosegur è particolarmente sensibile al tema. «Con una formazione di ingegnere della sicurezza sul lavoro, da quando a fine 2020 ho assunto la guida di Prosegur, abbiamo ulteriormente rafforzato il nostro impegno, a 360 gradi», racconta il direttore Alex Genini. «Fra le diverse misure, ci siamo certificati ISO 45001, la norma internazionale che fornisce il quadro di riferimento per aiutare le organizzazioni a migliorare la sicurezza dei luoghi di lavoro e a ridurre i rischi per la salute dei lavoratori. Un percorso che richiede un impegno significativo in termini di tempo e risorse, ma più che giustificato dai suoi vantaggi», illustra il direttore
Anche il contributo della Commissione del personale è fondamentale per dare input al fronte, ad esempio suggerendo misure pratiche come, negli scorsi periodi di canicola, l’introduzione dei copricapo per proteggere gli agenti, in particolare sulle autostrade senza disponibilità di ombra, unitamente ai turni di lavoro spezzati, regolare idratazione e l’uniforme estiva. Essenziali sono poi i controlli sul terreno svolti dal delegato interno alla sicurezza, destinati a verificare che i collaboratori si attengano alle misure preventive e alle regole illustrate nell’ambito della formazione di base, che Prosegur garantisce a ogni nuovo assunto. «Sensibilizziamo ad esempio a pianificare accuratamente ogni intervento, discutendo con il capo cantiere criticità specifiche e osservando attentamente la tratta, la segnaletica e l’illuminazione per individuare preventivamente i potenziali rischi. La regola d’oro: MAI voltare le spalle al traffico», avverte Alex Genini. Sembrerà banale, ma in otto ore di servizio, pur con le pause garantite da Prosegur, la stanchezza può farsi sentire. E anche quando tutto è fatto a regola d’arte, non è l’agente a poter controllare ogni variabile. Nonostante tutte le precauzioni messe in atto, l’anno scorso la società di vigilanza è stata infatti colpita da due infortuni fatali a due agenti. A febbraio, a Lugano, uno scooterista ha travolto un addetto alla gestione del traffico in prossimità di un restringimento per lavori di potatura, mentre ad agosto, a Bellinzona, un’agente è stata urtata di notte da un camion in manovra in un cantiere stradale. «Misure preventive, formazione degli agenti, ore di riposo, equipaggiamento, … dagli approfondimenti della Polizia tutto è risultato conforme, grazie al nostro rigore nella gestione della sicurezza. Ciò non toglie la profonda ferita lasciata da queste due tragedie. Malgrado la appurata fatalità, mi hanno spinto a interrogarmi: paradossalmente, in entrambi i casi, non si trattava di situazioni critiche se paragonate a scenari
di alta intensità di traffico, come sui cantieri autostradali», sottolinea Alex Genini. Dunque cosa non ha funzionato? «Riflettendo e discutendone ho compreso che il minimo comune dominatore è la certezza di essere visti da chi è alla guida. Quando un agente indossa l’uniforme, tende a sopravvalutare i propri mezzi. Crede che l’autorevolezza di cui è dotato nel suo ruolo lo imponga automaticamente all’attenzione dell’utente della strada. Eppure anche nella quotidianità ci accorgiamo che, nonostante qualcuno guardi verso di noi, se è sovrappensiero non è detto che davvero ci veda». Per sensibilizzare ancor più efficacemente i propri agenti sulla problematica e scongiurare che simili episodi possano ripetersi, Prosegur ha ideato un’apposita campagna, “Guarda che non ti vedo!”. L’immagine che la accompagna riproduce la prospettiva del conducente distratto: l’agente che, di fronte a lui, gli segnala di fermarsi, ai suoi occhi non è che una presenza sfocata, in secondo piano. Il messaggio, chiaro ed efficace: “In strada la distrazione può costare caro! Non solo alla guida!”. «Affissa in tutte le no -
«“In strada la distrazione può costare caro! Non solo alla guida!”: è il messaggio della campagna con cui sensibilizziamo ulteriormente i nostri agenti che vigilano sulla sicurezza del traffico a prestare la massima attenzione e non dare mai per scontato di essere stati visti e compresi dai conducenti»
Alex Genini, direttore di Prosegur SA
stre aree comuni e inviata per mail a tutti i dipendenti, è accompagnata da sette “regole vitali”, che sviluppano ulteriormente quanto già trasmesso dalla nostra formazione di base», spiega il direttore. In particolare, fondamentale è assicurarsi sempre di stabilire un contatto visivo con gli utenti che si avvicinano e ai quali si impartisce un ordine, verificando che sia stato compreso. Altrettanto importante, assumere e mantenere la posizione corretta, ben visibile per i
Sulle strade nazionali
La presenza degli agenti di ditte private contribuisce anche a gestire in maniera sicura il traffico sulle strade nazionali, in particolare agevolando le manovre di immissione e di uscita dai cantieri, fornendo indicazioni agli autisti e a chi circola in autostrada. Alla base della collaborazione ottimale fra Prosegur e l’Ufficio federale delle strade (USTRA), il costante dialogo e allineamento, come conferma Eugenio Sapia, addetto Informazione e comunicazione USTRA, Divisione Infrastruttura stradale Est, Filiale Bellinzona (in foto).
Signor Sapia, come vengono coordinate le attività fra USTRA, Prosegur e altri attori coinvolti?
La maggior parte sono regolate dal Piano Emergenza Cantiere (PEC), assieme ad altri documenti specifici (Piano Salute e Sicurezza di Cantiere). Quando si presentano operazioni particolari non contemplate, la coordinazione viene garantita dalla Polizia cantonale, dalla Direzione locale dei lavori e dall’addetto alla sicurezza di tratta.
In particolare, come integrate le rispettive linee guida in materia di sicurezza?
I compiti di Prosegur sono definiti nei documenti di sicurezza del cantiere. Annualmente, all’inizio del cantiere, è prevista una formazione teorica a tutte le maestranze (imprese, Direzione dei lavori e Prosegur), in cui vengono esposte le fasi principali del cantiere previste durante l’anno e ribadite le regole coordinate di sicurezza.
Un esempio concreto in cui la collaborazione con Prosegur ha fatto la differenza?
