Ticino Management: Giugno/Luglio 2025

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La geopolitica è il mare Il dominio dei cantieri

IMMOBILIARE

Investimenti costruttivi, sinergie di sviluppo

TERRITORIO

Esperienze di qualità: una Regione per tutto l’anno

COLLEZIONI

007, i segreti svizzeri

dell’iconico James Bond

AZIENDE

Articolare l’innovazione puntando al benessere

EUREKA

Intelligenze alleate per un marketing sartoriale

OROLOGIERO

La raffinata rivincita del tempo analogico

Fare impresa richiede nervi saldi

Per un’imprenditioria forte

Società Editrice

Eidos Swiss Media Sagl Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano

Tel. 091 735 70 00 info@eidosmedia.ch www.eidosmedia.ch

Sede della Redazione Via Lavizzari 4 6900 Lugano

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Responsabile editoriale

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Redazione

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Giulio De Biase · gdebiase@eidosmedia.ch

Mirta Francesconi · mfrancesconi@eidosmedia.ch

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Emanuele Pizzatti epizzatti@eidosmedia.ch

Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch

Eleonora Valli · evalli@eidosmedia.ch

Hanno collaborato a questo numero Ettore Accenti, Florian Anderhub, Marco Ancora, Alessandro Beggio, Marco Betocchi, Ignazio Bonoli, Cristina Fussi, Simona Galli, Jana Ghezzi, Stefano Guidotti, Claudio Moschin, David Mülchi, Frank Pagano, Stelio Pesciallo, Martino Piccioli, Francesca Prospero Cerza, Rocco Rigozzi, Marco Robbiani, Mirjam Stauffer Progetto e coordinamento grafico Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch

Coordinamento Produzione

Roberto Musitano · rmusitano@eidosmedia.ch

Pubblicità

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Chiusura redazionale: 12 giugno 2025

ELEGANCE & STYLE

Montblanc

Stilografica

Master of Art

Armi di distrazione di massa

il caos lasciato da un triennio di emergenza pandemica sta lentamente degenerando. In origine l’effetto era stato ‘confinato’ a livello di finanza pubblica, con i debiti dei Governi di tutte le economie avanzate, e non solo, che hanno iniziato la loro corsa. Poi sono arrivati i problemi, quelli più grossi, geopolitici. Il Covid ci ha messo del suo, gli squilibri delle locomotive dell’economia mondiale hanno fatto il resto.

Sono iniziate a cadere le stelle, oltre che molte certezze. Il debito francese è sempre più vicino a quello spagnolo o italiano, a dipendenza dei punti di vista, quello americano è scaduto per merito, la sterlina è spettro di sé stessa, e anche la fortezza giapponese traballa. La Cina non tira più come una volta, la Germania ha abbandonato il granitico ‘Schuldenbremse’, primo atto del nuovo cancelliere, dopo un lustro di sede vacante. E gli Stati Uniti hanno abdicato quasi completamente alla loro egemonia, soprattutto ‘culturale’.

Le tensioni specie economiche, vestite di un nobilitante abito geopolitico, sono sfociate in una serie di conflitti, alcuni caldi e molti freddi. Ci si è iniziati a raccontare favole, prospettando scenari da fine del mondo, mentre il pantano ucraino rimane una di queste nuove certezze, Gaza si conferma una vergogna ben lungi dall’essere risolta, Suez rimane chiuso, e ora si riaprono le danze all’insegna di un nuovo scontro.

Curiosamente si è smesso di parlare di quelli che sono i veri problemi, forse nella pia speranza che ignorandoli possano risolversi da sé. I conti non tornano, in primis quelli pubblici nei Paesi occidentali, e trovare sempre nuove scuse, alcune vere altre false, per continuare ad allargare il buco è una ‘non soluzione’, ma comoda un po’ per tutti.

Il grande protagonista di questi anni è però il mare, la geopolitica è il mare, così come il commercio, dunque l’economia. Dominarlo è tutto, ma farlo è estremamente complesso, e costoso. Forse è anche per questo che non se ne parla affatto, e non si spara un colpo? Altro problema taciuto, altra pia speranza che si risolva da sé?

Homage to Pierre-Auguste Renoir

Limited Edition 8

Il dominio dei cantieri

È su acqua che viaggia il 90% del commercio mondiale, ed è il mare il vero cuore degli equilibri geopolitici degli ultimi anni, e sicuramente dei prossimi decenni. Ma come dominarlo, senza una capacità cantieristica degna di questo nome?

Opinioni

12 Ettore Accenti. I dati dimostrano oggettivamente le velleità delle rinnovabili.

14 Marco Robbiani. Stretta rossocrociata sul greenwashing, a garanzia di una concorrenza sana e leale.

16 Ignazio Bonoli. Svizzera verso la deflazione? Per ora soltanto un’ipotesi, ma attenzione agli scenari globali.

18 Stelio Pesciallo. Le ripercussioni a catena dell’abolizione del valore locativo su proprietari, economia e Stato.

20 Martino Piccioli. Le aziende di famiglia, tra riconoscimento istituzionale, sfide fiscali e visione per il futuro.

22 Mirjam Stauffer. Non solo risposta terapeutica, la fisioterapia è cruciale per contenere i costi della sanità.

24 Davide Falteri (in foto). Cosa serve all’Italia per concretizzare la sua vocazione a ponte energetico nel Mediterraneo?

Economia

40 Testimonianza. Complici i venti di guerra, è stata un’edizione da record per la fiera della difesa Feindef.

50 Professioni. Il valore aggiunto del poco noto ’saggiatore giurato’.

51 Immobiliare. Ripresa degli investimenti nel commerciale europeo.

56 Immobiliare. Quando iniziativa privata e pubblica si incontrano.

Da sinistra, Marco Cavadini, Equity Analyst di Rothschild&Co; Vincenzo Romeo, Ceo di Nova Marine Carriers; Stefano Messina, Presidente di Assarmatori Italia; e Clément Chamboulive, Co-Portfolio Manager i Robeco.

Osservatorio

85 Sfama. Le nuove dall’industria dei fondi svizzera.

86 Strategie. La terza via degli investimenti quantitativi.

88 Scenari. I rischi della riforma fiscale statunitense.

90 Normative. Quanto più brillerebbe l’oro, se fra gli High Quality Liquid Assets?

92 Obbligazionario. L’attuale scenario impone cautela anche nell’esposizione al reddito fisso.

93 Obbligazionario. Fra le strategie più promettenti il credito crossover, sweet spot del credito globale.

96 Scenari (in foto, Raffaele Fink). Tecnologia, potere e interdipendenza guidano la competizione fra Cina e Usa, che per entrambi è bene non degeneri in scontro aperto.

96 Mercato monetario. L’indipendenza della Fed è destinata a ridimensionarsi, come accaduto per la BoJ.

Eureka

60 L’imprenditore . L’antica arte casearia, dall’Emmental al Ticino.

62 Start up. Un approccio data-driven per rendere più efficace e sostenibile la gestione della salute mentale.

64 Innovazione. Capitale e competenze non bastano, senza l’incontro fra visioni complementari.

66 Innovazione. Il retreat come catalizzatore di coesione e crescita.

67 Innovazione. Dalla Grecia si delineano opportunità Tech da non snobbare per il Venture Capital.

68 Digitale. Blockchain, l’ora di passare dalla speculazione all’adozione.

72 Marketing. Smarcarsi da destinazione turistica regionale grazie a una strategia orientata a valorizzazione del territorio e innovazione.

76 Digitale Miriadi di strumenti, ma senza una regia trasversale ai team, le aziende ne mancano il potenziale.

Innovazione ortopedica p. 46

Tecniche mininvasive e soluzioni personalizzate l’hanno proiettata fra le aziende leader del settore. A ispirarne l’innovazione sostenibile, la centralità attribuita al benessere del paziente. A lato, Francesco Siccardi, Ceo di Medacta.

Tornano a crescere in Svizzera gli investimenti in costruzioni, trainati dalle ristrutturazioni che scarsità di terreni, abbondanza di norme e un parco immobiliare attempato rendono interessanti. A lato, Nicola Bagnovini, Direttore Ssic-Ti.

Diritto societario p. 43

Quali responsabilità e obblighi del CdA nella gestione delle crisi di liquidità? A confronto, Svizzera e Italia. A lato, l’Avv. Cristina Fussi, partner di De Berti Jacchia e co-presidente Insolvency della International Bar Association.

Finanza

80 Scenari. Nonostante la politica di allentamento della Bce, prospettive positive per il bancario europeo.

82 Previdenza. Versatilità e sicurezza spingono la rendita vitalizia.

91 Strategie. È il momento dell’Europa, è il momento del reddito.

94 Settori. Sarà il discusso nucleare a soddisfare la crescente sete d’energia?

Haute Horlogerie p. 98

In un mondo sovraesposto, l’orologeria di nicchia parla a chi sa riconoscere la qualità, lontano dal clamore e dalle mode, con il fascino di un sapere analogico in grado di durare nel tempo che misura. A lato, Guido Terreni, Ceo di Parmigiani Fleurier.

Il futuro del marketing p. 70

La vera questione non è se l’intelligenza artificiale cambierà il marketing, bensì come tradurre l’innovazione portata dalla tecnolgia in valore strategico e crescita dei brand. A lato, Marco Ancora, Direttore Generale di Swiss Marketing.

Passione due ruote p. 106

Con bici e motociclette, libertà e modernità hanno fatto irruzione nelle strade, rivoluzionando mobilità e costumi. Una corsa che tuttora prosegue e che il m.a.x. museo di Chiasso ripercorre con una mostra fra grafica e design. A lato, un manifesto disegnato da Plinio Codognato.

Cultura&Lifestyle

102 Icone. Una straordinaria collezione di migliaia di pezzi dedicata al più celebre degli agenti segreti, a un secolo dalla sua nascita. Fra gli aneddoti, anche tanta Svizzera. 106 Mostre. Pennello n. 50 a intervalli di 30 cm: la pittura lascia la sua impronta. Mano e metodo sono quelli di Niele Torni, 60 anni di carriera.

110 Auto. Il successo planetario della Porsche 356, che ha reinventato l’auto sportiva in pieno dopoguerra.

Rubriche

10 Appuntamenti

112 Motori

Il mattone si rinnova p. 52

Cover story

L’Europa e il mare: una lunga storia e molta tradizione. Ma come sta evolvendo il settore?

Eureka

La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.

Cultura

I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.

GÜBELIN - BVLGARI

Bvlgari Octo Finissimo Skeleton 8 Days – Gübelin Special Edition

In edizione speciale, reinterpreta una delle creazioni più emblematiche di Bvlgari con accenti blu sorprendenti sviluppati esclusivamente per Gübelin. Dotato di un'eccezionale riserva di carica di 8 giorni (192 ore), ha la cassa in titanio ottagonale di 40 mm, impreziosita da una corona con inserto in ceramica nera, abbinata a un bracciale in titanio coordinato. Il fondello aperto, con l'incisione Gübelin Special Edition, sottolinea la rarità e il valore collezionistico di questo orologio esclusivo, disponibile solo presso Gübelin.

Opinionisti

Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.

Finanza

Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.

Eventi

La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.

Economia

Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.

Osservatorio

La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.

Speciali

La sezione dedicata a tutti gli Speciali degli ultimi mesi.

La perfetta guida dell’internauta. Un vivace dialogo è iniziato, da un lato Ticino Management cartaceo dall’altro suo fratello minore digitale, l’obiettivo? Che siano sempre più connessi. Tra l’uscita di un’edizione e la successiva tutti gli articoli del cartaceo saranno pubblicati a cadenza regolare, insieme a contenuti studiati appositamente per essere nativamente digitali.

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Parigi

David Hockney 25

Fra gli artisti prediletti da Monsieur Bernard Arnault, David Hockney è stato invitato a prendere possesso della Fondation Louis Vuitton, a Parigi. Un artista che non si è seduto sugli allori di una straordinaria carriera e dopo sette decenni continua a reinventarsi. Ha dunque colto con grande entusiasmo l’invito, partecipando all’allestimento di ogni dettaglio delle 11 sale, per un totale di oltre 400 opere che ne fanno la sua maggior mostra di sempre. Concepita come un viaggio attraverso i suoi paesaggi e ritratti, porta il visitatore dalla prima rappresentazione del padre alle opere più recenti, tra cui un autoritratto realizzato nel suo studio londinese, qui esposto per la prima volta. Sempre più, dal suo rientro da Los Angeles, negli ultimi 25 anni trascorsi principalmente nello Yorkshire, in Normandia e a Londra, protagonista è la natura.

La sua curiosità, unita all’eccezionale abilità nello sfruttare il potenziale tecniche, spazia dalla pittura a olio al disegno su iPad, sempre trovando le soluzioni più appropriate per trascrivere il mondo che osserva. Grazie alla capacità unica di meravigliarsi delle cose più semplici, Hockney diventa un vettore di felicità ed

è infatti una pura gioia una gioia ritrovare un così vasto spaccato sulla sua opera, che conquista con l’universalità senza tempo dei suoi soggetti, la vivacità dei colori, lo stile limpido e la chiarezza compositiva.

Fondation Louis Vuitton Fino al 31 agosto 2025

Nell’iconico A Bigger Splash dl David Hockney (1967, acrilico su tela, 242,5 x 243,9 x 3 cm), un inspiegabile spruzzo d’acqua rompe la quiete geometrica di una piscina californiana.

Roma

Roma Codex. Fotografie di Albert Watson

Sfidando le rappresentazioni convenzionali della Città eterna, Albert Watson delinea un racconto antropologico contemporaneo della sua essenza più autentica. Per oltre due anni il grande fotografo newyorkese, fra i più influenti e riconoscibili degli ultimi 50 anni, ha percorso Roma senza un itinerario prestabilito. Guidato dal ritmo della città e catturando l’energia dei suoi volti, delle sue architetture e dei suoi movimenti, ne ha rintracciato lo spirito più autentico per un’esplorazione fotografica della dialettica tra grandeur storica e vitalità quotidiana. Ne è nato è un atlante stratificato dello spirito effervescente e pulsante di Roma, un luogo in continua evoluzione sin dai tempi più remoti, crocevia di culture e mondi diversi.

La mostra presenta 200 fotografie in bianco e nero e a colori, spesso di grande formato, disposte secondo una logica non tematica, per riflettere una fruizione libera e contemporanea, in un gioco di rimandi tra le architetture della città e coloro che la abitano e la definiscono. Senza gerarchie: un ritratto, un paesaggio, un interno, un volto anonimo o una celebrità convivono con la stessa intensità narrativa.

Nel suo complesso Roma Codex offre una bussola visiva, al tempo stesso spontanea e meticolosa, per decifrare una città ricca di contrasti. Uno sguardo fotografico potente e intuitivo sulla città di Roma, esplorata ben oltre i suoi stereotipi visivi. Palazzo Esposizioni Roma Fino al 3 agosto 2025

Uno degli scatti con cui il grande Albert Watson ha catturato lo spirito autentico della Città eterna, Giovanni Placidi, Ostia, Roma, 2024.

© David Hockney Tate, U.K.
© Albert Watson

Associate a titoli suggetivi, le opere di Suzanne Duchamp, continuano a intrigare, come Usine de mes pensées, 1920, tempera, inchiostro e acquerello su carta, 45 x 55 cm. Courtesy Galerie Natalie Seroussi.

Zurigo

Suzanne Duchamp

Nonostante appartenga a una delle famiglie di artisti più famose, l’opera di Suzanne Duchamp (1889, Blainville-Crevon - 1963, Neuilly-sur-Seine) è rimasta finora largamente sconosciuta al grande pubblico. Sorella di Marcel Duchamp, Raymond Duchamp-Villon e Jacques Villon, intratteneva con loro un intenso scambio di idee e nel 1919 sposò l’artista svizzero Jean Crotti. Con il suo linguaggio visivo sottile, estetico e pieno di umorismo, incarna una combinazione straordinaria nel movimento dadaista. Le sue opere associano pittura e poesia in un approccio sperimentale che gioca con diversi supporti e materiali. La componente figurativa, mai assente nemmeno nelle iniziali opere più votate all’astrazione e già caratterizzate dai titoli enigmatici, emerge definitivamente dal 1922, quando per ragioni poco chiare, rompe con il dadaismo, proseguendo comunque le sue sperimentazioni sui pigmenti, con opere venate di ironia, in cui il disegno assume importanza strutturale.

La mostra si inserisce nella lunga tradizione delle presentazioni sul Dada organizzate al Kunsthaus Zürich dal 1966. Con circa 50 dipinti, 20 opere su carta, rari documenti d’archivio e fotografie d’epoca, offre una panoramica completa, inclusi molti lavori riscoperti solo dopo intense ricerche, restituendo a Suzanne Duchamp il posto di primo piano che merita e dando un importante contributo alla ricerca su questa artista.

Kunsthaus Zürich

Fino al 7 settembre 2025

Accanto, Mr. Savethewall, Elogio dei paradigmi effimeri Marcel Duchamp, 2025, acrilico spray e stencil su tela, 70×50 cm.

Lugano

Mr. Savethewall

Elogia MMXXV

Dirigente di Confartigianato, appassionato d’arte dall’infanzia, Pierpaolo Perretta (Como, 1972) ha intrapreso un percorso ispirato alla Street Art internazionale. Savethewall, lo pseudonimo con cui è divenuto celebre, riprende la scritta del nastro adesivo personalizzato con cui ha iniziato a fissare sui muri della città i

cartoni su cui realizza i suoi interventi, spinto dal suo senso civico a non danneggiare le proprietà altrui.

Il progetto Elogia MMXXV è un’evoluzione della ricerca avviata negli anni precedenti, quando ha cominciato ad esempio a introdurre personaggi famosi sotto forma di silhouette nere, riflettendo sui temi a lui familiari della riconoscibilità e della popolarità. Questa volta, prendendo parte a un progetto di ricerca del Musec di Lugano nell’ambito del ciclo “Global Aesthetics”, ha condotto un’attenta riflessione sul valore della celebre galleria di ritratti raccolta nella sua villa sul lago di Como dall’umanista Paolo Giovio, autore degli Elogi di uomini illustri (1546-51), cui fa riferimento appunto il titolo dell’iniziativa. Nel 2025 Pierpaolo Perretta ne ricrea una sua personale versione che omaggia artisti per lui particolarmente significativi, quali Alighiero Boetti, Modigliani, Fontana, Frida Kahlo, Niki de Saint-Phalle. L’aggiunta di elementi iconici della loro opera alle sagome nere ne attesta l’identità e, al contempo, evoca altri significati possibili. Ciascuna delle 38 opere, cui si aggiunge in chiusura un autoritratto, è accompagnata da un “elogio”, un breve testo poetico che ne indirizza la lettura, frutto di una conversazione critica tra l’artista e Francesco Paolo Campione, direttore del Musec. Musec – Museo delle Culture Fino al 18 ottobre

© 2025 Galleria Deodato Arteli
© Suzanne Duchamp / 2025, ProLitteris, Zurich

opinioni / l’esperto di tecnologia

Energie e misteri

Continuano a dominare fandonie e chiacchiericcio su come si dovrebbero risolvere i problemi della contemporaneità. Pie illusioni, ignoranza o grandi/piccoli interessi di parte?

Confronto situazione energia nel mondo tra 2019 e 2024

Tipo energia 2019

Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK

A confronto l’andamento globale del consumo di energia nel mondo (energia primaria) tra 2019 e 2024 e come si configura il contributo globale dell’energia solare ed eolica. Per il 2024 solare ed eolico insieme rappresentano il 2,5% del totale, mentre nel 2014 rappresentavano l’1,3%. Un grande salto in valori assoluti (raddoppio), ma rappresenta una frazione modesta anche solo dell’incremento del consumo.

Fonte: Bp 2024

Nonostante la sua importanza universale per la civiltà umana, pare incredibile come la questione “Energia” sia poco capita e, anche peggio, venga bistrattata.

Se l’Homo Sapiens oggi domina saldamente il pianeta Terra con i suoi otto miliardi di individui, e con la vita media più lunga di qualsiasi altro mammifero, lo si deve soprattutto all’energia.

Quando 100mila anni fa un umano progenitore acquisì la capacità di gestire il fuoco, accendendolo a piacimento in qualche caverna impossessandosi del calore, che è energia pura, è iniziato a crescere cuocendo cibo e sfruttando il fuoco per tenere lontane le belve dalla sua primordiale dimora una volta scesi dagli alberi.

Ci sono volute decine di migliaia di anni perché si capisse appieno come sfruttare l’energia animale per muoversi rapidamente e l’energia dello scorrere dei ruscelli e del vento perché i mulini potessero macinare il frumento.

Le conoscenze tecnologiche acquisite nell’ultimo millennio grazie alla scienza

hanno offerto all’umanità un progresso esponenziale portando allo sfruttamento dell’energia, per soddisfare crescenti e infiniti bisogni, ricavandola da elementi naturali come carbone, petrolio e gas per il riscaldamento, per i mezzi di trasporto,

«La razza umana è stata così abile e ingorda che, solo recentemente, ci si è arrivati a porre due domande esiziali: cosa fare quando la fonte di energia principe dei miracoli degli ultimi secoli, ossia il fossile, finirà e - non trascurabilecome ridurne l’impatto sull’ambiente»

il calore e quell’elettricità che gli antenati conoscevano solo come fulmini dominati abilmente dalle varie divinità.

Ora, in poco più di un secolo, si è cresciuti dallo sparuto miliardo di uomini

agli attuali 8 miliardi: indiscutibilmente un gran progresso che ci fa onore e pone l’umanità al vertice delle specie viventi. Premesso questo, solo da qualche decennio ci si è resi conto che tale incredibile crescita è dovuta allo sfruttamento di quell’energia che generosamente il Sole aveva sotterrato nell’arco di centinaia di milioni di anni sotto forma fossile.

La razza umana è stata così abile e ingorda che, solo recentemente, ci si è arrivati a porre due domande esiziali: cosa fare quando quella fonte di energia finirà e come ridurne l’impatto sull’ambiente.

Si può rispondere alla prima domanda cercandone affannosamente altre fonti, alla seconda dividendosi tra chi vorrebbe che venissero semplicemente ridotti i consumi e chi invece producendone alternative chiamate rinnovabili.

Inutile dire che, come sempre, si vorrebbe sapere e ottenere tutto, ma che è possibile ottenerlo solo se infarcito di infinite chiacchiere, e purtroppo molto spesso anche dal prevalere di interessi ‘particulari’ e di breve termine.

Uno specchio delle energie disponibili all’umanità misurate in energia elettrica (kWh, GWh e TWh) per ogni kg. Notare come un solo kg di massa trasformato interamente in energia secondo la legge di Einstein produce 25 TWh. Il consumo di energia elettrica in Italia di un anno pari a circa 300 TWh verrebbe soddisfatto trasformando 12 kg di massa in energia, ma si è ancora molto lontani dall’ottenerlo con la migliore tecnologia attualmente disponibile, ma forse i pronipoti ne godranno il prossimo secolo.

Come esperto di tecnologia e dei numeri che la descrivono ho preso in esame per confrontarli l’anno 2019, ossia prima della pandemia, e il 2024. Una prima elementare evidenza, i dati svelano che tra il pre e il post il consumo di energia nel mondo è aumentato di 12.376 terawattora, mentre la produzione di solare, eolico compreso, è aumentata di 2.368.

In pratica, con gli immensi investimenti effettuati da molti Paesi, l’incremento cospicuo di quelle nuove energie non ha coperto nemmeno l’incremento del consumo e rappresentano oggi uno striminzito 2,5% dell’energia che nel mondo viene consumata ogni giorno (a patto che vi sia il sole e dunque non piova o sia troppo nuvolo, o che vi sia vento).

In breve, l’incremento del consumo di fossile batte largamente la speranza di vittoria delle tanto declamate energie rinnovabili e, quel che è peggio, anche solo l’idea di sostituire nel lontano futuro una parte sostanziosa di fossile con energie rinnovabili.

Questo non significa certo che le ‘rinnovabili’ siano un male, tutt’altro, ma i numeri sono inesorabili e spietati nella loro apparente semplicità; sperare di programmare un futuro sulla base delle ideologie è solo mortale.

Una considerazione di fondo su quanto detto va certamente fatta a questo punto e riguarda il modo profondo di come gli umani sono fatti e dunque operare di conseguenza. La natura ha voluto che l’istinto di tutti gli esseri viventi sia quello di sopravvivere, lottare per questo e sempre migliorare la propria esistenza. L’uomo non sfugge a questa ‘trappola’ che a livello di nazioni si trasforma nel pianificare, sempre ovunque e con qualsiasi tipo di

Governo in carica, la ricerca dell’aumento del Pil che è proporzionale al consumo di energia collettivo e individuale.

Mai si è sentito o pronunciato, oralmente o per iscritto, un solo Governo democratico o meno, di un Paese ricco o povero, in un’epoca antica, moderna o contemporanea, programmare per il proprio popolo la scelta di stringere volontariamente la cinghia. È alquanto probabile che se ciò accadesse in un Paese democratico, quel Governo cadrebbe subito e in altri un po’ meno democratici verrebbe in qualche modo fatto cadere in breve tempo.

«Confrontando i dati del consumo energetico nel 2019 e nel 2024 si nota che la domanda è aumentata di 12.376 Terawattora, mentre il costoso contributo di solare ed eolico di 2.368, fallendo l’obiettivo di compensarne il solo aumento. Oggi garantiscono il 2,5% del consumo giornaliero mondiale»

Tutto questo, accompagnato da lunghe perifrasi, per dire cosa, in buona sostanza? Piuttosto semplice: come sempre sarà la natura a porre un freno, facendo scoprire qualche soluzione oggi impensabile o

costringendo con una bella sculacciata a seguire qualche più accettabile direzione.

Nel frattempo, sempre la natura, lascia l’umana gente al suo chiacchiericcio quotidiano, all’attuazione di azioni a breve termine, sempre spinte dagli interessi di chi ha il potere di imporle e, con estrema lentezza, forse di milioni di anni, modificando i suoi parametri. Saremo obbligati ad adattarci come abbiamo fatto da quando siamo scesi dagli alberi in Africa qualche centinaio di migliaia di anni fa.

A complemento qualche ulteriore basilare evidenza, per chiarire i valori numerici dell’energia che ci circonda e tutto (oltre che tutti) muove. Ne dovrebbe derivare qualche monito, o modesto suggerimento, poi come sempre accade intellegenti pauca...

Un paio di esempi: 3 kg di benzina contengono l’equivalente dell’energia della batteria di un’auto elettrica, ma da 500 kg. O ancora, un solo chilo di trizio e deuterio, celebri (almeno in alcuni ambienti) isotopi dell’idrogeno, contengono a spanne 180 gigawattora di energia elettrica. Dunque, se l’aritmetica non è un’opinione, con circa 3 tonnellate di massa trasfromata in energia si produrrebbe l’equivalente dell’energia elettrica consumata in Italia nell’arco di un anno... la strada è però ancora lunga e accidendata. Iter, l’unico progetto serio, si sta fermando per i contrasti interni tra le nazioni partecipanti e gli ingenti costi.

Più chiarezza sul “verde”

Da inizio anno, chi si definisce “green” in Svizzera deve poterlo comprovare, a tutela dei consumatori, della trasparenza e della concorrenza leale fra aziende.

La Legge federale contro la concorrenza sleale (Lcsi) ha - dalla sua nascita - il nobile intento di proteggere la concorrenza leale e, di conseguenza, anche la buona fede nei rapporti commerciali, nonché le pratiche commerciali leali.

Ora, negli ultimi anni, quell’impianto normativo ha intrapreso un percorso concreto per rafforzare e adattare alle evoluzioni dei tempi odierni gli strumenti di contrasto alla concorrenza sleale. Dopo l’entrata in vigore, dal primo dicembre 2022, della modifica all’articolo 8a della Lcsi, che ha vietato le clausole di imposizione dei prezzi nei contratti tra le piattaforme di prenotazione online e le aziende alberghiere, il focus si è spostato su un fenomeno di grande attualità e spesso insidioso: il greenwashing.

Nella primavera 2023 è quindi stata proposta e poi approvata una nuova modifica alla Lcsi per arginare le pratiche ingannevoli legate alla sostenibilità ambientale. La disposizione è entrata in vigore all’inizio di quest’anno e rappresenta una svolta significativa per la tutela dei consumatori e la regolazione del mercato “green”.

Dal primo gennaio 2025 è pertanto considerato sleale (quindi illegale) rilasciare dichiarazioni false o non comprovate sull’impatto climatico di prodotti o servizi. Le aziende devono corroborare tutte le dichiarazioni ambientali con dati oggettivi e verificabili. Ciò non riguarda soltanto le grandi imprese, già soggette all’obbligo di pubblicare i rapporti sulla sostenibilità, ma anche le dichiarazioni pubblicitarie e le singole affermazioni volontarie.

Il greenwashing, come noto, si riferisce a dichiarazioni di carattere ambientale

ingannevoli utilizzate dagli attori sul mercato per apparire più sostenibili di quanto lo siano realmente. Dall’oggetto biodegradabile che non lo è, all’indicazione “carbon neutral” priva di basi scientifiche, queste strategie di marketing creano un vantaggio sleale rispetto a chi investe realmente in processi sostenibili, distorcendo la concorrenza e tradendo la fiducia del consumatore, oggi sempre più attento all’impatto ambientale delle proprie scelte.

La nuova disposizione della Legge federale contro la concorrenza sleale impone l’obbligo di fornire prove verificabili, oggettive e scientificamente fondate per ogni dichiarazione riferita alle ripercussioni sull’ecosistema. In assenza di tali elementi, quell’agire è considerato ingannevole e costituisce concorrenza sleale.

Si tratta di un chiaro cambio di paradigma: non sarà più un terzo a dover dimostrare che l’azienda non agisce in modo trasparente e corretto, ma sarà quest’ultima a dover giustificare - ab initio - ogni attestazione di carattere ecologico.

Per le imprese, si apre una nuova fase di regolamentazione. Chi desidera promuovere prodotti o servizi come sostenibili dovrà dotarsi di dati certi, studi seri e certificati, rispettivamente trasparenza documentale. Le espressioni vaghe come “eco-friendly”, “a basso impatto” o “rispettoso dell’ambiente” non saranno più accettabili se non comprovate attraverso dati oggettivi e verificabili. La nuova normativa impone rigore e coerenza da una parte, ma offre - dall’altra - anche l’opportunità di effettivamente distinguersi per chi investe seriamente nella sostenibilità. Da qui l’incentivo per una concorrenza che deve agire in modo corretto, quindi leale.

Marco Robbiani, avvocato e notaio, studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.

Per tutti gli attori, consumatori inclusi, questa modifica rappresenta pertanto una tutela concreta. In un mercato in cui la sostenibilità è spesso solo apparente, disporre garanzie legali (quindi anche azionabili in giudizio) sulla veridicità delle dichiarazioni ambientali consente di fare scelte idealmente più consapevoli e responsabili, tagliando i ponti con strategie pubblicitarie scorrette e manipolatorie. Come già avvenuto con l’abolizione delle clausole di parità tariffaria per gli hotel, anche questo recente intervento normativo si inserisce nella strategia del nostro legislatore volta a garantire condizioni di concorrenza realmente eque tra operatori economici. Se la prima misura ha corretto uno squilibrio nei rapporti contrattuali tra imprese e piattaforme digitali, l’estensione della Legge federale contro la concorrenza sleale alla comunicazione ambientale mira ora a evitare distorsioni derivanti da pratiche di greenwashing.

Si interviene dunque non per regolamentare il mercato in senso restrittivo, ma per garantirne l’effettiva apertura e correttezza.

In un sistema liberale, la libertà d’impresa deve poggiare su regole condivise e su un’informazione commerciale veritiera e trasparente. Chi si definisce “green”, oggi, deve dunque poterlo dimostrare, non solo per compiacere il consumatore, ma soprattutto per rispettare tutti gli attori del mercato e favorire quindi il consolidarsi di una concorrenza efficace, sana e leale.

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Inflazione: vicini a zero

In Svizzera si rileva e si prevede un’inflazione sempre più debole e c’è chi teme un’ulteriore svolta, verso la deflazione. L’economia per il momento continua a tenere.

Per la prima volta dal 2001 il tasso d’inflazione nel mese di maggio è sceso in Svizzera dello 0,1% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta di poca cosa, tanto più che su base annua il rincaro è previsto al livello dello 0,4% e alcuni prezzi continuano a salire. Del resto il consumatore medio, che si basa su quello definito “carrello della spesa” non vede nessuna diminuzione dei prezzi generalizzata, ma piuttosto un aumento.

Molto è dovuto al metodo utilizzato per valutare il rincaro mensile e annuale. Di questi tempi l’andamento generale è molto influenzato dai prezzi del petrolio e da quello del franco svizzero. Il primo è diminuito nel corso dell’anno considerato del 9,6%, mentre il tasso di cambio ha fatto diminuire i prezzi all’importazione del 2,4%. I prezzi interni sono invece aumentati in media del 6%, il che conferma le apprensioni del consumatore, che si vede confrontato con un aumento delle pigioni e in parte anche di frutta e verdura.

A livello di esperti, compresi quelli della Banca Nazionale Svizzera, il calo dell’inflazione era atteso, considerato il petrolio, la cui domanda è anche in calo stagionale, e il livello elevato del tasso di cambio. Secondo il direttore della Bns, l’inflazione nei prossimi mesi potrebbe perfino scendere a livelli negativi.

Quanto questa tendenza possa influire sulla politica della Banca Nazionale non è al momento prevedibile. All’atto dello scrivere, è ancora attesa la decisione del 19 giugno. Secondo la Bns, non bisogna però dare peso eccessivo alle variazioni mensili dei prezzi, tanto più che anche nell’ultimo mese l’inflazione è leggermente salita. D’altro canto quella che viene definita “inflazione di base”, che esclude cioè i

prezzi dell’energia e quelli dei generi alimentari, non lascia certamente prevedere forti tendenze al ribasso.

Non mancano però le speculazioni: a sapere quale politica vorrà adottare la Bns, vista una leggera tendenza al calo dell’inflazione a livello internazionale da un lato e il livello tuttora elevato del tasso di cambio del franco dall’altro, almeno a livello nominale. Il che può attenuare le difficoltà d’esportazione dovute alla politica americana dei dazi e alle reazioni del mondo intero che suscita.

«Anche gli esperti di Economiesuisse restano fiduciosi circa l’evoluzione della congiuntura nell’anno in corso. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,1%, in leggera ripresa rispetto al 2024. Così il calo dell’inflazione influisce positivamente sulle spese di consumo e non intacca il potere d’acquisto dei salari reali»

Anche gli esperti di Economiesuisse restano piuttosto fiduciosi circa l’evoluzione della congiuntura nell’anno in corso. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,1%, in leggera ripresa rispetto al 2024. Così il calo dell’inflazione influisce positivamente sulle spese di consumo e non intacca il potere d’acquisto dei salari reali.

Restano però aperti i problemi delle esportazioni, dovuti ai vari fattori che influiscono sulla domanda estera. L’insicurezza creata da Trump sui mercati provocherà una diminuzione dell’export anche svizzero, come si sta già prevedendo per i primi sei mesi di quest’anno. Si

Bonoli, economista.

spera che la tendenza all’indebolimento del dollaro non continui. Da inizio anno la valuta americana ha perso circa il 10% sul franco svizzero. In sostanza si è trattato comunque di una correzione dell’entusiasmo seguito all’elezione di Trump alla presidenza americana. Ora il corso del dollaro dovrebbe però stabilizzarsi e anche l’euro non dovrebbe più perdere terreno sul franco.

In Svizzera si può perciò prevedere un tasso d’inflazione intorno allo 0,3%, quindi ben inserito nel corridoio tra 0 e 2% previsto quale obiettivo della Banca Nazionale. Questo lascia pensare che la Bns non sarà costretta a praticare tassi negativi, come da qualche parte si teme. Gli analisti prevedono comunque un’ulteriore riduzione dei tassi di 25 o 50 punti base. In buona sostanza quanto stanno facendo anche altre Banche Centrali, che però non provocherà un rallentamento della domanda di franchi con ripercussioni sulle tendenze evolutive del tasso di inflazione in Svizzera.

Qualcuno teme però un rischio di deflazione, cioè un calo importante di lunga durata dei prezzi, che a sua volta potrebbe provocare un forte rallentamento dell’economia. Si potrebbe verificare con un forte calo dei prezzi del petrolio e un franco sempre più forte. I dati globali attuali permettono di escluderlo, benché molto dipenda ancora dall’economia e dalla politica internazionali. Un’inflazione prossima a zero è però una prerogativa molto utile per l’economia svizzera. Essa protegge meglio salari e potere d’acquisto e permette di affrontare meglio eventuali rincari provocati dall’estero.

Il domani vi sta a cuore.

Come banca nelle mani di un unico gruppo familiare, capiamo le vostre esigenze e vi sosteniamo perché possiate dedicarvi a ciò che conta nella vita.

Smantellare il valore locativo?

Dopo lungo dibattere, si avvicina il momento di decretare le sorti del valore locativo. Un’altra proposta legislativa che mina non solo l’interesse dei proprietari, ma anche dell’economia e dello Stato.

Particolarità tutta svizzera, il valore locativo è imposto fiscalmente a carico del proprietario che abita nella sua casa. È stato introdotto, analogamente ad altre imposizioni fiscali previste ad hoc ma poi divenute definitive (e ti pareva…) quale imposta di crisi nel 1934 al fine di contribuire al risanamento delle finanze pubbliche. Le due Camere dopo un lungo ‘tiramolla’ hanno concordato di eliminarlo ma la decisione definitiva spetta a Popolo e Cantoni al più presto quest’autunno. Se la proposta venisse accolta saremmo confrontati a un integrale cambiamento del sistema impositivo attuale. Il valore locativo verrebbe eliminato per le abitazioni principali e secondarie. In cambio non sarebbe più possibile dedurre dalla dichiarazione fiscale i costi di manutenzione. A livello di imposta federale non sarebbe più possibile detrarre i costi di risparmio energetico e in favore dell’ambiente. Per le abitazioni occupate dal proprietario non sarebbe più possibile dedurre gli interessi debitori sulle ipoteche, mentre chi possiede immobili affittati potrebbe farlo in modo restrittivo, ossia unicamente in proporzione della quota rivestita da questi immobili sul totale della sostanza. Il primo acquirente di un immobile godrebbe della possibilità di dedurre parzialmente gli interessi debitori, ossia dal primo anno un massimo di 10mila franchi per coniugi e 5mila per persone sole, diminuiti linearmente fino a zero entro 10 anni. Appare quindi chiaro che questa modifica legislativa favorirebbe semmai unicamente quei proprietari che abitano un immobile privo di ipoteche o con un carico modesto e che non abbisognano di lavori di manutenzione, il che pare essere il caso di quella minoranza che ha nel tempo am-

mortizzato le stesse e il cui immobile non necessita di particolari interventi.

Chiaramente sfavorito dalla novella legislativa è chi possiede un immobile per il quale si renda necessario procedere a lavori di risanamento, come accade per immobili costruiti nel secolo scorso. Anche costi di manutenzione e di mantenimento del valore non sarebbero più fiscalmente deducibili, mentre con regime attuale un vecchio immobile può essere ottimizzato fiscalmente meglio di uno nuovo. La conseguenza sarebbe che in futuro vecchi immobili necessitanti un di un risanamento perderebbero di valore.

«Se sussistesse un forte incentivo ad ammortizzare le ipoteche sulla propria abitazione, ne conseguirebbe una perdita non solo nel settore ipotecario, ma anche sugli averi investiti presso le banche, utilizzati dai proprietari per estinguere i mutui»

La riforma colpirebbe dunque anche il settore delle costruzioni, in quanto diminuirebbero le commesse anche se è ipotizzabile che prima dell’entrata in vigore della stessa, prevedibile non prima del 2028, vi sarebbe la corsa a effettuare in fretta e furia lavori di risanamento fiscalmente deducibili.Venendo meno la possibilità di detrarre i costi di manutenzione è da attendersi un progressivo peggioramento della sostanza immobiliare esistente.

Ma anche il settore finanziario, bancario in particolare, verrebbe a risentirne in quanto il volume in prestiti ipotecari rischierebbe di diminuire. I guadagni delle banche sono ancora ancorati alle opera-

Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.

zioni sulla differenza tra tassi di interesse attivi e passivi e se sussiste un forte incentivo ad ammortizzare le proprie ipoteche il risultato sarebbe una perdita in due settori: non solo in quello ipotecario, ma anche sugli averi investiti presso di loro che i proprietari immobiliari potrebbero utilizzare per estinguere i mutui.

Ma la stessa Confederazione e Cantoni non canterebbero vittoria. Il fisco sarebbe confrontato negli anni a venire su minori incette. Secondo gli esperti del settore sarebbe necessario un tasso medio del 3% per rendere neutro il rapporto tra aggravio e sgravio fiscale mentre nel caso di mantenimento del tasso di interesse all’1,5% si verificherebbero minori entrate nella misura di 1,7 miliardi di franchi. Per il che gli statalisti si ingegnerebbero per studiare altre fonti di incetta di soldi. Nel caso in cui la riforma dovesse essere accolta, per un proprietario che oltre all’alloggio da lui abitato possiede uno o più immobili da reddito dati in locazione, una modalità per sfuggire ai suoi effetti negativi potrebbe essere quello di costituire società immobiliari nelle quali immettere le sue proprietà. In tal modo potrebbe usufruire della possibilità di dedurre il carico degli interessi debitori in misura della quota rivestita dagli stabili affittati sul totale del proprio patrimonio. Questa riforma fiscale presenta più scompensi che vantaggi e la sua farraginosità è il risultato delle difficili trattative che hanno avuto luogo in Parlamento. Non dovrebbe pertanto essere accolta, il che andrebbe a vantaggio non solo del singolo proprietario ma anche dello Stato.

Un patrimonio per tutto il territorio

Insostituibile pilastro del tessuto socio-economico cantonale, da 10 anni le aziende di famiglia della Svizzera italiana possono contare sul sostegno di AIF Ticino, che ne valorizza il modello di impresa.

Quando, nel 2015, un gruppo di imprenditori ticinesi - tra cui i nostri “padri fondatori” Flavio Audemars, Presidente Onorario, e il compianto professor Gianluca Colombo - decise di dar vita ad Aif Ticino, la convinzione era chiara: serviva un’associazione che rappresentasse in modo specifico le dinamiche, le sfide e le aspirazioni delle imprese familiari del territorio.

Un’associazione che però non si limitasse a un ruolo di rappresentanza, ma che costruisse uno spazio di confronto profondo, umano, sincero, dove il legame tra azienda e famiglia venisse riconosciuto come un valore aggiunto e non come una fragilità.

Oggi, a dieci anni di distanza, possiamo affermare con orgoglio che quella visione si è tradotta in una realtà viva e autorevole. Aif

d’impresa è importante per il territorio anche per il forte legame affettivo con il nostro Cantone, che non è solo una sede per l’azienda, ma spesso anche il luogo dove sono cresciuti i suoi azionisti, i membri di CdA e/o dirigenti, e risiedono affetti e amicizie. Tutto questo si traduce in varie forme di ricadute positive: minor propensione a spostare attività e centri

Ticino è diventata un punto di riferimento per decine di famiglie imprenditoriali della Svizzera italiana e un interlocutore riconosciuto dalle istituzioni e nell’opinione pubblica. Oltre a creare uno spazio autentico di condivisione, fiducia, crescita e supporto reciproco tra i soci, la collaborazione con Supsi e Usi ha permesso di sviluppare progetti di formazione e ricerca che rafforzano la governance, facilitano i passaggi generazionali e promuovono la professionalizzazione dei ruoli familiari all’interno delle imprese, così come un vero e proprio Osservatorio sulle Imprese Familiari.

Oltre alle cifre riconducibili alle aziende familiari in Ticino (83mila collaboratori su 250mila totali in Ticino e 19 miliardi di franchi di fatturato), questo modello

L’Associazione Imprese Familiari

Ticino (AIF Ticino) ha festeggiato il suo decimo anniversario con un evento al Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano. Quasi 100 oggi le aziende di famiglia associate.

decisionali, imposte e indotto mantenuti sul territorio (sia dall’azienda che dai membri della famiglia), sostegno ad associazioni ed enti locali, partecipazione alla vita politica e reinvestimenti e iniziative filantropiche. Le imprese familiari sono sì aziende, ma sono anche famiglie che fanno il tifo per un cantone competitivo e bello da vivere per le proprie famiglie e per le prossime generazioni.

In un mondo sempre più competitivo, veloce e caratterizzato da forte instabilità, le imprese familiari rappresentano quindi un elemento di stabilità in più, un pilastro socio-economico non trascurabile e che, come tale, deve essere valorizzato. Anche a livello cantonale, è importante continuare a lavorare per restare competitivi, sia nel confronto intercantonale che internazionale, con l’unico obiettivo che le nostre imprese familiari abbiano successo e riescano nel delicato processo della successione. Solleva pertanto forte preoccupazione l’“Iniziativa per il futuro” promossa dalla Gioventù Socialista svizzera che, in nome di una finta equità, mette a rischio la trasmissione intergenerazionale e ne compromette la stabilità. L’introduzione di un’imposta federale sulle successioni pari al 50% costringerebbe la maggior parte delle imprese di famiglia a vendere, causando effetti devatanti anche in termini di occupazione locale. Serve invece una visione strategica di lungo periodo, capace di affiancare l’iniziativa imprenditoriale con misure coerenti e coraggiose. Appare sempre più importante che le associazioni economiche possano agire in modo coordinato per proporre soluzioni concrete e che la politica sia disposta ad ascoltare le necessità di chi fa impresa.

Aif Ticino continuerà a camminare accanto alle famiglie imprenditoriali e a difendere la continuità di questo modello di business e per il bene di tutto il territorio. Tanti auguri, Aif Ticino!

Martino Piccioli Presidente di AIF Ticino

BetaPlus: be actively smart

Coniugare il meglio della gestione attiva, con i pro di quella passiva è la risposta all’attuale fase di mercato. Un approccio dinamico, prudente, e orientato al risultato.

Imercati azionari non sono mai stati così sbilanciati. Il rally post-pandemia si è trasformato in uno dei bull market più concentrati della storia recente, guidato da un ristretto gruppo di giganti tecnologici: i Magnificent 7. Considerate le difficoltà di una gestione attiva, in questo contesto, la crescita dei flussi verso i passivi non sorprende. Ma questo approccio ha i suoi pericoli. Gli ETF e gli indici replicano ma spesso nascondono bias settoriali o di stile. Ad oggi, la dicotomia tra attivo e passivo appare superata: gli investitori richiedono un approccio più flessibile, capace di unire consapevolezza dei costi e gestione intelligente del rischio.

