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Come accade a ognuno di noi, anche il nostro magazine continua nel suo cambiamento continuo, perché cambiano i tempi, cambiano gli scenari, cambiano i gusti, le mode, i trend. L’adattamento è, da sempre e per tutti gli esseri viventi, alla base dell’evoluzione. Che, alle volte, significa non solo sopravvivenza ma, soprattutto, progresso. Certo saranno banalità, ma talvolta pensare a ciò che eravamo e che siamo, perfino a come saremo, in quanto specie ma in particolare come persone, non guasta. Soprattutto durante le festività, che il magazine celebra con
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un servizio speciale dedicato alle idee regalo. Ma non dimentichiamoci di approfittarne per meditare un po’ su noi stessi, magari dedicandoci anche a fare qualcosa per chi sta peggio, oltre che ravvivare gli affetti più cari. Bene, finito il “sermone”, anche Ticino Management Donna cambia e si adatta in continuazione, per rendersene conto basta sfogliarla. C’è più cultura, più arte, più design nei servizi di questo numero. Ci sono anche storie molto belle di donne che, per un verso o per un altro, hanno coronato i loro sogni o, più semplicemente, si sono guadagnate un buon livello di soddisfazione e serenità. Ora, prima di chiudere, verrebbe da fare i più spontanei e calorosi auguri a tutte le nostre lettrici... ma qualcuno ci ha scritto chiedendo perché li avessimo fatti in anticipo nel numero scorso. Deve essere sfuggito che parlavamo di auguri da scrivere a penna, anziché con un messaggino, e da spedire per posta, anche dall’altra parte del mondo. Comunque sia, auguriamo il meglio a tutte voi, e che il 2026 sia davvero ottimo!
Riccardo Zago


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CHIUSURA REDAZIONALE il 24 novembre 2025 © Riproduzione riservata

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da pagina 45


Speciale: idee regalo per le feste

Da Natale a... San Valentino, una ricca panoramica per trascorrere al meglio le ricorrenze con le persone più care
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Laura Mozzetti
Area Director presso Manor, dimostra che la leadership è anche ascolto e confronto
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Ariana Boras
Lo sci olimpico, gli infortuni, la guerra... Non ha mai vinto medaglie ma resta di fatto una campionessa
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Roberta Cipriani
Artista a tutto tondo, si ispira ai quattro elementi e alla luce per suscitare la nostra spiritualità

Piccola selezione di eventi da non perdere, a cura di Giorgia Rozza
LA SERENISSIMA “SI SPOSTA” A LUGANO
Acrobazie spettacolari, macchine sceniche d’avanguardia, danza, musica e le maschere della commedia dell’arte si incontrano e sovrappongono per fornire un’immagine onirica e un po’ felliniana della Serenissima. Nella Sala Teatro del Lac – Lugano Arte e Cultura va in scena venerdì 9 gennaio alle 20, sabato 10 alle 16 e alle 20, domenica 11 alle 17, Titizè - A Venetian Dream. Venezia, i suoi splendori e i suoi misteri, ricreati senza l’uso di parole dalla Compagnia di Daniele Finzi Pasca di Lugano. Prodotto dalla Fondazione Teatro Stabile del Veneto, in collaborazione con la compagnia Gli ipocriti Melina Balsamo, lo spettacolo che ora torna in Ticino ha avuto più di 50mila spettatori a Venezia, Milano, Parigi, La Rochelle, Napoli e Bergamo. L’autore e regista Finzi Pasca guida i dieci performer in un’esperienza multisensoriale perfetta per un pubblico di ogni età. Il senso del titolo, lo spiega lo stesso regista svizzero, classe 1964: «Il verbo “essere” è meraviglioso, Ti-ti-zè significa “tu sei” ed è una frase piena di ritmo e di tanti significati». luganolac.ch






ACCESSORI DI CLASSE IN MOSTRA A RANCATE
Duecento tra ritratti, riviste di moda, figurini, manifesti pubblicitari, cataloghi di vendita ma anche scarpe, cappelli, borse su un arco temporale di un secolo che va dal 1830 al 1930. È la mostra “Accessori di classe – Complementi di moda tra uso quotidiano e identità sociale” che si tiene nella Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst di Rancate. Ogni opera mira, in un confronto diretto con le altre, a ricreare il mondo degli accessori dell’abbigliamento borghese del tempo, una storia non solo di oggetti artigianali di altissima qualità, indicatori del progredire dello stile e del design, ma veri e propri status symbol della classe sociale di appartenenza. Tra i pittori, Giovanni Boldini con il Ritratto di Josephina Alvear de Errazuriz del 1913 (a sinistra), Giacomo Balla, Federico Zandomeneghi, Telemaco Signorini e Mosè Bianchi. L’ultima sezione della mostra è dedicata a Elsa Barberis, stilista nata a Lugano nel 1902. Barberis inaugura il suo primo atelier nella città natale nel 1935, che presto diventa un casa di moda con trenta dipendenti e un approccio moderno alla moda femminile, capace di assecondare le esigenze delle donne “nuove” con abiti comodi e disinvolti caratterizzati da tessuti apparentemente semplici e da contrasti cromatici inusuali.
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TUTTI A VEDERE LA “SNOW POLO WORD CUP”
Si terrà per la quarantunesima volta sul lago ghiacciato di St. Moritz, il 23, 24 e 25 gennaio, la coppa del mondo di polo sulla neve (Snow Polo World Cup). Il più prestigioso torneo al mondo nel suo genere si svolge nella prestigiosa località montana dal 1985 e vede affrontarsi sei squadre di quattro giocatori, tra i migliori esistenti. Stile, emozione e l’atmosfera

unica del luogo, arioso e circondato di vette innevate, rendono imperdibile questo evento dell’inverno elvetico. Nel Polo Village, una grande tensostruttura allestita per l’evento vicino al campo da gioco, saranno organizzati momenti di intrattenimento accompagnati da esperienze gastronomiche di alto livello. snowpolo-stmoritz.com
I SEGRETI DELLA CALLIGRAFIA ARABA IN MOSTRA
Odore intenso di cannella, ibisco, cumino, colori caldi, ferro, travi di legno, calligrafia araba. È il fascinoso universo di Monia Ben Hamouda in mostra nelle sale del Museo Casa Rusca di Locarno. Si tratta della prima personale dedicata a Monia Ben Hamouda da un museo svizzero. Classe 1991, di padre tunisino, cresciuta a Milano, è tra le figure più interessanti della giovane arte emergente. Path of Totality, questo il titolo della mostra, mescola Europa e Nord Africa, esplorando le potenzialità della calligrafia araba e quelle cromatiche e olfattive delle spezie, potenti forze naturali, scrigno di aromi e poteri spirituali e curativi. Ferro, legno, spezie, disegni e grandi dipinti sono le opere presentate dalla Hamouda, alcune inedite preparate proprio per questa mostra curata da Gioia Dal Molin. museocasarusca.ch

UN CARNEVALE DA SPASSO
Torna la Stranociada, il carnevale di Locarno che scalderà la Città Vecchia con la sua musica e il suo divertimento. La novità di quest’anno è l’aggiunta di una serata inaugurale, il giovedì 29, nel Capannone di Sant’Antonio, un appuntamento ideale per entrare nell’atmosfera carnevalesca prima dell’apertura ufficiale della festa, il venerdì 30 sera. Venerdì pomeriggio è dedicato ai più piccoli con la Stranociada, sfilata di bimbi in maschera, mentre la domenica in Piazza Grande ci sarà l’attesissima Strarisotada, con risotto e luganega per tutti. stranociada.ch

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ANDY
Biella, Città Creativa Unesco per il tessile, e del grande artista contemporaneo Pistoletto, fino al 6 aprile è idealmente unita al genio della pop art Andy Warhol, in una mostra che riscopre il ruolo di designer con cui lo statunitense di origini slovacche,

massimo esponente della Pop art, iniziò la sua ascesa. Nella cosiddetta “città della lana”, terra originaria di grandi tessuti famosi nel mondo, come quelli di Zegna, Bertotto, Barberis Canonico e molti altri, le sedi espositive di Andy Warhol. Pop Art & Textiles sono ben due: Palazzo Gromo Losa e Palazzo Ferrero. Se nel primo sono esposte le opere più note del maestro, dai Flowers ai ritratti di Marilyn e di Mao, fino alla copertina di Menlove Ave , disco postumo di John Lennon, a Palazzo Ferrero la bilancia si sposta decisamente nel campo del design, anche tessile. Qui potremo godere di combinazioni di immagini contrastanti e di un uso esasperato del colore. Tratto frammentato e ripetitività delle forme contraddistinguono il lavoro dell’artista di Pittsburgh nel campo della moda, ed è proprio questo il focus della sezione curata da Geoff Rayner e Richard Chamberlain. Qui potremo ammirare disegni, campioni di stoffa degli anni Cinquanta e Sessanta, e abiti firmati proprio da Warhol, provenienti dal Fashion and Textile Museum di Londra e mai esposti prima in Italia e in Svizzera. popart-texiles.it


IL RINASCIMENTO RELIGIOSO DI BEATO ANGELICO. OCCASIONE PER UN WEEKEND!
Ilchiaroscuro fa capolino nel delineare i volumi, la prospettiva si fa più certa, i corpi prendono consistenza plastica. Beato Angelico, nato Guido di Pietro, è uno dei maestri più importanti nel traghettare l’arte medioevale verso il primo Rinascimento. Del gotico conserva il valore mistico della luce e la profonda religiosità che lo fece definire Beato già subito dopo la sua morte. Fu invece Giorgio Vasari a chiamarlo Angelico nelle sue Vite dei pittori. A Firenze, la Fondazione Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco presentano un’importante mostra monografica su di lui curata da Carl Brandon Strehlke del Philadelphia Museum of Art, da Angelo Tartuferi, già direttore del Museo di San Marco e dal direttore regionale dei Musei nazionali della Toscana Stefano Casciu. L’esposizione inizia nella sede del Museo di San Marco, antico convento

domenicano dove l’Angelico realizzò un ciclo di dipinti e affreschi, e prosegue in Palazzo Strozzi dove i capolavori del maestro sono confrontati con quelli degli artisti del suo tempo come Filippo Lippi, Masaccio, Lorenzo Monaco, Lorenzo Ghiberti, Michelozzo e Luca della Robbia. L’Angelico prese i voti nel convento domenicano di Fiesole entro il 1429, a trentaquattro anni, era di indole umile e cariatevole e si diceva che non correggesse mai le sue opere, convinto che ogni tratto di pennello o di matita avesse un’origine divina. In mostra, non ammireremo solo dipinti e affreschi ma anche disegni, sculture e miniature provenienti da prestigiosi musei, chiese, biblioteche e collezioni italiane e internazionali.
BEATO ANGELICO, TRITTICO FRANCESCANO E DETTAGLIO (SOTTO), 14281429. CONCESSIONE DEL MINISTERO DELLA CULTURA –DIREZIONE REGIONALE MUSEI NAZIONALI TOSCANA – MUSEO DI SAN MARCO


La promessa di dormire bene
IL MANOSCRITTO PERDUTO DI IPPOLITA SFORZA RITORNA A NUOVA VITA TRA NOI

Apochi
passi dal Castello Sforzesco, il codice miniato della principessa umanista riemerge dopo secoli, restituendo il ritratto colto e raffinato di una delle donne più rilevanti del Rinascimento lombardo. Così, il prossimo 25 febbraio 2026, Il Ponte Casa d’Aste presenterà un altro ritrovamento straordinario dopo il Codice Santini: un manoscritto appartenuto alla dote di Ippolita Maria Sforza (1445-1488). Il raffinato codice miniato contenente la trascrizione della prima decade dell’Ab Urbe condita di Tito Livio, valore stimato da 280mila a 350mila euro, riaffiora dai secoli offrendo l’occasione di valorizzare un importante patrimonio del Rinascimento lombardo, così come di scoprire e ricordare una mecenate di grande cultura proprio nell’anno in cui Milano celebra la sua storia, la sua grandezza e il suo slancio verso il futuro. Una scoperta di eccezionale rilevanza, dato che la maggior parte dei volumi che la principessa portò con sé dal Castello Sforzesco a Napoli per il suo matrimonio con Alfonso II d’Aragona, nel 1465, è andata dispersa. E si trattava di una delle biblioteche principesche più ricche e raffinate del Quattrocento, preziosa documentazione della formazione e sensibilità umanistica di una donna tra le più colte del suo tempo e grande bibliofila, per la quale i libri erano strumenti vivi di conoscenza, bellezza e riflessione, tanto che fin dalla giovinezza commissionò manoscritti miniati, guidata tanto dal contenuto quanto dall’arte che custodivano: testimonianze della

sua passione e della sua indipendenza intellettuale. La finezza di pensiero e le doti diplomatiche apprese in quei libri emersero nei delicati equilibri politici tra Milano e Napoli, così come nelle complesse vicende della Congiura dei Pazzi. Con intelligenza e capacità di mediazione, la Sforza intrecciò amicizia e collaborazione politica con Lorenzo de’ Medici e, proprio in veste di procuratrice dei Medici, firmò il Trattato di Pace che pose fine alle tensioni seguite alla congiura.
Così, dopo l’acquisizione del Codice Santini, nel 2024, da parte del Ministero dei Beni Culturali, oggi custodito presso il Palazzo Ducale di Urbino, il dipartimento guidato da Stefania Pandakovic si impegna a valorizzare questo capolavoro, già dichiarato bene di interesse culturale dalla Soprintendenza nel 2007. Ed è così che ogni asta si trasforma in occasione di tutela, apprezzamento e divulgazione, restituendo memoria e splendore a pagine di storia destinate alle generazioni future.

I dettagli della vendita
“Libri antichi e d’artista”. Asta: 25, 26 febbraio 2026. Esposizione: 19, 20, 21 febbraio 2026 (ore 10-13 e 14-18). Il Ponte Casa d’Asta.
Sede: Palazzo Crivelli, via Pontaccio 12, Milano.
IN ALTO E NEL DETTAGLIO: TITO LIVIO, AB URBE CONDITA. PRIMA DECA. MANOSCRITTO MINIATO SU PERGAMENA, XV SECOLO. STIMA: € 280.000 - 350.000. COURTESY IL PONTE CASA D’ASTE. ACCANTO, BUSTO RAFFIGURANTE LA PRINCIPESSA IPPOLITA MARIA SFORZA








Con una visione che unisce persone, strategia e innovazione, Laura Mozzetti, Area Director presso Manor, ridisegna il retail come spazio di relazione e crescita. Una guida solida, inclusiva e orientata al futuro, capace di trasformare ogni cambiamento in opportunità condivisa
Nel momento dell’anno in cui gli acquisti assumono un significato speciale e i punti vendita diventano luoghi carichi di emozioni e aspettative, abbiamo scelto di incontrare qualcuno che, quel mondo, lo osserva da un’altra prospettiva.
Al di là delle luci, delle vetrine e della frenesia stagionale, infatti, c’è anche chi, il retail, lo vive come un insieme nel quale persone e relazioni sono al pari di scelte strategiche. È da qui che parte la nostra conversazione: uno sguardo su come il retail stia cambiando e su quale ruolo giochi oggi una leadership capace di coniugare empatia, responsabilità e visione. «Il negozio non è più soltanto il luogo dell’acquisto, ma lo spazio in cui il cliente si riconosce, si lascia ispirare, sperimenta qualcosa che lo farà ritornare», esordisce Laura Mozzetti. Oggi Laura è alla guida dei punti vendita Manor di Lugano e dell’intera regione composta da Ticino e Svizzera centrale, ma la sua storia comincia molto prima, dal desiderio di capire come funziona davvero un’azienda complessa, fatta di persone e flussi dinamici. Dopo il Master in Management all’USI di Lugano, il programma trainee di Manor - intenso, itinerante, quasi iniziatico - la porta da Lucerna a Basilea, tra negozi e sede centrale. «È stato un viaggio dentro l’azienda», racconta. «Non un percorso teorico, ma un’immersione reale e totale: reparti, lo-
gistica, processi, relazioni», osserva la manager. L’anno dopo arriva il primo incarico: la direzione del negozio di Biasca, uno dei più piccoli della Svizzera. «È stata una palestra straordinaria», ricorda. Da lì, il suo percorso accelera, in altre sedi strategiche. Il suo incarico, oggi, comprende oltre venti punti vendita e una quotidianità che non conosce ripetizioni: «Non avere una routine fissa è ciò che più mi stimola», puntualizza con un sorriso che rivela passione autentica.
Laura Mozzetti parla di leadership senza mai ricorrere ai vocaboli della retorica aziendale. Parla di persone, di ascolto, di dialogo. Non un ascolto passivo, ma una relazione costante con i collaboratori, che vengono coinvolti nelle decisioni perché, spiega: «Sono loro, ogni giorno, la voce del cliente». Il risultato è un modello di guida “sano”, come lo definisce lei stessa: «Non autoritario, non indulgente, ma solido e rispettoso». Oggi il suo team conta circa 680 collaboratori in tutto il Ticino. Un mosaico di professionalità, sensibilità e storie personali che Laura Mozzetti tiene insieme e coltiva con cura artigianale. Non teme il cambiamento, ma lo favorisce e lo abita. Lo dimostra il progetto che ha trasformato Lugano in una fashion destination: una sfida culturale, prima ancora che commerciale. «Il nuovo può spaventare, sì. Ma quando le persone vengono


coinvolte, il cambiamento diventa una conquista collettiva». Come nel settore fashion, in cui la direttrice ha guidato un vero “reset e restart”: nuovi brand, più italianità e attenzione al cliente locale. «Abbiamo introdotto nuovi marchi e ricalibrato il nostro marchio: verso una qualità migliorata e prezzi più accessibili».
OBIETTIVO SOSTENIBILITÀ
In tema di sostenibilità, che per Manor è una strategia concreta, Laura Mozzetti cita il programma Local del reparto Food, che coinvolge produttori ticinesi con filiere corte e prodotti autentici: «Le filiere corte parlano al territorio in un modo che nessun prodotto industriale può imitare. È un’offerta davvero locale, non standardizzata. Non è facile da gestire, ma è un valore aggiunto molto apprezzato dai clienti». Lo stesso spirito anima il mondo beauty, con la linea Green Beauty che raggruppa una decina di marchi rispettosi dell’ambiente e delle persone: «A Lugano abbiamo dedicato un corner esclusivo

E
ASSECONDANO
E SPESSO ANTICIPANO
LE NUOVE TENDENZE


e l’interesse è crescente, soprattutto tra i giovani. Sono prodotti accessibili ma di ottima qualità».
SEMPRE AGGIORNATI SUI TREND
Emergono anche nuove tendenze come il K-Beauty, il beauty coreano amatissimo dai più giovani anche grazie ai social. Pure il mondo delle fragranze vive un momento d’oro: «Abbiamo ampliato il reparto con collezioni private e marchi di prestigio, assecondando anche il trend dei profumi arabi», sintetizza Mozzetti, e sulla daily life del negozio: «Ci sono clienti abitudinari, che passano quasi ogni giorno; c’è chi viene per i regali, perché siamo una vera destinazione per questo, e chi visita lo store occasionalmente. In Ticino circa il 40 per cento della clientela è quotidiana». Per tutti, l’integrazione tra fisico e digitale risponde a ogni esigenza, in negozio o a casa. Il marketplace Manor amplia ulteriormente l’offerta con partner selezionati, e le promozioni serali online attirano clienti sempre più connessi. «L’obiettivo è dire sempre sì!», nota Mozzetti, che prosegue: «Ogni giorno è diverso, è una sfida continua ma anche un’opportunità di soddisfazione». Stesso approccio pragmatico sulla sua leadership al femminile: «Non ho mai avuto problemi, ma a volte capita che qualcuno chieda di parlare con “il” direttore... Bisogna sapersi far valere e conquistare la fiducia. Vale per tutti, donne e uomini». Una visione concreta, che valorizza la competenza più che le etichette. Un approccio rigoroso, responsabile, orientato al dialogo, capace di creare fiducia, valorizzare il team e guidare progetti complessi in un settore in evoluzione come il retail. Una leadership in cui performance e umanità non sono opposti, ma parti integranti di una stessa strategia. Che prepara il futuro.