Nel 2019, sulla base dell’esperienza di chi operava sul cantiere per il risanamento globale del tratto della A2 Melide-Gentilino (in particolare gli agenti della Prosegur), in collaborazione con la Polizia cantonale è stata creata la staffetta per i mezzi pesanti di cantiere. Con l’utilizzo di un’automobile della Prosegur il traffico veicolare in autostrada veniva rallentato (ma non fermato) per permettere l’entrata e l’uscita in sicurezza dei camion. Questa manovra è stata una “prima” a livello svizzero per i cantieri autostradali.
veicoli e i colleghi, evitando angoli ciechi o aree pericolose. Ovviamente sono bandite distrazioni come cellulare o chiacchiere non pertinenti al servizio. «Tutti aspetti che verifichiamo con i nostri controlli sistematici, oltre a invitare i collaboratori a segnalarci ogni situazione di pericolo cui si sono trovati esposti. In aggiunta, per mandati delicati come i cantieri autostradali, abbiamo intensificato la collaborazione con la committenza e la direzione lavori, ad esempio per individuare congiuntamente le posizioni più sicure per i nostri agenti impegnati nel cruciale compito di coordinare il servizio staffetta con cui agevoliamo l’ingresso e l’uscita dei mezzi dall’area di cantiere rallentando il traffico, a tutela di tutti gli utenti della strada oltre che delle maestranze del cantiere», esemplifica Alex Genini. Purtroppo di incidenti come quelli cui è stata confrontata Prosegur c’è chi approfitta per profilarsi politicamente, polemizzando sul precariato del settore senza fare distinguo. In Ticino, con la stragrande maggioranza delle società di vigilanza che conta meno di 10 collaboratori per non dover sottostare al CCL, è raro che si investa in formazione e certificazioni di sicurezza sul lavoro. Realtà solide e virtuose come Prosegur, con oltre 250 agenti, offrono dunque un esempio che dovrebbe essere di stimolo alla diffusione di questa sensibilità fra tutti gli attori del settore. Ricordando che anche la sicurezza ha bisogno di sicurezza.
Prosegur SA
Via Brentani 11
6904 Lugano
+41 (0)91 973 32 10 info@prosegur.ch prosegur.ch
La storia della divisione orologi di Montblanc prende avvio nel 1997, ma è stata l’acquisizione della manifattura orologiera Minerva, nel 2000, a segnare un punto di svolta per Montblanc. Minerva - il cui nome è ispirato alla dea dell’artigianato -, fondata nel 1858, era una Maison orologiera dalla grande tradizione, specializzata nella realizzazione di movimenti meccanici complicati, che ha sempre puntato fermamente verso l’innovazione. Il progetto di Montblanc per i suoi orologi è stato chiaro fin dall’inizio: unire la tradizione orologiera con il design contemporaneo, creando orologi che non solo fossero strumenti di alta precisione,
Una firma stilistica dal tratto preciso
Storicamente sinonimo di scrittura raffinata, dagli anni Novanta Montblanc ha segnato il proprio ingresso nel mondo degli orologi. Da allora, nella creazione di segnatempo di alta gamma la Maison ha trasferito lo spirito pionieristico, la maestria artigianale e la qualità senza compromessi che la connotano dal 1906, creando un legame indissolubile tra precisione meccanica e design sofisticato.
ma che diventassero oggetti di culto, al pari delle penne stilografiche che avevano reso celebre il brand. Oggi, nella divisione orologi di Montblanc accanto a modelli più essenziali, si distinguono complicati orologi da alta orologeria, frutto di competenze artigianali e innovazione tecnica. Con Laurent Lecamp, direttore generale della divisione Orologi di Montblanc, siamo partiti alla scoperta dell’evoluzione del marchio, del processo
creativo e dell’approccio che ha portato Montblanc a diventare uno dei leader riconosciuti nel mondo dell’orologeria.
In apertura, Iced Sea 0 Oxygen 38mm: texture glaciale ottenuta utilizzando una tecnica ancestrale quasi dimenticata e cassa da 38 mm in acciaio priva di ossigeno. Sotto 1858 Geosphere 0 Oxygen Mount Vinson limited edition, 986 esemplari.
Nel 2025, Montblanc ha introdotto diverse novità. Qual è la filosofia alla base di questi nuovi prodotti e come si inseriscono nella strategia complessiva del marchio?
Abbiamo scelto di consolidare le caratteristiche distintive dell’orologeria che rendono i nostri segnatempo inconfondibilmente Montblanc. Una di queste caratteristiche è il concetto ‘0 Oxygen’, una tecnologia che abbiamo sempre più perfezionato negli ultimi anni e che stiamo ora estendendo ad altre linee. L’abbiamo incorporata nella nostra collezione Iced Sea attraverso la nuova cassa più piccola, da 38 mm, che è stata una risposta al feedback dei clienti. Con questa espansione di 0 Oxygen, abbiamo scelto di offrire a chi è già in possesso di Iced Sea la pos-
sibilità di aggiornare il proprio orologio con la tecnologia 0 Oxygen, a un costo minimo. Un’opportunità che abbiamo ritenuto importante per consentire anche a coloro che sono già clienti di partecipare all’esperienza 0 Oxygen. Oltre a essere un solido concetto tecnico, 0 Oxygen offre ai clienti un vantaggio reale in termini di longevità del loro orologio: l’assenza di ossigeno impedisce infatti l’ossidazione all’interno dell’orologio, prolungando la durata di tutti i componenti e garantendo una precisione costante. Quest’anno ha segnato anche il secondo capitolo della nostra esplorazione dei materiali compositi all’avanguardia, iniziata con Carbo2 nel 2024. Il nuovo orologio
1858 Geosphere 0 Oxygen Mount Vinson presenta una cassa centrale accattivante che ricrea l’esclusivo ghiaccio blu-verde dei ghiacciai antartici, un elemento che ha catturato la mia attenzione mentre partecipavo a una maratona estrema. Per ottenere questa tonalità molto specifica, con la sua finitura simile al ghiaccio, abbiamo deciso di creare un nuovo materiale composito, combinando questa volta fibre di quarzo, fibre di basalto alluminizzate, CaCO3 e resina azzurra. Il processo per arrivare ai colori esatti che avevamo in mente è stato lungo, ma siamo molto soddisfatti del risultato finale: un orologio che si distingue sul mercato, sia dal punto di vista estetico che tecnico. Un altro obiettivo fondamentale per noi è quello di valorizzare ulteriormente l’incre-
dibile patrimonio di Minerva. Quest’anno abbiamo introdotto il calendario annuale, una complicazione completamente nuova nel repertorio Minerva. Sviluppato interamente in-house, il movimento combina un calendario annuale, una grande data e una funzione worldtimer. Oltre alla sua tecnicità, il movimento è a carica manuale, cosa rara tra i calendari annuali, in genere automatici, e la data può essere cambiata sia in avanti che indietro a mezzanotte senza alterare il meccanismo. Per quanto riguarda la forma, volevo che l’orologio rendesse omaggio ai vasti archivi di Minerva, dato che stavamo celebrando un’altra pietra miliare nella sua lunga storia. Per farlo, abbiamo dotato l’orologio della
Sopra, Laurent Lecamp, Direttore Generale della Divisione Orologi di Montblanc.