Active 2.0: Alpha costante e tracking error contenuto. Il successo della gestione passiva non è un rifiuto dell’attivo in sé, ma di alcuni suoi aspetti: costi di gestione, alta volatilità, e risultati meno costanti. Tuttavia, in un mercato frammentato e in evoluzione, il bisogno di un’esposizione azionaria selettiva rimane. Sta emergendo così una nuova generazione di gestione attiva: strategie che uniscono la disciplina dell’indicizzazione con la capacità di adattarsi alle condizioni di mercato. Questo modello Active 2.0 è competitivo nei costi e strutturalmente orientato alla generazione di alpha. L’approccio è leggere i segnali del mercato e adattare l’esposizione ai fattori di performance dominanti, riducendo il rischio attivo verso il benchmark e aumentando la resilienza dei ritorni. Per gli investitori delusi dalla gestione attiva tradizionale, ma cauti verso le distorsioni implicite dell’approccio passivo, questa via intermedia può rappresentare la soluzione più solida.

BetaPlus Enhanced di Nordea AM: la risposta attiva a un mondo in cambiamento. Sono le strategie che incarnano questa nuova visione.

Fabio Ferra, Sales Director di Nordea Asset Management Switzerland.

L’obiettivo è potenziare l’esposizione al beta di mercato attraverso un uso mirato e dinamico del rischio attivo, mantenendo un basso tracking error. Con oltre 15 anni di esperienza e oltre 60 miliardi di euro in gestione, questo approccio si fonda su un processo disciplinato basato su un modello multifattoriale in cui stock selection e bias di stile rappresentano la provenienza dell’extra rendimento generata dal team di investimento, rimanendo quindi neutrale sull’esposizione settoriale e geografica. Il punto di forza? La disciplina metodologica e l’evoluzione dei fattori nel tempo.

Un approccio dinamico. Molte strategie fattoriali si basano su modelli statici: definiscono un’esposizione ai fattori e la mantengono, anche quando il mercato si trasforma. Questo approccio può funzionare nei backtest, ma raramente tiene testa alla realtà. L’approccio BetaPlus si distingue con un processo multifattoriale dinamico, che si adatta velocemente. Non cerca di prevedere i cambiamenti, ma di ri-

levarli man mano che emergono, modificando l’esposizione ai fattori sulla base dei segnali di mercato. In periodi di inflazione, rally tecnologici o rotazioni settoriali improvvise, la strategia ha dimostrato di saper reagire con sistematicità e coerenza. L’adattabilità non garantisce il market timing perfetto, ma aumenta significativamente la probabilità di ottenere performance costanti in scenari diversi.

No bias geografico, ma agilità globale. Lo stile Value brilla in Europa e Giappone, mentre quello Growth domina negli Stati Uniti. Gli Emergenti, invece, seguono cicli propri, spesso in controtendenza.

Per affrontare questa complessità, BetaPlus analizza i mercati a livello di ‘segmenti’, combinazioni di settore e geografia omogenee. Questo consente di adattare l’esposizione ai fattori in modo mirato, rispecchiando la realtà di ogni azione verso peers appropriati. La flessibilità geografica è fondamentale in un mondo polarizzato. BetaPlus la integra nel processo, evitando bias regionali e assicurando risultati consistenti nel tempo.

Oltre alla diatriba Active vs Passive. La contrapposizione tra attivo e passivo manifesta i suoi limiti. Gli investitori cercano strumenti efficienti, dinamici e orientati a generare risultati. BetaPlus non si propone quale alternativa, ma come evoluzione. Un approccio che combina rigore, flessibilità e controllo del rischio. In un mercato segnato da volatilità e concentrazione, rappresenta un modo più intelligente per affrontare la complessità. BetaPlus. La risposta attiva al passivo.

Efficace anche sui costi

Molto più che una misura di supporto, la fisioterapia svolge un ruolo cruciale non solo nel trattamento di dolori e disfunzioni fisiche, ma contribuendo a ridurre i costi sanitari a lungo termine.

In un’epoca in cui le sfide per la sanità pubblica si moltiplicano, la fisioterapia si rivela essere molto più di un trattamento di supporto: è una professione fondamentale per mantenere un’elevata qualità della vita, la prevenzione e l’efficacia del nostro sistema sanitario. Oggi è giunto il momento di riconoscerne appieno il valore e di attribuirle il posto che merita.

In Svizzera ha vissuto un’enorme evoluzione negli ultimi anni. I fisioterapisti sono specialisti altamente qualificati che accompagnano i pazienti in ogni fase del loro percorso di cura: prima o dopo un intervento chirurgico, in caso di malattie croniche, nell’ambito della riabilitazione o per prevenire disturbi funzionali. Il loro obiettivo: rendere i pazienti protagonisti della propria salute, in modo sostenibile. Questo ruolo è ancora più cruciale di fronte alle malattie non trasmissibili (Mnt) - come il diabete, le patologie cardiovascolari o muscolo-scheletriche - che rappresentano circa l’80% dei costi sanitari in Svizzera. La fisioterapia offre risposte efficaci, sostenibili e comprovate. Riduce il dolore, migliora la mobilità, rallenta l’aggravarsi dei sintomi e previene i ricoveri ospedalieri. In altre parole: previene sofferenze inutili e costi prevenibili. Un recente studio della Scuola universitaria professionale di Berna (Bfh) lo conferma. Dimostra che i pazienti che hanno beneficiato di fisioterapia presentano un netto miglioramento della qualità di vita e delle capacità fisiche, anche diversi mesi dopo la fine del trattamento. Nell’ambito delle patologie studiate dal punto di vista economico-sanitario, co-

me le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, il mal di schiena e l’artrosi del ginocchio, ha dimostrato la sua efficacia e redditività. Risultati osservati in particolare negli approcci attivi e personalizzati, che incoraggiano l’autonomia e rafforzano la motivazione a lungo termine.

Mirjam Stauffer, presidente della Associazione di categoria Physioswiss, che rappresenta gli interessi di circa 12mila membri, contribuendo insieme alle sue 16 associazioni regionali e cantonali al futuro dell’assistenza sanitaria in Svizzera.

La fisioterapia non è semplicemente “fare del movimento”. In fisioterapia valutiamo, pianifichiamo e accompagniamo i nostri pazienti. Agiamo con precisione, sulla base di una diagnosi medica, per migliorare in modo duraturo la funzionalità fisica. La fisioterapia è quindi un alleato indispensabile in un sistema sanitario

orientato al futuro: più preventivo, più umano, più sostenibile. Consente di rimandare o evitare interventi chirurgici, un altro aspetto essenziale per migliorarne l’efficienza. Inoltre, i fisioterapisti contribuiscono a decongestionare gli studi medici e gli ospedali, occupandosi di numerose patologie comuni. Svolgono un ruolo di prossimità in tutte le regioni del Paese e consentono un accesso rapido e mirato alle cure.

Il nostro impegno, la nostra competenza e il nostro approccio incentrato sulla persona sono risorse fondamentali nella lotta contro la sedentarietà e le malattie croniche.

La fisioterapia ha dimostrato la sua efficacia. È quindi essenziale rafforzarne l’integrazione nei percorsi di cura, investire nella formazione degli specialisti e favorirne la diffusione a tutti i livelli della popolazione.

Più che una risposta terapeutica, la fisioterapia è dunque un motore della salute pubblica. Oggi è giunto il momento di riconoscerne appieno il valore e di attribuirle l’attenzione, il riconoscimento e, soprattutto, la fiducia che merita, nella consapevolezza che investire nella fisioterapia significa investire in un futuro più sano, più attivo e più equo per tutti.

Tra energia e alleanze

L’Italia si propone quale hub energetico europeo, ma cosa dev’essere ancora fatto perché sia credibile e realizzabile?

Possono pubblico e privato collaborare concretamente?

Quando si pensa alla logistica, molto spesso ci si perde qualche dettaglio. Merci e persone sono due ambiti fondamentali per l’intera industria, che è però ben più segmentata e risale tutta catena del valore, dall’estrazione delle materie prime alla consegna del bene. Senza dimenticare l’energia. In un mondo che cambia bisogna però essere anche in grado di stringere alleanze, esterne e interne, per sperare di vincere le molte sfide. Energia. La logistica non è solo uno strumento di supporto alla transizione energetica, ne è il motore. Senza un’infrastruttura capillare, digitalizzata e resiliente, gli investimenti in rinnovabili, tecnologie a basse emissioni e vettori energetici alternativi rischiano di fallire nella distribuzione e nella scalabilità industriale.

Oggi la logistica italiana movimenta oltre l’85% delle merci su ruota, ma perché l’Italia possa ambire a diventare un hub energetico di primo piano è sempre più urgente un radicale cambio di paradigma. Ecco alcune delle principali direttrici:

- Decarbonizzazione di filiere portuali e retroportuali. Il 70% dei porti non è ancora completamente elettrificato. Servono investimenti per cold ironing, smart grid locali e fotovoltaico. Il porto di Genova, ad esempio, potrebbe risparmiare fino a 30mila T. di CO2 l’anno limitandosi a elettrificare le banchine croceristiche; - Sviluppo dei corridoi energetici europei e mediterranei. L’Italia deve candidarsi come nodo logistico per l’import-export energetico da Nord Africa e Medio Oriente verso il centro Europa, sfruttando asset strategici come il Tap, o i porti deep sea di Augusta e Taranto; - Idrogeno e rinnovabili offshore. Federlogistica sostiene progetti pilota nei

porti per la produzione e movimentazione di idrogeno verde e ammoniaca. Entro il 2030 almeno cinque porti italiani dovrebbero ospitarne le stazioni logistiche; - Digitalizzazione dei flussi. La supply chain energetica deve essere tracciabile. Il 60% delle aziende logistiche non ha ancora adottato soluzioni di monitoraggio in tempo reale dei consumi e delle emissioni.

A patto di fare dunque alcune cose, l’Italia può ambire e deve diventare un ‘ponte energetico’ nel Mediterraneo. Ma per riuscirci servono pianificazione strategica, investimenti pubblici mirati e accordi con i Paesi produttori di energia.

«La logistica è il motore della transizione energetica. Senza un’infrastruttura capillare, digitalizzata e resiliente, gli investimenti in rinnovabili, tecnologie a basse emissioni e vettori energetici alternativi rischiano di fallire nella distribuzione e nella scalabilità industriale»

Tempo di alleanze. La collaborazione pubblico-privato è troppo spesso evocata come mero slogan. Per renderla realmente efficace bisogna superare due ostacoli principali: la burocrazia e la mancanza di strumenti di co-progettazione.

Oggi in Italia un progetto energetico-logistico può richiedere fino a 36 mesi per ottenere tutte le autorizzazioni, a fronte di una media europea di 18. Potrebbero aiutare in tal senso:

- Una riforma normativa sulla semplificazione delle autorizzazioni per impianti

Davide Falteri, Presidente di Federlogistica, la federazione italiana delle imprese attive in ambito logistico (terra, aria e acqua).

energetici nei nodi logistici. Aree portuali, interporti e zone doganali devono avere una corsia preferenziale autorizzativa;

- Un modello operativo stabile di Governance mista: la creazione di Cabine di regia permanenti che riuniscano regioni, comuni, autorità portuali, imprese logistiche ed energetiche. Le sperimentazioni di Genova, Ravenna e Civitavecchia, possono diventare un modello;

- Strumenti di investimento congiunto: oggi i bandi pubblici premiano singoli soggetti. I fondi europei (Pnrr, Cef, Fesr) dovrebbero essere invece orientati a progetti integrati, in cui il privato metta tecnologia e capitale, il pubblico garantisca autorizzazioni rapide e co-finanziamenti. Un esempio virtuoso è il Green Port Project di Barcellona;

- Responsabilizzazione degli stakeholder privati: chi beneficia di incentivi o autorizzazioni deve essere tracciato, con obblighi precisi di trasparenza.

- Inclusione delle Pmi. Il 90% delle imprese logistiche italiane sono micro e piccole. Senza un accesso facilitato, queste rischiano di essere escluse. Vanno creati quindi consorzi territoriali che permettano loro di partecipare a bandi e progetti con garanzie pubbliche.

A patto dunque di muoversi bene e rapidamente, replicando ad esempio alcune best practice di altri Paesi europei, l’Italia potrebbe sì segnalarsi consolidando la sua naturale vocazione quale piattaforma privilegiata di proiezione sul Mediterraneo allargato. Saprà però raccogliere la sfida?

Dominare il mare

La Geopolitica si sta sempre più spostando sul mare, il suo controllo è una priorità strategica per tutte le principali potenze, economiche e dunque militari del mondo. Viaggia su acqua quasi tutto il commercio mondiale, e per farlo necessita di garanzie di sicurezza, costose ma imprescindibili. Com’è evoluta però la capacità cantieristica di tali potenze? Come si stanno posizionando operatori e aziende rispetto alle nuove sfide, e crescenti tensioni?

Trilioni di euro o dollari, in circostanze meno frequenti di yen o yuan. Sono queste le unità di misura dell’economia contemporanea, e dei suoi squilibri sempre più spinti, che siano commerciali, dunque di avanzo o disavanzo della bilancia delle partite correnti, che siano finanziari, quindi di deficit fiscale o debito pubblico, o anche soltanto dei privati, dunque di famiglie o imprese.

I trilioni sono diventati però anche il metro di misura del successo di un ristretto club di aziende. A inizio anno la capitalizzazione di Wall Street aveva toccato il record di 62,2 trilioni di dollari, su un totale complessivo mondiale di 124, ma Apple da sola era arrivata a valere 3,83 trilioni, seguita dai 3,66 di Nvidia, e dai 3,48 di Microsoft. In aggregato le prime sette quotate americane sono arrivate a

tagliare il traguardo di 17,6 trilioni. Dunque, un unicum storico? Forse no.

Vincendo le molte ambiguità dell’attualizzazione di valori storici a distanza di secoli, i 78 milioni di fiorini d’oro olandesi del 1720, la capitalizzazione alla borsa di Amsterdam della Compagnia olandese delle Indie Orientali (la più grande Ipo della storia nel 1602 per 6,5 milioni), potrebbero valere oggi o 2 (modesti) miliardi di dollari, o (ben) 7,5 trilioni.

A far riflettere, al di là dell’assurdità di Apple&Co, è che la Compagnia delle Indie fu la più importante società privata di sempre, con flotte da guerra e mercantili, eserciti, proprietà, piantagioni e intere colonie tra gli attivi del suo elefantiaco bilancio, oltre a poteri analoghi a quelli di uno Stato moderno, battendo ad esempio moneta propria. Il suo impero era il mare, facendo la spola tra Asia ed Europa, spin-

gendo su scala molto più ampia e globale quanto aveva fatto Venezia nel Medioevo e la corona spagnola nel Rinascimento, dopo la scoperta dell’America.

Del resto se si guarda più indietro nella Storia, regni e imperi, e anche dei più longevi, sono stati costruiti sulla terra, e quella hanno cercato di dominare, nonostante la presenza dell’acqua sia altresì una costante, a partire dall’Egitto o dai Mesopotamici. Per ovvie ragioni i primi a doversi attrezzare seriamente, ma non troppo, furono i greci, pionieri e grandi innovatori di quanto (trireme in primis) nell’arco di pochi secoli copiarono gli altri popoli del Mediterraneo, mercanti in testa, dai Fenici agli Etruschi.

La più importante ‘colonia’ fenicia, e ben nota alle cronache, fu certamente Cartagine, rivale nonché probabile vincitrice dello scontro che si sarebbe tra-

scinato per quasi due secoli con l’allora potenza emergente, Roma. Le due candidate egemoni non sarebbero potute essere più diverse, da un lato il fu villaggio di pastori del Lazio, una potenza terrestre che nel frattempo si era imposta non senza difficoltà nel centro e sud Italia, dall’altro un fu porto commerciale africano, una potenza marittima e di cavalleria, che agli inizi del III secolo a.C. controllava l’Africa occidentale, le isole e parte delle coste del sud della Spagna, oltre alle grandi isole italiche Sicilia e Sardegna.

Se le origini di Roma risalgono al 753, Cartagine fu fondata solo qualche anno prima, nell’814, da esuli di Tiro, attualmente in Libano, uno dei porti commerciali più importanti dell’epoca, e molto curiosamente, epica vuole, che il latino Enea avesse conosciuto proprio la sua regina nonché fondatrice, Didone. Analogamente a Roma, Cartagine era una repubblica oligarchica, dotata di una coppia di magistrati eletti annualmente (i sufeti), di un senato di 300 membri, e di un’assemblea popolare. A comandare realmente era il ceto nobiliare, una manciata di famiglie, quasi interamente di mercanti e pochi generali, che fondando numerose città stato nell’arco di pochi secoli erano arrivate a controllare l’intero Mediterraneo occidentale, per il tramite di una formidabile flotta, mercantile e militare, e ricorrendo a eserciti di mercenari.

Al termine di un lungo periodo di tensioni, risale infatti al 348 a.C. la stipula dei primi trattati, è nel 264 che scoppia in Sicilia la I Guerra Punica, l’inizio di uno scontro che si protrarrà sino al 146, quando al termine di un lungo assedio l’acerrima rivale fu rasa al suolo.

Al deflagrare dello scontro armato Roma non aveva alcuna esperienza militare in ambito nautico, e non disponeva nemmeno di una flotta competitiva. Ritardo che fu possibile colmare al costo di centinaia di navi distrutte, per la maggior parte per maltempo oltre che epiche sconfitte, ed è proprio per riarmare l’ennesima flotta, dopo la perdita di oltre 900 navi in una sola nottata nel 249, che nel 242, ancora durante la prima delle tre Guerre Puniche, la Repubblica Romana emise la prima significativa emissione obbligazionaria pubblica della storia. Armare le flotte era un affare particolarmente costoso, ma indispensabile per dominare il mare, e sconfiggere Cartagine, portando quindi la guerra in Africa.

«Come si è soliti dire “Chi domina il mare, domina il mondo” ma chi va per mare deve anche essere preparato a fronteggiare in ogni momento le mille avversità che è possibile, laddove non probabile, si presentino»

Ignazio Messina, Ceo di Ignazio Messina&C.

La conquista del mediterraneo

Muovere il mondo

RaetiaNoricumPannoia

Dacia

Moesia

Thracia Macedonia

Sicilia

AfricaProconsularis

Creta

Cyrenaica

Regnum Bospori

Colchis Iberia

Pontus Exinus

BythyniaetPontus

Galatia

Asia

Cilicia Lycia

Cyprus

Syria

Arabia Petrae Mesopotamia

Aegyptus

Principali snodi logistici globali per movimentazione merce (mln container)

Amburgo

San Francisco

Los Angeles

Canale di Panama

Porti principali Stretti

Rotte principali

Rotte future

Fonte: Fdfa

Rotterdam

Gibilterra

Suez

Bosforo

Hormuz

Bab el-Mandeb

Capo di Buona Speranza

Stretto di Malacca

La logistica. Tutto torna al mare, cambiano le epoche e cambiano le acque, ma sopravvive il paradigma. L’indiscusso Mediterraneo, nel post 1492 ha iniziato a perdere in centralità, il ‘pallino’ è dunque passato all’Atlantico, che lo ha saldamente mantenuto per quasi mezzo millennio, pur al netto di una breve parentesi in-

Il controllo dei mari è sempre stato strumentale al prosperare delle economie. Il traffico marittimo è però soggetto a diversi potenziali problemi, che spesso si annidano negli stretti. Dominare il mare è un affare complesso e molto costoso, come gli americani hanno scoperto.

Britannia

La flotta del Vecchio Continente

«Sono presenti in Svizzera leader indiscussi di settore, da Msc a Kühne+Nagel, proprio per la presenza di altrettanti leader mondiali in settori come assicurativo, finanziario, compliance… Non bisogna dimenticare il ruolo che potrà giocare nei prossimi anni la sua proverbiale neutralità, in un mondo sempre più polarizzato»

Olg International

Dimensioni della flotta per bandiera battente (in mln di tonn. lordo, e % glob.)

della logistica si sta rafforzando; la sfida in mano agli operatori del settore è riuscire a garantire servizi marittimi puntuali, efficienti e flessibili», esordisce così Stefano Messina, Presidente di Assarmatori Italia. La presa d’atto che qualcosa negli equilibri del settore fosse però cambiato viene da lontano, ed è maturata nel corso degli anni. «Nell’immaginario collettivo, e dunque anche nelle controparti istituzionali, la logistica è oggi una scelta consapevole. La collettività prima con l’emergenza pandemica, poi con crisi geopolitiche multiple, si è resa conto dell’importanza che ha nella vita di tutti i giorni in termini pratici. La disponibilità dei beni ai quali il cittadino europeo è abituato per decenni è stata data per scontata, la realtà ha però infine iniziato a seminare qualche dubbio, in primis rispetto a un ambito dei più critici per il Vecchio Continente, l’energia», riflette Vincenzo Romeo, Ceo di Nova Marine Carriers.

Al netto di pie speranze tutte europee, del resto, la realtà è una e indiscutibile. Se l’energia tutto muove, come ottenerla?

Traghetti

PortacontainerDraghePetroliereGasiere(Lng)

Fonte: Clarkson Research 2023

Un confronto di costi

Evoluzioni dei costi della logistica marittima (media 2019: 100)

Fonte: PwC 25

L’Europa è un continente manifatturiero, per quanto nel corso degli ultimi anni abbia perso quote, l’import e l’export di beni è ancora il core business del continente. Nel tempo si è dunque dotata di una flotta mercantile notevole, utile a raggiungere i mercati di destinazione, e quelli che sono diventati anche i suoi principali fornitori, soprattutto asiatici.

diana, ma lentamente e inesorabilmente dal dicembre 1941 si è aperta una nuova fase, la nascita del Pacifico. «La recente dichiarazione di Donald Trump, “Chi controlla i mari, controlla il mondo” è un vecchio ma veritiero adagio, che di recente già Biden aveva evidenziato, gettando le premesse per un ritorno di priorità, oggi ufficializzato, sul rafforzamento della cantieristica a stelle e strisce. In un mondo sempre più diviso il ruolo

«Un dato su tutti mette a nudo gli equilibri del mondo, in termini di tonnellaggio il 40% del commercio marittimo globale è costituito da combustibili fossili, o da sostanze derivanti. La domanda di energia continua a crescere, e a patto che la transizione ecologica prosegua con lo stesso vigore si può solo sperare che nel lungo periodo si riduca tale fabbisogno, e dunque anche la richiesta di nuove navi, compensando a livello locale con le rinnovabili», rileva Clément Chamboulive, Co-Portfolio Manager della strategia Smart Mobility Equities di Robeco. Quali sfide? Un mondo più complesso e meno prevedibile impone correttivi a quegli equilibri che erano andati cristallizzandosi durante la ingenua stagione delle globalizzazione. «La strategia con cui le imprese guardavano alle catene di fornitura, dunque le loro esigenze, è cambiata in poco tempo. Oggi le si osserva con una diversa lente di rischio, tendendo a privilegiare la certezza della consegna rispetto alla velocità. La resilienza operativa si sta imponendo sull’efficienza, un trend innescato dall’emergenza pandemica, ma che non si è più fermato, anzi. La crisi ucraina, e le tensioni nel Mar Rosso non hanno che rafforzato il bisogno delle imprese di sentirsi sicure», nota Craig Wright, Head of European Research Real Estate di abrdn Investments.

Non tutte le imprese sono uguali, ma al tempo stesso nemmeno gli operatori del settore. «Complessità normativa, sicurezza delle rotte e tariffe sono elementi con cui il settore è chiamato a misurarsi regolarmente, a essere cambiate sono le intensità e la loro ponderazione. Guerre e tensioni rendono le sfide tradizionali più complesse, e l’individuazione di soluzioni e alternative più urgente. Evidentemente una piccola minoranza di grandi operatori del settore possono contare su risorse maggiori per rispondere alle emergenze e destreggiarsi anche nelle acque più agitate, quelli più piccoli, si scontrano invece con limiti oggettivi e capacità limitate. Un ruolo fondamentale è però ricoperto anche da esperienza e tradizione, oggi ancora più preziose», chiarisce Seb Petit, Investment Specialist di Baillie Gifford. Quando le imprese soffrono, e ripetutamente, solitamente le soluzioni sono due: unirsi o scomparire. «La divisione delle competenze è ormai storia passata, oggi si tratta di coordinarsi e integrarsi al meglio possibile, a partire dal settore portacontainer a quello delle materie prime ed energetico. Se dunque consolidarsi a monte e valle è necessario, altrettanto fondamentale è una gestione coordinata di trasporti marittimi, porti, ferrovie e autostraporti per migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi offerti, ossia quanto richiede il tessuto produttivo e il mercato», sintetizza Gianluca Croce, Presidente di Assagenti Italia.

Ed è questo un primo punto in comune tra le due facce della stessa medaglia. «Se per la logistica l’obiettivo rimane garantire continuità ed efficienza, pur in uno scenario sempre meno stabile, la cantieristica deve rispondere a una domanda di navi più adattabili e automatizzate, oltre che più sostenibili. A facilitare il compito dei diversi attori possono essere investimenti ingenti nell’automazione dei nodi portuali, nella tracciabilità delle merci, e in generale in una rete infrastrutturale più robusta», commenta Riccardo Fuochi, Presidente di Olg International. Cambio di un’era. A distanza di qualche anno, il definirsi di nuove strutturali esigenze sta avendo diversi effetti sull’intera industria. «Un mondo altamente globalizzato aveva fatto dell’efficienza finanziaria e del capitale il suo mantra, determinando catene di fornitura globali e lunghissime, ottimizzate in ogni giurisdizione per costo del lavoro, regimi fiscali

«La Svizzera è stata capace di attrarre alcuni dei più importanti operatori del settore, che nel tempo si sono insediati nel Paese, per i suoi tradizionali atout di stabilità economica, finanziaria, e politica, il che ad esempio ha consentito lo sviluppo di nuove filiere di business specie nel segmento della logistica integrata»

Vincenzo Romeo, Ceo di Nova Marine Carriers

Reindustrializzare, ma dove?

Mete preferite secondo le intenzioni a tre anni delle imprese Usa e Ue

Stati Uniti Regno

Nord Africa (Egitto e Marocco)

Europa Occidentale

Europa Orientale

America latina (escluso Messico) Cina Altri Paesi sud est asiatico

■ Stiamo valutando di aumentare gli investimenti già previsti nella strategia

■ Non è previsto un ulteriore aumento delle risorse da destinare alla reindustrializzazione

■ Stiamo pianificando di ridurre gli investimenti inizialmente previsti nella regione

Fonte: Capgemini 25

Aria di reindustrializzazione

Spostare la capacità produttiva Sondaggio tra imprese Usa e Ue

2024 2025

■ Strategia di reindustrializzazione già in essere

■ Strategia ancora in corso di definizione

■ Una strategia potrebbe essere definita

■ Nessuna intenzione di fare qualcosa

Fonte: Capgemini 25

e doganali… La Cina riforniva il mondo di manodopera a basso costo, in cambio era arrivata a pesare quasi un terzo del valore aggiunto manifatturiero globale, con due effetti: un numero crescente di navi portacontainer che facessero la spola con gli altri Paesi, e portacontainer sempre più grandi. Un mondo più frammentato è soprattutto meno efficiente, ma le complessità rafforzano il ruolo dell’industria logistica», rileva l’esperto di Robeco.

■ Investimenti in reshoring ■ Invest. in nearshoring

■ Invest. in una combinazione di entrambi

■ Invest. attesi in una delle due entro 12 mesi

■ Nessun invest. in reindustrializzazione a 12 mesi

Fonte: Capgemini 25

Le tensioni degli ultimi anni stanno spingendo molte imprese occidentali a ripensare le proprie catene di fornitura, accorciandole, e avvicinando l’intera filiera al Vecchio Continente, con alterne fortune. Il processo richiederà molto tempo, e si è solo agli inizi, ma la direzione sembra tracciata, come i Capex sembrano dimostrare. Ma quali saranno gli imprevisti?

Lo shipping

«La cantieristica europea è metafora della sua manifattura, si concentra sugli stessi segmenti, non potendo competere a livello di costo. Un interessante aspetto da considerare è che guardando alla crescente spesa in Difesa, l’Europa è completamente autosufficiente proprio in questo ambito»

Clément Chamboulive, Co-Portfolio Manager di Robeco

Evoluzione di affidabilità e ritardi di consegna delle spedizioni (media globale)

Affidabilità (% del tot)

Ritardo di arrivo (giorni)

Evidentemente non è però stato tutto rose e fiori, e oggi se ne pagano le inevitabili conseguenze. «Una globalizzazione portata all’estremo si è puntualmente rivelata essere un’arma a doppio taglio. Lungi dall’abbattere in misura sostanziale la povertà nel mondo, ha provocato squilibri insostenibili, sfiorando in alcuni Paesi il confine sottile con la schiavitù per parte della manodopera necessaria. Garantire prevedibilmente l’approvvigionamento e il movimento delle merci, oltre che delle persone, ossia ciò che è la logistica, è oggi vista da tutti sotto una nuova lente», evidenzia l’esperto di Assagenti.

I-2019

Ritardo medio globale di arrivo in porto (dx) Affidabilità della programmazione (sx) I-2020 I-2021 I-2022 I-2023 I-2024 I-25

Fonte: CapIq, Alix Partners 25

I nodi della rete

Il trasporto su acqua è l’arteria del commercio mondiale, transitandovi sino al 90% del totale, ma a fare la spola tra mille e più destinazioni è una flotta di migliaia di navi, battenti decine di bandiere. «Si stima siano oltre 50mila, occupate a trasportare ogni tipo di carico, divise tra circa 150 Paesi, per un totale di oltre un milione di marinai di ogni nazionalità. È noto gli snodi più critici dell’intero sistema siano il Canale di Suez, in attività dal 1869, pur con diverse interruzioni, e il Canale di Panama, dal 1914», mette in evidenza il Cio di Ubs.

Un ruolo però ancora più importante è quello ricoperto dai porti, piccoli e turistici, o commerciali e grandissimi. «Sono tasselli fondamentali di un mosaico estremamente complesso e delicato. Sono nodi logistici, ma fungono anche da catalizzatori economici e hub strategici di sviluppo. Il più importante è Shanghai, che nel 2022 ha movimentato 47,3 milioni di container (Teu). Il più tecnologicamente avanzato è però Singapore, più ‘piccolo’ con i suoi 19,3 milioni di Teu, ma al top per efficienza operativa, capacità di stoccaggio e servizi logistici. È il punto di raccordo tra Asia, Europa, Americhe e Africa», prosegue Guglielmin. Spesso sono però i più piccoli a sorprendere. «Se Rotterdam (15,3 milioni) primeggia in Europa, Los Angeles e Long Beach (9,3) si distinguono in Nord America, collegandola con l’Asia. Il porto di Jebel Ali, a Dubai, uno dei più grandi e moderni al mondo, è il più importante della regione (14 milioni), e la collega a Europa, Asia e Africa. In Sud America a primeggiare è Santos (5), snodo vitale di materie prime e minerali dell’intera regione, mentre l’enclave strategica spagnola di Algeciras (4,8), in Andalusia, è la chiave di volta per l’entrata e l’uscita del commercio dal Mar Mediterraneo», conclude il Cio.

Le crisi. Se allo stato attuale spirano nuovi venti di guerra in Medio Oriente, non si può certo affermare che gli ultimi anni siano stati molto più tranquilli. «Shipping e logistica sono sempre stati condizionati da geopolitica e politiche commerciali nazionali, e hanno saputo gestirle. La concentrazione di eventi avversi che si è verificata negli ultimi anni ha però dello straordinario, non era stata prevista, e ha rischiato di sopraffare l’industria. Sin dal 2020, il sistema è stato messo a dura prova, ma ha resistito, senza bloccare mai le spedizioni, e anzi dimostrando notevoli capacità di adattamento, che hanno stupito. È nel post pandemia che specie la logistica terrestre è infine entrata in affanno, non riuscendo più a gestire efficacemente i picchi di domanda, con strascichi durati mesi e mesi», riflette Ignazio Messina, Ceo di Ignazio Messina&C.

Il continuo insorgere di nuovi problemi, più o meno grandi, ha richiesto abilità che molti non ritenevano possibili. Eppure… «La logistica può arrivare a incidere sino al 20% del prezzo finale dei beni, ma è l’elemento che rende tutto possibile, e seppur dato per scontato dalla popolazione, non era evidente che sarebbe riuscita a operare sempre e comunque. Le sfide cui è sottoposta sono inedite e richiedono aggiustamenti in tempo reale all’emergere di nuovi problemi; basti pensare al tempo minimo richiesto dal ridisegno delle rotte globali a fronte della chiusura del Mar Rosso. Il settore sta dimostrando di saper inventare rapidamente le ‘terapie’ necessarie ad attenuare gli effetti esplosivi che

Le tensioni geopolitiche stanno creando crescenti problemi al settore logistico, specie marittimo, ma sino a ora i rifornimenti sono proseguiti.

l’attualità potrebbe avere sull’economia», constata Paolo Pessina, Presidente di Federagenti Italia.

L’esplodere della domanda se da un lato può rivelarsi un’opportunità per gli operatori del settore, dall’altra se mal gestita può complicare i giochi di molti. «La corsa all’e-commerce che si era verificata durante la pandemia si è ormai normalizzata su trend di crescita più gestibili. La conversione Ebit/utile lordo nel trasporto aereo si è normalizzata sui livelli pre Covid, diversamente da quella del trasporto marittimo, che rimane sollecitato. Il ritracciamento dei livelli di redditività è avvenuto più velocemente del previsto, e sta spingendo molti operatori, come Kuhne+Nagel, a cambiare il mix di offerta. Ad aumentare è la domanda di servizi a elevato valore aggiunto, con l’end-to-end, dunque soluzioni logistiche integrate, che va imponendosi, facendo ripartire le operazioni di finanza straordinaria», precisa Marco Cavadini, Equity Analyst di Rothschild&Co Wealth Management.

Come accade di sovente la teoria prospetta scenari affascinanti, la realtà riporta tutti sulla terra, o in mare. «Nel pieno della pandemia si erano ventilate ipotesi molto fantasiose su un riassetto dell’industria che non ha poi trovato riscontro. A essere sopravvissuta in molti casi, oltre alla flessibilità, è la volontà di controllare l’intero ciclo logistico, integrando verticalmente l’intera filiera. La necessità oggi è andare oltre i confini mare-terra, ma controllare il trasporto marittimo, i terminal portuali, i trasporti terrestri e la gestione dei magazzini. Il settore si sta concentrando, è evidente nel segmento dei container, così come per le materie prime. È iniziata una nuova era, quella della logistica integrata», rileva il Ceo di Nova Marine Carriers.

La pandemia è stata però solo l’inizio, a seguire il conflitto in Europa orientale e nel Mar Nero, poi la crisi in Medio Oriente e nel Mar Rosso, aspettando intanto nuovi sviluppi. «Il Covid ha rappresentato uno shock profondo per il settore, accelerandone alcune trasformazioni. Si è passati da un modello ‘just in time’, a un approccio ‘just in case’, ulteriormente spinto da Ucraina e ribelli Houthi. A rimanere tra le principali criticità è l’estrema volatilità dei noli marittimi, influenzata dall’inesorabile concentrarsi del settore: tre alleanze, di dieci compagnie, controllano già oggi circa il 90% del

«La Svizzera è il nono centro marittimo mondiale, e il quarto in Europa per tonnellaggio, con circa 60 compagnie e 900 navi, oltre 2600 considerando anche le società di trading di materie prime. Fiore all’occhiello Msc a Ginevra, la più grande compagnia di trasporto container al mondo»

Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management

Lo shipping in Europa

Occupati nell’industria (mia di addetti)

Fonte: Eurostat 25

Fonte: Eurostat 25

va il container?

Fonte: McKinsey 24

traffico container globale», sottolinea il presidente di Olg International. Dal Nero al Rosso. Se a detta di alcuni la guerra in Ucraina era prevedibile e inevitabile, in termini logistici non ha avuto particolare eco. Se il conflitto a Gaza è invece ricorrente, questa volta ha avuto riflessi imprevisti ma sostanziali. «Gli effetti del chiudersi del Canale di Suez sono stati dei più notevoli, trattandosi della principale rotta Asia-Europa, per cui transita il

Quella dello shipping è un’industria importante a livello europeo, e molto vitale, con centinaia di migliaia di addetti, e un indotto notevole. Le tensioni geopolitiche stanno però incrinando molti equilibri consolidati, e pongono un numero crescente di domande cui presto o tardi bisognerà rispondere. Se continua a crescere la distanza percorsa dai container, a diminuire è quella

i Paesi.

Fonte: McKinsey 24

La flotta globale

«Fermo restando che si debba resistere alla tentazione statalista di considerare i mercati come semplici oggetti da ‘regolare’, reagendo piuttosto a esigenze concrete, è probabile che rotte e Paesi oggi off-limits possano diventare nuovi protagonisti, specie se in presenza di zone franche»

Età media per tipologia di vettore (in % totale per tonnellaggio)

Commercio via container

Evoluzione dell’interscambio globale per Teu (in milioni di 20 equivalenti)

Il commercio containerizzato continua a correre, e la cantieristica fatica a tenere il passo. La flotta globale è mediamente vetusta, ma i vettori più nuovi offrono caratteristiche energetiche e ambientali interessanti per abbattere i consumi, e le emissioni. Evidentemente sono necessari investimenti significativi, e soprattutto capacità produttiva.

45% della capacità globale di trasporto container. Nel breve si è vista una congestione dei porti asiatici e un aumento dei costi assicurativi, mentre le tariffe spot dei noli hanno registrato un’impennata dal gennaio 2024. A questo si somma un aumento dei tempi di transito di 10-14 giorni, e un aumento del carburante necessario per altri 200 dollari a container. A lungo termine la situazione dovrebbe tornare alla normalità, i noli potrebbero

dunque registrare un brusco calo, oltre a qualche perdita finanziaria per un paio di trimestri a carico dei vettori», illustra l’esperto di Rothschild&Co.

Nonostante qualche effetto collaterale sia stato registrato, considerando sia accaduto l’impensabile, sulla più delicata delle rotte, tutto sommato i danni sembra siano stati molto contenuti. «È stato un ulteriore banco di prova di quanto l’industria possa oggi fare, adattandosi. Gran parte delle navi portacontainer e petroliere sono state dirottate lungo le coste africane, sono aumentati quindi i tempi e i costi, ma a sorprendere è il risultato finale: resettare completamente e in tempi rapidissimi l’intera catena logistica, pur garantendo gli approvvigionamenti ai mercati di produzione e consumo. Molti dimenticano gli effetti delle precedenti crisi di Suez, che avevano invece interrotto i rifornimenti», nota Croce. Spesso le dimostrazioni di abilità fanno scordare rapidamente i potenziali effetti collaterali che un determinato evento avrebbe potuto avere. «Per portata la crisi del Mar Rosso sarebbe potuta essere quasi analoga alla pandemia, ma flessibilità e resilienza degli operatori hanno consentito di raggiungere un nuovo equilibrio e renderlo economicamente sostenibile. Se tutto questo ha ulteriormente incentivato gli operatori a integrarsi verticalmente, a fatti e non a parole, ha anche evidenziato la naturale propensione che hanno i mercati, seguono le loro regole, e non la pianificazione di tipo statalista che molti vorrebbero. Si potrebbe affermare che il Covid sia stata una ‘palestra’, e oggi si raccolgono i frutti», eccepisce Romeo. Economie di esperienza. Sotto pressione si arrivano a fare cose che in altri scenari non si sarebbero ritenute possibili. Eppure, la ruota gira, e il commercio non si ferma. «La circumnavigazione dell’Africa richiede due settimane aggiuntive di viaggio, e in aggregato è stato accumulato un ritardo di appena un mese sulle spedizioni. Il maggiore impatto iniziale del chiudersi della rotta è stato registrato nel Mediterraneo orientale, con il traffico che si è concentrato nei porti spagnoli, francesi e tirrenici. Si è così arrivati alla saturazione dell’eccesso delle capacità di stiva derivanti dall’impiego di più navi. I noli sono dunque tornati a salire, seppur meno violentemente che durante la pandemia. Il protrarsi della crisi sta però ora impattando anche il mercato dell’usato, con un

Fonte: Unctad 24
Fonte: Unctad 24

raddoppio del costo di vendita delle navi, e un aumento dei costi di noleggio», rileva il Ceo di Ignazio Messina&C. Anno nuovo, nuova guerra. In questo caso ‘solo’ commerciale, ma gli effetti non stanno tardando. «Se i flussi tradizionali già erano stati distorti, l’aumento delle tariffe doganali sta aggiungendo carne al fuoco, con alcuni settori più toccati di altri, automotive e hardware in testa. L’impatto iniziale è stato ‘reattivo’ rispetto alla nuova minaccia, alcune spedizioni sono state anticipate altre ritardate, in attesa di sviluppi concreti. A lungo termine è però probabile che tutti gli attori delle catene di forniture saranno diventati ancor più proattivi ai potenziali effetti collaterali delle agende nazionali di deglobalizzazione e protezionismo. Ciò dovrebbe accorciare le catene, e incentivare a investirvi maggiormente», chiarisce l’esperto di abrdn. Nel corso degli anni passati non erano mancati gli investimenti in rotte e nuove infrastrutture, specie in Asia. Sono ancora attuali? «Lo stretto di Bab el-Madeb è noto per essere uno dei punti logisticamente più sensibili al mondo. Ciononostante l’industria (anche a onta delle minacce che incombono sull’area, tra cui gli Houthi) ha dimostrato le sue capacità, anche rispetto all’improbabile, ed è con questa chiave di lettura che dovrebbero essere lette tutte le altre iniziative infrastrutturali internazionali. Lo shipping è un’industria globale che collega i Paesi e unisce le comunità, e che è chiamata ad affrontare i problemi in modo pragmatico», evidenzia il presidente di Assarmatori. I passi in avanti compiuti dal settore rimangono apprezzabili, e indispensabili a barcamenarsi in un ordine mondiale sempre più incerto. «L’industria si sta rapidamente e notevolmente impratichendo. Le compagnie di navigazione nel riorientare le navi, modificando le rotte, i vettori nello sviluppare architetture di rete più flessibili, per adattarsi più facilmente agli shock. La crisi degli Houthi sta favorendo il radicarsi di una più rigida disciplina operativa, e una più sofisticata pianificazione della rete. Gli spedizionieri sono soliti beneficiare nell’immediato delle interruzioni delle rotte che causano una carenza di navi, ma si tratta di brevi finestre di opportunità, prima che i vettori si adeguino», sottolinea Cavadini. Amici cercansi. Il progressivo venir meno del ruolo di garanzia ricoperto dagli Stati Uniti, sommato a incidenti ed

«A causa dei ribelli Houthi portacontainer e petroliere sono state dirottate lungo le coste africane, sono aumentati i tempi e i costi, ma a sorprendere è il risultato finale: resettare completamente e in tempi rapidissimi l’intera catena logistica, pur garantendo gli approvvigionamenti»

Gianluca Croce, Presidente di Assagenti Italia

Questione di costi

Evoluzione indice spot dei costi in dollari per rotta in 20 (Teu) o 40 (Feu) equivalenti

Indice spot Shanghai–Sud Africa (Durban) (Teu)

Shanghai–Sud America (Santos)(Teu)

Shanghai–Africa O. (Lagos)(Teu) Shanghai–Usa East Coast (Feu) Shanghai–Usa West Coast (Feu) Shanghai–Mediterraneo (Teu)

Fonte: Unctad 24

Si allungano le distanze

Evoluzione media miglia nautiche percorse

Shanghai–Europa (Teu) Shanghai–Singapore(Teu)

Ma dove transitano? N. di navi mensile transitate

Rinfuse secche

Media tot. comm. marittimo Container Petrolio

Fonte: Unctad 24

emergenze degli ultimi anni, sta ponendo molti innanzi a una serie di decisioni critiche. «Passata la grande ubriacatura che è stata la globalizzazione, le imprese fanno oggi i conti con la realtà, e si misurano con catene di fornitura troppo lunghe e precarie. Fermo restando che si debba resistere alla tentazione statalista di considerare i mercati come semplici oggetti da ‘regolare’, reagendo piuttosto a esigenze concrete, è probabile che rotte e Paesi

Fonte: Unctad 24

I problemi del canale di Suez e di quello di Panama, pur per ragioni diverse, sta nuovamente spingendo i costi delle spedizioni verso livelli preoccupanti. Circunnavigare l’Africa è un problema economico e di tempistiche, ma laddove si riaprisse Suez il costo dei noli crollerebbe, ponendo altri problemi, pur rendendo il trasporto marittimo nuovamente competitivo.

Il manifatturiero globale

«La recente dichiarazione di Donald Trump, “Chi controlla i mari, controlla il mondo” è un vecchio ma veritiero adagio, che di recente già Biden aveva evidenziato, gettando le premesse per un ritorno di priorità, oggi ufficializzato, sul rafforzamento della cantieristica a stelle e strisce»

Stefano Messina, Presidente di Assarmatori Italia

tecnologico. «L’incidenza della manodopera sul costo di produzione sta scemando, questo consente quindi di rivalutare diversi progetti anche soltanto su un piano economico, a prescindere dal quadro geopolitico. La Cina sta perdendo peso, a vantaggio del resto dell’Asia, ma a crescere sono ad esempio anche le importazioni dall’est Europa, più che raddoppiate in sei anni, pur attestandosi oggi a un timido 10%. A trainare il fenomeno la robotica, che consente notevoli risparmi», rileva Wright.

Evoluzione della quota del valore aggiunto manifatturiero (usd correnti, % glob)

L’emergenza pandemica ha certo dato il via, la geopolitica ha accelerato. «Secondo McKinsey, nel 2020 il 55% delle imprese europee aveva adottato una strategia di dual-sourcing, a fine 2022 l’81%, dando la priorità alla resilienza, pur cercando comunque un po’ di efficienza. Secondo Bain&Co a fine 2024 l’81% dei Ceo aveva in programma di riavvicinare la produzione, con il 46% che aveva deciso di investire in split-shoring e il 18 in near-shoring. Tuttavia appena il 2% delle imprese aveva completato tali progetti», chiarisce l’esperto di Baillie Gifford.

Cina Stati Uniti Unione Europea Giappone, Corea e Taiwan Asean e India America Latina e Centrale

Fonte: Citi Group 24

Cambiano gli equilibri?

