Ticino Management: Dicembre 2025

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Tutelare il Tempo

L’Arte è nelle complicazioni

AZIENDE

Sale la febbre dell’oro, alti standard di sostenibilità

IMMOBILIARE

Domanda esclusiva? L’offerta si conferma decisiva

REGALI

La magia di un rito antico: il valore della sorpresa

OUTLOOK 2026

Opportunità Emergenti, portafogli vincenti

DESIGN

Tra Italia e Giappone il legno si anima di futuro

COWORKING

Flessibilità di decentrare: il collegamento è nello spazio

MASERATI GRANTURISMO FOLGORE

THE OTHERS JUST TRAVEL

Società Editrice

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Responsabile editoriale Federico Introzzi · fintrozzi@eidosmedia.ch

Redazione

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Mirta Francesconi · mfrancesconi@eidosmedia.ch

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Emanuele Pizzatti · epizzatti@eidosmedia.ch

Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch

Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch

Hanno collaborato a questo numero Ettore Accenti, Marco Ancora, Alessandro Beggio, Marco Betocchi, Ignazio Bonoli, Caterina Dahlmann, Maria De Pascale, Marco Martino, Philippe Obrist, Simone Oltolina, Frank Pagano, Stelio Pesciallo, Rocco Rigozzi, Adriano A. Sala, Reto Schmid, Mattia Scolaro, Luca Trisconi, Andrea Ziswiler Progetto e coordinamento grafico Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch

Coordinamento Produzione

Roberto Musitano · rmusitano@eidosmedia.ch

Pubblicità

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Agenzia esterna

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Chiusura redazionale: 3 dicembre 2025

Editoriale

Orologieri del Tempo

Montblanc

Great Character

Homage to Queen

Limited Edition 8

la Svizzera, dopo gli eventi di marzo 2023, si ritrova oggi custode dell’unica grande tradizione giunta intatta fino al presente. Tradizione che affonda le proprie radici in secoli di maestria artigiana, e che del tempo ha saputo fare Arte. Solo nell’Orologeria innovazione e tradizione si assemblano in incredibili complicazioni, cuore pulsante di capolavori, espressione di una sapienza che deve essere tramandata. Del resto, e non è banale, l’innovazione di oggi è la tradizione di domani, al pari della tradizione di oggi che a sua volta è stata innovazione di un lontano ieri.

L’essenza di ogni cosa è sempre e solo il Tempo. Tutto è nato dall’esigenza di calcolarlo, moltiplicarlo, dividerlo; è così che il misurarlo si è elevato ad arte. Quest’anno si festeggia il quarto di millennio di uno dei prìncipi della tradizione, Breguet, nato ben 131,4 milioni di minuti fa, ancor prima della Rivoluzione francese, di Napoleone e di quegli eventi che hanno plasmato l’Europa moderna. È giunta l’ora di fare un passo ulteriore e, quel Tempo leggerlo, comprenderlo, ma soprattutto investirlo; non più limitandosi a gestirlo.

Soprattutto in un territorio che in tema di Gestione a lungo ha vantato un’altra illustre tradizione, quella patrimoniale, uscita tutt’altro che indenne dall’onta del 19 marzo 2023. Credit Suisse ormai è storia, e la finanza ne reca lo stigma. In quell’Europa che è stato un continente di titani, la culla dove tutto è nato. Oggi è l’ombra di sé stessa, anziana, disorientata, intimorita; una regione di amministratori, abili nel gestire le ricchezze del passato, incapaci di investirle per garantirsi un rinnovato futuro.

È da troppo che ci si limita a leggerlo, il Tempo. Si deve tornare a comprenderlo e scriverlo. Interpretare lo spirito della propria epoca è uno degli esercizi più complicati, ma necessari per fare la storia. Come Augusto nel I secolo rifondò Roma dall’essenza, così oggi l’Europa, per costruire il futuro, dovrebbe attingere alla sua tradizione. Esattamente come insegnano gli orologieri, i banchieri del Tempo.

Il design celebra i re del rock e si ispira a un leggendario abito di scena indossato dal frontman Freddie Mercury.

Cover story

Come si relaziona l’industria orologiera svizzera con le sfide di oggi e domani? E la Swissness?

Eureka

La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.

Cultura

I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.

CZAPEK & CIE

The Time Jumper

Per celebrare il decimo anniversario della rinascita della Maison, Czapek compie un salto nel futuro con il Time Jumper, animato dal nuovo calibro di manifattura Calibro 10. Una reinterpretazione in chiave contemporanea del tradizionale guillochage decora la forma futuristica della cassa in acciaio da 40,5 mm, mentre il coperchio “half-hunter” gioca a nascondino con l’indicazione dell’ora e con il movimento scheletrato che la anima.

Opinionisti

Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.

Finanza

Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.

Eventi

La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.

Economia

Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.

Osservatorio

La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.

Speciali

La sezione dedicata a tutti gli Speciali degli ultimi mesi.

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La tradizione è il Tempo

L’industria orologiera elvetica si trova nel mezzo di una delicata transizione. Innovare è la soluzione, a patto di farlo non solo a livello di prodotto, dialogando con le nuove generazioni. La chiave rimane però tutelare la plurisecolare tradizione.

Opinioni

12 Ettore Accenti. Inutili timori, facili tentazione. L’Ia è arrivata, che la si usi bene!

14 Luca Trisconi. Modifiche al Codice delle obbligazioni in ambito immobiliare.

16 Stelio Pesciallo. Il Risk monitoring di Finma? Utile, ma non troppo.

18 Ignazio Bonoli. Se servono i manager per cavare dagli impicci commerciale un intero Paese: una strana storia.

20 Andrea Ziswiler. Prestare alle aziende in difficoltà sì, e volentieri, ma poi che succede ai creditori?

22 Adriano A. Sala. Le relazioni virtuose che reggono il mercato dell’arte passano da artisti e galleristi.

24 Diliana Deltheva. Mercati emergenti che passione.

26 Simone Oltolina (in foto). Il ritorno al supporto fisico e cartaceo è ormai un trend, cosa ne sarà del digitale?

Economia

42 Svizzera-Europa. Le verità dietro al meccanismo di composizione delle controversie con Bruxelles.

43 Aziende. Il procurement quale leva strategica competitiva.

50 Immobiliare. Il mattone svizzero è tornato a correre, ma sta prezzando correttamente i nuovi rischi?

58 Immobiliare. La figura del direttore dei lavori e le sue funzioni.

Da sinistra, David Pantillon, General Manager Svizzera di Audemars Piguet; Sandrine Donguy, Innovation Director di Vacheron Constantin; Oliver Müller, fondatore di LuxeConsult; e Federico Ziviani, Ceo di Gerald Charles.

L’Outlook

100 Scenari . Pur al netto di qualche rischio è opportuno rimanere costruttivi.

102 Scenari. Il crepuscolo della Fed cosa potrebbe riservare nei prossimi mesi?

104 Bond (Sergio Tarazona, in foto). Bene gli Emergenti, ottime le prospettive.

106 Asia. La lunga parabola dello yen potrebbe volgere al termine? Se sì, come ci si dovrebbe attrezzare?

107 Scenari. Presto o tardi i nodi vengono al pettine; e nel 2026 diversi megatrend potrebbero dare rispos

107 Scenari. Innovazione, geopolitica, oltre a politiche monetarie e fiscali stanno ridefinendo molti equilibri

112 Scenari. Ha davvero senso pensare a un Outlook?

114 Materie prime Novità, tra licenze e ambiente.

115 Azionario. Correzioni possibili, ma contenute.

Speciale Coworking

63 Arbed Smart Center. Abbinare business, benessere e funzionalità.

65 Coworking Locarno. Flessibilità e concentrazione per cogliere con fiducia nuove opportunità.

66 Coworkingbar.ch. Luoghi unici come scenari di lavoro rigeneranti.

67 The Co. Un modello innovativo di gestione digitale avanzata.

68 Veco Business Service. Da 35 anni, il riferimento a Lugano.

69 The Hub Manno. Uno spazio di connessione dinamico e stimolante.

Eureka

70 L’imprenditore. Il successo della miniaturizzazione dei dolci.

72 Media. Non solo intrattentimento, ma anche indotto per il territorio: la produzione di una serie televisiva.

Metalli preziosi

Come può tenere il passo con la corsa dei metalli preziosi chi è leader nella loro trasformazione in barre e lingotti da investimento? A sua volta investendo, in automazione, sicurezza e tracciabilità. A lato, Simone Knobloch, Coo di Valcambi.

p. 44

Proprietà esclusive

Quali proprietà fanno della Svizzera la ‘casa’ preferita dai contribuenti più facoltosi? Un identikit di acquirenti, venditori e location dove si concentra la ricchezza, anche in Ticino.

A lato, Quentin Epinay, fondatore e Ceo di FGP Swiss & Alps.

Oltre i confini del design p. 84

La tradizione manifatturiera italiana dell’azienda di famiglia Alpi unita all’essenzialità giapponese dello studio di design nendo: insieme per un progetto che valorizza un materiale antico, il legno, ponte tra passato e futuro. A lato, da sinistra, Oki Sato e Vittorio Alpi.

76 Studenti. Imposta minima sulle multinazionali, ma i paperoni?

78 Tech. Una start up italiana insegue il sogno di Wall Street.

79 Marketing. Come tornare a lavorare in modo più consapevole?

80 Marketing. Il ritorno di fiamma del fisico trova le sue origini nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.

82 Marketing. Il contenuto può essere il centro del successo? Cambiare è possibile, ma con accortezza.

Speciale Coworking da p. 60

La crescente diffusione degli spazi di coworking intercetta una domanda espressione del cambiamento di strategie aziendali, modelli di lavoro e di vita, offrendo flessibilità e connessioni reali. Un’opportunità anche per l’immobiliare di ripensarsi.

Coworking

Tempo di Regali p. 88

Il rito del dono si trasforma: da attestazione di spesa diventa veicolo di significato; dalla logica dell’accumulo si torna alla logica della qualità. Una 'Guida' per dare valore alle sorprese. In foto, Audemars Piguet, Royal Oak Perpetual Calendar.

Outlook 2026 p. 99

In termini finanziari, va delineandosi un quadro rassicurante per i prossimi mesi. Di grandi sorprese non dovrebbero verificarsene, pur restando aperta la ‘stagione dei cigni’. A lato, Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia.

Finanza

94 Analisi. Come si stanno muovendo le aziende esportatrici svizzere?

96 Previdenza. L’attività d’investimento non cessa al pensionamento.

109 Scenari Diversificare, a tutto campo: geografia, settori, valute, asset.

110 Immobiliare. Promesse svizzere.

111 Strategie. In questo scenario qual è il ruolo degli asset reali?

Cultura&Lifestyle

116 Orologi. L’orologeria nell’obiettivo di Leica: precisione e bellezza.

120 Mostre. Picasso e Raetz.

122 Pagine. I novant’anni dell’Osi.

126 Curve iconiche La Ferrari 308.

10 Ceo Confidential

124 Appuntamenti

128 Auto

... in un LAMPO

Una concatenazione di dieci news per decriptare l’attualità. C’è molto tech, ovviamente, e molta umanità. È imperativo rimanere aggiornati e ‘sul pezzo’, ma anche riuscire a cogliere i segnali deboli, quelli che rimangono sottotraccia in mezzo a ‘tanto rumore’. Non solo per proteggere aziende e marchi dai rischi di oggi ma anche per anticipare i trend di domani.

Un anno di crescita Tasso di crescita anche a novembre. Nonostante i diversi shock, alcuni dei quali auto-inflitti. Il Pil Usa è a +2,1% vs. Ly (come in ottobre); il Pil Ue a +1,3% rispetto al 2024; la Germania torna in positivo. Inflazione sotto controllo, tranne in Paesi come Turchia e Argentina. Borse positive nei mercati G7, con crescita a due cifre su base Ytd rispetto al ‘24. Tassi di interesse (obbligazioni decennali) sempre alti: Usa 4,1%, Ue 2,6% (stabili).Tagli e ottimizzazioni per spesa pubblica delle principali economie: enfasi su industrie strategiche e distribuzione della ricchezza non omogenea. Un aspetto da monitorare per il 2026.

Un trilione di grazie

Il CdA di Tesla, azienda di auto e mobilità di Elon Musk, ha approvato un pacchetto da 1 trilione di dollari per il suo fondatore. Ci sono Kpi molto stringenti che Musk dovrà raggiungere nei prossimi 10 anni, affinché il piano di stock option venga interamente maturato, ma la decisione di Tesla solleva dubbi sul trattamento da superstar riservato ai magnati della tecnologia, e sui principi di giustizia interna in azienda. Si spera resti un’eccezione.Affinché valutazioni aziendali e retribuzioni dei top manager restino umane e sane.

Un finale proprio svizzero C`è accordo tra Svizzera e Liechtenstein e Usa: dazi di importazione ridotti dal 39 al 15% verso gli Usa. La Svizzera ricambierà con dazi più bassi su una selezione di prodotti americani, oltre a un piano di investimenti diretti negli Usa per circa 200 miliardi di dollari in 3 anni. Una boccata d’ossigeno per i produttori e le industrie chiave svizzeri.Certo, non esistono concessioni gratis, e nemmeno neutrali. Ad oggi, 15 è meno di 39.

Bolla AI o no?

OpenAi, la più grande e famosa start-up Ai al mondo, ha raggiunto una valutazione di 500 miliardi di dollari in ottobre, raccogliendo nuovi fondi da SoftBank e Thrive Capital. Nvidia ha superato per un attimo i 5 trilioni di dollari di valutazione in ottobre. I numeri continuano a salire. Le aziende Ai hanno raccolto almeno la metà di tutti i fondi Vc del 2025. Tuttavia, Michael Burry, l’investitore protagonista del libro e del film The Big Short, ha preso una posizione contraria – una put option – al fenomeno Ai, creando fermento e discussione tra gli investitori. È una bolla o no?

Al lavoro

Amazon ha annunciato il licenziamento di circa 30mila persone in ottobre. Nel 2025, oltre 200mila persone sono state colpite nell’industria del tech. La maggior parte delle decisioni è guidata dai promessi benefici di agenti Ai e dagli sviluppi della Ai fisica, volti a migliorare catene di approvvigionamento e logistica. Ad esempio, il business retail di Amazon potrebbe finalmente diventare fonte di profitto per l’azienda. L’impatto è maggiore sulle posizioni junior che sulle senior. Le nuove generazioni sembrano più a rischio, anche se è ancora presto per dirlo.

Questo è mio

L’Alta Corte inglese ha dato ragione a Stability AI, start-up britannica nota per l’applicazione Stable Diffusion (testo-immagine),nella battaglia legale contro Getty Images. Getty l’accusava di aver utilizzato le sue immagini per addestrare il modello Stable Diffusion. Questo risultato è preoccupante, perché apre la porta all’uso della proprietà intellettuale altrui. I Ceo dovrebbe mappare e proteggere ciò che è di proprietà, prima che i modelli lo “rubino” con orgoglio.

Guerre stellari

La società spaziale di Jeff Bezos, Blue Origin, ha lanciato una missione Nasa su Marte dopo due precedenti tentativi abbandonati. A novembre ha fatto atterrare un booster – una parte di un razzo –della sua New Glenn sulla Terra, eguagliando un risultato finora raggiunto solo dalla SpaceX di Elon Musk. La guerra tra giganti tech si sposta da questo pianeta a Marte e all’universo. I grandi investimenti iniziano a dare un ritorno economico, anche nella grande e lunga corsa allo spazio.

Lavorare da casa I medici di Scozia e Usa hanno completato quello che è considerato il primo intervento al mondo di trombectomia per ictus (rimozione di coaguli di sangue dopo un ictus), utilizzando un robot da remoto. Il professor Grunwald, dell’Università di Dundee in Scozia l’ha eseguito su un cadavere umano. Qualche ora dopo, il professor Hanel, neurochirurgo in Florida, ha utilizzato la stessa tecnologia per realizzare il primo intervento chirurgico transatlantico da Jacksonville, su un corpo umano a Dundee, a oltre 4mila miglia (6.400 km) di distanza. Chiamatelo smart working. Sì, si può fare.

Cambiamenti al vertice

Continuano le voci di un cambio al vertice di Apple, che dovrebbe avvenire all’inizio del prossimo anno. Stiamo parlando del successore di Tim Cook. Yann LeCun, capo dell’Ai di Meta, si dice stia lasciando l’azienda per fondare una propria start-up. Il 2026 vedrà molti cambiamenti di leadership. L’Ai corre veloce, e ai vertici servono le persone giuste. Il turnover aumenterà di sicuro. Il progresso tecnologico mette sotto pressione sia i top manager sia i dipendenti delle aziende tech.

Un errore umano, molto rischioso

Dimissioni dei due massimi dirigenti della Bbc, il direttore generale Tim Davie e la Ceo delle news Deborah Turness, dopo la fuga di un memo interno: rivelava la manipolazione di Bbc del montaggio di un discorso del presidente Donald Trump, per far sembrare che avesse incoraggiato alla violenza il 6 gennaio 2021. Nell’era dei contenuti generati da Ai, gli umani dovrebbero controllare senza aggiungere nulla ad allucinazioni ed errori delle macchine. Soprattutto nei media, settore già a rischio chiusura. Bbc non vuole risarcire Trump. Gli Usa chiedono.

opinioni / l’esperto di tecnologia

Intelligenza! Oggi e domani

Ci si dovrebbe concentrare sul come utilizzare meglio e più consapevolmente l’Ia in qualità di potente strumento per fare qualcosa, senza cadere in sterili e irrealistiche fobie.

Supermercati dell’Ia

Le diverse tipologie di Intelligenze attualmente disponibili

Tipo di IA Produttore Caratteristiche Utilizzo

ChatGpt OpenAI Linguistica, multimodalità

Scrittura, analisi, coding

Gemini Google IntegraGoogleecosistema Produttività, ricerca documenti

Claude Anthropic Sicurezza elevata Analisi complesse con lunghi testi

Grog Meta Elevata velocità Elaborazioni rapide

Copilot Microsoft IntegraOfficeWindows/ Produttività e coding

Dall-E OpenAI Genera immagini Creatività Design

Affrontare il tema dell’Intelligenza Artificiale richiede una breve contestualizzazione, soprattutto per i lettori più giovani. L’argomento è diventato di interesse pubblico soltanto nell’ultima decade, ma il termine ‘intelligenza artificiale’ nasce nel 1956, durante una conferenza organizzata al Dartmouth College negli Stati Uniti. In quell’occasione, cinque pionieri dell’informatica, John McCarthy (Dartmouth College), Marvin Minsky (Mit), Nathaniel Rochester (Ibm) e Claude Shannon (Bell Telephone), decisero di usare tale espressione per definire ciò che, in sostanza, era semplicemente l’estensione logica dell’elaborazione automatica allora realizzata con computer a valvole.

Seguo questi sviluppi da decenni, anche scrivendo articoli e libri, e oggi noto come il termine stesso generi inquietudine nel grande pubblico, quasi si trattasse di una tecnologia destinata a sostituire o superare la mente umana. E pensare che a Dartmouth ci si riferiva a calcolatori a valvole, prevedendo, con eccessivo ottimismo, che

in dieci anni avrebbero superato l’intelligenza dell’uomo, intelligenza di cui ancora oggi si comprende ben poco.

Lo smartphone, quello sempre a portata di mano, dispone di una potenza di calcolo miliardi di volte superiore ai computer dell’epoca, eppure nessuno pensa che questi dispositivi siano i ‘più intelligenti’. Per questo, quando uno studente mi chiede se davvero l’Ia sia destinata a dominarci come molti scrivono, rispondo sempre con un esempio semplice: se due secoli fa l’inventore del motore lo avesse chiamato “muscolo artificiale”, penseresti che sia superiore all’uomo? Da un punto di vista della forza, certamente sì: con i motori si va persino su Marte e la loro potenza è immensamente superiore ai muscoli; eppure, siamo noi a governarli come dovremo governare anche lo ‘strumento’ intelligenza artificiale.

L’Ia, infatti, non è altro che potenza di calcolo applicata a problemi specifici. Una comune calcolatrice è cento volte più veloce delle persone nel risolvere semplici operazioni aritmetiche, ma questo non

Ettore Accenti, esperto di tecnologia.

Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK.

A lato, i principali strumenti di Ia divisi nelle quattro grandi famiglie in cui si articola al momento il settore.

rende l’essere umano ‘inferiore’. La differenza fondamentale tra motori e informatica sta nella dinamica del progresso: la meccanica cresce in modo lineare, l’elettronica in modo esponenziale. I chip di silicio seguono ancora oggi l’osservazione formulata da Gordon Moore nel 1965: la loro complessità raddoppia ogni due anni. Dai pochi transistor degli anni Sessanta si è arrivati a decine di miliardi per chip oggi, e la traiettoria non accenna a fermarsi.

Chiarito questo quadro, si può esaminare lo stato dell’arte dell’intelligenza artificiale, le diverse tipologie oggi disponibili e soprattutto come scegliere e utilizzare consapevolmente tali strumenti, che si articolano in quattro grandi famiglie.

Modelli generativi multimodali, come ChatGpt, Gemini e Claude, sono in grado di elaborare testo, immagini, codice e dati multimediali e offrono enorme versatilità, pur restando essenzialmente sistemi statistici, privi di intenzionalità.

Modelli linguistici specializzati, adattati a domini professionali come il coding, la consulenza legale o la gestione aziendale, forniscono supporto in scenari definiti.

Le Ia analitiche e predittive, impiegate in finanza, industria e ricerca, non generano contenuti ma estraggono pattern utili e dunque anticipano tendenze.

I sistemi autonomi integrati, robot industriali, veicoli autonomi, dispositivi domestici intelligenti che applicano algoritmi di decisione in tempo reale per

interagire con l’ambiente.

Tutte queste Ia condividono alcune caratteristiche: sono straordinariamente veloci, elaborano quantità di informazioni irraggiungibili per un uomo, ma richiedono supervisione e un uso consapevole. Il futuro dell’Ia. Le intelligenze artificiali moderne funzionano grazie a un’infrastruttura computazionale colossale. I grandi modelli linguistici e multimodali richiedono potenze di calcolo dell’ordine dei petaFlop (la misura della potenza di calcolo, dove un petaFlop corrisponde a un milione di miliardi di operazioni matematiche in virgola mobile al secondo).

Per confronto un moderno smartphone opera con una potenza intorno ai dieci miliardi di petaFlop e il più potente computer a valvole dell’epoca dei creatori dell’intelligenza artificiale (1956) operava con potenze di calcolo dell’ordine delle decine di migliaia di operazioni al secondo. Queste enormi potenze di calcolo, per il loro addestramento e funzionamento, richiedono consumi energetici equivalenti a quelli di intere aree urbane. Per offrire un singolo servizio all’utente finale, come rispondere a una domanda o generare

un’immagine, vengono attivati migliaia di processori ottimizzati, Gpu e acceleratori specializzati. È un livello di complessità e intensità computazionale senza precedenti nella storia dell’informatica.

Questa crescita esplosiva è stata resa possibile dall’evoluzione costante dei chip di silicio, dovuta alla menzionata legge di Moore e per i prossimi anni si prevede che

«Le intelligenze artificiali moderne funzionano grazie a un’infrastruttura computazionale colossale. I grandi modelli linguistici e multimodali richiedono potenze di petaFlop»

accanto alla legge di Moore si svilupperà una nuova curva evolutiva dovuta al calcolo quantistico soggetta a una legge che prevede accelerazione ancora più ripida, poiché il numero di qubit utili e la loro coerenza aumentano di generazione in generazione. Si sta assistendo alla nuova legge quantistica, detta legge di Niven, secondo cui la capacità computazionale

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di un computer quantistico raddoppierà in tempi molto inferiori ai due anni.

L’Ia del futuro sarà quindi alimentata da tre forze convergenti: miniaturizzazione e specializzazione dei chip tradizionali, l’adozione di architetture ibride silicio-reti neurali e l’arrivo del calcolo quantistico con capacità oggi impensabili. L’Ia in futuro. Se l’Intelligenza Artificiale attuale appare già straordinaria, la sua evoluzione nei prossimi dieci anni sarà determinata da un salto di potenza computazionale senza precedenti, capace di ridefinire ciò che si considera possibile sia nel mondo digitale sia nella ricerca scientifica. È importante tenere presente che ciò che oggi sembra ‘magico’ è, in realtà, il risultato di una crescita matematica e inesorabile della tecnologia, e che ci si trova soltanto all’inizio di una nuova fase dell’evoluzione del calcolo.

In ogni caso, il valore dell’Ia non risiede nell’‘intelligenza’, bensì nella capacità che offre all’utente di amplificare le proprie competenze. Usarle significa imparare a governare uno strumento potente, esattamente come si fa quando si impara a guidare un’automobile o un’astronave.

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Più tutelati dai vizi edilizi

Le modifiche al Codice delle obbligazioni relative ai difetti d’opera rafforzeranno la tutela di committenti e acquirenti di immobili, portando a 60 giorni il termine della notifica e rendendo non escludibile il diritto alla riparazione gratuita.

Il primo gennaio 2026 entreranno in vigore diverse modifiche sostanziali del Codice delle obbligazioni e del Codice civile, che rafforzeranno notevolmente i diritti di garanzia previsti in materia di contratto di appalto, specie nel settore della costruzione. L’obiettivo è offrire in futuro una migliore tutela legale a committenti e acquirenti.

Nella sua versione attuale, l’articolo 370 cpv. 3 del Codice delle obbligazioni, recita che, ove eventuali difetti a un’opera si manifestassero soltanto dopo il collaudo, dovrà esserne dato avviso non appena scoperti. In caso contrario, si ritiene approvata. Nella prassi, la norma si è ben presto rivelata inadeguata al settore della costruzione, sebbene la giurisprudenza del Tribunale federale abbia perlomeno concesso al committente alcuni giorni di tempo per segnalare i difetti al contraente. La novella legislativa prevede sostanzialmente cinque novità.