In basso, da sinistra: Montblanc 1858
Geosphere Annual Calendar Limited Edition, con un nuovo movimento a carica manuale della manifattura Minerva, e 1858 The Unveiled Minerva Chronograph Edizione Limitata, 100 esemplari.
caratteristica lunetta scanalata Minerva e della freccia rossa, che indica anche il mese corrente, mentre il design complessivo si ispira all’estetica visiva di Minerva degli anni ’50. Un altro sottile dettaglio che allude al passato di Minerva è la sostituzione del mese ‘luglio’ con la parola ‘Minerva’ sul calendario, un riferimento al mese in cui l’azienda è stata registrata come marchio (era infatti il luglio del 1887). Si tratta sicuramente di un nuovo entusiasmante capitolo per Minerva, ma saldamente radicato nella sua tradizione. La tecnologia sta assumendo un ruolo sempre più importante nel mondo degli orologi di lusso. In che modo Montblanc integra l’innovazione tecnologica nei suoi modelli, mantenendo al contempo l’artigianalità e il valore della tradizione (tradizione basata anche sul patrimonio Minerva) che caratterizzano il marchio? Credo che l’innovazione sia profondamente legata alla tradizione, in particolare quando si parla di Minerva. L’ispirazione per i nostri nuovi orologi tende a venire dall’osservazione di ciò che è stato fatto in passato, il che ci sfida a considerare come possiamo celebrare le tecniche tradizionali mentre esploriamo le possibilità dell’orologeria moderna. Un ottimo esempio di questo equilibrio
è lo sviluppo del cronografo monopulsante Minerva Unveiled. Minerva ha creato il calibro MB16.29 all’inizio del XX secolo e da allora è stato sempre utilizzato dall’azienda. Nel 2023 abbiamo deciso di riprendere questo calibro storico e di invertire il movimento, una novità assoluta nella storia di Minerva. È stato un processo molto complesso: per il funzionamento in senso antiorario, abbiamo dovuto sviluppare un treno di ingranaggi con 21 componenti aggiuntivi. Ma una volta invertito questo movimento centenario, si sono aperte nuove opportunità che ci hanno permesso di mettere in mostra la bellezza nascosta del movimento e di sviluppare nuove finiture e decorazioni. Mentre il movimento originale si basava in gran parte sulla nostra orologeria tradizionale, ci siamo spinti oltre, per migliorarlo ulteriormente con gli strumenti moderni e il savoir-faire oggi disponibili.
In alto, a sinistra il cuore dell’alta orologeria artigianale di Montblanc, a Villeret, in passato sede della storica Manifattura Minerva, e, a destra, la sede principale dell’orologeria Montblanc, a Le Locle. Sotto, i collaboratori al lavoro, ieri e oggi.
La tecnologia Zero Oxygen, volta a prevenire la condensa e l’ossidazione in ambienti estremi, è diventata un simbolo nei modelli 1858 e Iced Sea: come funziona e in che misura questa tecnologia è destinata a espandersi o ad adattarsi ad altre collezioni?
Il concetto 0 Oxygen si ispira al Dna Montblanc radicato nelle montagne: la tecnologia è stata creata per gli ambienti estremi e ostili che gli alpinisti devono affrontare in montagna, come il leggendario, nostro Brand Ambassador, Reinhold Messner, che tra il 1970 e il 1986 ha scalato quattordici delle vette più alte del mondo oltre gli 8mila metri senza l’uso di ossigeno supplementare.
Negli orologi che utilizzano questa tecnologia, tutto l’ossigeno all’interno della cassa è stato rimosso e sostituito con un gas neutro: abbiamo scelto l’azoto.
Lo 0 Oxygen all’interno della cassa offre diversi vantaggi: elimina effettivamente l’appannamento che può verificarsi con drastici sbalzi di temperatura ad alta quota, rendendolo una caratteristica importante per gli alpinisti in condizioni estreme. Tuttavia, l’appannamento può verificarsi anche nella vita quotidiana, ad esempio quando si passa da un aereo freddo e asciutto a un clima caldo.
L’assenza di ossigeno all’interno dell’orologio previene anche l’ossidazione, il che significa che tutti i componenti durano più a lungo.
Come ho pocanzi anticipato, stiamo ora cercando opportunità adeguate per espandere questa tecnologia a più modelli dei nostri orologi, come la collezione Iced Sea. In definitiva, questa decisione è guidata dal filo conduttore della narrazione: inseriremo lo 0 Oxygen in un nuovo orologio solo se avrà senso all’interno del suo concetto generale.
Dal primo modello Meisterstück, alle collezioni Montblanc 1858, Time Walker, fino all’Iced Sea, tutti collegano passato e presente esaltando innovazione tecnica, precisione, maestria artigianale e design impeccabili. Per il futuro, quali sono le tendenze che Montblanc intende seguire? Il nostro patrimonio come Maison sarà sempre la nostra stella polare, prevalendo sulle tendenze quando si tratta di ispirare l’innovazione. Naturalmente, seguo da vicino il mercato degli orologi e le innovazioni che vengono introdotte. Ma di solito, ciò che mi interessa di più è il legame tra la novità e la storia del marchio: quando la novità è in armonia con i valori e l’ambito del marchio, per me significa che c’è una visione a lungo termine. Per Montblanc, si possono prendere come esempio il concetto 0 Oxygen, i quadranti gratté boisé glacier o il nuovo materiale composito dell’orologio Mount Vinson: tutte queste caratteristiche altamente tecniche e questi design visivamente affascinanti sono ispirati alla nostra identità di marchio radicata nelle montagne, ma hanno prodotto innovazioni che catturano l’attenzione degli appassionati di orologi moderni. Il mio obiettivo è quello di collegare storie autentiche a ciascuno dei nostri pezzi, in modo che abbiano un significato reale agli occhi dei nostri clienti.Durante tutto il XX secolo la Manifattura Minerva è stata la principale specialista nei segnatempo professionali in grado di misurare brevi intervalli di tempo con altissima precisione. Oggi l’eredità di Minerva continua grazie a Montblanc, che condivide con la Manifattura la stessa passione per il design e la progettazione tecnica, oltre a un insaziabile desiderio di perfezione.