Operazioni annunciate al mercato in trasporti e logistica (per numero e tipo)

Fonte: PwC 25

Trasporti e logistica non sono mai fermi, e anche gli operatori del settore cercano fortuna anche per il tramite del consolidamento, stringendo accordi, laddove non consolidandosi e verticalizzando. Il perimetro aziendale continua ad allargarsi, e la Cina ricopre un ruolo significativo, non solo in termini di capacità produttiva, ma anche di specializzazione per segmenti.

oggi off-limits possano diventare nuovi protagonisti, specie se in presenza di zone franche, come Medio Oriente e Nord Africa. I grandi poli industriali europei non si possono più permettere di essere in balia di cosa succede a migliaia di km di distanza, e stanno correndo ai ripari», puntualizza il presidente di Federagenti. Un aiuto significativo rispetto a tali decisioni, che un ventennio fa avevano senso, sta arrivando anche dallo sviluppo

Sono del resto molte le difficoltà con cui tali decisioni devono misurarsi. «Allo stato attuale ho qualche dubbio che gli ambiziosi piani delle imprese si siano davvero concretizzati, o che possano farlo nel breve. Per quanto la rotta sia tracciata, ci vorrà molto tempo, non è semplice spostare i luoghi di produzione, e le difficoltà sono esponenziali rispetto alle dimensioni dell’azienda. Il near-shoring è fattibile per le imprese più piccole e gestibili, molto meno nel caso delle più grandi», evidenzia il presidente di Assarmatori.

Se le dimensioni sono dunque importanti, anche le ‘interconnessioni’ giocano un ruolo decisivo. «Vietnam, Messico e India si stanno posizionando bene, in settori importanti, ma soprattutto giovani. È più facile spostare una produzione che cresce, incrementando la capacità produttiva in altri Paesi, che non muovere quanto già esiste. Molto spesso non è la singola impresa a poter decidere, ma il distretto industriale a dover valutare near o friend-shoring; avrebbe dunque più senso discutere dove sviluppare nuovi hub produttivi, altrettanto integrati, e le relative ‘barriere’. C’è un acceso dibattito ad esempio intorno agli smartphone, si dimentica però che l’assemblaggio incide solo per il 10% del costo di produzione, e che le parti pregiate della filiera sono già

in territori ‘amici’. Ben altre difficoltà le porrebbe spostare la produzione dei semiconduttori», sintetizza Chamboulive. Nonostante le difficoltà, qualcosa sta comunque succedendo, almeno stando alla Commissione Europea. «È difficile capire come stiano agendo i singoli, ma se si prende il caso Germania l’import dalla Cina è calato a 175 miliardi di euro nel 2024, mentre quello dall’Europa centrale e orientale è passato dai 185 miliardi del 2019, agli attuali 230. Nelle medesime regioni sono cresciuti i capex del 62% con una spesa europea che nel 2023 ha raggiunto i 131 miliardi, il livello più alto di sempre, il che implica che qualcosa di importante stia succedendo a livello strutturale», nota l’esperto di abrdn. Le grandi opere. Sulle ali della globalizzazione, in vent’anni si era delineato un mondo che in meno di un lustro sembra quasi tramontato. Hanno ancora senso i progetti di quell’epoca con la Nuova Via della Seta quale alfiere? «L’Obor, il suo altro nome, ha certamente rallentato, ma molte delle sue infrastrutture erano già operative. Diversi Paesi lo stanno rielaborando su base nazionale, adattandolo ai mutati equilibri geopolitici, ma il senso rimane. In un mondo multipolare, corridoi infrastrutturali marittimi e terrestri sono ancora irrinunciabili. Non bisogna dimenticare che la Cina non sta scomparendo dalla mappa, e che soprattutto Pechino attribuisca ancora una certa importanza a tali progetti», precisa Fuochi.

A prescindere dalle mutate circostanze una ricalibrazione del progetto, basato su premesse forse eccessivamente ottimistiche, era comunque in agenda. «L’Obor era nato quale affermazione di potenza della Cina sulla scena internazionale, e secondariamente quale opera logistica. Si sta sempre più affermando il dominio del mare, e i corridoi terrestri stanno dimostrando molti limiti, sia nello sfruttamento delle economie di scala, che in termini di capacità. Sono anche presenti importanti ‘rotture di carico’ tra nave e terra, con molti progetti chiave ancora sulla carta, mancando completamente le infrastrutture ferroviarie in Medio Oriente, e prevedendo lo sbocco sul Mediterraneo in Israele», riflette il Ceo di Ignazio Messina&C.

Cambiano i pesi, le misure, ma non l’importanza relativa, che forse sta anche aumentando. «La Cina non è più fucina del mondo, è vero, ma si è comunque ri-

«Digitale e intelligenza artificiale stanno contribuendo non poco all’ottimizzazione dei processi, migliorando la visibilità che si ha della rete di fornitura, e alla riduzione di consumi e sprechi. Elettrificazione, big data e piattaforme cloud facilitano lo scambio di informazioni lungo l’intera filiera»

Il dominio dei cantieri

Portafoglio ordini per Paese e tipologia di nave (in mld usd)

Fonte: Sea Europe 24

Il dominio dei cantieri

Capacità cantieristica per Paese (navi consegnate, in mln di CgT)

Fonte: Sea Europe 24

tagliata un ruolo decisivo nell’accesso ai minerali critici, come le terre rare. Nel caso di questi pur vantando ‘solo’ un terzo delle riserve mondiali, ne controlla oltre due terzi dell’offerta, e ancora di più a livello di raffinazione. La logistica è ancora importante per un export che tiene, ma è probabile l’attenzione si sposterà sempre più nello sviluppo del mercato interno. Pur avendo il 18% della popolazione mondiale, pesa per un terzo del valore

La quota cinese di produzione navale racconta di una leadership quasi assoluta nei segmenti meno specializzati, dove il costo è tutto. Corea e Giappone sono tecnicamente più specializzati, in navi commerciali speciali, mentre l’Europa si conferma leader indiscussa nel trasporto passeggeri, e soprattutto nella Difesa, settore molto sollecitato e che promette una crescita esplosiva.

La salute del settore

«Complessità normativa, sicurezza delle rotte e tariffe sono elementi con cui il settore è chiamato a misurarsi regolarmente, a essere cambiate sono le intensità. Guerre e tensioni rendono le sfide tradizionali più complesse, e l’individuazione di soluzioni più urgente»

Evoluzione dei ricavi e dei margini dei primi 15 operatori del settore shipping

gliorando la visibilità che si ha della rete di fornitura, e alla riduzione di consumi e sprechi, anche energetici. Elettrificazione, big data e piattaforme cloud facilitano lo scambio di informazioni lungo l’intera filiera, e stanno assumendo un ruolo sempre più strategico, il che giustifica l’integrazione di tali strutture entro il perimetro aziendale degli attori del settore», sintetizza l’esperto di Rothschild. Se a esserne interessata è la logistica, anche la cantieristica sta conoscendo una nuova primavera. «Digital twin, stampa 3D, automazione dei processi di montaggio e progettazione, sono già realtà in alcuni dei più avanzati poli europei, ma incide chiaramente solo sulle nuove navi. La flotta globale è ancora in gran parte datata e obsoleta, ma la domanda di nuovi vettori, in crescita, dovrebbe contribuire nei prossimi anni a significativi passi in avanti», nota Davide Falteri, Presidente di Federlogistica Italia.

Fonte: CapIq, Alix Partners 25

Italia monopolista

Fonte: Boat international 25

La salute finanziaria del settore è stata fortemente migliorata dal Covid in avanti, e le tensioni geopolitiche hanno contribuito nel mantenere molto alti i costi di spedizione. Tra i leader della cantieristica, soprattutto in mercati di nicchia, l’Europa si conferma presente, con ad esempio l’Italia che è monopolista nel settore luxury, con un know-how molto forte nel segmento dei superyacht.

manifatturiero, ma appena per il 13% dei consumi», rileva l’esperto di Robeco. La chiave di volta. Il relativizzarsi del ruolo della Cina in termini produttivi, pur dipendendo da settore a settore, è stato dunque reso possibile principalmente dallo sviluppo tecnologico, e dai risparmi in efficienza e produttività. Ma c’è anche dell’altro. «Digitale e intelligenza artificiale stanno contribuendo non poco all’ottimizzazione dei processi, mi-

Certo, ci vorrà tempo, diversi decenni, ma anche in quest’ambito la rotta è tracciata. «Le nuove unità sia destinate al traffico merci che a quello passeggeri, imbarcano tecnologie innovative e strumentazioni all’avanguardia, soprattutto rispetto alla decarbonizzazione, prevedendo ad esempio sin dalla progettazione l’utilizzo di carburanti alternativi.

A questo si aggiungono sistemi di trattamento delle acque e di progettazione dello scafo tali da consentire un sensibile risparmio energetico. E tutto questo richiede sostanziali investimenti da parte degli armatori», sentenzia il presidente di Assarmatori.

La vecchia Europa. Se i progressi sono dunque significativi a livello di tecnologia, come sta evolvendo la cantieristica, e dunque come si stanno muovendo gli armatori? «Le flotte in tutto il mondo sono soggette ad upgrading tecnologico e rinnovo, ma il ruolo di leadership dell’Asia sembra difficilmente scalfibile. La Cina vanta una supremazia di costo, Corea e Giappone tecnologica, essendosi focalizzate su navi specializzate, come gasiere e product tanker. L’Europa con Fincantieri, Chantiers de l’Atlantique e Meyer Weft, rimane saldamente al comando nel comparto passeggeri, di cui è monopolista lungo l’intera filiera, oltre che in ambito motorizzazione e automazione», riporta il Ceo di Nova Marine Carriers. Sopravvivono dunque sostanziali differenze, e la supremazia asiatica presenta

molte sfaccettature. «La Cina insiste su segmenti meno specialistici, come le portacontainer e le bulk carrier, mentre Giappone e Corea hanno sviluppato un vantaggio competitivo fondato sulla specializzazione in segmenti più delicati, ma in Europa la tradizione sopravvive, ed è molto forte, seppur in comparti di nicchia, dunque navi da crociera, yacht di ogni genere e navi militari, che è anche l’ultimo presidio rimasto in Nord America. Nonostante incentivi e generosi sostegni pubblici sembra improbabile questi equilibri possano essere davvero modificati, se non in tempi molto lunghi», chiarisce il presidente di Assagenti.

Il ruolo dello Stato non dovrebbe però nemmeno essere sottovalutato, potendo svolgere determinati compiti. «Il prezioso know-how dei cantieri europei dovrebbe essere difeso con più vigore, pena il rischio di perdere ulteriore competività rispetto all’Asia. L’Italia è leader mondiale nelle navi da crociera e nei megayacht, la Germania nella componentistica, segmenti che negli ultimi anni stanno conoscendo una crescita sostanziale. A crescere sono anche quelli legati alla transizione ecologica, dunque navi a Gnl, idrogeno o elettriche, oltre a unità per l’eolico offshore. L’instabilità del quadro globale, e la domanda di maggiore sicurezza, stanno invece spingendo a massimo regime la Difesa, altro baluardo europeo», nota il presidente di Federlogistica.

Proseguono dunque i parallelismi, tra tessuto produttivo e manifatturiero, su terra e mare. «La cantieristica europea è metafora della sua manifattura, si concentra sugli stessi segmenti, non potendo competere a livello di costo. Le 20 navi da crociera più grandi al mondo sono state tutte costruite in Europa, soprattutto tra Francia e Finlandia, ma pur essendo in termini di tonnellaggio (200mila tonnellate) analoghe alle più grandi portacontainer cinesi, sono estremamente più complesse. Questo si riflette in termini di prezzo, 200 milioni di dollari contro circa 2 miliardi. Un interessante aspetto da considerare è che guardando alla crescente spesa in Difesa, l’Europa è completamente autosufficiente proprio in questo ambito», constata Chamboulive.

Leader inatteso. Le curiosità tutte europee non finiscono però qui, e la Svizzera è proprio al suo centro, non solo geografico, per ragioni non troppo originali, e tutto sommato storiche. «Il

«Nel caso della Germania l’import dalla Cina è calato a 175 miliardi di euro, mentre quello dall’Europa centrale e orientale è passato da 185, agli attuali 230. Nelle medesime regioni sono cresciuti i capex del 62% con una spesa europea che ha raggiunto i 131 miliardi, il livello più alto di sempre»

Craig Wright, Head of European Research Real Estate di abrdn Investments

Svizzera

Movimentazione merci della Conferedazione su acqua (mln T)

Quota del trasporto merci via Reno Commercio intercontinentale su

Il settore si concentra

Quota dei primi 10 operatori per capacità di stiva di navi portacontainer

settore logistico si sta concentrando, i primi cinque operatori controllano l’80% dell’interscambio container globale, oltre che verticalizzando, per soddisfare la domanda crescente di logistica integrata. Le commesse per nuove navi stanno invece vivendo di ‘gigantismo’, appaltate a pochissimi armatori, viaggiano ormai puntualmente su capacità superiori ai 20mila Teu. Tutto questo non può fare a meno di un rapporto molto stretto con l’industria

Un caso molto particolare e curioso è quello della Svizzera, tra i Paesi leader globali nel settore, ospitando alcuni dei principali Gruppi, pur non avendo alcuno sbocco sul mare. Non va però dimenticato il contributo fondamentale dato dal Reno, la porta per una quota significativa dell’import e dell’export, che anche nel caso della Svizzera viaggia in prevalenza proprio su acqua.

Fonte: Fdfa 2025
La
acqua (oceano)
Fonte: Unctad 24

Scappatoie russe

Export di petrolio russo per il tramite della flotta ombra (mia. di barili al giorno)

Attori nell’ombra

Se chi va per mare deve avere molta prontezza nell’affrontare gli imprevisti, negli ultimi anni il novero si è ampliato, in parte quale effetto indesiderato delle sanzioni occidentali alla Russia. «Va proliferando una flotta ombra di navi utilizzate per il trasporto principalmente di petrolio. Secondo Allianz sarebbero circa il 20% della flotta globale di petroliere, tra 600 e 1400 navi, con un utilizzo incrementale anche da parte di Iran e Venezuela», nota Guglielmin. Dunque, qual è il problema? «Si tratta di vettori datati, non manutenuti, e quindi pericolosi per le altre navi. I costi per far fronte a incidenti o problemi, ad esempio ambientali o di incidenti a seguito di rotture, ricade su Governi e assicurazioni, ma a risultarne ulteriormente minata è la sicurezza della navigazione, già messa a dura prova da pirateria e tensioni geopolitiche», conclude il Cio.

Il risultato di sanzionare la Russia è stato un aumento esponenziale della flotta ombra che contrabbanda merci e petrolio degli stati ‘paria’.

finanziaria, in grado di garantire risorse costanti e durature nel tempo, le uniche in grado di far fronte a una vera e propria ‘condanna a crescere’ per tutti gli operatori del settore», riferisce Pessina.

Caratteristica che certo la Svizzera è in grado di soddisfare senza particolari problemi, e dunque? «Per ovvi motivi geografici è del tutto sprovvista di capacità produttive, ma in termini di capacità logistiche e flotta è tra le prime potenze globali. La Confederazione è stata capace di attrarre alcuni dei più importanti operatori del settore, che nel corso del tempo si sono insediati nel Paese, per i suoi tradizionali atout di stabilità economica, finanziaria, e politica, il che ad esempio ha consentito lo sviluppo di nuove filiere di business specie nel segmento della logistica integrata, la nuova chiave di lettura del mercato mondiale», rileva Romeo.

Dalla sua ci sono numeri importanti, e soprattutto un alleato silente, ma presente. «Pur non avendo accesso al mare, buona parte del commercio svizzero viaggia su acqua, specie quella del Reno. A livello di import ben 120mila container all’anno, il 25% del totale, e un terzo dei prodotti petroliferi. La Svizzera è il nono centro marittimo mondiale, e il quarto in Europa per tonnellaggio, con circa 60 compagnie e 900 navi, oltre 2600 considerando anche le società di trading di materie prime. Fiore all’occhiello Msc a Ginevra, la più grande compagnia di trasporto container al mondo», chiosa Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management. È altresì il classico caso in cui la complementarietà è più importante del business stesso. «Sono presenti nel Paese leader indiscussi di settore, da Msc a Kühne+Nagel, proprio per la presenza di altrettanti leader mondiali in settori complementari ma necessari allo sviluppo dell’industria, dunque il comparto assicurativo, finanziario, compliance e di gestione di supply chain sofisticate e complesse. Non bisogna poi dimenticare il ruolo che potrà giocare nei

prossimi anni la sua proverbiale neutralità, in un mondo sempre più polarizzato», nota il presidente di Olg.

Altro importante atout, la proverbiale puntualità e precisione, fondamentali in un’industria dove tutto si gioca su organizzazione e programmazione. «Nei prossimi anni i protagonisti del settore dovranno essere gli investimenti, coordinando gli interventi infrastrutturali così da poter garantire fluidità nei traffici, e nel sistema. A essere indispensabile sarà un’unica cabina di regia che coordini efficacemente tutte le opere necessarie. Su tutti un esempio è Genova: sta costruendo una diga avveniristica in acque profonde per consentire l’accesso alle portacontainer di ultima generazione, ma da sola non è sufficiente. L’afflusso one shot di enormi quantità di merci rende indispensabile sin d’ora progettare e sviluppare le necessarie vie di deflusso rapido, dunque linee ferroviarie efficienti, treni shuttle, servizi innovativi di autotrasporto, e forse una corona di retroporti», commenta il presidente di Federagenti.

Guardando ai prossimi mesi e anni le incertezze sono però molte, e i colpi di scena sicuramente non mancheranno. «Allorquando Suez fosse riaperto nel giro di poche settimane si registrerebbe un eccesso straordinario di offerta di stiva sul mercato, che si tradurrebbe in un crollo verticale dei noli marittimi, che tornerebbe a rendere il trasporto su acqua estremamente competitivo. Sia Suez che Panama escono da una lunga fase di ‘potenziamento’, lavori per consentire il transito a navi ancora più grandi, ma che hanno portato anche a un aumento delle tariffe. Non va scordato che Suez è la prima fonte di entrate del fisco egiziano. Più a lungo termine le normative Esg sono un’altra spada di Damocle sul settore. Come si è soliti dire chi domina il mare, domina il mondo, ma chi va per mare deve anche essere preparato a fronteggiare in ogni momento mille avversità», conclude il Ceo di Ignazio Messina&C. Dominare il mare, e garantire la sicurezza del commercio, specie per uno Stato, l’Europa, mercantile è questione di vita o di morte. Se a questo si aggiunge il fatto che sul piano militare sia tecnologicamente del tutto autosufficiente, il fatto che non riesca a proteggere i propri approvvigionamenti ha del ridicolo. A quando il ritorno dunque di quel dominio che da tanto tempo manca? ❏

Fonte: S&P Global 25
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Dell’arte della guerra

Svizzera e Spagna e il loro accordo a ‘lungo raggio’. Destinus, azienda confederata svizzera, che nella penisola iberica è presente con una filiale, a Madrid, collabora con la società spagnola Grupo Oesía per lo sviluppo e la commercializzazione del missile Ruta.

Ricordo ancora come, nei lontani tempi del liceo, mi fossi dedicato a un’opera meno conosciuta dell’autore de Il Principe: mi riferisco a Dell’arte della guerra, scritto nella prima metà del Cinquecento. Proprio quest’opera mi aveva poi stimolato alla consultazione di altre opere coeve, specialmente quelle illustrate, sull’architettura e l’ingegneria militare. Acquistai, più o meno nello stesso periodo, l’opera di Karl Von Clausewitz anche se, confesso, ne lessi solo poche pagine. Non sono caduto invece nella tentazione di acquistare né di leggere L’Arte della Guerra di Sun Tzu, probabilmente per una serie di pregiudizi (in primis perché è un’opera troppo divulgata).

Fin dall’adolescenza il mio interesse per le militaria si è concentrato in generale sugli aspetti storici, in particolare per quanto concerne il settore dell’aviazione.

Avendo dovuto rinunciare, per via di poche diottrie, alla carriera di pilota militare, mi toccò essere arruolato nella difesa contraerea (vendetta subliminale) e poi servire finalmente nell’aviazione (al di sopra della terra ma anche al di sotto, in un bunker, come ufficiale di stato maggiore e molto, troppo, lontano dal cielo). Questa premessa per spiegare come, da avvocato svizzero con ufficio a Madrid, specializzato in diritto internazionale, sia finito a visitare in ben tre occasioni la fiera Feindef (‘Feria Internacional de Defensa y Seguridad’) a Madrid, una delle più importanti fiere nel settore della difesa in Europa (e non solo), che inizialmente veniva organizzata ogni quattro anni e che ora ha luogo ogni due. Non è certo un caso che l’edizione di quest’anno, tenutasi in maggio, abbia superato tutte le aspettative e che, dal canto mio, abbia deciso di dedicare questo articolo a un settore

A sinistra, uno scorcio della Feindef (Feria Internacional de Defensa y Seguridad), che si è tenuta in maggio a Madrid. Oggi è tra le più importanti fiere dedicate alla difesa. Complice lo scenario geopolitico turbolento, l’edizione 2025 è stata da record.

che, in genere, non è così popolare: quello della difesa e dell’armamento. L’attuale guerra in corso tra Russia e Ucraina, le discrepanze tra gli Usa e la Ue anche in materia di difesa e l’obiettivo della Nato di un aumento fino al 5% del Pil, con il 3,5% destinato alla spesa militare diretta e l’1,5% a settori correlati come cybersecurity e infrastrutture militari, ha portato ad aspettative concrete e a corto termine di una crescita importante di questo settore. Si pensi che tra il 2021 e il 2024, gli Stati membri dell’Ue hanno aumentato la spesa per la difesa di oltre il 30%, raggiungendo circa 326 miliardi di euro nel 2024, pari all’1,9% del Pil dell’Ue.

Nel 2024, le spese relative a “equipaggiamenti & ricerca” hanno toccato i 102 miliardi di euro, ossia oltre il 30% della spesa totale. I membri Ue-Nato hanno speso l’1,99% del Pil nel 2024, con un previsto aumento al 2,04% nel 2025.

Tornando alla Feindef 2025, le cifre sono da record. Come riportato dalla rivista Ejercitos: “Con una crescita senza precedenti, questa quarta edizione ha superato tutte le aspettative, attirando oltre 44mila visitatori, 601 espositori e 93 delegazioni internazionali provenienti da 61 Paesi, secondo i dati ufficiali. In un contesto geopolitico turbolento, Feindef 2025 ha rappresentato una vetrina per le ultime novità in materia di difesa,

nonché un’occasione per lo scambio di conoscenze e la creazione di alleanze nel settore della difesa. (…). La superficie espositiva ha raggiunto i 66.690 metri quadrati, con un aumento del 67% rispetto al 2023 (…). Con 601 espositori, di cui 187 internazionali e il 75% di Pmi, la fiera ha dimostrato la sua capacità di attrarre sia grandi multinazionali che piccole imprese, favorita anche dal contesto. La presenza di 93 delegazioni internazionali e rappresentanti di 61 Paesi ha rafforzato il suo carattere globale, consolidando Madrid come punto d’incontro”.

Devo ammettere che passeggiare tra i corridoi di questa fiera è davvero impressionante e ricorda immagini cinematografiche di film di spie e avventura quando i protagonisti visitano pittoreschi supermercati di armi o si vedono impiegati mezzi in apparenza futuristici (scrivo “in apparenza” perché sorprende quanto l’industria cinematografica anticipi con notevole precisione i prodotti dell’industria bellica). Non potevano mancare numerosi stand dedicati ai droni, alla cyberdifesa e anche alla Ia legata alla logistica militare. A parte un avvocato ticinese (il sottoscritto, alla stregua di uno Zelig) tra i pochi curiosi, abbondano tra i visitatori quelli in uniforme, funzionari di ministeri della difesa, diplomatici e tanti imprenditori, rappresentanti di Pmi.

Per quanto riguarda la Svizzera, due sono le notizie rilevanti nell’ambito di questa fiera: uno stand e un accordo.

Lo stand è quello della General Dynamics European Land Systems (Gdels), dove si presenta la divisione svizzera Gdels - Mowag di Kreuzligen con una primizia illustrata nel web: “Also showcased for the very first time at a public event will be the Piranha Advanced Artillery Carrier (Aac), which brings together the Piranha Hmc 10x10 platform with the fully-automated 155 mm / L52 Artillery Gun Module Agm from Knds – the perfect combination of firepower and mobility”, un mezzo in servizio anche nel nostro esercito.

L’accordo più curioso (almeno per me, confesso spasimante dell’aviazione): quello tra la società spagnola Grupo Oesía e la svizzera Destinus (anche con una filiale a Madrid) per lo sviluppo e commercializzazione del missile ‘Ruta’. Secondo l’informazione pubblicata dalla rivista Defensa: “Destinus, a European disruptive aerospace and defense technology company focused on the development of autonomous

flight vehicles, high-speed systems and advanced defense software solutions, and Grupo Oesía, a multinational company dedicated to dual-use digital and industrial engineering, have signed a strategic technological collaboration agreement for the joint development, production and marketing of a long-range defense system,currently operational in real-life scenarios and with a high Spanish industrial component. The agreement will focus, in its first phase, on the “Ruta” long-range missile. This is the first Low-Cost Missile (Lcm) drone developed by Destinus, designed to operate in highly contested scenarios. The system incorporates an advanced guidance, navigation, and control (Gnc) system, developed by UavNavigation-Grupo Oesía, which has been validated in real-world combat conditions, including environments with denied Gnss or under jamming and spoofing attacks”.

La società svizzera Destinus, con sede nel Canton Vaud (ma con filiali in Spagna, Francia, Paesi Bassi e Germania), è stata fondata da un fisico e imprenditore di origine siberiana (ma che ha pubblicato la sua rinuncia alla nazionalità russa nel 2024) e ha come missione “la progettazione e costruzione di sistemi di volo autonomi per tutte le velocità, al fine di proteggere, esplorare e connettere il mondo” e come visione: “aspirare a un mondo sicuro e connesso, guidato dai progressi in termini di autonomia, velocità ed efficienza dei nostri sistemi di volo”.

Ma, in contrasto con i dati del successo della Feindef 2025 e senza poter entrare con la dovuta profondità nel merito, devo segnalare alcune circostanze che inducono a una riflessione. Come funziona il sistema di finanziamento di queste Pmi dato che la maggior parte delle banche escludono detti finanziamenti considerati in contrasto con la politica Esg? I fondi europei come ‘European Defense Fund (Edf)’ finanziano progetti di R&D ma non la crescita delle piccole e medie imprese del settore. Anche la burocrazia, in particolare per quanto riguarda le esportazioni, è decisamente un onere non facile da gestire per imprese che non siano delle vere e proprie multinazionali.

In Svizzera, è del dicembre 2024 un’interpellanza, del Consigliere agli Stati Fabio Regazzi e cofirmatari, a favore della partecipazione delle Pmi elvetiche e considerazione delle regioni linguistiche nell’ambito di acquisti di armamenti all’estero (offset), con particolare riferimento al progetto ‘Air 2030’ che sta vedendo ag-

David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Legale Mülchi & Asociados, Madrid e Lugano.

giudicazioni importati a sole due grandi aziende della Svizzera tedesca: Sr-Technics e Ruag.

A proposito della Svizzera, non si può naturalmente non considerare la questione politica della nostra neutralità, tornata alla ribalta in relazione ai progetti di cooperazione con la Nato e/o eserciti attualmente in vigore e in sviluppo. I divieti di esportazione e riesportazione di prodotti dell’industria del settore della difesa in Svizzera a Paesi in guerra, certamente può essere una circostanza limitante (attualmente ovviata attraverso lo stabilimento di filiali all’estero, come riporta un’intervista di Bloomberg all’imprenditore svizzero Peter Huber, che dichiara di aver deciso di spostare parte della sua produzione da Boudry, nel Canton Neuchâtel, in Portogallo).

Fermo restando che, a titolo strettamente personale, trovo essenziale difendere il nostro principio di neutralità (così come, e senza eccezioni, la nostra democrazia diretta) e in particolare il divieto di esportazione o riesportazione di armi a Paesi partecipanti a un conflitto, trovo che la possibilità di collaborazioni tra imprese svizzere, e in particolare Pmi, con imprese estere sia da incentivare come soluzione per la crescita della R&D e la commercializzazione di tecnologie che nella maggior parte dei casi hanno un doppio uso (civile e militare) e che comunque contribuiscono a un necessario sistema di difesa.

Sarebbe stato d’accordo con me anche Machiavelli?

La gestione delle crisi di liquidità

Quali sono responsabilità e obblighi degli organi amministrativi delle società di capitale nella prevenzione e nella gestione delle crisi di liquidità? Una comparazione fra l’ordinamento svizzero e quello italiano, simili ma non uguali.

Un’inaccurata gestione della solvibilità, rispettivamente della liquidità, è causa, generalmente, di importanti crisi societarie e può portare in ultima battuta a uno stato di insolvenza. Pertanto, il Consiglio di Amministrazione è chiamato a gestire la liquidità della società in modo accurato e attento, anche quando non ci siano sentori di crisi imminenti. In particolar modo, il CdA è responsabile di: (i) una corretta e tempestiva pianificazione della liquidità (investimenti inclusi, tenendo in considerazione i mezzi liquidi disponibili e i previsti afflussi e deflussi di cassa); (ii) l’adozione di appropriate misure volte a garantire e migliorare la liquidità; (iii) un costante monitoraggio della liquidità (tra cui l’implementazione di un regolare e accurato meccanismo di controllo interno). Questi compiti vanno considerati quale processo ciclico, da adattare e aggiornare alla luce dei nuovi sviluppi nonché delle misure adottate.

Per ottimizzare la liquidità aziendale, è importante considerare diverse misure che migliorino il cash flow e aumentino i fondi liquidi, riducendo al contempo le posizioni creditorie scoperte. Di norma, è consigliato dotarsi di un piano di liquidità, più o meno dettagliato a seconda delle dimensioni e delle attività della società, da aggiornarsi regolarmente, anche in assenza di una situazione di crisi, adottando un orizzonte temporale di 12 mesi.

Il presente articolo ha l’obiettivo di sintetizzare, mediante un confronto, come l’ordinamento svizzero e quello italiano regolano le responsabilità e i compiti degli organi amministrativi delle società di capitale, in relazione alla gestione della liquidità e alla prevenzione delle crisi societarie.

Obblighi del CdA in situazione di crisi di società svizzere

In caso di crisi, gli amministratori di società di capitali devono intraprendere, con la dovuta urgenza e in base alle circostanze specifiche, tutte le azioni ragionevolmente necessarie per risolverla e garantire la sopravvivenza aziendale. Ciò comporta un maggiore monitoraggio nella gestione quotidiana e operativa della società da parte del CdA, attività che normalmente sono di competenza della direzione (management) ove esistente, richiedendo una maggiore collaborazione e comunicazione tra i rispettivi membri per garantire che le decisioni siano sempre ben informate e che le azioni siano coordinate in modo efficace. Qualora vi sia il rischio che la società diventi insolvente, il CdA deve adottare misure di risanamento e, se necessario, presentare una domanda di moratoria concordataria.

Nel caso in cui la situazione di insolvenza si aggravi e sopraggiunga una perdita di capitale (cfr. art. 725a CO) - vale

a dire, qualora gli attivi societari, una volta dedotti i debiti, non coprano più la metà della somma del capitale azionario e delle riserve legali da capitale e da utili non rimborsabili agli azionisti - il CdA è chiamato a implementare apposite misure volte a eliminare tale perdita di capitale. Per effetto delle nuove normative in materia, anche qualora la società non abbia un ufficio di revisione, l’ultimo conto annuale dovrà essere sottoposto a revisione limitata da parte di un revisore abilitato prima di essere proposto all’assemblea generale per approvazione.

Infine, laddove la crisi dovesse acuirsi al punto da comportare un’eccedenza di debiti (cfr. art. 725b CO), il CdA dovrà immediatamente allestire due conti intermedi stimando rispettivamente i beni secondo il valore d’esercizio e secondo il valore di alienazione (con determinate eccezioni). Tali conti dovranno essere revisionati. Qualora entrambi confermassero l’eccedenza di debiti, il CdA è tenuto ad avvisare il competente giudice fallimen-

Possibili misure per migliorare il cash flow e aumentare i fondi liquidi

• Gestione oculata dei debitori per ottenere un tempestivo pagamento delle fatture, incentivando pagamenti anticipati tramite sconti o agevolazioni

• Riduzione dell’inventario invenduto

• Posticipo di investimenti pianificati ma non (più) essenziali

• Assunzione di prestiti

• Immissione di nuova liquidità mediante aumenti di capitale

• Operazioni di sale-and-leaseback

• Vendita di attivi fissi o unità aziendali non (più) essenziali

• Gestione dei creditori prioritizzando i pagamenti

• Riduzione dei costi del personale tramite lavoro a breve termine, riduzioni salariali, licenziamenti, ecc.

• Risoluzione di contratti non (più) essenziali

• Negoziazione di rifinanziamenti bancari e/o accordi di postergazione con i creditori

«In virtù della business judgment rule applicata nell’ordinamento svizzero, il CdA ha ampio margine di discrezionalità nel determinare le misure da attuare nella gestione della liquidità e nella prevenzione delle crisi societarie, purché adotti una corretta procedura decisionale fondata su adeguata informazione»

Rocco Rigozzi, avvocato, LL.M. e notaio, partner dello Studio Bär & Karrer

La normativa svizzera in breve: la riforma del diritto societario

L’articolo 725 del Codice delle obbligazioni svizzero (CO), nella sua versione introdotta il 1 gennaio 2023 nel quadro della riforma del diritto societario, impone diversi obblighi agli organi di amministrazione delle società di capitali (CdA o gerenza) in merito ai rischi d’insolvenza e al monitoraggio della liquidità di società anonime e società a garanzia limitata. Ai sensi di tale normativa, il CdA ha il compito di sorvegliare la solvibilità della società. Qualora vi sia il rischio che la società diventi insolvente, il CdA deve adottare provvedimenti che garantiscano la solvibilità, se del caso proponendone l’adozione all’assemblea generale. Se necessario, il CdA deve presentare una domanda di moratoria concordataria. Uno degli obiettivi di tale modifica normativa è quello di sensibilizzare gli organi di amministrazione societari in merito all’importanza di una corretta gestione della liquidità e della copertura del capitale.

Da sottolineare che il nuovo articolo di legge non ha imposto nuovi obblighi, ma ha formalizzato quelli già previsti dalla giurisprudenza svizzera riguardo agli obblighi di diligenza (art. 717 CO). Anche in condizioni normali, il CdA deve pianificare, gestire e monitorare la liquidità con attenzione. In caso di crisi di liquidità, questi obblighi diventano ancora più stringenti: il Consiglio di Amministrazione deve prioritariamente pianificare, monitorare e attuare le misure necessarie per garantire la liquidità.

Le misure di liquidità e altri passi da intraprendere sono soggetti alla ragionevole discrezione del CdA. Le sue decisioni sono protette, in determinate condizioni, dal principio della business judgment rule di origine anglosassone. Questo principio stabilisce che le decisioni prese dal CdA seguendo una corretta procedura (quindi, adeguatamente protocollate), basate su informazioni precise e senza conflitti di interesse, generalmente non vengono messe in discussione (a posteriori) dai tribunali nei processi di responsabilità contro i membri del CdA.

tare. A seconda delle circostanze, la procedura potrebbe sfociare in una dichiarazione di fallimento o in una moratoria concordataria. In taluni casi, il CdA può evitare di avvisare il giudice, segnatamente in caso di ottenimento di postergazioni da parte di importanti creditori o di fondate prospettive di eliminare l’eccedenza dei debiti entro al massimo 90 giorni dalla presentazione dei conti intermedi, senza

compromettere ulteriormente il pagamento dei creditori.

In virtù della protezione della business judgment rule applicata in Svizzera, il CdA ha un ampio margine di discrezionalità nel determinare le misure da adottare, purché vengano rispettati i requisiti per applicare tale principio - in particolare una corretta procedura decisionale fondata su adeguata informazione.

Obblighi del CdA in situazione di crisi di società italiane

Gli amministratori delle società di capitale italiane devono valutarne costantemente lo stato di salute e verificare periodicamente se la struttura organizzativa è adeguata alla natura e alle dimensioni dell’impresa, se c’è equilibrio economico e finanziario, nonché quale sia il prevedibile andamento dell’attività per i successivi 12 mesi.

Per consentire al CdA di identificare rapidamente una crisi, è necessario: (i) un efficiente sistema di controllo di gestione; (ii) un sistema di reporting; (iii) una valutazione periodica delle linee strategiche e dell’efficienza della struttura aziendale; (iv) l’adozione di decisioni amministrative e gestionali al fine di preservare il patrimonio aziendale; (v) l’adozione di adeguate misure di risanamento.

Come possibili misure di risanamento, la legge italiana prevede diversi tipi di accordi con i creditori e procedure di concordato, che l’imprenditore deve tempestivamente attivare, mantenendo la gestione aziendale e dovendo passare davanti al Giudice solo in via di autorizzazione di determinate operazioni straordinarie e/o per omologa dei piani di risanamento e accordi con i creditori proposti.

La normativa italiana (cfr. Art. 120-bis Codice della Crisi) consente agli amministratori di effettuare le operazioni di risanamento anche ‘in odio’ ai soci, essendo fatto divieto di revocare gli amministratori se non per giusta causa. Gli amministratori devono comunque informare i soci e riferire loro periodicamente; tuttavia, la decisione di accedere a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza spetta esclusivamente agli amministratori, che stabiliscono anche il contenuto della proposta e le condizioni del piano di risanamento, che può prevedere qualsiasi modificazione dello statuto della società debitrice, inclusi aumenti e riduzioni di capitale con eventuale limitazione o esclusione del diritto di opzione e altre modifiche che influenzano direttamente i diritti di partecipazione dei soci, nonché fusioni, scissioni e trasformazioni. Gli amministratori hanno il dovere generale di proteggere il patrimonio della società, al fine di evitare pregiudizi per i creditori conseguenti a una riduzione del valore del patrimonio sociale. Inoltre, nel rispetto dei principi di buona fede e cor-

rettezza, alla base di tutta la fase della crisi d’impresa, gli amministratori devono, in particolar modo: (i) fornire ai creditori tutte le informazioni sulla situazione della società; (ii) adottare tempestivamente le iniziative opportune per la rapida composizione dello stato di crisi, senza pregiudizio dei diritti dei creditori; (iii) gestire l’impresa nel rispetto degli interessi prioritari dei creditori.

Per quanto riguarda una società in stato di crisi, in sintesi, gli amministratori possono essere responsabili, in una prospettiva di diritto civile qualora, inter alia, non abbiano individuato tempestivamente i segnali della crisi o non abbiano utilizzato tempestivamente e correttamente le misure necessarie per superarla. Ne deriva una significativa limitazione del tradizionale concetto di insindacabilità delle scelte gestorie: i vertici aziendali mantengono piena libertà riguardo le decisioni operative, ma sono strettamente vincolati nell’implementazione degli assetti organizzativi.

Tenendo conto delle osservazioni di cui sopra, la responsabilità degli amministratori sarà valutata in modo più severo se le misure e strutture adeguate sono state omesse o non sono state correttamente attuate. Tuttavia, per stabilire la responsabilità degli amministratori, è necessario provare che c’è stato un danno e che tale danno non si sarebbe verificato se le misure adottate dagli amministratori fossero state adeguate (giudizio controfattuale).

Regimi simili, ma non uguali

In conclusione, l’importanza della gestione della liquidità e della solvibilità aziendale è fondamentale per prevenire crisi societarie e situazioni di insolvenza conclamata. Gli ordinamenti svizzero e italiano condividono l’obbligo per gli amministratori della società di pianificare accuratamente la liquidità, adottare misure appropriate e monitorare costantemente i flussi di cassa. Tuttavia, le metodologie e le disposizioni specifiche possono variare tra i due paesi, con approcci distinti nell’ottimizzazione del cash flow e nella gestione delle posizioni creditorie.

L’ordinamento italiano sembra inoltre voler rinforzare la posizione del CdA a tal punto che, in situazioni di crisi, possa a determinate condizioni bypassare il volere dei soci e degli azionisti. Nell’ordinamento svizzero, invece, le competenze inalienabili degli azionisti,

«La possibilità per gli amministratori di società di capitale italiane di decidere a proprio giudizio se la società versi in stato di crisi e se sia giunto il momento di adottare misure adeguate viene ridotta dalle disposizioni di legge di recente adottate, che sembrano destinate a limitare la portata della business judgement rule»

Cristina Fussi, avvocato, partner di De Berti Jacchia

La normativa italiana in breve: gli obiettivi del Codice della Crisi

Anche il Legislatore italiano, recependo gli orientamenti giurisprudenziali consolidatesi negli anni, ha modificato la disciplina normativa in merito ai principali doveri degli amministratori di società di capitali, in particolar modo in ottica di sollecita emersione (e conseguente gestione) di una situazione di crisi. In linea con le modifiche del Codice delle obbligazioni svizzero, il Legislatore italiano con l’entrata in vigore del Codice della Crisi (d.lgs. n. 14/2019) ha integrato i vari obblighi di sorveglianza e monitoraggio dei rischi di insolvenza (vedasi gli artt. 2086 e 2476 del Codice Civile, come modificati dagli artt. 375 - 378 del Codice della Crisi). Il Codice della Crisi incentra l’intero sistema della responsabilità degli amministratori sul dovere di (i) istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; (ii) dotare la società di misure idonee a individuare tempestivamente lo stato di crisi e la perdita di continuità aziendale; (iii) adottare tempestivamente le iniziative necessarie per superare tale situazione, attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. In altre parole, anche per il Legislatore italiano l’obiettivo attuale è individuare in anticipo le situazioni di stress economico e finanziario per favorire una risposta più tempestiva. Conseguentemente, l’intera disciplina della responsabilità degli amministratori è strutturata in vista del dovere di gestire correttamente il rischio di crisi e preservare la continuità aziendale, concetto che a partire dalla riforma del 2006, e poi soprattutto del 2012, ha trovato sempre più spazio fino a diventare, nel Codice della Crisi e nella direttiva Insolvency, il vero paradigma della ristrutturazione.

rispettivamente dell’assemblea generale degli azionisti - soprattutto in ambito di misure volte ad aumenti o riduzioni di capitale - vanno salvaguardate.

Sebbene prevista da entrambi gli ordinamenti, la portata della protezione del business judgment rule appare di primo acchito più limitata nell’ordinamento italiano. Infatti, la responsabilità degli amministratori di società di capitale italiane viene valutata in modo più severo se le misure e strutture adeguate sono state omesse o non sono state correttamente attuate. Nell’ordinamento svizzero, il

CdA mantiene invece ampio margine di discrezionalità nel determinare le misure da attuare, purché adotti una corretta procedura decisionale fondata su adeguata informazione.

Il presente articolo è stato realizzato a quattro mani dagli Avv. Rocco Rigozzi e Andrea Ziswiler (partner dello Studio Bär & Karrer, Lugano e Zurigo) per parte svizzera, e dagli Avv. Cristina Fussi e Stefania Merati (rispettivamente partner e senior associate di De Berti Jacchia, Milano) per parte italiana.

Articolare il futuro dell’ortopedia

La centralità del benessere del paziente che caratterizza l’unica azienda ortopedica fondata da uno di loro, ha ispirato lo sviluppo delle tecniche mininvasive e delle soluzioni personalizzate che hanno proiettato Medacta fra le aziende leader del settore. Una crescita che prosegue con importanti investimenti, dall’R&D alla formazione medica all’ampliamento dei centri all’avanguardia in Ticino, guidata dalla visione della famiglia Siccardi e dal suo impegno per un’innovazione sostenibile.

Non avvertire più alcun dolore e poter tornare a muoversi e a svolgere tutte le consuete attività senza limitazioni, scordandosi di un’articolazione artificiale, è la miglior dimostrazione di un intervento ortopedico perfettamente riuscito, come attesta anche un apposito punteggio clinico, il Forgotten Joint Score. «Da ormai un decennio siamo all’avanguardia nel ridefinire l’approccio all’artroplastica del ginocchio grazie all’introduzione di una nuova tecnica personalizzata, l’allineamento cinematico, che ha cambiato il dogma con cui un chirurgo affronta una protesi di ginocchio, fra le più sfidanti», esordisce Francesco Siccardi, Ceo di Medacta, citando subito un esempio emblematico di quella capacità di pensare fuori dagli schemi che ha portato, in soli 25 anni, la start up di Castel San Pietro fra i player più rilevanti della chirurgia ortopedica e vertebrale, alle spalle solo

delle quattro multinazionali statunitensi che presidiano un mercato da decine di miliardi di dollari.

A sinistra, la rivoluzionaria piattaforma

NextAR - dimostrazione della capacità di innovazione di Medacta - mette la realtà aumentata a disposizione del chirurgo, dalla pianificazione preoperatoria all’intervento in sala. Sotto GMK SpheriKA, prima protesi del ginocchio sviluppata per l’allineamento cinematico, altra tecnica che vede l’azienda di Castel San Pietro antesignana, con un approccio basato sulla personalizzazione e il benessere del paziente. In basso, il sistema di protesi P-Family per l’artroplastica dell’anca, altro segmento principale di Medacta, nel quale ha svolto i suoi primi interventi minivasivi sin dal 2004.

Tornando all’esempio dell’al linemanto cinematico, nel 2015 Medacta ha avviato una sperimenta zione insieme a un chirurgo disruptive che ha intuito come ripristinando l’o rientamento naturale della linea arti colare del ginocchio allo stato pre-artritico, unico per ogni individuo, si migliorino re cupero e funzionalità rispetto all’approc cio standard che, prescindendo dalle caratteristiche anato miche e fisiologiche del paziente, si limitava all’allinea mento meccanico per garantire funzionamento ottimale e durata

della protesi, ma così ripercuotendosi sull’intera catena cinematica, considerato come la natura non doti nemmeno il 15% della popolazione di gambe ‘dritte’. «Se all’inizio ridevano di noi e fino a cinque anni fa ci davano dei visionari, oggi l’allineamento cinematico è il tema più importante di tutti i congressi di ortopedia internazionali. Le conferme ricevute ci hanno spinto a progettare anche una protesi del ginocchio ottimizzata per questa tecnica, il Gmk SpheriKA, che dopo il lancio ufficiale negli Stati Uniti nel 2023, abbiamo continuato a presentare in tutta Europa», sottolinea il Ceo di Medacta. Storicamente il Forgotten Joint Score è sensibilmente inferiore per il ginocchio rispetto

all’anca. Recentemente è stato pubblicato uno studio indipendente che mostra come questo nuovo impianto in combinazione con l’allineamento cinematico abbia raggiunto un Forgotten Joint Score superiore al valore considerato di successo in un intervento di protesica d’anca.