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Non ha mai vinto medaglie, ma la storia della sciatrice Ariana Boras vale più di un podio: un percorso di rinascita che ricorda quanto lo sport, al di là di vittorie e bandiere, sia espressione di rispetto e solidarietà

NON SOLO SCIATRICE, INNAMORATA DELLO
SPORT IN TUTTE LE SUE
VALENZE, ARIANA BORAS NON PERDE OCCASIONI DI TROVARE MOTIVI PER METTERE ALLA PROVA SÉ STESSA. QUI LA VEDIAMO PROTAGONISTA DI UNA
SCALATA SULLE BELLE MONTAGNE DI BORMIO
Rispetto, fratellanza, lealtà, promozione della pace, comprensione, solidarietà, fair play. Sono i valori che permeano lo spirito olimpico sin dalla rinascita dei Giochi in età moderna, sintetizzato dal celebre motto di De Cubertin “l’importante non è vincere ma partecipare”. Dietro quella che può sembrare una banale formula consolatoria, si cela un significato profondo: la possibilità di misurarsi, ancor prima che con gli altri, con sé stessi, per crescere come esseri umani, anche se il traguardo non è una medaglia. Non ne ha mai vinta una Ariana Boras, ma per lei partecipare a tre Olimpiadi - la prima ad Albertville nel 1992 sotto la bandiera della Jugoslavia, le altre due, 1994 a Lillehammer e 1998 a Nagano, per la Bosnia-Erzegovina - ha significato molto di più, ovvero la possibilità di dare una traiettoria insperata alla propria vita, sottraendosi al conflitto che stava devastando il suo Paese.
Il nome Boras dirà poco alla maggior parte delle lettrici, e potrebbe stupire la scelta di intervistare lei invece della nostra campionessa Lara Gut-Behrami che, infortunio permettendo, disputerà la sua ultima stagione nel Circo bianco. Ma l’occasione di incontrare Ariana si è offerta quasi naturalmente: l’ex sciatrice, infatti, vive da oltre trent’anni proprio a Bormio, appena al di là del confine, che tra pochi mesi sarà teatro delle competizioni maschili di sci di Milano Cortina 2026, pronta a regalare emozioni in particolare con la leggendaria discesa libera dello Stelvio. E perché la storia di Ariana rappresenta in modo autentico lo spirito olimpico. Un racconto di coraggio, determinazione e rinascita che assume un significato ancora più profondo oggi, in un’Europa tornata, trent’anni di distanza, a fare i conti con la guerra.
ESORDI ASSAI PROMETTENTI

Dal 6 al 22 febbraio, uno spettacolo da vivere. Come le Paralimpiadi a marzo
Apochi chilometri dal nostro territorio rispetto ai precedenti di Pechino, i Giochi invernali di Milano Cortina 2026 saranno un’Olimpiade non solo da seguire sugli schermi, ma da vivere, emozionandosi sulle tribune o lungo le piste. In palio 195 medaglie in sedici discipline olimpiche (con il debutto dello sci alpinismo) e 6 paralimpiche, contese da oltre 3.500 atleti provenienti da più di 93 Paesi. Ma il vero traguardo, questa volta, va oltre il podio: l’edizione 2026 sarà la più inclusiva di sempre, con quasi la metà delle partecipanti donne (47 per cento, un record). Sarà anche un’edizione diffusa e sostenibile, la più estesa mai realizzata, su un’area di oltre 22 mila chilometri quadrati: Milano, Bormio e Livigno in Lombardia, Tesero e Predazzo in Trentino, Anterselva in Alto Adige e, nel Veneto, Cortina e Verona, dove si terrà la cerimonia di chiusura, dopo diciassette giorni di gare, dal 6 al 22 febbraio 2026, con l’apertura affidata allo stadio di San Siro. A seguire, dal 6 al 15 marzo le Paralimpiadi. Un evento che parla di sport, certo, ma anche di energia, passione e uguaglianza: valori che appartengono a chiunque, in pista e fuori.
Figlia di un insegnante di sci, neve e montagne le sono stati da sempre familiari. Ma è assistendo alle Olimpiadi di Sarajevo del 1984, prima città di un Paese del blocco comunista a ospitare i Giochi invernali, che quella predisposizione si è trasformata in vera ambizione. «Avevo sette anni», racconta Ariana Boras, «ma quel ricordo è rimasto indelebile. Vedere dal vivo i campioni gareggiare sulla nostra Bjelašnica ha accesso in me la voglia di partecipare, un giorno, da protagonista. ©

Ho iniziato ad allenarmi con grande determinazione: ogni mattina papà mi portava dal nostro paesino di Konjic alle piste di Sarajevo. È così che sono riuscita a qualificarmi per i Giochi invernali di Albertville del 1992».
Una caduta in combinata la ferma però alla prima gara. Frustrazione, ma anche l’occasione di un incontro cruciale: ricoverata in ospedale a Lione, nel letto accanto al suo c’è la grande italiana Deborah Compagnoni che, a poche ore dal trionfo in super-g, ha visto saltare, con i legamenti del crociato anteriore, il sogno del bis. È proprio la campionessa italiana a farle allora per la prima volta il nome di Bormio, dove è nata: Ariana non può certo immaginare che diventerà la sua patria di adozione. All’epoca “casa” è ancora Sarajevo, dove riesce a tornare solo con grandi difficoltà qualche mese dopo l’intervento, con uno degli ultimi voli prima della chiusura delle frontiere. Trova però una realtà molto diversa da quella che aveva lasciato: «Né luce, né acqua, né riscaldamento: lavoro, scuola, commercio… tutto fermo. La priorità era cercare di procurarsi da mangiare, della legna per scaldarsi e cucinare… in poche parole: sopravvivere. I miei genitori erano distrutti davanti agli sforzi di una vita andati in pezzi e molto preoccupati per il nostro futuro. Io, invece, l’ho vissuta diversamente: mi ero ripromessa di non perdere l’appuntamento con le successive Olimpiadi e per tutto il tempo, oltre ad aiutarli nelle sfide quotidiane, non ho smesso di allenarmi come potevo», ricorda la sportiva. E così è stato: una notte arriva la “chiamata” decisiva, la neonata Bosnia-Erzegovina sta reclutando atleti per formare una squadra olimpica per Lillehammer.
TOMBA, COMPAGNONI E...
«Senza esitazioni mio papà mi spinse ad accettare: era l’occasione per salvarmi, e il mattino dopo partivo già. In Norvegia ci siamo trovati a condividere la pista di allenamento con un altro big dello sci, diventato anche lui un grande amico, Alberto Tomba. Ancora non ci conoscevamo ma ci ha dimostrato da subito grande solidarietà, mettendoci in contatto con i suoi sponsor che ci hanno offerto attrezzatura e abbigliamento. È proprio grazie a lui e a Deborah se alla fine delle gare


Sportiva per natura ma anche rilassante, d’inverno come d’estate
Nelcuore del Parco Nazionale dello Stelvio, fra le principali riserve naturali d’Europa, Bormio è una vera oasi di energia e benessere. Una destinazione ideale per chi sogna un weekend per sé, per rigenerarsi nella natura, o per le famiglie che desiderano una vacanza genuina. Sportiva per vocazione, la località valtellinese offre un comprensorio sciistico articolato su tre aree - Bormio, Santa Caterina e Cima Piazzi - collegate da un unico skipass. Oltre 110 chilometri di piste, discese freeride, ciaspolate tra i boschi innevati, sleddog, sci nordico, arrampicate su ghiaccio e persino esperienze all’alba come il “3000 Ski Sunrise” per un’offerta invernale che esaudisce ogni desiderio. Con il ritorno della bella stagione, Bormio si trasforma in un paradiso estivo: oltre 600 chilometri di sentieri escursionistici e laghi alpini, tour in Mtb ed e-bike - con le dieci tappe tra boschi e creste panoramiche del Bormio 360 Adventure Trail -, percorsi di downhill e gravel. Un invito a respirare e a ritrovare il proprio equilibrio.
Ma Bormio è anche un luogo dove lasciarsi coccolare: le sue terme millenarie, note fin dai tempi dei Romani, offrono oggi tre centri pensati per ogni desiderio. Bormio Terme, ideale per famiglie, e i celebri Bagni Vecchi e Bagni Nuovi, con piscine panoramiche, saune scavate nella roccia e percorsi sensoriali immersi nel paesaggio alpino. E tra una ciaspolata sulla neve e un’immersione nel vapore, ci si può perdere fra le vie del borgo medievale, con le sue chiese affrescate, le botteghe e i sapori autentici della cucina di montagna: pizzoccheri, sciatt, formaggi d’alpeggio e vini della Valtellina, da gustare in rifugi e ristoranti tipici. Una cucina di sostanza ma, con l’attività fisica che regalano le giornate in quota, “sostenibile” anche per le più attente alla linea.
sono potuta restare in Italia e costruirmi qui una vita. A Bormio ho trovato persone meravigliose che mi hanno accolto con tanta gentilezza. E un cielo di un azzurro che non ho mai visto da nessun’altra parte», dice con il suo sguardo luminoso. Anche quando è riuscita a camminare con le sue gambe, non se ne è più andata. Se non per raggiungere regolarmente i genitori rimasti a Konjic. «La prima volta tornai diciotto mesi dopo essermi installata a Bormio, andando contro corrente mentre tutti scappavano: anche le comunicazioni telefoniche erano interrotte e ormai non avevo più notizie dalla mia famiglia, dovevo assolutamente sapere come stavano. Un’associazione umanitaria norvegese mi aiutò a passare le frontiere», confessa l’ex sciatrice.
Ormai Ariana ha trascorso quasi due terzi della sua vita a Bormio: una “patria” più che una terra di adozione. Qui vive con il suo
UN BEL RITRATTO
DI ARIANA BORAS IN QUEL DI BORMIO, DOVE
SI È STABILITA ORMAI
DA ANNI DOPO UNA
STORIA DIFFICILE TRA
GUERRE E E INFORTUNI
SPORTIVI. NELL’ALTRA
PAGINA, SEMPRE A BORMIO, LE VETTE CHE
SI SPECCHIANO IN UN LAGHETTO D’ALTA QUOTA
E UN’IDILLIACA SCENA
NELLE ACQUE TERMALI

compagno. Dopo una terza Olimpiade a Nagano 1998, oggi lavora in un negozio di abbigliamento del centro, ma lo sport resta la sua bussola. Meta prediletta, il Ghiacciaio dei Forni per ricaricarsi di energia. «Amo stare all’aria aperta, camminare, sciare, andare in bici. Sono una persona semplice, questo mi basta. E la nostra regione offre tantissime opportunità, in inverno come in estate. Ho in programma di fare un corso come guida di media montagna, anche perché l’outdoor è un trend che conquista sempre più appassionati», anticipa Ariana, che anche da spettatrice continua a seguire le sue colleghe: «La scorsa stagione la Brignone è stata straordinaria, ma anche la vostra Lara Gut-Behrami ha dimostrato una tenacia incredibile e grande intelligenza. Mi piacciono le atlete che sanno rialzarsi, come la Shiffrin dopo la perdita del padre. E la nostra giovanissima di “Lara”, la Colturi, sta già facendo vedere quanto vale», osserva con occhio esperto.
Lo sci femminile sta dando grande spettacolo e ormai - se non ancora nei compensi - per popolarità se la gioca con quello maschile, a differenza di tante altre discipline. «Pensare che quando sono entrata nella squadra della Bosnia-Erzegovina ero l’unica donna, dovevo arrangiarmi a farmi da allenatore, autista, skiman…», ricorda con un sorriso. Altri tempi: quelli del 2026 saranno i Giochi invernali più rosa di sempre, con un 47 per cento di donne in gara e molti eventi dedicati al mondo femminile. L’epicentro delle gare di sci sarà a Cortina, mentre Bormio accoglierà gli uomini.
Il 26 gennaio aprirà i battenti il villaggio olimpico: «Per chi vive qui come me sarà uno sconvolgimento delle abitudini: tutto verrà dedicato all’accoglienza di atleti, media e spettatori, interrompendo la tradizionale stagione turistica. Il mio auspicio è che si riesca a cogliere questa visibilità mondiale per mostrare la bellezza dei nostri paesaggi, la natura, la serenità che trasmette questo posto, dove ho trovato la mia pace», conclude Ariana Boras, che si prepara a “partecipare” alla sua quarta Olimpiade, questa volta sotto l’ineguagliabile cielo azzurro della sua Bormio. Senza medaglie da esibire, ma forte della consapevolezza di chi ha vinto una prova ben più impegnativa, rialzandosi da ogni caduta, sempre pronta a ricominciare. Da vera campionessa.
La Creazione, i quattro elementi, il fuoco e poi il led, l’unificazione ideale degli emisferi terrestri, l’assenza di spigoli... Fiorentina, architetto e designer ma, soprattutto artista poliedrica e curiosa, basa le sue creazioni sulla spiritualità: la propria e quella dell’Universo. Valori? Bellezza, espressione e innovazione

CASA IDEATA DA ROBERTA CIPRIANI A FIRENZE COPERTINA DELL’ EDIZIONE DI MAGGIO 2012 DELLA RIVISTA AD - ARCHITECTURAL DIGEST: TAVOLO TONDEGGIANTE CONCEPITO SUL TEMA DELL’ONDA. IL SUO PIANO D’APPOGGIO PUÒ ESSERE APPESO ALLA PARETE, COME UN’OPERA D’ARTE LUMINOSA. DA NOTARE CHE LA FORMA SI RIFÀ ALLA ROSA CAMUNA, UNO DEI SIMBOLI CUI L’ARTISTA SI ISPIRA. FOTOGRAFIA DI MASSIMO LISTRI

Dire che Roberta Cipriani è un’artista a tutto tondo non è eufemismo. Ma non basta nemmeno. La incontriamo una sera d’inverno in una rinomata galleria milanese, entrambi invitati a una mostra: belle opere, bella gente, bell’atmosfera... Ma, quando entra lei, sembra emanare qualcosa di strano, diverso, magnetico e appagante. Pur senza proferir parola. Le bastano un timido sorriso, la grazia nei modi, la luce di quello sguardo che parla di un equilibrio interiore. In un attimo diventa, lei, il centro del mondo.
Cominciamo a chiacchierare, approfittandone per chiederle di lei. Ma da dove partire? Conviene andare in ordine cronologico. Roberta Cipriani si laurea in architettura nel 1990 all’Università di Firenze, intraprende in fretta la carriera di architetto collaborando con studi del calibro del Superstudio di Roberto Magris. Una volta sposata, però, si allontana dalla frenesia di città, rifugiandosi presso la tenuta di famiglia nel Chianti: «Ho deciso di cambiar vita», racconta, «perché volevo finalmente dare libero sfogo alle mie più grandi passioni, determinate dallo stretto connubio tra arte, architettura e spiritualità».
Già, si capisce che Roberta è molto attratta dalla sfera spirituale e, viceversa, è proprio la spiritualità a pervadere lei stessa e le sue opere. Si lega così alla filosofia antroposofica steineriana, la stessa che dà origine a una sorta di medicina alternativa, o di integrazione alla medicina tradizionale, basata su una visione olistica dell’essere umano come corpo, anima e spirito. «Questa dottrina», aggiunge l’artista, «integra fortemente l’uso delle forme naturali, senza angoli. E, nell’arte, si trasforma in un vero percorso interiore».
LA MIA CASA? È SENZA SPIGOLI
Tutta questa ricerca culminerà per la Cipriani con il progetto denominato Cas-art, una casa-scultura particolarmente attenta a tutta la conoscenza della filosofia dello spirito, dove l’angolo non viene mai utilizzato. Perché? «L’angolo, lo spigolo, rappresenta la nostra parte razionale e le nostre paure», spiega Roberta, che aggiunge: «di conseguenza ho preferito basare tutto su elementi tondeggianti o comunque curvilinei, che sono più vicini al nostro sentire e alla natura che è no-