Anzitutto, in futuro il diritto di riparazione gratuita dei difetti assumerà carattere vincolante nei contratti di costruzione e, nel caso di nuove edificazioni e immobili con età inferiore ai due anni, non sarà ammesso escluderlo in sede di pattuizione contrattuale.

In secondo luogo, i difetti verificati nell’ambito di un contratto concluso dopo il 31.12.2025, siano immediatamente riscontrabili o invece occulti, dovranno essere segnalati per iscritto al più tardi entro 60 giorni dalla scoperta, ritenuto il termine ultimo di prescrizione di cinque anni. L’esercizio del diritto di reclamo entro 60 giorni è vincolato alle stesse condizioni dell’obbligo di notifica immediata, ovvero: un esposto sufficientemente concreto dei fatti e l’avvenuta ricezione del reclamo presso la controparte responsabile.

La nuova regola non sarà però assoluta. Il primo caso di applicazione del termine di denuncia di 60 giorni riguarda i contratti d’appalto riferiti soltanto a opere immobiliari, non a opere mobili. Siamo di fronte a opere immobiliari quando esiste un collegamento fisso (diretto o indiretto) con il suolo. Ogni committente di un’opera immobiliare può avvalersi del termine di denuncia più lungo, incluso l’appaltatore principale nei confronti del subappaltatore. Il secondo caso si applica invece alle opere mobili destinate all’inserimento in un immobile. Quando invece un difetto dell’opera mobile non riconoscibile né al momento della consegna né durante una verifica regolare, si manifesta solo dopo che è stata integrata nell’opera immobiliare secondo la sua destinazione, causando un difetto della stessa, allora si applica il termine di denuncia di 60 giorni. Se invece il difetto nascosto dell’opera mobile viene scoperto prima dell’integrazione, sarà necessaria la denuncia immediata secondo l’art. 367 cpv. 1 CO, che non è stato modificato.

Nonostante la revisione, resta immutata la responsabilità individuale demandata al committente per ulteriori danni che avrebbero potuto essere evitati con l’immediata eliminazione del difetto. L’obbligo di mitigazione del danno impone, in tali circostanze, una denuncia più rapida per rispetto ai 60 giorni dalla scoperta.

In terzo luogo, la riforma stabilisce che il termine legale di prescrizione per i reclami dei difetti dell’opera di cinque anni assuma carattere vincolante, senza la possibilità di derogarvi mediante contratto a scapito del committente.

Interessante che il nuovo diritto esten-

Luca Trisconi, avvocato e notaio, partner dello studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.

da le stesse regole ai contratti di acquisto immobiliare con obbligo di costruire. Nella pratica ciò interessa in particolare i modelli di contratto di appalto generale. Ai sensi dell’articolo 219a cpv. 2 nCO, anche gli acquirenti di fondi in cui si trovano nuove costruzioni o su cui sono state realizzate costruzioni a meno di due anni dalla vendita potranno far valere i diritti alla riparazione: anche a loro spetterà il diritto inalienabile di pretendere migliorie in caso di difetti e il periodo di reclamo non potrà essere ridotto a scapito del committente.

Per terminare, le nuove disposizioni legali prevedono che, qualora venga prestata una garanzia bancaria anziché un’ipoteca legale degli artigiani e imprenditori, questa dovrà coprire anche gli interessi di mora per dieci anni.

Va osservato come i nuovi termini di denuncia dei difetti previsti dagli art. 367 cpv. 1bis nCO e 370 cpv. 4 nCO si applichino solo ai difetti che sorgono nell’ambito di un contratto d’appalto concluso dopo il 31.12.2025.

Come spiegato, la riforma legislativa non concerne i difetti a opere mobili, che si è tenuti a denunciare ancora immediatamente alla loro scoperta, in genere, entro sette giorni. La denuncia deve sempre ancora indicare il difetto in modo appropriato e sostanziale e deve contenere l’espressione della volontà secondo cui il committente non intende riconoscere l’opera come conforme al contratto e intende rendere l’appaltatore responsabile.

Fra cautele e cantonate

Il Risk Monitoring 2025 presenta i maggiori rischi per il mercato finanziario secondo la Finma, che pare impegnata in una battaglia di retroguardia, non senza criticabili svarioni.

Per legge alla Finma è affidato il compito di proteggere creditori, investitori, assicurati nonché la funzionalità dei mercati finanziari. La sua supervisione deve essere pertanto concentrarsi sui rischi, finanziari e non, che possono costituire una minaccia per gli attori del mercato finanziario e la stabilità del mercato stesso.

Ogni anno, e anche di recente, pubblica il “Risk Monitoring” con il quale vuole creare trasparenza verso i sottoposti alla sua sorveglianza, e il pubblico in generale, su come esercita il suo mandato. Questa pubblicazione, da un lato, fornisce pertanto agli assoggettati la visione dell’Autorità di vigilanza rispetto ai rischi a cui li ritiene più esposti. La focalizzazione è diretta sui pericoli che per il loro potenziale di danno e per la probabilità che possano verificarsi vengono classificati tra i “rischi maggiori”. Dall’altro lato, con il Risk Monitoring la Finma formula le sue aspettative sulla risposta dei soggetti vigilati ai rischi descritti.

In merito ai rischi relativi a immobili e mutui viene sottolineato che, anche se la crescita dei prezzi è inferiore a quella nei periodi di tassi negativi, l’indebitamento ipotecario in Svizzera è tra i più alti al mondo e pertanto banche e compagnie di assicurazione sono significativamente esposte in caso di crollo del mercato immobiliare. Quanto al rischio di credito per altri prestiti si sottolinea che l’aumento dei prestiti durante il periodo di tassi di interesse bassi ha aumentato la vulnerabilità anche delle finanziarie non bancarie.

In merito al rischio di mercato si sottolinea che gli spread sui titoli di Stato e aziendali sono aumentati specie per le obbligazioni di alto rendimento e che le tensioni geopolitiche vanno ad aggiun-

gersi ai rischi esistenti. Si sottolineano i rischi di liquidità e rifinanziamento soprattutto a seguito della perdita di fiducia di risparmiatori e investitori che possono portare a deflussi di liquidità dalle banche.

Vengono evidenziati i rischi di riciclaggio di denaro, soprattutto in relazione a clienti provenienti da paesi ad alto rischio e i rischi derivanti dalle sanzioni che l’Occidente sotto egemonia degli Usa e dell’Ue ha emanato negli ultimi anni, in particolare nei confronti della Russia e di altri paesi considerati ostili.

Vengono citati i rischi di outsourcing costituiti dall’esternalizzazione di funzioni critiche a terzi e a paesi terzi (pensiamo alla Polonia o all’India), incluso l’uso crescente di servizi cloud che aumenta la dipendenza da pochi fornitori di tecnologia. Si rileva inoltre una tendenza crescente dei cyber-attacchi che spesso toccano più istituti finanziari al contempo, data la concentrazione dei fornitori di servizi, ma anche la complessità dei sistemi Ict può essere alla base di incidenti e interruzione dell’operatività.

Da ultimo la Finma dirige la sua attenzione sui rischi finanziari legati al clima. Detto questo, è necessaria un’analisi critica sulle cause macroeconomiche alla base della gran parte dei rischi dettagliati dalla Finma, che fanno ritenere che la sua sia una battaglia di retroguardia e parimenti sollevano interrogativi sulla sua concreta attività di sorveglianza esercitata da quest’ultima.

Da un punto di vista macroeconomico gran parte di questi rischi sono condizionati dalla politica monetaria perseguita da Stati e Banche Centrali almeno a partire dalla creazione di queste ultime, precedente al primo conflitto mondiale del secolo scorso. Politica monetaria che è

Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.

basata sulla creazione di moneta dal nulla, la cosiddetta fiat money, che non poggia quindi su valori di riferimento e che ha avuto libera circolazione da quando è stato dapprima limitato, e poi del tutto abolito il legame valutario con l’oro, facilitando così la crescita di debito pubblico e privato e dei rischi collegati. Politica monetaria esercitata da Banche centrali che da un lato inondano il mercato con nuova moneta e manovrano i tassi di interesse (invece di lasciarli all’attività del libero mercato) per supplire alle crisi congiunturali creando così i presupposti di nuova inflazione e di future crisi congiunturali e quindi sistemiche.

Dall’altro lato, l’attività di sorveglianza della Finma non può essere esente da critiche. Per essa è valso il detto forte con i deboli e debole con i forti che l’ha condotta negli anni, anche molto prima del 2023, alla ritrosia nell’intervenire con risolutezza nei confronti dei dirigenti di Credit Suisse a fronte di pratiche dannose per l’istituto di credito e a comandare invece con il pugno di ferro per esempio nei confronti della Bsi decretandone la liquidazione quando sarebbe stato necessario imporre misure riparative e sanzioni esemplari verso i suoi massimi dirigenti, alcuni a volte ingiustamente colpiti ed altri andati esenti da pena. Ultima contestata decisione della Finma sanzionata dal Tribunale Ammnistrativo Federale, l’annullamento imposto a Cs delle obbligazioni AT1 di 16,5 miliardi che, se confermata dal Tf, potrebbe comportare un salasso nelle casse della Confederazione, quindi nelle tasche del contribuente.

Schiarite americane

L’intervento di un gruppo di manager svizzeri potrebbe aver superato l’impasse che si era creata sulla delicata questione dei dazi americani applicati alle merci svizzere, ma...

La visita di alcuni personaggi di spicco dell’economia svizzera alla Casa Bianca ha permesso di riavviare le trattative sui dazi americani. Quelli che in altri Paesi sarebbero stati considerati una specie di ‘salvatori della patria’ sono stati invece criticati per vari motivi, tra cui quello di volersi sostituire all’autorità politica e anche quello di aver portato al presidente Trump in regalo un orologio Rolex da tavolo e un lingotto d’oro, ovviamente graditi, ma suscitando in Svizzera perfino una denuncia di corruzione!

Tant’è che si sono riaperte le discussioni con la controparte americana, praticamente interrotte dopo l’infelice telefonata del luglio scorso. Come si sa i dazi americani su alcuni prodotti svizzeri (soprattutto industriali) erano stati confermati al 39%, mentre l’Ue ha potuto beneficiare del 15%. Per la Svizzera si crea un grosso problema di concorrenzialità.

Dopo questa visita Trump ha comunque accettato di ridurre i dazi al 15% anche per la Svizzera. Il che significa pur sempre un aumento rispetto al mese d’aprile, quando i dazi erano nulli o insignificanti. Così il consigliere federale, responsabile dell’economia, ha potuto iniziare una breve discussione di dettaglio con gli alti rappresentanti del commercio estero americano. Discussione che sarà senz’altro lunga e non priva di difficoltà, ma che potrebbe portare a risultati concreti.

Pensando che prima di Natale non vi saranno accordi su tutti gli aspetti, è bene ricordare quali sono i temi più importanti in discussione. Partendo dall’assunto trumpiano che la Svizzera si è arricchita a danno degli Stati Uniti, lo scopo principale di tutta la manovra è quello di portare in equilibrio la bilancia commerciale.

Secondo gli ultimi dati annuali, la bilancia presenta un saldo di 39 miliardi di dollari a favore della Svizzera. Tutt’altra questione è il come si sia arrivati a determinare un dazio al 39%!

Per evitarli la Svizzera è disposta a adottare misure che possano diminuire il saldo negativo e giungere a un accordo che preveda dazi del 15%. Per raggiungere l’obiettivo si conta soprattutto su un aumento degli investimenti svizzeri negli Stati Uniti. Secondo alcuni esperti basterebbero quelli dell’industria farma-

«Quelli che in altri Paesi sarebbero stati considerati ‘salvatori della patria’, e che hanno contribuito ai recenti progressi nelle trattative commerciali con gli Stati Uniti, sono ora accusati di corruzione»

ceutica. Il disavanzo si ridurrebbe di circa 20 miliardi di dollari all’anno. La Svizzera sarebbe però disposta a facilitare e stimolare investimenti per 200 miliardi di dollari, di cui un terzo già nel 2026. Le imprese svizzere stanno comunque già prevedendo investimenti diretti per 200 miliardi entro fine 2028.

I settori più interessati sarebbero le industrie farmaceutiche, dei macchinari di precisione, del MedTech, dell’aviazione, della raffinazione di oro e dell’energia. La Svizzera considera investimenti anche le spese per ricerca e sviluppo, ma su questo la discussione è ancora aperta.

Un tema che potrebbe tornare in auge è quello degli armamenti. La Svizzera non prevede di andare oltre l’acquisto degli

Ignazio Bonoli, economista.

aerei americani F-35, preferendo concentrarsi su acquisti in patria e in Europa. Un discorso molto delicato, ma che non prevede acquisti negli Stati Uniti oltre il 10% della spesa totale svizzera.

Una decisione anticipata potrebbe essere quella sui prodotti agricoli. La Svizzera accetta di ridurre i propri dazi su pesce, sui frutti di mare, agrumi e noci, in cambio di riduzioni sui suoi prodotti agricoli. Chiede inoltre contingenti privi di dazi su carne di manzo, di bisonte e pollame. Qui però si creerebbe un problema sui polli americani trattati al cloro.

Importanti sono gli scambi di prestazioni digitali. La Svizzera è disposta a non introdurre dazi in questo campo, ma fino a quando? Un aspetto più sistematico rivestono però gli accordi con altri Paesi, specie con Bruxelles. Berna ha già chiarito di non poter accettare accordi che possano essere in contrasto con quelli conclusi con l’Ue e gli americani ne prenderanno atto.

Resta infine aperto il grande tema della sicurezza. Anche qui Berna dichiara di essere d’accordo con una cooperazione allargata sui controlli delle esportazioni e le sanzioni, nonché sui controlli degli investimenti. Ma gli americani sembrano voler andare oltre, fino a una totale accettazione del regime americano di controlli e sanzioni e una stretta collaborazione. Ciò potrebbe però suscitare contrasti con il sistema politico svizzero di democrazia diretta, con la sua politica estera e con le sue libertà economiche. Per il momento rimangono quindi fondati timori che gli americani possano diventare sempre più esigenti e che Trump possa non accontentarsi di quanto finora ottenuto.

Prestiti in caso di crisi... e poi?

I prestiti erogati da mutuanti correlati a società in difficoltà finanziarie sono di principio trattati alla pari rispetto agli altri creditori chirografari, qualora l’azienda fallisca.

Nei casi in cui una società versa in una situazione finanziaria precaria, azionisti e altre parti correlate sono spesso chiamati a intervenire per colmare le lacune, almeno nel breve termine, soprattutto in caso di liquidità precaria. In tale contesto, il quesito è in particolare se eventuali prestiti da parte dell’azionista o altre parti correlate non oggetto di garanzie, pegni o altre forme di collaterale debbano essere posti sullo stesso piano dei creditori chirografari di terza classe qualora la successiva ristrutturazione della società non vada a buon fine e la società fallisca.

Il Tribunale federale ha evidenziato come di principio i prestiti non garantiti erogati dall’azionista o da altre parti correlate debbano essere collocati, in caso di fallimento della società, nella terza classe unitamente agli altri prestiti non garantiti, dopo i creditori privilegiati di prima e seconda classe. Unicamente in casi eccezionali, in presenza di abuso di diritto, dovranno essere subordinati rispetto ai crediti dei “normali” creditori di terza classe.

Un requisito centrale per concludere che vi sia un abuso di diritto è che la società fosse già sovraindebitata al momento dell’erogazione del prestito da parte dell’azionista risp. di altra parte correlata. Tale subordinazione “forzata” viene talvolta qualificata come “prestito sostitutivo al capitale proprio” o “prestito implicitamente subordinato”. Nell’ordinamento giuridico non vi è una base legale esplicita per la riqualifica di prestiti in capitale proprio, come confermato dal Tribunale federale. Tuttavia, l’Alta corte, nella sua giurisprudenza, ha espressamente stabilito determinate condizioni che, in casi eccezionali, permettono di

riclassificare prestiti da parti correlate in capitale proprio.

In primis, l’abuso di diritto. La subordinazione del credito è ammessa qualora la rivendicazione di tale credito costituisca un evidente abuso di diritto, in quanto tale non meritevole di essere protetto dalla legge. Il sovraindebitamento al momento dell’erogazione del prestito è, secondo il Tribunale federale, un criterio sufficientemente obbiettivo per determinare se vi sia o meno un abuso di diritto.

In secundis, la subordinazione può altresì essere prevista contrattualmente, in forma espressa, implicita o tramite fatti concludenti, secondo la reale oppure presunta intenzione della società e della parte correlata coinvolta. Quanto precede si basa sui principi generali che regolano l’interpretazione dei contratti, secondo cui occorre indagare la vera e concorde volontà dei contraenti, anziché attenersi alla denominazione o alle parole inesatte utilizzate per errore o allo scopo di celare la reale natura del contratto (cf. art. 18 del Codice delle Obbligazioni). Di regola, tuttavia, in assenza di un accordo esplicito, la presunzione è comunque che le parti correlate non intendano subordinare i propri crediti.

Fino a oggi il Tribunale federale ha respinto possibili criteri alternativi per determinare la presenza o meno di un caso di abuso di diritto che si discostano da quello oggettivo del sovraindebitamento. Infatti, l’Alta corte ha rilevato quanto segue: (i) non ha importanza se un soggetto terzo, estraneo alla società, avrebbe concesso il prestito alle stesse condizioni; (ii) è irrilevante che il prestito sia stato concesso in un momento in cui solo un apporto nelle riserve o un aumento di capitale avrebbe potuto migliorare la situa-

Andrea Ziswiler, avvocato, LL.M., partner dello Studio Bär & Karrer (Lugano), autore di questo contributo insieme all’Avv. Rocco Rigozzi, LL.M., notaio, partner dello Studio Bär & Karrer (Zurigo e Lugano).

zione finanziaria della società; (iii) anche se una parte correlata concede un prestito a una società già sottocapitalizzata senza adottare nello stesso momento altre misure di riorganizzazione, questa condotta non viene automaticamente considerata come abuso di diritto.

Per le società e le loro parti correlate, la giurisprudenza del Tribunale federale garantisce chiarezza e certezza giuridica: essa fornisce una sicurezza che - in caso di procedure fallimentari - eventuali prestiti erogati dall’azionista o da altre parti correlate vengano di principio trattati alla pari con altri crediti concessi da terzi “indipendenti” e collocati in terza classe. Il rischio che un giudice ne ordini la subordinazione è quindi relativamente remoto, a condizione che al momento dell’erogazione del credito la società beneficiaria non fosse sovraindebitata (criterio oggettivo) e che le parti non avessero altrimenti manifestato l’intenzione di subordinare il credito. A tal proposito, è consigliabile prevedere in modo esplicito nella documentazione contrattuale che il prestito non sia subordinato.

Dal punto di vista pratico, malgrado la chiarezza dell’Alta corte, rimane evidente che eventuali prestiti di parti correlate a società in difficoltà finanziarie non sono generalmente che misure temporanee da accompagnarsi con altre misure di ristrutturazione rispettivamente risanamento efficaci e durature.

Il tandem artista-galleria

Anche chi rappresenta ha bisogno di essere rappresentato: tra artista e gallerista si instaura una relazione strategica che alimenta il reciproco successo e muove il mercato dell’arte.

Ainizio novembre è apparsa la notizia su un sito dedicato all’arte degna dei migliori tabloid sportivi: George Condo, artista contemporaneo americano, ritenuto per il suo stile il successore di Picasso, lascia la mega-gallery svizzera Hauser&Wirth per tornare a lavorare con due altre gallerie, Sprüth Magers e Skarstedt. È un po’ come leggere che un calciatore affermato lascia il Real Madrid per tornare al Bayern Monaco.

Lecito dunque chiedersi quale sia la valenza odierna degli artisti sul mercato. Senz’altro rappresentano l’essenza stessa per cui il mercato esiste. Da sempre. Le loro opere sono state commissionate da pontefici, re e principi, soprattutto a partire dal Rinascimento. Normale quindi che le gallerie odierne tentino di accaparrarsi le collaborazioni con i nomi più noti e di successo per aumentare il proprio prestigio, e, soprattutto, le proprie vendite. Non va dimenticata, come ho già ricordato su queste colonne, l’importanza del mercato dell’arte in quanto tale. L’artista ne è un tassello essenziale, insieme alle gallerie d’arte che ne promuovono l’opera, ai collezionisti che acquistano, alle istituzioni pubbliche che espongono.

La relazione tra artista e galleria d’arte permette ad ambedue di guadagnare: il primo produce e viene remunerato per il suo lavoro, la seconda promuove e vende. Molteplici i meccanismi che ne governano gli equilibri, da aspetti strettamente personali alle questioni patrimoniali. L’elemento forse maggiormente distintivo è la tensione tra la creatività - come tale, assolutamente libera - e la necessità di opere anche vendibili. Ne nasce una stretta relazione, talora simbiotica, tra l’artista e la propria galleria, in un’interazione di

reciproci consigli, suggerimenti, idee, paure. Come tutte le relazioni, soggetta a personalità e umori dei singoli. Talvolta il gallerista funge da mentore. Talvolta da genitore. Talaltra da psicologo. E così via. L’artista, dal suo canto, spinge magari il gallerista a osare con certe opere e certe indagini. Finché non si produce la magia: la mostra che la galleria dedica all’artista. La definizione del progetto, la scelta delle opere, la loro installazione, le luci, i preparativi, gli inviti, il catering, l’attesa.

L’inaugurazione che permette una prima valutazione. I giorni e le settimane successive che ne determinano il successo, sia critico, sia commerciale.

Senza una galleria, l’artista sarebbe privo del necessario sostegno lungo tutto il processo, non limitato a una semplice mostra, ma finalizzato alla sua crescita. E, da parte sua, l’artista può portare al successo una galleria.

L’artista dovrebbe rivolgersi alla galleria maggiormente idonea alla fase della carriera in cui si trova, mentre la galleria dovrebbe scegliere artisti che le permet-

Adriano A. Sala, avvocato e socio dello Studio legale e notarile Olgiati Ghiringhelli Sala di Lugano, specializzato in diritto del mercato dell’arte. Sotto, tra i pittori viventi più richiesti, George Condo dopo sei anni con Hauser & Wirth è passato alle gallerie Sprüth Magers e Skarstedt, due sue vecchie conoscenze. Proprio a inizio anno era stato protagonista della doppia mostra Pastels, nelle sedi di Hauser & Wirth e Sprüth Magers a New York.

tano di accrescere la propria reputazione. Spesso le gallerie parlano del proprio “roster” di artisti (le similitudini con il mondo dello sport riaffiorano), di norma una compagine eterogenea per età, provenienza, esperienza, talora accumunata dalle caratteristiche culturali e storico-artistiche che una galleria intende adottare quale propria identità.

Al momento dell’acquisto di un’opera d’arte di mercato primario, il collezionista o l’investitore avveduto è chiamato a comprendere e analizzare chi sia l’artista, il suo percorso, dove ha esposto, da chi è rappresentato, che curatore lo segue, come pure dove inserire la singola opera nella carriera dell’artista e nell’epoca in cui viviamo. Inoltre, dovrà valutare la storia della galleria, gli artisti rappresentati, le collaborazioni, le mostre. Solo così potrà avere contezza di ciò che sta acquistando. Essenziale pertanto raccogliere il maggior numero di informazioni, senza fermarsi all’apparenza. E cercare il dialogo con il gallerista e, se possibile, con l’artista. Non sono solo fonti preziose da cui attingere, ma hanno spesso elementi di dettaglio altrimenti non accessibili, per spiegare il lavoro dell’artista, inserendolo nel percorso evolutivo storico-artistico.

George Condo, The Redhead, 2024, acrilico e pastelli su carta, 198,1 x 152,4 cm © George Condo / Photo Matt Grub

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Un ritrovato slancio

I mercati in via di sviluppo si segnalano quale segmento dei più attrattivi, e potenzialmente più interessanti, entrare non è ancora troppo tardi, pur con qualche accortezza.

Alungo considerate marginali nei portafogli globali, le obbligazioni dei mercati emergenti stanno oggi tornando ad assumere un’importanza strategica e crescente. Dopo anni segnati dalla pandemia, dalle tensioni geopolitiche e da un ciclo globale di rialzo dei tassi d’interesse, questa classe di attivi si presenta sotto una nuova luce: più equilibrata, meno vulnerabile agli shock esterni e supportata da fondamentali più solidi.

Uscita dal ciclo di ristrutturazioni. Gli ultimi anni non sono stati facili per gli investitori nei mercati emergenti: il crollo dei proventi legati alle materie prime, l’aumento dei tassi d’interesse globali e il moltiplicarsi dei default sovrani hanno messo sotto pressione molti di questi Paesi. Tuttavia, questa fase di ‘purga’ sembra essersi oggi del tutto conclusa. Il profilo di rischio è migliorato, i bilanci si sono rafforzati e la maggior parte dei Governi dell’area dispone ora di riserve più consistenti, anche grazie alla rivalutazione delle riserve auree.

In tale contesto, il rischio di ulteriori declassamenti del rating appare contenuto, almeno nei prossimi 12-24 mesi. Per gli investitori in obbligazioni denominate in valuta forte, questo si traduce in una maggiore visibilità sui rendimenti attesi: i fondamentali tornano dunque a prevalere sugli shock esogeni. Volatilità contenuta e profilo rischio/ rendimento interessante. Le obbligazioni dei mercati emergenti in valuta forte mostrano in genere una volatilità inferiore a quella azionaria. La correlazione negativa tra spread e tassi funge infatti da stabilizzatore naturale, offrendo un equilibrio prezioso per chi cerca rendimento, ma con rischio contenuto.