In un settore molto chiuso, competitivo e complesso come quello delle protesi articolari è fondamentale dimostrare un chiaro vantaggio clinico affinché un chirurgo o una struttura ospedaliera prenda in considerazione l’adozione di un prodotto e di una tecnica operatoria differenti da quelli abitualmente utilizzati. «Ogni volta che ci avviciniamo a un nuovo segmento del business, per noi è fondamentale capirne le sfide e le necessità, per individuare soluzioni davvero innovative che migliorino in maniera significativa il benessere dei pazienti e il lavoro dei chirurghi rispetto allo status quo. Non ci limitiamo a realizzare prodotti “me-too” per includere nel nostro portafoglio la ‘versione Medacta’ di dispositivi medicali già sul mercato. Un approccio che discende anche dall’unicità di essere un’azienda ortopedica che da un paziente è stata fondata», osserva il Ceo, ricordando come suo padre Alberto Siccardi, che gli ha passato il testimone a fine 2018 e oggi presiede il Board, abbia intuito le opportunità di migliorare le cure nel campo ortopedico proprio dopo essere rimasto insoddisfatto dall’esperienza vissuta in prima persona.

Anche il 2024 si è confermato un anno di significativa crescita per Medacta, con un incremento del fatturato di oltre il 16% in valute locali (a 591 mi lioni di euro), accoppiato a un aumento della profittabilità persino superiore alle aspettative (utile netto di 73 milioni di euro), registrando progressi in tutte le aree geografiche in cui l’azienda è presente: Emea e Nord America, rispettivamente primo e secondo mercato (48% e 30,4% del fatturato) sono cresciuti entrambi del 16,5%, solo di un paio di punti inferiore l’Asia Pacifico (che include Giappone e Australia) e anche un segmento piccolo per Medacta come l’America latina (2,1%) si sta sviluppando in maniera rilevante (+22,5%). «Anche tutte le linee di prodotto sono cresciute in maniera molto più rapida del mercato di riferimento, da 2 a 7 volte, il che conferma che stiamo conquistando quote importanti», evidenzia il Ceo di Medacta, presente con le sue

«Ogni volta che entriamo in un nuovo segmento di business, è fondamentale capirne le sfide e le necessità per individuare soluzioni davvero innovative che migliorino in maniera significativa il benessere dei pazienti. Un approccio che discende anche dall’unicità di essere un’azienda ortopedica che da un paziente è stata fondata»

Ricavi per area geografica % fatturato 2024 (fra parentesi % crescita)

Ricavi in crescita a doppia cifra Fatturato in mln euro

Fonte: Medacta

La crescita dei collaboratori Numero posti di lavoro

Fonte: Medacta

Anno su anno la crescita di Medacta prosegue a ritmi ben superiori al mercato di riferimento, in tutte le aree geografiche e le linee di prodotto in cui è attiva, supportata dall’aumento dei collaboratori (ormai oltre 2mila, la metà circa in Ticino) e dagli investimenti strategici.

sedi in 14 Paesi e, con le sue soluzioni, in ormai una settantina. Dopo aver cominciato con anca e ginocchio, ancora oggi circa il 40% ciascuna dei ricavi, è entrata dal 2009 nel segmento della colonna vertebrale e, a seguire, nella spalla e nella medicina sportiva, cui proprio un

paio di mesi fa ha impresso una nuova accelerazione acquisendo Parcus Medical, azienda statunitense specializzata in medicina sportiva e artroscopia. Crescere a doppia cifra è ormai un’abitudine con l’eccezione del -2,6% in pieno Covid. «Nel periodo della pande-

mia abbiamo ulteriormente rafforzato la nostra supply chain, sotto la guida di mio fratello Alessandro che ne è responsabile, ci ha permesso di essere pronti quando la domanda si è rimaterializzata, a differenza di molti competitor che avevano tagliato. Merito anche della visione di lungo termine che un’azienda di famiglia può promuovere», commenta Francesco Siccardi. Avendo quotato solo il 30% del capitale azionario, la famiglia ha mantenuto la maggioranza. Inoltre, l’Ipo ha permesso di guadagnare in visibilità e attrattività,

Trasformando tecniche chirurgiche classiche in interventi mininvasivi e, nell’ultimo decennio, focalizzandosi sempre più sulla medicina personalizzata, Medacta ha trovato la strada per coniugare innovazione e sostenibilità, progettando soluzioni in grado di contribuire alla riduzione dei costi per ospedali, cliniche, assicuratori e i pazienti stessi. Ad esempio, già nel 2004 ha introdotto l’innovativa tecnica Amis (Anterior Minimally Invasive Surgery) per l’anca che, preservando muscoli e nervi con un intervento minin-

Progetto di ampliamento della sede di Rancate (termine lavori 2027/28)

verso clienti e talenti. «Prima della quotazione, quando presentavo all’estero Medacta, la mia frase classica era: “Medacta is the largest company in orthopedic you never heard of”. Non ci conoscevano ancora - il che, alla luce dell’importanza della fiducia nel nostro ambito, costituiva un limite rilevante. Uscire dalla dimensione privata, con gli obblighi di reportistica, certificazione, revisione e comunicazione cui deve sottostare una quotata, ci ha permesso di incrementare la visibilità e ha consentito ad altri stakeholder di partecipare al successo e alla crescita di Medacta. Inoltre ha consentito di rafforzare la nostra Employer Value Proposition, con un piano di incentivazione a lungo termine che offre l’opportunità ai dipendenti non solo di contribuire attivamente ma anche di beneficiare del successo dell’azienda, sommandosi alle iniziative di promozione della crescita professionale e del benessere del personale», nota Francesco Siccardi. Misure che rispecchiano la priorità di mantenere e attrarre talenti, non solo in produzione, R&D e ruoli dirigenziali, ma anche - fondamentale per la crescita - sul fronte della forza vendita, tenendo presente che perdere dei venditori vuol dire rischiare di perdere il gruppo di chirurghi che servono - e, viceversa, acquisirne.

altre patologie degenerative dell’apparato muscolo-scheletrico.

Medacta continua a investire in Ticino, nei due centri all’avanguardia di Rancate (chirurgia vertebrale) e Castel San Pietro (headquarter) e a creare nuovi posti di lavoro, per rispondere alla crescente domanda globale con una raddoppiata capacità produttiva).

vasivo, facilita il recupero postoperatorio creando i presupposti per proporre l’intervento in regime ambulatoriale e potenzialmente ridurre le successive sedute di fisioterapia, contribuendo a migliorare il benessere del paziente e ad alleggerire la pressione economia sul sistema sanitario. Una priorità a fronte dell’evoluzione demografica che, con una popolazione geriatrica in forte crescita, vedrà aumentare considerevolmente l’incidenza di artrosi e

Tuttavia non bastano un prodotto o una tecnologia particolarmente innovativi per superare le barriere di adozione, in una nicchia in cui il tasso di successo degli interventi è altamente correlato alla familiarità con strumenti e procedure: «Non ci limitiamo pertanto a portare al chirurgo l’innovazione, ma gli indichiamo anche una via sicura, collaudata, per servirsene in maniera ottimale, attraverso il programma di training proposto dal nostro M.O.R.E. Institute, lanciato già nel 2004: avevamo un fatturato di appena una ventina di milioni di franchi, ma ci siamo subito accorti che era strategico accompagnare i nostri clienti nel processo di apprendimento e adozione per evitare che le nostre soluzioni facessero le spese della learning curve. Oltre ai corsi che proponiamo in tutto il mondo, i chirurghi hanno la possibilità di vedere in sala operatoria colleghi esperti che già utilizzano le nostre soluzioni e possono anche richiederne l’assistenza durante il loro primo intervento», sottolinea Francesco Siccardi. Ben 110 i corsi organizzati l’anno scorso e 2.700 le visite one-to-one. Ma soprattutto nel 2024, in concidenza con il 25esimo anniversario di Medacta, si è tenuto anche il decimo simposio biennale del M.O.R.E. Institute, inaugurando con la cinque giorni a Lugano un tour mondiale in Stati Uniti, Australia e Giappone, che ha coinvolto oltre duemila partecipanti: un’occasione unica per condividere esperienze e conoscenze per migliorare la cura e i risultati dei pazienti. Già oggi l’ecosistema di soluzioni digitali di Medacta è all’avanguardia, come impone la medicina personalizzata. Ad esempio, con NextAR Augmented Reality Surgical Platform, l’azienda di Castel San Pietro è pioniere nell’introdurre la realtà aumentata nel processo chirurgico, offrendo significativi vantaggi in termini di personalizzazione del piano preoperatorio, accuratezza nell’esecuzione delle resezioni e nel posizionamento dell’impianto, in base all’anatomia e alla biomeccanica di ciascun paziente. Durante l’intervento, in real time, occhiali intelligenti sovrappongono al campo visivo operatorio informazioni accurate

© Medacta
© Medacta

Un patto di famiglia

La storia di Medacta offre la perfetta dimostrazione di come da una crisi possa nascere un’opportunità: così, una caduta in montagna ha portato Alberto Siccardi ad analizzare le opportunità del settore. Spinto dal desiderio di migliorare le cure per i pazienti ortopedici e grazie al capitale appena realizzato con la vendita al colosso statunitense Baxter dell’azienda farmaceutica di famiglia, la Bieffe Medital, nel 1999 si è lanciato nell’avventura di Medacta, invitando presto i figli ad affiancarlo. Se a Francesco ha passato il testimone a fine 2018, in coincidenza con il processo di quotazione, Alessandro è responsabile della supply chain, mentre Maria Luisa Siccardi Tonolli, dopo aver seguito la strategia finanziaria e il progetto della quotazione, rimane a capo del Family Office ed è vicepresidente della Fondazione Medacta For Life, che lei stessa ha ispirato, dando un contributo rilevante allo sviluppo di una strategia organica sulla responsabilità sociale dell’impresa, che ben rispecchia la visione a lungo termine di Medacta, impegnandosi principalmente in iniziative per supportare l’infanzia, in progetti di utilità sociale per la comunità e in missioni umanitarie in tutto il mondo.

sull’anatomia del paziente in modo altamente intuitivo, permettendo al chirurgo di prendere decisioni più consapevoli e personalizzate. «Lo abbiamo appena introdotto con brillanti risultati anche per la spalla, che storicamente non ha mai avuto grande supporto dalla tecnologia, e questo ci ha permesso, nonostante il nostro recente ingresso in questo mercato, di diventarne market leader in Svizzera», aggiunge Francesco Siccardi. Complementarmente, l’intelligenza artificiale e macchine learning rendono sempre più efficiente e precisa non solo la gestione automatizzata delle immagini, ma tutta la pianificazione e l’analisi preoperatoria, creando modelli predittivi personalizzati. Ogni anno, circa il 5% del fatturato viene investito in R&D. Fondamentale anche la collaborazione con istituti di ricerca e università, con partnership vantaggiose per entrambe le parti. Ormai di lungo corso le relazioni con molte università e centri di ricerca, sia in Svizzera che all’estero. Anche per il 2025 Medacta prevede una crescita delle vendite del 13-15%. Guardando al futuro, l’acquisizione di Parcus Medical dovrebbe aprire nuove opportunità nella sport medicine, un mercato potenziale di 7 miliardi di dollari. «Rimaniamo, anche per l’età media dei collaboratori sotto i 40 anni, una realtà giovane, proprio perché assumiamo molti talenti da far crescere in azienda, seguendo una logica bottom-up che ci

Da sinistra, Alberto Siccardi, fondatore di Medacta e oggi presidente del CdA, con i figli Francesco (Ceo), Maria Luisa Siccardi Tonolli (vicepresidente Medacta For Life Foundation e membro CdA), e Alessandro (Supply Chain Officer). Nel 2024, doppio anniversario: 25 anni per l’azienda e decimo simposio della sua piattaforma di alta formazione medica, il M.O.R.E. Institute.

Da start up a quotata, leader di chirurgia ortopedica

Pietre miliari e contributo delle linee di prodotto al fatturato

Lancio GMK SpheriKA

Sede Rancate

AMIS, prima tecnica minivasiva Medacta

Inizio sviluppo MySolutions Personalized Ecosystem con il primo caso MyKnee

permette di condividere i valori della nostra cultura», precisa il Ceo di Medacta. Entrato in azienda nel 2001, subito dopo gli studi in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano, ha potuto partecipare in prima persona alla crescita della start up di Medacta. «Allora non c’erano che una ventina di collaboratori, oggi abbiamo appena passato la soglia dei duemila. È stata un’occasione unica di apprendimento. Oggi, nel mio ruolo di Ceo di una società quotata, affiancato da un Board e dai miei fratelli, mi trovo in una situazione diversa da mio padre nei precedenti vent’anni, ma tutti noi in azienda e in famiglia abbiamo cercato di assorbire la lezione che ci ha trasmesso con la tenacia e la strategia che hanno ispirato il raggiungimento di tanti successi», conclude Francesco Siccardi. Parcus Medical reca inoltre in dote un sito produttivo in Florida che potrebbe far comodo per affrontare i dazi statunitensi.

Anche se internazionale lo è di nome e di fatto, Medacta conferma però il suo radicamento al territorio di origine, con gli importanti investimenti strategici per il recente ampliamento dell’headquarter di Castel San Pietro, mentre si sta completando la prima fase dell’espansione della sede di Rancate. Entro il 2027/28, i due siti ticinesi - non solo sempre più all’avanguardia, ma anche efficienti sotto il profilo energetico e neutrali per emissioni, già oggi alimentati con fonti 100% rinnovabili - copriranno quasi 37mila mq, raddoppiando di fatto la capacità produttiva di Medacta e confermandone il continuo impegno a favore dello sviluppo economico (e sociale, cfr. Fondazione Medacta For Life) del proprio territorio, che ha proiettato all’avanguardia dell’innovazione ortopedica.

Susanna Cattaneo

Fonte: Medacta
© Keystone - Ats / Ti-Press / Elia Bianchi

Quando una firma ‘vale oro’

Affascinante e poco nota, è l’unica figura professionale autorizzata a determinare il titolo, ossia la purezza, dei metalli preziosi. L’esperto che, inoltre, sorveglia e appone la marcatura ufficiale, secondo la Legge sul controllo dei metalli preziosi.

ISaggiatori giurati, nelle aziende in cui operano, costituiscono un valore aggiunto per le competenze e conoscenze in vari ambiti di cui sono portatori: dalla legislazione alle analisi di laboratorio, che sono in grado di eseguire con differenti tecniche e strumentazioni.

I Saggiatori giurati sono impiegati anche presso l’Amministrazione Federale delle Dogane dove, oltre alla sorveglianza del mercato, si occupano della marcatura ufficiale di articoli come le casse d’orologio.

La firma di Ilaria Cereghetti è sui certificati che accompagnano i lingotti di una delle più importanti aziende al mondo nell’ambito dei metalli preziosi, garantendone autenticità, purezza e peso. Classe 1997, Ilaria è infatti Saggiatrice giurata di metalli preziosi presso la Mks Pamp di Castel San Pietro. L’abbiamo incontrata per farci condurre dietro le quinte di una professione tanto rara quanto prestigiosa. Cosa ti ha ispirato nella scelta di questa professione e qual è il percorso che ti ha portato al tuo ruolo attuale?

Ho svolto un apprendistato Afc (Attestato Federale di Capacità) con maturità professionale integrata come laboratorista in chimica alla Scuola professionale artigianale e industriale (Spai) di Trevano. Durante questo percorso, un professore mi aveva parlato della professione di Saggiatore giurato di metalli preziosi. Mi è subito sembrata in linea con i miei interessi in quanto la formazione copre diversi ambiti: basi giuridiche del controllo dei metalli preziosi, conoscenza generale dei metalli preziosi e delle loro trasformazioni (proprietà, giacimenti, estrazione, affinaggio, leghe), analisi chimiche e la sorveglianza del mercato. Per approfondire le mie competenze teoriche e pratiche, ho proseguito con gli

studi universitari, frequentando la Haute école d’ingénierie et d’architecture di Friborgo, dove ho conseguito un Bachelor of Science Hes-So in chimica industriale. Terminata l’università, mi sono candidata per una posizione presso Mks Pamp, dove mi è stata subito offerta la possibilità di formarmi come Saggiatrice giurata. Sono stata assunta dal Laboratorio, ho iniziato la mia formazione, completando il programma e diplomandomi.

Qual è il tuo ruolo adesso?

Ricopro il ruolo di Responsabile dei Saggiatori giurati: sono la persona di riferimento per la sorveglianza dei prodotti in metallo prezioso e l’osservanza della Legge sul controllo dei metalli preziosi (Lcmp); di conseguenza, sono l’interfaccia tra l’azienda e le autorità incaricate di far rispettare questa legge. Sono anche la responsabile della formazione degli aspiranti Saggiatori giurati all’interno della nostra azienda, oltre che dell’area spettrometri del laboratorio, dove gestisco una squadra di cinque persone.

Cosa fa - in parole semplici - un Saggiatore giurato di metalli preziosi?

Esamina e controlla l’autenticità dei prodotti di metalli preziosi (oro, argento, platino e palladio). In Svizzera è l’unica figura professionale autorizzata a determinare il titolo - ossia la purezza - dei metalli preziosi ed effettua la sorveglianza dei prodotti secondo la Legge sul controllo dei metalli preziosi, sulla base della quale appone anche la marcatura ufficiale. In un’azienda che lavora metalli preziosi, la versatilità del know-how dei Saggiatori giurati costituisce un valore aggiunto. Dunque, una figura fondamentale... Il settore dei metalli preziosi - così come gli ambiti a esso collegati, ovvero l’orologeria e la gioielleria - gioca un ruolo

Ilaria Cereghetti, Saggiatrice giurata presso Mks Pamp.

essenziale nella nostra economia e la Svizzera gode di un’ottima reputazione in tutto il mondo grazie alla sua capacità di offrire eccellenza e affidabilità. I produttori svizzeri sono veri e propri punti di riferimento sul mercato internazionale, e tutto ciò è possibile anche grazie a un quadro legislativo estremamente rigoroso: la figura del Saggiatore giurato è una sorta di collegamento tra l’autorità federale e i produttori, consentendo alla “macchina” di funzionare a dovere.

Avere un Saggiatore giurato in azienda è anche un requisito per poter produrre a livello industriale?

Esatto, per poter fabbricare industrialmente e determinare il titolo dei prodotti della fusione, un’azienda deve essere riconosciuta come “Saggiatore del commercio”: per ottenere questa qualifica, deve impiegare al suo interno almeno un Saggiatore giurato domiciliato in Svizzera. Secondo la tua esperienza, cosa si può dire a chi si avvicina a questa professione?

La formazione è piuttosto impegnativa in quanto la mole di nozioni da apprendere, in svariati ambiti, è considerevole. Inoltre, bisogna considerare che si può accedere alla formazione solo se si è già impiegati presso un’azienda attiva nel settore dei metalli preziosi, e quindi ci si prepara parallelamente all’attività lavorativa. Tuttavia, il prestigio della professione e la responsabilità di svolgere un ruolo cruciale per l’azienda, per il settore e per la Confederazione - a cui i Saggiatori giurati rispondono - ne fanno un mestiere decisamente speciale.

Simona Galli

Ripresa ancora frammentata

Dopo un 2024 segnato dalla ripresa dei volumi d’investimento dell’immobiliare commerciale europeo, la relativa stabilità di inizio 2025 nasconde dinamiche contrastanti a livello regionale.

Volume degli investimenti in immobili commerciali in Europa

In mld di euro, valori cumulativi su 12 mesi, 2006-2025

Sebbene la Bce abbia proseguito a tagliare i tassi di interesse di riferimento, diversi fattori di tensione continuano a frenare un vero e proprio allentamento, ostacolando un calo duraturo dei tassi a lungo termine, premessa per una significativa riduzione dei rendimenti immobiliari. La politica monetaria più accomodante della Bce contribuisce tuttavia all’irripidimento della curva dei rendimenti, rafforzando l’appeal degli asset immobiliari.

Per quanto concerne il real estate commerciale europeo (uffici, siti industriali, negozi, alberghiero, settore sanitario), dopo un 2024 caratterizzato dalla ripresa dei volumi d’investimento, l’avvio del 2025 rivela nel complesso una certa stabilità, che nasconde però dinamiche contrastanti a livello regionale. Nel primo trimestre in Europa sono stati investiti in immobili commerciali 36,6 miliardi di euro, per un totale di 165 miliardi di euro sull’arco degli ultimi 12 mesi. Dopo gli aggiustamenti osservati nei due anni precedenti, il mercato sembra dunque essere entrato in una fase di consolidamento. Percentual-

mente, gli investitori europei rafforzano la loro presenza, rappresentando il 40% dei volumi investiti, mentre i flussi nordamericani sono in calo a causa della latente incertezza geopolitica. Le differenze regionali sono importanti: se in Francia i volumi di investimento nel primo trimestre dell’anno sono aumentati del 41% su base annua, Germania e Regno Unito hanno registrato rispettivamente un calo del 7% e del 31%.

Sia negozi che uffici hanno segnato una crescita significativa dei volumi di investimento, con aumenti rispettivamente del 17% e del 25%, dopo una fase di aggiustamenti di valore.

I rendimenti degli uffici prime hanno registrato un leggero calo, riflettendo il rinnovato interesse degli investitori per questa asset class dopo un periodo di significativa correzione del valore e il miglioramento delle condizioni di finanziamento. A fine marzo, nelle capitali europee i rendimenti prime si attestano tra il 4% e il 5% (Parigi 4,2%; Londra 4%; Milano 4,5%; Amsterdam 5%; Berlino 4,8%; Madrid 4,85%), mentre nelle gran-

Virginie Wallut, Direttore della Ricerca

Immobiliare e degli Investimenti

Sostenibili presso La Française

Real Estate Managers. Dopo gli aggiustamenti degli ultimi due anni precedenti, l’immobiliare commerciale europeo sembra essere entrato in una fase di consolidamento.

di metropoli variano dal 5,5% al 6,5% (Lille 5,85%; Lione: 5,5%).

Gli investitori si dimostrano ancora molto selettivi, privilegiando gli immobili ben posizionati che soddisfano i più recenti standard tecnici e ambientali, mentre gli immobili secondari rimangono sotto pressione con rendimenti più elevati e una domanda inferiore.

Il volume delle transazioni sta registrando un leggero aumento, ripresa che rimane però contrastante a seconda dei mercati. Berlino registra un calo del 25% su base annua, raggiungendo il livello più basso dal 2013, mentre a Francoforte e Dublino è più che raddoppiato nello stesso periodo. Sostenuti dalla domanda concentrata su immobili di qualità, i canoni di locazione hanno continuato a crescere nel primo trimestre del 2025, ma a un ritmo meno sostenuto rispetto al 2024. Al contempo, la preferenza per immobili moderni spinge i proprietari a reinvestire capitali per ristrutturare i propri immobili al fine di rimanere competitivi.

L’offerta continua ad aumentare, alimentata dalla consegna di progetti avviati prima della crisi e dal rallentamento della domanda, nonché dagli spazi liberati dalle strategie di razionalizzazione immobiliare. Solo in tre città - ad Amburgo, L’Aia e Madrid - il tasso di sfitto è calato nel primo trimestre dell’anno.

Fonte: Mbe, Cbre, LF REM Research

Ristrutturare per ristrutturarsi

Limitate riserve di terreni edificabili, necessità di rinnovamento del parco immobiliare, politiche ambientali e di sviluppo territoriale fanno delle ristrutturazioni il driver dell’edilizia, con investimenti in ripresa dopo anni di calo. Ma normative, costi elevati e sfide strutturali ne condizionano il potenziale, pur con rilevanti differenze nelle dinamiche regionali, come conferma l’esempio ticinese.

Dopo sei anni di contrazione, nel 2024 gli investimenti in costruzioni hanno fatto segnare un’inversione di rotta, con un incremento complessivo del 2,1% del valore nominale, il che, pur con un’inflazione dei prezzi delle costruzioni dello 0,5%, rappresenta un aumento significativo in termini reali. Se anche alla fine di un 2025 che si ipotizza proseguire la ripresa si rimarrà lontani dal picco del 2017, la tendenza non è solo frutto dell’eccedenza di domanda insoddisfatta e del ritardo dei permessi di costruzione, né dei ripetuti tagli della Bns al tasso d’interesse di riferimento che comprimono i costi di finanziamento dei progetti edilizi, ma è anche specchio dei cambiamenti della politica di sviluppo territoriale e dell’evoluzione delle normative che sfidano uno dei settori dall’impronta ambientale più pesante - responsabile di circa un quarto delle emissioni dei gas serra in Svizzera - ad adeguare il patrimonio edilizio aderendo ai nuovi criteri pianificatori e climatici. Significativamente, a trainarne la ripresa sono state lo scorso

Dopo sei anni di contrazione, il 2024 ha segnato un’inversione di rotta per gli investimenti nell’edilizia, guidati dal crescente interesse per le ristrutturazioni.

Evoluzione degli investimenti nelle costruzioni (valore nominale)

(totale)

Fonte: Wüest Partner, Immo-Monitoring 2025

anno le ristrutturazioni, con una crescita del 3,4% rispetto all’1,3% registrato dalle nuove costruzioni, come segnala Wüest Partner nel suo Immo-Monitoring 2025.

«Se infatti i rendimenti degli investimenti immobiliari stanno tornando

appetibili, la mancanza di riserve di terreno, il conseguente aumento dei prezzi di quelli sul mercato e le lunghe procedure di autorizzazione, accompagnate da rigide norme edilizie e da un’ampia gamma di requisiti, rendono la realizzazione di nuovi progetti sempre più impegnativa in Svizzera. In quest’ottica, le riserve di utilizzo disponibili che consentono di creare spazio abitativo aggiuntivo senza costruire su un nuovo terreno edificabile, rendono le conversioni e gli ampliamenti un’alternativa economicamente interessante», sottolinea Andrea R. Boschetti, manager di Wüest Partner.

A stimolare le ristrutturazioni è anche l’età avanzata del parco immobiliare svizzero, con quasi due terzi degli edifici residenziali over 40, da aggiornare ai requisiti odierni. «Data la carenza di spazio abitativo in molte regioni e la conseguente elevata disponibilità a pagare per appartamenti di alta qualità, gli investimenti di ammodernamento, sebbene costosi, diventano essenziali per garantire sia il comfort abitativo che ci si aspetta oggi, sia la conservazione del valore dell’immobile a lungo termine», osserva Andrea R. Boschetti. Il discorso si lega a doppio filo all’ottimizzazione ecologica degli edifici nel contesto dell’obiettivo “net zero” che vede il parco residenziale nazionale in ritardo: circa il 62% degli immobili attribuiti a residenza primaria (pari a 931mila unità) dal rilevamento del 2023 risultavano non ancora riscaldati in modo sostenibile. «I programmi di sovvenzione e la crescente consapevolezza ambientale incoraggiano gli investimenti in pompe di calore, finestre ad alta efficienza energetica e impianti fotovoltaici. Anche gli operatori del mercato istituzionale si

stanno concentrando consapevolmente su portafogli immobiliari sostenibili e di conseguenza spingono per misure di ristrutturazione complete», sottolinea il manager di Wüest Partner.

Peraltro le misure di ammodernamento energetico o riqualificazione sono diventate ancor più interessanti da quando, lo scorso 30 luglio 2024, una sentenza della Tribunale Federale ha modificato le condizioni quadro per il trasferimento agli inquilini degli investimenti che aumentano il valore dell’immobile finché il tasso di interesse di riferimento è inferiore al 2%, permettendo di accelerare l’ammortamento, sebbene in cantoni come Ginevra, Vaud e Basilea Città che applicano leggi specifiche sugli affitti, gli effetti rimangano limitati.

Sfide ex novo. Gli stessi driver alla base del successo delle ristrutturazioni vanno a incidere diversamente invece sulle dinamiche delle nuove costruzioni. L’aumento dell’1,5% degli investimenti del 2024, cui sempre secondo le stime di Wüest Partner dovrebbe far seguito un ulteriore +6,0% quest’anno, va interpretato con attenzione. Malgrado la rapida crescita dei volumi di investimento in permessi di costruzione per gli edifici residenziali, in termini di numero di appartamenti progettati si è infatti appena tornati al livello di 10 anni fa. Nel 2024 sono state rilasciate licenze edilizie per 49mila unità abitative fra appartamenti e case unifamiliari, dunque la produzione di alloggi è ancora in ritardo rispetto alla domanda.

«Considerata la scarsità di terreni edificabili non ancora sfruttati, il numero di progetti brownfield è in costante aumento. La riduzione del saldo edilizio fra gli appartamenti di nuova costruzione e quelli demoliti conferma come prima di poter costruire nuovi alloggi residenziali, sia sempre più necessario demolire quelli esistenti, sebbene sia generalmente più costoso», spiega Andrea R. Boschetti.

Anche la neutralità climatica - in particolare l’azzeramento delle emissioni grigie - può influire sul numero di nuovi progetti immobiliari. «I costi più elevati per i materiali e i metodi di costruzione sostenibili mettono sotto pressione i rendimenti. Al contempo, l’inasprimento delle normative ambientali sta ulteriormente dilatando i processi di pianificazione e approvazione, il che induce gli sviluppatori a prediligere la ristrutturazione dell’esistente», puntualizza l’esperto.

«Data la carenza di spazio abitativo in molte regioni e la conseguente disponibilità a pagare per appartamenti di alta qualità, gli investimenti di ammodernamento, sebbene costosi, diventano essenziali per garantire sia il comfort abitativo che ci si aspetta oggi, sia la conservazione del valore dell’immobile a lungo termine»

Andamento dei prezzi di costruzione e principali driver

Indice gennaio 2014 = 100

Indice svizzero dei prezzi delle costruzioni Energia e carburanti

Fonte: Ust, Kbob

Unità abitative autorizzate Numero totali annuali correnti

Indice dei prezzi dei materiali (edilizia)

Dopo sei anni riprende la crescita

Investimenti in valore reale, ai prezzi delle costruzione del 2024, mld Chf

Fonte: Baublatt

Nonostante gli sforzi delle autorità per sostenere l’edilizia residenzialedalla revisione delle zone edificabili a iniziative politiche volte a rivitalizzare l’attività edilizia e contrastare la carenza di alloggi - il quadro normativo vigente, appesantito da una moltitudine di regolamenti e procedure confuse, contribuisce a rendere difficile l’avvio dei progetti, a sua volta traducendosi per gli sviluppatori immobiliari in costi più elevati, maggiori

Fonte: Baublatt, Ust, Wüest Partner

La costruzione di nuovi condomini sta acquisendo slancio, ma rimane al di sotto della domanda. Nonostante le prospettive positive, la ripresa è caratterizzata da incertezze: normative, costi di costruzione elevati e sfide strutturali frenano il potenziale. Di nuovo favorevoli invece prezzi delle costruzioni, che dovrebbero aumentare solo dello 0,5% quest’anno, dopo esser saliti di oltre il 13% fra 2021 e 2023.

Fattori di attrattività delle nuove costruzioni Motivi di cautela per nuove costruzioni Fattori di attrattività delle ristrutturazioni

Elevata domanda accumulata (scarsità alloggi, immigrazione, riduzione dimensione nuclei familiari)

Prezzi delle costruzioni relativamente stabili

Tassi di interesse favorevoli

Recupero nei ritardi nei permessi di costruzione

Iniziative politiche di promozione dell’attività residenziale

Scenario geopolitico incerto: minor volatilità degli investimenti immobiliari

Fonte:Wüest Partner, Immomonitoring 2025

Permessi di costruzione

Numero appartamenti in case plurifam.

Volume investimenti app in case plurifam. (costi)

Case unifam (ristrutt.)

Case plurifam (ristrutt.)

tempi di attesa e carico amministrativo aggiuntivo, con il risultato che in molti luoghi si costruisce meno di quanto teoricamente possibile. «E se è vero che con i tagli della Bns al tasso d’interesse di riferimento i costi di finanziamento dei progetti edilizi continuano a diminuire, da osservare saranno invece le ripercussioni del nuovo regime normativo di Basilea III, in vigore dal primo gennaio 2025. I requisiti di capitale e di liquidità più severi che ne derivano per le banche potrebbero portare a una maggiore cautela nella concessione di prestiti, rendendo più costoso l’accesso al capitale. Duplici invece le conseguenze delle tensioni geopolitiche e della guerra commerciale dei dazi: se da un lato minacciano di toccare le catena di approvvigionamento e far salire i costi dei materiali, d’altro canto, soprattutto in tempi turbolenti, gli immobili sono considerati una forma di investimento resistente alla crisi, in qualità di bene reale e tangibile in grado di generare generalmente un reddito stabile, con un certo grado di protezione contro l’inflazione. Inoltre, l’abitazione rimane un bisogno

Scarsità di terreni edificabili e conseguente aumento dei prezzi

Aumento dei costi per soddisfare i nuovi requisiti ambientali (net zero)

Nuovi requisiti di finanziamento (Basilea III)

Regolamentazione e procedure confuse che dilatano tempi, costi e carico amministrativo

Densificazione, obiezioni e referendum

Scenario geopolitico incerto: possibili ripercussioni su catene di approvigionamento e prezzi materiali

Scarsità e costo terreni edificabili vs.disponibilità riserve di utilizzo per ristrutturazioni e ampliamenti e aggiunte

Parco edilizio datato + Sostenibilità ecologica e transizione energetica (net zero)

Trasferimento agli inquilini degli investimenti che aumentano il valore dell’immobile (TF, 31.07.2024)

Requisiti di autorizzazione più snelli

Possibile abolizione del valore locativo (votazione autunno 2025)

Conservare/aumentare il valore dell’immobile a lungo termine

La crescente quota degli investimenti di ristrutturazione in % del totale investito per singolo segmento

Case unifamiliari Case plurifamiliari Edilizia totale Spazi commerciali Altro

Fonte: Baublatt

primario e spesso è meno soggetta alle fluttuazioni rispetto ad altre classi di attività», osserva l’esperto.

Benché la nuova edilizia residenziale non riesca a esprimere tutto il suo potenziale per i motivi strutturali e congiunturali, le prospettive per il 2025 rimangono buone: Wüest Partner prevede una crescita nominale del 6,0% rispetto all’anno precedente e, per le ristrutturazioni, addirittura del 9,0%».

Sviluppi regionali: focus Ticino. All’interno di queste tendenze, molto diversificate le dinamiche regionali. Ad esempio, guardando alle nuove case plurifamiliari in Svizzera tedesca le aree rurali intorno a Zurigo e i cantoni di Turgovia, Argovia e Basilea Campagna registrano in particolare tassi di crescita significativi. Nella Svizzera occidentale, Vaud e il Vallese in particolare stanno beneficiando di un maggiore slancio, mentre molte regioni turistiche stanno registrando un aumento delle licenze edilizie per gli edifici residenziali. Per contro, le cifre sono in calo nelle zone rurali dei cantoni di Lucerna, Berna, Giura e in alcune regioni alpine. La

Il volume degli investimenti nel settore delle ristrutturazioni, premiate dal contesto attuale, dovrebbe registrare una crescita ancora più elevata delle nuove costruzioni nel 2025, del 9% sia per case plurifamiliari che individuali.

tendenza nei grandi centri è contrastante: mentre Zurigo e Basilea hanno subìto perdite, le licenze a Ginevra, Losanna e Berna sono di nuovo in aumento.

In Ticino, lo scorso anno, il valore totale delle domande di costruzione inoltrate è stato di 2,7 miliardi di franchi, mentre quelle autorizzate hanno raggiunto complessivamente 2,5 miliardi. «Anche se gli ultimi 3 anni hanno fatto complessivamente registrare un calo attorno al 10% annuo delle licenze edilizie, stiamo ancora parlando di valori significativi che concernono 3.471 domande inoltrate e 3.259 autorizzate complessivamente nel 2024», sottolinea Nicola Bagnovini, Direttore della Società Svizzera Impresari Costruttori Sezione Ticino (Ssic-Ti).

All’interno del territorio cantonale, la richiesta di mercato è parecchio diversificata, come evidenzia già il tasso di sfitto. Alcuni comuni del Mendrisiotto superano addirittura il 5-6%, considerata una media cantonale del 2,08%, contro quella svizzera dell’1,08% (un valore adeguato per un mercato equilibrato si aggira attorno all’1,5%). Solo due altri cantoni presentano uno sfitto più elevato, Giura (2,98%) e Soletta (2,37%).

«Vista la situazione, considero ancora abbastanza buona l’attività edile in Ticino, in particolare nel campo delle ristrutturazioni degli edifici. Sono infatti molte anche nel nostro territorio le abitazioni che hanno più di 40 anni e che dunque

non rispondono più agli attuali requisiti in materia di risparmio energetico, utilizzo di energia rinnovabile e, più in generale, di moderni comfort abitativi. Ristrutturare, anche potendo beneficiare di interessanti incentivi energetici, permette di preservare nel tempo il valore dell’immobile, di ridurre sensibilmente le spese accessorie ricorrenti per coloro che occupano gli spazi rinnovati e, non da ultimo, di dedurre fiscalmente questi investimenti», elenca Nicola Bagnovini. Per quanto riguarda i nuovi edifici, anche in Ticino i terreni pregiati scarseggiano sempre più e dunque hanno costi elevati. È pur vero che i proprietari di terreni edificabili sono tendenzialmente portati a decidere in fretta in merito alla loro edificazione o vendita, in quanto a livello di pianificazione territoriale si sta vivendo nell’incertezza. «Penso alla Legge federale sulla pianificazione del territorio, che prevede da un lato aspetti positivi come lo sviluppo centripeto delle abitazioni (maggiore sviluppo in altezza degli edifici in modo da sfruttare meglio i terreni esistenti ben serviti dalle infrastrutture di collegamento) e dall’altro lato aspetti pericolosissimi come il dezonamento in caso di riserve eccessive di terreni edificabili previsti nei singoli Piani regolatori. L’applicazione della scheda R6 del Piano Direttore introduce infatti il rischio concreto di ridurre l’edificabilità, ciò che rappresenta un attacco diretto alla proprietà privata», prosegue il direttore della Ssic-Ti che osserva inoltre con preoccupazione il ricorso sempre più frequente alle zone di pianificazione, «di fatto delle ‘moratorie edilizie’. Strumenti che, se sovrautilizzati, finiscono per paralizzare l’attività economica, ostacolando progetti e investimenti. Nessuno contesta il principio della pianificazione ordinata e responsabile del territorio, anzi tutti riconoscono l’importanza di uno sviluppo equilibrato, che eviti la dispersione insediativa e promuova un’edilizia di qualità. Tuttavia, la Ssic Sezione Ticino chiede che la pianificazione sia realistica, proporzionata e rispettosa del diritto fondamentale della proprietà privata e della sicurezza giuridica che ne definisce le regole», commenta il direttore.

Sempre in materia di proprietà privata, entro l’anno il popolo elvetico sarà chiamato a esprimersi sulla richiesta di abolizione del valore locativo per le abitazioni primarie e secondarie, scaturito

«Anche se gli ultimi 3 anni hanno fatto registrare un calo attorno al 10% annuo delle licenze edilizie in Ticino, stiamo ancora parlando di valori significativi, con 3.259 domande autorizzate nel 2024 e un’attività abbastanza buona, visto il contesto, in particolare nel campo delle ristrutturazioni degli edifici»

Nicola Bagnovini, Direttore Società Svizzera Impresari Costruttori Sezione Ticino

Numero e valore delle domande di costruzione annuali in Ticino Richieste annuali inoltrate e autorizzate, numero (sx) e valore (mld Chf)

Ustat

dal Parlamento federale. Se accolta porterebbe a cambiamenti rilevanti anche per i proprietari immobiliari, che in Ticino potrebbero essere pure confrontati con un prossimo ritocco dei valori di stima. «La mancata imposizione del valore locativo - carico fiscale spesso pesante per i pensionati che hanno già pagato la propria abitazione e svolto con regolarità i lavori di manutenzione - sarebbe infatti compensata con l’impossibilità di dedurre i costi di manutenzione dell’immobile e gli interessi passivi per le ipoteche. Capire chi siano i favoriti e gli sfavoriti da questa eventuale modifica legislativa non è semplice, in quanto dipende in buona parte dai tassi ipotecari applicati dalle banche. Tassi che sono di nuovo molto interessanti. Poter accedere al credito senza restrizioni eccessive e a tassi contenuti sul medio e lungo termine è infatti uno degli elementi stimolanti per gli investitori immobiliari, che continuano a considerare il mattone sicuro e affidabile», conclude Nicola Bagnovini.

A livello pratico, l’abolizione del valore locativo sarebbe un incitamento per i pro-

Mentre il comparto pubblico, motore di stabilità per l’edilizia, in Ticino sta dando segnali di rallentamento, i tassi ipotecari favorevoli tornano a spingere l’iniziativa privata, che richiede però di esser sostenuta da una pianficazione territoriale realistica e proporzionata.

prietari di immobili che necessitano di risanamento a procedere con l’ammodernamento prima dell’entrata in vigore della nuova regolamentazione, analogamente al boom edilizio osservato all’epoca dell’iniziativa sulle abitazioni secondarie nel 2012. Meno scontato come influirebbe in seguito, ma la campana non è ancora suonata per lo storico balzello, anche perché, ricordiamo, la sua abrogazione è subordinata all’approvazione di un’imposta reale sulle abitazioni secondarie a livello cantonale, volta ad attenuare il previsto calo del gettito fiscale per i cantoni a vocazione turistica.

Fonte:
Valore domande autorizzate
N. domande autorizzate (sx)
N. domande inoltrate (sx)

Costruttive sinergie di sviluppo urbano

Un progetto immobiliare che coniuga qualità architettonica, sostenibilità urbana e collaborazione istituzionale, dimostrando come possano nascere sinergie efficaci tra proprietà privata, Comune e Cantone, per concretizzare il potenziale di sviluppo urbano attorno ai maggiori snodi intermodali.

Piattaforme di incontro e scambio fra persone, località e diversi vettori di trasporto, le stazioni rappresentano non solo il biglietto da visita di una città, ma snodi nevralgici per la mobilità regionale. Una connettività cruciale non solo per la fruibilità del territorio, ma anche in grado di influenzare significativamente domanda e valore di mercato dell’offerta immobiliare, assicurando un’accessibilità che rende più attraenti per investitori e potenziali acquirenti e locatari i comparti nelle loro prossimità, con importanti ricadute sull’economia.

Ne consegue come piani di rinnovo e potenziamento delle infrastrutture di trasporto esistenti possano divenire motore di sviluppo urbanistico, catalizzando progettualità pubbliche e iniziative imprenditoriali private in ottica di una maggiore concentrazione di abitanti e posti di lavoro in ubicazioni strategiche. Un potenziale che per essere efficacemente

sfruttato non può limitarsi a iniziative in ordine sparso, ma sollecita piani di riorganizzazione territoriale basati su politiche di recupero, riqualifica e densificazione. Il caso di Lugano è emblematico. Presentando importanti riserve di spazio per sviluppi edificatori, il comparto della stazione Ffs assume una valenza cruciale. E non solo per la Città, i Comuni limitrofi, i promotori immobiliari privati, le Ferrovie e gli altri attori della mobilità regionale, ma per l’intero Cantone. Attori con esigenze e interessi non sempre evidenti da conciliare, come testimonia la lunga gestazione del piano di riqualificazione urbana e infrastrutturale dell’area, la cui cronistoria risale addirittura ai primi anni Ottanta, quando venne bandito il concorso per l’elaborazione di un Piano Particolareggiato per l’area. Senza avventurarsi nel dedalo di corsi e ricorsi, basti rilevare che dopo uno stallo durato quasi vent’anni, nell’ultimo decennio la pianificazione ha ripreso vigore. Portati a com-

Accanto, l’angolo è il tema chiave dell’edificio a forma di “L” dell’Eiger Palace che, sviluppandosi lungo via Basilea e via Sorengo, interpreta con intelligenza i parametri del piano regolatore, valorizzando il comparto della stazione Ffs di Lugano.

pimento l’ammodernamento dell’atrio principale della stazione, la sistemazione del piazzale antistante e il nuovo collegamento pedonale verso la parte bassa della città, insieme al rinnovo della funicolare e dell’edificio viaggiatori, e nel pieno del lavori che stanno ridefinendo la viabilità del comparto (PR-StazLu1), si guarda anche alla sua sistemazione urbanistica e pianificatoria (PR-Stazlu2), unitamente al riassetto dell’area della trincea ferroviaria di Massagno (PR-TriMa).

Prima domanda di costruzione presentata da un privato è quella per l’Eiger Palace, uno dei più importanti progetti immobiliari degli ultimi decenni per Lugano, sia in termini di investimento finanziario (oltre 130 milioni di franchi) che di volumi: è prevista infatti la realizzazione di un nuovo edificio a “L” lungo via Basilea (92 m) e via Sorengo (84 m), per una superficie utile di circa 14mila mq a destinazione commerciale e amministrativa. «L’integrazione di tutti i progetti che confluiscono nel piazzale di Besso non è sempre stata semplice. Per essere certi di soddisfare i vincoli del piano regolatore imposti allo stabile, ogni dettaglio è stato valutato con il Cantone, il quale a propria volta ha quote del manto stradale da rispettare. Il risultato è stato ottenuto con una progettazione congiunta e l’identificazione di soluzioni condivise funzionali per tutte le parti coinvolte. Anche con la

Città di Lugano si stanno valutando altre possibilità interessanti, sempre con lo scopo di ottenere un comparto efficiente, ordinato e utile al cittadino. Queste ultime negoziazioni sono solo al primo stadio, ma io confido che le nostre proposte verranno comprese ed accettate», evidenzia Maria Elena Pasquale, presidente del CdA di Sofis Sa, committente del progetto. A vederci lungo, ancor prima di lei, sua madre Luigia, che nel 2005 aveva acquistato il vasto terreno occupato da stabili ormai fatiscenti. «Chiaramente, ragionando in termini di logica imprenditoriale, mi attrae il potenziale rendimento di questi investimento, ma la mia ambizione va oltre ed è anche quella di lasciare qualcosa di bello alla Città di Lugano, che possa portarle valore in uno dei suoi luoghi iconici, come tributo di gratitudine verso la Svizzera per avermi accolto e per tutte le opportunità che mi ha dato, a partire dalla possibilità di vivere un’infanzia sicura e spensierata negli anni dei sequestri di persona in Italia che toccarono anche figli di amici dei miei genitori», spiega la committente. Per aggiudicarsi l’incarico, ha sfidato l’Arch. Stefano Tibiletti, a disegnare prima di tutto una bella facciata. «L’intramontabile eleganza dei motivi art déco reinterpretati in chiave contemporanea, cogliendo anche lo spunto suggerito dalla mia passione smodata per le trame iconiche di Missoni, gli hanno permesso di arrivare a un risultato sobrio e raffinato, che sono certa possa restare nel tempo senza stancare e invecchiare, come accade invece per tanti progetti attuali che cercano “l’effetto wow” o sacrificano la qualità alla profittabilità», commenta Maria Elena Pasquale.