Protagonista, il
«Nella mia collezione Rêve de Feu porto il concetto del Fuoco come centro tavola da interno o da esterno. Ed ecco che l’elemento del Fuoco, inteso come elemento sacro, memoria antica dell’umanità che ci riunisce e riscalda il cuore, diventando il fulcro della casa!», così l’artista descrive parte delle sue opere che vediamo nelle fotografie sopra. Ma non è tutto: Rêve de Feu sarà vivibile nelle quattro stagioni dell’anno, grazie alle corone intercambiabili a seconda della stagione: dalle natalizie alle primaverili, fino all’uso come candeliere d’estate, all’aperto. I Rêve de Feu, inoltre, sono tutti in proporzioni auree, forme e immagini sono riprese dalla geometria sacra e dai simboli alchemici, mentre alcune corone hanno per immagine il connubio tra le fiamme e la legna che arde. «Dalla teoria alla pratica», spiega la Cipriani, «tutti i miei Rêve de Feu possono essere dotati di un bruciatore in acciaio alimentato a bioetanolo, ecocompatibile e non inquinante (nascosto dalle pietre - n.d.r.), e comprendono contenitori per olii essenziali dedicati all’aromaterapia». Dal 2021, poi, sono dotati anche di luce a led ricaricabile, per maggiore praticità e sicurezza.

stra maestra». Sta di fatto che la sua Cas-art nel maggio 2012 sarà pubblicata sulla prestigiosa rivista AD-Architectural digest, che le dedicherà anche la copertina. In questo contesto, tralasciando l’architettura, Roberta Cipriani si dedica sempre di più all’utilizzo dei quattro elementi che compongono il nostro Pianeta: acqua, terra, aria e fuoco. E proprio su quest’ultimo si concentrano le attenzioni dell’artista: «Scelgo come mio elemento-simbolo il Fuoco perché sono nata sotto il segno dell’Ariete. Proprio come la mia Firenze».
DALLA LUCE DEL FUOCO AL LED
«Essendo il fuoco il mio elemento, ho sviluppato la passione per esso attraverso il progetto Rêve de Feu, collezione di sculture “intorno al Fuoco” che hanno come immagine il connubio tra la legna che arde e le fiamme del fuoco». I centri tavola, e non solo, sono anche dedicati all’aromaterapia, provvisti di contenitori per olii essenziali. «Con Rêve de


Feu è mia intenzione portare il Fuoco Sacro, il Fuoco trasformatore, in mezzo a noi per recuperare una memoria antica dell’umanità che ci riunisce e riscalda i nostri cuori». Così Roberta Cipriani sviluppa via via la collezione di sculture luminose che «Come guerrieri di Luce», precisa l’artista, «ci accompagnano nel nostro percorso di vita». Ma dal 2021 completa i suoi Rêve de Feu anche usando la luce a led, mentre era partita dalle candele. Non c’è contraddizione? «Assolutamente no, i simboli restano eterni ma, dalla scoperta del fuoco, la sua stessa luce ha insegnato all’uomo come usarlo, come “evolverlo” ed evolversi: spegnerlo, accenderlo, farne tor-
LE OPERE DI ROBERTA (IN ALTO) SI ISPIRANO AL FUOCO, CHE INSIEME ALLA LEGNA CI RIPORTA A UNA VITA ANCESTRALE COME MEMORIA E CONSAPEVOLEZZA DELLA NOSTRA STORIA E DELLA NOSTRA INTERIORITÀ. NELLA FOTO SOPRA, UNO SCORCIO DELLA CUCINA NELLA SUA CASA IDEALE, CHE NON PREVEDE SPIGOLI MA SOLO ELEMENTI TONDEGGIANTI
“Il Cielo si riflette sulla Terra e dalla terra si alza un fuoco d’Amore verso Dio!”
roberta cipriani
“Il fuoco ci riporta a un mondo antico, fatto di simboli alchemici legati alla Geometria Sacra. Recupera la memoria ancestrale dell’umanità, nel rispetto delle proporzioni auree e con l’intento di risvegliare la nostra Luce interiore e il nostro Sé.”
roberta cipriani
A Firenze con la mostra su Beato Angelico
In concomitanza con la mostra su Beato Angelico (di cui parliamo più nel dettaglio nella nostra rubrica Agenda), le realizzazioni Rêve de Feu dell’artista e designer Roberta Cipriani possono essere ammirate presso il bookshop del museo di Palazzo Strozzi a Firenze. Le sue opere evocano mondi ancestrali attraverso il recupero di simboli della geometria sacra e dell’alchimia, ispirandosi anche a simbologie celate nei disegni del grande Leonardo da Vinci.

ce, poi candele, poi lampadine sempre più performanti ma anche più sostenibili. Ora siamo a quelle ricaricabili dalle grandi prestazioni, domani chissà. Vale lo stesso anche per gli altri dei quattro elementi». Quello legato alla luce è uno sviluppo artistico che nel 2018, per il millennio dell’Abbazia di San Miniato a Monte (Fi), porta la Cipriani a creare l’Albero della Vita, ovvero l’Albero della Consapevolezza, come lo intende lei.
L’ALBERO DELLA VITA
Si tratta di un’installazione che, come i Rêve de Feu, sfrutta la luce delle candele all’interno delle forme d’ottone. Usate in maniera particolare, però. Perché le candele, in realtà lampade, sono una, tre e sette: «La disposizione non è casuale», spiega l’artista con il consueto garbo: «Una perché uno è tutto e uno; tre candele, tre è il numero della Trinità, sette come i giorni della Creazione». E poi: «Il fuoco riporta ai nostri albori, ai simboli alchemici legati alla Geometria Sacra e a un mondo ancestrale; il fuoco serve a recuperare una memoria antica dell’umanità, sempre rispettando le proporzioni auree del linguaggio divino, con l’intento di risvegliare in noi la luce interiore e il proprio sé», conclude l’artista, che nel 2019 ha avuto il privilegio, grazie a una fondazione, di installare un secondo Albero della Vita dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, unendo idealmente i due emisferi, quindi tutti i popoli della Terra, in spiritualità e uguaglianza.

L’ALBERO DELLA
VITA, INSTALLAZIONE
DI SAN MINIATO AL MONTE (FI). LA LUCE SI IRRADIA ATTRAVERSO
LE LETTERE IN UN MOTO A SPIRALE CHE
DALLE RADICI GIUNGE
AI RAMI, METAFORA
DEL PERCORSO CHE
OGNUNO COMPIE SULLA
TERRA E MESSAGGIO DI SPERANZA. L’ALBERO È
IMPREZIOSITO DALLE
DECORAZIONI DORATE
MAGIC DECOR

MI ISPIRO ALL’UNIVERSO
Nel 2019, per il Cinquecentesimo di Leonardo da Vinci, l’installazione Rêve de Feu si ispira ai simboli celati nelle sue opere. La collezione diventa così numerata e, attraverso la luce delle candele, ora delle lampade a led, vengono usati simboli celati nelle opere del genio toscano: «Alchimista, ermetico, amava investigare la natura per capirne i segreti, non a caso i suoi schizzi geometrici parlano proprio dell’Universo», aggiunge Roberta. La collezione vinciana è stata presentata a Roma, ai Parioli; a Firenze nel Palazzo di Bianca Cappello, moglie di Francesco I de’ Medici, presso la Galleria Turchi; a Milano per il Salone del Mobile 2019, presso il Salotto di Milano in Via della Spiga, “Leonardo Sonico”; e poi ad Artimino, vicino a Vinci, Villa Medicea per “Leonardo Inedito”; poi ancora a Milano e in tanti altri luoghi. «La prima gallerista a credere in me», tiene a ricordare Roberta Cipriani, «è stata Olivia Toscani Rucellai, figlia del grande fotografo Oliviero».
DALL’ITALIA A SOTHESBY’S
Torniamo all’Albero della Vita e ai suoi già descritti significati, anche di pace. Due installazioni, nei due opposti emisferi, fanno pensare a un ulteriore sviluppo nella carriera artistica
Come tutte le creazioni Rêve de Feu con luce a led di Roberta Cipriani, la borsa della foto nasce con l’intento di illuminare il percorso delle nostre vite e, in maniera decisamente più materiale ma assai pratica, trovare gli oggetti all’interno. Si chiama Florence Nightingale, prende il nome da un’icona femminista del primo Novecento detta “La Signora con la Lanterna“ (lamp lady), in quanto andava di notte ad assistere i pazienti malati negli ospedali. Britannica d’origine, Florence nasce a Firenze e così il suo nome evoca cultura e rinascita, mentre Nightingale è un cognome fiabesco, romantico come questo stesso progetto che comprende anche il nome di un usignolo capace, con il suo canto, di donare un messaggio primaverile. La borsa, come tutte le lanterne dell’artista, si caratterizza per l’uso dei simboli, che recupera dalla Geometria Sacra all’Alchimia. In questo caso, nella pelle è intagliato il Fiore della Vita, simbolo antichissimo che si ritrova sia nelle piramidi Maya ed egizie sia nel tempio di Osiride: rappresenta sette cerchi intrecciati, che per la Cipriani richiamano i sette giorni della Creazione. Questo simbolo si ritrova nel Codice Atlantico di Leonardo Da Vinci ed è stato oggetto di studio per le sue macchine e i progetti, sembra che vi siano racchiuse tutte le formule del processo della creazione. La borsa è in cuoio vegetale e i tessuti in cotone. Volendo, la fodera si può staccare per abbinare altre fodere dei colori che si desiderano. La luce a led è calda, dimmerabile, cioè il suo fascio può essere regolato, ricaricabile con usb. La scheda tecnica con la batteria alloggia in un doppio fondo apribile all’interno della borsa.
di Roberta Cipriani. Il suo Globo-Tra Cielo e Terra segna un ideale collegamento fra il nord e il sud del mondo: «È un messaggio chiaro di unione tra gli esseri umani in una ricerca perenne verso il Divino, un messaggio di amore e speranza come nostro eterno passaggio sulla Terra che, bruciando la nostra stessa vita, ci riconduce all’eternità, al Cielo, in un inno alla Vita e all’Amore».

IL GLOBO-TRA CIELO E TERRA DI ROBERTA CIPRIANI È STATO ESPOSTO PER QUATTRO MESI DAVANTI ALL’ACCADEMIA DI BRERA E NEI TRE GIORNI DI PASQUA 2021, ANCHE COME MESSAGGIO DI SPERANZA IN TEMPI DI COVID, IN PIAZZA DEL DUOMO, SEMPRE A MILANO, PRIMA DELL’ASTA DI SOTHESBY’S

Ancora oggi, come purtroppo i dati denunciano anche in Svizzera, il femminicidio è un crimine diffuso, da combattere con tutte le forze.
Dall’educazione all’ordinamento giuridico
Al Lac di Lugano andrà in scena nel 2026 (23 e 24 febbraio) lo spettacolo teatrale della drammaturga e regista siciliana Emma Dante che, attraverso la metafora del femminicidio, esplora la violenza domestica e la prigionia di una donna. L’angelo del focolare è un racconto amaro e visionario sul silenzio che circonda le vittime, sull’assurdità di una violenza ormai normalizzata, sull’impossibilità di spezzare un destino che si ripete all’infinito. Uccidere una donna “in quanto donna” è spesso l’atto finale di una violenza dalle molte facce, legata a squilibri di potere e a un sistema di credenze
da ogni anno la campagna contro la violenza di genere, dal 25 novembre al 10 dicembre.
Sarebbe bello poter vivere in una Svizzera dove la tutela della vita e dei diritti delle donne non richieda politiche mirate, ma così non è. Lo dicono i dati. Ben 21.127 reati di violenza domestica registrati dalla polizia nel 2024, il 6% in più rispetto all’anno prima (quasi il 70% delle vittime è costituito da donne). E un numero di femminicidi molto elevato. Confederazione, Cantoni e Comuni stanno intensificando gli sforzi con revisioni di legge, misure di prevenzione e una campagna nazionale pluriennale scattata lo scorso 11 novembre.
Nel clima di raccoglimento e condivisione tipico delle festività, troviamo l’occasione per fermarci, riflettere e - guardando in faccia alla realtà - ribadire l’impegno collettivo verso una società più giusta
culturali patriarcali. Un male radicato, visibile e inequivocabile, allarmante anche in Svizzera, che da inizio anno conta tragicamente 26 omicidi di genere. Vite rubate da una cultura prevaricatrice che calpesta il principio più elementare di civiltà: il rispetto doveroso e normale da riservare alle donne, come ricor-
Le azioni di prevenzione e contrasto, però, non bastano a sradicare un fenomeno così strutturale. Serve un cambiamento culturale, sociale e politico che sappia andare oltre il dibattito sul femminismo e sul sessismo, con donne e uomini uniti nella decostruzione dei pregiudizi dei quali come società siamo responsabili.

Un’azione pubblica forte che inizi dall’educazione, chiamata anche a confrontarsi sul crescente divario ideologico, sempre più polarizzato sulle questioni di genere nella Gen Z. Costruire una coscienza al femminile è l’impegno che accompagna Faftplus nella sua missione che mira a dare importanza al valore dell’essere donna nella parità dei ruoli, nell’autonomia economica e fisica, nella sicurezza (come il numero 142 per le vittime di violenza domestica, la cui attivazione è slittata nuovamente alla primavera 2026). Serve anche dare un nome giuridico al femminicidio nel Codice penale svizzero - i tentativi finora fatti non sono stati accolti - per andare oltre la generica categoria dell’omicidio e riconoscere che alla base vi è un flusso gerarchico di violenza. Un malessere trasversale millenario; un crimine tuttora molto diffuso, da denunciare e combattere con ogni nostra forza.

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Il nuovo opuscolo, edito dall’Associazione
Equi-Lab, riguarda i diritti di lavoratori e lavoratrici che devono conciliare le loro
normali attività e l’impegno di cura
Durante il 2025
Equi-Lab ha pubblicato una nuova edizione dell’opuscolo dedicato ai diritti di chi cura e lavora. Se l’opuscolo precedente Maternità & lavoro, guida ai diritti dei neo-genitori, riguardava soprattutto i diritti delle nuove madri, con la nuova edizione si vuole sottolineare come sempre di più non sono solo le madri a dedicarsi alla cura, ma pure l’altro genitore e gli altri familiari.
UN CAMBIAMENTO
L’opuscolo evidenzia il cambiamen
cinque anni con l’introduzione del congedo paternità, il congedo per l’assistenza ai familiari, il congedo per l’assistenza a un figlio gravemente ammalato e il nuovo congedo per adozione federale. Come nell’edizione precedente vengono approfonditi i diritti delle donne in gravidanza e delle neo-madri che ancora troppo spesso subiscono discriminazioni a livello lavorativo in questo momento delicato della loro vita.
UN PRATICO VADEMECUM PER LE FAMIGLIE

Oltre a evidenziare i diversi strumenti legislativi a disposizione di lavoratori e lavoratrici, la pubblicazione di Equi-Lab vuole favorire un cambiamento culturale contribuendo a promuovere anche nelle giovani famiglie una ripartizione più paritaria del lavoro di cura. Si vuole pure dare risalto al tema sempre più

importante dei familiari curanti ritenuto il numero crescente di donne e uomini con un’attività professionale che devono svolgere un lavoro di cura nei confronti di familiari anziani o malati.
Equi-Lab con questa iniziativa vuole promuovere la conciliabilità tra lavoro e famiglia e far capire come essa sia un investimento vantaggioso sia per le aziende e che per la società intera. L’opuscolo è disponibile in versione cartacea e digitale scaricabile dal sito.
equi-lab.ch

Nel cuore del Ticino, Vanni Pesciallo, Orafo, Designer e Gemmologo GIA, vi guida nella scelta della gemma ideale e del design su misura, curato nei dettagli per un risultato esclusivo e senza tempo.