La dinamica valutaria sostiene il debito in valuta locale. Sul fronte delle obbligazioni in valuta domestica, il contesto sta invece cambiando. Dopo un decennio dominato dalla forza del dollaro, la tendenza si sta oggi invertendo. Il riequilibrio dei flussi globali al di fuori degli Stati Uniti, il rafforzamento dell’euro e la minore frequenza degli interventi valutari in Asia creano infatti un ambiente più favorevole alle valute emergenti.

Le prospettive di crescita restano supe-

«Gli ultimi anni non sono stati facili per gli investitori nei Mercati Emergenti: il crollo dei proventi legati alle materie prime, l’aumento dei tassi d’interesse globali e il moltiplicarsi dei default sovrani hanno messo sotto pressione molti di questi Paesi. Tuttavia, questa fase di ‘purga’ sembra essersi oggi conclusa»

riori a quelle dei Paesi sviluppati e molte Banche Centrali dei mercati emergenti dispongono ora di margini per allentare la loro politica monetaria. Questi fattori sostengono le performance del debito in valuta locale, i cui rendimenti a lungo termine superano oggi quelli delle obbligazioni in valuta forte.

Differenze regionali marcate. Le opportunità variano notevolmente tra regioni: in Asia gli spread contenuti limitano il potenziale, mentre l’America Latina offre valutazioni ben più interessanti.

L’Europa centrale e orientale beneficia invece di un euro forte e rendimenti reali elevati, mentre in Africa e Medio Oriente

Diliana Deltcheva, Head of Emerging Market Debt di Robeco.

la solidità dei Paesi esportatori di materie prime bilancia solo in parte i rischi legati al settore energetico.

Il valore della Gestione attiva. I mercati emergenti mostrano un’elevata dispersione, con dati economici disomogenei e politiche monetarie tra loro molto diverse. In questo contesto, la Gestione attiva diventa essenziale, soprattutto laddove ci si voglia posizionare nel segmento del debito in valuta locale.

Le strategie indicizzate tendono infatti a sottoperformare, penalizzate da fattori tecnici e minore flessibilità. Diversamente, un approccio attivo consente di gestire meglio i rischi di tasso e di cambio, individuando per tempo i Paesi in miglioramento ed evitando quelli più fragili, o i cui fondamentali si stiano deteriorando, o minaccino di farlo.

Una componente strutturale dei portafogli globali. In sintesi, le obbligazioni dei mercati emergenti, indifferentemente sia in valuta forte sia in valuta locale, beneficiano oggi di un contesto macroeconomico strutturalmente più favorevole che non negli ultimi anni: bilanci più solidi, riserve più ampie, rendimenti interessanti e volatilità sotto controllo sono alcuni dei principali indicatori da valutare, pur all’interno di un universo d’investimento estremamente disomogeneo.

Si affermano così come una componente potenzialmente strutturale dei portafogli obbligazionari globali, in grado di offrire diversificazione, rendimento e potenziale di rivalutazione, in un contesto di graduale convergenza economica tra mercati sviluppati ed emergenti.

Le prestazioni elettrizzanti della gamma Honda Full Hybrid

Da 25 anni pioniere nello sviluppo dei propulsori ibridi, oggi con la sua gamma di modelli e:HEV, Honda coniuga prestazioni elevate alla competitività di consumi ed emissioni ridotte. Per il puro piacere della guida.

Èstata la prima casa automobilistica a proporre un veicolo a propulsione ibrida in Europa: dalla rivoluzionaria Insight del 1999 ai più recenti modelli full hybrid e:HEV, nell’ultimo quarto di secolo Honda si è dedicata al perfezionamento della tecnologia, raggiungendo un mix unico di efficienza e prestazioni eccezionali, i cui risultati sono testimoniati dall’attuale gamma di modelli: Jazz, Civic, HR-V, ZR-V e CR-V e la nuovissima Prelude.

A contraddistinguere un ibrido Honda è la tecnologia intelligente Multi-Mode Drive (i-MMD) che monitora le condizioni di guida per determinare il modo più efficiente di utilizzare carburante ed energia elettrica, impostando automaticamente la modalità di trazione ideale – Electric, Hybrid o Engine Drive – per adattarsi alle diverse condizioni di guida, dalle autostrade alle stradine di campagna. Progettato per offrire il meglio dei due mondi, l’avanzato sistema Full Hybrid di

Honda garantisce emissioni e consumi inferiori rispetto ai tradizionali motori a combustione interna e anche ai sistemi mild hybrid, sempre però pronta ad assicurare accelerazione reattiva e autonomia. Nella modalità Electric Drive, perfetta per la guida in città, trae l’energia esclusivamente dalla batteria, offrendo una risposta istantanea e la silenziosità di un’elettrica senza emissioni. Ma anche la transizione all’alimentazione a benzina è così fluida da non farsi avverire. Quando infatti la lunghezza del tragitto o la velocità aumentano, il motore termico subentra per fornire energia al motore generatore, che a sua volta crea elettricità per alimentare il motore di trazione.

Il ritorno della Prelude: powertrain ibrido da 184 Cv e il sistema S+ Shift

Equipaggiata con il sistema Full Hybrid e:HEV di Honda, la nuova Prelude combina un motore a benzina 2.0 litri con due motori elettrici, gestendo automaticamente le tre modalità di trazione (Electric Drive, Hybrid Drive ed Engine Drive) grazie aI sistema i-MMD. Principale innovazione è il sistema Honda S+ Shift, che simula un cambio a 8 rapporti virtuali, aumentando il coinvolgimento del guidatore.

Insieme al sistema di frenata rigenerativa, questa energia ricarica anche la batteria agli ioni di litio, senza bisogno di mettersi alla disperata ricerca di una colonnina. Se poi si viaggia a velocità costantemente elevate, il motore di trazione si disconnette e si innesta la frizione facendo in modo che il motore a benzina spinga direttamente il veicolo, come nel caso di un’auto tradizionale. Il know-how sviluppato dagli ingegneri di Honda in 25 anni di R&D ibrido pionieristico confluisce ora nella sesta generazione della Prelude, permettendo al leggendario modello di mantenere il suo Dna ‘sportivo’, ma con i vantaggi in termini di consumi ed emissioni della guida elettrificata, per un perfetto equilibrio tra dinamica di guida ed efficienza. Un’esperienza resa ancor più entusiasmante dall’innovativa tecnologia Honda S+ Shift, che simulando un cambio a otto rapporti, potenzia ulteriormente il “piacere di guida” di questa iconica coupé.

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Antidoti al digitale?

Il ritorno di alcune aziende americane al supporto fisico, cartaceo e non, è l’avanguardia di una rivoluzione contro digitale ed Ia o la pazza transitoria decisione di pochi?

Outline è una delle boutique più interessanti di Brooklyn e quindi, per estensione, di New York City. Nella primavera di quest’anno le due titolari hanno preso una decisione che rende evidente la crisi del cosiddetto “Luxury e-Ecommerce”, molto più di tante statistiche: semplicemente, chiudere.

O meglio, ‘chiudere’ il sito e sostituirlo con un raffinatissimo catalogo cartaceo, giunto ora alla seconda edizione. Un approccio quasi reazionario, romantico (l’eco dei vecchi cataloghi J.Crew, diventati nel frattempo oggetti di culto, è una chiara ispirazione) ma anche furbo: ‘spegnere’ un piccolo e-commerce significa lasciare un modello di vendita impersonale e molto costoso per tornare a una relazione più personale, tipica del ‘clienteling’: meno clienti, seguiti meglio.

relazioni che oggi sono mediate da App, schermi o automazioni. Ecco che allora un catalogo cartaceo può diventare (parte di) un antidoto. La carta riacquista valore, un po’ come i biglietti da visita, perché è ritornata a essere qualcosa di eccezionale e quindi, soprattutto per le aziende che si posizionano nel segmento del Lusso, esclusivo. Più banalmente, nel 2025 un catalogo cartaceo risulta essere un oggetto

Simone Oltolina, Ceo di Merchants of Ideas, società di brand e communication consulting. Sotto, una doppia pagina del catalogo Outline.

Meno radicale, del resto la scala è diversa, l’operazione di Nordstrom, che ha a sua volta lanciato un catalogo cartaceo, incentrato sulla holiday season. Uno strumento ‘tattile’, di sapore leggermente nostalgico, che si affianca a spot su Netflix e l’immancabile assistente Ai-based capace di fornire consigli regalo personalizzati. Le due iniziative sono la risposta a un fenomeno noto come ‘digital fatigue’. È la noia da sovraesposizione al digitale, che assume molte forme: la regressione cognitiva legata allo scroll infinito sui social, il doomscrolling, la freddezza dello shopping online, l’impersonalità di tutte quelle

insolito e questo aiuta a farsi notare. Nell’era del marketing digitale, la controparte fisica, ‘tattile’ (pop-up, eventi, materiali cartacei, invii postali, ecc.) è un antidoto che, oltre a rispondere a un bisogno dei clienti, permette di distinguersi dalla concorrenza e, contemporaneamente, dare al proprio brand una tridimensionalità che il digitale, da solo, non può conferire. È furbizia, non luddismo. Non stupisce quindi che alcune aziende che hanno abbracciato entusiasticamente il mondo reale, cartaceo e non, appartengano al settore dell’Intelligenza Artificiale: Anthropic pubblica libri, orga-

nizza eventi in cui distribuisce cappellini chiaramente ispirati al merchandising storico di Apple, compra pagine sui principali quotidiani e riviste, e le usa per diffondere un lungo manifesto testuale. Antimetal, altra Start up Ia, ha scelto di lanciarsi sul mercato creando una finta pizzeria e consegnando mille pizze a società di Venture Capital e tech influencer tra New York e San Francisco. Un’operazione dal costo di 15mila dollari, che ha fruttato un milione in nuovi ricavi. Il senso di questi esempi non è necessariamente quello di invitare a puntare su cataloghi, cartaceo o cartoni della pizza. L’invito è semmai quello di valutare, anche alle nostre latitudini (meno sperimentali dal punto di vista del Marketing), attività e approcci che si discostino da “quello che tutti stanno già facendo”. Andare controcorrente, stupire, non per il gusto di farlo ma semplicemente perché questo tipicamente è l’unico modo per valorizzare budget di investimento molto più piccoli rispetto a quelli di chi già domina il mercato. Ecco che allora i cataloghi cartacei diventano semplicemente l’espressione di uno spirito di fondo, ben riassunto da un celebre slogan pubblicitario (il passato non ci abbandona, era Levi’s e nel 1982!): “when the world zigs, zag”.

L’orologiaio di Roma

L’orologiero svizzero affonda le sue radici in secolari tradizioni, che nel corso del tempo hanno saputo costantemente rinnovarsi per rimanere al passo, e al polso di ogni nuova generazione. Gli ultimi anni si stanno dimostrando particolarmente complessi, e la disaffezione dei più giovani è palpabile, eppure c’è speranza e molti atout che potrebbero facilitare una rincorsa silente che è già iniziata. L’innovazione è la tradizione di domani, e non va dimenticato.

Tradizione e innovazione sono spesso facce della stessa medaglia, di cui bisogna sempre tener conto, e dunque rispettare, non lasciando che l’una prevalga sistematicamente sull’altra, a prescindere da quale delle due possa essere. Si aprono cicli, se ne chiudono degli altri; temporaneamente l’innovazione prende le redini della corsa, svolge il necessario, reinterpreta la medaglia alla luce di – ad esempio – un diverso spirito del tempo, per poi tornare a fare un passo indietro, lasciando che la tradizione prosegua, storicizzando l’innovazione.

È una dinamica non nuova nella storia dell’economia, dell’arte, e più in generale dell’uomo stesso. Una società immobile, forte di una granitica tradizione, è destinata a crollare, uscendo dal tempo e dalla storia; solo adeguandosi alle mutate

circostanze conserva la speranza di poter sopravvivere alle generazioni, lasciando un’eredità, preziosa e dai delicati equilibri.

La storia antica consegna un esempio straordinario di come innovazione e tradizione abbiano saputo garantire un millenario successo a un ideale: Roma. Fondata, si dice, il 21 aprile 753 a.C., chiude la sua prima lunghissima maratona il 29 maggio 1453, dunque 22 secoli più tardi, con la caduta di Costantinopoli, la nuova Roma, e con essa dell’Impero Romano d’Oriente, erede di quel progetto che Cesare Ottaviano Augusto aveva iniziato.

In seguito all’assassinio di Giulio Cesare, nel 44 a.C., si riapre una fase travagliata di lotte intestine all’alta aristocrazia romana del tempo, divisa tra cesariani e cesaricidi, che sfocerà in un lungo decennio di spargimenti di sangue, consuetudine che in vero attraversa l’intero

I secolo, chiusasi definitivamente nel 27 a.C. quando Augusto restituì le cariche al Senato, ‘restaurando’ l’ordine repubblicano. Questo atto gli guadagnò il titolo di ‘Augusto’, ossia degno di venerazione.

In questo particolare caso il termine ‘restaurazione’ assume però significati tra loro antitetici. La restituzione delle cariche, e non propriamente dei poteri a esse connessi, segna infatti l’inizio di un lungo processo trasformativo che interesserà gli assetti istituzionali, sociali e culturali dell’intera società romana. Almeno formalmente, nel 27 il Senato torna a essere la massima autorità di Roma, una repubblica di nome, ma sempre meno di fatto. È del resto lo stesso Senato che pochi anni più tardi, nel 23, riconosce ad Augusto la Tribunicia potestas, dunque il diritto di veto su qualunque decisione del Senato, e l’Imperium proconsulare, il con-

trollo dell’esercito. Nel 12 a.C. divenne poi Pontefice Massimo, ossia la massima autorità religiosa. Titoli e poteri che conserverà sino alla morte nel 14 d.C.

Con Augusto si spegne lentamente la Roma repubblicana e inizia il principato, altro termine sottile ma sostanziale. Egli è infatti Princeps, è Primus inter pares, è Pater Patriae e qualche altra decina di titoli onorifici, tra cui figlio di un Giulio Cesare nel frattempo divinizzato, o anche garante della Pax Augusta. Questione fondamentale è che, però, non è imperatore: il Senato almeno formalmente è tornato la massima autorità, lasciandogli mano libera a riformare lo Stato, in suo nome.

Durante i 45 anni di principato, Augusto ridisegnò quasi tutti gli equilibri della società romana, dello Stato da un punto di vista amministrativo, politico e militare. Finanziò importanti opere pubbliche a Roma e nell’impero, inaugurò un generoso welfare per i romani meno abbienti, riformò il sistema monetario e riconfermò molte delle riforme di Cesare, ridefinì i valori civici, etici e morali di una società romana rinnovata dalle fondamenta. L’economia prosperò, si guadagnò una tale auctoritas che nessuno dei suoi eredi, pur non tutti brillanti come lui, necessitò mai di riaffermare il proprio potere. Erano suoi eredi, e questo bastava.

Da un punto di vista formale l’impero nasce in concomitanza con il suo primo imperatore, ossia nel dicembre 69 d.C., quando Vespasiano, dunque non più erede di Augusto, e nemmeno della stessa dinastia Giulio Claudia, sentirà la necessità di sancire per legge la sua autorità indiscussa sugli altri ‘poteri’ dello Stato.

L’abilità di Augusto è talmente straordinaria che risulta difficilissimo stabilire il momento in cui la Repubblica cessa di esistere e inizia la nuova vita di Roma. È in primis un innovatore, che ha saputo interpretare lo spirito del suo tempo, rinnovando la tradizione, e assicurando un’eredità, destinata a durare ancora diversi secoli, di quell’ideale repubblicano che era nato già cinque secoli prima. Il tempo. Tradizione, innovazione, ed equilibri, specie se uniti a complicazioni e meccanismi, sono però anche le cifre identificative incise nel Dna di un’industria, tipicamente svizzera: l’orologeria, che nel corso della storia moderna si è guadagnata la reputazione al polso. Per quanto l’esigenza di calcolarlo, il tempo, non sia così recente. «Misurarlo è una

«La fase della netta contrapposizione tra tradizione e innovazione all’interno dell’industria orologiera è ormai appartenente al passato, quello che stanno facendo le grandi Maison è tradurla, ma senza tradirla, per renderla comprensibile alle nuove generazioni»

Aurélie Streit, Vice President della Fondation de la Haute Horlogerie

Exinus

Moesia

L’orologiero svizzero

Dati 2024 della Top50 delle Maison elvetiche del settore

Gruppo

necessità che già gli egizi nel 1500 a.C. si erano posti, trovando una prima risposta nella meridiana, poco pratica e maneggevole, ma un inizio. Bisognerà attendere il XVI secolo per assistere alla comparsa dei primi orologi da tasca, sebbene grandi e rudimentali, con un ulteriore salto tra il XVII e il XVIII, grazie a ottone e ac-

L’industria orologiera è per definizione, nonché tradizione, elvetica, con Maison che hanno spesso all’attivo centinaia di anni di storia, e che si sono guadagnate la reputazione sul campo, attraversando guerre e rivoluzioni. Ma i dati cosa raccontano?

Mauretania
Britannia
La conquista del Mediterraneo

La Top10 nel mercato secondario

«Da un lato, come nella moda, al marchio viene chiesto di essere più innovativo e di lanciare più spesso nuovi prodotti, cosa che nuove tecnologie e materiali consentono di fare; dall’altro, il settore ha adottato molte delle stesse logiche, le Maison preferiscono quindi tenere il mercato ‘affamato’»

Oliver Müller, Fondatore di LuxeConsult

Indagine di mercato condotta da Watchfinder&Co (Top 10 per categoria)

Rank di Prezzo di Vendite Reputazione Social Media

1 Cartier Panthère

3 Long. Conquest Omega Seamaster Rolex Daytona Rolex Daytona

4 Cartier Tank Tudor Black Bay Hublot Big Bang Rolex Gmt Master

5 Long. Dolce Vita Omega Speedmaster Rolex Day-Date Omega Speedmaster

6 J-LC Reverso Rolex Gmt Master Omega Speedmaster Rolex Day-Date

7 Patek Ph. Gondolo Rolex Oyster Perp. Rolex Gmt Master AP Royal Oak

8 Omega Acqua Terra Rolex Explorer Patek Ph. Aquanaut Omega Seamaster

9 Omega Constellation Tag Heuer Carrera Tag Heuer Carrera Rolex Oyster Perp.

10 Long. Legend Diver Omega Planet Oc. Cartier Santos Tudor Black Bay Fonte: Watchfinder & Co 25. Patek Ph: Patek Philippe; AP: Audemars Piguet; Jlc: Jaeger Le-Coultre; Long: Longines

L’export svizzero

Export di orologi in valore (mln chf) e volumi (mia unità)

Nonostante in termini di valore i numeri continuino a tornare, al netto di fluttuazioni dovute a eventi di forza maggiore, in positivo e negativo (dazi e pandemia), se si guarda alle quantità il calo è scoraggiante, specie allungando l’orizzonte temporale. Intanto sta anche nascendo un fronte secondario, il mercato del secondo polso, con risultati sbalorditivi. ■ Volume (sx) Valore (dx) Fonte: Fhs

ciaio. L’innovazione epocale fu la molla a spirale dell’olandese Christiaan Huygens, del 1675. Con la Rivoluzione Industriale nacque il moderno orologio da polso, e lì le strade si divaricarono: da un lato i marchi iconici artigianali che si ritagliarono una nicchia di mercato, dall’altro la produzione in serie che rese accessibile l’orologio a un pubblico sempre più vasto», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.

Ma come possono i mostri sacri del settore restare sempre sulla breccia nel corso dei decenni? «Sopravvivono al tempo solo quelle Maison che hanno saputo maturare un equilibrio sano e creativo tra tradizione e innovazione. Hanno infatti capito che l’innovazione ha senso se non è fine a sé stessa, ma solo se approfondisce una forma di linguaggio già esistente, dunque un savoir-faire, un’estetica, un design iconico e una storia. Le grandi innovazioni tecniche, al pari dei nuovi materiali, tendono a iscriversi in codici molto classici, come le grandi complicazioni, o l’orologeria gioiello. La fase della contrapposizione tra tradizione e innovazione è ormai passata, quello che stanno facendo le grandi Maison è tradurla, ma senza tradirla, per renderla comprensibile alle nuove generazioni», rileva Aurélie Streit, Vice President della Fondation de la Haute Horlogerie (Fhh). Basata a Ginevra e fondata nel 2005 da Audemars Piguet, Girard-Perregaux e dal Gruppo Richemont, è un’istituzione di pubblica utilità concepita quale punto di riferimento e neutralità per il settore. Può però l’una fare a meno dell’altra? «La tradizione è fonte di autenticità e forza per il marchio, ma l’innovazione è fondamentale per rimanere rilevanti e competitivi. Patek Philippe e Vacheron Constantin hanno saputo costruire la loro reputazione su secoli di storia artigianale, creando un patrimonio immenso, altri invece, come Richard Mille, hanno dimostrato che innovazione e sperimentazione tecnica possano comunque portare alla creazione di orologi altamente desiderabili. L’una non esclude l’altra, sono solo approcci diversi», evidenzia Manuel Lang, Analyst Swiss Equity Research, Consumer & Industry di Vontobel. Dunque si potrebbe concludere che la tradizione non possa sopravvivere senza innovazione, ma che questa possa anche fare a meno della prima, almeno in determinate circostanze. «Per scriverla, la storia, va prima conosciuta. Il moderno di oggi è il vintage di domani, al pari della tradizione, che altro non è che l’innovazione riuscita nel passato. Un’innovazione di successo diventa la tradizione del futuro: si tratta di un binomio indissolubile, non ha senso scegliere, hanno un’importanza equivalente. La mia famiglia ha una tradizione ultradecennale nell’orologeria, sono nato in questo mondo, quindi capisco il valore intrinseco dell’eredità la-

sciata dal nostro fondatore, Gérald Charles Genta; il mio compito è onorarla e reinterpretarla per le persone di oggi e domani», racconta Federico Ziviani, Ceo di Gerald Charles (Maison indipendente).

E l’interpretazione non è mai un dettaglio, specie se in campo ci sono certe forze. «Dal mio punto di vista, nell’alta orologeria l’innovazione ha senso solo se è al servizio della tradizione. Deve rimanere discreta, e migliorare l’affidabilità e la precisione, come avviene nel movimento Micro-Rotor con scappamento naturale e tourbillon a doppia spirale. È un esempio elegante della combinazione di innovazione tecnica e affidabilità», riflette Laurent Ferrier, co-fondatore, insieme a François Servanin, e direttore creativo di Laurent Ferrier (Maison indipendente).

A patto di trovare il giusto equilibrio risultati e riconoscimenti non tardano ad arrivare. «Sono entrambi pilastri complementari del nostro successo, il superamento dei confini, sia in termini d’innovazione dei prodotti che di partnership, è inciso nel Dna del marchio. Abbracciamo la tradizione nei meccanismi interni, ma innoviamo senza sosta, ad esempio fondendo materiali inaspettati. È un approccio audace, che garantisce però che le nostre creazioni siano radicate nella tradizione, ma anche lungimiranti, ridefinendo continuamente ciò che un orologio può essere», enfatizza Julien Tornare, Ceo di Hublot (Gruppo Lvmh).

Le difficoltà emergono però nella continua innovazione di spazi infinitamente piccoli, e molto simili tra loro. «Tutto è già stato inventato e realizzato, l’innovazione è il modo in cui si interpreta una complicazione già esistente. I principi meccanici di base sono gli stessi da secoli: ad esempio il Dynapulse lanciato da Rolex quest’anno è il primo oscillatore completamente nuovo dal precedente di Omega del 1999. In orologeria le innovazioni rivoluzionarie sono davvero rare, più frequenti le evoluzioni. Per un marchio è importante rispettare i codici secolari, evitando di rimanere ancorato al passato», mette in evidenza Oliver Müller, fondatore di LuxeConsult, azienda di consulenza specializzata nel settore. Gli sforzi. Pur in un’industria molto varia, e popolata di grandi Gruppi e indipendenti più o meno strutturati, alcune chiare tendenze connotano il mercato. «Molte Maison hanno concentrato le energie su tre fondamentali assi: conso-

«L’orologiero è un’industria che ha già conosciuto in passato fasi di consolidamento, dunque i cambiamenti di proprietà possono verificarsi, pur tutelando l’identità e i valori del marchio. Ciò richiede una leadership forte, di dare potere ai team creativi, e di rispettare l’eredità costruita nel tempo»

Export orologiero

Export orologiero nel 2024 Per fascia di prezzo in Chf (unità e valore)

lidare le proprie icone, sviluppare boutique ed esperienze, comprendere meglio il proprio pubblico, specie il più giovane o femminile. Il mercato si sta riassestando, la Cina è imprescindibile ma in una fase complessa, gli Stati Uniti si confermano quale primo mercato per i brand svizzeri, mentre l’Europa difende le posizioni, tra clientela locale e turisti. Il pubblico più giovane, oggetto di attenzione e desideri, ha aspettative molto alte in termini di tra-

A compensare le fluttuazioni delle quantità, e dunque dei modelli meno pregiati e di più largo consumo, le grandi Maison i cui modelli presentano un’elasticità della domanda molto inferiore, e spesso anche anticiclica. Gli Stati Uniti sono ormai da qualche anno diventati il primo mercato dell’export elvetico, nonostante il calo atteso causa dazi. Tiene il mercato europeo.

Mercati di destinazione delle Maison svizzere (in mln chf; variazione 2023/24) Fonte:
Fonte:

«Reputazione, qualità e desiderabilità sono gli elementi chiave; la domanda è tipicamente inelastica, ma si osserva il crescere della forza del marchio. Lanciare nuovi modelli influenza la domanda di breve termine, ma un eccesso potrebbe portare a una diluizione di esclusività e credibilità del marchio»

L’impatto dell’incertezza Ricorso al ‘lavoro ridotto’ da parte dell’industria orologiera

■ N. di ore compensate (dx) N. di aziende (sx)

Fonte: Fhs 2025 Mercati di destinazione

Dazi e più in generale la forte incertezza degli ultimi anni stanno creando non pochi scompensi al settore, come il massiccio ricorso al ‘lavoro ridotto’ mette ben in evidenza. Le prospettive per i prossimi mesi non sono delle migliori, ma il mercato dovrebbe tenere, con sorprese attese dall’India e dal Messico, entrambi in forte crescita, e grandi aspettative.