Per Stefano Tibiletti è stata l’occasione di mettere a frutto un pensiero architettonico maturato sin dai primi anni della professione, quando partecipava ai progetti che ricostruivano la Berlino in piena ricostruzione a inizio anni Novanta, lavorando per lo Studio di Hans Kollhoff, professore anche al Politecnico di Zurigo. Al contempo, grazie alla conoscenza delle specificità del comparto Ffs, sul quale è attivo da decenni con il suo studio Architetti Tibiletti Associati (a sua volta parte del Gruppo Architetti StazLu), oltre

«Il treno è un grande connettore. L’obiettivo è invitare grossi gruppi basati a Zurigo ad aprire una sede nell’Eiger Palace, ideale per servire Milano. Nomi che portino prestigio a Lugano e know-how a vantaggio dell’intero territorio. Al contempo, contatteremo i maggiori player di spazi di coworking per diventare anche un incubatore di talenti»

Maria Elena Pasquale, committente dell’Eiger Palace

a esser stato già in precedenza tra i giovani scelti da Aurelio Galfetti, cui era stato affidato lo studio funzionale e urbanistico per l’area, Stefano Tibiletti è stato il referente ideale per armonizzare le ambizioni della committenza con i cambiamenti introdotti in corsa dalla revisione della variante del piano regolatore a fine 2023, e anche più di recente con l’integrazione con agli altri progetti pubblici previsti nell’area. «Per il comparto di proprietà di Sofis, il Piano di Quartiere ha rappresentato l’occasione per proporre un intervento urbanistico che rispetta e valorizza il contesto.

Maria Elena Pasquale, presidente del CdA di Sofis Sa, sotto mentre scala il Pizzo Badile: appassionata di alpinismo ha battezzato “Eiger Palace” il suo maestoso progetto immobiliare a Lugano.

La grande corte verde sul retro dell’Eiger Palace offrirà agli inquilini un’oasi di svago e biodiversità, recuperando l’originario concetto di “città-giardino” del quartiere Montarina, in cui si inserisce per ispirare armonia e benessere.

L’edificio a forma di “L” soddisfa i parametri del piano regolatore, ma introduce scelte architettoniche che conferiscono carattere e armonia al volume. Il progetto si fonda su due pilastri: una chiara definizione planovolumetrica e la qualità degli spazi aperti. Le facciate si distinguono per un ritmo strutturale scandito da pilastri verticali e marcapiani ogni due livelli, alleggerendo l’impatto visivo dell’edificio e sottolineandone la scala urbana. Il tema dell’angolo - elemento chiave della composizione - è stato colto come opportunità progettuale. Il tetto degrada verso sud, accompagnando le altezze degli edifici circostanti, come richiede il piano regolatore che prevede una riduzione almeno del 30% dell’altezza sulla lunghezza dell’edificio, mentre il portico verso Besso è stato reinterpretato in doppia altezza per dialogare meglio con la morfologia della strada in salita, creando un passaggio naturale verso la stazione e il futuro terminal bus», descrive l’architetto. Le Ordinanze sulla protezione contro gli incidenti rilevanti e sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Orni), che considerata la vicinanza del comparto StazLu con la linea ferroviaria disciplinano lo sviluppo dell’area, hanno obbligato per ragioni di sicurezza a collocare sul retro dell’edificio la grande corte verde che recupera l’originario concetto di “città-giardino” del quartiere Montarina in cui si inserisce, risaldano la frattura creata dal pianoro della stazione.

B. Derosa

Sostenibilità e benessere sono due criteri centrali nel progetto, tanto a livello di impiantistica (con pannelli solari a tetto e termopompe) che nella scelta dei materiali e nelle soluzioni architettoniche adottate per minimizzare l’impatto ambientale, coniugando ottimizzazione dei consumi, isolazione e massimo confort. «Abbiamo anche previsto di installare all’interno dello stabile delle cisterne che tratteranno parte dell’acqua piovana rilasciandola successivamente, in modo che non vada a gravare sulle canalizzazioni cittadine, sotto pressione in una zona dove il terreno, ampiamente cementificato rispetto alle origini, non riesce a far fronte all’intensificarsi delle precipitazioni. Un’altra forma, dunque, di scambio con il comune», spiega l’Arch. Tibiletti. «L’intera struttura sarà realizzata in prefabbricato di cemento, incluse le solette e i pilastri portanti, per garantire efficienza costruttiva e tempi di cantiere ottimizzati, considerando in particolare la concomitanza con altri interventi in una zona ad alta intensità di traffico, così da minimizzare i disagi. Dovremmo così essere in grado di concludere i lavori entro tre anni dall’avvio», precisa.

«L’Eiger Palace non è solo un nuovo edificio a Besso, ma il risultato di un percorso di collaborazione virtuosa tra settore pubblico e privato. Il nostro studio ha avuto il privilegio di contribuire attivamente, in particolare nella revisione della variante del piano regolatore StazLu, e anche di recente con l’integrazione degli altri progetti pubblici previsti nell’area»

Stefano Tibiletti, architetto

mentre ai livelli superiori saranno disponibili uffici modulari flessibili, forniti al grezzo, per lasciare piena libertà di personalizzazione. «Rumore e normative rendevano poco logico immaginare un

zioni per evacuare velocemente lo stabile in caso di incidente ferroviario però mal si conciliavano con le condizioni di inquilini in età avanzata», osserva la proprietaria di Sofis Sa, che si è subito orientata su una destinazione d’uso commerciale e amministrativa. «Il treno è un grande connettore e non appena riceveremo la licenza edilizia, l’obiettivo è invitare grossi gruppi basati a Zurigo ad aprire qui una sede, ideale per servire Milano e anche vantaggiosa in termini di costi rispetto ai prezzi oltre Gottardo. Nomi che portino prestigio a Lugano, un know-how di cui possa beneficiare l’intero territorio. Al contempo, contatteremo i maggior player di spazi di coworking perché sarebbe interessante rendere questo palazzo un incubatore di talenti. Se avranno successo sono cosciente che vorranno aprire una loro sede e li perderò come inquilini, ma in compenso faranno dell’Eiger Palace un punto di riferimento per start up innovative e chissà che la città non guadagni invece qualche nuovo interessante contribuente», sottolinea la committente.

Al piano terra sono previste grandi superfici commerciali - Coop ha già firmato per un supermercato di quartiere - oltre a spazi per negozi o caffè. Anche il primo piano potrà ospitare attività commerciali,

complesso residenziale, anche se si era annunciata una fondazione interessata a ben 10mila mq per appartamenti per anziani in questa posizione strategica. Le restri-

La decisione di battezzare il progetto con il nome della celeberrima cima elvetica è eloquente: «È il simbolo di una vetta conquistata faticosamente dall’uomo, che insegna ad affrontare le difficoltà passo dopo passo. Per un’appassionata di alpinismo come me è la montagna che si sogna di scalare e oggi, con questo progetto, rappresenta l’eredità che voglio lasciare. Sono infatti convinta che la bellezza generi altra bellezza. Porto con me l’esperienza dei progetti che ho realizzato a Praga, fra l’altro proprio intervenendo per preservare una splendida facciata art déco - lo ammetto, un mio debole - rendendomi conto di come il mio intervento abbia ispirato nel quartiere altre iniziative di riqualificazione da parte pubblica e privata», conclude Maria Elena Pasquale. Se la qualità chiama qualità, è da attendersi che l’Eiger Palace possa ispirare, se non un Jungfrau Residence, altre promettenti sinergie fra privati, Comune e Cantone.

Susanna Cattaneo

Stare bene. Anzi, iper-bene

LDopo 40 anni di Wellness e partendo dall’Ecosistema Technogym che oggi raccoglie trilioni di dati, Nerio Alessandri ha presentato la nuova visione di Healthness. Con l’iper-personalizzazione guidata dai dati, i programmi di prevenzione sono molto precisi, e l’obiettivo di una healthy longevity più facilmente raggiungibile. Per informazioni:

a scienza lo conferma: la salute è influenzata solo per il 20-30% dalla genetica, mentre il 70-80% dipende dall’epigenetica (stile di vita). Non esistono quindi formule magiche per conquistare la salute: è necessario un allenamento mirato alla forza muscolare, alla resistenza cardiovascolare, all’equilibrio, alla flessibilità e alla qualità cognitiva. L’esercizio fisico è un alleato prezioso e la Healthness rappresenta una medicina preventiva per migliorare le prestazioni fisiche a breve termine e garantire una sana longevità a lungo termine.

La capacità di prevenire le malattie sarà la più grande rivoluzione del nostro tempo. Healthness fa leva sul Wellness e porta questa visione ancora più in là, rendendo i programmi di prevenzione della salute un’iper-personalizzazione basata sui dati. Grazie ai trilioni di dati raccolti in 30 anni sulla ‘Mywellness Open Platform’, oggi con l’IA, Technogym è in grado di offrire la Healthness come prodotti e servizi, a partire da Technogym Checkup, la nuova stazione di valutazione basata sull’IA che analizza i parametri psicofisici e cognitivi e calcola automa-

A sinistra, Technogym Checkup, la nuova stazione di valutazione basata sull’IA. È in grado di analizzare i parametri psicofisici e cognitivi e di calcolare automaticamente i programmi di Precision Training totalmente personalizzati in base all’individuo e alle sue particolarità ed esigenze. In basso, Biostrenght, rivoluzionario per l’allenamento forza.

ticamente i programmi di Precision Training. Mentre le nuove gamme di prodotti Biostrength e Biocardio basate sull’IA, collegate al ‘Technogym Ecosystem’, permettono di erogare programmi di allenamento di precisione in modo automatico grazie alla ‘Technogym App’, di tracciare i dati e adattare il programma ai progressi. In pratica, Healthness significa ‘Wellness di precisione’ e grazie a programmi personalizzati in base ai dati permette di ottenere risultati superiori di circa il 30% nella stessa quantità di tempo.

L’Healthness oltre ad aiutare le persone a vivere più a lungo in buona salute, rappresenta una valida opportunità di business per gli operatori del fitness, dello sport, dell’ospitalità, delle aziende e del settore medico e per i personal trainer, che possono elevare ulteriormente la loro offerta e creare valore attraverso l’iper-personalizzazione. Oggi Technogym è la prima azienda del settore ‘Life Science’ in grado di offrire programmi di allenamento di precisione per ogni individuo e per ogni specifica esigenza.

Tradizione in forma eureka /

Un casaro dell’Emmental approdato in Ticino, dove ha saputo trasformare una realtà locale in un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale, con grande sensibilità verso chi coltiva e tramanda l’antica arte del formaggio, dalle eccellenze italiane a quelle alpestri locali.

Il formaggio non è solo un alimento: è cultura, tradizione e rispetto per la natura. Ogni forma racchiude l’antico sapere tramandato per generazioni, la dedizione artigiana e la pazienza. Con questa passione sono nato: quarta generazione di una famiglia produttori di formaggio di Langenthal, nel Canton Berna. Mio nonno lavorava come mastro casaro a Lucerna e mio padre divenne direttore dell’allora noto grossista di formaggi Farner. Avrei dovuto seguirne le orme e concentrarmi sull’esportazione dei formaggi Emmentaler, Gruyère e Sbrinz. Invece…

Da quasi 40 anni vivo in Ticino dove ho reso Cetra Alimentari un punto di riferimento per la distribuzione di formaggi italiani di qualità sul mercato svizzero. Sono arrivato nel 1987, chiamato per una collaborazione a tempo determinato, portando sia la mia esperienza nel settore che la conoscenza delle lingue: avevo fra l’altro passato otto mesi a studiare italiano all’Università di Perugia e poi lavorato per un anno presso un grossista di formaggi e salumi di Verona, occupandomi di acquisti e vendite. All’epoca Cetra Alimentari era ancora una realtà locale, nata nel 1977 in piccolo stabilimento a Pregassona, con un’attività dedicata alla logistica e alla produzione di Gorgonzola Mascarpone per un unico cliente svizzero. Ben presto l’intuito mi ha spinto a decidere di trasferirmi stabilmente qui con mia moglie Martina. Poiché il proprietarioCesare Trabattoni, da cui il nome Cetra - era convinto della mia competenza e delle mie capacità commerciali, mi propose di rilevare l’azienda dato che i suoi figli non erano interessati. Dal 1991 ne sono proprietario unico. Inoltre oggi Cetra Alimentari, basata a Mezzovico, è azionista di maggioranza del Caseificio dimostrativo del Gottardo, proprietaria di due aziende nella Svizzera interna, Chäs & Co e Chäs & Vreneli, e comproprietaria del centro di confezionamento di parmigiano Ce-

traAnna ad Anzola dell’Emilia, nato nel 2017 da un modello innovativo in risposta alle nuove normative europee riguardanti la certificazione Dop. Quattro realtà che fanno di Cetra Alimentari un’azienda che trasporta, vende e trasforma 3mila tonnellate di formaggio l’anno, con oltre 160 dipendenti e un giro d’affari di un centinaio di milioni.

Il formaggio è frutto di un duro e attento lavoro, di un’alchimia perfetta tra uomo e natura, di una cultura che si tramanda da migliaia di anni; per questo abbiamo da sempre avuto grande sensibilità e attenzione verso chi produce e chi trasforma. Dal Gorgonzola al Parmigiano Reggiano, dalla Mozzarella di bufala al Pecorino Romano - ogni prodotto viene selezionato con la massima cura, in collaborazione con fornitori che condividono gli stessi valori: dal rispetto dell’ambiente al benessere animale, dalle condizioni di lavoro del personale alla qualità del prodotto e all’igiene. Alla costante ricerca dell’eccellenza e attenti anche alle nuove tendenze, siamo ad esempio oggi gli unici importatori di Parmigiano Reggiano Bio Suisse e

di Mozzarella di Bufala Bio Suisse, grazie alla creazione di stalle certificate. Non ci limitiamo al commercio e alla distribuzione di formaggi, ma siamo ambasciatori dei prodotti di qualità locali e delle tradizioni alpine. Attraverso iniziative come “Eccellenze Alpestri”, di cui sono particolarmente orgoglioso, sosteniamo attivamente i casari d’alpe e promuoviamo il turismo montano. L’impegno nel valorizzare il territorio prosegue con le collaborazioni nate con l’Associazione Ticinese di Lotta Svizzera, che hanno dato vita all’Associazione Ticinese Giochi Tradizionali Svizzeri e alla prima Festa Cantonale Ticinese di Lotta Svizzera, mentre sotto l’egida di Cheese-Festival sosteniamo il mercato del formaggio. L’azienda è inoltre attiva in diversi organismi di settore e sono presidente in Svizzera della “Guilde des Fromagers de Saint-Uguzon” (San Lucio, patrono dei Casari). Questa dedizione alla qualità e alla sostenibilità ha fruttato a Cetra Alimentari numerose medaglie, sia in Svizzera che all’estero, e il secondo posto al Prix Svc 2024, un premio che riconosce non solo la qualità, ma anche la capacità di innovare, l’approccio imprenditoriale sostenibile e la solidità del business model di un’azienda che ha saputo trasformare un sogno locale in una realtà apprezzata a livello nazionale e internazionale, restando sempre fedele ai propri valori e al proprio territorio.

Nel solco di questa lunga storia, sempre con accanto mia moglie Martina, si inserisce il passaggio generazionale. Alla guida dell’azienda troviamo oggi i nostri figli, Tamara e Leonardo Dräyer, cresciuti respirando i profumi dei formaggi e assimilando sin da piccoli i valori che abbiamo loro trasmesso: entrambi rappresentano la continuità e l’innovazione dell’azienda, Tamara come vicedirettrice, Leonardo come responsabile acquisti, affiancati da un team capace e fortemente motivato. E la terza generazione è già all’orizzonte.

Jürg Dräyer, proprietario e presidente del CdA di Cetra Alimentari.

Fenotipo digitale, tracciare per cura

Rendere sostenibile la gestione della salute mentale e neurologica, riducendo i costi per il sistema sanitario e offrendo un innovativo strumento data-driven a vantaggio di specialisti e pazienti, è l’intuizione di una start up luganese che vuole essere protagonista dell’e-health.

Clic, interazioni, geolocalizzazione, cronologia, abitudini, interessi, preferenze… se è ormai evidente il potenziale economico dei dati che disseminiamo copiosamente online - e sempre più consensualmente, complice il ricatto di fruire gratuitamente dei servizi digitali -, la pro filazione del comportamento digitale può avere anche un valore scientifico, invece sottostimato. «Quanto ci muo viamo, come dormiamo, quante volte sblocchiamo il telefono, come parliamo, come interagiamo online… A differenza del semplice tracciamento, che raccoglie i dati in modo statico e frammentato, l’insieme dei segnali comportamentali che lasciamo usando ogni giorno smart phone e dispositivi connessi permette di definire il nostro “fenotipo digitale”, restituendo una fotografia dinamica del nostro stato psicologico e neurologico», spiega Joy Bordini. Master in Bioinformatica, abituata dunque ad analizzare dati biologici e sanitari con approcci di machine learning e informatica, quando

Attualmente utilizzata nei trial clinici in corso, l’app mobile di Go Healthy raccoglie dati passivi dallo smartphone, come movimento, tempo di utilizzo, passi, sonno e voce, analizzati e correlati grazie all’Ia per fornire ai clinici informazioni utili sulla salute mentale dei pazienti.

per motivi personali si è avvicinata al mondo della salute mentale è rimasta sorpresa da quanto sia ancora dominato da dati qualitativi - domande aperte quali “Come ti senti oggi?” o “Come hai dormito?”. «Parlando con psichiatri e psicoterapeuti, ho capito che raccogliere dati quantitativi è molto complesso: le tecniche disponibili, come l’elettroencefalogramma, l’elettrocardiogramma o la stimolazione magnetica transcranica, sono costose e poco accessibili. Poi ho notato che le grandi piattaforme tecnologiche, come Google, riescono a inferire il nostro stato emotivo dal comportamento online», racconta. Da qui l’intuizione che ha dato vita a Go Healthy & Co, start up incubata dall’Università della Svizzera italiana che propone un innovativo approccio digitale alla salute mentale. In Ticino, da Viterbo, Joy si è trasferita grazie a un’opportunità di ricerca all’Irb di Bellinzona. Lì ha scoperto il corso “Business Concept” dell’Usi, fondamentale per lanciarsi in quest’avventura imprenditoriale.

Composta da un’app mobile per i pazienti e una dashboard per i clinici, la piattaforma di Go Healthy introduce Kpi chiave per ottimizzare la gestione clinica della salute mentale: triage rapido, decisioni cliniche più informate sin dal primo incontro, alert automatici su variazioni comportamentali critiche, visite mirate basate su dati oggettivi, compilazione vocale della cartella clinica, monitoraggio remoto attivo e dimissioni accelerate. «Questo si traduce

in un impatto diretto sulla capacità delle strutture sanitarie di gestire un maggior numero di pazienti a parità di risorse, migliorando il turnover e riducendo il carico burocratico sui clinici. Per gli specialisti significa più tempo da dedicare all’attività clinica e meno alla documentazione, processi decisionali supportati da dati comportamentali concreti e una migliore organizzazione del caseload, riduzione del rischio di burnout. Per i pazienti l’esperienza di cura diventa più personalizzata, con trattamenti più brevi, precisi e supportati anche a distanza. E le assicurazioni sanitarie beneficiano di una riduzione dei costi per singolo paziente grazie a diagnosi più tempestive, minori ricoveri e un contenimento delle ricadute», sottolinea la Ceo, che ha confondato Go Healthy & Co, a Lugano, insieme a Gianluca Esposito, software architect esperto in cybersecurity. Il team si completa di profili che uniscono competenze tecnologiche e cliniche. Di solito in testa alle classifiche di innovazione, quando si parla di e-Health la Svizzera si trova nella retroguardia. «La principale sfida non è tecnica ma culturale: la trasformazione digitale è spesso accolta con entusiasmo a parole, ma nei fatti incontra molta resistenza. Il vero nodo è trovare quei change driver capaci di aprire le porte giuste e spingere il sistema avanti. La Svizzera ha un sistema sanitario avanzato, ma frammentato e con carenze strutturali nella gestione della salute mentale che il digitale può colmare. In prospettiva, stiamo già guardando a mercati esteri come Uk e Usa, dove il sistema sanitario, seppur diverso, presenta dinamiche simili a quello

«In prospettiva, stiamo già guardando a mercati esteri come Uk e Usa, il cui sistema sanitario presenta dinamiche simili a quello svizzero, con attori privati e una forte pressione sui clinici. Il nostro approccio data-driven può fare la differenza per rendere sostenibile l’ondata di richieste di supporto psicologico»

Joy Bordini, Cofondatrice e Ceo di Go Healthy & Co

svizzero, con attori privati e una forte pressione sui clinici. Lì, la necessità di strumenti che rendano sostenibile l’ondata di richieste di supporto psicologico è ancora più urgente, e il nostro approccio data-driven può fare la differenza», anticipa Joy Bordini.

Per validare scientificamente il modello in un ambito sensibile come la salute mentale, è stato avviato un percorso rigoroso. «Nel 2023, in collaborazione con l’Usi e università italiane, abbiamo condotto un primo studio pubblicato su Frontiers in Psychology, che ha dimostrato come i dati del fenotipo digitale permettano di clusterizzare gli utenti in modo significativo rispetto al loro stato mentale. Attualmente stiamo conducendo un trial clinico multicentrico su 300 pazienti con l’Usi, l’Eoc, cliniche private svizzere e altre università italiane. Il focus è la validazione degli algoritmi predittivi su sintomi specifici di ansia e depressione», illustra Joy Bordini. Per garantire piena conformità a Ldp e Gdpr, l’infrastruttura

I prossimi step di Go Healthy & Co. prevedono il completamento degli studi clinici, l’ottimizzazione degli algoritmi e l’avvio del processo di certificazione medica. Parallelamente, ci si prepara alla fase di scaling: potenziamento delle attività commerciali e di supporto, localizzazione linguistica dell’app, partecipazione a eventi strategici.

A confermare le potenzialità della start up, il suo prestigioso Advisory board, in cui siedono la Dr. Antonella Santuccione Chadha, neuropsichiatra e Ceo di Women’s Brain Foundation, Peju Oshisanya, Vice President of Translational Medicine Operations presso Nxera Pharma, Valentina Tranquilli, imprenditrice e co-fondatrice di Cookies, Inspiring Fifty Italy, Michele Maisetti, Presidente Associazione Italiana Psicologi, e Katherine Schlatter, Behavioral Health Scientist con formazione a Harvard e Columbia, membro di Impact Hub, prima a investire in Go Healthy nel 2023 riconoscendo il potenziale del suo approccio.

software di Go Healthy è stata sviluppata in collaborazione con PrivIntelligent . I dati dei pazienti svizzeri sono conservati su server localizzati a Zurigo, criptati end-to-end e anonimizzati, suddividendo in database separati quelli identificativi (es. nome, contatti, con accesso riservato esclusivamente ai clinici) da quelli comportamentali (es. sonno, movimento). Oltre alle sfide tecniche e scientifiche, per un’imprenditrice donna e nera non sono mancate quelle personali. «Appartenere a due minoranze nel mondo tech e imprenditoriale ha sicuramente influenzato il mio percorso, anche se ormai è qualcosa che noto solo a volte. Non si tratta più di un razzismo esplicito, ma di bias strutturali: il venture capital continua a destinare meno del 2% dei fondi a founder donne, e meno dello 0,5% a donne nere. Detto questo, fare impresa è sfidante per chiunque: costruire il team giusto, trovare il market fit, vendere, resistere. Tra le esperienze che più mi hanno aiutata, l’acceleratore Boldbrain, che è stato un primo trampolino; il programma DayOne, con il suo focus specifico sulla digital health; e Innosuisse, che ci ha supportato sia economicamente che con coaching mirato, rendendo possibili alcune delle collaborazioni cliniche e sperimentazioni sul campo», conclude la Ceo di GoHealthy

Con la sua piattaforma, la start up luganese si posiziona all’avanguardia per la capacità di integrare scientificamente e senza soluzione di continuità un’ampia gamma di dati oggettivi dei pazienti con gli strumenti tradizionali, promettendo di portare benessere e innovazione all’intero sistema sanitario.

Emanuele Pizzatti

Chi ben comincia...

Crescere, ma insieme

L’innovazione è quasi sempre il frutto di un fortunato incontro tra capitali, persone e idee. Tre elementi tra loro fortemente interdipendenti, in cui nessuno dovrebbe prevalere.

Ma come si finanziano?

Evoluzione delle fonti di capitale delle Start up (% del totale)

Jana Ghezzi, Managing Partner di InnoSource Ventures. A lato, evolvono le fonti di finanziamento cui ricorrono le Start up. Si riducono i fondi pubblici, si fanno spazio gli investitori privati molto grandi.

L’innovazione non è un settore a sé: è un sistema. È l’incontro tra capitale, competenze e visione. Dopo due anni difficili, il mondo del Venture Capital mostra finalmente segni di ripresa, ancora cauti, ma reali. Con l’incertezza che ha ridisegnato il panorama economico globale, i capitali hanno imparato a muoversi con più attenzione: meno hype, più sostanza.

Nel 2025 si osservano tendenze chiare. L’interesse per l’Intelligenza Artificiale è in crescita costante: applicazioni concrete, modelli scalabili e ritorni misurabili stanno catalizzando l’attenzione di molti investitori. In parallelo, anche i temi legati all’impatto (ambiente, salute, inclusione) continuano ad attrarre capitali, ma con criteri diversi rispetto al passato: meno idealismo e più pragmatismo. L’effetto Esg non è sparito, si è trasformato. Gli investitori cercano soluzioni che parlano al mercato, non solo ai principi.

Nel cuore dell’innovazione, resta una certezza: la qualità delle idee azzera le distanze. È sorprendente come in questo mondo si incontrino studenti, docenti,

manager e imprenditori seriali sullo stesso piano. L’età o il curriculum contano meno della capacità di costruire qualcosa che funzioni davvero. Nell’ultimo decennio, si registra anche un crescente interesse verso il Venture Capital da parte dei Family Office, spesso guidati dalle nuove generazioni, più vicine ai temi dell’innovazione e dell’impatto. Anche sul lato degli investimenti, quindi, si vedono generazioni diverse agire su uno stesso orizzonte: costruire qualcosa che lasci il segno. Accanto al Venture tradizionale, si fanno strada strumenti alternativi: venture leasing, grant competitivi e modelli ibridi offrono nuove rotte per finanziare e supportare l’innovazione.

Ma se l’innovazione mette tutti sullo stesso livello, non significa che i ruoli si annullino. Al contrario: è la collaborazione tra chi ha esperienza e visione di lungo periodo e chi porta freschezza, velocità e competenza tecnica ad alimentare davvero il progresso. L’intuizione giusta nasce spesso proprio da questo mix: quando prospettive differenti si incontrano con apertura e rispetto reciproco.

Collaborando ad esempio con le università svizzere, si offre a molti giovani l’opportunità di lavorare su casi reali, accanto a founder esperti. Per molti è il primo confronto con la logica del venture: ritmo serrato, decisioni rapide, incertezza costante. Ed è proprio da queste esperienze che spesso nasce l’ispirazione, ma anche una comprensione più profonda di cosa significhi innovare: servono visione, metodo e molta resilienza.

Durante un recente workshop, Ariel Rosenfeld, pioniere nella diffusione globale delle chiavette Usb e oggi impegnato in un nuovo progetto imprenditoriale, ha condiviso una riflessione nata anche dalla sua esperienza da ultramaratoneta: “Una start up non è uno sprint, ma una maratona. Quando sembra che non ci siano più energie, se resisti, è proprio lì che trovi la forza che non sapevi di avere”.

Un’importante verità che accomuna chi crea e chi investe.

Le sfide che il presente pone sono evidenti: transizione energetica, sanità pubblica, produttività. Per affrontarle non bastano tecnologie promettenti: serve la capacità di costruire ponti tra chi ha le idee e chi può trasformarle in realtà.

Perché né il capitale né la competenza, da soli, bastano. È l’allineamento tra persone diverse, con visioni complementari, a rendere possibile l’innovazione. E solo dove questo incontro avviene con continuità e fiducia, nasce un impatto che dura.

Fonte: PitchBook 25, Innosource Ventures

Dal burnout al breakout

Calato all’interno di una cultura sensibile al cambiamento e al benessere dei propri collaboratori, il ‘retreat’ e la definizione di rituali collettivi assumono tutto un altro significato.

rituale della Silent walk

Il rcente rapporto del Gao statunitense ha dichiarato obsolete le imposizioni full-office: le aziende che puntano sul lavoro flessibile registrano +12% di performance misurabile e una retention superiore grazie a talenti che scelgono dove vivere e lavorare. Il corollario, però, è che la “colazione in open space” non basta più a fare cultura; servono rituali progettati.

A tal proposito, la community Discourse, 90 persone distribuite in cinque continenti, mostra come le pratiche di “internal community” e trasparenza radicale alimentino appartenenza e sicurezza psicologica anche in contesti di remote work con colleghi a migliaia di chilometri. Retreat 3.0: dalla gita all’officina. Per le start up, il retreat non è un premio-vacanza, ma uno sprint di cultura: sospende l’operatività quotidiana per riallineare scopo, processi e relazioni. Secondo FasterCapital, i retreat “non sono un lusso, ma un catalizzatore di innovazione e crescita”. Forbes invece, li descrive come ‘cornerstones’ che, se ben progettati, moltiplicano coesione e Roi delle idee.

Uno studio del 2025 mostra che “una passeggiata mentale” immersa in un ambiente naturale incrementa il pensiero convergente, chiave per risolvere problemi complessi. Anche brevi sessioni di movimento, persino salire qualche rampa di scale, potenziano la creatività divergente, conferma The Guardian. Micro-rituali consigliati:

- Silent walk di 20’ prima dei workshop. - Analog hour: brainstorming solo su carta, senza device.

- Sessioni di forest bathing o, in alternativa, Vr-nature per team mobility-limited. Intergenerazionale e progettazione dei retreat. La vecchia ‘birra dopo il lavoro’ non basta più: Gen Z preferisce format diurni, alcohol-free e attenti al benessere. Nei retreat ciò si traduce in attività a diversa intensità fisica, sessioni asincrone registrate per chi segue da fusi orari lontani, menu inclusivi garantendo opzioni analcoliche e format family-friendly.

Per un retreat che lasci davvero il segno occorre prima fissare un intento misurabile, collegato agli Okr e condiviso con l’intero team. Chiarito il ‘perché’, si assicura

Francesca Prospero Cerza, fondatrice di coworkingbar.ch, spazi di lavoro per professionisti in viaggio dove il business incontra il leisure. A lato, un semplice rituale può essere una passeggiata prima del lavoro.

equilibrio di genere, seniority e funzioni in ogni sessione così da riflettere la pluralità aziendale. L’impatto va poi misurato con una pulse survey pre e post evento, puntando a +15% di psychological safety e creatività. Il beneficio dura solo se il rito si ripete ogni 6-8 mesi, sostenuto da micro-retro online che trasformano l’energia in pratica quotidiana. Il paradosso del fuori sede. Più la forza lavoro è distribuita, più serve un luogo, fisico o mentale, in cui ritrovarsi. Il retreat non è evasione ma ‘sistema operativo temporaneo’ che comprime il tempo, alimenta la memoria collettiva e riporta l’energia di un lancio prodotto.

In un paesaggio di call infinite e attenzioni frammentate, scolpire questi momenti è un atto di leadership rigenerativa: non si tratta di portare il team altrove, ma di riportarlo al centro del proprio perché, trasformando ogni ritorno in ufficio in un avanzamento misurabile di cultura e business. La cultura, dopotutto, è solo un costo di viaggio o l’asset di valore composto su cui si è pronti a investire?

Camp Quantious. La marketing-tech agency Quantious organizza due retreat l’anno sfruttando le miglia accumulate con una singola business card: da Porto Rico al Maine, gli incontri uniscono workshop di prodotto a volontariato locale, con goody bag rigorosamente artigianali. Risultato: engagement in crescita e spesa di viaggio ottimizzata.

Fonte: Drake Ac, Hassan F, Gibson A, Kam Jwy 2025
Il
Effetti di una semplice passeggiata mentale sul pensiero convergente
■ Prima ■ Dopo
Nella natura
In città

L’underdog del Tech

Ancora sottovalutata, la Grecia si sta riposizionando scalando le classifiche quale hub europeo del Venture Capital. Restano le difficoltà, ma... Atene sta tornando?

La Grecia finisce spesso nella ‘lista dei Paesi sottovalutati’ d’Europa. Eppure, oggi ci sono sempre più insistenti segnali concreti che possa essere un caso interessante per il fiorire dell’innovazione. Secondo TechCrunch, “gran parte del mondo non sta prestando molta attenzione alla Grecia in questo momento”, e questo “potrebbe essere un errore”.

Il suo ecosistema di start up sta infatti vivendo una crescita importante, con un numero record di nuove imprese avviate nel 2024. Secondo i dati del Registro Generale del Commercio e dell’Unione delle Camere Elleniche, lo scorso anno sono state fondate oltre 63mila nuove imprese, segnando un forte balzo in avanti, dell’11%, rispetto al 2023.

Inoltre, in Grecia è stato evidenziato un incremento anche del Venture Capital: +32% nel 2024, raggiungendo i 400 milioni di dollari. Circa il 33% dei capitali raccolti è stato destinato a start up basate sull’Intelligenza Artificiale. E nello specifico si tratta di risorse apportate volentieri anche da grandi nomi di rilevanza internazionale: Sequoia ha investito in Reflection Ai, Andreessen Horowitz in Kaedim e Pantheon Ai, mentre Alibaba ha finanziato Connectly.

Sempre lo scorso anno, la Grecia è stata protagonista di una delle più grandi acquisizioni tech in Europa: la statunitense Cadence ha acquistato l’azienda ellenica Beta Cae per la sostanziosa cifra di 1,2 miliardi di dollari.

Facendo uno zoom su un altro esempio, è interessante il caso di Marathon Venture Capital, una società di Venture Capital con sede ad Atene che di recente ha chiuso il suo nuovo fondo da 75 milioni di euro, secondo quanto riferito dal part-

ner Panos Papadopoulos a TechCrunch. Con questo nuovo veicolo, il totale degli asset in gestione della società è schizzato a 175 milioni di euro, ovvero una cifra significativa per un investitore seed attivo in Grecia da solo otto anni. Tra le exit già realizzate l’anno scorso, è da segnalare la vendita per 110 milioni di dollari di Augmenta a Cnh, produttore di macchinari agricoli e per costruzioni.

Sempre Marathon ha inoltre venduto una parte delle sue quote in Hack the Box, una piattaforma di upskilling e valutazione dei talenti in ambito cybersecurity, alla società di investimento Carlyle.

«Il progetto ‘Elevate Greece’, lanciato nel 2020, ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’ecosistema greco degli ultimi anni. Ha valorizzato alcuni fattori chiave, come il supporto mirato e la visibilità internazionale per le start up, nonché lo sviluppo di collaborazioni tra settore pubblico e privato»

Una parte del merito della crescita delle start up greche è da ricondurre a un’azione coraggiosa da parte della politica. Il Governo ha infatti promosso attivamente gli investimenti diretti esteri (Ide) attraverso incentivi e agevolazioni fiscali, gettando le premesse per un ambiente ben più favorevole agli affari.

Il progetto ‘Elevate Greece’, lanciato nel 2020 dal Ministero dello Sviluppo e degli Investimenti, ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’ecosistema degli ultimi anni. Difatti, ha valorizza-

Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.

to alcuni fattori chiave, come il supporto mirato e la visibilità internazionale per le start up, nonché lo sviluppo di proficue collaborazioni tra settore pubblico e aziende private.

Il primo ministro, Kyriakos Mitsotakis, ha le idee chiare, soprattutto sull’Intelligenza Artificiale, che va usata non solo per potenziare i business, ma anche la pubblica amministrazione. “Vogliamo usare la tecnologia per fare un balzo in avanti”, ha detto durante un recente evento dedicato all’innovazione. E alcuni risultati sono già stati ottenuti, per esempio in programmi pilota che hanno permesso di implementare un sistema di Ia (in questo caso sostenuto da Microsoft) che ha ridotto i tempi di revisione dei contratti governativi da ore a pochi minuti.

Tuttavia, in Grecia esistono ancora molti ostacoli da affrontare. Diversi osservatori segnalano l’importanza di fare di più per abbattere le barriere normative e migliorare ulteriormente le prime fasi di finanziamento delle start up.

In generale, nonostante la crescita del Tech e del Pil (attesa una crescita intorno al 2,1% nel 2025), l’economia greca è ancora troppo dipendente da alcuni settori: Nick Malkoutzis, cofondatore del sito web economico greco MacroPolis, come riportato dal Guardian in un recente articolo, ha detto che “non possiamo fare affidamento sul turismo e sul settore immobiliare per sempre”.

Dunque, non si è in un’età dell’oro in cui tutto è solido e bello, ma dall’altro lato bisogna evitare di snobbare le potenziali opportunità Tech in arrivo dalla Grecia.

Il futuro della blockchain

Cosa ne pensa uno dei suoi padri fondatori, veterano dell’industria finanziaria, e oggi attivo in diversi settori? È tempo di muoversi, tornando al dinamismo delle origini.

Ho incontrato Guido Buehler al ‘Top Marques’ di Montecarlo, dove stava partecipando a uno degli eventi di Zondacrypto, l’exchange che opera su più mercati, di cui è membro del board dall’ottobre 2023. È un veterano dell’industria finanziaria, che si è trasformato in imprenditore e consulente, ed è ora attivo in diversi settori di cui cerca di aprire i confini e democratizzare l’accesso.

Ma un passo indietro. Buehler ha sempre amato la tecnologia e le attività associate alla velocità, come il trading. Ha iniziato in Ubs, come Junior Trader, per divenirne in 11 anni Managing Director nell’Assets Servicing. «Ho usato programmi informatici nuovissimi, all’epoca, come Lotus, per capire automaticamente la posizione della banca o la redditività del suo portafogli di trading. E molti altri stack tecnologici, applicati ad esempio alla bilancia dei crediti. Poi sono passato ai derivati, soprattutto legati al forex. Mi piaceva il modo in cui la tecnologia poteva sconvolgere i processi e i modi di lavorare tradizionali», precisa Buehler.

Ha poi deciso di fondare un proprio Family Office, insieme a un partner, con investimenti, ancora una volta, incentrati sulla tecnologia. Una passione del 2017 era la blockchain, e la Svizzera il terroir giusto. «Mi sono occupato di blockchain e criptovalute e ho cercato di essere il padre intellettuale della prima banca cripto del Paese, chiamata Seba, ora Amina. Quello che mi piaceva era la sovrapposizione, o meglio l’adattamento, tra finanza e blockchain. Ho raccolto 100 milioni di franchi in tre mesi e ho creato la banca in undici, compresa la richiesta di licenza bancaria. È stato uno sprint, molto simile a quello di una start up. Ana-

logamente all’Internet of Value o al Web 3, la blockchain disintermedia l’industria finanziaria, avvicinandosi alle esigenze delle persone e coinvolgendole le spinge a far crescere il valore della rete». Buehler è più un architetto che un filosofo della tecnologia. Per aziende come Zondacrypto, contribuisce alla strategia e al posizionamento. «Blockchain è in gra-

do di ottimizzare il settore finanziario e la sua infrastruttura, a vantaggio dei clienti retail. La maggior parte dei board delle banche tradizionali non vede le cripto per il loro vero valore, l’interconnettività, che cambia tutto», afferma Buehler. È anche membro della Swiss Blockchain Federation, che ha redatto un Manifesto con l’obiettivo di far crescere l’ecosistema, creando ponti tra imprese, regolamentazione e politica. «L’innovazione guida il progresso. Con la blockchain si utilizzano i mercati dei capitali solo come misura, in modo da passare direttamente dal servizio al commercio. È la frazionalizzazione, la decentralizzazione che conta. Ad esempio, prendiamo la tokenizzazione di una casa, il cui risultato è la comproprietà diffusa.

Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala, Contributor de Il Sole 24 Ore. Sotto, Guido Buehler.

Livella il campo di gioco e democratizza l’investimento», afferma Buehler. La sensazione del Manifesto è che la Confederazione stia perdendo terreno a favore di altri, ma il Governo decentralizzato della Svizzera sembra essere la culla naturale per questa rivoluzione.

Buehler sta lavorando per Zondacrypto, aumentandone il capitale strategico e la visibilità, ma si occupa anche di start up come Swica, attiva in Sri Lanka, che promuove programmi di micro-risparmio per le persone che hanno appena raggiunto un reddito accettabile, basati proprio sulla blockchain. Oppure un’impresa immobiliare e di sviluppo chiamata Lake Pavilion, che fonde design minimalista, tocco italiano e fitness, creando spazi abitativi e lavorativi belli e olistici, in collaborazione con Molteni ed Enea.

Il suo desiderio? «Dobbiamo passare dalla speculazione all’adozione. Gli attori dell’infrastruttura, in primis, devono alzare il tiro. La tentazione del denaro non può offuscare tutto il resto. La tecnologia è troppo potente per essere usata come scorciatoia», chiude Buehler.

Proprio come sostenuto da Yat Siu, il fondatore e il cuore di Animoca Brands, l’ecosistema blockchain ha bisogno di nuove regole, che diano impulso all’innovazione, ma anche di attori virtuosi, che rispettino ciò che la blockchain fa al meglio, ovvero creare valore condiviso, con inclusività, efficienza e impatto. Possiamo farcela; questo sembra essere il messaggio di uno dei padrini della cripto.

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Verso l’arte della rilevanza su misura

Il 27 maggio si è celebrata la Giornata Internazionale del Marketing: una disciplina che, da sempre, costruisce ponti tra persone e mercati, creando opportunità. Mai come oggi, dinamica e sollecitata dall’Ia a reinterpretare i propri strumenti, in direzione di una crescente personalizzazione.

Marketing&Sales, il focus si sposta sull’IA

Confronto tra gli obiettivi strategici 2023-2025 (top 3, risposte multiple, in %)

Digital Marketing

Brand Management & Reach Adozione IA

Customer Experience Mgmt

Marketing Operations

Brand Management & Reach

Brand Strategy & Mgmt

Digitalizzazione & MarTech

& Performance Marketing

La digitalizzazione, e in particolare l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa, sta rivoluzionando non solo strumenti e processi, ma l’identità stessa del marketing. Uno sguardo ai risultati emersi dallo studio European Marketing Agenda 2025, pubblicato dalla European Marketing Confederation (Emc), lo conferma: siamo di fronte a un cambio di paradigma. Basato su 1.698 risposte raccolte in 21 Paesi, lo studio offre uno spaccato delle priorità dei decision maker europei in ambito di marketing. Per la prima volta, l’Ia si posiziona in testa, superando temi come il brand management, la digitalizzazione e il performance marketing.

Ma la vera questione non è se l’intelligenza artificiale cambierà il marketing, bensì come tradurre questo cambiamento in valore strategico e in crescita dei marchi. Non si tratta di schierarsi ma di attivare sinergie: solo la combinazione di tecnologia e brand identity riuscirà a fare la differenza. Grazie all’Ia, possiamo considerare le persone non più come target, ma come individui. Il futuro sarà fatto di

me-moments: contenuti, offerte ed esperienze personalizzate, che intercettano il cliente nel momento giusto. Il marketing diventerà l’arte della rilevanza su misura. Tuttavia, per quanto impressionanti, le innovazioni tecnologiche produrranno valore solo se integrate in strategie solide, processi coerenti e valori ben definiti. In molti contesti, il divario è evidente: si parla di Ia, MarTech e automazione, ma mancano coerenza nell’esperienza del cliente, integrazione dei dati e collaborazione tra marketing, It e vendite. Svizzera sotto pressione. Nel confronto europeo, il nostro Paese mostra un quadro peculiare. Secondo l’Agenda Emc, le aziende elvetiche focalizzano la strategia soprattutto su Sales & Performance Marketing, nella parte inferiore del funnel (50%). Lo sviluppo del marchio - tipico del funnel superiore - si ferma al terzo posto (27%), preceduto dall’adozione dell’Ia (39%).

Queste priorità riflettono un contesto competitivo maturo, con risorse limitate e alta pressione sui risultati. Privilegiare esclusivamente le performance a breve

Per la prima volta, nella European Marketing Agenda 2025, l’Ia è in testa alle priorità dei decision maker europei in ambito di marketing, superando temi come il brand management.

termine, però, può compromettere la sostenibilità del marchio nel lungo periodo.

L’Ia figura anche al centro dell’operatività: il 21% delle aziende svizzere la indica come priorità assoluta, seguita da employer branding (20%) e innovazione/prodotto (17%). È il segnale che le aziende sono consapevoli della necessità di mantenersi attrattive agli occhi di clienti e talenti e non solo di vendere.

Particolarmente interessante è l’elenco delle principali sfide:

1. Scarsa comprensione di come l’Ia cambierà il business (44%)

2. Conflitti con i canali di vendita tradizionali (19%)

3. Raccolta e qualità dei dati per una visione a 360 gradi del cliente (18%).

Numeri che parlano chiaro: la volontà di innovare c’è, ma spesso mancano knowhow, strutture e processi adeguati. Crescono, inoltre, le tensioni organizzative: molte aziende cercano di adottare modelli più agili (team interfunzionali, holacracy, Communities of practice) ma si scontrano con il carico di lavoro e la mancanza di priorità chiare.

Il 59% dei marketer svizzeri individua nella frammentazione dei progetti (“troppe iniziative contemporaneamente”) la sfida principale, seguita da assenza di metodologie (25%) e obiettivi non allineati fra i team (29%).

È qui che un’associazione come Swiss Marketing può fare la differenza: quale piattaforma per l’orientamento, lo svi-

Fonte: European Marketing Agenda 2025

luppo delle competenze e il networking, supporta i professionisti offrendo strumenti concreti per affrontare queste sfide. Dalla gerarchia alla responsabilità. Il marketing del futuro richiede un nuovo mindset: superare la compartimentazione (effetto silos) per lavorare in team realmente interfunzionali. Marketing, It e vendite devono condividere gli obiettivi. I nuovi modelli organizzativi (dai tribe agili all’holacracy, fino ai Centers of excellence) si affermano dove si coltiva una cultura della responsabilità e dell’apprendimento continuo.