Simona Manzione
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Lucerna ritorna all’avanguardia
A 90 anni di distanza, il Kunstmuseum Luzern ricostruisce la mostra leggendaria con cui fra le due guerre portò le avanguardie sulle rive del lago dei Quattro Cantoni. Un bis che ha richiesto di affrontare anni di ricerche e sfide logistiche. Ma anche un’occasione per riflettere criticamente sull’evoluzione della propria identità istituzionale.
Leggendaria e inimitabile. Con la mostra che nel 1935 portò a Lucerna i grandi protagonisti delle avanguardie modernistefra cui Hans Arp, Georges Braque, Max Ernst, Fernand Léger, Paul Klee, Wassily Kandinsky, Pablo Picasso, Alberto Giacometti, Joan Miró, Sophie Taeuber-Arp - il Kunstmuseum Luzern realizzava un piccolo miracolo. Appena trasferitosi nella sede del primo edificio cittadino progettato appositamente come museo, dimostrava lungimiranza cogliendo l’importanza della svolta modernista e la sua capacità di esprimere realtà, emozioni e concezioni di vita della contemporaneità.
Un’esposizione così, all’epoca, si sarebbe forse potuta immaginare nell’anticonformista Zurigo, culla del Dada, a Basilea o Ginevra. Ma la più discreta Lucerna, nel cuore della neutrale Svizzera, stava già attirando collezionisti e mercanti, favorita da un fiorente commercio d’arte e dal turismo di alto profilo
che trovava ospitalità nelle sue magnifiche strutture alberghiere.
«Rinomati mercanti come Theodor Fischer e Siegfried Rosengart potevano assicurare prestiti importanti, e il giovane Hans Erni - fra i tre curatori di quella storica mostra, insieme al conservatore Paul Hilber e al critico d’arte (e comunista convinto) Konrad Farner - aveva contatti diretti a Parigi. In un’epoca in cui il fascismo e il comunismo sovietico predicavano l’arte figurativa, loro puntarono invece su un’arte astratta e moderna, comprensibile a tutti. Con la loro esposizione ambivano a riunire le diverse correnti dell’avanguardia in una nuova forma di art réelle. Una dialettica rispecchiata dal titolo scelto, Tesi. Antitesi. Sintesi», spiega Fanni Fetzer, direttrice del Kunstmuseum Luzern. Che, a 90 anni di distanza, ha raccolto la sfida di ricreare quella mostra: un’impresa ardua, poiché molte delle 99 opere dell’epoca - allora provenienti direttamente dagli atelier di artisti emergenti - si trovano
Sopra, i grandi protagonisti del ritorno delle avanguardie al Kunstmuseum Luzern, fino al 2 novembre: da sinistra, Kandinsky, Durchgehender Strich, 1923, olio su tela, 140,8 × 202 × 2,7 cm, Kunstsammlung NordrheinWestfalen; Miró, Peinture, 1925, olio su tela, 116 × 89 cm, Collezioni statali bavaresi; Picasso, Head: Study for a Monument, 1929, olio su tela, 73 × 59,7 cm, Baltimore Museum of Art. In alto, la locandina della mostra del 1935, realizzata da Hans Erni, fra i tre curatori.
oggi nei maggiori musei del mondo. E altre sono ancor meno accessibili, requisite o distrutte durante la guerra. «Qualche anno fa, un collega, sfogliando il catalogo del 1935 nel mio ufficio, commentò che oggigiorno sarebbe stato impossibile per il nostro museo ottenere in prestito opere che nel frattempo avevano acquisito un valore così elevato. Di che stimolare la
mia ambizione», ricorda la direttrice, curatrice della mostra Kandinsky, Picasso, Miró et al. di ritorno Lucerna, in corso fino al 2 novembre.
Cinque anni di ricerche partiti dal catalogo storico, progettato dal maestro della “Nuova Tipografia” Jan Tschichold, che in Svizzera aveva trovato riparo dalle persecuzioni naziste. Una pubblicazione seminale per lo stile minimalista della grafica elvetica, ma con schede a volte imprecise: dimensioni errate, larghezza e altezza invertite, oppure semplicemente i titoli sono cambiati nel tempo. «Il nostro team ha consultato cataloghi, banche dati, social media, corrispondenza… A volte le serie di opere erano così vaste, e le singole opere così simili, che non è stato possibile determinare con esattezza di quale si trattasse. Compito ancor più complesso per gli oggetti finiti in mani private: anche collaborando con case d’asta, gallerie e musei, non sempre abbiamo incontrato il favore dei proprietari. E anche per il dipinto di Braque Guitar, Fruit and Pitcher (1927), oggi esposto al Museum of Modern Art di Teheran, malgrado il supporto dell’Ambasciata svizzera e la presenza di una collega sul posto, non siamo riusciti a ottenere il prestito», racconta Fanni Fetzer. Il bilancio: 69 opere identificate con certezza, 26 disperse o non identificabili, 4 distrutte. L’attuale esposizione ne riunisce 43, cui se ne aggiungono 47 affini per soggetto, serie o periodo, fino a raggiungere il numero simbolico di 90. Unica deroga al modello storico: l’inclusione di Barbara Hepworth fra gli artisti esposti, una rivalsa sul canone maschilista di allora, che malgrado la visione progressista dei curatori, aveva ammesso una sola donna, Sophie Taeuber-Arp, grazie all’intercessione del marito Hans Arp. Valore e significato di quelle opere sono nel frattempo radicalmente mutati: «Oggi ammiriamo armonia, gesto ed equilibrio di artisti allora emergenti, senza pretendere prospettive corrette o opere figurative, come all’epoca. Valeva per i dipinti, come pure per la scultura: i Mobiles di Calder, ad esempio, venivano paragonati alle giostrine sulle culle dei neonati, perché la scultura era ancora legata alla rappresenta-
«Nel ricreare la storica mostra del 1935, ancor più impressionante dei nomi, oggi celebri, che i tre curatori portarono a Lucerna, è il loro impegno a partecipare, attraverso l’arte, allo sviluppo della società. Alla richiesta di un’arte figurativa, come nel comunismo sovietico e nel fascismo, contrapposero i loro sforzi per un’arte moderna, astratta e comprensibile a tutti»
Fanni Fetzer, Direttrice del Kunstmuseum Luzern
zione della figura umana e collocata su basamenti», osserva Fanni Fetzer.