Attese dell’export per Paese Sondaggio tra operatori del settore (in %)

logeria indipendente; desiderano orologi realizzati a mano, e rifiniti secondo standard molto alti», rileva Ferrier. E infatti i grandi Gruppi seguono strade e orientamenti diversi. «Negli ultimi anni abbiamo posto l’accento sulla narrazione, il legame che collega i consumatori all’artigianato dietro ogni orologio. I mercati consolidati restano determinanti per il marchio, per quanto abbiamo registrato una forte crescita anche in Asia, Americhe e Medio Oriente, dove la nostra filosofia Art of fusion fa conquiste. Sono molte le sfide: guardando al futuro, pesano le incertezze geopolitiche, ma anche il cambiamento del pubblico, con ad esempio i più giovani che si mostrano più sensibili a identità del marchio, storia e design, aprendosi ai materiali innovativi e all’integrazione digitale», chiarisce Tornare. Le sfide. L’orologeria non è però solo svizzera, e la sua concorrenza ha iniziato a farsi sentire, soprattutto negli ultimi anni. «Il segmento entry-level elvetico è quello che ha risentito maggiormente del diffondersi degli smartwatch, prodotti in Asia, di cui Apple rimane l’alfiere. Il vantaggio competitivo della californiana risiede nell’ecosistema che circonda i suoi dispositivi, e non il singolo oggetto, cosa che le Maison svizzere non avevano capito, concentrate sui segnatempo. Ciononostante i marchi sono riusciti a entrare in contatto con la Gen Z, prevalentemente grazie agli orologi convenzionali vintage ispirati agli anni Settanta e Ottanta, che stanno piacendo. Bisogna però prestare attenzione a quello che non è un dettaglio: è una generazione molto aperta a rivendere gli orologi, e meno a conservarli per sempre», precisa Müller.

sparenza, sostenibilità, secondo polso, e orologi di marchi indipendenti con una grande storia», sottolinea Streit. Ma ogni Maison è un caso a parte, con strategie tra loro anche molto diverse. «Abbiamo circa 40 boutique sparse nel mondo, con risultati equilibrati tra Americhe, Europa, Medio Oriente e Asia, dove ad esempio non siamo ancora presenti in Cina. I nostri clienti sono principalmente collezionisti esperti, appassionati di oro-

Il cambio di pubblico pone del resto nuove sfide e dinamiche, che l’industria si sta attrezzando a interpretare. «Al pari che nel luxury, i clienti attribuiscono un valore crescente a esperienze e personalizzazione, come dimostra ad esempio l’Automotive. Non potendo fare molto su un fronte, l’attenzione e le risorse si stanno concentrando nel migliorare iniziative ed esperienze. Tali sforzi si inseriscono in un quadro complesso, con la Cina che ha ridotto la domanda di oltre il 30% in 24 mesi, e le tensioni con gli Stati Uniti, primo mercato per le Maison elvetiche che continua a crescere dal 2020. Nel 2024 l’export si è contratto del 2,8%, come nel ‘23, e questo segna una prima assoluta dal biennio 2015-16», nota Lang.

Fonte: Seco 2025, Deloitte 2025

Gli umori del settore non sono dunque dei migliori, pur rimanendo i tradizionali punti di forza. «Il sentiment è segnato dalla forte incertezza, come evidenzia un’indagine di agosto di Deloitte, con la maggioranza pessimista sul mercato nazionale, e il 43% anche sui principali mercati esteri. Le opinioni sono però molto divergenti, nel 64% dei casi l’Alta Orologeria è ottimista sulle prospettive, mentre viceversa nel segmento entry-level il 60% è molto preoccupato, il che riflette la crescente premiumizzazione del mercato. A sorpresa si segnalano India e Messico quali mercati più promettenti, mentre è previsto un nuovo calo in Cina e Hong Kong», chiarisce Guglielmin. Domanda e offerta. Pur conservando le sue tipicità, che ne fanno un’industria ancora sui generis, l’orologiero sta iniziando ad assumere comportamenti e strategie in passato esclusiva del fashion. «In termini di volumi sono 25 anni che la domanda va calando, e che il prezzo medio del venduto aumenta. Il mercato si sta premiumizzando, ossia polarizzando, con una manciata di marchi che superano di molto le performance del mercato. Da un lato, come nella moda, al marchio viene chiesto di essere più innovativo e di lanciare più spesso nuovi prodotti, cosa che nuove tecnologie e materiali consentono di fare; dall’altro il settore ha adottato molte delle stesse logiche, le Maison preferiscono quindi tenere il mercato ‘affamato’, nel dubbio offrire sempre un prodotto in meno rispetto alla domanda», prosegue il fondatore di LuxeConsult. Senza dimenticare ovviamente il prezzo, e l’unità di misura: il franco. «Il suo continuo rafforzarsi è tra le principali preoccupazioni degli operatori del settore, insieme al rallentamento della domanda, e all’aumento del prezzo delle materie prime. Il calo dell’interesse verso gli orologi tradizionali è sempre più marcato: secondo Deloitte chi li indossa abitualmente è calato dal 46% del 2020 al 26 di oggi, per quanto il diffondersi dello smartwatch si ritiene abbia un effetto neutrale. Razionalizzare le risorse, e un’industria ormai consolidata, spingono a investire nel lancio di nuovi prodotti, con obiettivi a brevissimo termine. Il ritorno ai negozi fisici, e il taglio dei costi (priorità dichiarata per il 40% dei brand), stanno spingendo a riorganizzare le reti commerciali, e tornare alle boutique monomarca», prosegue il Cio di Ubs.

«Digitalizzazione e intelligenza artificiale hanno molto da offrire all’orologeria. Un po’ come l’innovazione tecnologica: consente ai marchi di accelerare lo sviluppo e restare competitivi, a patto di non perdere la propria identità, il vero capitale che l’industria deve a ogni costo tutelare»

Le dinamiche del fashion presentano però anche sensibili rischi, da qui la necessità di trovare nuovi equilibri. «Reputazione, qualità e desiderabilità sono gli elementi chiave del mercato del lusso; la domanda è tipicamente inelastica anche nell’Alta Orologeria, ma si continua a osservare il crescere della forza del marchio in tutti i segmenti. Lanciare nuovi modelli, specie in edizioni limitate, influenza la domanda di breve termine ed

Accanto alle storiche Maison svizzere, spesso ancora indipendenti, si sono ritagliati importante quote di mercato anche i grandi Gruppi del lusso, che da soli hanno un peso specifico importante sull’export. Pochi brand riescono comunque a monopolizzare l’interesse del grande pubblico, lasciando le briciole agli indipendenti più piccoli, realtà spesso ancora molto artigianali.

Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult
Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult

Differenze generazionali

«Per riposizionare un marchio serve una visione, una piena comprensione della sua storia, e una forte focalizzazione su ciò che il brand rappresenta e lo contraddistingue. Definita tale identità, questa va portata avanti con determinazione, secondo cicli che possono durare anche uno o due decenni»

Sondaggio tra la clientela: che tipo di orologio indossi abitualmente? (in % tot)

duzione volutamente limitata, essendo realizzata interamente a mano; un orologio apparentemente semplice richiede in realtà anni di sviluppo quando deve essere progettato. Nel nostro caso, i nuovi modelli influenzano la domanda, ma non devono seguire tendenze e moda», chiarisce il fondatore di Laurent Ferrier.

Cosa conta di più per il cliente?

Fattori decisivi all’atto dell’acquisto per importanza e Paese

Nel confronto tra generazioni emergono importanti differenze di gusto, ma anche di abitudini, che avranno un peso incrementale nei prossimi anni. Le Maison svizzere hanno perso la corsa con gli smartwatch per un eccesso di concentrazione sul lato sbagliato del prodotto, l’orologio, non più al centro dell’attenzione dei clienti più giovani. Ma cosa spinge le scelte?

è una necessità, ma un eccesso potrebbe portare a una diluizione di esclusività e credibilità del marchio. MoonSwatch ha rappresentato un significativo successo commerciale, ma le nostre analisi dimostrano che ha comportato una cannibalizzazione delle vendite nella stessa fascia di prezzo», riflette l’esperto di Vontobel. E poi logiche e dinamiche del singolo brand. «I nostri appassionati cercano qualità, affidabilità ed estetica. È una pro-

O quelle degli appartenenti al grande Gruppo. «A spingere la domanda dei nostri orologi è una miscela di esclusività, emotività e design, i clienti cercano un oggetto di tendenza, un simbolo di audacia ed espressione individuale, che siamo risoluti nel voler continuare a offrire. Lanciare un nuovo modello è un processo pluriennale di ricerca, sviluppo dei materiali e produzione complessa che, insieme, garantiscono il nostro impegno verso innovazione e perfezione. È anche per questo che nei limiti del possibile cerchiamo di essere reattivi alle tendenze globali, ad esempio tramite collaborazioni e partnership», rileva il Ceo di Hublot. Il mercato sta del resto cambiando, in primis in termini generazionali, al pari delle dinamiche che lo governano. «I motori della domanda sono andati rapidamente evolvendo, e oggi si alternano, a dipendenza dei modelli, tra status sociale, ricerca di significato, storia della Maison, autenticità e valore del savoir-faire, impatto ambientale e sociale. In particolare i giovani sono molto attenti ai dettagli, e si informano scrupolosamente. L’offerta è invece molto meno elastica di quanto non si pensi, l’alta orologeria rimane infatti un mestiere artigianale, con capacità produttive limitate, tempi di sviluppo pluriennali, e carenza di manodopera qualificata, il che rende difficili adeguamenti rapidi alla domanda. La forza dei nuovi modelli è spesso misurabile solo quando si inserisce in un racconto coerente, tale da poterne ricreare una desiderabilità duratura», enfatizza l’esperta della Fondazione. I dormienti. Al pari dei modelli, il ragionamento può essere applicato anche ai brand stessi, con operazioni spesso ardite. «Per riposizionare un marchio serve una visione, una piena comprensione della sua storia, e una forte focalizzazione su ciò che il brand rappresenta e lo contraddistingue. Definita tale identità, questa va portata avanti con determinazione, secondo cicli che da un punto di vista comunicativo possono durare anche uno o due decenni, prima che il pubblico arrivi a comprenderne i tratti. Il focus è essenziale, non

Fonte: Deloitte consumer survey 2025
Fonte: Deloitte consumer survey

è semplice e richiede costanza, ma ad esempio con Museo e Gerald Charles ci stiamo concentrando sul plasmare una forte identità di marca», precisa Ziviani. Un marchio non in grande spolvero, seppur non ancora inattivo, potrebbe a sua volta necessitare di un’aggiustatina. Ma con quali rischi? «Il riposizionamento di qualcosa che è già attiva, o non ancora inattiva, ha lo svantaggio di poter allontanare anche la clientela rimasta. Ciononostante, una strategia ben definita ed eseguita, che demarchi differenziazione o allineamento al mercato, potrebbe culminare in successo. È stato il caso di Breitling, grazie a Georges Kern, o di H. Moser & Cie con il suo Ceo e proprietario Edouard Meylan; si tratta di due esempi di trasformazioni riuscite che hanno favorito il ritorno alla crescita dopo periodi di sostanziali difficoltà», eccepisce Lang. E poi invece gli inattivi, o quasi. Tutt’altro paio di maniche, e complicazioni. «Chiunque spera di risvegliare una bella addormentata; la realtà dimostra però che accada veramente di rado. La storia da sola non basta, a essere determinante è come si decida di impiegarla in seno alla nuova narrazione. Tutti sognano di ripetere il successo che ebbe negli anni Ottanta Jean Claude Biver nel rilanciare Blancpain, ma i tempi sono cambiati.

La cattiva notizia è, infatti, che nel frattempo si è diffuso internet, che è in grado di fornire istantaneamente e a chiunque informazioni all’epoca non disponibili, conoscenza utile ad accertare quanto il marchio sostiene in termini di storia e retaggio», riflette Müller.

La trasmissione. Se il problema è tale per un dormiente, potrebbe diventarlo per uno attivo, e anche di successo. «L’orologiero è un’industria che ha già conosciuto in passato fasi di consolidamento, dunque i cambiamenti di proprietà possono verificarsi, pur tutelando l’identità e i valori del marchio. Ciò richiede una leadership forte, impegnata a preservarne il Dna, di dare potere ai team creativi, e di rispettare l’eredità costruita nel tempo. È importante che i nuovi leader, proprietari o Ceo, capiscano che il vero valore di una Maison risiede nel suo carattere unico e distintivo. Nel nostro caso, essere all’interno di un grande Gruppo internazionale ci pone in una posizione privilegiata: poter accelerare l’innovazione, ma preservando un’identità unica e la nostra libertà creativa», chiarisce Tornare.

«La formazione di un profilo professionale altamente specializzato è un percorso che richiede anni. L’orologeria è artigianato, dunque è il risultato della maestria delle persone. La carenza di capitale umano è un tema molto rilevante, e l’automazione non può risolverlo»

Laurent Ferrier, Fondatore e Direttore creativo di Laurent Ferrier

Tema generazionale

Cosa conta nella decisione d’acquisto? (%)

Fonte: Deloitte research 2024

Diverso è invece nel caso di un indipendente, quando a cambiare è la generazione, e non la proprietà. «È una sfida che può essere vinta concentrandosi non solo sul lavoro, ma anche sulla famiglia. A essere determinante è la capacità di preservare i valori, anche quando cambia la leadership, e che la nuova generazione non decida di cambiare direzione solo per dimostrare di essere migliore, come invece si tende a fare. La soluzione è l’armonia, l’assenza di

Nonostante le mirabolanti promesse del digitale e dell’online, è sempre più marcato il ritorno della clientela nel negozio fisico, canale privilegiato di vendita, trasversalmente a tutte le generazioni, seppur con alcune leggere differenze. Anche in termini di fattori alla base dell’acquisto di uno o dell’altro modello, le differenze tra generazioni esistono, ma si dimostrano trascurabili.

Il mercato secondario

Avendo investito un dollaro nel 2010 quale sarebbe oggi il risultato?

Mercato orologi Rolex Patek Philippe Audemars Piguet

Conservazione del valore?

Performance dei prezzi sul mercato secondario per marchio

Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult

Mercato secondario

Valore totale disponibile per l’acquisto per marchio

Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult

ego; il prevalere di umiltà e volontà di collaborare consente alle aziende di crescere, adeguandosi al mondo che cambia. Più un marchio può contare su una nicchia di collezionisti fedeli, più la sua identità è chiara, più risulta intrinsecamente protetto dall’immaginario collettivo. Se tutti associano al brand determinati valori, sarà più difficile riuscire a sdradicarli», commenta il Ceo di Gerald Charles. E poi la soluzione di ripiego, la ven-

dita a terzi. «Le Maison storiche molto raramente vengono vendute, ma quando accade il nuovo proprietario dev’essere molto attento a non cercare di adattare o modificare il Dna di quanto ricevuto. È possibile innovare rinnovando la narrazione, lanciando nuovi prodotti, o stringendo nuove partenership o affidandosi a nuovi ambasciatori, ma da evitare è cercare di reinventare un marchio. Un po’ quello che avviene durante un passaggio

generazionale, che a volte può dimostrarsi particolarmente problematico, com’è successo a un grande Gruppo svizzero», rileva il fondatore di LuxeConsult.

La Swissness. Se per tradizione l’Alta Orologeria è svizzera, è proprio questo attributo a essere parte del suo vantaggio competitivo. Ma quanto è cambiato il suo significato nei decenni? «La tradizione è un capitale, apporta legittimità, un linguaggio comune, e una profondità storica che distinguono l’orologeria dalle altre industrie del lusso. Per molto tempo la Swissness è stata sinonimo di qualità e precisione, oggi integra sempre più spesso anche altri concetti, quali responsabilità, stabilità e affidabilità di più lungo periodo, sia in termini produttivi che comunicativi. È un’evoluzione interessante, che avvicina l’immagine della Svizzera alle aspettative contemporanee, senza però rinnegare le sue origini», riflette Streit.

Storia e tradizione sono del resto spesso sinonimi di Svizzera, nelle sue mille sfumature. «La Swissness e il marchio Swiss Made sono un elemento di forza per l’intero settore. Nuove iniziative, come il passaporto digitale del prodotto, mirano ad aumentare la trasparenza delle catene del valore e contribuiranno a rafforzare il valore dell’approvvigionamento e della produzione locale», puntualizza Müller. Dai più blasonati, ai più giovani, la narrazione non cambia. «Il ruolo della Swissness è di garantire qualità, precisione e tradizione riconosciute a livello mondiale. Hublot è noto per saper rompere gli schemi, ma ogni nostro orologio è il risultato del know-how dell’orologeria svizzera, e in questo la Swissness è una garanzia di qualità e precisione senza pari. Pur essendo un marchio relativamente giovane, sono 45 anni che continuiamo a ridefinire con orgoglio il significato di Swiss Made: una miscela di tradizione, tecnologia all’avanguardia, e design audace», sintetizza il Ceo di Hublot. L’altro capitale. A contraddistinguere l’Alta Orologeria è però in primo luogo l’artigianalità, gli uomini, che abbracciano i valori della Maison per cui lavorano. «Il capitale umano, la sua tutela e la trasmissione del know-how, è una questione fon-

Il mercato secondario è una sorpresa degli ultimi anni, dettata in gran parte da gusti e preferenze delle nuove generazioni.

Rolex Patek Philippe Audemars Piguet Omega Cartier Iwc

damentale per la sopravvivenza del settore, ma al pari di altre industrie è sempre più scarso, e prezioso. Il settore rimane attraente, a patto di sapersi raccontare ai giovani, offrendo visibilità su quanto può offrire: professioni altamente qualificate, carriere internazionali, la possibilità di lavorare su oggetti che hanno un significato profondo. È uno dei compiti della Fondazione: contribuire a formare, certificare, e valorizzare tali competenze presso nuovi bacini potenziali, come le donne», evidenzia l’esperta della Fondazione.

Anche in questo ambito il tempo non è un dettaglio. «La formazione di un profilo professionale altamente specializzato è un percorso che richiede anni. L’orologeria è artigianato, dunque è il risultato della maestria delle persone. La carenza di capitale umano è un tema molto rilevante, e l’automazione non può risolverlo. Per attrarre i giovani è sempre più determinante dimostrare che si tratti di professioni creative, oltre che impegnative e profondamente artigianali», nota Ferrier. Non è però l’unico potenziale mercato di sbocco a incarnare determinate caratteristiche, dunque come differenziarsi? «Dobbiamo puntare sulla combinazione unica di arte, ingegneria e storia che ci caratterizza, per mantenere i delicati equilibri che rendono possibile la nostra sopravvivenza. Investire in formazione, sviluppando programmi ad hoc, promuovendo l’apprendistato, e collaborando con gli istituti di istruzione per garantire la trasmissione del know-how di generazione in generazione è responsabilità di tutte le Maison. In Hublot siamo particolarmente orgogliosi della nostra Ecole d’Horlogerie, e di come formiamo i nuovi talenti, abbracciando però tutti i reparti dell’industria, non solo gli artigiani, ma anche gli altri», chiarisce Tornare. Il terzo capitale. L’incostanza di preferenze e passioni nel caso dei più giovani oltre a porre qualche problema rispetto a percorsi formativi molto lunghi, alimenta però anche un altro fenomeno, inedito per dimensioni: il mercato del secondo polso. «Nel post pandemia i prezzi del secondario hanno subito una forte accelerazione, spiegata in parte dall’aumento

Quale orologio

Cosa ha esercitato la maggior influenza?

Amici o famiglia

Sito del brand

Social media

negozi o boutique

ambassador

Eventi sponsorizzati dal brand

Fonte: Deloitte consumer survey 2025

Velocità delle vendite

Patek Philippe Audemars Piguet

Fonte: Deloitte consumer survey 2025

Velocità delle vendite Giacenza media presso i rivenditori (giorni)

Dopo il boom della domanda del 2022, durante la pandemia, il mercato sta tornando a equilibri più sani, e rallentati. Corre il secondario.

Il

mercato secondario

Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult

Quota di modelli che prezzano un valore superiore al mercato primario

della spesa nel luxury, e dall’afflusso di capitali del mondo crypto. Toccato il picco nel 2022, si è stabilizzato, salvo una ripartenza nella primavera 2025, spiegabile con l’introduzione di pesanti dazi sul nuovo. Nonostante le grandi Maison l’abbiano sempre snobbato, vi stanno ora entrando a fronte della crescente importanza, introducendo ad esempio programmi di certificazione, di cui si sentiva da tempo il bisogno», rileva l’esperto di Vontobel.

Nuove generazioni e digitalizzazione ne spiegano diverse dinamiche. «Rispetto al mercato primario, in calo, cresce il secondario, che negli ultimi anni si è contraddistinto per una sempre più diffusa trasparenza sui prezzi, anche grazie alle piattaforme online. È un mercato sempre più fluido, con ad esempio Chrono 24 che offre oltre 500mila orologi pronti per essere acquistati e consegnati; ma a che prezzo? L’orologio quale bene d’in-

Fonte: Morgan Stanley research 25, LuxeConsult

Aiutini digitali

Per cosa vorreste impiegare l’Ia? (in %)

Creazione di contenuti

Campagne pub. e marketing

Ottimizzazione processi

Formazione del personale

Assistenza alla clientela

Ricerca di prodotto

Personalizzazione esperienze

Non useremo alcun tool Ia

Fonte: Deloitte industry survey 2025

Numeri, non parole

Orologio come investimento Quali sono gli obiettivi dell’acquisto?

■ Diversificazione del portafoglio

■ Strumento di Hedging rispetto all’inflazione

■ Per rivenderlo in futuro a maggior prezzo

■ Per lasciarlo in eredità alla famiglia

Fonte: Deloitte consumer survey 2025

L’orologiero elvetico è un settore complesso, in cui la narrazione ha un ruolo fondamentale nel creare la ‘magia’ che consente alle Maison di sapersi reinterpretare. Eppure anche i numeri hanno un peso. «Nel 2021 gli Stati Uniti sono diventati il principale mercato, superando la Cina. L’anno scorso hanno assorbito 4,4 miliardi di franchi, il 16,8%. Dazi doganali e incertezza stanno rendendo difficile fare piani per l’industria, che rappresenta il 9,2% dell’intero export elvetico, secondo dunque solo al farmaceutico», evidenzia il Cio di Ubs. Se cresce dunque l’interesse per le Americhe, non mancano i problemi. «Nel 2024 la Cina ha visto un calo dell’import del 26%, mentre l’India una crescita del 7%. L’introduzione del dazio americano al 39% per il settore, in agosto, ha spinto a una contrazione dell’export del comparto in ottobre (terzo mese consecutivo) del 4,4% rispetto al 2024 a livello mondiale, e un crollo del 47% verso i soli Stati Uniti. Erano state accumulate notevoli scorte, e ora i margini si sono ridotti. Con un import in crescita del 13% è invece la Cina che si sta godendo una breve primavera», rileva Guglielmin. L’orologeria non è però la sola colpita, seppur non affondata. «Orologi, macchinari e strumenti di precisione sono tra i comparti più colpiti, ma l’annuncio del 14 novembre di un ritorno a tariffe al 15% dovrebbe portare sollievo. Il Ceo di Breitling ha espresso soddisfazione, ma anche auspicato un ritorno al 2% originale, del resto non si vede come l’industria possa costituire una minaccia per produzione o posti di lavoro negli Stati Uniti», conclude il Cio.

vestimento è un’idea romantica, ma che solitamente sfuma in breve tempo: sono pochissimi i brand e i modelli il cui valore aumenta negli anni. Oltre la metà dell’intero mercato è rappresentata da tre marchi, e ognuno possiede i tre orologi più ambiti: il Daytona di Rolex, il Nautilus di Patek Philippe, e il Royal Oak di Audemars Piguet», precisa Müller.

Dunque ha senso considerarlo un vero investimento? «L’acquisto dovrebbe essere motivato dal piacere di indossarlo, dal desiderio di collezionarlo, e dall’apprezzamento di averlo, oltre che dalle emozioni che suscita. Alcuni modelli, la cui produzione viene interrotta possono, nel corso dei decenni, essere elevati a opera d’arte,

e dunque acquisire valore, ma quella che va evitata è la speculazione di breve periodo», mette in evidenza Ziviani.

Determinante è la tipologia del pubblico che ogni marchio si è conquistato. «Naturalmente un orologio può aumentare di valore nel tempo, al pari di altri oggetti, ma non dovrebbe essere questo il suo scopo. L’emozione gioca un ruolo fondamentale nel caso dei nostri appassionati: del resto la maggior parte dei collezionisti acquista in primis per una questione di cuore, non per razionalità», rileva il fondatore di Laurent Ferrier.

Oltre al marchio, dipende poi anche dal modello. «I nostri clienti non acquistano un orologio per tenerlo in cassaforte,

Quali sono le ragioni che dovrebbero giustificare un orologio quale bene d’investimento? È ragionevole?

ma per il suo fascino, o l’emozione che suscita. A contare sono gli istinti emotivi, il fascino di un design particolare, un modello iconico, o la storia che c’è dietro, che possono influenzare le decisioni, molto più della razionalità di un investimento. Non sono però ambiti mutualmente esclusivi, alcuni pezzi che sono considerati opere d’arte, come il nostro Mp17 Arsham Splash, sono sicuramente anche oggetti d’investimento, o possono diventarlo», riflette il Ceo di Hublot.