Emergono forme di leadership più orizzontali, basate sull’autonomia e sulla fiducia: “guidare gli altri per aiutarli a guidare sé stessi”. Un ideale moderno, che nella pratica richiede accompagnamento, chiarezza e coerenza. Il marketing può e deve essere un motore di questo cambiamento. Gap di competenze. Uno dei dati allarmanti che emergono dall’Agenda Emc riguarda lo sviluppo delle competenze: tutti concordi sull’importanza di acquisirne di nuove, ma poche aziende hanno programmi strutturati per promuoverle. Un divario che rischia di compromettere competitività e capacità d’innovazione. L’umano resta la chiave. In un mondo governato da dati, algoritmi ed efficienza, è l’essere umano a dare senso al marketing. La capacità di ascoltare, ispirare e dialogare rimane insostituibile, anche nell’era di Gpt, Cdp e Dmp.

La Giornata Internazionale del Marketing, promossa dalla European Marketing Agenda, celebra una professione che può - e deve - essere creativa, influente e responsabile. In questa occasione viene anche conferito il Lifetime Achievement Award for Marketing a personalità che

«La vera questione non è se l’intelligenza artificiale cambierà il marketing, bensì come tradurre questo cambiamento in valore strategico e in crescita dei marchi. Non si tratta di schierarsi ma di attivare sinergie: solo la combinazione di tecnologia e brand identity riuscirà a fare la differenza»

Aree operative prioritarie nel 2025

Marketing

Customer Experience Mgmt.

Riduzione costi

Innovation & Product Development

Database CRM & Management

Ottimizzazione spesa marketing

Customer-Centric Strategy Brand

Una piattaforma di dialogo

Integrazione processi di data science nei processi esistenti

Pricing Strategy

Difficoltà selezione strumenti per l'analisi dei dati (Big Data)

hanno lasciato un segno nella disciplina con visione, rigore e passione. Quest’anno è stato assegnato al prof. Dr. Byron Sharp, scienziato di fama mondiale, autore di How Brands Grow e direttore dell’Ehrenberg-Bass Institute. Nessuno ha influenzato il marketing moderno con altrettanta chiarezza scientifica ed efficacia. Le sue ricerche sulla disponibilità mentale e fisica dei brand e sulle decisioni evidence-based hanno trasformato il modo di pensare in tutto il mondo, anche in Svizzera.

In qualità di associazione professionale, Swiss Marketing si impegna per il cambiamento. Con oltre 15 club regionali, formazioni pratiche e adesione agli standard europei, promuove lo scambio, la crescita professionale e la valorizzazione della sua disciplina. Una piattaforma che crea spazi di riflessione, confronto e orientamento - in un momento in cui le domande sul marketing sono anche domande sulla società. Come comunicare in modo responsabile? Quali valori rappresentare? Come connettere economia e comunità? Il marketing ha la forza per costruire non solo brand, ma anche fiducia, comprensione e cambiamento: un potenziale che Swiss Marketing aiuta a dispiegare. Ad esempio, investendo nella formazione continua, nella certificazione e nello scambio internazionale. Con iniziative come l’European Marketing Certificate, Swiss Marketing promuove competenze transfrontaliere e supporta i professionisti nel loro percorso.

L’Ia è anche al centro dell’operatività, segnale che le agenzie marketing sono consapevoli della necessità di mantenersi attrattive agli occhi di clienti e talenti - e non solo di vendere. Ma se c’è la volontà di innovare, spesso mancano competenze, strutture, processi e chiarezza di visione.

La data scelta per la giornata - il 27 maggio - non casuale: è il giorno del compleanno di Philip Kotler, considerato il padre del marketing moderno. Le sue teorie, i suoi libri e il suo pensiero hanno ispirato generazioni di professionisti e definito il ruolo strategico del marketing a livello globale. Il suo esempio ci ricorda cosa accade quando competenza e valori si incontrano. E ci sprona a formare e ispirare la prossima generazione di marketer.

Perché chi comprende davvero il marketing sa una cosa fondamentale: tutto comincia con l’ascolto e non finisce mai.

Fonte: European Marketing Agenda 2025

Evoluzione, in una visione condivisa

Il turismo è sempre più esperienziale, personalizzato e sostenibile. Il ruolo delle destinazioni pertanto è in continua crescita. Puntando su esperienze di qualità legate al territorio, dall’enogastronomia alle attività all’aria aperta, dall’architettura ai borghi storici riqualificati, e con iniziative relative alla mobilità, il Luganese lavora alla sua trasformazione da destinazione turistica stagionale a realtà capace di attrarre un pubblico internazionale durante tutto l’anno.

Aconnotare la regione di Lugano è un profondo processo di sviluppo strategico, articolato, intrapreso con l’obiettivo di valorizzare il territorio, offrendo esperienze di qualità ai visitatori. «Una strategia focalizzata sulla promozione e lo sviluppo della destinazione attraverso i segmenti Sport e Natura, Arte e Cultura, Enogastronomia, cui si aggiunge il Mice», esordisce Daniela Gugliotta Bagaian, direttrice marketing dell’Ente Turistico del Luganese.

Questa visione si completa con una selezione mirata dei target di riferimento: «Le famiglie, i Dinks - coppie senza figli e con potere di spesa - e gli High Net Worth Individuals».

L’incrocio tra mercati e target permette di proporre prodotti specifici per ogni pubblico, basandosi su varie fonti di dati.

«Per definire le strategie turistiche, infatti, la creatività non basta. Di pari passo

occorre l’analisi dei dati: nel nostro caso, si considerano quelli dell’Ufficio federale di statistica, i risultati del sondaggio Tourismus Monitor Schweiz 2023, quelli di H-Benchmark, una piattaforma sviluppata con HotellerieSuisse Ticino», prosegue Gugliotta Bagaian, «per monitorare flussi, trend e sentiment che consentono di comprendere meglio le motivazioni dei visitatori e di essere tempestivi e adeguati nelle proposte, adattando l’offerta e sviluppando nuovi prodotti in linea con le esigenze del mercato».

Grande attenzione è dedicata all’accoglienza delle famiglie. Un esempio è l’iniziativa Tesori delle Vette del Ceresio: con un’app si propone una caccia al tesoro pensata per incentivare la visita in famiglia alle sei vette che circondano il Ceresio. Mentre per le persone con mobilità ridotta «abbiamo aderito a progetti con la Fondazione Claire & George e collaborato con Pro Infirmis per la mappatura

dei siti culturali accessibili», aggiunge Daniela Gugliotta Bagaian.

Dal noleggio gratuito di sedie a rotelle all’accessibilità delle attrazioni principali, ogni dettaglio è stato curato per garantire un’accoglienza puntuale. A chi viaggia con animali domestici, l’Ente fornisce informazioni chiare sui criteri degli alloggi tramite il proprio sito.

Non c’è àmbito, oggi, nel quale il tema della sostenibilità non solleciti strategie, impegno e approccio corale e condiviso: «Abbiamo lanciato iniziative come la promozione della mobilità dolce, l’incentivo all’utilizzo di mezzi pubblici e la collaborazione con strutture ricettive eco-certificate», evidenzia Gugliotta Bagaian, «Il nostro obiettivo è diventare una destinazione sempre più green, senza rinunciare alla qualità. Posizionarsi come destinazione sostenibile richiede un lavoro anche di sensibilizzazione dei partner; è importante avere una rete condivisa

Panoramica del Golfo di Lugano.
© Milo
Zanecchia

che promuova comportamenti virtuosi», sintetizza la direttrice marketing, che prosegue: «Da diversi anni partecipiamo al Gds-Index (Global Destination Sustainability Index), collaborando con la Città di Lugano».

Un impegno per la sostenibilità riconosciuto, quest’anno, con l’attribuzione all’Ente Turistico del Luganese del Label II Engaged nell’ambito del programma Swisstainable promosso da Svizzera Turismo. Un riconoscimento che attesta l’impegno concreto a interpretare la sostenibilità come concetto multidimensionale, contribuendo in questo modo a uno sviluppo sostenibile della destinazione, a livello ambientale, economico e sociale. Il riconoscimento del Label II è stato ottenuto grazie alla partecipazione a due iniziative che promuovono l’accessibilità e la sostenibilità nel turismo.

Nel campo dell’accessibilità, la collaborazione con la Fondazione Claire & George ha permesso di sviluppare progetti dedicati a promuovere Lugano Region come una meta turistica accessibile. Con l’obiettivo di offrire esperienze in-

lari della Svizzera, tra cui Lugano. Il tour è personalizzabile in base alle preferenze dei partecipanti e comprende un viaggio in treno panoramico, una crociera inbattello e l’accompagnamento di una guida turistica specializzata, che funge anche da autista per la parte su strada, con veicolo attrezzato per sedie a rotelle.

La seconda iniziativa riguarda l’impegno ambientale attraverso l’adesione al programma myclimate Cause We Care,

clusive per viaggiatori individuali e piccoli gruppi, lo scorso 9 maggio è stato inaugurato il Grand Tour della Svizzera senza barriere: un itinerario in dieci tappe che tocca alcune delle attrazioni più spettaco-

Sopra, Daniela Gugliotta Bagaian, Direttrice Marketing dell’Ente Turistico del Luganese e, in alto a sinistra, Diana Bolis, responsabile dell’ospitalità, oltre che Segretaria del CdA e Assistente di Direzione.

volto a compensare le emissioni nocive di anidride carbonica. Cause We Care di myclimate è il movimento per la protezione del clima e il turismo sostenibile in Svizzera. Mediante questo programma gli operatori turistici possono offrire ai clienti la possibilità di contribuire volontariamente alla protezione del clima al momento dell’acquisto di prodotti o servizi. L’Ente Turistico del Luganese ha

introdotto una donazione volontaria su tutti gli acquisti effettuati tramite il proprio marketplace online, coinvolgendo attivamente sia i visitatori che i partner locali nella promozione di un turismo più sostenibile. Rimanendo in tema di collaborazione con i partner locali, questa gioca un ruolo importante anche nella valorizzazione del territorio da parte dell’Ente. «Un esempio tra tanti è il progetto Dine Around , sviluppato con Sapori Ticino e i ristoratori del circuito Ticino Gourmet , che consente ai turisti di vivere esperienze enogastronomiche acquistabili tramite voucher, con quattro tipologie - City Break, Nature, Pieds dans l’eau e Gourmet - e fasce di prezzo diversificate», fa sapere Daniela Gugliotta Bagaian.

Dalla valorizzazione del territorio all’accoglienza dei visitatori: nell’ambito di una strategia che tiene conto anche delle possibilità derivanti dall’innovazione tecnologica, «L’Info Point rappresenta un’evoluzione significativa. Tre le sedi: la principale a Lugano, e due stagionali a Caslano e Morcote», precisa Diana

Sopra, a sinistra, il villaggio di Morcote e, a destra, un’esperienza Dine Around ‘Nature’.

Bolis che, all’interno dell’Ente, è responsabile dell’ospitalità, oltre che segretaria del CdA e assistente di direzione. La nuova sede di Lugano, inaugurata un anno fa, non è solo uno sportello ma uno spazio esperienziale, dove il visitatore, in un ambiente moderno, accogliente, dotato di tecnologie interattive come totem digitali e schermi informativi multilingue, può accedere a «tre tipologie di consulenza: autonoma, guidata o approfondita. Chi opta per la consulenza autonoma, ha a disposizione tre postazioni digitali interattive, una è il daily planner, per informarsi in modo ludico sulle attività che si possono fare nel comprensorio e pianificare la propria giornata. L’altra è una mappa interattiva, con una figura che, posizionata sulle diverse zone della cartina, evidenzia poi su uno schermo le attività che si possono svolgere in quella determinata area. Infine, c’è una postazione ludica per bambini. Per una consulenza guidata, consulenti e postazioni sono a disposizione di chiunque desideri avvalersene. In aggiunta, gli schermi informativi, rivolti anche verso l’esterno, comunicano gli eventi in corso e le visite guidate organizzate giornalmente. È inoltre attiva anche una zona Pop Up, ben in vista: uno spazio pensato per offrire visibilità ai partner, con allestimenti tematici e micro-eventi; per esempio nell’ambito di Dine Around, vari chef hanno cucinato dal vivo, condividendo le loro ricette», nota Diana Bolis, evidenziando un modo innovativo di valorizzare le eccellenze locali.

Sopra, il nuovo Info Point Lugano Centro in Via Magatti 6 a Lugano. Sotto, un’immagine dell’esterno dell’Info Point.

mente a riprendere la promozione mirata all’estero», nota la direttrice marketing, «ma ora stiamo lavorando con una strategia mista su mercati a corto raggio - come Italia e Germania - e a lungo raggio come Usa, Brasile e Paesi del Golfo».

A rafforzare il legame con il territorio, l’Ente ha avviato una campagna di adesione soci. «Chiunque, anche chi non lavora nel turismo, può diventare socio e partecipare alle nostre assemblee, contribuendo così alla vita dell’organizzazione», evidenzia Diana Bolis.

Il futuro si gioca anche sulla destagionalizzazione, per distribuire i flussi turistici in modo più uniforme durante l’anno. «Con sostenibilità, digitalizzazione e accoglienza, la destagionalizzazione è il quarto pilastro della nostra strategia», sintetizza la manager. Obiettivi ambiziosi, ma coerenti con la volontà di posizionare Lugano Region come una destinazione moderna, accessibile e consapevole del proprio ruolo sociale ed economico. L’approccio di Lugano Region al turismo non è solo promozionale, ma strutturalmente orientato alla sostenibilità, all’inclusione, all’innovazione e alla valorizzazione del territorio.

«Vogliamo offrire non solo informazioni, ma ispirazione», conclude Bolis.

Della strategia turistica, la digitalizzazione - come sottolineano le intervistate - è parte integrante. Il digitale consente di migliorare l’interazione con i turisti e personalizzare le esperienze. «I partner di destinazione sono integrati nell’app del Ticino Ticket, che offre sconti e trasporto pubblico gratuito. L’Ente aderisce anche al circuito MyLugano, che consente ai visitatori di beneficiare del sistema di cashback con i Lvga Points», nota Gugliotta Bagaian. Guardando al futuro, Lugano Region continua a investire su una strategia multi-mercato. «Dopo il lancio del nuovo brand nel 2018, la pandemia ha imposto un cambio di rotta, portandoci a concentrare le attività sul mercato interno e successiva-

Nell’intento di diventare la destinazione di riferimento del Sud della Svizzera e per i suoi mercati strategici nei quattro segmenti Sport e Natura, Arte a Cultura, Enogastronomia e Mice, lavorando in collaborazione con le istituzioni e gli operatori turistici, promuove l’offerta turistica, nel rispetto della sua identità territoriale. Inoltre, l’Ente si occupa di fornire ai visitatori informazioni e assistenza, prima e durante il soggiorno, di animare e mantenere la rete dei sentieri escursionistici e per le due ruote. Come affermano le due intervistate: «È un lavoro costante e trasversale, che coinvolge dati, persone, tecnologie e visione strategica. E, soprattutto, un ascolto continuo del visitatore. Vediamo grandi opportunità nell’attrarre turisti consapevoli e nell’uso intelligente della tecnologia per rafforzare il legame tra il viaggiatore e il territorio».

Lugano Region non è solo una destinazione, ma una visione condivisa e in continua evoluzione. Un luogo dove il viaggio è pensato, costruito e vissuto con cura.

© Michele
Mengozzi
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Michele
Mengozzi

Ma chi siede ai comandi?

Il digitale ha moltiplicato le possibilità, ma a essere cresciuta è anche la complessità. Oggi il vero rischio non è non esserci. È esserci ovunque, senza una regia effettiva.

Tutte le aziende oggi sono digitali. O almeno, così credono. Un sito, una newsletter, un Crm attivo a metà. Un profilo LinkedIn, qualche sponsorizzata su Google. I dati si raccolgono, gli strumenti ci sono. A un primo sguardo, tutto sembra al proprio posto. Ma spesso si tratta di isole: piattaforme che non si integrano, processi ridondanti, contenuti incoerenti. Il marketing ignora cosa fa il commerciale. Il sito racconta un’identità diversa da quella che appare nei social. I dati esistono, ma non diventano direzione.

Negli ultimi anni, il digitale è stato reso accessibile. Tool per ogni esigenza, sistemi no-code, intelligenze artificiali pronte a generare contenuti. Sembra tutto semplice. Ma è un’illusione. Attivare strumenti non significa governare un sistema. E ogni sistema disconnesso ha un costo nascosto: decisioni basate su percezioni,

non su insight. Lead che si disperdono. Campagne che non convertono. Funnel interrotti senza che nessuno se ne accorga. Non è inefficienza. È inconsapevolezza.

C’è un paradosso che pochi vedono. Il digitale è l’unico ambiente dove tutto può essere misurato. Ogni interazione lascia traccia, ogni contenuto genera dati. Eppure, è proprio questo il potenziale più ignorato. La maggior parte delle aziende costruisce property digitali - siti, Crm, newsletter - ma non le mette a sistema. Non misura, non analizza, non comprende. Si pensa che il digitale serva per fare di più, più velocemente e a minor costo. Ma il suo vero valore è nella misurabilità. E questo valore si sprigiona solo se si parte da una domanda chiara: cosa si vuole concretamente ottenere, e come si può fattivamente verificare di esserci riusciti? Governare un ecosistema digitale richiede però competenze distribuite:

Florian Anderhub, Chief Vision Officer di Ander Group.

scrittura, design, sviluppo, strategia, dati. Il tuttologo digitale non esiste. Ed è pericoloso continuare a cercarlo. Non solo perché nessuno può padroneggiare tutto, ma perché è raro che un’azienda riesca ad attrarre, coordinare e far dialogare internamente tutte queste figure in modo efficace. È proprio qui che, spesso, rivolgersi a consulenti esterni strutturati fa la differenza: realtà che hanno già messo a sistema competenze diverse, capaci di ragionare in modo integrato e orientato al risultato.

Serve definire obiettivi concreti, indicatori leggibili, strumenti integrati. Serve un termometro condiviso, che permetta di identificare rapidamente le aree critiche, i colli di bottiglia, le opportunità di ottimizzazione. Senza questa regia, ogni team lavora su metriche proprie. E l’azienda perde coerenza.

Strumenti come HubSpot, ad esempio, consentono di consolidare l’intero funnel, dal primo clic alla trattativa chiusa, in un’unica piattaforma. Non solo facilitano la Governance, ma offrono una visione unica e immediata di cosa sta realmente accadendo. È lì che il digitale comincia a creare valore: quando diventa leggibile. Nessuno affiderebbe i propri soldi a un dilettante. Nessuno si farebbe operare da un autodidatta online. Eppure, troppo spesso, le fondamenta digitali delle aziende vengono gestite senza visione, senza metodo, senza controllo. Ma il digitale non è un esperimento. È un’infrastruttura. E va trattata come tale. Perché oggi, la vera competenza non è sapere tutto. È sapere come tenere tutto insieme.

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Il campus di International School of Ticino, a Cadempino: un ambiente versatile e aperto, che potenzia l’apprendimento.

Ispirare l’eccellenza del futuro

Valorizzare il potenziale di ogni studente grazie ai migliori metodi di insegnamento, con un approccio pedagogico olistico per coltivare le attitudini personali che permetteranno di cogliere opportunità e sfide del futuro: è la missione di International School of Ticino, unica scuola certificata IB del Cantone, con un percorso formativo dai 3 ai 18 anni, attiva sul territorio da oltre un decennio. Un investimento sicuro nel futuro dei propri figli.

Sin dai primi passi, il percorso scolastico gioca un ruolo cruciale tanto nella costruzione delle basi dell’apprendimento e delle conoscenze, quanto nello sviluppo personale, preparando gli studenti ad affrontare le sfide del futuro e a esprimere il meglio delle loro potenzialità grazie alla sicurezza in sé stessi, a un sistema di valori sani e a una genuina curiosità intellettuale.

Obiettivi a cui risponde l’approccio formativo di Inspired, un’eccellenza nel campo dell’istruzione privata, che educa oltre 95mila studenti in 119 scuole in 6 continenti, globalmente riconosciuta per la proposta di un nuovo standard nel settore dell’educazione privata premium. Parte del suo network dal 2017, International School of Ticino è l’unica scuola accreditata International Baccalaureate Continuum nel Canton Ticino. Il suo programma educativo accompagna il percorso di crescita dai 3 ai 18 anni attraverso l’IB Primary Years Programme (PYP, che include anche la scuola dell’infanzia con gli Early Years), il Middle Years Programme (MYP, scuole medie) e il Diploma Programme (DP, scuole superiori).

«La visione di International School of Ticino rispecchia il motto del nostro gruppo “Inspire the extraordinary”», commenta Mark Waldron, preside di International School of Ticino. «Il nostro scopo è puntare all’eccellenza attraverso i migliori metodi di insegnamento nazionali e internazionali, sempre sostenuti dalla nostra filosofia e dal nostro approccio all’educa-

zione, perfettamente allineati al metodo IB. Il nostro campus a Cadempino è il luogo ideale dove vivere un’esperienza educativa unica, nella quale la didattica è fortemente orientata allo studente, incoraggiandone la creatività, il pensiero critico, il lavoro di squadra e l’autonomia, per accompagnarlo ad assumere una crescente responsabilità nel proprio processo di apprendi-

mento. L’obiettivo è accrescere l’individualità, il talento e l’autostima, sviluppare le abilità personali, le competenze nei diversi ambiti e la sicurezza necessaria per affrontare con successo un mondo sempre più globalizzato», prosegue il preside.

Il team altamente qualificato degli insegnanti, con esperienza internazionale, comprende docenti madrelingua inglese e italiana, in modo da garantire il pieno sviluppo di competenze bilingui. Già dai tre anni, i piccoli allievi sono immersi nella lingua inglese e nell’atmosfera di una comunità internazionale. Dal secondo all’undicesimo anno, inoltre, si affianca lo studio del tedesco, essenziale in Svizzera.

L’apprendimento è sostenuto e sviluppato in piccoli gruppi, con un metodo d’insegnamento basato sull’indagine e la transdisciplinarità, che pone grande enfasi sull’esplorazione dei molteplici linguaggi verbali, espressivi e simbolici dei bambini. Una curiosità e una passione per lo studio che viene accresciuta da ogni ciclo successivo, arricchendo la didattica con attività co-curriculari che si inscrivono in una visione olistica della conoscenza. «L’eccellenza accademica e l’ambizione si

versatile e aperto, in modo da potenziare l’apprendimento. Per esempio, per le classi di Early Years sono stati utilizzati materiali e colori naturali, ampi spazi e dotazioni tecnologiche allo stato dell’arte. Un’attenzione al dettaglio che si ritrova nei laboratori scientifici, informatici e di arte e teatro per gli anni successivi. Nell’aprile

affiancano all’impegno per un’educazione a tutto tondo. In qualità di membro di Inspired Education Group riconosciamo l’importanza dei tre pilastri dell’educazione: arti dello spettacolo, cultura e sport», sottolinea il preside Waldron.

Moderno e accogliente, il campus di Cadempino, che ospita quasi 300 studenti, è stato disegnato per essere un ambiente

2024 è stato inaugurato anche il Diploma Centre, una struttura d’eccellenza dove prepararsi per gli esami del Baccalaureato Internazionale. Il tutto circondato da spazi verdi per le attività ricreative e sportive e dotato di recente anche di uno splendido parco avventura, mentre a pochi passi dall’istituto si può usufruire di un grande complesso sportivo. «International School

of Ticino è molto impegnata affinché ogni suo studente sviluppi un forte legame con il territorio sia attraverso sia iniziative in collaborazione con la comunità locale, che l’utilizzo di infrastrutture basate in Ticino, come centri sportivi, campi da tennis, piscine e parchi», evidenzia il preside.

A conclusione del percorso, grazie all’International Baccalaureate Diploma gli studenti possono accedere alle migliori università svizzere ed estere. Fra le principali destinazioni: Bocconi, Cattolica Milano, EHL Lausanne, Sciences Po, IE University, Maastricht University, Amsterdam University, Ottawa University, … nuove tappe del loro percorso formativo e di vita che li vedrà eccellere proprio grazie al bagaglio di competenze, esperienze e attitudini maturato nei fondamentali anni all’International School of Ticino.

FOR A WORLD WITHOUT FRONTIERS

Per visitare il Campus e conoscere il Preside e lo staff insegnanti di International School of Ticino è possibile prenotare una visita in cui approfondire le caratteristiche del curriculum internazionale: Tel. +41 (0)91 971 03 44 isticino.com

Il nuovo parco avventura di International School of Ticino, parte del suo approccio olistico all’educazione.

Tassi? Non vi temo

Nonostante l’ormai scontato allentamento della Bce, le prospettive per il settore bancario europeo restano positive, e le opportunità non mancano. Molto può essere ancora fatto.

Antonio Roman, Portfolio Manager di Axiom Alternative Investments. A lato, la discesa dei tassi d’interesse attuata dalla Bce, che è molto probabile prosegua, non è una buona notizia per tutti. Specie per le banche.

In un contesto di mercati generalmente costosi, i titoli finanziari europei si distinguono per il livello di rendimento offerto dal credito subordinato e dalle azioni. Prima di gennaio il 40% dei rimborsi del l’intero 2025 era già stato pre-rifinanziato e il resto è generalmente ad alto reset. Il trend in forte miglioramento dei titoli obbligazionari, anche subordinati, è destinato a continuare, con molti emittenti in outlook positivo. Il quadro tecnico appare solido, poiché è probabile che gli afflussi nei fondi di credito superino un’offerta netta piatta o addirittura negativa.

Il 2024 è stato un anno importante per gli asset rischiosi. L’Msci World e il Bloomberg Global High Yield hanno reso rispettivamente circa il 17% e l’11% in dollari. Meno brillante, nonostante il calo dell’inflazione, l’indice Bloomberg Global Aggregate, con copertura in dollari, che ha reso solo il 3,40%, ossia meno della semplice liquidità. Guardando all’intero 2025, tali performance saranno difficilmente ripetibili.

L’inflazione non è più in discesa, e anzi potrebbe ripartire, alcuni istituti potrebbero essere dunque costretti ad alzare i tassi, mettendo in discussione la narrativa dell’allentamento monetario che ha sostenuto i mercati finora. Le tensioni commerciali e geopolitiche se possibile stanno ulteriormente crescendo, andando a insistere su valutazioni pregresse ai minimi, il potenziale per un’inversione dei premi per il rischio è dunque rilevante.

Sul fronte delle azioni bancarie europee, un rendimento degli utili del 15%, rendimenti azionari stabili e la possibilità di incrementare ulteriormente le distribuzioni a lungo termine attraverso le operazioni di M&A e l’ottimizzazione del capitale posizionano il settore per un quinto anno di sovraperformance. Gli investitori dovrebbero concentrarsi non sul rumore, ma sui fondamentali: Margini. I ricavi al netto degli interessi continueranno a beneficiare della duration raggiunta dai bilanci, delle curve più ripide e della crescita dei depositi. La sensibilità al livello dei tassi d’interesse è ancora positiva in aggregato, ma si è ridotta significativamente, in alcuni casi fino a 4 volte, limitando l’impatto dell’allentamento monetario sui margini, pur al netto di uno scenario macroeconomico profondamente

in pochi mesi;

Fonte: Axiom

Commissioni. Sono il perfetto contrappeso al probabile andamento dei tassi di interesse. Se questi infatti dovessero scendere più del previsto, i prestiti, i flussi della clientela e i mercati dei capitali si espanderanno più del previsto. La continua volatilità macro fornirà un supporto; Bilanci. La qualità degli attivi sarà sostenuta dal miglioramento del reddito reale dei consumatori in Europa, e dalla stabilizzazione del settore immobiliare; Extra ricavi. Un allentamento delle pressioni normative sul settore, e la spinta alle cartolarizzazioni miglioreranno la generazione di nuove entrate, sostenendo un aumento dei pagamenti agli azionisti; M&A. Le operazioni di fusione e acquisizione, sia bolt-on che su larga scala, contribuiranno a migliorare sia la qualità del mix di ricavi sia l’efficienza dei costi. Il quadro di riferimento. Il consensus di mercato iniziale prevedeva un atterraggio dei tassi di Francoforte compreso tra l’1,75 e il 2,25%, in presenza di una crescita normalizzata dei depositi, una crescita debole del Pil, una ripresa delle commissioni grazie a un leggero miglioramento dei mercati e dell’attività creditizia, nonché su un ritorno alla media degli accantonamenti per perdite su crediti. Nel complesso, ciò si traduce in una variazione minima dell’attuale Roe del settore per il 2025 e il 2026.

Complessivamente i fondamentali sembrano ben isolati dalle oscillazioni macro. Il principale fattore di rischio è il ritorno a tassi molto bassi. Si stima che ogni spostamento di 100 bp della curva dei tassi comporti una riduzione degli utili del 10% circa per il settore. Ipotizzando tassi all’1%, il Roe del settore sarebbe comunque a due cifre, al netto dell’impatto migliorativo da commissioni. I margini dell’industria bancaria. Quando si proiettano i ricavi al netto dei tassi d’interesse, il primo passo è capire il divario del profilo di repricing tra attività e passività. In genere le banche presentano un maturity gap positivo, il che significa che le attività impiegano più tempo a riprezzare rispetto alle passività. Questo divario varia in modo significativo a seconda del tipo di istituto e del Paese. Questo spiega perché, in presenza di un calo dei tassi a breve termine, i margini aumenteranno per alcune banche e diminuiranno per altre. Nell’attuale contesto, le banche che gestiscono gap di scadenze più ampi e sono più sensibili all’inclina-

Ritorno alla normalità

Andamento della crescita dei depositi (in %, anno su anno)

Corporate Corporate overnight Famiglie Famiglie overnight 1/31/15

1/31/16 1/31/17 1/31/18 1/31/19 1/31/20 1/31/21 1/31/22 1/31/23 1/31/24

Fonte: Axiom Alternative Investments

Corsa ai depositi

Flussi dai conti correnti ai depositi a termine nell’Eurozona (mld eur)

■ Flussi in entrata dei depositi a termine

Fonte: Axiom Alternative Investments

zione della curva dei rendimenti piuttosto che al livello dei tassi a breve termine offrono un profilo di ricavi più interessante. È importante notare che nell’ultimo biennio le banche hanno ridotto la loro sensibilità ai tassi, in modo passivo grazie alla presenza di un maggior numero di depositi a termine e sensibili ai tassi sul lato delle passività, e in modo attivo grazie all’aumento delle dimensioni dei receiver swap. A contare è sì la sensibilità al livello dei tassi, ma anche la ripidità della curva. Un altro fattore importante da seguire sarà il ‘beta inverso’, ossia la misura in cui le banche saranno in grado di trasferire i tagli dei tassi sulla remunerazione dei depositi. I primi segnali sono incoraggianti. I tassi sui depositi a termine sono già scesi significativamente dal picco raggiunto nel 2023, diminuendo a una velocità di circa 6-7 bp al mese. Inoltre, i clienti non stanno più spostando fondi dai conti correnti.

Sul fronte dei volumi, la crescita dei depositi dovrebbe stabilizzarsi sul 3-4%, con un mix stabile tra conti correnti, di risparmio e a termine. La crescita dei prestiti al settore privato dovrebbe essere invece

Il normalizzarsi della curva dei tassi, per quanto non fossero mai saliti particolarmente, che effetto sta avendo sui depositi? Si cercano forse le ultime opportunità?

ancora modesta, di circa l’1%, al di sotto della crescita del Pil nominale.

Il rischio principale, ma remoto, rimane il ritorno a tassi inferiori all’1% su tutta la curva. Il quadro decisionale della Bce è utile per capire perché potrebbe essere difficile abbassare troppo i tassi, pur in presenza di un quadro macro volatile:

- I dati sull’inflazione interna sono ancora al di sopra dell’obiettivo. Oltre l’80% del paniere dei servizi presenta un’inflazione annua superiore al 3%;

- Le proiezioni sull’inflazione indicano un deflatore del Pil al 2,1% nel 2026 e 2027 e incorporano ipotesi forse ottimistiche sul fronte della produttività; - Le indagini sui prestiti bancari e l’aumento dei prezzi degli immobili indicano che la politica monetaria potrebbe non essere più restrittiva.

Tempo di illustri ritorni

La flessibilità che alcuni strumenti resi disponibili dalla previdenza libera di terzo pilastro è spesso sottovalutata, ma andrebbe considerata al netto della componente fiscale.

Rendita di vecchiaia immediata finanziata con versamento unico

Rendita di vecchiaia differita finanziati con premi periodici

Rendita di vecchiaia differita con premio unico

■ Rendita d’eccedenza

■ Rendita garantita a vita

■ Premio unico

Fonte: Zurich Assicuazioni

Dopo anni di presenza latente sul mercato, la rendita vitalizia sta guadagnando rapidamente quota. La ripresa di interesse verso questo prodotto è determinata soprattutto dalla recente revisione della legge federale di riferimento, che introduce ulteriori agevolazioni fiscali. Non è la soluzione che risolve forzatamente tutti i problemi, ma va comunque considerata come una possibile misura supplementare.

Come spiegare una rendita vitalizia in modo semplice? Un primo adagio da valutare è che si tratti della cosiddetta previdenza libera del terzo pilastro. È un prodotto assicurativo che permette di erogare, vita natural durante, una rendita a cadenza regolare dietro pagamento di un premio unico o periodico. Si può decidere di erogare la rendita immediatamente o posticiparla a un momento successivo; la si può stipulare su una testa o due teste; si può prevedere un capitale di decesso residuo a favore degli eredi o prediligere un importo di rendita maggiore e rinun-

■ Rendita d’eccedenza

■ Rendita garantita a

■ Premi periodici

ciare a un capitale di decesso. Come si può intuire da queste caratteristiche, la versatilità della rendita vitalizia è importante e permette costruzioni interessanti, che diventano ancora più diversificate e approfondite se inserite in una vera e propria pianificazione finanziaria.

Dal 1 gennaio 2025 si è passati da un’imposizione del 40% delle rendite erogate (imposta sul reddito) a un’imposizione più leggera e adeguata che tiene conto del valore previdenziale di questa soluzione. Senza entrare nel dettaglio, la componente garantita della rendita è tassata in funzione del tasso di interesse tecnico vigente al momento della stipulazione, mentre le eccedenze sono sempre tassate al 70%. Di anno in anno vengono fissati i relativi parametri: per il 2025 ci si baserà su un’imposizione della parte garantita al 4%.

Ma quali sono i fattori che determinano questo largo interesse per la rendita vitalizia? In pole position, certamente l’imposizione fiscale. A titolo di paragone, si consideri che una rendita di vecchiaia

■ Rendita d’eccedenza

■ Rendita garantita a vita

■ Premio unico

Fonte: Zurich Assicuazioni

Stefano Guidotti, pianificatore finanziario di Zurich Assicurazioni Ticino. Sopra, tre diversi scenari in cui la flessibilità della rendita vitalizia in ambito di previdenza libera di terzo pilastro può dimostrarsi utile. Cosa può succedere dopo gli anni del ritiro dalla vita attiva?

dalla cassa pensione è imposta come reddito al 100%.

Naturalmente vi sono ulteriori fattori di interesse. Se stipulata su due teste (per esempio tra marito e moglie, ma anche in caso di concubinato) questo prodotto assicura la continuazione del medesimo importo di rendita sul superstite. Questo rappresenta un grosso vantaggio rispetto a una rendita di Cassa pensione in caso di decesso: di regola al coniuge superstite viene garantita una rendita decurtata di circa il 40%.

In questo senso, oltre che un elemento di regolazione e protezione per il coniuge superstite, la rendita può anche essere

Prestazione in caso di decesso
Tempo di differimento
Prestazione in caso di decesso
vita
Fonte: Zurich Assicuazioni
Tempo di differimento

proiettata nell’ambito della pianificazione successoria. La sicurezza data dalla prestazione vitalizia (versamento garantito contrattualmente, indipendentemente dalle performance di mercato), elemento che la caratterizza e che è molto apprezzato da chi la sceglie, evidentemente va a incidere sulla sua performance. Ma sia chiaro: per la scelta di questo prodotto è opportuno valutare l’importo al netto delle imposte. Insomma, conta sostanzialmente solo quanto rimane in tasca dopo aver pagato le imposte e non prima!

Sovente la rendita vitalizia, oltre che risolvere la protezione del coniuge superstite e ottimizzare la dimensione successoria, presenta cifre ragguardevoli e interessanti anche dal profilo della performance, al netto delle imposte.

Se si parla di sicurezza nella previdenza vitalizia, è anche per sottolineare che il capitale presente nella polizza costituisce il cosiddetto patrimonio vincolato: la compagnia assicurativa è obbligata legalmente ad accantonare l’equivalente del valore della polizza da destinare in ogni caso, anche nel caso estremo di fallimento, al cliente.

Nell’ambito di una pianificazione finanziaria è noto sia necessario proporre una riflessione globale, occupandosi di tutto il patrimonio, di tutte le entrate e di tutte le uscite del cliente. In tal senso la rendita vitalizia sarà per esempio af-

«Dal 1 gennaio 2025 si è passati da un’imposizione del 40% delle rendite a un’imposizione più leggera e adeguata che tiene conto del valore previdenziale di questa soluzione. La componente garantita della rendita è tassata in funzione del tasso di interesse tecnico vigente al momento della stipulazione»

fiancata da investimenti finanziari o altri prodotti assicurativi, che consentiranno di gestire ulteriori e successive tappe del pensionamento, giacché la diversificazione è sempre una soluzione da adottare. Agire nel presente o posticipare la scelta dipende dalla singola situazione finanzia-

ria. Finanziare la polizza attraverso premi periodici (per esempio se i mezzi sono insufficienti per un premio unico) permette di non rinunciare a questa prestazione. Infine, ulteriore aspetto da non sottovalutare, la scelta di una rendita vitalizia consente di rendere ancora reversibile la scelta tra rendita e/o capitale della cassa pensione: ciò significa che se l’assicurato al momento del pensionamento adotta la formula della prestazione vecchiaia al 100% in capitale, più tardi potrà ancora trasformare parte di esso (o la parte residua) in una rendita attraverso l’adozione di una rendita vitalizia.

Parlando di rendita vitalizia, vanno dunque sottolineate le sue implicazioni fiscali, previdenziali, di protezione del coniuge e di pianificazione successoria. La complessità e la completezza di questo prodotto implicano forzatamente tutte queste dimensioni che, per essere risolte al meglio, andrebbero considerate in una pianificazione finanziaria e pensionistica globale. Tuttavia, l’aspetto fondamentale della rendita vitalizia è la presenza di basso rischio che contribuisce a preservare nel tempo il proprio patrimonio.

PROSEGUR

SOCIETÀ DI VIGILANZA

Osservatorio

Bene, non benissimo

I primi cinque mesi dell’anno si confermano all’insegna della volatilità, con gli indici in forte ripresa dopo i disastri di aprile. L’industria dei fondi tiene botta al chiudersi di aprile.

Imercati finanziari nel corso dei primi cinque mesi dell’anno si può affermare abbiano vissuto una fase emotivamente molto coinvolgente, e che sotto molti aspetti ha diverse analogie con la Grande Crisi del 2008.

Crolli come non se ne vedevano da allora, scatenati da affermazioni e millantate decisioni, poi nemmeno verificatesi, che hanno destabilizzato un quadro congiunturale già teso, e colpito indici che viaggiavano su livelli alti o altissimi. Il Liberation Day ha fatto il suo, la volatilità ha fatto il resto. Ma com’è andata?

Dopo i disastri della prima metà di aprile, scongiurato almeno per il momento buona parte del problema, gli indici sono rimbalzati. Al 1 giugno lo S&P500 è tornato in sostanziale parità, al pari del Nasdaq100. Corrono invece gli indici del Vecchio Continente con l’EuroStoxx50 in crescita del 9,61%, Parigi del 5,03%, e lo Smi analogamente del 5,40. Storia a parte la fanno invece il Dax, +20,53%, e il FtseMib del 17,26%. Scende di quasi il 5% invece il Nikkei.

Il franco e l’oro capitalizzano le tensioni, con il metallo giallo in crescita del 25%, e la valuta rosso crociata in progresso del di oltre il 10% sul dollaro, che arretra di un analogo 8,76% rispetto all’euro.

Al 30 di aprile, l’industria svizzera dei fondi d’investimento accusa il colpo, principalmente per la svalutazione del dollaro e per la debolezza dei mercati nord americani, con il gestito complessivo che arretra a 1,564 trilioni di franchi, rispetto agli 1,635 di fine gennaio. Se sul mese a correggere sono i fondi obbligazionari, gonfiatisi a fronte dell’alta volatilità, sull’arco di un trimestre la situazione torna quasi in pareggio.

Proseguono gli afflussi di new money, che si concentra sugli azionari, con 5,76 miliardi di franchi, rispetto a un totale sul mese 7,02 miliardi e di 16,17 miliardi dalla fine di gennaio.

Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi) Categoria fondi

Raccolta per Asset

Osservatorio 4.0

Caro lettore,

L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI

L’Angolo dell’investitore: (Tech, Health, Real Estate; Isin):

▲ Cap Gemini (FR0000125338)

▲ Computacenter (GB00BV9FP302)

▲ Infineon (DE0006231004)

▲ United Health (US91324P1021)

▲ Merck & Co (US58933Y1055)

▲ Novartis (CH0012005267)

▲ Gecina (FR0010040865)

▲ British Land (GB0001367019)

▲ Merlin Properties (ES0105025003)

di Federico Introzzi

Distillati quantitativi

Coniugare il meglio che investimenti passivi e attivi sono in grado di offrire è un’operazione difficile, che richiede una certa dose di intelligenza artificiale, ma con ottimi risultati.

Il mondo degli investimenti azionari è stato a lungo diviso tra strategie attive e passive, con i rispettivi pregi e difetti. Una terza via si va però segnalando: gli investimenti quantitativi.

Le strategie quantitative, in specie quelle con una struttura a indici potenziata, coniugano il meglio di entrambi i mondi. Costruite intorno a portafogli consistenti con un’ampia - anche se non perfetta - sovrapposizione con gli indici di mercato, la loro ampiezza riduce il rischio. È invece la differenza sottile ma fondamentale rispetto agli indici, consequenziale alle analisi del gestore, a generare alpha.

Sfruttando grandi quantità di dati che vengono elaborati da un modello basato sull’apprendimento automatico, queste strategie sono in grado di identificare i titoli che più probabilmente sovraperformeranno nel breve e medio termine. Queste strategie funzionano perché, sebbene i titoli seguano i cicli economici e i megatrend nel lungo periodo, nel breve termine sono soggetti a una serie di influenze transitorie che allontanano i loro prezzi dai fondamentali. Nel fare questo il

sentiment degli investitori gioca un ruolo importante. La reazione del mercato alle notizie societarie, alle variazioni delle previsioni degli analisti o a una serie di fattori, può portare a episodi di volatilità che causano anomalie nei prezzi delle azioni, ed è qui che scattano le strategie quantitative, e creano valore.

Per individuare i prezzi sbagliati, utilizzano algoritmi per individuare le relazioni all’interno dei dati. Questi algoritmi agiscono come una mappa, con regole stradali incorporate, per guidare i dati in un viaggio verso una serie di risultati. Più diversi sono gli insiemi di dati, più le regole devono essere applicate alle loro interazioni e più il modello è in grado di prevedere ciò che accadrà in futuro sulla base delle relazioni passate.

Il tocco umano. Questi modelli funzionano in autonomia, una volta costruiti, testati, perfezionati e manutenuti dagli analisti. Le perosne non solo specificano gli algoritmi, ma li addestrano con i dati e li riqualificano regolarmente in modo che i modelli tengano il passo con l’evoluzione delle dinamiche di mercato.

Gabriele Susinno, Senior Client Portfolio Manager di Quest Equities, di Pictet Am. Un piccolo incremento annuo può fare la differenza.

Gli esperti devono decidere quali algoritmi utilizzare, e soprattutto sulla base di quali set di dati, determinanti per garantire l’accuratezza e la stabilità dei risultati e per comprendere l’output. La gamma pressoché infinita di input possibili significa che è possibile una varietà quasi infinita di modelli.

L’uomo è coinvolto fino a questo punto, ma una volta scelto un modello, è questo a dettare acquisto e vendita dei titoli. L’automazione non solo aiuta a eliminare le emozioni, ma riduce anche i costi. Impulsi intelligenti. L’Intelligenza Artificiale non è un campo nuovo, ma i recenti progressi in più ambiti hanno abbassato la barriera all’utilizzo del machine learning.

L’Ia sta mettendo il turbo agli investimenti quantitativi, creando l’opportunità di sviluppare il Quant 2.0. Le capacità di elaborazione senza precedenti consentono ai modelli di tracciare relazioni sempre più complesse tra un numero sempre maggiore di serie di dati.

L’approccio quantitativo tradizionale tendeva a limitarsi all’analisi di un numero relativamente ridotto di effetti di mercato, che si traducono in valutazioni temporanee errate. In questo modo si ottiene un’esposizione a driver di mercato più ampi, noti come fattori, come il value o il momentum. L’Ia offre la possibilità di individuare centinaia di potenziali segnali/fattori a frequenza più elevata. Questi sono generati dai dati scelti dalle persone.

A differenza del machine learning tradizionale, che identifica relazioni lineari

all’interno dei set di dati, l’Ia è in grado di cogliere associazioni molto più complesse all’interno del pool di dati, il che le consente di avere una visione molto più approfondita di ciò che sta guidando i prezzi delle azioni. La capacità di identificare relazioni più complesse e non lineari aumenta di molte volte la capacità di trovare associazioni tra serie di dati.

I modelli quantitativi tradizionali specificano una relazione lineare tra i rendimenti azionari e i segnali. Ad esempio, in un modello tradizionale, un upgrade di una società da parte di un analista suggerirebbe una sovraperformance del titolo. Tuttavia, ci sono molte ragioni per cui tale relazione potrebbe non essere valida. Un modello di machine learning non lineare addestrato con i dati storici può identificare le relazioni che dicono quando l’upgrade dell’analista sarebbe più efficace nel prevedere la futura sovraperformance. O anche, se il titolo è ampiamente shortato dagli Hedge Fund, il modello potrebbe identificare che è probabile che sia soggetto a uno short squeeze, con un conseguente balzo del prezzo delle azioni molto più drammatico di quello che l’aggiornamento degli analisti potrebbe altrimenti giustificare. Esistono potenzialmente decine di migliaia di queste relazioni non lineari ‘condizionanti’ che possono generare alpha aggiuntivo. Distillare i dati. Questo quadro molto più complesso consente ai gestori di isolare gli effetti specifici del titolo che influenzano il prezzo dell’azione. Per farlo, eliminano una moltitudine di fattori di disturbo (mercato, settore, regione, industria, paese, stili, esposizioni economiche) dalla performance di ciascun titolo. In questo modo, possono identificare ed estrarre il puro alpha dell’azienda.