Nuova apertura a Locarno in Piazza Filippo Franzoni 1
STILE | TENDENZE

ABITO_ SPORTMAX IN RASO DI VISCOSA, RUNWAY, CAFFÈ
MAKE UP_ OMBRETTO CHARLOTTE TILBURY
CHARLOTTE’S PALETTE OF BEAUTIFYING EYE
TRENDS - PALETTE OCCHI
- DENIM DIMENSION
ROSSETTO ROUGE DIOR
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NELL’ALTRA PAGINA, GIACCA MONGOLIA
NOCCIOLA ARYA PER PELLICCERIA LORIS
Colori intensi e tessuti protagonisti. Le pellicce, simbolo di fascino eterno, dialogano con silhouette contemporanee e luci avvolgenti. Ogni gesto riflette un equilibrio tra comfort e prestigio, tra la forza dell’inverno e la delicatezza dello stile

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Tra arte orafa e narrazione, Pasquini Roma è un viaggio
dal passato al presente, dai laboratori di Roma ai binari leggendari dell’Orient Express. Interpreta l’eleganza come un linguaggio personale e senza tempo




In un’epoca in cui il lusso sembra spesso confondersi con l’eccesso, Pierluigi Pasquini, fondatore e direttore artistico di Pasquini Roma, propone una visione intima e autentica. «Il lusso oggi non è ostentazione, ma bellezza che nasce dal sapere artigianale, dalla rarità delle emozioni che un gioiello può trasmettere».
Un concetto che diventa la firma di un marchio capace di unire tradizione e modernità, offrendo un’eleganza quotidiana a chi considera il lusso non come status symbol, ma come linguaggio personale.
La cifra distintiva di Pasquini Roma è il racconto. Ogni creazione racchiude una storia, un frammento d’anima. «Raccontare è essenziale», spiega Pasquini. «Ogni gioiello nasce da un’emozione, da un ricordo, da Roma stessa. Le mie collezioni non sono solo oggetti preziosi: sono simboli di esperienze, di viaggi, di passioni».
Un approccio quasi poetico, che restituisce alla gioielleria il suo potere originario: quello di trasformare la materia in memoria.
La tradizione orafa italiana, con la sua lunga eredità di maestria, trova nel brand una nuova linfa espressiva. Pasquini Roma incarna un equilibrio raffinato tra passato e futuro: «Rappresentiamo la continuità del savoir-faire italiano, reinterpretato con un’estetica contemporanea. Tradizione, arte e architettura si fondono con linee moderne e pulite».
Una filosofia che ha condotto il marchio verso traguardi d’eccellenza: Pasquini Roma è oggi l’unico brand di gioielleria al mondo presente a bordo dello storico treno Orient Express-VSOE, icona di eleganza e mistero senza tempo.
Così, tra pietre preziose e dettagli architettonici, la visione di Pierluigi Pasquini diventa dichiarazione d’intenti: il vero lusso non si mostra, si sente.
È un’emozione da indossare, un viaggio da vivere ogni giorno, proprio come la città da cui tutto è cominciato... Roma, eterna e luminosa.
pasquiniroma.com


Una piccola selezione di idee per riscaldare le feste e rinvigorire gli affetti più profondi e sinceri.
In famiglia, con gli amici più cari o per rinnovare una scelta con il nostro compagno di vita
DA NATALE…
Spesso ci si dimentica un compleanno, ma del Natale mai. Si comincia a prendere appunti già molto prima, pensando anche a chi abbiamo un po’ trascurato e a porvi rimedio; si pensa ai gusti di ciascuno, si fissa un budget per tutti dopo aver curiosato un po’ i prezzi in giro e sul web, e si tira un totale finale.
L’usanza di scambiarsi doni è molto più antica del Natale, in numerosissime civiltà aveva il senso di far sentire gli altri allo stesso livello. Ma, proprio pensando alla natività di Gesù, non possono sfuggire le narrazioni evangeliche riportanti le tante persone, ognuna per ciò che poteva, anche in base al proprio mestiere, che portavano in dono cibo, coperte e oggetti di utilità presso la povera stalla di Betlemme. Fino all’oro, all’incenso e alla mirra, doni davvero regali, portati dai Magi all’Epifania. Ed è quello che facciamo ogni anno anche noi con i nostri cari.
Le origini risalgono all’antichità cristiana e pagana, ma in Svizzera il 14 febbraio è diventato festa degli innamorati solo nel 1949, promossa proprio dalla categoria dei giardinieri che avevano visto lungo sulla possibilità di vendere fiori e piante in quel giorno ogni anno.
La ricorrenza è molto più antica nei paesi anglosassoni: per esempio, negli Stati Uniti è seconda soltanto al Natale e alla Festa della mamma.
Perché nel giorno del Santo Valentino? Pare che nell’anno 269, il vescovo Valentino fosse stato imprigionato e condannato a morte, su ordine dell’imperatore Claudio, per aver continuato a celebrare matrimoni nonostante il divieto imperiale. Innamoratosi della figlia cieca del suo carceriere, il vescovo le avrebbe reso miracolosamente la vista e, poco prima di essere decapitato, le avrebbe scritto un biglietto d’addio. Era firmato “tuo Valentino”

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OROLOGIO-GIOIELLO DALLO STILE INEDITO E DALL’ELEGANZA
SENZA TEMPO. LA CASSA IN ORO ROSA È IMPREZIOSITA DA 94
SPESSARTITI TAGLIO BRILLANTE CHE FORMANO UN DOPPIO DEGRADÉ DI COLORE: DAI TONI “COGNAC” AI TONI “MANDARINO”. IL CINTURINO È IN PELLE BIANCA CON FINITURA SATINATA. LA FIBBIA AD ARDIGLIONE IN ORO ROSA È IMPREZIOSITA DAL LOGO PATEK PHILIPPE



AVINAS
ORO E DIAMANTI
BUCCELLATI
ÉTOILÉE MINI
RACCHIUDE IN SÉ LA MAESTRIA
ARTIGIANALE
DELL’ICONICA
LINEA ÉTOILÉE, ESPRIMENDOLA IN UNA VERSIONE PIÙ ESSENZIALE
BRACCIALE TENNIS
MARQUISE MIX
COLLLIER ROMY ORECCHINI
CRÉOLES GLORIA
RAFFINATEZZA E CARATTERE

CHANEL
IL TEMPO È PREZIOSO.
CON PREMIÈRE GALON, L’OROLOGIO PREMIÈRE
REINTERPRETA IL GALLONE
DA SARTORIA, UNO DEGLI

ELEMENTI DISTINTIVI
DI CHANEL, E SI IMPONE
COME UNA NUOVA
LEZIONE DI STILE

REGALARE PERLE È DONARE UN FRAMMENTO
DI NATURA CHE CUSTODISCE LA LUCE DEL TEMPO E LA GRAZIA DI CHI LO INDOSSA.
YOKO PEARLS CELEBRA LA PERFEZIONE NATURALE DELLE PERLE CON DESIGN CONTEMPORANEI E RAFFINATI.
L’ELEGANZA CLASSICA INCONTRA UN’ECCELLENTE MAESTRIA ARTIGIANALE
Anche i nostri uomini, pur volendo sembrare invincibili, hanno bisogno di attenzioni

HERMÈS ARCEAU L’HEURE DE LA LUNE
AFFRANCANDOSI DAI CODICI DELL’OROLOGERIA, HERMÈS HA REGALATO AL TEMPO UNA NUOVA
DIMENSIONE: RADICALE, QUASI PARADOSSALE. È FONTE DI LIBERTÀ, DI EVASIONE. È UN TEMPO DI QUALITÀ
PERFETTO A OGNI ETÀ, PER GLI APPASSIONATI DI VELOCITÀ E PER CHI, INVECE, PREFERISCE PASSEGGIARE. IL CAP È DI FERRARI COLLEZIONE RESORT 2026

LOUIS VUITTON
IL COFANETTO PER 8 OROLOGI È REALIZZATO NELL’ICONICA TELA MONOGRAM. L’ELEGANTE ACCESSORIO PUÒ ESSERE FACILMENTE RIPOSTO IN CASSAFORTE O IN VALIGIA E INCLUDE UN RIPIANO AMOVIBILE, IDEALE PER CONSERVARE IN TUTTA SICUREZZA ALTRI OGGETTI DI VALORE


MONCLER
GIACCA CAMICIA IMBOTTITA
PRES IN MISTO CASHMERE.
SINTESI DI LINEE ELEGANTI E MATERIALI TECNICI
È UN MUST-HAVE PER IL
GENTLEMAN MODERNO

LOUIS VUITTON TRUNK: NELLA LINEA DI ACCESSORI DI LUSSO ISPIRATI AI BAULI DA VIAGGIO ORIGINALI E ICONICI DEL MARCHIO, QUESTO ACCESSORIO È DECISAMENTE PERFETTO PER LE SERATE DI FESTA
UNA NOVITÀ: NARCISO RODRIGUEZ MUSC COLLECTION SAFRAN MUSC EAU DE PARFUM. È UNA FRAGRANZA DEL GRUPPO ORIENTAL FLORAL UNISEX. LE NOTE DI TESTA SONO ZAFFERANO, ROSA DI DAMASCO E FIORE D’ARANCIO; LE NOTE DI CUORE SONO DAINO E MUSCHIO; LE NOTE DI BASE SONO INCENSO, PELLE SCAMOSCIATA, PATCHOULI E OLIO DI CYPRIOL O NAGARMOTHA


IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE FÉLIX VALLOTTON, ELITE CELEBRA I SUOI 130 ANNI UNENDO ARTE E ARTIGIANATO, CON UN PLAID TRATTO DALL’INCISIONE “LA PARESSE”, OMAGGIO ALL’ARTISTA FRANCO-SVIZZERO SCOMPARSO 100 ANNI FA. SI TRATTA DI UNA REALIZZAZIONE INEDITA TESSUTA IN BABY ALPACA IN SERIE LIMITATA, DISTRIBUITA ESCLUSIVAMENTE NEI NEGOZI ELITE GALLERY

Per “scaldare” ancor più quella di amici e parenti… o la nostra!

ATMOSPHERE GIORGETTI 2025 TAVOLINO KROMIS UN OGGETTO DA VIVERE E REINVENTARE: UN TOTEM DI VETRO COMPOSTO DA CINQUE VASSOI DI DIVERSO SPESSORE E ALTEZZA, SOVRAPPONIBILI, SCOMPONIBILI, LIBERI DI TRASFORMARSI IN NUOVE GEOMETRIE

GIORGETTI CHRISTMAS COLLECTION 2025 LA NUOVA COLLEZIONE NUVOLA. IL CAVALLO CHE SOGNA DIVENTA SIMBOLO DI UN TEMPO INTERIORE, DI UN PENSIERO CHE SI TRASFORMA IN MATERIA E DESIGN
LAMPADA DA TAVOLO PERRIAND DI MANOR LE ATMOSFERE SI FANNO FATATE

KADASTAR SET PER FONDUE
FORMAGGIO BEVERIN
L’IDEALE PER TRASCORRERE
DELIZIOSE SERATE IN COMPAGNIA
DELLA FAMIGLIA O DEGLI AMICI






Vi sono diverse modalità per aiutarci a superare i nostri disagi interiori. Conoscerli permette di individuare quello più adatto a noi. Ecco una piccola guida per orientarsi tra i principali
Presupposto: le diverse forme di psicoterapia hanno tutte lo stesso obiettivo, quello di migliorare lo stato di benessere e aiutare l’individuo a realizzarsi meglio. E tutte affrontano ogni tipo di disturbo psicologico e di disagio. Cosa cambia, allora, tra l’una e l’altra? Il modo in cui il terapeuta legge, spiega e, di conseguenza, tratta la sofferenza. La persona, dunque, dovrebbe scegliere il tipo di approccio in base a quanto lo “sente suo” e all’affinità con le modalità di intervento, quindi non tanto in relazione al problema. Avere un ampio ventaglio di terapie permette di in-
tercettare e affrontare tutte le sfaccettature dell’essere umano, mettendo nelle mani del terapeuta il migliore approccio al paziente. Non esiste una sola metodica ma decine di scuole di pensiero e vari indirizzi, così come non esiste un unico approccio alla sofferenza e alla cura, ma orientamenti diversi in base al tipo di paziente e alle sue difficoltà, a volte assai differenti ma anche interdipendenti. In queste pagine cerchiamo di capire meglio, almeno negli elementi di base, le principali correnti. La premessa, però, è che tutte le esperienze di cura possono essere funzionali soltanto se chi soffre ammette di avere un problema e accetta di farsi aiutare da uno specialista.
Nessuno è migliore o peggiore: la scelta dipende da noi
PARTIRE DAI SOGNI
Si tratta della più antica, forse per questo più conosciuta, forma di trattamento. Fondata da Sigmund Freud tra fine Ottocento e inizio Novecento, ha introdotto i concetti di inconscio, transfert, conflitto e pulsioni. Lavora sui sogni, sull’espressione dei pensieri liberamente associati dalla persona e sull’attenzione alla relazione che instaura con il terapeuta.
Secondo questo approccio, infatti, qualsiasi problematica è collegata ad accadimenti del passato che il nostro inconscio custodisce... Un “mondo sommerso” da riportare alla luce per stare meglio.
AMMETTERE DI
AVERE UN PROBLEMA
E METTERSI NELLE MANI
DELLO SPECIALISTA CON
FIDUCIA E SINCERITÀ È
LA PREMESSA AFFINCHÉ
OGNI TIPO DI TERAPIA
POSSA FUNZIONARE.

Particolarmente adatta se...
Non abbiamo grandi difficoltà a parlare di noi e a lasciarci andare, non ci spaventa l’idea di fare un lavoro interpretativo con il terapeuta e, anzi, desideriamo conoscere il nostro passato e le parti nascoste di noi.
PUNTARE SULLA FIDUCIA
Evoluzione della psicoanalisi, è fondata sull’idea che i disagi avvertiti dalla persona, così come il suo modo di relazionarsi, dipendono da pensieri ed emozioni di cui non è sempre consapevole. Per esempio, vissuti, credenze, esperienze infantili.
Liberare la persona dal “marchio” del passato è l’obiettivo per permetterle di vivere il presente con maggiore pienezza e serenità.
Punta anche a sviluppare nel paziente fiducia e autostima, aiutando a far emergere il significato individuale della vita anche per migliorare le capacità di avere relazioni più piene e positive nei confronti degli altri.
Particolarmente adatta se...
Non abbiamo problemi a parlare liberamente di noi persino facendolo in maniera apparentemente sconnessa, siamo disposte a riconoscere e vivere emozioni anche dolorose, abbiamo capacità di autoriflessione e desideriamo conoscere qualcosa in più di noi stesse e delle nostre dinamiche interiori.

L’ANALISI BIOENERGETICA
RIMUOVERE I BLOCCHI
Fondata sull’idea che l’energia del corpo influenza anche il benessere emotivo e mentale (psicoterapia a mediazione corporea), questo approccio terapeutico si propone di curare i disturbi psicofisici attraverso una forma di integrazione del livello fisico e del livello psichico.
L’analisi bioenergetica combina il lavoro psicoanalitico con esercizi corporei, respirazione, movimento.
Questo approccio terapeutico lavora miratamente sui blocchi energetico-emozionali riscontrabili a livello psichico, emozionale e fisico, con l’obiettivo di ristabilire la libera circolazione dell’energia del corpo e, dunque, arrivare al benessere.
Particolarmente adatta se...
Siamo in possesso di adeguate capacità introspettive e abbiamo la sensazione di non vivere appieno la nostra vita. Inoltre, desideriamo aumentare la nostra consapevolezza e ci sentiamo a nostro agio con gli esercizi di respirazione e il movimento.
L’obiettivo della metodologia terapica chiamata Gestalt è sviluppare nel paziente maggiore consapevolezza e accettazione del proprio disagio, così da capire che si tratta di una condizione transitoria e temporanea gestibile e non indelebile.
Si basa su tecniche ed esercizi mirati per far focalizzare al paziente il momento presente, ovvero convinzioni, emozioni e sensazioni fisiche del “qui e ora”.
Oltre a spiegare l’origine e le cause delle difficoltà, la Gestalt aiuta a sperimentare nuove soluzioni e a rendere responsabili delle proprie scelte per arrivare a una presa di coscienza globale che spinga finalmente ad accettarsi per ciò che si è.
Particolarmente adatta se...
Desideriamo esprimere “il non detto”, risolvere questioni rimaste in sospeso, liberarci dai sensi di colpa, sperimentare nuovi vissuti e riconoscere i nostri bisogni.
Scongelare la rielaborazione e coltivare l’attenzione
Diversi terapeuti integrano il loro approccio con strumenti come l’Emdr e la mindfulness. Di seguito le differenze principali. Emdr. Utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destra-sinistra per trattare traumi e stress psicologici di entità più o meno seria. La ricerca ha dimostrato che, a seguito di un evento stressante, si verifica un’anomalia dei processi cerebrali che provoca una sorta di congelamento delle informazioni nella loro forma ansiogena originale. La tecnica promuove una miglior comunicazione tra gli emisferi cerebrali, così da rendere più facile la rielaborazione delle informazioni e migliorare il benessere del paziente.
Mindfulness. Si tratta di una disciplina che insegna a coltivare l’attenzione in modo saggio, salutare e pulito. Aiuta a conoscere sé stessi e il mondo circostante, guardandoli con freschezza e capacità di accettazione, imparando a radicarsi nel presente e a procedere nella vita un passo alla volta. È articolata sulla meditazione e prevede esercizi che coinvolgono il corpo e la mente per allenare alla consapevolezza e conseguire uno stato mentale più incline alla felicità.
LAVORARE IN GRUPPO
Questo approccio parte dall’idea che il disagio psicologico è espressione di un contesto familiare squilibrato.
Secondo questo tipo di terapia, tutti i membri del gruppo sono come anelli di una stessa catena. Quindi il malessere appartiene al sistema, al tutto come somma di ogni singola parte.
Durante le sedute, il terapeuta sistemico-familiare lavora con tutti i membri della famiglia, stimolando al cambiamento l’intero nucleo.
Particolarmente adatta se...
Siamo convinte che il nostro malessere sia in qualche modo collegato al contesto in cui siamo cresciute o viviamo, se siamo disposte a lavorare con i nostri familiari e se, cosa non sempre scontata, questi ultimi sono disposti a partecipare mettendosi in gioco.
LA TRANSAZIONALE
PARTIRE DAL “COPIONE”
Questa teoria della personalità e del comportamento considera il disagio psicologico come un blocco nella crescita del potenziale psicofisico e ha per oggetto la “transazione”, ovvero lo scambio nella comunicazione fra due individui.
È basata sul concetto di “copione”, ovvero un piano di vita destinato a ripetersi perché rinforzato nell’infanzia dai genitori e giustificato da successivi eventi portando l’individuo a scelte vincolate.
Il copione può essere modificato nella relazione con il terapeuta.
Particolarmente adatta se...
Siamo disposte a metterci in gioco contro ciò che ci fa soffrire, poiché secondo questo approccio noi stesse siamo le sole a poterlo fare, e abbiamo obiettivi chiari, espliciti e realizzabili, al fine soprattutto di migliorare la nostra comunicativa.
LA COGNITIVOCOMPORTAMENTALE
ANALIZZARE IL PASSATO
Il passato che influenza il presente è l’idea centrale di questo approccio, ovvero il presupposto che le difficoltà emotive e comportamentali vissute nel presente sono determinate da pensieri, idee, convinzioni e modi di
agire appresi e costruiti in passato. Il terapeuta aiuta a capire quali sono questi schemi disfunzionali e perché non sono più adatti al presente, aiutando a costruire nuove idee e schemi di comportamento.
Il cambiamento viene promosso in diversi modi: dal rilassamento muscolare alla messa in discussione delle convinzioni negative o irrealistiche, dalla stesura di un diario quotidiano all’uso di tecniche di rinforzo come il ricorso a determinate parole, oggetti o azioni che permettano al paziente di apprendere facilmentr i nuovi schemi.
METODOLOGIA
SISTEMICO-FAMILIARE, A PATTO CHE ANCHE
GLI
Particolarmente adatta se...
DISPOSTI A METTERSI IN GIOCO
Desideriamo costruire nuovi e più funzionali modi di agire, sentiamo di voler cambiare qualcosa, siamo ben disposte alle tecniche di rilassamento, possiamo impegnarci a fare “esercizi” anche a casa.