Ed è qui che torna la delicata questione digitale. Come alimentare le emozioni? «È ormai evidente che, nonostante molte velleità, il retail fisico resti centrale. Due terzi delle aziende vendono meno del 10% degli orologi online, e il 74% degli operatori ritiene che la situazione resterà stabile nel prossimo lustro. Il 44% dei consumatori preferisce questa esperienza d’acquisto, pur cambiandone le motivazioni a dipendenza dell’età. La digitalizzazione ha però molto da offrire, in ambito di certificazione (Dpp) e lotta alla contraffazione, e l’Ia nel trasformare i dati raccolti in valore reale per tutte le parti coinvolte. Un po’ come l’innovazione tecnologica: consente ai marchi di accelerare lo sviluppo e restare competitivi, a patto di non perdere la propria identità, il vero capitale che l’industria deve a ogni costo tutelare», conclude Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.

L’orologiero si trova nel mezzo di una transizione delicatissima da una generazione all’altra, sia in termini di clientela, che di addetti, che di proprietari delle Maison stesse: una sfida multipla e in più ambiti che non può essere persa. Questa volta è diverso, non è un cambio di moda; una sconfitta potrebbe rivelarsi la pietra tombale di molto più di una semplice tradizione, ma della Trazione stessa. L’innovazione non deve rimanere confinata a meccanismi e complicazioni, ma diventare sistemica, ricercando il dialogo con nuovi mondi, generazioni il cui interesse andrebbe solleticato, portando avanti un’arte che Augusto per primo aveva inaugurato: restaurare la tradizione, tutelandone l’essenza, ma interpretando lo spirito del tempo presente. Saprà, Ginevra, raccogliere la loupe di Roma? ❏

Una visione radicale

Con le AP House e un approccio personalizzato al cliente, il marchio valorizza il legame con collezionisti e appassionati, anticipando tendenze e sviluppi del mercato svizzero degli orologi di lusso, senza mai perdere di vista la propria identità.

Da oltre 150 anni Audemars Piguet è un riferimento indiscusso nell’orologeria di lusso, capace di mantenere un equilibrio unico tra tradizione e innovazione. Sono ancora le famiglie fondatrici a guidare la Maison, garantendo continuità con la sua storia e con i valori originari. Oggi, mentre il mercato svizzero attraversa una fase di profonda trasformazione - segnata da digitalizzazione, e-commerce e tecnologie avanzate applicate ai processi e ai prodotti - Audemars Piguet continua a evolvere senza mai perdere il legame con le proprie radici.

«La Manifattura affronta le dinamiche di mercato con agilità, restando vicina ai clienti e alla cultura contemporanea. Promuove costantemente artigianato, innovazione e responsabilità, valorizzando il talento interno e spingendo i confini della creatività, anche in un contesto globale complesso», spiega David Pantillon, Country General Manager Switzerland. Il rapporto con il cliente è un pilastro fondamentale per il marchio, e le

Sopra, Code 11.59 by Audemars Piguet Starwheel, reinterpretazione contemporanea della complicazione delle ore erranti, con un raffinato gioco di materiali che unisce oro rosa 18 carati, ceramica nera ed avventurina.

AP House ne rappresentano una chiara espressione. «Il concept è stato lanciato nel 2017 a Milano con l’idea di creare una ‘casa lontano da casa’ nelle principali città del mondo. Volevamo offrire a clienti e nuovi appassionati un luogo dove scoprire la nostra storia e la nostra filosofia, riproducendo quell’atmosfera personale e familiare che caratterizzava l’orologeria nella Vallée de Joux, quando gli artigiani - compresi i nostri fondatori - assemblavano gli orologi nelle loro case prima di venderli in tutto il mondo», nota il manager.

Nate con questo spirito, le AP House offrono ambienti intimi e accoglienti in cui appassionati e collezionisti possono approfondire la cultura orologiera, parte-

David Pantillon, Country General Manager Switzerland di Audemars Piguet.

cipare a eventi privati e vivere esperienze esclusive a stretto contatto con il brand. Dopo l’apertura della sede di Zurigo nel 2022, «nel 2026 verrà inaugurata la nuova AP House di Ginevra, a conferma della volontà di consolidare la presenza del marchio e rafforzare ulteriormente il legame con la clientela», anticipa Pantillon che, in relazione al mercato svizzero, osserva un pubblico competente ed esigente, che richiede una vicinanza costante. «Essere un’azienda familiare e indipendente ci conferisce una responsabilità personale ed emotiva: quella di costruire un’eredità duratura. Questo legame umano è al centro della nostra filosofia. Orologiai, team e clienti contribuiscono insieme a definire il successo e l’identità della Maison, attraverso relazioni autentiche che nascono anche all’interno delle AP House, tra conversazioni spontanee e momenti condivisi di passione per l’orologeria».

In un panorama globale in continuo cambiamento, Audemars Piguet dimostra come tradizione e innovazione non solo possano convivere, ma rappresentino la vera forza competitiva del marchio. Innovazione e ricerca estetica e tecnica restano cardini dell’attività della Maison, che continua a distinguersi per l’impiego di materiali innovativi, movimenti all’avanguardia e design iconici. I tre pilastri storici - artigianato, innovazione e responsabilità - guidano ogni decisione strategica, assicurando fedeltà alle origini e apertura verso il futuro.

Un equilibrio senza tempo

È armonia dinamica tra memoria e innovazione, esperienza e visione, arte e industria: l’eccellenza non è statica. E la sfida è non adattarsi ai tempi, ma elevarsi sopra di essi, trasformando ogni orologio in un testimone del tempo e della cultura che rappresenta.

Nell’orologeria svizzera, come in ogni forma di alta manifattura, il tempo assume molteplici dimensioni: non è solo ciò che si misura, ma ciò che si custodisce, si racconta e si trasmette. La grande tradizione orologiera non si limita a conservare tecniche e modelli, ma evolve, integrando innovazione, materiali, estetica e cultura del gusto. Vacheron Constantin, con i suoi 270 anni di storia, incarna perfettamente questa dialettica tra memoria e modernità: ogni creazione è un ponte tra secoli di savoir-faire e la sensibilità contemporanea del collezionista, dell’appassionato e del design.

Come si fa a coniugare innovazione e tradizione per oltre due secoli e mezzo? «Non crediamo che una delle due debba prevalere», spiega Sandrine Donguy, product e innovation director della Maison, «l’innovazione e la tradizione agiscono fianco a fianco. Col tempo, le nostre innovazioni diventano parte della nostra tradizione. Proprio questo equilibrio ha permesso di soddisfare generazioni di clienti, offrendo orologi che, al tempo stesso, sono contemporanei e intrisi di storia», prosegue Donguy, che aggiunge: «La Maison mantiene da sempre un’attenzione scrupolosa alla qualità dei propri segnatempo, pensati per durare e accompagnare più generazioni. I materiali fondamentali - acciaio, ottone e oro -restano coerenti con quelli utilizzati nelle prime creazioni di Jean-Marc Vacheron, ma sono costantemente perfezionati attraverso nuove dimensioni, complicazioni e funzionalità». Dalla linea sportiva ed elegante Overseas al recupero dei modelli vintage nella collezione Historiques, fino alle creazioni uniche di Les Cabinotiers. In parallelo, Vacheron Constantin ha asse-

Sopra, Overseas, Calendario Perpetuo Ultra-Piatto, qui in oro rosa e quadrante coordinato.

Sotto, ‘La Quête’, una nuova serie di orologi Les Cabinotiers; unione di tre mestieri d’arte: pittura in miniatura, smaltatura Grand Feu e microscultura.

Sandrine Donguy, Product & Innovation Director, Vacheron Constantin.

condato l’interesse crescente per il mercato dei segnatempo pre-owned. «Dal 2019, il programma ‘Les Collectionneurs’ offre una via unica per acquisire orologi vintage, selezionati e restaurati con cura per il loro valore estetico o storico. Ogni pezzo viene consegnato con certificato di autenticità, scatola e garanzia, rappresentando un’opzione sicura e attrattiva per chi cerca sia un investimento tangibile sia un frammento del patrimonio della Maison», spiega Sandrine Donguy.

Se la Swissness rappresenta l’elevato standard dell’orologeria svizzera, in termini di qualità, precisione e innovazione, il Marchio di Ginevra, patria della Maison, ne è l’esempio tangibile: più di un semplice certificato, attesta origine, artigianalità e durata del segnatempo. «La Maison ha rispettato questi standard sin dal 1906, sottolineando l’impegno costante verso questi valori. Swissness e tradizione sono elementi inseparabili che definiscono l’eccellenza di Vacheron Constantin», sintetizza Donguy. Anche se le sfide non mancano. Gestire un marchio così solido significa navigare tra storia e futuro, arte e tecnologia, desiderio di esclusività e apertura a nuove generazioni. Mantenendo le competenze artigianali: la precisione millimetrica di ogni segnatempo dipende da mani esperte, capaci di rispettare processi tradizionali e al contempo adattarsi a materiali e tecniche contemporanee. «La vera sfida non è solo produrre orologi di altissima qualità, ma preservare un’identità secolare in un mondo in continua evoluzione».

Simona Manzione

economia / svizzera ed

Un timore infondato

Un’analisi del meccanismo di composizione delle controversie e della sua applicazione sconfessa chi ritiene che la Svizzera si ritroverebbe sotto il giogo dei “giudici stranieri”.

Chi è pratico di diritto commerciale conoscerà senz’altro anche il concetto di accordi di protezione degli investimenti. Tra le varie clausole che li compongono, ne figura molto spesso una relativa all’istituzione di un sistema di arbitrato per dirimere i conflitti tra gli investitori e lo Stato che ospita gli investimenti. Nulla di eccezionale fin qui. Nell’ambito del dibattito sulla politica europea della Svizzera, l’argomento della “sottomissione ai giudici stranieri” viene sovente impiegato per opporsi ai nuovi accordi negoziati con l’Ue. Secondo i suoi promotori, in futuro la Svizzera dovrebbe sistematicamente adeguarsi alle decisioni dei legislatori e dei tribunali europei. Ebbene, la realtà non potrebbe essere più diversa e ci riporta al concetto di arbitrato. L’approccio a pacchetto, adottato dal Consiglio federale per stabilizzare e ampliare la via bilaterale, prevede un meccanismo di composizione delle controversie da applicare in caso di divergenza tra Svizzera ed Ue riguardo all’implementazione degli accordi di accesso al mercato interno negli ambiti dell’eliminazione degli ostacoli tecnici al commercio, della libera circolazione delle persone, del trasporto aereo, dei trasporti terrestri e dei due nuovi settori dell’elettricità e della sicurezza alimentare. In un primo momento, si cercherebbe innanzitutto di trovare una soluzione nell’ambito del comitato misto dell’accordo in questione. Qualora non fosse possibile, la controversia verrebbe deferita a un tribunale arbitrale paritetico, composto da giudici nominati da ciascuna

parte e da una presidenza indipendente. Il tribunale, dopo aver valutato se Svizzera o Ue dovessero aver effettivamente violato i termini dell’accordo in questione, avrebbe la competenza di pronunciare una sentenza definitiva e vincolante per le parti, nonché di concedere alla parte lesa la possibilità di ricorrere a misure di compensazione - strettamente limitate

Procedura di composizione delle controversie in un caso di applicazione

Disaccordo tra CH e UE sull’attuazione dell’accordo Consultazioni nel comitato misto

Deferimento alla CGUE da parte del tribunale arbitrale - solo se il disaccordo riguarda il diritto dell'UE e l'interpretazione della CGUE è pertinente e necessaria. Il suo giudizio è vincolante per il tribunale arbitrale.

Accordo entro 3 mesi Nessun accordo entro 3 mesi Ricorso a un tribunale arbitrale da parte della Svizzera o dell'UE Decisione del Tribunale arbitrale Violazione Nessuna violazione

La decisione è attuata La decisione non è attuata Possono essere prese misure di compensazione

Il tribunale arbitrale verifica la proporzionalità delle misure di compensazione

Fonte: Elaborazione propria economiesuisse

all’accordo in questione o agli altri accordi di accesso al mercato interno - e di valutare la loro proporzionalità. In tutto questo, l’unico ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea sarebbe quello di esprimersi riguardo all’interpretazione di una norma di diritto europeo, su richiesta del tribunale arbitrale.

Dopo questa breve analisi, emergono chiaramente due fatti incontestabili che

Marco Martino, Responsabile economiesuisse per la Svizzera italiana. Sotto, un esempio schematico dell’articolazione dell’iter.

ridimensionano drasticamente lo spauracchio dei “giudici stranieri”: in primo luogo, così come nel caso del recepimento dinamico, il meccanismo di composizione delle controversie si applicherebbe unicamente a divergenze giuridiche relative agli accordi di accesso al mercato interno e non all’insieme del diritto svizzero. Ciò significa che il Tribunale federale e le altre istanze giuridiche svizzere manterrebbero intatte le loro prerogative; secondariamente, la Corte di giustizia dell’Ue non potrebbe in alcun modo intervenire di sua iniziativa nella procedura arbitrale e si limiterebbe a un ruolo puramente consultivo su richiesta del tribunale arbitrale. Oltretutto, la Confederazione godrebbe di una posizione rafforzata rispetto al passato. In effetti, grazie al meccanismo di composizione delle controversie l’Ue non potrebbe più rifiutarsi di aggiornare l’Mra o escludere la Svizzera dai suoi programmi di ricerca, dato che l’ambito di applicazione delle misure di compensazione è ora chiaramente limitato e la loro proporzionalità assicurata dal tribunale arbitrale paritetico. In conclusione, con l’approccio a pacchetto non solo viene sventata la minaccia di una “sottomissione ai giudici stranieri”, ma la certezza del diritto viene rafforzata nell’interesse della piazza economica svizzera.

Ripensare il procurement

La gestione degli acquisti rappresenta oggi una leva strategica fondamentale per la competitività e la resilienza di aziende ed enti pubblici. Il procurement evolve da semplice funzione di supporto a motore di valore e innovazione organizzativa.

L’evoluzione del procurement riflette le trasformazioni profonde che attraversano il mondo produttivo e istituzionale. Oggi la sfida non è soltanto ottenere il miglior prezzo, ma garantire continuità, efficienza e coerenza con obiettivi più ampi: competitività, innovazione e responsabilità sociale. La consulenza nel procurement è la spina dorsale delle attività del Gruppo Melioris, realtà attiva in Svizzera e nei Paesi limitrofi da oltre vent’anni, che ha recentemente rafforzato la propria presenza in Ticino con la nascita di Melioris Spp. Ma come si supportano, concretamente, le imprese e gli enti pubblici? «Interveniamo in modo operativo a vari livelli, affiancando i nostri clienti nella definizione di strategie per le diverse categorie d’acquisto, nell’ottimizzazione dei costi e nella gestione delle gare d’appalto. Li accompagniamo inoltre nella trasformazione della funzione acquisti, lavorando su organizzazione, processi e strumenti», sintetizza Sophie Grange, responsabile commerciale del Gruppo che, la scorsa primavera, ha rafforzato la presenza in Ticino, acquisendo un’importante partecipazione in Spp Cost Control, attiva sul mercato locale dal 2019. È nata così Melioris Spp. «Una partnership che prende avvio da una forte complementarietà di competenze, nonché dall’intento di offrire ancor più valore grazie a una presenza territoriale più solida e radicata», prosegue Grange. Con questa integrazione, lo spettro dei servizi di consulenza nel procurement è stato ulteriormente ampliato e potenziato. «Alla già consolidata analisi benchmarking degli acquisti e di individuazione di ottimizzazioni sulle varie voci di spesa, si è aggiunta la panoplia di servizi, a livello di consulenza operativa

e organizzativa, proposta da Melioris. Il Gruppo vanta oltre vent’anni di esperienza a fianco di numerose aziende svizzere ed europee con progetti specifici legati agli acquisti, alla formazione oppure all’integrazione di strumenti digitali e di soluzioni di Intelligenza Artificiale, diventati ormai imprescindibili anche nell’ambito degli acquisti».

In un periodo complesso come quello attuale, le imprese si trovano a dover affrontare sfide sempre più ardue: pressioni sui margini, instabilità dei mercati, interruzioni nelle catene di fornitura e una crescente esigenza di digitalizzazione dei processi. «Pensiamo anche solo ai continui aumenti dei prezzi generati dagli aumenti dei costi delle materie prime e dall’evoluzione dei cambi, che rendono le nostre vendite all’estero più care», nota Grange, «un quadro che impone un approccio estremamente rigoroso in relazione a tutto quanto si compera. Discorso a sé per gli enti pubblici, stretti nella morsa di bisogni crescenti e risorse stagnanti o in calo. Rispondiamo affiancando le aziende e gli enti pubblici nel definire processi di acquisto più efficienti, nello svolgere confronti di mercato costanti, nel dotarsi di strumenti digitali adeguati e di personale formato, indipendentemente dall’esistenza o meno di un ufficio acquisti o dalla sua dimensione».

Tra i servizi più innovativi, il “body rental” e la ricerca di personale specializzato nell’ambito degli acquisti «sono consigliati soprattutto alle aziende che cercano profili qualificati e con esperienza sia per coprire posizioni strategiche in modo stabile, sia per inserimenti temporanei a supporto di progetti specifici. In particolare, proponiamo il Temporary Management alle realtà che affrontano

Sophie Grange, responsabile commerciale di Melioris Spp Sa.

una riorganizzazione interna, desiderano integrare nuove competenze o vogliono rafforzare la propria funzione acquisti», spiega Sophie Grange. Mentre alle realtà aziendali più piccole e meno strutturate può convenire appaltare il procurement in outsourcing: «Può essere una scelta non solo conveniente, ma anche strategica. I nostri specialisti lavorano spesso con aziende che vogliono migliorare la gestione del procurement ma non hanno risorse dedicate o competenze interne sufficienti. In questi casi, possono direttamente affiancarle, diventando un’estensione operativa e strategica del team interno. Possiamo supportare le Pmi occupandoci dell’intero processo acquisti oppure intervenendo solo dove serve, ad esempio gestendo le negoziazioni e i contratti con i fornitori, strutturando maggiormente i processi di acquisto, identificando opportunità di risparmio o implementando strumenti di controllo e monitoraggio». Quanto agli enti pubblici,«si avverte una sempre maggiore attenzione al tema da parte di Cantoni, enti regionali e aziende pubbliche o para-pubbliche. Ticino incluso: qui, la legge sugli appalti pubblici da un lato introduce il principio del concorso esteso basato su una serie di criteri di cui il prezzo è una delle componenti essenziali. Dall’altro lato, come hanno constatato molti amministratori, ha promosso delle rigidità e delle restrizioni che possono penalizzare le ottimizzazioni possibili. I nostri strumenti di analisi e gestione degli acquisti puntano dritto all’obiettivo».

Simona Galli

Un’affidabilità che vale oro

Mentre i metalli preziosi volano ai massimi storici, chi è chiamato a trasformarli in barre e lingotti da investimento vive un periodo di attività febbrile. Ma la preparazione inizia ben prima, come dimostra l’esperienza di chi, in Ticino, ne è leader mondiale: con investimenti in automazione per garantire la massima reattività operativa e con progetti R&D in grado di portare ulteriore valore aggiunto: sicurezza, misurazione degli impatti e tracciabilità. Il nuovo gold standard del settore.

Emblema di ricchezza e potere, brillante come l’aurora da cui prende il nome e con cui qualifica la mitica età di un paradiso perduto, prezioso per la gioielleria quanto indispensabile per l’elettronica. È forse la materia più concupita della storia umana. Deposto ai piedi di idoli antichi quanto contemporanei perché, anche se incorruttibile, può ‘comprare’. Riserva universale di valore, bene rifugio,… molti gli appellativi per designarlo, oltre al più prosaico ‘metallo giallo’. Se dai superlativi è sempre stato accompagnato, di assoluti ne ha registrati molti con il rally che a ottobre lo ha visto toccare i 4.300 dollari l’oncia, +50% da gennaio, dopo il +27% messo a segno nel 2024.

In assenza della vagheggiata pietra filosofale, è in Svizzera che viene raffinato ben il 70% dell’oro grezzo mondiale. Svizzera che per una volta sposta a sud il suo baricentro: tre delle quattro principali raffinerie elvetiche hanno sede nel triangolo del Mendrisiotto. Al vertice, con

una capacità di lavorazione di metalli preziosi fino a duemila tonnellate l’anno, c’è Valcambi, a Balerna. «Processiamo oro, argento, platino, palladio e una piccola percentuale di rodio, storicamente specializzati in metallo da investimento: dalle barre Lbma Good Delivery - da 400 once per l’oro (12,4 kg circa) e da 1.000 once (31,3 kg) per l’argento - fino a lingottini da mezzo grammo. Inoltre realizziamo leghe per la gioielleria e semilavorati complessi per l’alta orologeria Swiss Made. In casa abbiamo anche le competenze per lavorazioni di nicchia di prodotti coniati per piccoli investitori, gestendo interamente tutti i passaggi, dal disegno alla realizzazione di prototipi e stampi, con un servizio one stop shop», sintetizza Simone Knobloch, Chief Operating Officer di Valcambi.

Fra i clienti principali ci sono dunque banche commerciali, d’investimento e centrali, trader e distributori, dove la negoziabilità dell’oro non dipende solo dalla materia prima, ma dalla forza degli

standard che la qualificano. «Una kilo bar Valcambi è una sorta di un “assegno circolare” riconosciuto ovunque perché certificato Good Delivery sui maggiori standard internazionali. Siamo accreditati Lbma (il riferimento assoluto del settore, emesso dalla London Bullion Market Association) ma anche per il commercio sulle borse valori globali, come Sge a Shanghai, Dmcc a Dubai, oltre al Comex negli Stati Uniti. Questo spiega fra l’altro il recente picco di export svizzero verso gli Usa: molte banche hanno inviato qui le barre Lbma da 400 once per convertirle in kilo bar Good Delivery destinate al mercato americano», spiega Simone Knobloch. Un periodo insolitamente prolungato di attività ai massimi regimi che sta proseguendo con una forte domanda di prodotti coniati. «Un punto di forza distintivo di Valcambi risiede proprio nella reattività operativa. Di norma viaggiamo attorno al 50% della capacità di trasformazione, pronti ad adattare i flussi di produzione quando il mercato acce -

Al servizio dei metalli preziosi

Capacità di lavorazione

fino

Produzione media

Dipendenti

fissi + 10 temporanei

Servizi

Trasporto analisi- raffinazione produzione finanziamentosicurezza- stoccaggio

Clienti

Compagnie di estrazione, gioiellieria e alta orolegeria, industria tech e digital, Banche internazionali e centrali, Governi, metal trader e distributori

«Dietro la raffinazione dei metalli preziosi c’è tanto altro: dall’R&D alla logistica, un intero ecosistema che ha decretato il vantaggio competitivo storico della Svizzera. Ma bisogna fare attenzione: know-how e tecnologia si spostano facilmente. Il baricentro del settore si sta già muovendo verso il Medio Oriente»

Tramite processi chimici ed elettrochimici, dal doré da miniera vengono recuperati i metalli preziosi puri, poi fusi e colati in stampi per formare lingotti grezzi, successivamente rifiniti e punzonati con titolo, peso, numero di serie e marchio. In qualità di raffineria accreditata Lbma

Good Delivery per oro e argento e Lppm

Good Delivery per platino e palladio, i lingotti fusi e coniati di Valcambi sono riconosciuti in tutto il mondo.

lera: le transazioni sono estremamente veloci e chi non è pronto perde il treno. Ci siamo strutturati per farlo con l’automazione, investendo in linee di processo, produzione e confezionamento, mentre il ricorso a manodopera temporanea è strettamente limitato - una decina di persone su un organico di 170 collaboratori - per una questione di sicurezza valori, oltre a non far parte del Dna dell’azienda, attenta a trattenere valore, anche umano. Vantiamo infatti un indice di fidelizzazione

Radicata al territorio, player globale

Se l’attuale densità di raffinerie di metalli preziosi a sud del Ticino risale all’epoca d’oro - letteralmente - della gioielleria italiana, a differenza di altre realtà, sin da subito l’azienda fondata nel 1961 a Balerna da cinque investitori privati svizzeri residenti nel Mendrisiotto, si è contraddistinta per la sua vocazione finanziaria. Attiva nel commercio di metalli preziosi e di valuta estera, come denotava il nome originario Valori & Cambi, intravedendo le future opportunità a servizio del settore bancario subito costruisce una propria raffineria. E si lega a Credit Suisse, che fra il 1967 e il 1980 ne acquisisce progressivamente il 100% del pacchetto azionario. A inizio anni Duemila, quando l’istituto si ritira da gran parte delle sue attività nel segmento dei lingotti, viene ceduta alla European Gold Refineries che, accanto a un piccolo gruppo di investitori svizzeri, ha come azionista di maggioranza il colosso del settore minerale e metalli prezioso Newmont Mining Corporation. Ultimo cambio di assetto societario dieci anni fa, quando viene acquisita dal gruppo Rajesh Export Limited, di cui già era fornitore, multinazionale leader nella produzione di gioielli in India (con una capacità di produzione annua di circa 400 tonnellate) e una capacità di raffinazione che ormai rappresenta circa il 35% della produzione mondiale di oro.

elevatissimo del personale», puntualizza il Coo di Valcambi.

Nonostante oggi la raffineria di Balerna sia controllata da un grande Gruppo indiano, il top management rimane svizzero e indipendente nelle scelte. «Valcambi è sempre stata gestita con la logica del “buon padre di famiglia”. È un’azienda molto ben capitalizzata: compriamo solo se ce lo possiamo permettere - edifici, infrastrutture, macchine, tutto è pagato», precisa il direttore operativo.