Per il Kunstmuseum, questo progetto ha rappresentato anche un’occasione di riflessione critica sull’evoluzione della sua
Nella foto del 1935 si riconoscono opere di Wassily Kandinsky, Alberto Giacometti, Jean Hélion e Hans Erni nella sala con lucernario del Kunstmuseum Luzern. Unica eccezione della mostra odierna, l’inclusione di Barbara Hepworth sopra, Large and Small Form, 1934, alabastro, 24,8 × 44,5 × 23,9 cm), esclusa dai curatori conservatori dell’epoca, che avevano ammesso la sola Sophie Taeuber-Arp.
identità. «Osservando l’allestimento del 1935 nelle fotografie storiche esposte, ci si rende subito conto di quanto i musei si siano professionalizzati - e non solo a Lucerna. Le nostre origini risalgono al 1819, quando venne fondata la Società artistica della città (Kunstgesellschaft Luzern), come aspirazione della borghesia colta a creare un centro di incontro per artisti e appassionati d’arte. Nel 1933 abbiamo potuto disporre di un museo tutto nostro, nel cosiddetto Meili-Bau. Oggi il Kunstmuseum Luzern ha sede nel Kkl di Jean Nouvel, un raggio d’azione sovraregionale e una presenza costante nei dibattiti sull’arte contemporanea. Posso dire che in ogni progetto cerchiamo di mettere in pratica quella triade “tesi, antitesi, sintesi” indicata dai tre curatori della mostra del 1935», conclude la direttrice.
Se all’epoca, contrariamente alle ambizioni degli organizzatori, la sintesi fra le diverse avanguardie rimase imperfetta e l’esposizione conquistò solo la cerchia degli specialisti, la mostra fu comunque il punto di partenza per molti altri progetti sul modernismo in Svizzera, come quello dell’anno successivo al Kunsthaus di Zurigo. E, nel 2025, a nove decadi di distanza, il ritorno Kandinsky, Picasso, Miró et al. a Lucerna va ben oltre l’esercizio filologico: è un ponte fra epoche, una sfida organizzativa vinta e, soprattutto, una gioia per gli occhi, aperta a un pubblico più ampio di quello di allora.
Sopra, a sinistra, Jean Tinguely al lavoro durante l’allestimento di Heureka, in occasione dell’Expo 64 a Losanna. A destra, un dettaglio dell’installazione Fatamorgana, Méta-Harmonie IV, 1985, 420 x 1250 x 220 cm.
Mantenere l’arte in
Il 2025 segna il centenario di Jean Tinguely (Friburgo 1925 - Berna 1991), fra i maggiori esponenti dell’arte cinetica. Un anniversario che stimola a riflettere sulla salvaguardia di un patrimonio tanto sfidante. Jean-Marc Gaillard, ex-assistente dell’artista, se ne prende cura al Centro di competenza in conservazione e restauro del Museum Tinguely di Basilea, punto di riferimento mondiale.
Sculture progettate per muoversi, emettere suoni, interagire con lo spazio - e, in certi casi, persino autodistruggersi. Realizzate con materiali non convenzionali, come oggetti di uso quotidiano o scarto, ingranaggi e motori, saldati con una manualità ineguagliabile, estro visionario, ironia e poesia, hanno consacrato Jean Tinguely “miglior fabbro” del Novecento. La loro conservazione richiede pertanto di preservarne non solo l’estetica, ma anche la meccanica e l’anima, con un livello di competenza che va oltre gli standard.
«La manutenzione si fonda sull’osservazione quotidiana e su misure preventive e strategie di conservazione specifiche per ridurre al minimo i rischi di danni ed evitare interventi diretti. Ogni scultura richiede ispezioni regolari e una documentazione minuziosa per comprendere innanzitutto il funzionamento, la diversità dei materiali e l’intenzione artistica», racconta Jean-Marc Gaillard. Ex-assistente di Tinguely, da quasi quarant’anni si prende cura delle sue creature, da 23 anni presso il Centro di competenza in conservazione e restauro del Museum Tinguely di Basilea, che ospita la maggiore collezione di opere dell’artista: più di 200 sculture, oltre la metà esposte in permanenza.
Tutto parte dall’ascolto: «Se il suono cambia, è segno che una componente si sta usurando, una cinghia si sta allentando o una saldatura sta cedendo», osserva Gaillard, le cui giornate iniziano sempre da un giro a porte chiuse nel museo. Finché era in vita, Tinguely interveniva di persona trovando nuove soluzioni, ma dalla sua scomparsa nel 1991 il paradigma è cambiato. «La regola: sostituire un pezzo originale solo con uno identico, stessa epoca e provenienza per non snaturare l’opera. Questo comporta un lavoro da detective: perlustriamo mercatini da Roma a Londra e New York, passiamo ore e ore a scorrere elenchi online, affidandoci a nostra volta a una rete di meccanici, rigattieri e appassionati con competenze molto specifiche sparsi per il mondo. Il modo di lavorare di “Jeannot”, con materiali di fortuna, recuperati nelle città in cui si trovava, complica non poco identificarli, spesso non hanno nemmeno un nome di riferimento con cui ricercarli. Possono volerci anni. A volte diventa un’ossessione».