Il periodo di fine e inizio anno è bello e difficile insieme, ma i fiori possono aiutarci a viverlo con più serenità.
Ecco come e le scelte da fare

SERVIZIO

Con la consulenza di Roberto Facincani, naturopata psicosomatico, floriterapeuta, formatore sui fiori australiani.
Non per tutti quello natalizio è un periodo pieno di gioia e di magia. In qualche caso, emergono una serie di situazioni ed emozioni “faticose”, come stanchezza, frenesia, stress. Se anche tu si senti un po’ in difficoltà, dunque, non temere perché sei in buona compagnia! Per vivere con maggiore serenità le festività possiamo ricorrere alla floriterapia.
PER ENTRARE NEL MOOD
Il cambiamento dei ritmi, la maggiore socialità, i tanti impegni, gli obblighi, possono renderci “elettriche” proprio in un periodo in cui dovremmo essere serene? Se è così, possiamo usare un tris di fiori australiani. Fringed violet ci aiuta a sentirci più stabili dal punto di vista energetico e più protette.
con
I come, quando e quanto della floriterapia
La floriterapia è una metodica naturale che si basa sull’utilizzo di rimedi preparati a partire dai fiori. Nel caso di cui si tratta in queste pagine, sono indicati soprattutto i fiori di Bach, i cosiddetti australiani e i californiani. L’ideale è iniziare a prenderli il prima possibile e continuare per tutto il periodo delle feste, se lo si ritiene San Valentino compreso. Le gocce vanno messe sotto la lingua, facendo attenzione a non toccare la pipetta con la lingua. Le dosi cui dobbiamo attenerci sono quelle che seguono: fiori australiani, 7 gocce al risveglio e 7 prima di andare a dormire; fiori di Bach, 4 gocce quattro volte al giorno, ma si possono anche prendere 4 gocce al bisogno; fiori californiani, 2 gocce due volte al giorno.
Ci permette di dare e fare le cose nel giusto modo, rispettando i nostri bisogni e la nostra interiorità, con il risultato di migliorare il contatto con tutto ciò che ci circonda. È perfetto, in particolare, se mal si sopportano i luoghi affollati e non si riesce a entrare serenamente in relazione con gli altri. Boronia, per vivere al meglio il momento e goderselo di più. Boronia, infatti, è il fiore della meditazione, che mette a tacere la mente e i pensieri ossessivi.
HOLLY: EVVIVA L’OTTIMISMO
Sentiamo l’esigenza di proteggerci e depurarci, così da non portare nell’anno nuovo la stanchezza e i pensieri “ristagnanti”? Allora, Holly è il fiore di Bach che ci aiuterà a sentirci parte dell’energia e dell’amore universale! Ritrovando anche la luce nel buio e un ottimismo cosmico. Possiamo usarlo anche per creare dei sali da bagno corroboranti, cui ricorrere ogni volta che ne sentiamo il bisogno. Come? Basta riempire una ciotolina con del sale grezzo, quindi aggiungi 10 gocce dell’essenza, 4-5 gocce di olio essenziale di incenso, che ci spronerà a prenderci del tempo per noi, 3-4 gocce di olio essenziale di legno di cedro, che dona sicurezza, e 3-4 di olio essenziale di pino mugo, per lasciar andare le tensioni e prendere un bel respiro.
OLIVE DONA L’ENERGIA
Abbiamo la sensazione di non avere più l’energia necessaria per andare avanti? Se la fine dell’anno vecchio e l’inizio di quello
nuovo ci mettono sotto pressione, caricandoci di stress, aspettative, propositi e responsabilità da “esaurimento nervoso”, il rimedio che fa per noi è Olive. Si tratta, infatti, del fiore di Bach che contrasta la stanchezza: è ottimo per rigenerarsi, perché accresce la forza e la vitalità, e aiuta a gestire al meglio l’energia vitale senza rischiare di sprecarla inutilmente.
INCORAGGIA ALLA LEGGEREZZA
Il Natale dovrebbe essere un momento di autentica gioia. Invece, per molti si è trasformato più che altro in una serie di obblighi da assolvere. Per riscoprire il vero spirito di questa festa possiamo ricorrere al fiore australiano Little flannel flower, un’essenza che aiuta a mantenere il contatto con il proprio bambino interiore, quindi vivere con maggior leggerezza d’animo il momento... proprio come quando eravamo piccoli.
Little flannel flower aiuterà anche a staccarsi dall’idea che le feste siano soltanto sinonimo di adempimenti e regali senza lasciarci coinvolgere dall’altrui stress.

Con la floriterapia possiamo fare anche questo
Vogliamo donare un po’ di gioia ai nostri cari? Allora mettiamo sui regali o sui pacchetti un paio di gocce di Sunshine wattle, un fiore australiano che ricorda un sole stilizzato: il suo effetto è aiutare a vedere in maniera positiva tutto ciò che accade ed è presente nella propria vita. Volendo rinforzare il suo effetto, possiamo aggiungere un paio di gocce di Christmas bell, è invece un rimedio australiano che aiuta a manifestare i propri desideri e a focalizzarsi su ciò che è importante. Il tocco in più? Unadue gocce di olio essenziale di pino silvestre, che mette in collegamento la propria parte spirituale con quella materiale.

RISTABILISCE L’EQUILIBRIO
Quest’altro fiore di Bach è ottimo nel caso si viva il periodo delle feste con il “fiatone” e lo si percepisca fisicamente come un peso che opprime. Utilizzandolo, potremo trovare un miglior equilibrio fra cielo e terra, tra la parte più spirituale e quella più terrena e materiale del Natale. Star of Bethlehem, infatti, aiuta a sbloccarsi e a ritrovare un po’ di serenità.
Mettendo i fiori in un diffusore
o in una ciotolina d’acqua potremo respirare i benefici che apportano

Il traffico impazzito dei giorni che precedono immediatamente le feste, le code interminabili al supermercato, o nei negozi del centro, la corsa ai regali… ci rendono intolleranti verso gli altri e il mondo intero? Per bloccare la frenesia e l’impazienza possiamo affidarci a Impatiens. Questo fiore di Bach aiuta a fluire nel ritmo degli eventi senza accelerare e a gestire i rallentamenti che le situazioni esterne ci creano. Impatiens fa per noi, in
particolare, se perdiamo facilmente la calma, viviamo in continua accelerazione, non tolleriamo i tempi più lenti degli altri e, piuttosto di aspettare, preferiamo arrangiarci con l’improvvisazione (che non sempre è risolutoria… anzi). Questo fiore dona calma e ci permette di vivere il nostro ritmo e quello altrui con pazienza e disponibilità.
MADIA, ORGANIZZAZIONE OK
Tra i fiori consigliati per rendere più bello il Natale c’è anche questa essenza californiana che aiuta a essere più concentrate, meno distratte a organizzare meglio il presente. Usando Madia, possiamo riuscire meglio a dirigere la nostra energia interiore, in maniera più chiara e produttiva, e focalizzarci maggiormente e con più attenzione. Così, magari, eviteremo di perderci fra i mille preparativi e i mille impegni, concentrandoci su ciò che è davvero importante per noi e seguendo il percorso più efficace e meno tortuoso per arrivare alle mete che ci siamo prefissate.
Ecco due “ricettine” last minute
1
Mettiamo nel gel disinfettante per le mani 7 gocce di Bush gardenia e 7 di Flannel flower, che ci aiuteranno a mantenere il giusto contatto con gli altri.
2 Se abbiamo bisogno di un sostegno contro lo stress e la stanchezza, potremmo aggiungere alla crema per corpo 7 gocce di Banksia robur, che fornirà il giusto ritmo, e 7 di Macrocarpa che donerà il giusto sprint e la voglia di uscire.

In questo periodo chi può contare su una certa dose di creatività è avvantaggiata: non solo nella scelta dei regali, nella confezione dei pacchetti e nella scrittura dei biglietti di auguri, ma anche nell’allestimento di tavolate e addobbi, nelle preparazione di pranzi e cene, nell’organizzazione di eventi e gite fuori porta. E se inventiva ed estro creativo non fossero tra le nostre qualità? Niente paura: il fiore californiano Iris stimola l’ispirazione e aggiunge un tocco di colore nella nostra vita, aiutandoci a immergerci con maggior luce e fantasia nelle feste di fine anno, godendo appieno gli affetti.
Tendiamo ad avere atteggiamenti troppo rigidi, critici e materialistici, insieme a una visione molto terrena e scientifica di tutto ciò che esiste, incluse le feste? Il fiore californiano Hound’s tongue ci aiuta a recuperare il senso di meraviglia per tutto quello che ci circonda e a lasciarci andare, riattivando la par-
te di noi legata allo stupore e ai sentimenti. Usando Hound’s tongue torneremo a uno stato mentale simile a quello dell’infanzia, ricominciando a vivere il periodo festivo come una fiaba, con un pizzico di magia anziché come un impegno.
Vogliamo vivere un Natale, un Capodanno e un’Epifania più pieni e liberi? Possiamo riempire un nebulizzatore da 50 ml con acqua, 10 gocce di Angelsword (fiore australiano), 10 di Fringed violet e 10 di olio essenziale di ginepro: è una soluzione che ha azione ripulente e rinnovante. Inoltre, ci fa sentire protette e dissolve le apprensioni che potrebbero in qualche modo danneggiarci. Possiamo spruzzarla in casa, ma anche in ufficio, un paio di volte al giorno per vivere festività più serene, anche prima di una cena con amici e parenti. In alternativa, possiamo nebulizzarla sul corpo per sentirci più sciolte.
E per favorire l’armonia familiare, prima del pranzo di Natale o del cenone di Capodanno? Pronti, via: mettiamo 10 gocce di Passion love in un diffusore per ambienti o in una ciotolina riempita con acqua e una candela galleggiante. In alternativa, procuriamoci la versione spray per ambienti e spruzziamola due o tre volte. Questo fiore australiano rende più empatici, amorevoli e “coccolosi”: usandolo, ci si può divertire molto senza punzecchiarsi a vicenda!

Si possono aggiungere una decina di gocce dei rimedi anche nella vasca da bagno
Per lavorare al meglio, il cervello
ha bisogno di una serie di alimenti
che non dovrebbero mai mancare sulla tavola quotidiana. Altri, invece, vanno evitati. Scopriamoli insieme
Come tutti gli organi, anche il nostro cervello può trarre benefici o subire danni da ciò si mangia e, se non gli arrivano i nutrienti necessari a farlo lavorare bene, è anche possibile accusare un temporaneo calo delle facoltà mentali, come perdita di memoria e difficoltà di concentrazione. Ma anche le troppe sostanze dall’effetto negativo, come quelle tossiche, possono minare la funzionalità della nostra mente. Per questo avere una dieta sana, ricca di alcuni cibi specifici e povera di altri, ci può aiutare molto.
NON SONO TUTTI UGUALI
Tanto per cominciare, anche solo per funzionare il cervello ha bisogno di zuccheri. Non è affatto indicato, quindi, eliminare dalla dieta i carboidrati in maniera indiscriminata e senza un programma ben preciso. Questo non significa abbuffarsi di dolci e farine ma mangiarne in dosi adeguate, facendo attenzione alla qualità. La categoria degli zuccheri è ampia: ci sono quelli semplici, come lo zucchero bianco o quello di canna, il miele, il fruttosio o zucchero della frutta, e ci sono i carboidrati della pasta, del pane e delle farine raffinate, che fanno parte degli zuccheri complessi. Entrambe le tipologie possono essere utili all’organismo, ma quantità e abbinamenti dipendono dallo stile di vita di ciascuna di noi. In linea generale, meglio optare per i car-
boidrati complessi e integrali, come cereali in chicchi, pasta, pane e farine non raffinate, perché offrono più nutrienti, entrano nel sangue più lentamente, quindi senza creare eccessivi picchi glicemici, e ci permettono di incamerare energia disponibile più a lungo nel tempo. Tra gli zuccheri semplici, in ogni caso, i migliori sono quelli della frutta, che è anche ricca di fibra e ne rallenta l’assorbimento. Le più sportive di noi, infine, potranno mangiare più spesso il miele, la marmellata o il cioccolato, tenendo presente che questi alimenti apporteranno un picco repentino di energie, sia fisiche sia mentali, ma questo effetto durerà meno.
IPERPROTEICHE
SERVIZIO DI
JUTTA MAIER

Con la consulenza della dottoressa Emanuela Russo, dietista, referente all’Istituto Nazionale Cura dell’Obesità del Gruppo San Donato e responsabile dell’area nutrizionale di Emotifood.
I regimi alimentari chetogenici, ovvero quelli che prevedono di portare in tavola molti cibi proteici e una piccola dose di carboidrati, vanno calibrati e personalizzati da un professionista. Questo tipo di dieta potrebbe sembrare contrario alla salute della mente ma, se seguito nel modo giusto, cioè assumendo solo il 5-10 per cento della quota energetica dai carboidrati e la parte restante dai grassi, può addirittura aumentare la concentrazione e le facoltà cognitive. Come? Sfruttando il meccanismo per il quale, quando il corpo non ha a disposizione gli zuccheri per produrre energia, usa i grassi: da un lato si consumano le scorte di adipe, dall’altro si bruciano più calorie per trasformare i grassi in energia.
Pistacchi e frutta secca in genere sono ottimi per fare scorta di minerali e altri elementi preziosi



Non solo: questo può anche migliorare le facoltà mentali stesse, perché dopo i primi due o tre giorni, durante i quali si potrebbe avvertire stanchezza e spossatezza per il repentino cambiamento nell’alimentazione, ci sentiremo più energiche e concentrate.