Il fattore critico non è il costo di produzione, quanto il finanziamento del metallo in trasformazione. I valori ai massimi storici - anche per l’argento, con prezzi saliti del 60% da inizio anno e lease rates schizzati oltre il 30% - rappresentano un ulteriore incentivo all’efficienza: «Più sei veloce, meno capitale immobilizzi. Al contempo lavoriamo con stock minimi, calibrati sulla domanda reale, poco o niente off the shelf: ogni pezzo ha già una destinazione», precisa Simone Knobloch.

Fonte: Valcambi
Valori & Cambi fondata a Balerna da 5 investitori privati svizzeri
Valcambi Green GoldTM
Membro fondatore
Patente di “SaggiatoreFonditore”
Progressiva acquisizione da parte di Credit Suisse
100% proprietà European Gold Refineries
Acquisita da Rajesh Export Limited –Fairtrade Certification
Secured Data Storage System Sistema di tracciabilità con rapporto isotopico

Tensioni geopolitiche, attese di ulteriori tagli dei tassi, acquisiti delle Banche centrali e debolezza del dollaro continuano a sostenere i prezzi dell’oro, dopo il massimo storico toccato a ottobre. Non solo asset da investimento, ma fondamentale per la tecnologia oltre che in gioielleria. Anche l’argento macina i suoi record, complici pure i timori di scarsità.

Investimenti ■ Banche centrali Lbma Gold Price, Usd/oz (dx)

Le banche centrali continuano ad aumentare le riserve auree

Fonte: World Gold Council

Centrale è la gestione del rischio, in ogni sua dimensione. A partire dall’impatto ambientale. Nei 3,3 ettari della sede di Balerna si lavora con processi elettrochimici: acque e fumi sono depurati e costantemente monitorati, ed è stato messo a punto un piano di emergenza secondo l’Ordinanza sulla protezione contro gli incidenti rilevanti. Risk management per Valcambi significa evidentemente massima sicurezza fisica degli asset durante il trasporto, la lavorazione, lo stoccaggio, ma altresì dei collaboratori: prevenzione degli infortuni, ma anche recruitment e retention in un’area dove in poche decine di chilometri sono presenti altri due player globali. Chimici, metallurgisti, esperti di trading sono i profili principali, oltre a figure specialistiche come il saggiatore giurato, un unicum svizzero.

Particolarmente sensibili, trasparenza e tracciabilità. «Innanzitutto vorrei sfatare un mito: nelle raffinerie svizzere non c’è nulla di segreto. Il settore è strettamente regolamentato dall’Ufficio federale di controllo dei metalli preziosi, che da alcuni anni verifica anche direttamente la conformità alle norme antiriciclaggio,

con visibilità totale su tutto ciò che entra e che esce, senza l’intermediazione di auditor incaricati dalle raffinerie. Anche gli obblighi di reporting sono stringenti: in quanto raffineria Lbma Good Delivery, Valcambi comunica ogni anno, al grammo, quantità, tipologia e origine di tutto il metallo ricevuto, classificato per provenienza: miniere primarie (grandi e piccole), metallo riciclato da barre d’investimento, scrap industriale o altri flussi di recupero. E vengono segnalate anche tutte le controparti a rischio agli organismi di controllo. Ciò che non sempre è invece praticabile è la Public Disclosure, perché più che comprensibilmente molti grandi clienti - come le Banche centrali - esigono la massima confidenzialità», sottolinea il Coo di Valcambi.

Precorrendo i tempi, da oltre una dozzina d’anni l’azienda investe nello sviluppo di strumenti di tracciabilità. «Proprio a inizio anno abbiamo presentato a Londra l’ultima evoluzione del nostro sistema che, sfruttando la caratterizzazione tramite il rapporto isotopico, permette ora di distinguere persino due tunnel della stessa concessione mineraria. Anche per l’oro

riciclato - con emissioni di CO2 fino a 500 volte inferiori rispetto a quello estratto, ma che rimane un segmento opaco - abbiamo messo a punto appositi sistemi di certificazione, in particolare utilizzando la tecnologia blockchain per congelare gli scambi sensibili alla supervisione diretta delle autorità di controllo», illustra Simone Knobloch.

Proprio questa spinta all’innalzamento degli standard ha generato divergenze con l’associazione nazionale di settore, che Valcambi ha lasciato nel 2023, dopo critiche ritenute incoerenti con l’architettura di controllo che l’azienda ha costruito. «Ad esempio, non condividiamo l’imposizione di bandire tout court un intero hub come Dubai perché potenzialmente problematico. Noi sappiamo di avere un filtro sufficientemente stretto per individuare materiale non conforme qualora arrivasse. Per contro, se non lo si intercetta, c’è il rischio più che concreto che quell’oro in Svizzera ci arrivi poi comunque attraverso altre strade. Dal nostro punto di vista, l’associazione avrebbe invece dovuto far da traino promuovendo un sistema come il nostro, che pur perfettibile come dimostrano i nostri stessi continui progetti R&D, si può dire che rappresenti un benchmark per il settore: sono investimenti costosi che potremmo affrontare insieme contribuendo a innalzare ancora di più lo standard della Svizzera», commenta il Coo di Valcambi, che a maggio si è dimessa per ragioni analoghe anche dalla Swiss Better Gold Association.

Valcambi è inoltre in grado di fornire il calcolo dell’impronta di CO 2 dell’intero ciclo, dalla miniera al trasporto, alla raffinazione, fino alla consegna al cliente finale. «Così un fondo sostenibile può dichiarare la CO2 dell’oro contenuto nel portafoglio, o una Maison orologiera l’impatto per ogni singolo pezzo, con dati calcolati e misurati, non stimati. È una parte del valore aggiunto che possiamo

Fonte: LBMA, al 30.11.25
Fonte: World Gold Council, al 30.09.25

offrire a chi lo desidera - molto apprezzata in Svizzera, apprezzata in Europa, abbastanza apprezzata in Nord America, completamente ignorata in altri paesi. Dati che non solo migliorano il reporting dei clienti, ma permetteno anche a noi di attuare nuove misure, ad esempio tutta la nostra produzione è alimentata con energia verde da idroelettrico svizzero», osserva Simone Knobloch.

A oltre dieci anni fa risale anche il sostegno di Valcambi alle miniere artigianali e di piccole dimensioni in Sud America, in particolare con l’adesione nel 2014 all’iniziativa di Fairtrade per sostenere l’oro equosolidale, che produce ad esempio per la banche cantonali. Un piccolo vanto è aver contribuito a creare la prima catena di fornitura di oro Fairtrade nell’elettronica di consumo facendolo arrivare niente meno che in Cina per la placcatura dei contatti del Fairphone: pochi chili rispetto alle centinaia di tonnellate che Valcambi processa annualmente - ma un caso esemplare che si spera possa ispirare, pur nella consapevolezza di dover soddisfare un mercato in cui, accanto a qualche virtuoso disposto a spendere di più per prodotti equosolidali o riciclati, la maggioranza chiede ancora oro standard. Un rischio che Valcambi ha invece subito giudicato remoto, malgrado l’enfasi mediatica, era che i dazi statunitensi potessero essere applicati all’oro da investimento: «A prescindere dall’impatto sulle raffinerie, tassare l’oro delle riserve delle banche, che nei loro depositi distribuiti a livello internazionale detengono barre Good Delivery di origini multiple, sarebbe stato ingestibile. Di fatto avrebbe reso impossibile spostarle liberamente e introdotto un costo non prezzato nei bilanci. Il che avrebbe isolato gli Stati Uniti: nessun paese ne avrebbe più importato l’oro per raffinarlo sapendo poi di dover pagare per reimportarlo», sottolinea Simone Knobloch, che non vede necessità di un’unità produttiva negli Stati Uniti per Valcambi, ricordando come la fiammata degli ultimi mesi sia da relativizzare rispetto a una bilancia commerciale negli scambi di oro con la Svizzera a loro vantaggio sull’arco dello scorso decennio. La recente partecipazione del top management di Valcambi alla conferenza generale della Lbma a Kyoto (nel 2026 sarà a Sorrento) è stata l’occasione per un confronto fra gli oltre 800 associati. «Anche se le quotazioni dell’oro avevano

Il peso dell’oro nella bilancia commerciale Svizzera - Stati Uniti

Sopra, uno sguardo più ampio alla discussa bilancia commerciale SvizzeraUsa evidenzia in media il surplus statunitense malgrado l’importanza delle attività di raffinazione elvetiche. Sotto, una kilo bar di oro da investimento Valcambi “4-nove”, (999,9 parti su 1000), mentre il “5-nove”, massimo grado di purezza (999,99/1000) è tipicamente richiesto dall’Estremo Oriente per l’elettronica.

iniziato leggermente a calare, si respirava un discreto ottimismo. La domanda dell’Estremo Oriente e delle banche nazionali, che stanno rafforzando le loro riserve auree in fase di dedollarizzazione, rimane solida, supportata anche dall’allentamento delle politiche monetarie e dalle tensioni geopolitiche. Ma la Svizzera dovrà fare attenzione: know-how, tecnologia, personale e logistica si spostano facilmente. Il baricentro del settore si sta già muovendo verso il Medio Oriente», avverte Knobloch . Già nel 2022 Valcambi ha avviato la ricerca di un partner in Arabia Saudita per la costruzione di una nuova raffineria Lbma Good Delivery a Riyadh, pur restando fortemente radicata in Svizzera (nel 2026 partiranno gli

scavi per una nuova struttura a Balerna) e dando precedenza all’approvvigionamento locale (67% dei beni e dei servizi acquistati in Ticino e Svizzera). Tuttavia l’impressione è che il settore dei metalli preziosi non goda di sufficiente supporto dalla politica: «È vitale stabilire accordi commerciali per tutti i settori merceologici. Dietro un’industria come la raffinazione dei metalli preziosi c’è tanto altro: finanza, logistica, R&D, aziende del territorio, fino a figure peculiari della Svizzera, come i saggiatori giurati: un intero ecosistema che ha decretato un vantaggio competitivo storico sul mercato per l’oro Swiss Made», dichiara il Coo di Valcambi. E la stessa logica vale per l’importazione di cervelli: «Se la Svizzera vuole rimanere un centro di eccellenza, dovrebbe snellire le procedure di permesso per talenti extra-Ue. Con i sistemi robotizzati odierni, per noi è più rilevante avere chi sappia programmare un Plc che coniare. E ci servono menti brillanti per continuare a sviluppare i nostri progetti R&D, in cui investiamo diversi milioni di franchi l’anno», conclude Simone Knobloch.

Se atout come la neutralità e la proverbiale stabilità, la lunga tradizione nel settore finanziario e la discrezione che l’ha sempre accompagnata, la capacità di innovazione e una logistica allo stato dell’arte, hanno consegnato alla Svizzera l’attuale leadership nella raffinazione dei metalli preziosi, oggi che il mondo accelera, non senza moti contraddittori, occorre saper fare un salto che pare forse difficile a chi predilige una politica di piccoli passi a lungo concertati. Come sempre, tutto sta nel trovare la giusta alchimia per creare valore, trasformando l’innovazione di oggi nella tradizione di domani.

Il rischio di risparmiare sulla sicurezza di qualità

La qualità dei servizi forniti dalle imprese di sicurezza privata e dei loro agenti è messa sotto pressione dal peso preponderante assegnato dalla committenza - pubblica e privataal prezzo tra i criteri di aggiudicazione dei mandati. Un apparente risparmio che, in un ambito così delicato, può avere conseguenze anche molto rischiose.

Senza la sicurezza privata ad affiancare con i suoi servizi le forze di polizia, non sarebbe possibile garantire il mantenimento dell’ordine di grandi eventi come festival e match sportivi o delle manifestazioni locali, né sarebbe pensabile gestire il traffico, il trasporto di merci e valori o la sorveglianza di immobili e strutture. «Eppure, malgrado il ricorso ai servizi delle imprese di sicurezza privata sia sempre più frequente, i loro margini sono sempre più sotto pressione. Si assiste infatti a una crescente erosione dei prezzi: troppo spesso il costo delle prestazioni resta il criterio determinante per la scelta del committente», avverte Alex Genini, direttore di Prosegur, fra le agenzie di sicurezza leader in Ticino. La spirale negativa dei prezzi non accenna ad arrestarsi: raramente i bandi di concorso premiano i criteri di qualità, sacrificati al diktat del portafoglio - e purtroppo c’è sempre un fornitore pronto a offrire un prezzo più basso. La maggior

parte delle agenzie di sicurezza è attenta a rimanere sotto la soglia dei 10 collaboratori, sopra cui è richiesto di rispettare il contratto collettivo, che rappresenta una prima fondamentale forma di protezione delle condizioni di impiego degli agenti. «Le offerte al ribasso non possono che richiedere una “ottimizzazione” dei costi a scapito del personale: assunzione su base oraria e non mensile, dumping salariale, turni senza pause, trasferte non rimborsate, tagli alla formazione di base e continua …», avverte Alex Genini. Un approccio che, chi come Prosegur investe con convinzione nelle condizioni di impiego e nello sviluppo professionale dei suoi ben 250 agenti, si rifiuta di considerare. Anche perché il primo a risentirne sarebbe il cliente stesso. «Tenendo conto della complessità e della natura sensibile delle prestazioni fornite dalle agenzie di sicurezza private, bisogna essere consapevoli che un mandato effettuato a un prezzo inferiore a quello di mercato può

avere conseguenze estremamente spiacevoli qualora vi fosse un problema», avverte Alex Genini.

Basta anche solo un piccolo incidente e, ancor prima dell’agenzia, è la reputazione del mandante o il nome dell’evento a rimanere macchiato, oltre ad andare incontro ad anni di accertamenti giudiziari.

Se il fattore prezzo non si può del tutto escludere dalle valutazioni, andrebbe però trovato un giusto equilibrio, come aiutano a fare anche gli strumenti offerti dall’Associazione imprese svizzere servizi di sicurezza (AISS), che rappresenta il settore (vedi Box). Secondo le sue indicazioni, il prezzo dell’offerta dovrebbe valere al massimo il 30% di tutti i criteri di aggiudicazione. Nella realtà, è difficile che scenda sotto il 50%, che è il livello massimo che può essere attribuito a un singolo criterio nell’aggiudicazione di una commessa, secondo quando stabilito dalla Legge sugli appalti pubblici. «Ad esempio, un criterio aggiuntivo che ritengo intelligente ponderare è “l’attendibilità del prezzo”: basandosi sulla media degli importi totali delle offerte, permette di individuare quelle meno plausibili», suggerisce Alex Genini. Ma anche criteri squisitamente qualitativi dovrebbero entrare nella valutazione, considerate le loro ripercussioni sulla prestazione: ad esempio, l’organizzazione interna dell’offerente, la disponibilità di mezzi e risorse per eseguire il mandato, o l’affiliazione all’AISS, che richiede ai suoi membri di dimostrare al momento dell’adesione la propria professionalità sul mercato (rispetto CLL, adempimento oneri sociali, …). «Risulta invece poco pertinente considerare il numero di apprendisti in formazione, dato che per la professione dell’agente di sicurezza non esiste un apprendistato. Invece andrebbero valorizzate le certificazioni ISO, che attestano la conformità a stan-

dard internazionali, processi strutturati e una gestione orientata al miglioramento continuo. Ad esempio, Prosegur possiede le certificazioni ISO 9001 (qualità dei processi), 14001 (gestione ambientale), 45001 (salute e sicurezza sul lavoro): un impegno che comporta costi notevoli di ricertificazione a ogni nuovo audit, al quale sarebbe giusto riservare almeno qualche punto fra i criteri di aggiudicazione», auspica il direttore dell’agenzia ticinese.

Se già si fatica a far passare il messaggio alla committenza pubblica, ancor più difficile è sensibilizzare quella privata che non è tenuta a indire bandi nemmeno per grossi appalti, mentre nel caso degli enti pubblici per legge sono previste procedure di pubblico concorso o selettive per l’assegnazione di prestazioni di servizio sopra i 250mila franchi e procedure su invito fra 150mila e 250mila franchi (con la richiesta di considerare almeno tre offerenti), mentre unicamente sotto i 150mila si può assegnare un incarico diretto.

Pascal Cattilaz, direttore dell’AISS. Scansionando il Qr-code si accede al suo manuale

“Commissionare servizi di sicurezza di qualità”

«Tenendo conto della complessità e della natura sensibile delle prestazioni fornite dalle agenzie di sicurezza private, bisogna essere consapevoli che un mandato effettuato a un prezzo inferiore a quello di mercato può avere conseguenze estremamente spiacevoli qualora vi fosse un problema»

Alex Genini, direttore di Prosegur SA

Ma anche il privato dovrebbe riflettere sulle responsabilità di cui si fa carico ingaggiando chi propone prezzi al ribasso. «Certo, posso mettermi nei panni di chi deve organizzare una festa di paese con un budget ristretto o dell’azienda che non vuole sottrarre preziose risorse al suo core business in un mo-

Un giusto equilibrio

Direttore Pascal Cattilaz, secondo l’AISS quali sono i principali rischi legati a un’eccessiva ponderazione del criterio del prezzo nell’assegnazione degli incarichi di sicurezza privata?

Nel complesso, tutti gli aspetti del processo della catena del valore ne risentono, a partire dall’assunzione dei dipendenti fino al sondaggio sulla soddisfazione dei clienti. In particolare, dato che le spese di un’azienda sono costituite principalmente da oneri salariali e costi associati al personale, porta a risparmi su formazione e aggiornamento, minore supervisione e impiego di personale meno qualificato pagato a ore. Questo riduce motivazione e competenza degli agenti, con conseguente calo della qualità del loro lavoro.

Come spiegare l’assenza, in Svizzera, di un quadro normativo nazionale?

L’AISS ha già sostenuto diverse iniziative in materia, ultima in ordine di tempo la mozione presentata dal consigliere nazionale Reto Nause. Consiglio federale, Nazionale, la CCDJP, la CCPCS, la Federazione svizzera dei funzionari di polizia e noi: tutti eravamo fermamente impegnati a sostenerla, ma il centro borghese attorno al PLR ha bocciato l’iniziativa al Consiglio degli Stati lo scorso settembre. Ancora una volta si è persa un’occasione d’oro per migliorare il settore della sicurezza privata, semplicemente per paura che potesse costare un po’ di più.

Quali strumenti offre l’AISS ai committenti per aiutarli a formulare un bando di gara basato su criteri di qualità e a valutare oggettivamente le proposte ricevute?

Da un lato, mettiamo a disposizione il manuale “Commissionare servizi di sicurezza privata di qualità”. D’altra parte, la nostra associazione ha stilato un elenco di oltre 70 criteri da utilizzare come modello personalizzabile nell’ambito delle gare d’appalto. Infine, la nostra segreteria è sempre disponibile a fornire assistenza tecnica per la redazione dei bandi di gara.

mento già difficile», ammette Alex Genini, che però osserva: «Finché tutto fila liscio, i rischi non si notano, ma è quando capita qualcosa che ci vuole un partner affidabile su cui poter contare e che abbia le carte in regola per dimostrare di aver gestito correttamente il mandato. A partire dalla preparazione degli agenti: penso a una mansione come il mantenimento d’ordine, dove agenti che lavorano in condizioni di impiego non adeguate e che non sono stati addestrati a gestire situazioni delicate, tendono a reagire con aggressività. Per ridurre tali rischi, Prosegur propone ai suoi agenti un percorso formativo allineato ai parametri di intervento della Polizia, non solo per trasmettere competenze sulle tecniche di difesa ma ancor prima per curare gli aspetti psicologici e insegnare a prevenire gli elementi di potenziale disturbo evitando un’escalation di violenza», esemplifica il direttore di Prosegur.

La vera domanda è, allora: quanto valore attribuiamo realmente alla sicurezza, nostra e della comunità? Risparmiando oggi, si corre il pericolo di pagare un conto salato domani: committenti, agenzie e territorio. Sarebbe dunque il momento di capire che la sicurezza è un valore da far figurare nell’attivo del bilancio, e non solo sotto la voce dei costi.

Prosegur SA

Via Brentani 11

6904 Lugano +41 91 973 32 10 info@prosegur.ch prosegur.ch

Un ritorno in grande stile

Dopo l’inusuale flessione tra il 2022 e il 2023, l’immobiliare svizzero torna a correre.

I bassi tassi di interesse e di sfitto uniti alla ricerca di cashflow stabili e rendimenti

difensivi sostengono i prezzi degli immobili da reddito e gli investimenti indiretti.

Ma il mercato sta prezzando correttamente i rischi che accompagnano il nuovo ciclo?

Sembra non esser stata che l’eccezione che conferma la regola il periodo che, fra il 2022 e il 2023, ha visto per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni in Svizzera gli immobili a reddito in territorio negativo. Ad aprire e chiudere la parentesi, la mossa della Bns che, reagendo all’inflazione relativamente elevata con un netto au-

mento dei tassi d’interesse, ha decretato un sensibile aumento dei costi del capitale terzi nel settore immobiliare. Allo stesso tempo, dopo anni di scarsi rendimenti, i titoli di Stato e altri titoli a reddito fisso hanno riacquistato attrattiva, vedendosi ridurre l’ampio differenziale di rendimento che aveva a lungo premiato gli investimenti immobiliari. La disponibi-

Prezzi di transazione degli immobili a reddito Andamento dei prezzi corretto in base

lità a pagare da parte degli acquirenti è di conseguenza diminuita, i volumi delle transazioni e i prezzi sono calati, riflettendosi sui rendimenti. Una dinamica enfatizzata dal periodo di maggiore incertezza determinato da rischi geopolitici, dubbi sull’evoluzione della politica monetaria, aumento dei costi di costruzione e potenziali inasprimenti normativi.

Risolutivi i nuovi tagli al tasso di riferimento da parte della Bns, fino allo 0% dello scorso giugno. «Una notevole riduzione dei costi di finanziamento che, insieme alla minor attrattività dei rendimenti obbligazionari, ha indotto a un riposizionamento delle strategie sugli investimenti immobiliari. A fronte dei dubbi sulla solidità del boom azionario, per coloro che desiderano combinare stabilità e rendimenti costanti, gli immobili rimangono una delle poche forme di investimento a promettere sia sicurezza che rendimento con cashflow pianificabili, in molti casi protezione dall’inflazione e una volatilità significativamente inferiore», evidenzia Andrea R. Boschetti, manager di Wüest Partner.

A contribuire anche la carenza di alloggi (tasso sfitto sceso all’1%), che continua a essere determinata dagli elevati

Torna la fiducia nel mattone. Dopo la correzione degli scorsi anni, nel secondo trimestre del 2025 gli immobili a reddito con appartamenti in affitto hanno registrato un aumento del 5,2% su base annua, e anche i prezzi di transazione degli immobili commerciali con uffici e spazi commerciali sono aumentati del 4,1%.

Fonte: Wüest Partner

costi di costruzione, dalla mancanza di riserve di terreni edificabili e da politiche di pianificazione estremamente restrittive, mentre l’immigrazione e l’atomizzazione dei nuclei familiari hanno finora mantenuto elevata la domanda, contribuendo a spingere al rialzo i valori di mercato.

«Un chiaro segnale del ritorno di un clima di fiducia l’ha dato proprio nel secondo trimestre del 2025 l’aumento dei prezzi di transazione degli immobili a reddito con appartamenti in affitto (+5,2% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente al netto della qualità), e anche i prezzi di transazione degli immobili commerciali con uffici e spazi commerciali sono aumentati del 4,1%», osserva Andrea R. Boschetti.

Parallelamente, gli aumenti di capitale di società, fondi e delle fondazioni d’investimento svizzeri hanno già superato i 4 miliardi di franchi ed entro fine anno il volume dovrebbe raggiungere la soglia dei 7 miliardi che neppure nei molti anni del boom precedente era stata toccata. La ripresa si riflette anche negli indici di performance degli investimenti immobiliari indiretti. Sia le società immobiliari quotate che i fondi hanno registrato una crescita a due cifre nel 2024, proseguita quest’anno - rispettivamente +15,2% e +10,2% la performance annuale a settembre, nettamente superiore allo Spi (8,4%).

L’incertezza legata ai dazi statunitensi sui prodotti svizzeri non ha comportato che una breve flessione a fine estate. Benché il calo dei tassi di interesse abbia aumentato il valore patrimoniale netto (Nav) dei portafogli, gli aggio sono tornati a crescere significativamente, attestandosi quest’anno su una media del +16,7% per le società immobiliari svizzere quotate e addirittura del +32,3% per i fondi. «Un’evoluzione che è giustificata dal ritardo nel registrare gli effetti del calo dei tassi di interesse, dai costi del capitale proprio più bassi e da redditi da locazione robusti, ai quali si somma lo spostamento dai titoli di Stato a basso rendimento verso fondi immobiliari difensivi e ad alto rendimento» spiega il manager di Wüest Partner.

Se il 2025 è stato l’anno del rimbalzo, per il 2026 è da mettere in conto un rallentamento della dinamica dei prezzi degli immobili a reddito, come indica anche la recente compressione dei rendimenti iniziali in tutti i segmenti (al 3,1%, circa −30 punti base rispetto all’anno precedente). Mentre l’attuale premio di rischio degli

«Se il 2025 è stato l’anno del rimbalzo, prevediamo per il 2026 un leggero aumento dei prezzi di transazione per gli immobili residenziali a reddito, dell’1,5-2,0%, specie in presenza di progetti di rivalutazione mirata. Sebbene con prospettive di rendimento non altrettanto favorevoli, anche per gli stabili commerciali si stima un andamento stabile»

Evoluzione dei tassi

Tasso riferim. Bns

Tasso riferim. Bce

Rendimenti netti iniziali degli immobili a reddito

Indice tassi ipotecari CH

Rendim. obbligazioni federali 10 anni

Fonte: hypotheke.ch, Bns, Wüest Partner

Andamento degli affitti (indice 1Q 2016 = 100)

Indice edonistico canoni di locazione (WP) Indice dei canoni di locazione del patrimonio immobiliare esistente (ZKB)

Fonte: ZKB, Wüest Partner

immobili di pregio è in linea con la media ventennale, la fascia media si trova leggermente al di sotto, indice di una maggiore pressione sugli investimenti.