Il Centro di competenza del Museum Tinguely offre inoltre assistenza a musei, istituzioni, case d’aste e collezionisti in tutto il mondo. È raro che i conservatori abbiano familiarità con opere cinetiche. «A volte ci raggiungono a Basilea per
sessioni di workshop, altre ci rechiamo noi sul posto. In poche ore, si deve capire cosa si possa fare, mentre idealmente entrare in sintonia con queste opere richiede una lunga convivenza. E, ovviamente, chi sta di fronte vorrebbe sentirsi dire che può farle funzionare senza limitazioni. Quando però capiscono che danneggiandosi perderebbero il loro valore, si mostrano più sensibili», spiega l’esperto. Il centenario ha moltiplicato le richieste di prestiti, a partire dalla grande mostra all’Hangar Bicocca di Milano, poi il Lehmbruck Museum di Duisburg e il Grand Palais di Parigi e, dal 21 novembre, al Mahf di Friburgo. «Dallo scorso autunno avrò passato sei mesi all’estero. Accompagniamo sempre le nostre opere nelle trasferte. Solo a Milano, sono stato oltre un mese insieme a un team di sette collaboratori esperti a cui chiedo appoggio in queste occasioni. Ma capita di andare anche molto lontano, New York, Giappone, persino una volta in Tasmania», prosegue il conservatore del Museum Tinguely. Le più impegnative sono le trasferte via mare, cui si ricorre per le lunghe distanze e opere molto grandi. «Dobbiamo costruire apposite casse per proteggerle dalle vibrazioni e dall’umidità, ma non totalmente ermetiche per
movimento
evitare muffe. Sul posto va poi verificato che ci siano le strutture necessarie per reggerle, considerato che possono raggiungere un migliaio di chili». Durante le mostre, l’assistenza prosegue a distanza, grazie all’ausilio della tecnologia. Si fa sempre poi attenzione a garantire periodi di riposo. Con le giuste cautele e se curate da mani esperte, le sculture dovrebbero potersi muovere ancora per decenni. Il conservatore si mostra invece scettico sulle copie integrali in stampa 3D: «Possono ingannare l’occhio, ma sono troppo lontane dallo spirito originario. Documentiamo invece con filmati il funzionamento di opere troppo delicate per essere messe in azione. Un’alternativa sono gli ologrammi, che con i visori Ar hanno una resa eccezionale e possono evitare spostamenti troppo impegnativi, considerate le difficoltà logistiche e i costi assicurativi, oltre che poco ecologici. Certo, poter vedere le opere in presenza, è insostituibile. È dal contatto diretto che ho imparato a conoscerle e a prendermi cura di loro», ricorda Jean-Marc Gaillard, che incontrò Tinguely a fine anni Ottanta, sul cantiere della monumentale testa del Cyclop, 22,5 metri di altezza e oltre 350 tonnellate, a Milly-la-Forêt, a sud-est di Parigi. «Eravamo pagati solo 100 franchi al giorno, con anche 15 o 16 ore di lavoro. Eppure mi fermai a lungo: a interessarmi di più non era la tecnica ma, la sera, quando ci si ritrovava a tavola insieme a Niki de Saint Phalle, Daniel Spoerri, Rico Weber, Arman e tanti ar-
tisti che affiancavano Tinguely nel progetto, ascoltarne le storie e capire cosa stava dietro il loro lavoro… Ho cercato di immagazzinare ogni dettaglio come un disco rigido. E ancora oggi, mi capita di fare un gesto, magari un errore, e… tac! riaffiora alla mente un’osservazione. Quarant’anni dopo è come se Tinguely fosse qui con me. Sono momenti di illuminazione e commozione: dopo tutto per dedicarmi alle sue opere ho rinunciato alla mia carriera di artista, ma se volevo fare bene questo mestiere era necessario dare il 125%», confessa Jean-Marc Gaillard. Un fuoco sacro che cerca di trasmettere a chi gli succederà quando fra quattro anni andrà in pensione, e anche ai visitatori del museo. «Non perdo mai l’occasione per ricordare che Tinguely non era “solo” un grande artista, ma un appassionato di auto da corsa e di belle donne. Aiuta a capire il suo modo di lavorare: bene ma veloce, per potersi dedicare anche alle sue altre passioni. Così come non va dimenticato che usare materiali di recupero non era solo una provocazione alla civiltà del progresso e del consumismo, ma una necessità, non avendo i mezzi per acquistare motori e attrezzature nuove. Ha saputo mettere insieme tutto questo per esprimere il suo spirito e, al contempo, per accreditarsi e farsi una posizione in società».
Anche nel nostro presente di mirabilia tecnologiche, le sculture cinetiche di Tinguely continuano ad avere un successo trasversale. L’anniversario ha contribuito, come si è visto dalle quotazioni ad
ArtBasel. Ricercatissime le fontane, che con i loro spruzzi aggiungono una quarta dimensione: «Di grandi, come quella nel nostro giardino o la Strawinsky del Centre Pompidou, ce ne sono solo cinque, una ventina di piccole, che lui costruiva soprattutto negli anni Sessanta per i giardini dei suoi amici e oggi sono contese da collezionisti di tutto il mondo, malgrado la complessa manutenzione richiesta dalla corrosione dell’acqua», conclude Jean-Marc Gaillard, ora alle prese con una scultura cinetica che a breve ornerà l’ingresso della nuova sede di una banca. Il motore, proveniente un grammofono di inizio Novecento, ha posto una sfida non indifferente. Accendendo l’entusiasmo del Centro di competenza in conservazione e restauro del Museum Tinguely di Basilea, in costante movimento proprio come le opere cinetiche che custodisce, nel presente e per il futuro.
Sopra, la sinistra, lo Schauatelier al Museum Tinguely di Basilea e, accanto, i lavori di restauro dell’opera Le Safari de la Mort Moscovite di Tinguely. Sotto, Jean-Marc Gaillard, conservatore presso il museo dopo esser stato assistente dell’artista.
Curare, unire e ispirare
Attraverso l’accessibilità, l’innovazione, la cura e l’apertura, il museo del XXI secolo può essere un luogo di arte, di piacere, ma anche di benessere, legami e condivisione.
Alungo considerato un santuario dedicato alla contemplazione, oggi il museo si sta trasformando in uno spazio vivace, inclusivo, aperto alle emozioni e alle sfide contemporanee. Il Museé Jenisch Vevey ne offre un esempio concreto. Partecipazione e benessere. Oltre alla mediazione culturale tradizionale, il Musée Jenisch Vevey sviluppa programmi partecipativi. Ad esempio, il progetto nazionale Tandem au Musée invita i visitatori in coppia o in gruppo a scegliere un’opera, a immaginare una storia intorno a essa e poi a pubblicarla sul sito del Musée imaginaire suisse. Questo esercizio ludico favorisce la creatività, il legame sociale e l’appropriazione personale dell’arte.
Dal 2020 offriamo anche uno spazio Art&Bien-Être, una formula mensile in cui laboratori ispirati all’arte-terapia accolgono il pubblico nelle nostre sale. Animati da professionisti, questi incontri invitano i partecipanti a scegliere un’opera, a creare (pittura, collage, modellazione...) e poi a esprimere le loro sensazioni in un ambiente accogliente. L’obiettivo è rafforzare la fiducia in sé stessi, favorire l’introspezione e alleviare lo stress attraverso la pratica artistica. Il museo diventa uno spazio di salute emotiva, al servizio del benessere collettivo.
Luogo di creazione. Dal 2021, invitiamo artisti a creare opere direttamente collegate alle collezioni. Alexia Weill, ad esempio, ha ideato un’opera immersiva in realtà virtuale, che unisce disegno digitale e storia del museo, presentata durante la Notte dei musei 2023. Con questo approccio, il museo diventa un vero e proprio laboratorio di sperimentazione, dove la creazione si nutre delle collezioni e si rivolge direttamente al pubblico.