Attenzione, però, alla vitamina B perché l’unico problema, in una dieta povera di cereali, potrebbe essere una carenza delle sostanze di cui questi alimenti sono ricchi, soprattutto nella versione integrale, come per l’appunto il gruppo delle vitamine B che sono essenziali per le funzioni cognitive. Tuttavia, non c’è nulla da temere se la dieta è ben bilanciata e si mangiano anche carne e pesce, che ne contengono buone quantità.
I TRE ELEMENTI IMPRESCINDIBILI
Per mantenersi giovane e attivo, il cervello non dovrebbe mai restare a corto di minerali, in primis fosforo, magnesio e potassio. Il fosforo è uno dei minerali più importanti perché, agendo sulle sinapsi, favorisce una buona memoria. Lo troviamo principalmente nel pesce, in particolare quello di piccola taglia come alici e sardine, perché la parte che ne contiene di più sono... le lische. Magnesio e potassio sono essenziali per evitare di disidratarsi e abbassare la pressione san-
COME LE UOVA (IN ALTO) CI SONO CIBI
CHE DA DECENNI SONO CONSIDERATI DANNOSI
MA CHE, AL CONTRARIO, SE PRESI NELLE GIUSTE
QUANTITÀ SI RIVELANO UN TOCCASANA PER IL NOSTRO CORPO
guigna, due condizioni che portano a confusione, lentezza di riflessi e di ragionamento. Per evitare una carenza di questi minerali è necessario bere almeno due litri di acqua ogni giorno, ma anche consumare spesso i cibi che ne contengono quantità maggiori. Il potassio, per esempio, si trova nelle banane, nelle albicocche, nei legumi, nella frutta secca e nei semi oleosi. Il magnesio, invece, è presente nella frutta secca, come mandorle, nocciole e arachidi, nei semi di zucca, nelle banane, nella soia, nell’avocado e nelle melanzane, oltre che nei cereali integrali.
Tutte le sostanze tossiche andrebbero limitate il più possibile, perché il cervello è particolarmente sensibile e, se questi “anti-nutrienti” passano attraverso la membrana encefalica, finiscono per intossicarlo.
Tra queste, vi sono prima di tutto gli alcolici, che per il cervello agiscono come un vero e proprio veleno: abusandone, si finisce per perdere progressivamente memoria e capacità di concentrazione. Per questo motivo, l’ideale sarebbe non superare la dose di un bicchiere di vino al giorno, o al limite a pasto, e limitare alle occasioni speciali liquori, cocktail e digestivi.
Ecco perché pesce, uova e carne non devono mai mancare
Pesce, antinfiammatorio per eccellenza
Il pesce è ricco di acidi grassi insaturi, che hanno il potere di ridurre le infiammazioni e dunque contrastare gli effetti negativi delle sostanze tossiche eventualmente in circolo. Inoltre, come tutte, o quasi, ormai sappiamo, è ricchissimo di fosforo, minerale “amico” della memoria. L’unica accortezza è quella di

scegliere sempre le varietà più piccole, come branzini, orate, rombo, sogliola, acciughe, triglie e nasello. Perché? Tutti i pesci vengono esposti a contaminanti, ma quelli di grossa taglia, che stanno all’apice della catena alimentare e si nutrono di pesci di media taglia che, a loro volta, vivono predando pesci più piccoli, finiscono per accumulare questi metalli pesanti progressivamente di più, ovvero quanti ne accumula l’intera catena alimentare dei predatori.
Uova: a torto vituperate, hanno notevoli virtù depurative
Un’ottima fonte proteica è costituita dalle uova, perché il tuorlo contiene un mix di acidi grassi buoni, tra cui anche gli omega 3, mentre l’albume è molto magro, ma ricchissimo di proteine. Inoltre, sono
ricche di vitamina B, zinco, che ha un ruolo importante nei processi dell’apprendimento, e lo zolfo, che favorisce la disintossicazione e l’eliminazione delle sostanze tossiche.
Carne: mai troppa, ma... insostituibile contro la fatica
Via libera alla carne con l’unica accortezza di non esagerare con quella rossa che, secondo le raccomandazioni dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) non dovrebbe superare i 300 grammi alla settimana. Inoltre, sarebbe meglio alternare vitello, lonza, tacchino e pollo, scegliendo cotture sane, per esempio alla piastra o al forno, e condimenti leggeri. E per insaporire la carne? Erbe aromatiche, spezie, olio extravergine d’oliva e senape a volontà!
Poi vi sono i formaggi: quelli freschi e stagionati dovrebbero essere portati in tavola non più di una o due volte alla settimana, perché contengono alcune sostanze che nelle persone predisposte possono favorire attacchi di mal di testa. Inoltre, a causa della loro abbondanza di sodio, cioè sale, rappresentano un fattore di rischio per la pressione alta, dannosa per l’intero organismo ma soprattutto per i piccoli vasi che portano il sangue al cervello. Infine, tra gli alimenti dannosi ricordiamo i fritti e, soprattutto, il cosiddetto (ma a ragione) cibo-spazzatura, preparato con ingredienti di scarsa qualità, che andrebbe sempre bandito. Ciò non significa non poter mangiare un hamburger o un piatto di verdure fritte ogni tanto: se si cucinano in casa e con ingredienti freschi possono rientrare tra le eccezioni alla dieta. Il vero problema di questi alimenti deriva dal fatto che, se acquistati già pronti o confezionati, possono contenere una lunga serie di additivi per conservarli, renderli più appetibili, migliorarne l’aspetto e la consistenza... Sono soprattutto questi ultimi, uniti a cotture e condimenti sbagliati, a essere tossici per l’organismo.
I CIBI DA NON PERDERE
Ora è il turno degli alimenti che, invece, devono essere sempre presenti nella lista della spesa, per le loro naturali proprietà antinfiammatorie, disintossicanti e contro la fatica in generale. A partire dai principali antiossidanti che, manco a dirlo, si trovano abbondantemente nella frutta e nella verdura. Immancabili in qualsiasi dieta, i vegetali sono fonte di vitamine, sali minerali, fibre e acqua. Praticamente privi di grassi (salvo poche eccezioni), sono ricchi di antiossidanti, che favoriscono il ricambio cellulare e preservano il tessuto cerebrale dall’invecchiamento, mantenendo questo organo più giovane e sano. L’ideale è variare il più possibile il tipo di vegetali, alternando tra quelli dei diversi colori (verdi, bianchi, viola, rossi, arancioni), perché la tonalità delle verdure deriva proprio dai nutrienti che contiene. In questo modo, si introducono nel corpo tutte le vitamine e i sali minerali necessari anche al benessere del cervello. Da non sottovalutare, poi, i grassi buoni contenuti nei semi e nella frutta a guscio come noci, mandorle e nocciole: sono ottimi contro le infiammazioni provocate dalle sostanze tossiche. Inoltre, questi alimenti costituiscono vere e proprie miniere di vitamine e minerali, tra cui potassio, magnesio e fosforo.
Una dieta low carb non guasta mai
Questo esempio di giornata tipo non fa riferimento a una dieta chetogenica, perché quest’ultima andrebbe studiata sulla persona, tuttavia si tratta di una low carb, cioè a basso contenuto di zuccheri e carboidrati, costruita con i cibi più ricchi dei nutrienti che aiutano la mente. Colazione: una tazza di tè verde; pane integrale con semi di lino con un velo di miele. Spuntino: frutti di bosco con mandorle. Pranzo: alici marinate con olio e limone, con riso basmati integrale e insalata mista. Merenda: due albicocche. Cena: filetto di nasello al forno con pomodorini, olive e capperi.

Colazione
▪ Tè verde; yogurt magro bianco con avena integrale, frutta secca e fragole.
▪ Spremuta d’arancia; kefir con semi misti e frutti di bosco.
▪ Tè verde; pane integrale con composta di frutta senza zucchero.
▪ Tè verde; porridge fatto con latte, avena e un po’ di frutta fresca.
Pranzo
▪ Insalata di lenticchie con verdure saltate nel wok o una padella ampia.
▪ Pasta di legumi con sugo di pomodoro fresco e basilico.
▪ Insalata di farro con gamberi e zucchine.
▪ Insalata di quinoa con ricciola cruda, semi di sesamo, edamame e avocado.
Spuntini
▪ Carpaccio di ananas.
▪ Uno yogurt greco bianco con lamponi freschi o altri frutti di bosco.
▪ 20 g di mix di frutta secca e semi.
▪ Due fette di melone.
Cena
▪ Frittata con zucchine e due fette di pane integrale.
▪ Sardine al forno; insalata di cetrioli.
▪ Scaloppine di tacchino al limone; piattoni saltati nel wok con aglio, olio e peperoncino tritato o a rondelle.
▪ Minestrone di verdure tiepido con fagioli e patate a piccoli pezzi.

Con la consulenza della dottoressa Valentina Lucchi, istruttrice Woga in Italia, specializzata nella gestione dello stress attraverso le tecniche di meditazione..
Ideale per favorire la microcircolazione, aumentare l’elasticità e allenare la muscolatura, il water yoga o “woga”, cioè lo yoga in acqua, piace sempre di più, perché non si tratta di un’attività impegnativa o pesante ma adatta a tutti e a tutte le età, una pratica dinamica dal grande effetto rilassante, drenante e tonificante grazie al “massaggio” che l’acqua regala. E, a scanso di equivoci, diciamo subito che non è fondamentale saper nuotare per praticare il woga, tuttavia una buona acquaticità aiuta soprattutto a lasciarsi andare nell’importantissima fase del rilassamento.
ADDIO ALLE
Il woga nasce dalla pratica dello yoga classico in acqua calda. Molte di noi conoscono l’antica disciplina che da secoli accompagna alla scoperta di sé, del proprio corpo e della propria anima, donandoci un benessere reale. Yoga, in lingua sanscrita, significa “unire”, “legare”: attraverso le asana, ovvero le diverse posizioni, e il pranayama, ossia il controllo del respiro, è possibile unire e riconciliare tra loro la parte razionale e quella emotiva, rimettere in equilibrio mente e corpo.
PER CHI È INDICATO
Come accennato, il woga è adatto a tutti e non ha controindicazioni; anzi, è perfetto anche per le non più giovanissime, perché tenendo il corpo nell’acqua il carico articolare è minore, permettendo persino a persone con mobilità ridotta di eseguire posizioni
Perché proprio in acqua?
Il
nostro organismo è composto per la maggior parte proprio di questo elemento. Il contatto con l’acqua, come spiegano alcuni studi neuroscientifici, scioglie le tensioni, rigenera la mente, ci fa percepire il corpo come leggero e favorisce il movimento.
Si chiama “woga” ed è un bel modo per unire i benefici della disciplina orientale a quelli degli esercizi in piscina
che a terra risulterebbero difficili. Come se non bastasse, il woga allevia i fastidi articolari dell’età, come artriti e reumatismi. Infine, è particolarmente adatto durante la gravidanza: il peso in acqua risulta ridotto e il massaggio idrico migliora la circolazione e il trasporto d’ossigeno al feto.
DOVE SI PRATICA
I corsi woga sono attivi in Svizzera e in diversi Paesi, come Francia, Russia, Portogallo, Stati Uniti. Navigando sul web non è difficile trovare insegnanti e centri presso cui praticarlo. I prezzi delle lezioni cambiano se decideremo di farlo in gruppo o singolarmente. Per ottenere benefici significativi, si consiglia un ciclo di almeno dieci lezioni con frequenza settimanale. Galleggianti, cavigliere, candele per la meditazione e un idoneo accompagnamento musicale sono di norma forniti dall’insegnante e, con sicurezza, dal centro.
COME SI PRATICA
La lezione di woga, che dura dai 45 ai 60 minuti, si pratica da soli o a piccoli gruppi in piscina, in silenzio o con sottofondo musicale, sotto la guida di un trainer che deve essere in possesso di certificazione Itc-Woga. Gli esercizi si svolgono in piedi con l’acqua a 33°C che arriva all’altezza del seno, oppure in galleggiamento con l’ausilio di appositi galleggianti. Durante i primi 5-10 minuti si praticano esercizi di respirazione per preparare mente e corpo allo stretchting, che verrà eseguito tramite determinate asana, ossia posizioni yoga. Si passa, poi, a un lavoro di movimenti in acqua per l’armonizzazione del corpo, seguiti da alcuni esercizi di eutonia, ovvero movimenti di distensione. Si termina con 10-15 minuti di relax e meditazione attiva. Meditando in immersione (di solito) sentiremo il corpo più lieve, leggero, senza dover lottare contro la forza di gravità e i dolori dovuti a posizioni che, fuori dall’acqua, potrebbero essere ben più faticose.

LA SEDIA
Per tonificare spalle e gambe
Inspirando, unire i piedi e mettersi in posizione eretta, con braccia ben distese verso l’alto e i palmi delle mani che spingono uno verso l’altro. Contrarre i glutei e gli addominali ed, espirando, piegare le gambe mantenendo le ginocchia unite. Respirare lentamente, mantenendo la posizione per almeno 30 o 40 secondi.
Che effetti ha
La “sedia” allunga i muscoli e i legamenti della colonna vertebrale, riposiziona correttamente le vertebre e determina un maggior afflusso di sangue in tutto il corpo. La maggior ossigenazione attiva un effetto detox e riequilibra l’attività delle ghiandole endocrine e delle surrenali deputate a produrre adrenalina e cortisolo. La conseguenza è ridurre lo stress e avvertire un generale relax. Inoltre, si tratta di un esercizio indicato per chi tende a tenere le spalle contratte e alzate verso le orecchie provocando tensioni al muscolo trapezio, cioè quello che dalla regione della nuca si espande fino alla radice del collo.

2IL TRIANGOLO
Per sciogliere le articolazioni
Posizionarsi a gambe divaricate con i piedi paralleli, le braccia aperte all’altezza delle spalle con palmi rivolti verso il basso. Inspirando, portare il braccio destro in alto ed, espirando, far scivolare la mano sinistra lungo la parte esterna della coscia (cercando di rilassare entrambe). Se si avverte tensione o contrazione muscolare, fermarsi e lasciare le braccia e le mani libere per almeno 30 secondi. Ritornare poi lentamente alla posizione e ripetere dall’altro lato.
Che effetti ha Il “triangolo” favorisce il flusso circolatorio dalla vita in giù. Se accompagnato da una corretta respirazione diaframmatica, la posizione sollecita stomaco e intestino, favorendo i meccanismi digestivi. Non solo: questa posizione rende più elastiche e mobili le articolazioni delle ginocchia, della caviglia e la flessibilità delle anche. Riducendo le contrazioni dei muscoli delle cosce e del bacino, può anche alleviare il mal di schiena.
L’ALBERO
Per distendere la colonna
Con le braccia distese verso l’alto, le gambe divaricate e tutte le dita intrecciate tranne gli indici, che puntano verso il cielo, fare una torsione verso destra e poi verso sinistra per 10 volte. Inspirando, fermarsi a destra 20 secondi e trattenere il fiato. Allungare le dita verso l’alto per favorire la distensione della colonna vertebrale. Espirare e ripetere l’esercizio verso sinistra.
Che effetti ha
Oltre a produrre allungamento e stiramento della colonna, la posizione libera i nervi del tratto cervicale, area in cui si localizzano molte tensioni. Consente un riposizionamento corretto delle vertebre, con conseguente diminuzione della tensione muscolare. L’esercizio è particolarmente indicato per chi lavora in ufficio e trascorre molte ore davanti al computer chinato sulla tastiera. Questa postura, altera la curva fisiologica della colonna; inoltre il peso della testa costantemente allungata in avanti crea disagi ai muscoli e ai legamenti del collo.

Per riattivare il ritmo respiratorio
Con le gambe divaricate e le mani sui fianchi, compiere una torsione verso destra e poi verso sinistra per 5 volte. Dopo, ripetere per altre 3 volte: inspirando, fermarsi a destra e a sinistra 6 o 7 secondi trattenendo il fiato.
Che effetti ha
Questa posizione riequilibra la postura delle scapole e delle vertebre toraciche, sempre compresse dalle scomode posizioni alla scrivania: aprendo la cassa toracica, si favorisce il ritmo respiratorio. Alcuni centri woga negli Stati Uniti consigliano la posizione della vite a chi soffre di Bpco (broncopneumopatia cronico-ostruttiva, che si manifesta con difficoltà respiratoria, fiato corto, senso di costrizione al torace) perché migliora la capacità polmonare.

La plastica ha dato la possibilità di creare arredi e oggetti fuori dagli schemi e ricercati tuttora
Un decennio in bilico tra crisi, anticonformismo e nuove tecnologie. I ruggenti, seppur controversi, anni Settanta del secolo scorso si aprono con due eventi simbolici per la cultura popolare del tempo: l’ultimo LP dei Beatles, Let it be , e il fallimento della missione Apollo 13 segnano la fine della spensieratezza del precedente decennio. Nel campo dello sviluppo tecnologico, i nuovi materiali plastici, come il poliuretano, rendono possibile realizzare arredi dalle linee sinuose e dalle consistenze morbide. La palette cromatica si arricchisce di tonalità accese e vibranti, combinate in geometrie fantasiose o in contrasto tra di loro, oppure con tinte smorzate. L’oggetto d’arredo - o corredonon è più fisso, monolitico e sganciato dallo spazio che abita, ma è dinamico, modulare, capace di cambiare forma e funzione. Se amiamo questo decennio o ne sentiamo la nostalgia, possiamo anche oggi, che è di gran moda, arredare la casa con alcuni dei pezzi iconici del tempo, cercandoli nei mercati di alto livello o scegliendoli fra quelli ancora in produzione, per il piacere nostro o, perché no, per regalarli a chi vogliamo. In queste pagine ne analizziamo alcuni.
Partiamo da un pezzo ironico, frivolo, coloratissimo… forse all’apice del design radicale del tempo, fatto per stimolare critiche e dibattito e presentato a Milano presso la Terza edizione di Eurodomus nel primo anno della decade: parliamo dello specchio-lampada Ultrafragola. Disegnato da Ettore Sottsass per Poltronova, evoca una chioma femminile ondulata, l’atmosfera dei camerini di un teatro di varietà o di un set cinematografico, la seduzione e il sex appeal di una prima donna. Capace di specchiare l’intera figura umana, la sua imponenza contrasta con la femminilità della forma e del colore: è alto 195 centimetri e ha una cornice in Petg opalino termoformato illuminata da luci a Led. Certo, non è un pezzo d’arredamento adatto a tutte le case ma è un’opera che ha segnato un’epoca, esposta niente di meno che al MoMa di New York.
Come non citare, ancora in ambito “radical” e dello stesso 1970, il divano in poliuretano Bocca, del torinese Studio65, prodotto da Gufram? Dalle linee e dal colore sensuali, proprio come lo specchio di Sottsass, queste labbra turgide e rosse sono un simbolo della bellezza femminile di allora e di oggi. Divano a due posti, ideale per una chiacchierata intima, è un pezzo d’arredo da interpretare con spirito giocoso e leggero. Bocca è perfetto per tanti ambienti e spiccherebbe in modo gradevolissimo in un soggiorno dalle linee minimaliste.


Innovativo anticonformismo
by Nanda Vigo
Rimanendo in tema di sedute innovative e anticonformiste, dobbiamo per forza citare, dell’anno successivo a Bocca, la poltrona Due Più di Nanda Vigo. Se il tema del tubolare d’acciaio è sacro al design a partire dalla poltroncina Wassily del 1925 dell’insegnante della Bauhaus, Marcel Breuer, ispirata ai manubri delle biciclette, la milanese Vigo lo reinterpreta in modo eccentrico ed enigmatico. Fa sorreggere, ai tubi d’acciaio, due rulli di poliuretano separati e ricoperti di pelliccia che fungono da seduta e da schienale. Nel tempo, le tipologie di pelliccie sono cambiate ma nel 2023 Acerbis, che produsse la poltrona già al suo primo apparire nel 1971, ne ha fatto un’edizione con pelliccia recuperata dagli scarti dell’industria alimentare per rendere questo capolavoro compatibile con le istanze etiche contemporanee.