Nel corso del tempo, gli algoritmi evolvono, comprendendo le mutevoli dinamiche economiche e di mercato e incorporando nuove serie di dati. Per essere efficaci, tali modelli tornano a necessitare dell’uomo, almeno inizialmente, prima di riprendere il controllo.

Poiché questi parametri limitano il rischio, limiteranno anche la quantità di alpha generato dalla strategia. Tuttavia, l’effetto composto dell’alpha è determinante nel corso del tempo. Ad esempio, se si ipotizza un rendimento di mercato del 5% nei prossimi 10 anni e una sovraperformance di 1,5 punti percentuali all’anno al netto delle commissioni, il cliente avrà

Diversificazione perché

Correlazione tra ritorno in eccesso atteso ed effettivo (in %)

Fonte: Pictet Asset Management 2025 *accounting for non-linear and interaction effects

La provenienza dell’Alpha

Contributo attivo trimestrale ai ritorni dal lancio (valore netto, in usd)

Fonte: Pictet Asset Management al 30-IV-25 (Pictet Quest AI)

ottenuto un rendimento aggiuntivo del 24,8% nel decennio.

Un approccio flessibile. Uno dei maggiori punti di forza delle strategie quantitative è la loro flessibilità.

Variando la sovrapposizione con gli indici sottostanti, una strategia quantitativa può essere modificata per regolare l’entità del tracking error e del rischio. Può essere personalizzata in base alle esigenze dell’investitore, escludendo alcuni titoli o settori dall’universo d’investimento, pur offrendo i vantaggi di un approccio quantitativo. Data l’ampiezza dei portafogli delle strategie quantitative, con partecipazioni in tutti i Paesi e settori, questi aggiustamenti personalizzati non compromettono la capacità di generare alfa. Sebbene una strategia quantitativa sostenibile che escluda, ad esempio, le società petrolifere e del gas o le imprese minerarie presenti un tracking error più elevato rispetto a una strategia senza esclusioni, l’attenzione alla gestione del rischio nella costruzione del portafoglio riduce al minimo questo impatto.

Un’offerta standard enhanced index,

Il contributo che può dare l’Ia nella gestione di portafoglio non deve essere valutato, e sulle lunghe distanze potrebbe contribuire in misura sostanziale al rendimento complessivo di una strategia.

con un profilo di rischio molto simile a quello dell’indice di riferimento, offre ai clienti una partecipazione di base che può sostituire un tradizionale approccio passivo di indicizzazione.

La chiave delle strategie quantitative consiste nel costruire il modello giusto e nell’addestrarlo con una quantità sufficiente di dati corretti. Poi è necessario impostare i parametri appropriati per soddisfare la propensione al rischio e altri requisiti dell’investitore. Una volta ottenuto tutto ciò, la strategia quantitativa è in grado di generare un alpha incrementale specifico per il titolo, eliminando l’esposizione ai fattori generali del mercato. E lo fa a basso costo e a rischio di mercato. In altre parole, offre il meglio degli approcci di investimento attivi e passivi.

Correlazione attesa
Ia spec. Mercato Fondamentali Sentiment Residuo

I dubbi sulla riforma

Quali conseguenze avrebbe la prospettata riforma fiscale in discussione al Senato americano? Se Trump tira dritto, nulla è ancora deciso, e molto potrebbe ancora cambiare.

Big Beautiful Bill

Andamento del deficit federale americano (in % Pil)

Us Govt. Budget Balance, % del Pil

Proiezioni del Cbo, se i tagli fiscali del 2017 rimanessero confermati a infinito

Proiezioni del Cbo, se i tagli dovessero non essere riconfermati

Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia. A lato, gli effetti che la nuova manovra fiscale trumpiana potrebbe avere su debito e deficit americano.

be quindi risultare difficile reperire forza lavoro, con il rischio di un aumento delle retribuzioni e quindi dell’inflazione.

2025

Big Beautiful Bill

Andamento del debito federale americano (in % Pil)

di Moody's

US debt held by the public, % of GDP

Proiezioni del Cbo, se i tagli fiscali del 2017 rimanessero confermati a infinito

Proiezioni del Cbo, se i tagli dovessero non essere riconfermati

Ubs 2025

Non si può dire che Donald Trump non stia seguendo il suo programma economico elettorale, ma orientarsi nella nuova agenda economica americana non è semplice. Alcune apparenti incongruenze, che forse verranno chiarite, generano incertezza sui mercati, i quali tipicamente preferiscono un quadro stabile. Trump ha ottenuto un dollaro debole, come auspicava, con una svalutazione di quasi il 10% rispetto all’euro; intende

però difendere il ruolo centrale della valuta statunitense a livello globale. Si tratta di due obiettivi che, almeno in apparenza, non sono facilmente conciliabili.

L’obiettivo dichiarato dei dazi e del dollaro debole è riportare attività produttive negli Stati Uniti e va riconosciuto che molte aziende hanno annunciato nuovi investimenti nel Paese. Tuttavia, il mercato del lavoro statunitense è già vicino alla piena occupazione e l’Amministrazione intende ridurre l’immigrazione. Potreb-

In questo quadro si inserisce la bozza di legge di bilancio One, Big, Beautiful Bill Act (Obbba) attualmente in esame al Senato degli Stati Uniti, che prevede misure che potrebbero portare a un ulteriore incremento del deficit pubblico. Il disegno legge prevede di rendere stabili alcune riduzioni delle aliquote fiscali per le imprese varate durante la prima presidenza di Trump, rendere esenti straordinari e mance, aumentare le spese per il controllo delle frontiere e tagliare risorse all’assistenza sanitaria Medicaid.

La riduzione prevista delle spese non sembra compensare gli sgravi fiscali che contiene e il disegno di legge porterebbe quindi a un ulteriore aumento del deficit. Bisogna sottolineare che il problema degli elevati deficit non è affatto nuovo; di fatto il debito pubblico continua a crescere rapidamente dalla crisi finanziaria globale del 2008, mediamente di oltre il 6% annuo, e il rapporto debito/Pil ha raggiunto il 123% a fine 2023 (record dal 1946).

Ciononostante, la capacità degli Stati Uniti di rimborsare il debito non è in discussione, dato che possono contare su mercati dei capitali molto profondi. L’aumento del debito pubblico potrebbe invece pesare sul dollaro, sul quale si mantiene una posizione di cautela.

Per rendere sostenibili i livelli crescenti di debito, gli Stati Uniti potrebbero ri-

Fonte: Ubs
Fonte:

correre a diverse forme di repressione finanziaria o fiscale, vale a dire misure adottate per abbassare i rendimenti del debito pubblico, e quindi i costi di finanziamento, o aumentare le entrate fiscali.

In passato questo è stato fatto su entrambi i lati dell’Atlantico attraverso il Quantitative Easing. In effetti, la Federal Reserve sta valutando la possibilità di consentire alle banche di detenere Treasury senza deduzioni dai coefficienti di riserva, un passo che potrebbe aumentare la domanda di titoli di Stato e contribuire ad abbassarne i rendimenti.

Da un punto di vista fiscale, il disegno di legge contiene alcune disposizioni che suggeriscono l’intenzione di aumentare la tassazione sugli investitori esteri negli Stati Uniti. Occorre ripetere che questo disegno potrebbe essere modificato; inoltre, le conseguenze delle sue disposizioni possono variare a seconda della giurisdizione degli investitori. Due misure in particolare hanno attirato l’attenzione degli investitori internazionali:

- sezione 899: ulteriori ritenute fiscali statunitensi (incrementate del 5% l’anno, fino al 20%) su alcuni redditi di fonte statunitense per Governi, fondazioni, società e persone fisiche residenti in Paesi che impongono ‘tasse straniere sleali’; - sezione 4475: un’imposta del 3,5% sui trasferimenti di denaro da parte di consumatori statunitensi a beneficiari esteri.

Se approvata nella forma attuale, la sezione 899 colpirebbe i dividendi pagati da società statunitensi a soggetti residenti in Paesi che impongono ‘tasse sleali’ agli Stati Uniti. I dividendi delle società americane mediamente sono bassi (1,3% del valore delle azioni) e quindi l’impatto di un’ulteriore ritenuta del 5% sarebbe limitato (0,065% annuo).

Va detto che, a seconda delle circostanze, gli investitori potrebbero recuperare parte delle ritenute, ma nel tempo questa misura potrebbe portare molte società a preferire i buyback rispetto ai dividendi per meglio remunerare gli azionisti.

In teoria, sulla base dell’attuale bozza, detenere azioni statunitensi direttamente o tramite fondi domiciliati negli Stati Uniti potrebbe ridurre l’esposizione a queste ritenute o facilitarne il recupero, ma può aumentare l’esposizione alle imposte di successione statunitensi. Al contrario, possedere azioni americane tramite fondi domiciliati in Paesi terzi (come Irlanda o Lussemburgo) aumenta l’esposizione alle

ritenute sui dividendi e potrebbe ridurre la possibilità di recuperarle.

Molti si domandano se, alla luce di queste potenziali misure, sia opportuno ridurre l’esposizione al mercato americano. Prima di tutto, l’iter parlamentare potrebbe modificare la portata delle disposizioni. Inoltre, gli Stati Uniti restano il mercato più rilevante a livello globale, con una Governance storicamente favorevole ad azionisti e investitori, che ha garantito performance superiori alla media. Il mercato americano rappresenta circa il 60% delle borse mondiali e dovrebbe continuare a costituire una quota significativa, anche fino alla metà dell’esposizione azionaria complessiva.

Il discorso è più articolato per il mercato obbligazionario, dove generalmente va preferita l’esposizione nella propria valuta. Al momento la sezione 899 non sembra avere impatto sugli interessi pagati su Treasury, obbligazioni investment grade o depositi bancari. Se le cose dovessero cambiare gli investitori che preferiscono mantenere l’esposizione a obbligazioni in dollari nel tempo potrebbero però essere

I Treasury sembrano destinati a vivere anni difficili, i prossimi. Se diminuisce l’interesse degli investitori esteri per detenerli, sono ancora i Paesi occidentali ad averne parecchi.

portati a sostituire obbligazioni ad alta cedola con titoli a basso coupon (a parità di rating, duration e rendimento a scadenza), per ridurre l’impatto delle ritenute.

Va inoltre considerato l’effetto della sezione 4475, che introdurrebbe un’imposta del 3,5% sui trasferimenti da conti bancari statunitensi a beneficiari esteri, con possibili ricadute anche sugli investitori internazionali con conti negli Stati Uniti. Per il momento occorre attendere la discussione al Senato, che potrebbe portare a modifiche sostanziali dell’Obbba. Ma, considerando l’aumento del debito, la possibile repressione finanziaria e fiscale e le stesse preferenze dell’amministrazione Trump, vale la pena avere una certa cautela nei confronti del dollaro. La recente analisi From a trade war to a tax war? esplora ulteriormente la tematica.

■ Treasury statunitensi per Paese Fonte: Ubs 2025

L’oro di Basilea

Cosa succederebbe se il metallo giallo venisse riconosciuto dalle normative bancarie europee elegibile tra gli Hqla determinanti il Cet1? Interessanti scenari di delineano.

L’oro delle banche

Evoluzione del prezzo dell’oro (oncia/usd) se fosse accettato come Hqla

Arthur Jurus, Head Investment Office Private Bank di Oddo Bhf Switzerland. A lato, l’evoluzione del prezzo dell’oro se passasse l’iniziativa.

0

Oro in Usd Prezzo se il 5% degli Hqla fosse investito in oro

Prezzo se il 10% degli Hqla fosse investito in oro

La legge riguardante l’aumento dei requisiti di capitale proprio delle filiali estere di Ubs, presentata il 6 giugno dalle Camere federali, che potrebbe significare il necessario reperimento di 25 miliardi di franchi di fondi extra rispetto agli attuali ha riacceso i riflettori sugli accordi di Basilea III, conseguenza diretta della Crisi del 2008. Le norme del trattato, redatto nel 2010 ma entrato in vigore nella sua interezza solo nel 2025, prevedono la definizione di nuovi standard per la solidità patrimoniale delle banche, compresi i criteri per gli High Quality Liquid Assets (Hqla) detenuti per far fronte a stress di liquidità. L’oro, pur soddisfacendo la maggior parte dei criteri tecnici richiesti per essere classificato tra questi attivi, continua a esserne escluso. Eppure, si tratta di uno degli strumenti più liquidi e scambiati al mondo, con un volume medio giornaliero superiore ai 200 miliardi di dollari, privo di rischio di credito e di emittente. Tuttavia, il metallo giallo non può essere utilizzato per soddisfare il Liquidity Coverage Ratio (Lcr). Questo trattamento

normativo contrasta con la pratica di mercato: l’oro è comunemente accettato come collaterale nelle operazioni di credito o di copertura dei derivati. È inoltre considerato un attivo a rischio nullo nei bilanci bancari, sia secondo l’approccio standardizzato che quello avanzato, e può quindi essere detenuto senza l’obbligo di capitale regolamentare aggiuntivo.

Non rientra però nel capitale regolamentare delle banche. Il Common Equity Tier 1 (Cet1, noto alle cronache dopo il crollo del Credit Suisse e nucleo principale della struttura di capitale imposta da Basilea III), comprende strumenti di capitale puro, come azioni ordinarie e utili non distribuiti. L’oro, in quanto attivo, resta escluso. Tuttavia, il suo trattamento prudenziale nel quadro complessivo è favorevole rispetto ad altri strumenti di bilancio.

Negli ultimi anni il mercato dell’oro sta subendo una trasformazione rilevante, con un rinnovato interesse per l’oro fisico. Quest’ultimo, a differenza di quello ‘cartaceo’ scambiato tramite prodotti derivati, è privo di rischio di controparte e non

dipende da intermediari. Questa solidità lo rende sempre più centrale nei portafogli istituzionali e di investitori private. La crescita della domanda fisica è in parte trainata dalla dedollarizzazione delle riserve delle Banche Centrali. Solo nel primo trimestre 2025, ne hanno acquistato 244 tonnellate, con la Cina in testa. Un’evoluzione del quadro normativo avrebbe con ogni probabilità un impatto diretto sul prezzo dell’oro. Un riconoscimento formale dell’oro come Hqla genererebbe una domanda strutturale e stabile da parte del settore bancario. Le banche, oggi ampiamente concentrate sui titoli di Stato e sulle riserve presso le Banche Centrali, potrebbero integrare progressivamente oro fisico nella propria gestione della liquidità. A questa dinamica si aggiunge l’accumulazione continua da parte dei grandi investitori istituzionali in un contesto economico incerto. Alcune previsioni ipotizzano il superamento dei 4.000 dollari l’oncia entro l’anno.

Per la Svizzera, Paese leader nel commercio, nella raffinazione e nella custodia dell’oro, questo sviluppo rappresenta un’opportunità. L’adeguamento della regolamentazione permetterebbe al sistema bancario di rafforzare la propria posizione globale e di migliorare la gestione della liquidità. L’oro possiede le caratteristiche richieste per essere riconosciuto come attivo di alta qualità. Il mancato riconoscimento oggi non riflette la realtà di mercato, ma piuttosto un’impostazione normativa che appare superata.

Fonte: Oddo

Reddito ed Europa

Le profonde incertezze che scuotono gli Stati Uniti stanno spingendo a rivalutare altre regioni del mondo, nonostante le performance degli ultimi anni. In pole position l’Europa.

L’Europa paga bene

Dividendi staccati nell’Eurozona per anno (in mld eur)

Icambiamenti nelle politiche fiscali, per la difesa e la fine dell’austerity stanno ridefinendo il panorama degli investimenti in Europa. Un grande potenziale. Dalla Crisi del 2008, le debolezze strutturali dell’Unione Europea hanno penalizzato pesantemente i mercati azionari, con una netta sovraperformance di quelli americani.

Dopo la grande crisi finanziaria lo S&P 500 ha premiato gli investitori con il 12% di ritorni annuali. In dollari, il miglior mercato europeo (il Dax) ha raggiunto solo il 6% per anno. Allo stesso tempo l’euro si è deprezzato da 1.60 contro il dollaro fino a sfiorare la parità.

La deglobalizzazione e i cambiamenti politici stanno spingendo l’Europa ad affrontare senza indugio le sue sfide strutturali. Una spinta verso una maggiore integrazione finanziaria, politiche espansive, un sistema bancario solido, l’adozione dell’Intelligenza Artificiale, e una politica energetica più bilanciata possono catalizzare l’attrattività di questi mercati che sono sostenuti da aziende di alta qualità con capacità di generare flussi di cassa

robusti. Negli ultimi tre anni i dividendi delle aziende europee sono aumentati e possono rappresentare una fonte di reddito interessante per gli investitori e per proteggere il capitale dall’inflazione.

Le prospettive per gli investimenti in Europa sono migliorate significativamente nel 2025. L’evoluzione delle politiche relative alla spesa pubblica, soprattutto in Germania, sta portando nuovi investimenti nella Difesa, nelle infrastrutture e nelle tecnologie innovative. Questa inversione di rotta rispetto alle precedenti politiche di austerity dovrebbe incentivare gli investimenti in beni produttivi. Con la maggiore volatilità di mercato e l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche, le strategie che puntano a generare un reddito stabile dall’azionario stanno acquisendo maggiore attrattività. Le strategie dinamiche, focalizzate sui titoli di qualità che versano regolarmente dividendi e su modalità alternative di generazione di reddito, rappresentano uno strumento interessante per investire nell’azionario. Qualità e dividendi. Investire in società europee di qualità elevata che possono

Cristiano Migliorini, Head Hybrid Research di Vontobel.

A lato, il Vecchio Continente è molto generoso in termini di dividendi.

distribuire dividendi regolarmente può rappresentare una fonte più stabile di reddito. Storicamente, i pagamenti dei dividendi dalle società europee sono stati relativamente stabili e hanno evidenziato una crescita negli ultimi anni.

È importante notare che le società di qualità tendono a mantenere intatte le distribuzioni dei dividendi anche in condizioni di mercato sfavorevoli, offrendo agli investitori una maggiore protezione a fronte delle crisi di mercato. Le società europee, rappresentate dall’indice Msci Emu, versano in genere dividendi più elevati rispetto alle società di altre regioni. Potenziamento del reddito. Nell’ambito di una soluzione di fondi gestiti attivamente con titoli azionari di qualità che distribuiscono dividendi, le opzioni call coperte possono rappresentare un modo interessante per generare un reddito aggiuntivo regolare. Ecco come funziona: tramite la vendita di opzioni call, il fondo acconsente a vendere potenzialmente i suoi titoli a un prezzo prestabilito entro un determinato orizzonte temporale, ricevendo in cambio un pagamento in denaro. Talvolta, se il prezzo del titolo sale sopra questo prezzo prestabilito (prezzo strike), il fondo deve vendere il titolo al prezzo inferiore concordato, perdendo in parte i profitti aggiuntivi.

Pur essendo semplici nel principio, il successo delle strategie covered call dipende da un’attenta gestione attiva, particolarmente importante in condizioni di mercato in rapida evoluzione.

Fonte: Vontobel 25

Difendersi dai rischi

Il mood di mercato sta rapidamente cambiando, e dopo un decennio privo di recessioni è possibile se ne stiano sottovalutando tutti i relativi rischi. Come prepararsi?

Questione di spread Andamento negli ultimi 10 anni dello spread

Chiara Gay, Portfolio Manager di Rothschild&Co. A lato, gli spread tra Ig e Hy vanno chiudendosi, ma prezzano ancora davvero i rischi giusti? Qualche perplessità...

Nel contesto attuale di incertezza macroeconomica e inflazione più persistente del previsto, è necessario adottare un approccio più cauto anche nell’ambito dell’esposizione al reddito fisso. Sebbene nell’ultimo anno sia stato possibile beneficiare, con buoni risultati, anche nell’High Yield, oggi le circostanze sono mutate, e il rapporto rischio/rendimento non giustifica più una presenza significativa in questa classe di debito di qualità inferiore. Al contrario, dovrebbero essere privilegiate le componenti obbligazionarie di qualità più elevata, in grado di offrire maggiore resilienza e una compensazione rischio/rendimento più appropriata. Il comportamento recente dei mercati, osservato in aprile, ha messo a nudo fragilità sottostanti. Fattori tecnici, come la riduzione delle nuove emissioni e i forti afflussi passivi da Etf e fondi simili, hanno mantenuto gli spread creditizi compressi, ma sembra palpabile che i fondamentali stiano iniziando a raccontare un’altra storia. Sempre più voci di mercato avverto-

no che i problemi di credito potrebbero riaffiorare. Infatti, la combinazione di indicatori macroeconomici come l’inflazione rigida, i tassi d’interesse persistentemente elevati e i primi segnali di ampliamento degli spread suggeriscono

«Il comportamento recente dei mercati ha messo a nudo molte fragilità. Fattori tecnici, come la riduzione delle nuove emissioni e i forti afflussi da Etf, hanno mantenuto gli spread creditizi compressi, ma sembra palpabile che i fondamentali stiano raccontando un’altra storia»

che le condizioni di mercato per il credito stiano infine peggiorando. Considerando anche che l’economia non ha vissuto una vera recessione da oltre un decennio, escludendo la breve e atipica contrazione dovuta all’emergenza pandemica, si rafforza la convinzione che il mercato stia

sottovalutando il rischio. Secondo la view di Casa, condizioni finanziarie più rigide e una crescita in rallentamento metteranno sempre più sotto pressione le aree più vulnerabili dello spettro creditizio. Preparare i portafogli a un paesaggio in evoluzione. Nonostante ciò, gli spread degli strumenti High Yield rimangono ben al di sotto dei livelli tipici di recessione, anche dopo il sell-off delle ultime settimane. Marzo ha registrato la peggiore performance Hy degli ultimi mesi, ma gli spread sono ancora lontani dai 600-800 punti base che caratterizzano generalmente una recessione. Riflettendo l’aumento dell’incertezza, è possibile rivedere al rialzo le previsioni sugli spread di credito, prevedendo una rivalutazione del rischio di credito più persistente. Con un aumento atteso dei default aziendali e rating creditizi sotto pressione, soprattutto nei settori più esposti ai dazi, è probabile che il debito di qualità inferiore rimanga vulnerabile di fronte a rischi macroeconomici crescenti.

Considerando lo scollamento tra i prezzi di mercato e i rischi fondamentali, va delineandosi un valore migliore nel reddito fisso di alta qualità. Questo segmento offre infatti stabilità, liquidità e flussi di reddito affidabili in un contesto in cui la protezione dal ribasso diventa sempre più preziosa. Alla luce dei rischi crescenti, un approccio difensivo non sembra essere solo consigliabile, ma essenziale per preservare la resilienza del portafoglio.

Fonte: Rothschild&Co, Bloomberg

Il momento del credito

Le prospettive del mercato obbligazionario sono sostenute

dall’aumento dei rendimenti e dalle valutazioni interessanti rispetto alle azioni e alla liquidità.

Scomporre i rendimenti

Portafogli a confronto (rendim. % y/y)

Scomporre i rischi

Volatilità attesa dei portafogli (in %)

Mark Munro, Investment Director Fixed Income di Abrdn Investments. A lato, il segmento obbligazionario crossover cela notevoli opportunità.

il debito ibrido corporate), che possono fornire un valore tattico significativo in diversi momenti del ciclo economico.

Gli investitori obbligazionari attivi che riescano a individuare errori di pricing e/o a prevedere i passaggi di rating possono potenzialmente accedere a un significativo e ulteriore premio.

All’interno del reddito fisso, il segmento del credito crossover è una delle strategie più promettenti. Si tratta di obbligazioni che si collocano a cavallo tra Investment-grade (Ig) più basso (BBB) e l’High-Yield (Hy) più alto (BB). La storia dice che una combinazione di tali obbligazioni può fornire i migliori risultati aggiustati per il rischio, rendendo questo segmento lo sweet spot del credito globale. Si riaccende l’interesse. Dopo diversi anni, i tassi d’interesse e i rendimenti sono tornati a livelli normali, aumentando l’attrattiva del segmento. Gli spread sono elevati, ed è qui che l’aumento dei rendimenti può fornire un valido cuscinetto contro i potenziali rischi di ribasso. Inoltre, le obbligazioni corporate offrono un buon valore rispetto ad azioni e liquidità. Ad esempio, l’attuale rendimento dell’indice Ig globale del 4,5% è ben superiore al rendimento degli utili dell’S&P 500 del 3,4 e al 4,3 per il contante. Lo sweet spot del credito. È al momento molto interessante concentrarsi sulle obbligazioni corporate con rating BBB e

Abrdn 25

BB, segmento che sta fornendo i migliori rendimenti aggiustati per il rischio. Negli ultimi 25 anni, un’allocazione 50/50 all’Ig globale con rating BBB e all’High-Yield BB ha garantito rendimenti simili all’Hy con livelli di rischio più vicini all’Ig globale. Attualmente, un’allocazione 50/50 fornirebbe un rendimento hedgiato al dollaro americano di circa il 5,8%, che si confronta positivamente con un rendimento della liquidità del 4,3%.

Cosa spiega la presenza di questo sweet spot? In sintesi: le inefficienze strutturali. La demarcazione tra i mercati dei titoli corporate Ig e Hy è arbitraria. Intorno a questo confine si verificano spesso inefficienze e casi in cui i titoli sono classificati in modo errato rispetto ai fondamentali. Il terreno di caccia. Questo sweet spot del credito dovrebbe attirare gli investitori attivi proprio per il potenziale di mispricing a livello di singolo titolo. L’ampiezza e la diversità del set, con oltre 2.300 emittenti nei mercati statunitensi, paneuropei, asiatici ed emergenti, favoriscono grandi opportunità. Tra queste anche subordinati, finanziari e non (ossia

Astri nascenti e angeli caduti. Gli astri nascenti sono obbligazioni di aziende classificate come Hy, ma i cui fondamentali stanno evolvendo verso l’Ig. Gli angeli caduti sono l’opposto. Entrambi contribuiscono alla forte sovraperformance aggiustata per il rischio della categoria BB. Nel caso dei secondi, la reazione iniziale del mercato potrebbe essere eccessiva, creando un’opportunità. Inoltre, le aziende emittenti sono incentivate a ridurre i costi di finanziamento rientrando nell’Ig. Questo può portare a ristrutturazioni del debito o a miglioramenti operativi che rafforzino la performance dell’azienda. Nel frattempo, gli astri nascenti mantengono un rendimento elevato man mano che la loro salute migliora, offrendo maggiori rendimenti aggiustati per il rischio. Inoltre, il mercato reagisce spesso positivamente ai successivi upgrade.

I rendimenti più elevati hanno rafforzato l’attrattiva dell’obbligazionario. Nell’ambito del credito corporate globale, da privilegiarsi è il segmento crossover tra BBB e BB. Un approccio attento e attivo può offrire interessanti opportunità, con rendimenti analoghi all’Hy, ma rischi propri dell’Ig.

Fonte: Abrdn

Il potenziale dell’atomo

La crescente sete di energia del pianeta potrebbe essere facilmente soddisfatta dal nucleare, mentre se ne discute i prezzi corrono. Molte le opportunità per gli investitori.

L’offerta

Paesi produttori di uranio (% prod. glob.)

Fonte: Associazione mondiale del nucleare (2023)

Questione di prezzo

costosi?

Fonte: VanEck 24

Evoluzione dei due diversi prezzi dell’uranio (in usd/Kg)

Fonte: Cameco, VanEck

Quando Microsoft ha annunciato un accordo ventennale per acquistare energia dalla centrale nucleare americana di Three Mile Island nel 2024, da destinare ai data center relativi all’Ia, ha dimostrato come un’economia guidata dalla tecnologia con una grande sete di elettricità stia aiutando a far rivivere l’industria nucleare una decisione seguita da annunci simili da parte di altri leader del settore.

La Politica è consapevole del ruolo che potrebbe avere il nucleare nel rendere più rapido e sicuro il percorso verso l’abbandono dei combustibili fossili, e mentre monta il dibattito (con 59 nuovi reattori in costruzione), anche i prezzi dell’uranio a lungo termine sono saliti in modo significativo. L’insieme di questi fattori ha spinto verso l’alto anche i prezzi delle azioni del settore: l’indice MarketVector Global Uranium and Nuclear Energy Infra-

Kamil Sudiyarov, Product Manager di VanEck. A lato, l’industria nucleare è molto concentrata, e l’andamento dei prezzi riflette le difficoltà che sta riscontrando l’offerta.

structure ha registrato una performance annualizzata di quasi il 36% da febbraio 2023 a maggio 2025.

Le fortune dell’industria. Niente racconta la storia della rinascita e dei drammi dell’industria nucleare meglio del prezzo dell’uranio. In particolare, nella seconda metà del 2023 il prezzo spot è aumentato vertiginosamente dopo che l’invasione russa dell’Ucraina ha esacerbato i problemi legati all’approvvigionamento. Dopo aver toccato 100 dollari per libbra, il prezzo s’è ridimensionato, pur rimanendo ben al di sopra dei livelli precedenti la guerra. Guardando ai prezzi di lungo periodo, i principali produttori di uranio di solito firmano i loro contratti con due o tre anni di anticipo rispetto alle consegne, quindi tendono a concentrarsi sui prezzi a lungo termine. Dal 2011 (Fukushima) al 2019 i prezzi sono stati in calo, da allora è più che raddoppiato, passando da meno di 40 dollari per libbra a circa 80.

Per dare un’idea del contesto, mentre la maggior parte delle materie prime più importanti vengono scambiate in borsa, acquirenti e venditori negoziano i prezzi dell’uranio direttamente tra loro. Comex, il più grande mercato mondiale di futures e opzioni per il trading sui metalli, ha lanciato futures sull’uranio (U3O8) al culmine del ciclo rialzista dell’uranio nel 2007, tuttavia la liquidità rimane bassa e i futures sono regolati in contanti, il che significa che non avviene alcuno scambio effettivo di uranio fisico.

Domanda e offerta. Al momento, l’uranio è il solo combustibile nucleare commercialmente valido e, come tale, ha goduto di una forte spinta. Attualmente, la domanda supera l’offerta primaria di nuovo uranio estratto, mentre le forniture secondarie colmano il divario.

La guerra in Ucraina ha avuto un effetto catalizzatore sulla domanda nel 2022. Abbandonando il gas russo, alcuni Paesi europei hanno deciso di prolungare la durata degli impianti nucleari esistenti (75 reattori di 109), molti dei quali sarebbero stati destinati alla chiusura.

Ulteriore spinta è derivata dall’Ia generativa. L’addestramento e l’esecuzione di modelli Ia di grandi dimensioni consumano un’enorme quantità di energia, spesso nella scala dei megawatt per struttura, e richiedono un flusso di energia ininterrotto. Le aziende del settore si sono anche impegnate a ridurre le emissioni, con accordi analoghi a quelli di Microsoft replicati da Amazon e Google.

Ma soprattutto, l’Aiea stima che nel mondo si stiano costruendo 59 reattori nucleari. Anche in questo caso, la bassa impronta di carbonio e l’affidabilità dell’energia nucleare la rendono desiderabile per i Paesi che cercano una fornitura di elettricità verde e stabile, con la Cina quale aprifila, con 26 reattori in costruzione e altri 41 in programma.

Poiché il costo dell’uranio rappresenta solo una piccola parte dei costi operativi di un reattore, l’aumento recente dei prezzi non ne pregiudica la competitività economica. Per quanto riguarda l’offerta di uranio, c’è una certa flessibilità. Le forniture secondarie, come le scorte esistenti, stanno attualmente colmando il divario tra l’aumento della domanda e la staticità dell’offerta primaria. Se lo sviluppo di una nuova miniera richiede 10-15 anni, è sempre possibile riaprire quelle chiuse in seguito a Fukushima, come la canadese McArthur River, il più grande deposito di uranio di alta qualità al mondo, che ha cessato l’attività nel 2018 ed è stata riaperta nel 2022.

Tuttavia, la geopolitica rimane un problema. I problemi di consegna con il Kazakistan (40% della produzione globale) persistono, poiché la maggior parte dell’uranio kazako utilizzato in Europa transita attraverso la Russia. Nel frattempo, la situazione politica in Niger (15% della fornitura europea) rimane complicata.

Domanda e offerta

Evoluzione di domanda e offerta (Paesi produttori) di uranio (in tU)

E il prezzo?

Evoluzione di domanda e offerta di uranio rispetto ai prezzi attesi

Nel complesso, il mercato globale dell’uranio resta in deficit, e questa situazione potrebbe persistere nel medio termine, e non è certo per quanto tempo le forniture secondarie saranno in grado di colmare il divario. Come investire nel settore? Proprio mentre l’energia nucleare sta vivendo una rinascita, si è riacceso l’interesse degli investitori. A causa della mancanza di un mercato spot pubblico o di un mercato dei futures liquido, gli investitori sono costretti a ricorrere agli investimenti di prossimità. Questi possono includere: società estrattive; fondi o società che detengono uranio reale; società di finanziamento e royalty di uranio; Etf. Rispetto all’acquisto di un Etf, l’investimento in singole azioni offre un potenziale di rialzo maggiore, ma comporta un rischio idiosincratico più elevato. Investire direttamente richiede però un livello di competenza specialistica, poiché alcune società sono più sensibili al prezzo dell’uranio di altre. Per esempio, le giovani società minerarie di uranio o quelle più piccole tendono a essere più

Il deficit di offerta è per il momento ancora coperto dall’assottigliarsi delle scorte, ma per quanto proseguirà il trend? Quali sono le soluzioni?

esposte al prezzo spot. In generale, chi investe dovrebbe tenere conto dei rischi legati alle materie prime naturali, della liquidità e della concentrazione dei titoli in portafoglio.

Guardando al futuro, si prevede che domanda e offerta rimarranno limitate, poiché le forniture secondarie che hanno colmato il deficit di uranio non dureranno per sempre. Si prevede che entrerà in funzione una maggiore capacità mineraria, ma non prima di diversi anni. Si stima che la domanda potrebbe aumentare da 197 milioni di libbre di U3O8 nel 2023 a 222 milioni di libbre nel 2030, il che significa che i prezzi dell’uranio potrebbero rimanere elevati più a lungo.

Se le previsioni attuali sui prezzi e sull’espansione del settore si confermano, ci sono validi motivi per rimanere ottimisti sul futuro dell’industria nucleare.

Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg, VanEck

Emergente, non troppo

In pochi anni i rapporti tra Washington e Pechino si sono seriamente incrinati. L’obiettivo su cui lavorare tutti dovrebbe essere che il normale confronto non sfoci in uno scontro.

Un difficile rapporto

L’ascesa della Cina, culminata con l’ingresso nel Wto nel 2001, è stata a lungo letta attraverso il paradigma dell’interdipendenza complessa, delineata da Keohane e Nye. In questa visione, l’integrazione economica tra Stati promuoveva una cooperazione razionale e pacifica, fondata sulla convinzione che la crescita della Cina potesse essere non solo compatibile con l’ordine liberale globale, ma addirittura vantaggiosa per gli Stati Uniti. Inizialmente, la globalizzazione è sembrata funzionare come un gioco a somma positiva per tutti. Tuttavia, a partire dagli anni 2010 questa simbiosi ha iniziato a incrinarsi. Le ambizioni cinesi, il crescente protagonismo internazionale di Pechino e le accuse di pratiche distorsive hanno trasformato la percezione americana: da partner economico a competitor strategico. È così che, da Obama a Trump a Biden, la postura degli Stati Uniti è cambiata.

Il Chips and Science Act del 2022 rappresenta la codificazione di questa nuova strategia industriale: selettiva, protettiva e centrata sulla sicurezza tecnologica nazio-

nale. Oltre a sovvenzionare la produzione domestica di semiconduttori, impone limiti all’export verso la Cina di tecnologie avanzate (Euv, chip sotto i 7nm, software Eda), nel tentativo di impedirne l’accesso a componenti strategici. Washington mira a presidiare un ‘cortile ristretto’ con barriere elevate, rompendo con la tradizione del libero scambio multilaterale.

Pechino ha reagito con una propria strategia di resilienza, intensificando gli investimenti in autosufficienza tecnologica. Tuttavia, come sottolineato da Gavekal, la Cina mostra vulnerabilità simili a quelle occidentali, soprattutto sul piano fiscale: il debito aggregato è esploso, mentre la crescita dei consumi interni resta debole, riflessa in un tasso d’inflazione prossimo allo zero. In parallelo, le sfide demografiche e l’erosione della produttività potenziale complicano la sostenibilità del suo modello. Sul fronte demografico, alcuni scenari proiettano un calo della popolazione sotto gli 800 milioni entro il 2100, con gravi ripercussioni.

Eppure, nel triennio 2021–2023, la Cina ha continuato a crescere a ritmi reali

Raffaele Fink, Portfolio Manager di Wmm Gestioni Patrimoniali. A lato, l’andamento dei due Pil relativi spiegano i molti malumori americani.

superiori agli Stati Uniti. Questa performance nasconde però una dipendenza strutturale dall’export. Se Washington riuscisse a chiudere o limitare i mercati di sbocco per le esportazioni cinesi, Pechino subirebbe un contraccolpo economico rilevante. Tale vulnerabilità rende la posizione cinese abbastanza fragile. Nonostante le crescenti tensioni e il decoupling tecnologico in atto, è lecito interrogarsi sulla possibilità di una vera “guerra commerciale”. In realtà, come nel periodo della Restaurazione europea del XIX secolo, ci si trova di fronte a un sistema internazionale dominato da potenze interdipendenti ma vulnerabili. Tanto gli Stati Uniti quanto la Cina mostrano crepe strutturali, debito, polarizzazione politica, crisi demografica, che rendono improbabile un confronto aperto e distruttivo. Inoltre, negli Stati Uniti, un irrigidimento migratorio (come quello prospettato da Trump) aggraverebbe ulteriormente le dinamiche di invecchiamento e contraccolpi sul mercato del lavoro. Più che un gioco a somma zero, una guerra commerciale totale configurerebbe dunque uno scenario “loss-loss”, in cui entrambi i sistemi soffrirebbero pesanti costi interni. Il confronto sino-americano si configura dunque come una competizione di lungo periodo, in cui tecnologia, potere e interdipendenza si intrecciano. Il futuro dell’economia globale si giocherà sulla capacità di gestire questa competizione in modo ordinato, evitando che la logica geopolitica travolga ogni cooperazione.

Fonte: Gavekal Dragonomics

I mali del dollaro

Si sta aprendo una nuova fase dalle profonde implicazioni valutarie. L’epicentro del problema sta a Tokyo, ma le peggiori turbolenze saranno avvertite a Wall Street.

Il recente scontro tra Casa Bianca e Fed sulla politica monetaria è il preludio a una maggiore pressione politica verso le Banche Centrali che, da questo momento, saranno pressate ad assecondare le esigenze di gestione di un debito pubblico sempre più ingombrante.

Quello che sta accadendo negli Stati Uniti non è molto diverso da quello che è già accaduto in Giappone: il coordinamento tra Ministero del Tesoro, che gestisce il debito, e la Banca Centrale, che ne può determinare il costo di finanziamento. La sostanziale differenza, però, è che il Giappone non ha una divisa di riserva e si finanzia interamente il proprio debito, quindi una crisi valutaria sullo yen non ha gli stessi effetti di una sul dollaro.

Negli ultimi anni il Giappone ha perseguito un’aggressiva politica reflazionistica mirata a: uscire dalla trappola deflazionistica pluriennale; far partire l’inflazione per svalutare il colossale debito pubblico in termini reali; mantenere comunque un parziale controllo della curva per cercare di avere tassi reali negativi.

Tale strategia è stata concordata con il Ministero del Tesoro giapponese e, se avesse avuto i risultati sperati, avrebbe portato il Giappone fuori dalla ‘trappola della liquidità’ e innescato un ciclo virtuoso di crescita e svalutazione del debito in termini reali. La svalutazione dello yen avrebbe importato inflazione, dato che il Giappone importa prodotti alimentari ed energia dall’estero, ma avrebbe facilitato l’export e la crescita dell’economia. In aggiunta a tali effetti, avrebbe innescato carry trades verso il dollaro e aumentato i profitti finanziari su investimenti esteri.

La strategia ha funzionato fino a quando la politica giapponese non ha iniziato a sentire la pressione dell’opinione pub-

blica sul problema dell’inflazione, che ha ridotto i redditi reali e ha procurato un aumento generalizzato dei prodotti alimentari, impattando dunque sui consumi interni. Gli aumenti salariali non sono stati sufficienti a coprire la perdita di potere d’acquisto. Il patto tra Banca Centrale e Politica si è dunque spezzato.

Nelle ultime settimane, sotto forte pressione politica, la BoJ ha annunciato di non essere più in grado di aumentare i tassi d’interesse per gestire l’impennata dell’inflazione al 3,6% a causa del rallentamento economico in corso. Le aste sui titoli di stato hanno iniziato ad andare

«La scadenza di Powell nel 2026, aprirà la strada a un governatore ‘politico’, che verrà scelto in funzione della disponibilità a ‘collaborare’ con il Tesoro sulla definizione del costo del debito pubblico. L’indipendenza della Fed è dunque destinata a ridimensionarsi tanto quanto è già accaduto per la BoJ»

male e i tassi sul debito a salire in modo incontrollato, generando apprensione sul rifinanziamento di un debito che è al 250% del Pil. La politica reflazionistica del Giappone sta fallendo e questo avrà ripercussioni sul dollaro.

Infatti, poiché la BoJ non può più aumentare i tassi senza causare una recessione, dovrà cercate di contenere l’inflazione importata con uno yen più forte. Lo yen si rafforza contro dollaro perché, da questo momento, le istituzioni giapponesi sono chiamate a intervenire a sottoscrivere le aste del Tesoro, rompendo i carry trades e

Maurizio Novelli, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest, innovative and liquid Alternative investments division.

rimpatriando capitali. La Banca Centrale non può stampare moneta, dato che tale operazione produrrebbe una svalutazione di Yen, e nuova inflazione.

Tutto questo accade mentre negli Stati Uniti la Fed apre un dibattito sulla revisione del target d’inflazione. Si inizia quindi a parlare di ‘target flessibile’, aprendo la strada a una maggiore tolleranza su un’inflazione che stenterà a rientrare, causa dazi. La concomitanza di un fallimento della politica reflazionistica giapponese con l’apertura a un target ‘flessibile’ procurerà una caduta di dollaro nei prossimi mesi sui mercati valutari, questo perché il Giappone necessita di uno yen più forte per frenare l’inflazione, mentre la Fed accetterà più inflazione in America.

Il risultato sarà che i tassi reali sul dollaro scenderanno mentre quelli sullo Yen saliranno. La scadenza del mandato di Powell nel 2026, aprirà la strada a un governatore ‘politico’, che verrà scelto in funzione della disponibilità a ‘collaborare’ con il Tesoro sulla definizione del costo del debito pubblico. L’indipendenza della Fed è dunque destinata a ridimensionarsi tanto quanto è già accaduto per la BoJ, ma per i detentori della divisa di riserva e di asset finanziari americani, questa soluzione non sarà certamente positiva.

Il problema è che gli Stati Uniti non hanno risparmi all’estero da rimpatriare e la tenuta del dollaro è alla base dei flussi di capitale che finanziano un’economia che oggi ha una posizione finanziaria netta con l’estero in debito del 90% del Pil.

Sartorialità orologiera

Nell’epoca dominata dalla tecnologia digitale, l’orologeria meccanica d’alta gamma rappresenta una forma di resistenza raffinata: un’arte costruita a mano, un sapere analogico dal fascino irresistibile. È innovazione senza rumore, spesso più intellettuale che spettacolare. Non per sapere ‘che ora è’, ma per riflettere sul valore del tempo.

Nella Val-de-Travers, la silenziosa e operosa Fleurier genera ingranaggi che parlano il linguaggio della perfezione. Qui Parmigiani Fleurier avanza nel suo percorso come maison d’élite dell’orologeria indipendente. In occasione di Watches & Wonders 2025, abbiamo incontrato Guido Terreni, Ceo della Maison dal 2021, per parlare del nuovo corso della Casa che si sta affermando come punto di riferimento per intenditori e puristi dell’Haute Horlogerie. «Parmigiani Fleurier è un marchio di nicchia, e ne andiamo fieri», racconta Guido Terreni, con la tranquillità di chi ha ben chiara la rotta. «Non cerchiamo volumi, cerchiamo valore. Parliamo a chi ha la sensibilità di ascoltare», aggiunge l’amministratore delegato della Maison,

la cui filosofia «si fonda su un’eleganza silenziosa, lontana dal clamore, ma radicata in una competenza tecnica e culturale profondissima», sintetizza Terreni.

Maison indipendente di proprietà di Sandoz Family Foundation, è stata fondata nel 1996 da Michel Parmigiani, restauratore di orologi antichi e genio visionario; la Maison porta con sé un rispetto quasi liturgico per la tradizione meccanica e l’artigianato. «‘Leggenda vivente del restauro’, Michel Parmigiani ha creato la Maison proprio partendo da questa disciplina. Restaurare insegna pazienza, precisione, ascolto, riconoscendo all’oggetto la sua centralità. Nel restaurare pezzi del passato, pezzi unici, non basta saper fare tutto, occorre sapere come si facevano le cose nell’epoca cui l’oggetto appartiene», nota Terreni.

Michel Parmigiani, che fin da giovane nel proprio laboratorio aveva restaurato alcuni degli orologi più pregiati al mondo, ha fondato il marchio Parmigiani Fleurier nel 1996, con il debutto del primo orologio della Casa, il Toric Qp Retrograde. «Tutto questo si riflette anche nei nostri orologi contemporanei: ogni dettaglio

Sopra, Toric Quantieme Perpetuel, in oro bianco e colore Morning Blue. Un Calendario Perpetuo, realizzato in due varianti di oro e colore, ognuna limitata a 50 pezzi. Un segnatempo che sintetizza purezza visiva ed emotiva e si aggiunge ai calendarigregoriano, cinese e musulmanogià proposti dalla Maison.

ha un senso, ogni finitura è un tributo a ciò che è venuto prima o ne rappresenta l’evoluzione», prosegue Guido Terreni, circostaziando in tal mondo il lusso non ostentatorio, ma discreto e colto, dei segnatempo della Maison.

Dal primo Toric, alla notevole crescita ed espansione dell’azienda si è accompagnata l’aggiunta di differenti modelli, contraddistinti da un fascino e un’innovazione unici, coerenti con quell’eleganza che rappresenta la signature del Marchio.