Arte in viaggio . L’irraggiamento del museo si basa su partnership con importanti istituzioni: Morgan Library a New York (Hodler), Guggenheim Bilbao (Kokoschka), Musée Marmottan Monet (stampe), Musée Angladon (Picasso)... Parallelamente, partecipiamo al Festival internazionale del disegno di Arles, ideato da Frédéric Pajak. Courbet, Morandi e molti altri protagonisti delle nostre collezioni viaggiano regolarmente, alla scoperta di nuovi pubblici. Il museo non è più un luogo immobile: vive al ritmo degli scambi internazionali e dei dialoghi che intrattiene con il mondo e che contribuiscono alla sua reputazione.
Un impatto tangibile. Il Musée Jenisch Vevey non ha solo ridefinito la sua identità museale: ha trasformato la sua frequentazione. Grazie a una programmazione diversificata, accessibile e innovativa, ha triplicato il numero dei visitatori. Le offerte pensate per gruppi specifici - scolaresche, famiglie, anziani, giovani o migranti - e spesso realizzate in collaborazione con partner sociali o educativi, raggiungono target più eterogenei. L’introduzione di formati adeguati - visite interattive, laboratori sensoriali, progetti intergenerazionali - facilita l’appropriazione delle opere da parte di un pubblico tradizionalmente lontano dall’offerta culturale. Questi dispositivi inclusivi consentono a ciascuno di entrare in contatto con l’arte secondo i propri punti di riferimento, le proprie esigenze e i propri ritmi.
Allo stesso tempo, i visitatori abituali riscoprono il museo sotto una nuova luce. Le residenze artistiche, gli incontri musicali e i formati partecipativi rinnovano la loro esperienza. L’offerta arricchita, accessibile e insieme stimolante, incoraggia una frequentazione più regolare,
Nathalie Chaix, direttrice del Musée Jenisch Vevey, fondato nel 1897 grazie alla donazione di Fanny Jenisch, vedova di un senatore di Amburgo, in segno di gratitudine per i bei soggiorni trascorsi in città.
rafforzando il rapporto tra l’istituzione e i visitatori. Queste nuove modalità di partecipazione suscitano un senso di appartenenza più forte. Il museo diventa un luogo da vivere, uno spazio di rigenerazione e connessione. Questa trasformazione ha risonanza anche a livello territoriale: le collaborazioni con associazioni locali e strutture educative radicano ulteriormente il museo nella vita della città e della regione. In questo modo, il Musée Jenisch Vevey afferma il suo ruolo di attore culturale impegnato, al servizio di tutti. Dimostra che un museo può coniugare eccellenza artistica, inclusione sociale e sperimentazione sensibile, costruendo al contempo un rapporto rinnovato, vivo e duraturo con il suo pubblico.
Istantanea del museo
Secondo museo d’arte vodese, il Musée Jenisch Vevey ospita una straordinaria collezione di opere su carta, in particolare il Gabinetto cantonale delle stampe che riunisce oltre 40mila lavori, dal Rinascimento ai giorni nostri, fra i cinque fondi di stampe svizzeri più prestigiosi. Custodisce inoltre la principale collezione al mondo di Oskar Kokoschka, nonché una collezione di oltre 11mila disegni dei maggiori artisti.
Emblema della dolce vita
Esprime l’eleganza vacanziera. Priva di portiere, con sedili in vimini e colori pastello, la piccola auto da spiaggia ha catturato l’essenza di un’epoca fatta di ottimismo e bellezza. Rappresenta ancora oggi un pezzo di storia automobilistica, un’icona da collezione che sfida il tempo e la modernità.
Mentre l’estate volge ormai al termine, il pensiero vola all’indietro, non solo di qualche mese ma di molti anni, tornando a quel tempo lontano in cui il genio automobilistico italiano fu capace di produrre non solo auto sportive
che diventò la vera icona di quel ristretto segmento, come lo si definirebbe oggi. Divertenti e facili da guidare, le Jolly ebbero un grande ma effimero successo e in breve tempo fu facile vederle in tutti i loro bellissimi colori pastello sulle strade delle riviere italiane, della Costa Azzurra
che facevano sognare il mondo ma anche piccole vetture che rappresentavano perfettamente quell’estate esistenziale, fatta di ottimismo, eleganza e gusto di vivere. Era il 1957 quando la carrozzeria Ghia (oggi marchio di proprietà dell’americana Ford) presentò la prima Fiat Jolly su base Fiat Cinquecento, alla quale seguì il modello più prestazionale su base Fiat Seicento con il suo motore quattro cilindri. Fu quest’ultima, con la sua linea vagamente ispirata alla nautica, completamente aperta e priva di portiere,
ma anche delle località ultra-chic degli Hamptons americani. Sono entrate rapidamente nei garage delle case al mare più eleganti, utilizzate indifferentemente da lui o da lei per andare in spiaggia o anche per una serata al ristorante, parcheggiate con nonchalance di fianco a costose spider o coupé. Ho lontani ma nitidi ricordi legati a una Jolly Seicento rosa, con tendalino a fiori e splendidi sedili in vimini, che si intravedeva all’ombra del giardino della villa di proprietà di un elegante gentiluomo a Bordighera, dove si narrava si
Nel 1957 la carrozzeria Ghia (oggi di proprietà dell’americana Ford) presentò la prima Fiat Jolly su base Fiat Cinquecento, alla quale seguì il modello su base Fiat Seicento (qui in foto). Fu la nascita di un mito.
fossero svolte feste leggendarie alla presenza anche di Hedy Lamarr, bellissima star di Hollywood. La stessa vettura che, nel momento in cui nessuno le voleva più, fu comprata da un famoso chirurgo lombardo, padre di un caro amico di gioventù, che ci consentiva di usarla ogni tanto la sera.
Erano automobili meccanicamente identiche a quelle di grande serie - persino volante e strumentazione erano ugualieconomiche e affidabili ma molto esclusive non solo nel prezzo, in proporzione molto elevato, ma soprattutto nell’utilizzo prettamente vacanziero, con l’idea di potersi distinguere senza eccedere e senza ostentazione. Un’idea di auto priva di senso pratico diventata simbolo del senso della vita, di quella vita, dolce ed elegante. Oggi, nell’epoca dei Suv ibridi, tutti uguali con le loro ruote enormi e i vetri scuri, a qualcuno è venuta l’idea di riproporre le “spiaggine” prodotte su base di moderne vetturette elettriche, oppure trasformando qualche vecchia Fiat Cinquecento sopravvissuta. Ma è un esercizio privo di stile e privo di senso, perché quei tempi non torneranno mai e forse è meglio, per chi se lo può permettere, cercare qualche esemplare originale che, a caro prezzo, può consentire di rivivere per un attimo quelle atmosfere irripetibili.