Senza la luce che lo avvolge e lo rivela, nessun arredo emergerebbe nella sua bellezza. Ecco allora, in materia di lampade, un’idea semplice da abbinare a qualsiasi stile di arredamento: la lampada Atollo di Vico Magistretti, realizzata nel 1977 per l’azienda Oluce. Un cilindro sostiene un cono che sorregge a sua volta una semisfera creando così una purissima composizione geometrica e rivoluzionando completamente l’essenza dell’abat-jour, che si spoglia così dei tessuti classici e di ogni fronzolo. Vincitrice del Premio Compasso d’Oro nel 1979, Atollo fu realizzata in differenti misure e colori con l’uso di due materiali: alluminio laccato e vetro opalino.
Gli
anni Settanta hanno anche un’anima trasformista, con mobili che scompaiono o assumono forme e funzioni diverse come il tavolino Platone Folding Desk del 1971. Disegnato da Giancarlo Piretti per Anonima Castelli, fu presentato Il 26 maggio 1972 al MoMa di New York nell’ambito della mostra: “Italy, the new domestic landscape”. A fronte di appartamenti sempre più piccoli Piretti disegna Platone, una scrivania pratica e pieghevole per studiare e lavorare e da ripiegare e mettere via quando si ha finito. Ideale anche da trasportare, ha un perno a tre dischi che gli consente di aprirsi e chiudersi e che era già stato utilizzato dall’architetto bolognese per Plia, la sedia pieghevole in plastica trasparente e acciaito del 1967, uno dei pezzi storici del design italiano.


Con “lei” Sapper e Alessi vinsero il Compasso d’Oro
Ese avessimo voglia di regalarci - o di regalarequalcosa di piccolo e maneggevole, che ci trasporti negli anni Settanta anche attraverso il profumo e il gusto? Potremmo acquistare una Caffettiera 9090 che il designer tedesco Richard Sapper, milanese d’adozione, progettò per Alessi e che vinse il Compasso d’Oro nel 1979. In acciaio inossidabile, prodotta attraverso una tecnologia già in essere da Alessi, cioè lo stampaggio a freddo dell’acciaio, la caffettiera è ancora in produzione ed è dotata di fondo magnetico per la cottura a induzione. Fu innovativa per la chiusura a leva che consente di aprirla e chiuderla con un semplice gesto di una mano esercitando sul manico una pressione decisa, invece che avvitarla e svitarla con due, e per il manico in metallo che non si scioglieva e non andava cambiato. Proposta in quattro formati da 1, 3, 6, o 10 tazze identificata rispettivamente dal nome 9090/1, 9090/3, 9090/6 e 9090/M. Sicurissima, contrariamente alle caffettiere coeve che esplodevano se utilizzate male, la 9090 appare lievemente bicroma perchè il manico è più scuro e opaco. Per svegliarsi come in una mattina di cinquant’anni fa con il rumore e l’aroma che amiamo di più e il calore della bevanda che ci accarezza nel pieno dell’inverno.


Un bilocale di soli 43 metri quadrati, arredato come “campione” di un grande progetto di riqualificazione a Milano. Non solo una vantaggiosa formula d’investimento, ma anche spunti “salvaspazio” utili in qualsiasi casa
PLA ZONA LIVING
CON PANNELLO DORIQUE
DI NOËL & MARQUET, ILLUMINAZIONE
FLOS, CALORIFERO
CALEIDO, DIVANO
FAMILY BEDDING E PAVIMENTO IN PARQUET
LISTONE GIORDANO, TAVOLO E SEDIE KAVE
HOME, MOBILE TV DEL BRAND CINQUANTA3 (GRUPPO BATTISTELLA).
OVVIAMENTE, LO SPECCHIO CHE
CHIUDE IL PANNELLO
DELL’ARMADIATURA A SCOMPARSA È SEMPRE
UN TOCCASANA PER DARE UN’IMPRESSIONE
DI AVERE PIÙ SPAZIO NEI
LOCALI MOLTO PICCOLI
rima di approfondire arredi e design, che certo possono fornire interessanti spunti per una piccola casa, ma anche per appartamenti più grandi, parliamo del progetto che presentiamo e delle sue peculiarità. Si tratta di uno dei primi esempi a Milano d’investimento vantaggioso attraverso un veicolo di cartolarizzazione immobiliare che consiste nell’acquisto da parte di una società (nel caso specifico Redbrick Investment Group) di un edificio cielo-terra, con l’obiettivo di eseguirne i lavori di riqualificazione completa di parti comuni e facciate e, successivamente, vendere le unità abitative ad acquirenti che, scaduti i contratti di locazione in essere, dopo la ristrutturazione vorranno affittare nuovamente l’appartamento o decideranno di tenerlo come punto d’appoggio o piccola abitazione, per un figlio o per ogni evenienza. Ebbene, seguendo questo tipo di approccio, Redbrick Investment Group ha acquisito, in Via Giovanni da Milano - nella zona di Piazzale Susa del capoluogo meneghino, quartiere che ha visto un recente rinnovamento con il rifacimento di parchi, viabilità e l’entrata in funzione della nuovissima linea metropolitana M4 - un edificio di circa 5mila metri quadri costruito negli anni Sessanta, sette piani fuori terra, composto da più di sessanta unità residenziali e da due spazi retail, che non verrà demolito bensì rifatto in tutte le parti comuni e le facciate, con un sensibile miglioramento delle performance energetiche dell’edificio, grazie alla collaborazione dello Studio BE.ST. di Milano.

NEL BAGNO, COLLEZIONE MY TIME DI IDEAGROUP COLOR PORPORA, ABBINATO A TOP AQUAGEL PORPORA E SPECCHIERA LAP RETROILLUMINATA

La scelta del partner di Redbrick Investment Group per i servizi di interior e illuminotecnica nel progetto residenziale, ancora in corso di ristrutturazione, è caduta su Contract District Group, che con il suo modello di business ha cambiato il paradigma del mercato immobiliare residenziale integrando la
filiera del design system con l’industria del real estate, offrendo così l’opportunità di un servizio integrato “Interior Design & Build” che garantisce efficientamento nei tempi della ristrutturazione, convenienza economica e gestionale, oltre che un apprezzamento della rendita e dell’asset in sé, grazie ai migliori marchi del design e alla professionalità e affidabilità di una solida struttura organizzativa. In particolare, Contract District Group si avvale della collaborazione, per la parte legata alla ristrutturazione, del partner Come Nuova, che offre un innovativo modello di ristrutturazioni residenziali in Italia teso a un servizio semplificato. Con un approccio “design & build”, Contract District Group è in grado di certificare sin dal principio un costo della ristrutturazione comprensivo degli arredi fissi accompagnando il cliente nella fase della progettazione e della scelta finale dei prodotti di interior e illuminazione secondo una scalabilità di brand, costi e soluzioni praticamente infinite. Anche per questo è già possibile visitare l’appartamento bilocale campione di 43 mq ristrutturato grazie al nuovo approccio integrato “Design & Build”. Per l’allestimento degli interni del bilocale “campione” sono stati scelti i seguenti brand partner: Veneta Cucine, Falmec, Idea Group, Listone Giordano, Cesana, Florim, Gessi, Resstende, Clei, Noël & Marquet, Cinquantatre, Flos, Kave Home, Flaminia; mentre per lavori di ristrutturazione la scelta è caduta su Grizzetti RE Solutions.
LA MENTE DEL PROGETTO
«Questo approccio integrato “design & build” legato alla ristrutturazione, apre un nuovo scenario permettendo in tempi brevi di consegnare un appartamento arredato secondo le esigenze dell’acquirente con un’offerta verticale di brand partner tra i migliori del Made In Italy, garantiti da una struttura organizzativa affidabile, finanziariamente solida e capace di seguire il cliente in ogni passo», commenta Lorenzo Pascucci, founder e Ceo di Contract District Group, che aggiunge: «Grazie all’ampiezza di offerta di brand e marchi, stiamo progettando soluzioni di interior e luci in cui gli appartamenti abbiano un forte valore identitario nel pieno rispetto del budget dei clienti, che aiuti a renderli più attrattivi e confortevoli per il conduttore e più profittevoli per chi cerca di massimizzarne la reddittività».
PARTICOLARE DELLE ARMADIATURE A SCOMPARSA DI CINQUANTA3
NEI DETTAGLI, BIGFOOT®️ LAURA DI PROTEKDESIGN ®️, IL MODULO RIPOSTIGLIO DEL SISTEMA BREVETTATO DI ARREDO A SCOMPARSA
ARTICOLO DI ILLUMINAZIONE DI MARTINELLI LUCE





ll pannello da parete Dorique arricchisce gli interni con un gioco di luce e ombra
Ecco un approccio decorativo capace di dialogare con le esigenze del living contemporaneo, valorizzando gli ambienti con un’estetica sofisticata che unisce design, funzionalità e identità stilistica. Si tratta del pannello da parete Dorique, opera del designer belga Bertrand Lejoly, una raffinata reinterpretazione in chiave contemporanea delle colonne scanalate dell’architettura classica. Con le sue linee verticali essenziali e il suggestivo gioco di luce e ombra che ne scaturisce, Dorique trasforma la parete longitudinale dell’area giorno in modo discreto, ma deciso, sublimato dalla tonalità azzurro acciaio, una scelta cromatica che dona carattere e minimale raffinatezza agli interni. Questo elemento di design conferisce all’ambiente una forte identità visiva, combinando estetica e funzionalità, e si integra perfettamente con la filosofia di Contract District Group, che punta a valorizzare gli immobili attraverso soluzioni d’arredo di alta qualità. L’adozione di Dorique nel bilocale pilota del progetto Contract District Group testimonia la capacità dell’azienda belga Noël & Marquet, specializzata in elementi decorativi, contribuisce a dialogare con le nuove esigenze del mercato immobiliare, offrendo soluzioni che coniugano artigianalità, innovazione e stile contemporaneo, definendo nuovi standard nel settore della ristrutturazione “ready to rent” e portando design e qualità nei progetti di rigenerazione urbana.

Una dimora da sogno, realizzata sopra a uno storico edificio di Roma, offre l’occasione per trarre intessanti ispirazioni

Signore e signori, ecco il vero lusso! Una casa da sogno - e dei sogni - questa Villa sul Palazzo. La villa-superattico è quella “reinventata” dal famoso architetto e designer spagnolo Ramón Esteve insieme al suo staff. Il nome del palazzo è Villa Carrega, in via Carrega appunto, edificio costruito nel 1912 dall’ingegner Giovanni Battista Milani come alloggio per il principe Carrega nella città di Roma. Nel 1955 la villa venne ampliata per ospitare “La Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù”, una comunità di suore che trasformò la sala da ballo dell’antico palazzo in “La cappella delle Ancelle del Sacro Cuore”. Anni fa, l’antico monastero ha smesso di ospitare uno spazio religioso per diventare residenziale. Ed ecco anche la nostra Villa sul Palazzo, roba da fuori di testa… o, forse, da emiri.
DALL’INTERNO… L’ESTERNO
Affacciato sulla Valle del Tevere, l’edificio apre una delle sue facciate verso il Vaticano e il suo “cupolone”. La posizione della villa, nella parte alta di Roma, permette di ammirare uno dei migliori panorami sulla capitale. Le numerose aperture creano un rapporto diretto con l’esterno, consentendo visuali uniche della Città Eterna anche dalle sale principali. Questo rapporto è rafforzato dalla presenza della terrazza centrale, da dove si domina tutto senza, però, essere visti.
Negli interni, gli spazi contemporanei generati con materiali presenti in città si coniugano in perfetta armonia con gli arredi classici. E il valore di questa relazione è rafforzato dalla disposizione scultorea di questi pezzi, che provengono da collezioni di antiquariato. Gli ambienti principali sono definiti dagli arredi. Le grandi lampade rettangolari in ottone, realizzate appositamente per questa dimora, delimitano le diverse aree dal piano del tetto. L’architettura preesistente coesiste con nuovi programmi. Il colonnato, caratteristico dell’architettura neoclassica, ospita
NEL SALONE: TAVOLO ONYX MARBLE, DISEGNO RAMON ESTEVE; SEDIE COLETTE BAXTER; CREDENZA CALACATTA GOLD MARBLE, DISEGNO RAMÓN ESTEVE; ILLUMINAZIONE Q3 LIGHT DI ITALIAN BAXTER, TAVOLO DA CAFFÈ ELLIOTT COFEE TABLE DI MINOTTI. JUAN USLÉ PICTURE




attualmente una piscina riscaldata, mentre la torre ospita una fantastica - e assai romantica - area relax. Il nucleo di comunicazione verticale è concepito come un elemento scultoreo. L’ascensore, realizzato su misura, ricorda un orologio che consente la visione degli ingranaggi, in questo caso dei macchinari. La scala si sviluppa tutto attorno, illuminando l’ambiente con la luce indiretta proveniente dai gradini di vetro.
MATERIALI A CONTRASTO
La Villa sul Palazzo rispetta fedelmente l’immagine dell’antico edificio, mostrando l’ambiente circostante con la materialità autoctona, in pratica con i materiali tipici del
Travertino romano, marmo Calacatta e ottone formano un perfetto connubio
LE PISCINE SONO
DUE: UNA PRATICAMENTE
INTERNA CON VETRATA
PANORAMICA (SOTTO), L’ALTRA ESTERNA SUL
GRANDE TERRAZZO
luogo: il travertino romano, il marmo Calacatta e l’ottone. Questi materiali sono inseriti e abbinati in tutti gli spazi esterni, non solo come rivestimento ma anche come elemento di arredo: le fontane, le piscine, il barbecue, il camino... Si crea così un contrasto tra la caratteristica finitura rustica del travertino e la sensualità e delicatezza del Calacatta degli interni. I materiali impiegati si presentano al naturale, coesistendo e combinandosi tra loro

nelle diverse stanze. Calacatta, rovere, vetro specchiato e ottone si abbinano in forme armoniose, ottenendo un risultato caldo e singolare. La tonalità caramellata, caratteristica del Calacatta oro, è esaltata dalla presenza del colore dorato, conferito non solo dall’ottone, ma anche dal riflesso dei vetri, conferendo alla dimora un’atmosfera quasi festosa.
Seguendo i canoni della città, la Villa sul Palazzo è completata dal suono dell’acqua e dalla presenza della vegetazione. Sono state progettate due fontane disposte simmetricamente, che completano il patio centrale per minimizzare il brusio della città. La vegeta-

CUCINA BULTHAUP
B3 CON RUBINETTERIE
DORNBRACHT. IL TAVOLO, E I TOP, IN MARMO
CALACATTA COME
IL PAVIMENTO, SONO
REALIZZATI SU DISEGNO
DELL’ARCHITETTO
SPAGNOLO ESTEVE
zione è ospitata da vasi di travertino collocati lungo i perimetri delle terrazze, formando così una cornice che si fonde con le chiome dei pini della Città Eterna. Sulla terrazza principale, i limoni sono disposti al centro come elementi individuali che contribuiscono a distribuire lo spazio insieme al camino. Il fuoco, che troviamo sia all’interno sia all’esterno della dimora, è presentato come elemento complementare che chiude le zone giorno, valorizzando gli spazi di incontro. La Villa sul Palazzo è completata dalla realizzazione di un giardino al piano più alto, un elemento che si integra con l’ambiente circostante conferendo alla dimora anche tratti “eco-green” piuttosto insoliti in città.








Parliamo di un grande nome dell’architettura e del design a livello mondiale, lo spagnolo (nato a Valencia nel 1964) Ramón Esteve e il team del suo RE Studio, tra cui l’architetto Luigi Lauri con l’assistenza di María Martí e Carla Arrabito, oltre alla collaborazione di Nacho Poveda, Isabel Meyer e altri nomi importanti del design. Costruttore, Ecofim. E il perché Esteve scelga di circondarsi, o “allevare”, personaggi dalle basi solidissime ce lo spiega lui stesso: «Il talento non sta nel saper progettare bene, ma nel creare un team in grado di farlo con la stessa qualità. Questo è ciò che ti permette di affrontare più incarichi, sapendo che otterrai risultati». Il famoso architetto e designer spagnolo, poi, esprime le sue idee sul lavoro che fa: «Concepisco il mio mestiere come una ricerca costante di essenza, chiarezza e armonia. Ogni progetto è un ecosistema completo, creato su misura per il cliente con empatia e sensibilità. Spazi che interagiscono con il contesto urbano o naturale, integrando ordine, semplicità e contemporaneità». E nel Ramón Esteve Studio, il design è inteso come un processo creativo in grado di offrire soluzioni innovative e funzionali in ogni progetto. Dal design di prodotto a quello di arredo, ogni pezzo bilancia utilità ed estetica, dando forma a un linguaggio senza tempo che rafforza l’identità e l’esperienza dell’utente finale.