Dal 2021, Parmigiani è andata incontro a importanti risultati: con una crescita del fatturato di cinque volte in pochi anni, ha anche visto triplicare i volumi di vendita. «I mercati principali sono per noi il Giappone, gli Stati Uniti, il Medio Oriente, mentre programmiamo lo sviluppo di nuovi mercati», spiega il Ceo.

Intanto, anche sotto il profilo stilistico, si è compiuta un’evoluzione raffinata, che ha ristabilito l’equilibrio con i propri valori: «Il nuovo corso è all’insegna dell’eleganza contemporanea e della coerenza. Non si trattava di rivoluzionare, ma di armonizzare la nostra voce con i tempi», prosegue Terreni. «Abbiamo lavorato per esprimere una sobrietà elegante, un’essenzialità autentica. Oggi il marchio è connotato da una grammatica stilistica precisa: proporzioni

Misteriosamente...

Il modo in cui percepiamo e viviamo il tempo viene messo in discussione.

L’Armoriale, Répétition Minute Mystérieuse (qui a destra, nella versione Dawn Rose, ma esiste anche in versione Midnight Fjord), lontano dalle indicazioni tradizionali, inverte i ruoli: il suo quadrante principale diventa un’opera d’arte dedicata ai mestieri rari, mentre il tempo è nascosto sul retro, su un quadrante segreto riservato al suo proprietario. Nel cuore dell’Armoriale, il quadrante principale è decorato con uno smalto Grand Feu traslucido di rara complessità. Sotto la superficie cristallina, intricati motivi arabescati ricordano le spirali della pigna, un motivo caro a Michel Parmigiani per la sua incarnazione dell’armonia matematica e il suo legame con la sequenza di Fibonacci. Quando l’orologio viene capovolto, si svela il quadrante segreto, minimalista e contemplativo.

armoniche, finiture eccelse, complicazioni poetiche».

L’Haute Horlogerie custodisce competenze tramandate da secoli: dalla finitura manuale dei componenti all’assemblaggio invisibile dei movimenti. È un’arte tecnica che richiede tempo, pazienza e precisione. Ogni orologio è il risultato di tante ore di lavoro artigianale. In questo senso, ha un valore simile a quello di un affresco o di un violino costruito a Cremona.

La nuova collezione, presentata da Par-

gli Oggetti d’Arte

Sopra, Guido Terreni, dal 2021

Ceo di Parmigiani Fleurier.

A sinistra, Tonda Pf Gmt

Rattrappante Stainless Steel

Verzasca: alla complicazione Gmt, qui interpretata con eleganza e fluidità, si abbina l’estetica caratterizzata dal quadrante

Verde Verzasca, ispirato alle acque cristalline dell’omonima valle ticinese.

migiani Fleurier lo scorso aprile a Watches & Wonders, è un tributo al tempo inteso come materia viva. «Abbiamo esplorato l’idea del tempo che respira», racconta Terreni. Tra i nuovi modelli spiccano il Toric Quantieme Perpetuel, nelle due versioni Platinum e Rose Gold, in edizione limitata: «Michel Parmigiani è sempre stato guidato da un profondo interesse per i calendari e il loro modo poetico di gestire il passare del tempo, un concetto fugace e sfuggente. Oggi, la Collezione

Toric celebra questa passione con un Calendario Perpetuo ridisegnato con finezza per offrire una purezza visiva ed emotiva unica. Questo orologio si aggiunge ai calendari gregoriano, cinese e musulmano già proposti dalla Maison. Il quadrante di un orologio da polso con calendario perpetuo è spesso affollato di molte informazioni tipiche di questa complicazione», nota Terreni, ma la visione minimalista del marchio semplifica questa sfida estetica con un ingegnoso display coassiale: tutte le informazioni essenziali - giorno e data da un lato, mesi e anni bisestili dall’altro -

sono armoniosamente raggruppate su due contatori posizionati a ore 4 e 8. Un layout intuitivo che conserva lo spazio centrale per le indicazioni fondamentali di ore e minuti, nonché l’emblema distintivo della

Maison. Tre pulsanti posti sul lato della cassa facilitano la regolazione fluida delle funzioni del calendario. «Questa purezza estetica regala una sensazione di serenità immediata e una nitidezza visiva, incar-

Materiali che anticipano il futuro

Il Cermet è un materiale composito e resistente ai graffi che combina la durezza e le proprietà di resistenza alle alte temperature della ceramica con la leggerezza del metallo.

Queste eccezionali qualità lo rendono una lega fondamentale nel settore aerospaziale e in molte tecnologie all’avanguardia.

Il suo sviluppo è durato tre anni e rappresenta una novità mondiale: nessun marchio orologiero fino a oggi ha utilizzato interamente il Cermet per creare un segnatempo: nel Tonda Pf Sport Chronograph Ultra-Cermet (foto a destra) sono realizzati in Cermet cassa, lunetta scanalata, corona, pulsanti e fibbia del bracciale.

Questo segnatempo è dotato del movimento Pf070 ad alta frequenza, certificato Cosc (36.000 altern/ora), con cronografo integrato e carica automatica.

Sopra a sinistra, Tonda Pf

Chronograph No Date 40 mm, stainless steel, in Mineral Blue. In alto, Tonda Pf Skeleton, stainless steel, in Slate Green.

nando perfettamente la ricerca dell’equilibrio di Parmigiani Fleurier», spiega Terreni che, sull’impegno della Maison ad adattare il tempo alle necessità moderne del vivere quotidiano, aggiunge: «Il Tonda Pf Gmt Rattrapante è stato progettato per un’epoca in cui il tempo è veloce quanto la nostra vita nomade. Il nuovo quadrante Verde Verzasca, ispirato alle acque cristalline e minerali della Val Verzasca, dove il tempo sembra essersi fermato, celebra l’equilibrio tra movimento e contemplazione. Riducendo sia il divario geografico che emotivo, con un semplice gesto, il Tonda Pf Gmt Rattrapante diventa un ponte tra due continenti, un legame sottile che unisce persone e luoghi».

Un orologio di alta orologeria non serve a ‘sapere che ora è’. Serve a portare con sé un’idea del tempo diversa: lenta, consapevole, fatta di ingranaggi visibili e non di circuiti invisibili. È un oggetto che si fa carico di una relazione più profonda con il tempo vissuto e non solo misurato. È un lusso silenzioso, spesso invisibile agli occhi di chi non ne conosce i codici. «In un mondo sovraesposto, l’orologeria di

nicchia parla a chi sa riconoscere la sostanza», prosegue Guido Terreni, che in tema di ‘scheletrati’: «... E in un mondo che spesso, invece, cela i propri meccanismi, l’orologio scheletrato compie il gesto opposto: mostra tutto. Senza filtri, senza

finzioni. È un invito a guardare dentro, a spogliarsi dell’inutile e contemplare l’essenziale. Ogni ruota, ogni leva, ogni ponte si rivela. Non solo come parte funzionale, ma come parte estetica. Nel linguaggio orologiero, lo scheletrato non è un semplice stile: è una prova di coraggio tecnico e virtuosismo artigianale. Creare un movimento scheletrato significa sottrarre la materia fino al limite della resistenza, ma senza mai compromettere la solidità, la precisione, la leggibilità. Ogni componente deve essere ripensato, inciso, lucidato, armonizzato in una struttura che funzioni e incanti allo stesso tempo». Nel caso di Parmigiani Fleurier, questa ricerca si spinge oltre: il movimento diventa architettura dell’invisibile. Le finiture a mano, la simmetria interna, la profondità visiva trasformano l’orologio in una scultura in movimento. «Lo scheletrato non è per tutti, ma per chi cerca il significato dietro la bellezza, per chi è affascinato dal tempo non solo come misura, ma come materia viva», nota il Ceo.

Sopra, Toric Quantieme Perpetuel, qui nella versione in oro rosa, nella tonalità Golden Hour. In linea con tutti i nuovi modelli presentati dal marchio nel 2025, il Toric Perpetual Calendar è ornato da quadranti finemente granulati a mano con una tecnica ancestrale. Il segnatempoin edizione limitata - sia in questa versione sia nell’altra, in platino e in una intensa tonalità di blu ultra luminoso, ha cinturino in nabuk.

E per i il futuro? «Il proposito è: ‘mantenere la rotta’. Non inseguiremo le mode. Vogliamo continuare a costruire qualcosa che durerà nel tempo, con la pazienza degli orologiai e la visione di chi crede nella cultura», anticipa l’amministratore delegato, «con una strategia che prevede crescita misurata, distribuzione selettiva (oggi principalmente basata sulla partnership con concessionari multibrand) e una relazione profonda con il collezionista». L’Haute Horlogerie è un linguaggio culturale per pochi: non segue la moda, ma la storia. E chi la sceglie, spesso, non cerca un orologio, ma una relazione duratura con il tempo, con l’ingegno umano e con il senso profondo del fare bene le cose «Il nostro tempo è lento, e vogliamo che resti tale», conclude Terreni. «Perché solo nel tempo si riconosce il valore vero delle cose».

Simona Manzione

007 e la Svizzera

Oggi il famoso agente segreto avrebbe 100 anni esatti: la sua nascita infatti viene datata novembre 1924. Virtù, segreti e fascino senza tempo del personaggio nato dalla penna di Ian Fleming sono affidati alle 25 pellicole ufficiali realizzate in sette decenni e raccontati dai cimeli custoditi dagli appassionati. Un collezionista da record ci ha aperto la sua Wunderkammer...

Migliaia di pezzi stipati in decine di vetrine: a tanto ammonta la collezione dedicata alla saga di James Bond, alias ‘007’ curata da Edward Coffrini Dell’Orto. Dalla sua irresistibile passione per il più famoso agente segreto del mondo ha preso vita la collezione probabilmente più vasta in Europa e tra le maggiori al mondo, formata da oggetti “bondiani”: locandine, oggetti, libri, gadget, modellini, autografi, fotografie, copioni, pupazzi, maschere e migliaia di altre cose, piccole e grandi. Una straordinaria raccolta iniziata tanti anni fa con un modellino della famosa Aston Martin DB5 usata da Bond nei primi film della serie (quando 007 era interpretato dall’attore Sean Connery). Un modellino (della Corgi Toys) rotto e che richiese mille peripezie per essere ricostruito, sino a diventare una sorta di ‘Numero 1’ della collezione, via via sempre più grande. Da allora la passione è diventata mania, e la caccia agli oggetti ha interessato ogni minuto possibile della sua vita, come racconta Edward Coffrini Dell’Orto.

Una collezione ricchissima, la sua, sebbene il numero esatto di pezzi che ne fanno parte sia solo stimato. «Non li ho mai contati», esordisce Edward Coffrini Dell’Orto, «sono un ‘accumulatore seriale’, magari ho anche tre o quattro oggetti identici; li trovo nei mercatini, in giro per il mondo, li cerco nel web. Stimo di avere migliaia di pezzi. Molto a spanne, direi tra le sei e le settemila unità. Ma considerato che molti di essi sono piccoli, potrebbero essere tanti di più!». Una raccolta originale, come originale è il luogo in cui è ospitata: un hotel, di proprietà del collezionista. «È l’unico posto dove posso tenere tutto; inoltre, è proprio in questo hotel che ha sede lo ‘007 Admiral Club’, il primo e unico in Italia. Un club che conta oggi circa quattrocento iscritti (tra cui molte donne) ed è stato fondato, con me, da Andrea Carlo Cappi che, con lo pseudonimo di François Torrent, è scrittore e traduttore ufficiale di tutti i romanzi di Bond in italiano. Inutile dire che tutte le tessere di questo nostro club iniziano per 00...», prosegue il collezionista.

È anche autore di sette saggi sul personaggio (dei quali Mito Bond e Mondo Bond sono i più noti), Edward Coffrini Dell’Orto, che inoltre, da decenni, realizza reportage dalle location bondiane per vari fan club europei, fornisce consulenze alle Case cinematografiche e ha fatto parte di Casino Royale come comparsa nel ruolo del dottore sul set di Villa del Balbianello, sul lago di Como.

Da sempre fan, il collezionista ha incontrato nel tempo una lunga serie di personaggi del mondo di James Bond, da Pierce Brosnan a Sean Connery, da Roger Moore a Daniel Craig, da Giancarlo Giannini a Ursula Andress, da Halle Berry a Caterina Murino, per citarne solo alcuni.

Gli chiedo quale, a suo avviso, potrebbe essere la battuta più storica del famoso agente segreto. «Ce ne sono tante. Forse “Vino rosso con il pesce? Dovevo capirlo da questo!”, detta dal mitico Sean Connery nel film A 007 Dalla Russia con amore Ma in uno dei tanti collegamenti di Bond alla Svizzera, mi piace molto anche la battuta, che lo 007 - con una certa ironiadice al banchiere Lachaise ne Il mondo non basta: “Se non ci si può più fidare di un banchiere svizzero, dove va il mondo?”».

La Svizzera, appunto: a quanto pare i riferimenti alla realtà elvetica nei romanzi

Tutto è iniziato con un modellino della famosa Aston Martin DB5 usata da James Bond nei primi film della saga: oggi è probabilmente la collezione più vasta, in Europa, dedicata al celebre agente segreto che, negli anni, è stato interpretato da Sean Connery, George Lazenby, Roger Moor, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig. Una collezione così vasta che, ad ospitarla integralmente, è servito un albergo.

di Ian Fleming e nei film di James Bond sono stati tanti e davvero molto curiosi. Il collezionista li conosce tutti. A memoria. «Tutto è cominciato il 16 gennaio del 1962», dice Edward Coffrini Dell’Orto, «quando fu presentato per la prima volta il fim Agente 007 - Licenza di uccidere e l’attrice Ursula Andress - bernese - usciva dal mare in bikini. Da allora infatti, in un modo o nell’altro, la Svizzera ha svolto spesso un ruolo nelle pellicole di Bond. E se è vero che la bellezza della Andress, la prima Bond Girl, è diventata poi un punto di riferimento per tutte le ‘Bond Girls’ che dopo di lei si sono avvicendate, una pellicola dopo l’altra, è anche vero che l’agente segreto di Sua Maestà può vantare origini in parte... elvetiche. Secondo una biografia autorizzata, pubblicata nel 1973 da John Pearson, 007 sarebbe infatti figlio di un ingegnere scozzese e di una svizzera (vodese, per la precisione), tale Monique Delacroix, deceduta in un incidente di montagna. In uno dei romanzi di Fleming emerge inoltre che James Bond avrebbe vissuto a Ginevra e studiato pure all’Università locale».

Curiosamente, aggiungo io, anche lo scrittore Ian Fleming, creatore del personaggio, sarebbe vissuto in Svizzera, in Romandia, dal 1929 al 1931, assieme alla sua fidanzata, tale Monique Panchaud. La conversazione con Edward Coffrini Dell’Orto prosegue, mentre mi mostra

Edward Coffrini Dell’Orto, collezionista. Da decenni raccoglie ‘cimeli bondiani’. Da Ginevra alla Verzasca, tra fantasia e realtà, l’universo di James Bond ha tanti legami con la Svizzera, alcuni particolarmente curiosi.

centinaia di gadget bondiani, narrando di questo e di quello, aneddoti, storie, curiosità, nomi e date.

Che senso avrebbe Bond senza i suoi avversari, altrettanto mitici? «Anche gli avversari del celebre agente segreto hanno dovuto fare i conti con la Svizzera. Nella pellicola intitolata Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà, del 1969 (diretta da Peter R. Hunt e con l’attore George Lazenby nei panni di Bond), l’agente segreto va a stanare il cattivo Draco nel suo nascondiglio in cima a una montagna per poi lanciarsi con gli sci (e tanto di smoking) dalla vetta. Tali scene sono state girate nel ristorante girevole Piz Gloria, situato a tremila metri di altezza sulla vetta del monte Schilthorn. Oggi i i visitatori qui possono seguire le orme di James Bond nella mostra permanente Bond World oppure sulla 007 Walk of Fame. Tornando, dunque al film del 1969: durante la celebre rincorsa sugli sci, lo svizzero - nato ad Andermatt - Bernhard Russi, che tre anni dopo sarebbe diventato campione olimpico, era uno dei ‘cattivi’. A rafforzare il legame Bond-Svizzera, un’altra chicca: gli inseguitori erano muniti di copie di fucili d’assalto Fass57 Sig: gli originali per oltre trent’anni sono stati in forza dell’esercito svizzero», prosegue il collezionista.

© Claudio Moschin
© Claudio Moschin
© Claudio Moschin

Un agente segreto. Sei volti diversi Le celebri interpretazioni di Bond

Agente 007 - Licenza di uccidere

Anno: 1962

Sean Connery (ha interpretato lo 007 in sei pellicole tra il 1962 e il 1983)

Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà

Anno: 1969

George Lazenby (unico suo film della saga)

Agente 007 - Vivi e lascia morire

Anno: 1973

Roger Moore (è stato Bond in sette pellicole)

007 - Zona pericolo

Anno: 1987

Timothy Dalton (James Bond per due volte)

007 - GoldenEye

Anno: 1995

Pierce Brosnan (ha interpretato l’agente segreto in quattro pellicole tra il 1995 e il 2002)

Casino Royale

Anno: 2006

Daniel Craig (ha indossato i panni di Bond in cinque pellicole tra il 2006 e il 2021).

A ben guardare, la Svizzera era comparsa in un film della serie già cinque anni prima, nel 1964: per alcune riprese di Missione Goldfinger, infatti, erano stati scelti il Passo della Furka e la regione di Andermatt. Nel film si vede Bond inseguire Auric Goldfinger a bordo dell’ico-

A sinistra due libri scritti da Edward Coffrini Dell’Orto, che all’agente segreto ha dedicato sette saggi.

Campbell. Nella prima scena mozzafiato del film, 007 si lancia infatti nel vuoto facendo bungee jumping da un’imponente diga ad arco che affaccia sulle montagne: è la ticinese Diga di Contra, che sbarra il corso del fiume Verzasca. Alta 220 metri. Il miglior film della saga bondiana? «Skyfall, di Mendes, del 2012 e con Daniel Craig che interpreta Bond (e la celebre colonna sonora con la voce della cantante britannica Adele). Il film è il ventitreesimo dei venticinque della serie ufficiale, prodotta dalla Eon Productions. Un film che racconta un aspetto diverso del protagonista», commenta il collezionista che, dopo aver selezionato e collezionato migliaia di pezzi, ha un grande desiderio non ancora realizzato, ossia possedere «La Lotus Esprit subacquea del 1977. Ma quella vera, non il modellino!».

Non si può parlare di Bond senza parlare di Bond Girls. Divenute tutte celebri, non solo per l’evidente bellezza. «Se proprio devo indicarne una in particolare, direi Pussy Galore di Goldfinger, per il suo personaggio ambiguo che Bond riesce a sedurre». E non si può parlare di Bond senza parlare dell’interpretazione, così diversa eppure puntualmente eccezionale, resa dai diversi attori. A chi lo scalino più alto del podio? «L’attore più bravo resta Sean Connery, ma a Roger Moore bisogna riconoscere l’intelligenza, la classe e l’ironia con cui ha saputo reinventare la figura di James Bond senza imitare l’inimitabile originale», sintetizza Edward Coffrini Dell’Orto che rivela anche il suo ‘cattivo preferito’: «Adolfo Celi, un genio totale. Un personaggio elegante. Un mito».

nica Aston Martin sulla strada del famoso valico svizzero che collega Andermatt nel Canton Uri con Gletsch nel Canton Vallese.

Finita qui? Macché. Nel 1995 si ritorna in Svizzera, con il Bond interepretato da Pierce Brosnan in GoldenEye di Martin

Ma, in fin dei conti, quanti anni ha esattamente il personaggio di James Bond? «A fornire indirettamente l’informazione è lo scrittore inglese Ian Fleming, che lo ha creato: nel penultimo romanzo, intitolato Si vive solo due volte, viene riportato il necrologio scritto da Sir Miles Messervy, ovvero M, il direttore del Secret Intelligence Service, dal quale si evince che il Comandante Bond è nato l’11 novembre 1924. Dunque il nostro Agente Segreto con Licenza di Uccidere ora ha ben 100 anni». Ma non li dimostra affatto!

Testo e foto di Claudio Moschin

Una singolare ripetizione

Fedele per sei decenni allo stesso metodo, con le sue impronte di pennello n. 50 a intervalli regolari di 30 cm, Niele Toroni ha esplorato la ripetizione e la neutralità del gesto artistico, permettendo alla pittura di lavorare su stessa. Un unicum nella storia dell’arte, cui rende ora omaggio anche il suo territorio di origine, con la retrospettiva locarnese di Casa Rusca.

Impronte di pennello n. 50 ripetute a intervalli regolari di 30 cm. Una regola concettualmente elementare, di esecuzione meccanica. Diventa radicale se adottata non come espediente per una singola serie di opere, ma quale principio cui attenersi senza deroghe per sei decenni. Come è possibile che una tale metodicità abbia dato vita a una produzione originale, diversificata e di spessore, senza soccombere all’anonimato e alla monotonia? «Nel caso di Niele Toroni la ripetizione non annulla la differenza: al contrario, la valorizza. È straordinario: non c’è un’impronta uguale all’altra, tutte variano a seconda della quantità di pittura, della forza del gesto, del tipo di supporto, dalla carta alle tele, vetri, pareti, spartiti musicali, fino alle radiografie…», osserva Bernard Marcadé, curatore della mostra che il Museo Casa Rusca di Locarno dedica, fino al 17 agosto, all’artista di origini ticinesi, nato a Muralto nel 1937 e dal 1959 trapiantato a Parigi.

A sinistra, Niele Toroni, Andata e ritorno, 1991, pittura su tela, quattro tele su cavalletto, 100 x 100 cm ciascuna, Collection Billarant, Parigi. Sotto, a destra, Palette, 1983 olio su tavola, 39 x 48 cm, Collezione privata. Sotto, il pittore nel 2012, quando è stato insignito del premio Meret Oppenheim.

Un nome sorprendentemente ancora poco noto alle nostre latitudini, malgrado si sia affermato con un’opera fra le più anticonformiste fra le avanguardie europee del dopoguerra quando, dismessi i panni del maestro di scuola, a inizio anni Sessanta matura il suo singolare percorso creativo. Ben presto emerge la necessità di riportare la pittura al suo fondamento: «Un malinteso diffuso è che Niele Toroni sia un artista concettuale, in parte suffragato dal fatto che appartenesse a quella generazione e che frequentasse artisti come Marcel Broodthaers o Lawrence Weiner. Niente di più lontano dal suo approccio, tanto che lui stesso si definisce con insistenza “pittore” e non artista, rivendicando la dimensione artigianale della sua attività contro la pretesa libertà dell’ispirazione , pennello e colore alla mano, tanto che non ha mai voluto delegare a un assistente la realizzazione delle sue opere. In questo dissentiva da Leonardo, per cui la pittura era una “cosa mentale” - affermazione che Duchamp ha poi fatto sua - mentre per Toroni la pittura è fisica, concreta. Il suo gesto non ha nulla di autoriale, non vuole imporre il proprio punto di vista, né esprimere la propria soggettività o raccontare storie. Al contrario, si fa strumento della pittura, liberandola dai suoi fardelli storici e ideologici. E lo fa scegliendo un gesto che viene ancor prima della volontà di dare un senso e una direzione all’atto del dipingere: lasciare un’impronta è la più an-

tica forma d’arte possibile, pensiamo alle mani impresse nelle grotte di Lascaux», sottolinea Bernard Marcadé.

Prestigiosi musei come il MoMA o il Centre Georges Pompidou hanno reso omaggio all’artista ticinese, così come numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Meret Oppenheim nel 2012 e il Rubenspreis nel 2017. In Svizzera questa è però la prima grande retrospettiva, dopo l’unica precedente mostra realizzata nel 1991 presso il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona dal lungimirante Harald Szeemann. È quindi stato chiamato a curarla Bernard Marcadé, il critico d’arte che meglio conosce il pittore, la sua opera e il suo carattere schietto e sornione, dopo quarant’anni di collaborazione e amicizia. «Ma questa è la prima volta in cui, faticando a salire per l’età avanzata sulle impalcature, Niele non interviene di persona realizzando lavori in situ, ma sono solo esposte opere già esistenti. E credo che, alla soglia dei 90 anni, sia per lui molto importante constatare come abbiano una loro autonomia artistica, fisica e pittorica anche a prescindere da lui», aggiunge Marcadé.

Come sempre per i lavori di Niele Toroni, il contesto non è solo sfondo per un’opera che, pur bidimensionale, si dispiega nello spazio, inserendosi nel contesto senza mai essere ornamentale né prevaricare. Il raccoglimento favorito dalle sale del museo, affacciate sui tre livelli della corte interna della settecentesca Casa Rusca, ha permesso di scandire l’itinerario espositivo favorendo l’immersione del visitatore nella poetica delle impronte. Dalle primissime creazioni che le precedono negli anni ’50 fino a una recentissima del 2024, accostando alle opere più note produzioni intime, fra cui alcune, emerse da un’intensa attività di ricerca, mai esposte prima in un contesto museale: un totale di oltre 80 lavori provenienti da collezioni private, istituzioni svizzere e internazionali o amici dell’artista, offre una panoramica completa e inedita sulla sua lunga attività, mettendone in luce il metodo pittorico che ne fa un unicum nella storia dell’arte. Mentre attorno a lui più o meno sedicenti artisti si arrovellavano per essere in-

«Senza imporre il proprio punto di vista, né esprimere la propria soggettività o raccontare storie, Niele Toroni si fa strumento della pittura. E lo fa scegliendo un gesto che viene ancor prima della volontà di dare un senso e una direzione all’atto del dipingere: lasciare un’impronta è la più antica forma d’arte possibile»

Bernard Marcadé, storico e critico d’arte, curatore della mostra

novativi a tutti i costi, per Niele Toroni la vera domanda non è mai stata “cosa fare”, ma “perché fare”. Cercando la sua risposta con semplicità di mezzi e sistematicità di metodo è arrivato ad afferrare una verità trascendentale e, nella sua purezza, catartica. Non a caso, nelle sue sequenze, i vuoti sono importanti quanto i pieni che ritmano, garantendo la giusta distanza affinché dipinto e non dipinto si rispettino.

Accanto alle opere più note, la mostra di Casa Rusca attesta anche la ricerca che ha portato Niele Toroni alla definizione del metodo delle impronte nel 1966.

L’opera di Niele Toroni non è però riducibile all’uso delle impronte né alla loro iscrizione nello spazio. Non riproduce una forma prestabilita ideale: il quadrato, più o meno perfetto, è invece la risultante dell’applicazione del colore - i primari di preferenza, ma con la flessibilità ad adattarsi alle richieste dei molti collezionisti - con pennelli piatti larghi 50 mm, le cui setole flessibili lasciano una traccia sempre diversa. Il suo approccio lo illustra esemplarmente il passo di un breve scritto che compose nel 1966 per il pieghevole di una mostra, nel quale citava un calligrafo cinese del IX secolo, Zhang Yanyuan: “Chi usa il pennello

con l’intenzione deliberata di dipingere un’opera finirà per passare accanto all’arte della pittura. Al contrario, chi riflette e usa il pennello senza alcuna intenzione di dipingere un’opera, potrà sperare di raggiungerla”. Estratto che è contenuto nella monografia Niele Toroni. Guardare in aria (Ed. Casagrande, in coedizione con il Museo Casa Rusca) insieme a una selezione di altri brevi scritti di Toroni, dal 1962 a oggi, tradotti per la prima volta in italiano, con due lunghe e argute interviste del curatore Bernard Marcadé, del 1997 e del 2024, e la riproduzione anastatica di un suo libro d’artista del 1981. Un ulteriore omaggio, accanto alla mostra, per rinsaldare il legame tra Niele Toroni e il suo territorio di origine, dove è tornato per l’occasione. Un territorio ancora ricco del dinamismo portato dai tanti esponenti delle avanguardie europee accolti e diventati parte della sua comunità, nutrita dal Monte Verità e dalle realtà nate attorno al suo fermento culturale, come gli atelier ai Saleggi di Remo Rossi, proprio dove il giovane Niele si è avvicinato alla pittura e, in particolare, ha potuto lavorare per Jean Arp. A sei decenni di distanza, questa retrospettiva conferma come con la sensibile perentorietà del suo metodo questo singolare artista abbia permesso alla pittura di lasciare la propria impronta. Senza raccontare storie, senza veicolare idee, né suggerire una morale. Semplicemente, pittura.

© Foto Cosimo Filippini 2025
© Bernard Marcadé

Sfrecciare in sella al progresso

Mezzi di trasporto ma anche oggetti di culto, spesso collezionati, biciclette e motociclette sono state veicoli di modernità e progresso, non solo tecnologico e industriale, ma anche sociale e culturale. Un’evoluzione illustrata dal m.a.x. museo di Chiasso attraverso il prisma della rappresentazione grafica e delle forme del design.

Un “mostro meccanico”: questa l’impressione sollevata alla sua apparizione dal mezzo di trasporto destinato a diventare il più popolare del pianeta. Se oggi la fortuna della bicicletta è associata soprattutto a sport e mobilità sostenibile, quando a fine Ottocento, grazie all’invenzione della trasmissione a catena e degli pneumatici, il rudimentale velocipede suo antenato assunse le caratteristiche distintive della bici odierna, divenne subito simbolo dell’irruzione della modernità. Come tale accendendo la disputa fra passatisti spaventati, se non indignati, dall’aggeggio demoniaco (clero in testa) e innovatori esaltati dal progresso tecnico-industriale che finalmente permetteva all’uomo di superare le sue sole forze fisiche, con buona pace anche dei cavalli dopo decine di secoli di simbiosi. Né il perbenismo borghese, né le reprimende ecclesiastiche poterono ostacolarne la diffusione: pratica, democratica e divertente, la bicicletta inaugurava una nuova era della mobilità, espressione di velocità, libertà e spensieratezza. Connotazioni fissate nell’immaginario comune dalla grafica d’impresa alla quale, mentre si sviluppava l’industria per produrre bici e, a stretto giro, motociclette, veniva richiesto di reclamizzarle. Un connubio che stimolò una fertile creatività, producendo fra fine Ottocento e lungo tutto il secolo seguente un vasto patrimonio, che restituisce la storia stessa della comunicazione

pubblicitaria, dalle splendide cromolitografie d’epoca alle campagne di forte sperimentazione visiva, insieme all’evoluzione industriale, tecnica, sociale e culturale di cui la storia delle due ruote è testimone, basti pensare all’emancipazione femminile per cui la possibilità di montare in sella ha costituito una delle tante basilari conquiste, oppure al turismo cui ha offerto la possibilità di muoversi al di fuori degli itinerari prestabiliti. Portano la firma dei grandi maestri a cavallo di due secoli - da Leopoldo Metlicovitz a Marcello Dudovich,

A destra, Plinio Codognato, Moto Galloni, 1921-26 circa, cromolitografia,139,5 x 97,4 cm, manifesto appartenente al Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, prestatore di riferimento per questa mostra del m.a.x. museo di Chiasso.

In rosso, un raro esemplare di moto prodotta in Svizzera, la Ticino del 1956, dell’officina di Attilio Faroppa, a Chiasso.

Una cinquantina di manifesti e una ventina di modelli fra bici e moto, sono protagonisti della mostra al m.a.x. museo di Chiasso, fino al 20 luglio,

da Aleardo Villa a Plinio Codognato, da Achille Luciano Mauzan a Gino Boccasile, da Erberto Carboni ad Armando Testa (oltre ad alcuni capolavori Liberty rimasti anonimi) - la cinquantina di manifesti selezionati dal m.a.x museo di Chiasso per la mostra Bicicletta e motocicletta fra grafica e design (in programma fino al 28 settembre) con cui, dopo le rassegne dedicate negli scorsi anni ad automobili (2018) e treni (2021), questa volta si ripercorre l’epopea delle due ruote, aggiungendo un nuovo capitolo al ciclo di esposizioni ispirate dai mezzi di trasporto, che vedono incontrarsi l’identità di centro di riferimento per il graphic design di questo museo con la vocazione di una città di frontiera che vive di interconnessioni e logistica.

Appunto, non solo bici, ma anche motociclette: ulteriore evoluzione che moltiplica l’ebbrezza della libertà con motori sempre più potenti. In grado di resistere anche alla concorrenza delle utilitarie che negli anni Sessanta pareva condannarle al declino, con un nuovo salto tecnico, decretato dal battesimo nel 1968 della Honda Four 750, allora marchio semisconosciuto che segnava l’ingresso del Giappone sul mercato rivoluzionandolo con i suoi 4 cavalli invece dei 2 abituali, il freno anteriore a disco e soprattutto l’avviamento elettrico al posto della pedivella che, insieme al prezzo concorrenziale, la metteva alla portata di chiunque. Da allora prestazioni e design delle moto non hanno fatto che superarsi, con un successo trasversale, dalla comunità dei biker legati a brand come Harley-Davidson a miti popolari come la Vespa.

Mentre non mancano musei e progetti espositivi dedicati ai grandi protagonisti delle due ruote, una mostra come questa del m.a.x. museo si distingue per originalità, catturando attraverso il prisma della grafica d’autore, che sa sempre sollecitare occhio e mente con il suo potenziale semiotico, anche un pubblico non specialistico, oltre agli sfegatati di bici e moto, che accanto a manifesti, locandine, bozzetti, dépliant, cartoline, fotografie vintage, brochure e riviste, possono togliersi lo sfizio di ammirare una ventina di esemplari originali di biciclette e motociclette d’epoca dei marchi che più hanno segnato l’evoluzione delle due ruote, motorizzate e non. Si parte già nella hall con tre pezzi iconici della storia della bicicletta (Biciclo, Bicycle Hillman, Herbert & Cooper Ltd, United Kingdom 1885 e un raro esemplare di Michaudine Bestetti-Monza, Italia 1869) e della motocicletta, con uno dei cinque modelli al mondo esistenti di Ajs, sidecar del 1929, e fra le scoperte anche rari modelli prodotti in Svizzera, inclusi una bicicletta (Rodolfo Soldati, anni ’40) e un ciclomotore (Moto Ticino di Attilio Faroppa, 1956) prodotti a Chiasso. Due prototipi ammiccano al futuro, mentre oggettistica e una sezione riservata all’editoria con riviste italiane e straniere completano l’allestimento dell’esposizione curata, insieme alla direttrice del m.a.x. museo Nicoletta Ossanna Cavadini, dal Prof. Stefano Pivato, fra i primi studiosi a introdurre in Italia la storia dello sport e punto di riferimento per la storia sociale della bicicletta, e dall’Ing. Giorgio Sarti, l’autore italiano che ha pubblicato il mag-

gior numero di volumi sulle motociclette, che firmano anche due brillanti saggi nell’interessante catalogo della mostra. Come di consueto, ci si proietta anche sul piazzale antistante il museo con il “bosco dei manifesti”, che introduce all’innovativo e iconico mondo motociclistico del designer italiano Rodolfo Frascoli, con schizzi, disegni e rendering dei progetti realizzati per le più prestigiose case in quasi 40 anni di attività internazionale. Da citare, fra le istituzioni prestatrici che hanno reso possibile la mostra, il contributo del Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso che fra i 25mila manifesti d’epoca custoditi vede protagoniste assolute le due ruote, tanto care a “Nando” Salce (1887-1962), cultore della prima ora della bici (fu anche fra i fondatori nel 1894 della sezione trevigiana del Touring Club Ciclistico Italiano), che alla morte ha donato il suo patrimonio allo Stato italiano. Essenziali sono anche i prestiti provenienti da preziose collezioni private, molte delle quali custodite in Ticino, che si rivela dunque un territorio ad alta densità di appassionati. Chissà se i modelli elettrici sapranno imprimere nuovo slancio a questa lunga corsa? Quel che è certo, è che nuovamente attestano tanto l’evoluzione delle possibilità tecnologiche, quanto quella antropologica e sociale, e che in Svizzera, con oltre 810mila motociclette immatricolate, 12mila km di percorsi segnalati per bici e crescenti investimenti nella mobilità lenta, trovano un terreno ideale.

© Carlo Pedroli
insieme ad altre chicche sul mondo delle due ruote.

Sigla ... 356

Per una delle auto più irresistibili e rappresentative della storia.

Ci voleva una grande immaginazione e un enorme coraggio per provare a costruire dal nulla un’auto sportiva alla fine degli anni ’40 del secolo scorso. L’Europa era distrutta, dopo il secondo conflitto mondiale, e faceva fatica a risollevarsi dopo il breve entusiasmo per la riconquista della pace e della libertà. Gli anni del boom economico erano ancora lontani e si pensava soprattutto ai bisogni primari. Solo due uomini visionari come Enzo Ferrari e Ferdinand Porsche ci riuscirono. Cominciando con strutture minime e pochi mezzi intrapresero strade molto diverse, entrambe di successo planetario, accomunate dall’idea di costruire l’auto

propulsori propri e meccaniche sempre più raffinate, fino a raggiungere i 130 Cv nella versione 2 litri della 356 Carrera Gs. Oltre alle varie versioni decapottabili, sempre presenti in catalogo, che hanno avuto da subito grande successo, fu la coupé a segnare l’arrivo di alcune soluzioni di stile che possiamo trovare ancora oggi nella linea delle attuali Carrera. Pensiamo ai parafanghi anteriori bombati e spioventi con i fari integrati oppure alla curvatura dei vetri laterali posteriori per finire con il look della coda, corta e rastremata, così sportiva e immediatamente riconoscibile.

Dopo un inizio caratterizzato da una produzione artigianale nel piccolo stabi-

Al recente 50mo Meeting

Internazionale Porsche 356, hanno partecipato 261 vetture da tutto il mondo. Un record! Si trattava infatti di un solo modello, che peraltro non è più prodotto dal 1964.

sportiva migliore del mondo. Porsche partì dall’esperienza come progettista Volkswagen per realizzare una vettura leggera e performante che vide la luce nel 1948 con la sigla 356 e che rimase in produzione fino al 1964, anno di arrivo della 911. Dotata di un piccolo motore di 1.1 litri con soli 35 Cv di origine Vw, la gamma si sviluppò rapidamente con

limento delocalizzato a Gmund (Austria), dove tuttora esiste un piccolo ma interessante museo storico, furono inaugurati gli stabilimenti di Stoccarda che meglio rispondevano alle esigenze di un successo in rapida crescita.

La 356 piacque moltissimo anche all’estero, dove divenne un’auto simbolo di sportività e affidabilità, guidata da uomini e da donne. Max Hoffman, mitico importatore del marchio negli Stati Uniti, ne intuì il potenziale straordinario per il pubblico americano, e californiano in particolare, contribuendo tra l’altro alla creazione del modello Speedster, ancora più spartano ed essenziale, che oggi è in

cima alla lista dei desideri dei collezionisti del marchio. Tante le star di Hollywood che la scelsero come simbolo di sportività e libertà, così agile e scattante, lontana anni luce dalle enormi vetture americane. La concessionaria di Los Angeles divenne punto di incontro non solo per James Dean, pe il quale fu purtroppo fatale un tragitto con la versione da corsa 550 Spyder, ma anche per cantanti rock come Janis Joplin che la volle dipingere con una fantastica livrea psichedelica.

In Europa il numero dei clienti crebbe continuamente grazie anche ai successi sportivi riportati nelle gare più importanti, dalla ‘24 Ore di Le Mans’ fino alla ‘Mille Miglia’ dove le 356 vincevano spesso nella loro categoria. Persino il presidente della Repubblica Francese, George Pompidou, ne volle una, personale, di colore grigio scuro pastello. Elegantissima. Oggi, dopo sessant’anni dalla sua cessata produzione, la Porsche 356 ha raggiunto l’Olimpo delle auto più rappresentative della storia; con la sua linea intramontabile, rimane una delle vetture più amate da collezionisti e appassionati del marchio che, come ogni anno in un Paese diverso, si sono ritrovati a fine maggio nella splendida cornice della riviera romagnola per il 50° Meeting Internazionale Porsche 356. Vedere ben 261 vetture di ogni versione e colore, provenienti da ogni parte del mondo, ‘invadere’ le vie di Milano Marittima e il paddock del circuito di Misano Adriatico è stata un’incredibile emozione. Tante targhe e tante lingue diverse accumunate tutte da un’unica cultura automobilistica e dalla stessa idea di auto sportiva che fece scattare la scintilla dell’immaginazione di Ferdinand Porsche quasi ottanta anni fa. testo e foto di Marco Betocchi

Molto più di un compromesso

Con una maggior autonomia rispetto alle elettriche pure, ma ottimi consumi grazie al sostegno della batteria, in particolare utile nei centri cittadini, le auto ibride o plug-in rappresentano la soluzione ideale per molti automobilisti e un passo avanti nella riduzione delle emissioni.

Elegante, lussuosa, ben fatta, potente e comoda, la Volvo XC60 ibrida plug-in è ideale per chi in settimana la usa per spostarsi al lavoro o portare a scuola i figli, mentre i weekend affronta viaggi più lunghi, poiché per almeno 70 km gira completamente elettrica, poi passa al potente motore turbo 2 litri, che può anche ricaricare la batteria durante il tragitto per passare nuovamente alla modalità elettrica arrivati a destinazione. In totale offre cavalli e 659 Nm che permettono uno scatto da ferma in 4,9 secondi fino a una massima autolimitata di 180 km/h. Oltre alle performance alla guida, si apprezza l’alta qualità percepita in ogni dettaglio a bordo o all’esterno del Suv medio svedese, insieme alla silenziosità di marcia e al comfort di viaggio.

zioni speciali color nero corvino dei modelli 40, è stata lanciata anche una “Black Edition” della XC 60, ormai fra i grandi classici di Volvo, a cui conferisce un carattere ancora più sportivo ed elegante, con numerosi dettagli verniciati in Onyx Black. La Black Edition ha già di serie il cambio automatico a 8 rapporti, trazione integrale, cerchi in lega neri da 21’’, fari full Led adattivi, keyless entry, sedili rivestiti in pelle, sospensioni pneumatiche, Pilot Assist, head-up display, impianto audio Premium Sound Harman Kardon Sound Bowers & Wilkins e Visual Park Assist 360°. Di certo non bisogna preoccuparsi dell’autonomia con questa Volvo: i 70 km in modalità puramente elettrica garantiti a batteria completamente carica possono salire fino a 90 km se le condizioni di guida sono ideali per

il minimo consumo e se si utilizza un caricatore di bordo da 6,4 kW. Il serbatoio da 71 litri offre un minimo di 780 km e su percorsi a bassa velocità costante da economy run, la percorrenza supera anche i mille km. In listino da Chf 91.800.- mentre il modello base della Volvo XC60 è disponibile già da Chf 79.900.

BMW X3 M50

La quarta generazione della Bmw X3, sempre costruita a Spartanburg come già la prima generazione nel 2003, viene proposta con 4 motori mild hybrid diesel, nonché benzina, entrambi con motore 2.0 e 3.0 litri, oltre che ibrida plug-in.

La versione M50 del 2025 che abbiamo avuto in test monta il mitico 6 cilindri Bmw in linea 3.0 litri Twinturbo in combinazione con motore elettrico montato nel cambio con un totale di 398 cavalli e 580 Nm di coppia, capace di un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 4,6 secondi e un consumo medio attorno a 8 litri.

Il design è ispirato alla “Neue Klasse”, con motorizzazioni più performanti, efficienti e una dotazione tecnologica all’avanguardia. Il Suv bavarese si posiziona nel segmento premium degli Sport Activity Vehicle (Sav), proponendo una combinazione di lusso, versatilità e sportività.

Volvo XC 60 T8
Phev Awd Black Edition

Dopo aver testato il modello di punta M50 xDrive da 398 cavalli, possiamo affermare che la nuova X3 ha tutte le carte in regola per dominare la categoria, grazie alla sua trazione integrale e alla capacità di raggiungere una velocità massima autolimitata di 250 km/h. Le sospensioni elettroniche e lo sterzo attivo garantiscono una guida precisa e stabile, anche a velocità elevate. Gli interni offrono un’esperienza di lusso con un bagagliaio ampliato fino a 580 litri, sedili frazionabili 40/20/40 e una climatizzazione avanzata. La plancia integra un display da 12 pollici con connettività Apple CarPlay, Android Auto e un sistema di navigazione con realtà aumentata. Il comfort si combina con dettagli tecnologici raffinati, come l’head-up display e le modalità di guida personalizzabili, che migliorano l’esperienza sia per il conducente che per i passeggeri.

Esteticamente, la M50 si distingue per dettagli come i quattro scarichi posteriori, le pinze freno rosse e i cerchi generosi. Il doppio rene frontale mantiene proporzioni equilibrate, integrando radar e telecamere. In listino da Chf 103.700.-

Mercedes S 580e con EQ System

Lunga 5,20 metri, è la limousine per antonomasia di casa Mercedes. L’attuale versione abbina sobrietà classica a tratti più marcati, segnatamente nei fari. Le sospensioni pneumatiche, con attuatori elettrici a 48 volt per la stabilizzazione del rollio, l’E-Active Body Control assicurano il massimo isolamento dalle asperità del terreno e a bordo i passeggeri sono immersi in un ambiente configurabile tanto nella dotazione infotainment che nella specifica dei sedili, permettendo a chi viaggia dietro di godersi appieno questa ammiraglia.

Anche guidarla è un compito reso assai facile grazie all’asse posteriore autosterzante in direzione opposta alla rotazione delle ruote anteriori, che rende più agile controllare gli oltre 5 metri di lunghezza,

con un diametro di volta sotto gli 11 metri, dati da auto compatta. In versione ibrida plug-in grazie al 580 EQ System è anche efficiente: nonostante la mole e un peso di 2,2 tonnellate, bastano 4,9 secondi da 0 a 100 km/h grazie ai 510 cavalli e 750 Nm del motore 6 cilindri 3 litri coadiuvato da motore elettrico, trasmessi in strada tramite trazione integrale fino a una velocità massima di 250 km/h autolimitata. Una volta superati il centinaio di km di autonomia elettrica, il consumo del solo motore benzina era di 7-8 litri nel nostro test di oltre 1500 km, davvero poco per un’auto del genere. La batteria si ricarica a corrente alternata da 11 kW e in corrente continua a 60 kW bastano e 30 minuti per il pieno 0-100%.

Il prezzo base è di Chf 167.600.- ma la lista delle opzioni è immensa, comprese le nuove proposte “Manufaktur” per un’individualità ancora maggiore e volendo si arriva facilmente a 78mila franchi di opzioni come nella nostra testcar che ne costava quasi 250mila.

Claus Winterhalter
BMW X3 M50
Mercedes S 580e con EQ System

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