«Escludendo ulteriori tagli da parte della Bns, il nostro scenario di base stima un leggero aumento dei prezzi di transazione per gli immobili residenziali a reddito, nell’ordine dell’1,5%-2,0%. In particolare, la scarsa liquidità del mercato potrebbe determinare lievi variazioni po-

Immobili a reddito: andamento dei prezzi e previsioni

Fonte: Wüest Partner

La nuova corsa agli immobili ha compresso sensibilmente i rendimenti netti iniziali (ante CapEx) nel 2025: in tutti i segmenti si attestano al 3,1% (circa −30 bp rispetto all’anno precedente). Senza ulteriori tagli del tasso di riferimento, nel 2026 la dinamica dei prezzi nel mercato degli investimenti dovrebbe rallentare. Anche il raffreddamento dell’economia reale frena la domanda di superfici.

Investimenti immobiliari indiretti

Operazioni sul mercato dei capitali

Aumenti di capitale in miliardi di Chf

dell’aggio

■ Società immobiliari ■ Fondi immobiliari ■ Fondazioni d’investimento immobiliare

Anche gli strumenti di investimento indiretti registrano una performance positiva: +15,2% per le società immobiliari (fra gennaio e fine settembre), +10,2% per i fondi. Il volume degli aumenti di capitale dei veicoli di investimento immobiliare dovrebbe superare 7 miliardi di franchi nel 2025. Anche la performance media annua dal 2020 delle società immobiliari quotate (+3,5%) conferma l’elevata stabilità dei valori in Svizzera.

sitive dei prezzi a fronte della pressione di investimento costantemente elevata e di progetti di rivalutazione mirata degli immobili. Sebbene le prospettive di rendimento degli immobili commerciali non siano altrettanto favorevoli, i prezzi dovrebbero registrare un andamento stabile, infatti sempre più investitori li prendono in considerazione proprio a causa dell’inaccessibilità delle proprietà abitative. Determinanti sono la posizione e la qualità dell’immobile, nonché un rigoroso

Performance delle società immobiliari quotate

Confronto internazionale

■ Performance 2025 (fino a fine settembre) ■ Performance media annua 2020-2025 (annualizzata)

piano Esg e di investimenti», osserva il manager di Wüest Partner.

Ma i rischi associati ai forti aumenti dei prezzi sono presi in debita considerazione? Al momento tre in particolare sono le tendenze da monitorare. «In primo luogo bisogna considerare che la scarsa liquidità del mercato, unita a un forte afflusso di capitali, può portare a oscillazioni dei prezzi sproporzionate. In questo contesto, le transazioni sono in parte determinate dalla disponibilità di capitali piuttosto che dai fondamentali», sottolinea l’esperto.

Al contempo, per i redditi da locazione si prospetta un andamento nettamente meno dinamico rispetto al 2025: «L’economia reale si sta indebolendo: per il 2026 prevediamo una crescita dell’occupazione solo dello 0,4%, dunque significativamente inferiore alla media degli ultimi cinque anni, destinata a frenare la domanda aggiuntiva di spazi per uffici (-0,6%), mentre il mercato immobiliare residenziale potrebbe risentire del rallentamento della crescita demografica emerso nel primo semestre del 2025. A ciò si aggiunge il fatto che quest’anno il doppio taglio al tasso di riferimento ha consentito a molti inquilini di far valere il diritto a una riduzione dei canoni di locazione nei contratti in essere. L’invito è pertanto a formulare le ipotesi sui futuri redditi da locazione in modo più conservativo», avverte Andrea R. Boschetti.

Da non sottovalutare nemmeno l’impatto della regolamentazione: diverse iniziative politiche - ad esempio, la protezione degli alloggi a Zurigo, l’iniziativa nazionale “Sì alla protezione contro gli affitti abusivi” o quella e popolare “No a una Svizzera da 10 milioni!” - possono limitare sensibilmente il potenziale locativo e lo spazio di manovra per lo sviluppo e la riconversione, comportando ulteriori oneri e, quindi, incidendo negativamente sul potenziale di rendimento e sul valore di mercato.

Italia Olanda Spagna Francia Belgio Svizzera Austria Irlanda FinlandiaPolonia RegnoUnito Germania Svezia

Fonte: Global Property Research, LSEG, Solactive, Wüest Partner

Dovrebbero invece tornare a crescere dopo sette anni gli investimenti nell’edilizia, con un aumento stimato da Wüest Partner al 5,3%, sollecitato anche dal picco di lavori di ristrutturazione che ci si attende da parte dei proprietari che vorranno sfruttare la finestra di deducibilità delle spese di manutenzione e risanamento prima della storica abolizione del valore locativo.

Fonte: LSEG, Wüest Partner
Fonte: LSEG, Swiss Finance & Property, Wüest Partner
Fonte: Swiss Finance & Property, Wüest Partner

Una scelta ‘indipendente’

Una consulenza su misura per le Pmi. Un supporto esperto per affrontare scelte decisive e progetti più complessi. Con flessibilità, responsabilità e concretezza.

Consigliare, valutare, decidere, definire una strategia, e lavorare per implementarla, ricalibrandola nel corso del tempo all’emergere di imprevisti, o più semplicemente al mutare delle circostanze. «Quello del consulente strategico è un compito molto spesso ingrato, richiede energie e tempo a non finire, ci si fa carico di grandi responsabilità, e quando si arriva alla meta, quando il merito dovrebbe essere riconosciuto, sovente non avviene, e si entra nella zona grigia in cui è valido tutto e il contrario di tutto», sintetizza Marco Piatesi, indipendent strategic consultant. L’indipendenza di giudizio, e l’assenza di conflitti d’interesse, anche in questo ambito ha i suoi indiscutibili pregi, sufficienti a controbilanciare gli inevitabili svantaggi. «Essere indipendenti, non vestire dunque la casacca di uno dei grandi player del mercato, è una carta importante, che deve essere spesa, e che troppo spesso viene invece sottovalutata da aziende e imprenditori. Un consulente indipendente non è sicuramente scalabile, si occupa di una o al massimo due aziende per volta, ma spende sé stesso e la sua credibilità ogni giorno in un dato progetto, mettendoci tutta la sua passione, cosa che solitamente non avviene nel caso dei colossi della consulenza in cui subentrano dinamiche molto diverse», prosegue Piatesi. Quando puoi contare solo su te stesso, l’esperienza assume un valore completamente diverso. Esperienza e competenza, il ‘binomio delle meraviglie’, la differenza tra successo e fallimento. «Sicuramente non mi mancano neppure l’entusiasmo e la voglia di spendermi, nel guidare una Pmi o un imprenditore in un percorso di internazionalizzazione del proprio business, aprendo mercati esteri, forgiando partnership nei mercati di sbocco. Ho alle spalle diversi anni di

Marco Piatesi, indipendent strategic consultant esperto.

esperienza nel settore farmaceutico e biomedicale, dove sono attivo sin dal 1998, quando ero responsabile per il Sud America per Solchem Spa, gigante del settore delle materie prime per il farmaceutico. All’epoca mi occupavo dell’apertura di nuovi mercati e dello sviluppo del business per conto di Solchem Italia», afferma il consulente. All’interno del settore, l’esperienza maturata ha reso possibili operazioni significative, con il taglio del nastro di traguardi importanti. «Guardando a tempi più recenti, tra i progetti che mi hanno dato le migliori soddisfazioni c’è il rilancio di Kemicalia srl, prima dall’interno e poi da consulente esterno. Si è trattato di ristrutturare la società, aprendo nuovi mercati, trovando nuovi contratti di fornitura nel biomedicale con grossisti stranieri, e soprattutto portando il fatturato a sfiorare i 5 milioni di euro in pochi anni. L’azienda è stata poi ceduta. Successivamente a quell’operazione ho deciso di mettermi in proprio, aprendo un’azienda individuale in Italia, e dall’anno scorso in Svizzera, tra Ticino e Grigioni», racconta Piatesi.

Grande ma non troppo, sfidante ma non impossibile, chi è il cliente tipo per un consulente indipendente? «Solitamente il mio interlocutore è una Pmi, con un fatturato tra i 10 e i 50 milioni, un’azienda di famiglia, in cui spesso stanno già convivendo due generazioni, ma che soprattutto non è ancora sufficientemente strutturata da avere ad esempio un direttore commerciale fisso dedicato all’apertura di nuovi mercati: attività complessa che, soprattutto, assorbe moltissime energie. A dipendenza della tipologia di progetto ed esigenze dell’impresa subentrano ulteriori criteri di valutazione circa la fattibilità, e la misurazione/raggiungimento degli obiettivi concertati», rileva il consulente.

Ed ecco che il timing assume un ruolo decisivo. Quando è il momento giusto di avviare un tale percorso? «Ogni caso è diverso, ogni azienda o famiglia è un mondo a sé. Un requisito importante, per poter iniziare a occuparsi di determinate operazioni, è la sostenibilità del business, quella che definisco ‘serenità’ finanziaria sull’andamento dei propri affari attuali. Un esempio pratico e ricorrente è la successione, spesso da padre a figlio. Non si deve aspettare troppo, o tergiversare, altrimenti si rischia di inficiare il successo del passaggio, ma al tempo stesso l’erede deve essere all’altezza del compito, e avere quindi delle competenze. In tal caso si possono costruire interessanti percorsi di affiancamento tra junior e consulente che, iniziando con debito anticipo e senza fretta, potrebbero riservare non poche soddisfazioni, garantendo serenità all’azienda e alle persone a cui la stessa fa capo», conclude Marco Piatesi.

Per informazioni: Tel. 079 198 88 78 mp@mpadvising.eu

Dove abita la ricchezza

Le persone ad alto reddito o con grandi patrimoni cercano stabilità, una fiscalità vantaggiosa e servizi di altissima qualità, soprattutto nell’istruzione e nella mobilità. E, naturalmente, desiderano proprietà esclusive, in location privilegiate e con ogni comfort, ideali anche come investimento strategico. Sono questi criteri a rendere la Svizzera la “casa” preferita dai contribuenti più facoltosi. Tra le aree più richieste figurano Lugano e Locarno, con i loro laghi.

Pur senza sbocco sul mare, la Svizzera resta il porto sicuro per antonomasia: non solo per la sua moneta, ma anche nei periodi di incertezza e tensioni globali. Continua a dimostrare di offrire condizioni quadro uniche: regolamentazioni chiare, inflazione e tassi sotto controllo e una visione di lungo periodo, sia politica che economica. Situata nel cuore d’Europa, si afferma come hub internazionale per settori strategici come la finanza, il lusso e la diplomazia - una tradizione che si rinnova nella Ginevra di questi giorni. «In momenti di tensioni geopolitiche e pressioni fiscali, molte famiglie ad alto reddito scelgono di trasferirsi in Svizzera non solo per tutelare il loro patrimonio, ma anche per crescere i loro figli in un ambiente protetto e dove possono contare su un sistema educativo di alta qualità. Negli ultimi anni il mercato ha attraversato diverse fasi: dapprima l’euforia post-pandemia, caratterizzata da una

domanda sostenuta sia nei centri urbani che nelle stazioni sciistiche, ha portato a un incremento di prezzi e vendite. Si è poi entrati in una fase di seller’s market, che ha determinato una stabilizzazione dei prezzi, se non una leggera contrazione. Oggi invece, complice l’instabilità internazionale e l’incoraggiamento del calo dei tassi di interesse, la dinamica sta nuovamente accelerando», evidenzia Quentin Epiney, fondatore e Ceo di Fgp Swiss & Alps. Specializzata nell’intermediazione di immobili di pregio, rappresenta in esclusiva in Svizzera e nelle Alpi francesi Forbes Global Properties, network internazionale di riferimento per le proprietà più esclusive, di cui è membro fondatore. Guardando alla sua clientela, conferma come l’età media degli acquirenti sia relativamente bassa, dai 30 ai 50 anni, in fase di crescita professionale o familiare. «Cercano più spazio, oppure hanno maggiori disponibilità finanziarie che gli consentono di orientarsi su

proprietà più grandi. Alcuni desiderano un “trophy asset”, altri un investimento strategico o diversificazione patrimoniale. I venditori, invece, tendono a essere più maturi - intorno ai 55 anni - e, all’opposto, spesso in fase di downsizing. Alcuni magari sono a fine carriera o possiedono proprietà sparse nel mondo, difficili da gestire. Altri hanno figli ormai indipendenti e non necessitano più di 6 o 8 stanze. Molti, inoltre, iniziano a pensare alla trasmissione del patrimonio alla generazione successiva», precisa Quentin Epinay.

In particolare, negli ultimi anni sono arrivati molti americani con figli ado-

Sopra, quattro proprietà di particolare pregio: in alto, il fascino storico di Villa Fleur d’Eau a Versoix (Ge) e quello della architettura contemporanea a Mies (Vd). Sotto, Grimentz, località alpina (Vs) in forte ascesa, e Villa Floridiana, immersa in un parco di oltre 4mila mq a Porza.

lescenti, attratti dall’eccellente sistema educativo svizzero, così come si registra un forte interesse da parte di famiglie francesi, che si installano soprattutto nella regione di Ginevra approfittando della fiscalità vantaggiosa. «In questi casi il budget medio supera spesso i 20 milioni di franchi. A far salire i prezzi in questa zona sono soprattutto dirigenti o trader di grandi società di materie prime, per lo più stranieri ma residenti in Svizzera, che acquistano proprietà da 50 a 60 milioni, finanziate dai loro bonus multimilionari. Gli svizzeri e i residenti di lunga data - manager, imprenditori, avvocati, banchieri, c-level - si muovono invece di solito su budget più modesti, fino a 15 milioni», racconta Quentin Epinay.

In termini geografici, accanto alla citata regione di Ginevra, la domanda si polarizza attorno a Zurigo, con la sua piazza finanziaria e il suo lago, in particolare apprezzati dalla clientela tedesca e nordica. Un altro fulcro è costituito da Zugo e Svitto, che ai vantaggi fiscali sanno abbinare quelli di un circuito esclusivo. Evergreen le principali località sciistiche: St. Moritz, Verbier, Zermatt o Gstaad, dove si è vista toccare la cifra record di 100mila franchi al metro quadro. Da case contemporanee di architetti sul lago, a dimore storiche o agli chalet e alle seconde case più lussuose: l’offerta di Fgp Swiss & Alps mira a soddisfare i desideri dei clienti più esigenti. Ma cosa cercano questi super ricchi a cui tutto - o quasi - è concesso? «La prima richiesta riguarda i servizi. Sempre più persone - sia nelle città principali sia nelle stazioni sciistiche - vogliono Spa private, piscine, palestra, cinema. Ciò che un tempo era l’eccezione oggi rappresenta la norma nelle proprietà di lusso», sottolinea l’esperto. Seguono, senza grandi sorprese: vista, posizione e spazio. «Il fronte lago è ormai un vero e proprio trend. Lo stesso vale per la vista panoramica sulle Alpi nelle località sciistiche. Ma sia per i clienti svizzeri sia per gli stranieri che si trasferiscono qui, la domanda principale è “dove lavoro?” e “dove andranno a scuola i miei figli?”: la vicinanza a college, autostrade e aeroporti è decisiva. Quanto allo spazio, dopo il Covid, oggi anche in città si cerca la disponibilità di aree outdoor private», commenta il Ceo di Fgp Swiss & Alps. Un carrellata degli oggetti intermediati conferma la trasversalità di queste caratteristiche, dalla magnificenza di una proprietà storica come Villa Fleur

«L’acquirente di una proprietà di lusso in Svizzera ha in media fra i 30 e i 50 anni, in crescita professionale o familiare. Cerca più spazio o ha maggiori disponibilità finanziarie. Alcuni desiderano un trophy asset, altri diversificazione patrimoniale. I venditori tendono invece a essere più maturi e, all’opposto, in fase di downsizing»

Quentin Epinay, fondatore e Ceo di FGP Swiss & Alps

L’evoluzione del luxury real estate in Svizzera

2020-2021

Euforia post Covid

• Forte domanda in città e ski resort

• Richiesta ampi spazi outdoor

• Incremento prezzi e vendite

2022-2024

Stabilizzazione

• Meno proprietà in vendita

• Stabilizzazione / leggero calo prezzi

• Aumento tassi di interesse

2024-2025

Aumento domanda

• Calo tassi di interesse

• Instabilità geopolitica

• Abolizione res-non-dom UK

• Ripresa crescita prezzi

Identikit di acquirenti e venditori delle proprietà di prestigio

• 30–50 anni

• Sviluppo carriera e/o famiglia in aumento

• Spazio extra e/o “Trophy asset”

• Stile di vita / Investimento

• Ottimizazione degli asset Chi compra? Chi vende?

• 55+ anni

• Pensionamento e/o riduzione membri famiglia

• Troppo spazio / spese troppo onerose

Il braccio immobiliare del gigante mediatico

Marchio relativamente recente - fondato nel 2020 - Forbes Global Properties reca in dote da un lato il know-how delle più rinomate agenzie immobiliari che si sono riunite per creare questo prestigioso network, e dall’altra, come suggerisce il nome, grazie alla partecipazione azionaria di Forbes, ha accesso privilegiato all’audience del più iconico e influente media economico, che raggiunge ogni mese oltre 140 milioni di persone in tutto il mondo attraverso il suo ecosistema digitale e una readership di 5,7 milioni di lettori con il suo magazine. Fgp Swiss & Alps, che rappresenta in esclusiva in Svizzera e nelle Alpi francesi Forbes Global Properties di cui è membro fondatore, è a sua volta una controllata del Comptoir Immobilier Group. Leader nella Svizzera romanda, è attivo nella gestione immobiliare, nello sviluppo, nel brokerage di proprietà residenziali e commerciali nei Cantoni di Ginevra, Vaud e Vallese, con attività periferiche in Francia e Svizzera orientale. Anche se è stata fondata nel 1912 e rilanciata nel 1988 da Paul Epinay, padre di Quentin - che ne sono oggi proprietari e dirigenti - può vantare il titolo di più antica agenzia di gestione immobiliare della Svizzera occidentale, e molto probabilmente dell’intero Paese: le sue origini risalgono infatti a duecento anni fa, nel 1825, come régie Bouffier. «Partecipando alla creazione di Forbes Global Properties, ritenevamo fondamentale sviluppare una piattaforma focalizzata sulle esigenze degli Ultra-high net worth, con un proprio Dna e un approccio specifico alla gestione del cliente e del marketing, per garantire un servizio specialistico e sartoriale, portando un ulteriore valore aggiunto grazie alla collaborazione con i migliori professionisti del settore nel mondo e in Svizzera», spiega Quentin Epiney. Un punto di riferimento per il luxury real estate.

Fonte: FGP Swiss & Alps
Fonte: FGP Swiss & Alps

Fascia di reddito più alta per cantone

■ > 10 mio. Chf ■ 5-10 mio. Chf ■ 2-5 mio. Chf ■ 1-2 mio. Chf ■ >1mio. Chf

Fonte:AFC - Elaborazione Brülhart & Partners

Contribuenti facoltosi CH e TI

Secondo fascia di reddito, per numero e quota

Fascia di reddito CH TI

>100mila chf 767.565 (14,4%) 25.095 (10,8%)

> 500mila Chf 25.382 (0,48%) 1.229 (0,53%)

> 1 mio. Chf 7.051 (0,13%) 284 (0,12%)

> 2 mio. Chf 2.243 (0,04%) 68 (0,03%)

Fonte:AFC - Elaborazione Brülhart & Partners

Ginevra e Zurigo con le regioni attorno ai loro laghi e, in Svizzera centrale Zugo, Svitto, Obvlado e Nidvaldo, sono le località dove si concentrano i residenti più facoltosi. Per continuare ad attirarne, il Ticino è chiamato a un’offerta immobiliare e condizioni quadro che soddisfino le esigenze esclusive di questa clientela.

Quota di annunci di ville e appartamenti di lusso in Ticino

Ville (vs. tot) Appartamenti (vs. tot)

Proprietà in vendita 171 (4,4%)

Fonte: Meta-Sys - Elaborazione Brülhart & Partners

d’Eau a Versoix (Ginevra), progettata in stile Secondo Impero per il banchiere Vernes d’Arlandes e già teatro di incontri diplomatici cruciali come il Geneva Summit nel 1985 fra Reagan e Gorbaciov, a capolavori dell’architettura contemporanea. Senza perdere la capacità di intercettare nuove opportunità. Un esempio lo offre Grimentz, destinazione alpina emergente del Vallese: classificata dalla Cnn fra le tre più belle località alpine europee e miglior villaggio sciistico delle Alpi per le famiglie secondo il National Geographic, è nella top 20 delle località sciistiche più resilienti al mondo per l’affidabilità delle condizioni di innevamento secondo il Financial Times. Con un aumento annuale medio dei valori del 6% nell’ultimo decennio, rimane però ancora accessibile rispetto alle cifre capogiro delle sue cugine. «Parliamo di cifre fra 12mila e 15mila Chf/mq per i progetti che stiamo sviluppando sia

con Fgp Swiss & Alpsche con il nostro gruppo Comptoir Immobilier. Prezzi davvero accessibili rispetto ad altre destinazioni premium, se si pensa che Grimentz si trova al centro della Couronne Impériale, ovvero cinque dei più celebri quattromila della Svizzera, e oltretutto è una delle uniche quattro località dove è possibile atterrare con un elicottero - che lo si usi come mezzo di trasporto o per praticare eliski. Con il non indifferente vantaggio, approfittando di una licenza edilizia antecedente alla restrizione del mercato sancita da Lex Koller e Lex Weber, di essere accessibile agli investitori stranieri», esemplifica Quentin Epiney. Ricchezza concentrata anche in Ticino Al di là delle new entry, la ricchezza in Svizzera si conferma stabilmente concentrata attorno a pochi poli. Una recente analisi di Brülhart & Partners Luxury Real Estate conferma come anche a li-

vello ticinese si riscontri la stessa logica di cluster di contribuenti ad alto reddito: uno nell’area di Lugano, uno in quella di Locarno. «Ancora una volta, il lago gioca un ruolo fondamentale. Il Ticino si dimostra in linea anche con la percentuale di contribuenti che guadagnano più di 2 milioni di franchi all’anno: lo 0,03% (una settantina di persone) contro lo 0,04% a livello nazionale (poco più di 2.200). Tuttavia se si allarga il campione a chi guadagna più di 100mila franchi all’anno, si nota una netta disparità rispetto al resto della Svizzera, indicativa del divario strutturale nel livello e nella crescita dei salari, che sarà prioritario cercare di colmare per assicurare condizioni che continuino ad attirare contribuenti facoltosi nel nostro cantone», avverte Daniele Mantegazzi, autore dello studio per Brülhart & Partners. I dati immobiliari emersi dall’analisi illustrano infatti chiaramente che la “ricchezza attira altra ricchezza”, come risulta evidente se si entra nel merito delle dinamiche a livello comunale. «Anche in Ticino, le zone rimangono quelle attorno al Ceresio (Porza, Collina d’Oro, Sorengo, Lugano …) e al Lago Maggiore (Ascona, Minusio, Locarno, …). Solitamente è il reddito mediano locale a essere elevato e non quello di pochi singoli individui a innalzare il livello generale: segnale della ricerca di comunità benestanti che garantiscano un determinato contesto di vita. In queste zone, che tendono sempre più a collocarsi nell’area urbana, si osserva una maggior densità di residenti stranieri e la presenza di famiglie più numerose, con diversi figli», prosegue Daniele Mantegazzi.

Naturalmente la tassazione influisce in modo determinante per chi guadagna più di 100mila franchi, con una concorrenza che, al crescere del reddito, passa dal piano municipale a quello cantonale.

Una serie di criteri che mette sotto pressione il Ticino e richiede una visione a lungo termine, per conservare il non disprezzabile piazzamento attuale. La crescita del numero e dei valori delle transazioni di immobili di lusso nell’ultimo trentennio è indicativa. «La media di 36 transazioni per oggetti al di sopra dei 5 milioni di franchi degli anni Novanta è in pratica oggi triplicata, a 89, come il valore complessivo delle transazioni, passato da 370 milioni a 1 miliardo di franchi: il 25% del valore totale del mercato. I ticinesi restano la maggioranza degli acquirenti

(circa il 60%) ma sono in calo, sia per volume che per valore, rispetto ai compratori da altri cantoni. Pur meno numerosi, gli stranieri, acquistano gli immobili più costosi: il valore medio supera il milione, contro circa 700mila franchi per i residenti», precisa il ricercatore.

I dati del Property Market Study, con cui ogni anno Brülhart & Partners fotografa nel dettaglio il mercato immobiliare ticinese, indicano che con 18mila franchi/mq i valori di picco per ville e appartamenti di lusso si registrano attualmente nelle aree di Lugano-Castagnola e Ascona, confermando la presenza dei due cluster, rispetto ai quali le altre regioni (Bellinzona, Valli, Mendrisio) mostrano livelli inferiori.

Gli annunci online segnalavano a inizio autunno 171 ville di lusso in vendita (4,4% del segmento) a un prezzo medio 6 milioni (vs.1,3 milioni) e 14mila Chf/ mq (il triplo del resto del mercato). Sono invece 577 gli appartamenti in vendita sopra i 3 milioni (6,6% del mercato) per un prezzo medio di 4 milioni e 15mila Chf/mq. «In termini assoluti le ville raggiungono i prezzi più elevati, ma al metro quadro sono gli appartamenti a dominare. Entrambi hanno caratteristiche distintive, analoghe a quelle ricercate dalla clientela premium nel resto della Svizzera: vista lago, giardino privato, nuove costruzioni, garage e ascensore. E naturalmente lo spazio, come conferma la dimensione media doppia a quella del mercato sia per ville (440 mq vs. 260) che per appartamenti (270 vs. 140 mq)», descrive Daniele Mantegazzi. A inizio autunno sia la villa che l’appartamento più costoso in vendita in Ticino si trovavano a Porza: rispettivamente 28 e 12,5 milioni.