VUSUALI OUTDOOR. IN ALTO, TUTTI GLI ARREDI ESTERNI DELLA PREZIOSA DIMORA APPARTENGONO ALLA CASILDA COLECTION, DISEGNATA PROPRIO DA RAMÓN ESTEVE PER IL PRESTIGIOSO MARCHIO TALENTI. CON TALI PREMESSE, LA COLLEZIONE CASILDA DI TALENTI CI HA MESSO POCO A DIVENTARE UN MUST DEL DESIGN PER ESTERNI A LIVELLO MONDIALE. ARMONICO DIALOGO TRA GEOMETRIE RAZIONALI E LUCI CALDE, TRA TESSUTI AVVOLGENTI E COLORI NEUTRI. LA COLLEZIONE CASILDA RIPROPONE I GRAFISMI PIÙ ICONICI DEL GENIALE DESIGNER ESTEVE, TROVANDO UN EQUILIBRIO PERFETTO DELLE LINEE E DEI MATERIALI. È COSÌ CHE NASCE UN VERO “INSTANT CLASSIC”! NELLE ALTRE IMMAGINI, LA TORRE, LA PISCINA ESTERNA E IL VASCONE, CON VISTA CUPOLONE, RECUPERATO DALLA PRECEDENTE STRUTTURA

POSTI ALLE DUE ESTREMITÀ DELL’ISOLA BELLA, IL PALAZZO BORROMEO E IL TEATRO MASSIMO SEMBRANO CONTRAPPORSI O BILANCIARSI, A SECONDA DI COME LA SI INTERPRETI. IL PRIMO CON IL SUO CROMATISMO NERO E BIANCO CHE FA DA CONTRAPPUNTO AI MILLE COLORI DI PIANTE E FIORI, IL SECONDO CON I SUOI TETTI IN COTTO ROSSO



Un breve tour virtuale in giardini tra i più ammirati al mondo, che riaprono alle visite il prossimo 15 marzo. Per trarre ispirazione e, soprattutto, programmare per tempo un weekend nel vicino Lago Maggiore, così da ammirare il tutto con i propri occhi. E, magari, riportare qualche idea nel proprio giardino
Incastonate nel blu del Lago Maggiore, le due isole giardino di proprietà della nobile famiglia Borromeo sono da secoli scrigni di meraviglia, figlie dell’unione tra creatività umana e bellezza della natura. Hanno due personalità completamente diverse: stile barocco italiano, con geometrie precise e tante opere d’arte come fontane, vasi, obelischi e statue il giardino dell’Isola Bella, di gusto inglese e assai più naturale e selvatico quello dell’Isola Madre. I Borromeo acquistarono quest’ultima, la più estesa, nel 1501 insieme a qualche terreno sull’Isola Bella - all’epoca Isola di San Vittore –-che diventerà proprietà esclusiva della famiglia circa un secolo dopo con Carlo III Borromeo. Fu lui a cambiarle nome in Isola Bella nel 1632, in onore della donna che aveva sposato vent’anni prima, Isabella d’Adda. Al tempo era solo uno scoglio brullo abitato da pescatori; nel giro di due secoli divenne uno dei gioielli paesaggistici, architettonici e botanici più affascinanti al mondo, tappa imperdibile del Grand Tour dei giovani dell’alta società nel Setteccento e nell’Ottocento e tuttora meta di turisti da tutto il mondo.
Iniziamo il nostro tour dall’Isola Bella, con i suoi giardini barocchi all’italiana voluti da Carlo III Borromeo tra il 1631 e il 1634 su progetto dell’architetto Giovanni Angelo Crivelli. L’impressione formale pensata per l’isola doveva essere quella di un vascello grazie a un giardino a dieci terrazze digradanti e sovrapposte, realizzate portando molta terra dalle sponde del lago in modo da coprire il suolo roccioso che costituiva l’isola. Fulcro del giardino sono, entrambi progettati nel Seicento, il Teatro Massimo, posto a Sud, e il Palazzo Borromeo con il molo a Nord. I giardini furono terminati da Vitaliano IX Borromeo che, nel 1819, mise a dimora il famoso albero della canfora (Cinnamomum camphora), uno dei più grandi esemplari d’Europa che si contende il primato di albero più ammirato del giardino con
l’imponente tasso, potato a piramide e già apprezzato da Napoleone Bonaparte durante il suo soggiorno sull’isola nel 1797. Vitaliano VI Borromeo, figlio di Carlo III, volle anche arricchire il giardino attraverso la realizzazione di sei fantasiose grotte artificiali ispirate all’ambiente marino e realizzate con ciottoli, stucchi, marmi e schegge di tufo.
“Per quanto fantastica e meravigliosa possa essere ed è l’Isola Bella, è tuttavia bellissima”.
charles dickens
TEATRO MASSIMO I SUOI TERRAZZAMENTI, LE SCALINATE E LE SUE STATUE: IN CIMA, L’UNICORNO SPICCA PER DIMENSIONI E FATTEZZE
L’imponente Teatro Massimo non è un teatro ma un moumneto ad anfitetatro, un incavo semicircolare inframezzato da colonne e nicchie con statue e quattro obelischi. Le statue sono state realizzate tra il 1667 e il 1677 da Carlo Simonetta, lo scultore che scolpì anche quella che svetta sopra tutte: l’unicorno

LE ESSENZE
DELL’ISOLA BELLA SONO
DISPOSTE ALL’ITALIANA,
CIOÈ SECONDO SCHEMI
GEOMETRICI PRECISI.
ALCUNE SONO FRUTTO
DEL LAVORO DI ARTISTI
TOPIARI, CHE POTANO
IL VERDE A SIMILITUDINE
DI OPERE ARTISTICHE
O ARCHITETTONICHE
impennato con un amorino simboleggiante l’onore, simbolo araldico dei Borromeo. Le dieci terrazze fiorite del giardino formano una piramide tronca, la più alta delle quali, a 37 metri sul livello del lago, offre una vista straordinaria. Venendo alle essenze floreali e arboree, incantano i visitatori il parterre delle azalee, le spalliere di agrumi tra i quali pompelmi, limoni e cedri come il Maxima che può arrivare a pesare 3 chili, le rose, le camelie, le

“spettinato” e clima mediterraneo
“Il luogo più voluttuoso che io abbia mai visto”, scrisse Gustave Flaubert nel 1845 dopo la visita all’Isola Madre “dove la natura incanta di mille seduzioni strane e ci si sente in uno stato sensuale e delizioso”. Con otto ettari di parco romantico all’inglese ci accoglie l’isola più grande dell’arcipelago del Lago Maggiore, un lussureggiante giardino botanico di proprietà della famiglia Borromeo dal 1501 quando Lancillotto Borromeo l’acquistò. Al tempo si chiamava Isola di San Vittore, poi, dal 1520 al 1563, per via matrimoniale passò alla famiglia Trivulzio per tornare a Renato Borromeo che la battezzò in quell’anno Isola Renata e diede impulso alla costruzione del palazzo con la chiamata nel 1580 dell’archi-
fucsie, l’ibisco, il corniolo, il bosso, le magnolie (la subtropicale Discaria) e la monumentale sughera di duecento anni. Tutto il complesso dell’Isola, palazzo e giardino, fu completato da Vitaliano X nel 1892. Il Palazzo ospitò nel 1935 la conferenza di Stresa durante la quale tre nazioni, ovvero, Italia, Francia e Regno Unito, stipularono un’alleanza di breve durata per far fronte alle mire espansionistiche della Germania di Adolf Hitler.

tetto Pellegrino Pellegrini detto il Tibaldi, uomo di fiducia di San Carlo Borromeo. È lui che dà l’aspetto tardocinquecentesco che ancora vediamo al palazzo. I giardini sono opera dell’architetto Filippo Cagnola, che nel 1710 li progettò ma all’inizio dell’Ottocento il nuovo gusto romantico scelse la ricerca del

sublime: mantenne l’impostazione generale del Cagnola ma diede al luogo suggestioni romantiche e volutamente disordinate e naturali. È il microclima mite ad aver permesso a rarità botaniche subtropicali che Vitaliano IX fece arrivare un po’ da tutto il mondo di acclimatarsi. Tra tutte le storie di questi “viaggi botanici” ricordiamo il cartoccio di semi che arrivò dal Tibet nel 1862: “Li faccia piantare subito: sono di una specie di cipresso del Kashmir che sarà propizia per i boschi del Lago Maggiore”, scriveva il botanico William Pentland al Borromeo nella lettera di accompagnamento. Ora questi semi sono diventati un gigante di 25 metri di altezza dal fogliame verde-azzurro che sorge davanti al palazzo con un tronco di quasi 8 metri di diametro. Si tratta del più antico e grande esemplare di questa pianta presente in Europa, oltre che il simbolo dell’Isola Madre. Ed è diventato ancora più prezioso dopo che, sradicato da una tromba d’aria nell’estate del 2006, è stato salvato grazie a un elabo-
“È il luogo più voluttuoso
che abbia mai visto al mondo”. gustave flaubert
rato intervento di alta ingegneria botanica. Ma l’esotismo dell’Isola Madre non si ferma qui: suggestiva la presenza della Protea, fiore preistorico nazionale del Sudafrica, e di una vasca di ninfee blu tropicali. E non sono solo le piante ad avere un aspetto suggestivo: incanta vedere muoversi tra i colori splendenti i fiabeschi pavoni bianchi che circolano liberi insieme ai fagiani dorati e a varie specie di pappagalli. La prima pianta a fiorire a fine inverno, inebriando l’atmosfera del suo profumo, è già nel grigio febbraio, è la Daphne Bholua, detta anche pianta della carta nepalese, un arbusto elegante con fiori bianchi sfumati di rosa raccolti in grappoli. Una meraviglia nella meraviglia.
ISOLA MADRE: QUI COME SULL’ISOLA BELLA, LE PALME HANNO GRANDE SPAZIO. TIPICHE DELLA FLORA TROPICALE E SUBTROPICALE, CONSTANO DI QUATTROMILA SPECIE. TRA QUESTE, IN LOMBARDIA, ANCHE SULLE SPONDE DEI LAGHI, LA PIÙ DIFFUSA È LA TRACHYCARPUS FORTUNE






ORTENSIE, ROSE, CAMELIE E AZALEE, BELLEZZE PRIMAVERILI...
OLTRE ALLA CAMELIA INVERNALE CHE REGALA I SUOI COLORI ANCHE NELLA STAGIONE PIÙ FREDDA. CHE SPICCHINO TRA I CESPUGLI, SU SPALLIERE O A CASCATA, QUESTI QUATTRO FIORI REGALANO UN TRIPUDIO DI BELLEZZA E DI PROFUMO. ACCANTO, IL FAMOSO ALBERO DELLA CANFORA (CINNAMOMUM CAMPHORA)

PATRIA DI GRANDI CANI, LA SVIZZERA! GRANDI NELLA TAGLIA E, SOPRATTUTTO, NEL CUORE: DAL SAN BERNARDO, SIMBOLO DI TERRITORIO E DI TRADIZIONI, AL BOVARO DEL BERNESE. SOTTO, IL KOMONDOR CHE, PUR NON ESSENDO SVIZZERO, NE RICORDA L’ASPETTO E LE TRADIZIONI. ANCHE QUESTO NON È MOLTO ADATTO IN CITTÀ...
SERVIZIO DI RICCARDO ZAGO

Con la consulenza
di Andrea Comini, educatore cinofilo specializzato in comportamento presso il Centro Nuvole Rosse di Pandino (Crema). nuvoleinfo@gmail.com

I soliti Chihuahua e Yorkshire da grembo o addirittura borsetta? I soliti Labrador per mettere d’accordo tutta la famiglia? Basta, andiamo alla scoperta di razze alternative, magari meno diffuse ma di grande impatto!
Non c’è niente da fare, non ci sono più i grandi classici come il Pastore tedesco, al decimo posto nelle attuali classifiche e usato più che altro dai corpi di Polizia, né cani tipicamente svizzeri come il Bovaro del Bernese e suoi simili che riescano a “tenere”. Da anni, nella nostra Svizzera, il primo posto in base a vendite e iscrizioni se lo battono testa a testa, con piccoli sorpassi di anno in anno, il “solito” Labrador retriever (oltre 25mila esemplari nel 2025), forse il più diffuso al mondo per le sue eclettiche doti di “cane da famiglia” e, indovinate un po’, il cane “da borsetta” per eccellenza, ovvero il Chihuahua, con oltre 25mila esemplari nell’anno che si conclude.
SEMPRE PIÙ “MINI”
Nelle nostre case, cosa non certo scontata, ci sono anche tantissimi meticci, i cosiddetti “bastardini”, ma la tendenza negli ultimi anni è che siano di taglia sempre più piccola, da divano o da borsetta anche loro, tendenza non certo smentita tra quelli completi del pedigree, come per lo Yorkshire, i Bassotti, gli Spitz nani e tanti altri che, ormai, la selezione da parte degli allevatori tende a miniaturizzare sempre più, forse per accontentare le esigenze, quelle pratiche, di chi vive in città oppure per venire incontro a quelle, estetiche e un po’ effimere, di influencer e personaggi simili.
TENDENZE UN PO’ SNOB
A parte che, se si prende con sé un cane, sarebbe bene prima di tutto amarlo per ciò che è,
ma se proprio ne vogliamo uno prestigioso, capace di attirare attenzione e di buon carattere al tempo stesso, perché ricalcare le orme degli altri? Perché, in base alla taglia, non scegliere razze un po’ più fuori dalla norma e dalle righe, estremamente simpatiche e originali ma ugualmente obbedienti e in grado di suscitare la curiosità e l’attenzione di amici e parenti? Un tratto distintivo, insomma, di loro stessi e, soprattutto, della nostra personalità, della nostra immagine. E razze poco note ma davvero spassose, al di là delle classifiche, non mancano di certo! In queste pagine ne pro-
poniamo tre: un cane imponente, elegantissimo e prestigioso come l’Alano; uno piccolo ma assai vivace e spassoso come l’Épagneul Nano Continentale in versione Papillon; infine, ma non ultimo, un grande taglia rarissimo, caratterizzato da un mantello intrecciato che non passerà inosservato.
libertà...

Parente stretto del Cavalier King Charles Spaniel, l’Épagneul Nano Continentale discende dagli stessi piccoli Spaniel che, fin dal tardo Medioevo, popolavano le corti europee. Erano i cani prediletti delle dame e dei principi, spesso ritratti accoccolati su cuscini o in grembo a figure regali nei dipinti di Tiziano, Rubens e Van Dyck. Erano un simbolo di eleganza e di affetto raffinato, un’estensione vivente dello stile di vita aristocratico dell’epoca. Nel corso dei secoli, la selezione di questi piccoli Spaniel ha dato origine a due varietà distinte: la Phalène, con orecchie pendenti come nei progenitori, e la Papillon, caratterizzata dalle orecchie erette e ben aperte, simili ad ali di farfalla (papillon, in francese). L’immagine delle due grandi orecchie simmetriche, ornate
di frange setose e in continuo movimento, è diventata il tratto distintivo della razza. Oggi la varietà Papillon è la più richiesta. Ha corpo compatto e proporzionato, coda a pennacchio portata con naturale eleganza, occhi grandi e scuri che esprimono una curiosità vivace e gentile. Il mantello, lungo, fine e setoso, scende in onde leggere nei classici colori bianco e nero, bianco e rosso, bianco e zibellino o tricolore, sempre con il bianco predominante. Il movimento è leggero, quasi danzante, segno di una costruzione armoniosa e di un temperamento allegro. Ma dietro la grazia si cela un carattere sorprendentemente brillante: questo è un piccolo amico agile e intelligente, che impara in fretta, ed è molto legato al suo proprietario, con cui stabilisce una comunicazione costante.

Un capolavoro, ma non in città
Razza dall’aspetto davvero particolare, colpisce immediatamente per via del suo fitto mantello bianco che lo ricopre totalmente, tanto che quando si sdraia ricorda un tappeto. Il mantello è formato da lunghe trecce che scendono fino a sfiorare il suolo. Si tratta di una sorta di “armatura” che protegge dal freddo gelido della pianura ungherese nell’inverno, dal caldo estivo, dalla pioggia e dai morsi dei predatori. E sì, perché il Komondor è un cane da protezione del bestiame. Le radici della razza risalgono a oltre mille anni fa, quando i Cumani, pastori nomadi giunti in Ungheria dalle steppe tra il Don e il Mar Nero, portarono con sé questi grandi cani bianchi, allora chiamati Quomandor. Per secoli il Komondor è rimasto confinato alla vita pastorale, selezionato per funzionalità e carattere. Questo isolamento ha permesso di conservare quasi intatte le caratteristiche originarie relative a morfologia, temperamento e mentalità. È un cane riflessivo ma con grande autonomia decisionale: osserva, analizza e poi sceglie se e come agire. Con la sua famiglia sviluppa un legame profondo. È protettivo e affettuoso ma mai “dipendente”. Ovviamente, è molto territoriale e questo significa che non è adatto a chi vive in ambiente urbano. La cura del mantello richiede impegno: nei primi mesi è soffice e lanoso, poi pelo di copertura e sottopelo iniziano a intrecciarsi e formano le “corde”. Queste ultime non vanno pettinate né spazzolate ma separate una per una a mano per permettere alla pelle di respirare.
Immenso per statura ma anche per capacità di amare, ecco un gigante buono dalle linee degne di una scultura di Michelangelo. Ammirare un Alano da vicino è un’esperienza che non lascia mai indifferenti: spesso definito “Apollo dei cani” per le sue linee eleganti, impressiona per la mole e per l’aura di maestosità che emana. Ma averlo accanto significa scoprire un amico che ricerca il costante contatto con il partner umano e che non disdegna le comodità di casa, anzi! Dolce, sempre bisognoso d’affetto, sensibile, affidabile, vivace e giocherellone soprattutto da giovane, buon guardiano ma senza eccessi: ecco le qualità che lo descrivono meglio e che ne fanno un partner ideale per chi ama i cani di taglia super. E scopriremo anche che, pur di restarci accanto, riesce a farsi piccolo piccolo e ad adattarsi agli spazi di casa. La razza discende da antichi cani da guerra e da caccia grossa giunti in Germania al seguito di invasori asiatici, gli Alaunt, alleati degli Unni. Colpiti dalla potenza e dall’efficacia di questi cagnoni, i popoli germanici li adottarono e, nei secoli, perfezionarono la razza soprattutto per la caccia grossa, a cervi e cinghiali in particolare. Oggi però parliamo di un cane diverso dal progenitore: affettuoso e devoto, paziente e affidabile, ha un forte bisogno di sentirsi amato e rassicurato sulla sua accettazione in famiglia. Poi, quando serve, sa anche essere protettivo e la sua mole, unita all’abbaio tonante, scoraggia chiunque abbia cattive intenzioni.




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