Marco Betocchi
Otto cilindri di pura adrenalina
I Suv sono sempre più di moda: da chi sceglie l’elettrica a chi invece resta fedele al mitico
motore V8 con oltre 500 cavalli, per una potenza sempre meglio assistita dalla tecnologia.
Audi RS Q8 Performance
La nuova Audi RS Q8, che per il 2025 si presenta con un restyling estetico ma soprattutto tecnologico, in versione Performance offre ben 640 cavalli e 850 Nm prodotti dal suo V8 mild hybrid di 4 litri, conquistando il primo posto nella classifica delle Audi termiche più potenti di sempre, davanti a R8 e RS 6 Avant. Lo scatto da ferma a 100 km/h avviene in 3,6 secondi fino a una massima di 305 km/h. Nota bene, non si tratta di una coupé sportiva bensì di un grande Suv da 2,5 tonnellate.
Strettamente imparentata con la Lamborghini Urus e la Porsche Cayenne, rispetto alle quali ha il vantaggio di essere una vettura apparentemente “normale”, è ideale per chi non vuol dare nell’occhio ma senza rinunciare alla potenza. Rispetto a prima, la griglia anteriore a
nido d’ape è più grande e la stessa sorte è toccata alle prese d’aria laterali. La firma luminosa dei fari a Led anteriori e posteriori è stata ridisegnata, mentre dietro è nuovo il paraurti che ora ingloba al centro un inserto verticale catarifrangente di ispirazione racing. Non mancano le appendici aerodinamiche che fanno capire che si tratta di una Rs; le calotte degli specchietti sono a contrasto con il colore della carrozzeria e lo stesso vale per lo splitter anteriore, lo spoiler e l’estrattore posteriori che, a seconda della versione scelta, hanno una finitura diversa, neri sulla Rs Q8 standard, grigio opaco, carbonio o nero sulla Performance. Infine, i cerchi con due nuovi design dedicati di 23” che rispetto ai 22”, favoriscono il raffreddamento dei freni, mentre la costruzione attraverso forgiatura e fresatura
permette di risparmiare 5 kg a cerchio, disponibili nei colori nero brunito, grigio opaco e nero opaco.
Dentro, pochissime le differenze, l’impostazione dell’abitacolo uguale ma con un nuovo pacchetto design Rs in configurazione blu, in aggiunta ai già presenti in grigio e rosso. Questi pacchetti permettono di personalizzare l’abitacolo nei colori, con cuciture a contrasto su corona del volante, selettore del cambio, tunnel centrale, tappetini e cinture di sicurezza. La pelle si alterna quasi ovunque alla microfibra, dinamica, simile visivamente e al tatto alla pelle scamosciata ma realizzata con materiali riciclati.
Di serie ha la strumentazione digitale da 12,3’’ Audi virtual cockpit plus con risoluzione Full Hd, che rispetto alla Q8 standard ha indicatori specifici con focus sull’erogazione di potenza e coppia, pressione di sovralimentazione e sui valori di accelerazione laterale e tempo sul giro. Con il cambio in modalità manuale, un indicatore suggerisce il cambio marcia attraverso una scala progressiva che va dal verde al rosso passando per il giallo e non manca la funzione di Launch control. In listino a partire da 180.600.- franchi per la versione Performance del nostro Testdrive.
Audi RS Q8 Performance
Mercedes G 63 AMG
Anche la Mercedes G si presenta con un aggiornamento estetico e tecnologico, come per le versioni più ‘tranquille’. Il nuovo piccolo spoiler sopra il parabrezza, il listello scuro che ricopre il montante anteriore e la forma dei paraurti anteriori e posteriori, ora un po’ più stondati ai bordi, contraddistinguono la super sportiva G 63 Amg. Tutti questi accorgimenti per ridurre le turbolenze inevitabili quando un’auto così grossa e squadrata viaggia a velocità medio-alte, aumentando rumorosità e consumi. Specifici della Amg, poi, i due grossi terminali di scarico ovali che sbucano sotto le portiere posteriori e la mascherina, con listelli verticali anziché orizzontali.
La novità tecnica più importante è sotto il suo massiccio cofano con 4.0 V8 biturbo da 585 cavalli, ora coadiuvato da un motore elettrico che ne fornisce altri 20 e rende l’auto ibrida leggera. Secondo la casa, in media, riduce i consumi del 10%. Varie le modalità di guida tra efficiente, fuoristrada e sport, che fortunatamente mantiene il boato tipico del V8 nonostante leggi sempre più restrittive. Il motore elettrico inoltre rende più bril
lante l’accelerazione, ora di 4,4 anziché 4,6 secondi per bruciare lo 0-100 km/h. Decimo più decimo meno, è certo che il cambio automatico a nove rapporti, dotato di riduttore per la guida in off-road più impegnativa, oltre che dolce, è assai rapido. E che a ogni affondo sul pedale dell’acceleratore corrispondono delle bordate poderose, scaricate a terra in tutta sicurezza grazie alla trazione 4x4 e a un impianto frenante più che adeguato, per fermare un’auto che pesa 2.480 kg a vuoto. In listino da Chf 234.900.- per la versione V8, mentre la variante elettrica è proposta da Chf 162.900.-
Landrover Defender 130
Dopo decenni di onorato servizio, Land Rover ha sostituito qualche anno fa la leggendaria Defender con una nuova generazione, una vera rivoluzione per il modello,
soprattutto con il V8 da oltre 500 cavalli. Esiste in tre versioni molto differenti per dimensioni, la 90, la 110 e la 130 del nostro Testdrive, tutte proposte con nuovo schermo dell’infotainment da 13,1 pollici, con le immagini del ClearSight Ground View, sistema di telecamere che permette di vedere il terreno di fronte, come se non ci fosse il cofano a ostacolare la vista. Le finiture sono di pregio ed è possibile una grande quantità di personalizzazioni. Tra gli optional debutta il tempomat adattivo per l’off-road, il quale lascia all’auto la regolazione della velocità in base al tipo di terreno e permette al guidatore di concentrarsi soltanto sullo sterzo. Le versioni più potenti montano un V8 benzina 4.0 litri mild hybrid tra 500 e 635 cavalli mentre, il diesel mild hybrid 6 cilindri 3.0 litri offre 200, 250 o 300 cavalli della nostra testcar, a seconda della versione scelta. I diesel hanno un consumo medio sui 8,8 litri che con il V8 diventano un 14.8 litri che il fantastico rombo fa dimenticare velocemente. In listino da Chf 124.000.per la versione Diesel 300 cavalli e da 139.800.- per la V8 benzina da 425 cavalli.
Claus Winterhalter
Landrover Defender 130
Mercedes G 63 AMG
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