Se dunque il nostro territorio non è fanalino di coda, tuttavia non bisogna trascurare il ritardo rispetto ai cantoni leader - in particolare Ginevra, Zurigo, Zugo, Svitto, Obvaldo e Nidvaldo.

«Se si allarga l’orizzonte guardando alla distribuzione dei contribuenti con un reddito sopra i 10 milioni tra il 2008 e il 2021, si nota come in realtà all’interno degli hub

«In Ticino, la media di 36 transazioni per oggetti sopra i 5 milioni di franchi degli anni ’90 è in pratica oggi triplicata, come il loro valore complessivo, passato da 370 milioni a 1 miliardo: il 25% del valore totale del mercato. Gli acquirenti locali rimangono la maggioranza, ma in calo rispetto a quelli da altri cantoni e dall’estero»

Daniele Mantegazzi, Property Market Analyst per Brülhart & Partners

Transazioni immobiliari in Ticino Livello e variazione del valore medio

Fonte: Ustat - Elaborazione Brülhart & Partners

Transazioni immobiliari in Ticino Numero per residenza dell’acquirente,

Transazioni immobiliari in Ticino Evoluzione valore medio per residenza dell’acquirente

Transazioni immobiliari in Ticino

Attorno ai due cluster di Lugano e Locarno, in Ticino c’è stata una rapida espansione di transazioni immobiliari di lusso, triplicate in numero e valore da fine anni ‘90. In particolare, le proprietà più costose attirano gli acquirenti da fuori Cantone.

citati ci sia un continuo dinamismo fra chi cresce e chi è in calo, come anche a livello comunale. Per non retrocedere, il Ticino dovrà essere in grado di attuare una duplice strategia sostenendo la crescita dei salari, fra i più bassi nel confronto nazionale, e assicurando le condizioni - non solo fiscali - che attirano e consolidano la permanenza dei contribuenti più facoltosi», conclude l’autore dello studio per Brülhart & Partners.

Fonte: Ustat - Elaborazione Brülhart & Partners

Sempre che non si ripresentino votazioni come quella “per il futuro” a rischiare di compromettere il sistema. Con 145,6 milionari ogni mille adulti, la Svizzera guida per ora nettamente la classifica della densità dei milionari: Hong Kong (96,1), Australia (85,2) e Stati Uniti (84,8) seguono con ampio distacco. Un patrimonio da non insidiare.

Fonte: Ustat - Elaborazione Brülhart & Partners

Il professionista ‘da regolare’

Supervisiona, corregge, documenta. Il direttore dei lavori è il garante silenzioso della qualità e della sicurezza del cantiere. Tra obblighi di diligenza e responsabilità di mandato, la sua indipendenza è il baluardo contro errori, difetti e contenziosi.

Il direttore dei lavori è una figura professionale imprescindibile per assicurare il buon esito di un’opera edilizia. Un professionista indipendente incaricato da colui che ha appaltato l’opera edilizia per veder tutelati i propri interessi nella fase di realizzazione.

Il direttore dei lavori vigila affinché l’opera appaltata venga eseguita nel rispetto del progetto approvato, osservandone i tempi previsti, i costi preventivati e gli standard di qualità indicati e, non ultimo, nel rispetto delle norme di legge vigenti anche in materia di sicurezza sul lavoro.

Per fare ciò, il direttore dei lavori supervisiona il lavoro dell’impresa edile, cui è stata appaltata l’opera, delle imprese subappaltatrici e degli artigiani incaricati dell’esecuzione di singole lavorazioni, come pure dei vari professionisti che partecipano all’esecuzione dell’opera, facendosi portavoce e garante delle esigenze del committente.

Se ad esempio una lavorazione non possiede le qualità indicate nelle schede tecniche allegate al capitolato, il direttore dei lavori ne impone il rifacimento, impartendo le istruzioni operative che auspicabilmente consentano di rispettare il cronoprogramma e di non sforare i costi preventivati, individuando, se necessario, soluzioni tecniche alternative.

Spetta quindi a lui approvare le opere via via completate e i relativi stati di avanzamento dei lavori, verificandone la corrispondenza rispetto alle fatture emesse dalle imprese esecutrici per poi autorizzare il committente al pagamento.

Fondamentale per il committente è l’assistenza del direttore dei lavori durante il collaudo, quando si verifica se l’opera appaltata è stata eseguita in conformità agli accordi contrattuali.

Se durante il collaudo riscontra la presenza di difetti, il direttore dei lavori ne informa il committente, rendendolo attento all’obbligo di notificare tali difetti all’impresa appaltatrice (pena la perdita del diritto di garanzia) e si fa carico di gestirne l’eliminazione prima di consentire la consegna dell’opera.

Secondo il Tribunale Federale, il direttore dei lavori deve anche informare il committente dei termini che deve rispettare per avvalersi del diritto di garanzia, nel caso dei difetti vengano scoperti dopo il collaudo. A norma del Codice delle obbligazioni il committente deve notificare all’appaltatore i difetti, preferibilmente in forma scritta, immediatamente a pena di decadenza del diritto di garanzia (a partire dal 1.1.2026 il termine è di sessanta giorni dalla scoperta). Ove il contratto di appalto richiami la norma Sia 118, il committente usufruisce anche di un periodo di due anni dal collaudo entro il quale segnalare l’insieme dei difetti riscontrati; decorso tale termine trova applicazione il Codice delle obbligazioni.

Secondo un indirizzo consolidato del Tribunale amministrativo cantonale (Tram) i compiti di direttore dei lavori possono essere rivestiti da un architetto o da un ingegnere civile a seconda della “natura dell’opera”. La sua attività è disciplinata innanzitutto dal contratto sottoscritto dalle parti (contratto di mandato) e, per quanto ivi non previsto, dagli artt. 394 e segg. del Codice delle obbligazioni e dalla norma Sia 118 (ove contrattualmente richiamata). Quindi, è fondamentale che il contratto sia formulato in termini chiari e giuridicamente non equivoci, che descriva i compiti assegnati al direttore dei lavori, precisandone contenuti, tempi e modalità di

Maria De Pascale, avvocato, contitolare dello Studio Legale Scancarello De Pascale, Lugano, Milano e Genova.

esecuzione. L’esperienza insegna che non basta prevedere che il direttore dei lavori si rechi in cantiere ‘periodicamente’ o ‘quando è necessario’, trattandosi di espressioni vaghe, che spetterà al giudice chiarire, decidendo quale frequenza è ragionevole secondo buona fede che le parti si aspettassero dal direttore dei lavori. Questi non è responsabile della corretta esecuzione dell’opera edilizia a meno che ometta di controllare con la dovuta diligenza e perciò non si accorga di eventuali errori commessi dall’impresa appaltatrice. Egli è tenuto a vigilare per garantire il rispetto delle regole dell’arte della costruzione e risponde sia di un’azione che di un’omissione. L’omissione può consistere nel non sorvegliare, non controllare il lavoro o tollerare un’esecuzione pericolosa, il che può esporlo a responsabilità, se omette di segnalare la mancata adozione e/o osservanza delle misure necessarie per garantire la sicurezza sul lavoro e la protezione della salute dei lavoratori. È evidente: siamo di fronte a un professionista a elevato livello di specializzazione e con competenze trasversali, la cui attività non è ancora regolata da una normativa unica a livello federale, richiesta a gran voce dall’Organizzazione Svizzera Direzione Lavori. L’associazione, presente dal 2019 anche in Svizzera italiana, rivendica una definizione giuridica di tale figura distinta da quella di architetto o ingegnere civile con individuazione di requisiti di formazione e appartenenza, competenze e responsabilità e con creazione di un apposito albo.

Fiduciaria statica

Sostituto d’imposta Cross Border

Adempimenti fiscali italiani per rendite AVS, 2 e 3 Pilastro, Libero Passaggio

Adempimenti fiscali italiani per investimenti esteri

rivarenofiduciaria.it

Coworking speciale

Gli spazi protagonisti del focus:

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Un inedito connubio tra affari e relax

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Dove la fiducia crea opportunità

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Un ambiente stimolante oltre il codice postale

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Una rivoluzionaria gestione digitale

p. 68

Da 35 anni, il business hub di riferimento a Lugano

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Una nuova era della collaborazione

Nati come un fenomeno di nicchia - l’alternativa ai tradizionali uffici abbordabile per freelance e startuppergli spazi di coworking interpretano oggi in modo maturo le esigenze di un mondo del lavoro in fase di radicale ridefinizione. La loro crescente diffusione intercetta una domanda che non è più episodica, ma espressione del cambiamento di priorità di vita e strategie aziendali, modelli di lavoro e mobilità: i dipendenti chiedono flessibilità, un ambiente di qualità, benessere mentale e relazioni professionali arricchenti; le aziende cercano efficienza, razionalizzazione dei costi, agilità nella pianificazione e performance. Dall’altra parte, rispondono gli operatori del settore e il mercato immobiliare, dove la rigidità dei tradizionali stabili di uffici è sempre meno premiata.

Una leva di employer branding «Il coworking non è semplicemente una scelta logistica o di costo, ma un potente strumento di employer branding», osserva Barbara Sorce, Responsabile Ticino per Randstad Svizzera. «L’employer branding è diventato una delle priorità più pressanti per il mercato elvetico: attrarre candidati qualificati, trattenere i talenti e ridurre il turnover non è più un’esigenza solo delle grandi multinazionali, ma anche delle Pmi. A maggior ragione in Svizzera, dove la competizione

sul mercato del lavoro è serrata e la scarsità di profili in alcuni settori si traduce in una costante pressione sul recruiting», prosegue Barbara Sorce.

Le ricerche del Randstad Workmonitor mostrano come le priorità dei lavoratori si stiano spostando dal pacchetto retributivo alla qualità dell’esperienza lavorativa. L’equilibrio tra vita privata e professionale, un ambiente di lavoro gradevole e il senso di comunità sono fattori centrali nelle scelte delle persone, e il coworking risponde direttamente a queste esigenze. «Quando un’azienda offre un Coworking Benefit sta comunicando ai propri collaboratori: “Ci fidiamo di te e investiamo nella qualità del tuo lavoro, offrendoti un’alternativa professionale e sociale al lavoro da casa per preservare il tuo equilibrio e la tua salute mentale. È una leva particolarmente apprezzata da millennials e Gen Z, generazioni di talenti per cui la cultura aziendale pesa quanto - in molti casi più - dei benefit materiali», sottolinea l’esperta di Randstad Svizzera.

Dai business center degli esordi, che offrivano uffici privati e reception condivisa, pied-à-terre funzionali ma spesso impersonali e standardizzati, passando per la stagione dei grandi openspace per freelance e start up sbilanciati su eventi e networking, si consolida oggi l’interesse da parte anche di gruppi strutturati e multinazionali. Gli uffici privati tornano

A cura di Susanna Cattaneo

Spazio alla flessibilità La nuova dimensione del lavoro

Non più solo uno spazio per freelance e startupper, i coworking rappresentano ormai anche in Svizzera una soluzione infrastrutturale e di HR strategica, che risponde in modo efficace alle esigenze del moderno lavoro ibrido e alle aspettative dei talenti in termini di flessibilità e qualità dell’ambiente.

protagonisti, ma con un design contemporaneo, elementi organici e luce naturale, tecnologie integrate di prenotazione e gestione, cabine per chiamate e meeting room e, se possibile, anche spazi outdoor.

«In particolare, si rivela ideale per professionisti digitali, consulenti itineranti, professionisti in viaggio d’affari o che necessitano di un appoggio temporaneo in una città, o per team distribuiti e aziende in crescita alla ricerca di flessibilità senza impegnarsi in contratti pluriennali», illustra Barbara Sorce, che avverte però come la condivisione degli spazi possa avere qualche inconveniente: l’aumento del rischio di esposizione di informazioni sensibili richiede una disciplina rigorosa e strumenti di sicurezza; inoltre, sebbene

esistano aree silenziose, l’ambiente può diventare rumoroso o affollato in determinati orari rispetto all’ufficio privato e, non da ultimo, per un uso intensivo (5 giorni su 5), il costo dell’abbonamento può essere superiore al costo marginale del lavoro da casa, anche se inferiore a canone e spese di gestione di un ufficio tradizionale.

Una trasformazione culturale

Se il coworking contribuisce a ridefinire la geografia di aziende e professionisti indipendenti, il cambiamento in atto è ancora più ampio, di matrice culturale. «Il lavoro distribuito funziona solo se i manager imparano a guidare i team anche quando non condividono lo stesso spazio

fisico. Non basta garantire la tecnologia o definire le policy: è un processo che richiede tempo, ascolto e la capacità di rimettere in discussione abitudini radicate. Ogni azienda deve misurare non solo come le persone lavorano, ma cosa permette loro di farlo bene. E sperimentare nuove formule. È un cambiamento che può creare ansia, soprattutto nei leader abituati al controllo diretto, ma che apre la strada a un’organizzazione più matura, performante e fondata sulla fiducia reciproca», afferma Laïla von Alvensleben che, come consulente specializzata in lavoro in remoto e ibrido, sostiene aziende, organizzazioni e dipartimenti Hr nell’adozione delle nuove modalità di lavoro. Lo stesso ruolo delle Risorse umane sta

Spazi coworking in Svizzera: vincono centri e periferia Numero e suddivisione per zona

Laïla von Alvensleben, Remote & Hybrid Work Consultant.
Barbara Sorce, Responsabile Ticino per Randstad Svizzera.

Coworking

infatti cambiando, a fronte della necessità di facilitare la creazione della cultura aziendale in un contesto distribuito: tanto che sempre più spesso si preferisce la nuova definizione di People Operations o People Team. «Quando una parte del team lavora da remoto, la cultura non si trasmette per osmosi: va progettata, curata e sostenuta con strumenti specifici: momenti di onboarding strutturati, rituali condivisi, spazi di socializzazione virtuale grazie a chat aziendali e figure come l’online buddy, che affianca i nuovi arrivati nei primi mesi aiutandoli a orientarsi nelle dinamiche dell’azienda, fino a vere e proprie esperienze in presenza di team building o ritiri in cui scoprirsi oltre la bidimensionalità dello schermo», suggerisce Laïla von Alvensleben, che è anche socia fondatrice di Future Of Work Alliance - un collettivo internazionale

«La Svizzera rappresenta un mercato ad alto potenziale per il coworking: gli alti costi degli uffici in città premiano modelli come l’hub-and-spoke, in cui l’azienda mantiene una sede centrale ridotta e distribuisce il lavoro in spazi decentrati. Inoltre settori come Fintech e Biotech alimentano una forte domanda di ambienti flessibili e orientati all’innovazione»

Barbara Sorce, Responsabile Ticino di Randstad Svizzera

di imprenditori, professionisti, ricercatori e scrittori impegnati a plasmare il mondo del lavoro moderno.

Quando un’azienda introduce il lavoro ibrido deve pensare anche a nuovi punti di riferimento territoriali, e i coworking possono diventare alleati nella gestione del cambiamento. Offrono spazi flessibili, ma in una cornice operativa stabile, qualità degli spazi e, soprattutto, connessioni non solo virtuali.

Le caratteristiche distintive

Prevalenza utenti lunga durata (>1anno)

Posizione molto centrale

Forte spirito di comunità

Dotazioni e arredo top

Utenti principali: indip. o microimprese

Posizionamento premium

Alto investimento iniziale

Solida rete commerciale prima dell'apertura

Vasta esperienza pregressa

Target tradizionale

Principali

Abbonamento mensile

clientela settoriale

«Uno dei vantaggi è proprio la chiara separazione psicologica tra casa e ufficio, che lo smart working invece spesso annulla. Per definizione, un centro di coworking è invece un hub sociale. Offre opportunità di far rete e relazionarsi con colleghi e professionisti esterni, contrastando l’isolamento del lavoro da casa. È importante ricordare che un ambiente di lavoro positivo è costantemente indicato come uno dei fattori decisivi nella scelta del datore di lavoro e le nostre analisi mostrano che si ottengono risultati migliori quando c’è un senso di comunità in azienda», sottolinea la Responsabile Ticino per Randstad Svizzera.

Laïla von Alvensleben, che in tanti anni all’estero prima del recente rientro in Ticino, oggi sua base operativa, di spazi di coworking molti ne ha frequentati in tutto il mondo, da Singapore alla Malesia agli Stati Uniti ad Amsterdam conferma: «Proprio le opportunità di networking anche con profili esterni alla propria realtà lavorativa sono il grande valore aggiunto e un fattore alla base del successo di un centro di coworking, da sviluppare con una programmazione apposita di eventi, workshop e coaching, oltre a zone di incontro in cui sia possibile parlare senza costringere per forza gli altri utenti alla claustrofobia delle cabine insonorizzate, per non giungere a estremi sconfortanti, come ad esempio mi è capitato spesso a Londra, di open space popolati da utenti che si isolano in cuffia».

Fonte: The Coworking Trends Survey, sondaggio internazionale condotto tra ottobre 2024 e gennaio 2025 su 351 rappresentanti di uno spazio di coworking / flex office con una o più sedi (Europa 30,5%, Usa 29,5%).

Trasformare uno spazio ufficio tradizionale in un vivace hub di coworking non significa dunque solo arredarlo in maniera trendy e dotarlo di connessione Trend degli

Un inedito connubio tra affari e relax

Leventina, Blenio, Bedretto, Morobbia, Malvaglia: sono intitolate alle valli più amate del Ticino le meeting rooms dell’Arbed Smart Center. Un’innovativa struttura nata per abbinare business, networking, benessere e funzionalità. Dotate di un’attrezzatura multimediale moderna, le sue sale modulari sono ideali per conferenze, riunioni aziendali, corsi di formazione, spazi di coworking, eventi professionali e cene aziendali, con la possibilità di ospitare fino a 100 persone.

WiFi veloce. Si tratta di un investimento che richiede un’attenta pianificazione, per diventare anche un’operazione immobiliare e un business di successo.

Opportunità per l’immobiliare

Il cambiamento delle abitudini lavorative ha ovviamente un impatto diretto sul mercato immobiliare. Se, complice il rinnovato ritorno in presenza imposto da molte aziende, la domanda di superfici uso ufficio ha registrato una ripresa dai minimi del 2023, con gli affitti in crescita del 3,5%, l’attività edilizia rimane debole in un clima di incertezza che frena investimenti e pianificazioni. Molte aziende, dopo aver riportato il personale all’ovile, temono infatti di ritrovarsi presto a lasciarlo di nuovo pascolare liberamente, questa vlta però senza occupazione, stante le non rosee previsioni congiunturali e quelle, invece mirabolanti, per l’intelligenza artificiale, onnipotente tuttofare. In questo contesto, il coworking diventa

Oltre ai ristoranti inclusi nel centro, è disponibile su richiesta un esclusivo servizio di catering. La vasta gamma di pacchetti personalizzabili garantisce la massima flessibilità e supporto nella gestione organizzativa e tecnica.

Situato strategicamente a soli 3 minuti dallo svincolo autostradale di Bellinzona Nord e dalla stazione ferroviaria di Arbedo-Castione, l’Arbed Smart Center è facilmente accessibile sia per i viaggiatori locali che internazionali, e dispone anche di 24 stazioni di ricarica Supercharger

un’opportunità strategica per ripensare gli immobili commerciali. I vantaggi possono essere notevoli: gli uffici flessibili migliorano l’intensità d’uso del metro quadro, riducono il rischio di sfitto, permettono di riposizionare immobili che faticano a competere sul mercato tradizionale e di diversificare i ricavi, combinando contratti di abbonamento, affitto di uffici privati, meeting room eventi, servizi a margine, generando anche entrate non puramente locative.

Mentre mercati come gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno visto un’esplosione precoce, la Svizzera, pur rappresentando un mercato giovane, sta registrando una crescita significativa e costante. L’associazione Coworking Switzerland conteggia 160 membri e rileva che metà degli spazi sono nati dopo il 2019. L’ufficio privato è il formato più richiesto, con un tasso d’utilizzo superiore alle aree condivise. Zurigo rappresenta la punta avanzata del fenomeno: le superfici sono quasi tripli-

per veicoli elettrici. Immerso fra bellezze naturali, storia e cultura, è anche il punto di partenza ideale per scoprire la regione: l’invito è ad abbinare soggiorno business e leisure, approfittando delle 48 confortevoli suite dell’Arbed Living Hotel (di cui 10 camere dedicate a persone con disabilità). Gli ospiti possono approfittare di una vasta gamma di servizi esclusivi, tra cui piscina riscaldata, centro fitness all’avanguardia e area wellness.

Arbed Smart Center Via San Gottardo 24a 6532 Arbedo-Castione

Tel. +41 91 252 16 16 info@arbedlivinghotel.ch

cate dal 2019 al 2024. Rilevante anche la diffusione nelle aree periferiche e rurali, dove nuovi modelli di mobilità e l’attenzione al pendolarismo stanno accelerando la domanda.

«La Svizzera rappresenta un mercato ad alto potenziale per il coworking, guidato da fattori economici e dal rapido cambiamento delle strategie aziendali. Nelle città, i costi di affitto per gli uffici sono tra i più alti d’Europa. Il coworking offre una soluzione economicamente efficiente, soprattutto nel modello huband-spoke, dove l’azienda mantiene un ufficio centrale ridotto e ai appoggia ai coworking per le periferie. Inoltre il tessuto economico svizzero, in particolare nel settore fintech e biotech, alimenta una domanda costante di spazi flessibili e orientati all’innovazione», sottolinea Barbara Sorce.

Il potenziale di crescita è promettente: dall’attuale 1% del mercato uffici, gli operatori prevedono un aumento fino

al 6–10% nei prossimi anni. Un’opportunità rilevante per i proprietari, che possono trasformare superfici sfitte in hub flessibili e aumentare la redditività degli asset. Negli Stati Uniti, dove il coworking rappresenta il 2% circa del segmento ma cresce a ritmi sostenuti, le stime di Jll indicano che entro il 2030 il flex potrebbe arrivare al 30% del commercial real estate, con rendimenti potenzialmente superiori del 130–165% agli uffici tradizionali. A fronte, naturalmente, di costi operativi più elevati e della necessità di mantenere tassi di occupazione molto alti.

La conversione degli immobili però richiede una pianificazione accurata: analisi della domanda, valutazione della concorrenza e dell’idoneità dell’edificio, ripensamento dei layout, investimenti in tecnologia e servizi.

Opportunità future

«In particolare, le opportunità di networking anche con profili esterni alla propria realtà lavorativa sono il grande valore aggiunto e un fattore alla base del successo di un centro di coworking,da sviluppare con una programmazione apposita di eventi, workshop e coaching, oltre alla presenza di zone di incontro interne»

Laïla von Alvensleben, Remote & Hybrid Work Consultant

Un ibrido nell’ibrido

Gli uffici tradizionali ristagnano nel mercato svizzero

Uffici sfitti vs.

■ Quota uffici sfitti (sx)

Domande costruzione uffici (dx)

Permessi costruzione uffici (dx)

Gli stabili più adatti sono quelli ben ubicati ma che necessitano di un riposizionamento competitivo. Le strategie più adattabili per il mercato elvetico possono includere il conversioni progressive di piani sfitti senza rinunciare a inquilini tradizionali; modelli misti con quote di coworking del 15-25% affiancate a spazi ufficio tradizionali in affitto, alleanze con gestori locali in white label e programmi di eventi per radicare una community sul territorio.

Obiettivi primari a lungo termine per gli operatori di coworking

Creare

Avere un impatto positivo oltre i nostri spazi

Crescita ed espansione

Creare asset patrimoniali di valore

Garantire un reddito di base

«Il Ticino, come porta a Sud della Svizzera, può in particolare sfruttare questa soluzione per due scopi strategici: sia come punto di contatto o base d’appoggio per aziende e professionisti italiani che vogliono operare nel contesto svizzero, sia per ridurre il pendolarismo, offrendo uffici satellite per i frontalieri che lavorano per aziende della Svizzera interna così da contenere l’impatto di lunghi spostamenti», osserva la responsabile di Randstad Ticino.

Il coworking si inserisce così in una trasformazione più ampia: decongestionamento dei centri urbani, redistribuzione degli spostamenti, valorizzazione di poli locali, creazione di ecosistemi professionali più diffusi. «Trovo anche molto interessante il fenomeno dei coworking in località turistiche, che offre un segnale molto chiaro: la linea che separava tempo di lavoro e tempo libero si è fatta più elastica e il benessere acquisisce una dimensione centrale. Sempre più persone desiderano poter alternare momenti di concentrazione professionale e di rigenerazione, senza confinarli alle ferie. Per questo sono in crescita modelli come la workation che consente alle persone di lavorare da luoghi diversi dalla propria abitazione o dall’ufficio, spesso in contesti turistici o immersi nella natura. Ed ecco i coworking alla Canarie oppure a bordo delle piste di sci nelle nostre località alpine come Verbier, Gstaad o Zermatt. Un’opportunità da replicare anche qui in Ticino, dove il nostro territorio offre molte occasioni per abbinare business e leisure», conclude Laïla von Alvensleben.

La sfida dei prossimi anni sarà portare a maturazione questa evoluzione: integrare gli spazi flessibili nelle strategie aziendali e immobiliari. Sorta di ibrido nell’ibrido, gli spazi di coworking propongono una forma di lavoro in presenza, che è però remota rispetto al modello accentratore della sede centrale, ma ha il vantaggio di incentivare scambi e crossover che l’isolamento delle proprie case, per quanto connesse ad alta velocità ad ambienti virtuali, non consente. Se ben progettato, aiuterà a sentirsi più produttivi, più motivati e ricettivi: contenti di recarsi al lavoro non solo per svolgere la propria attività professionale, incontrare un cliente o chiacchierare con i colleghi, ma perché si percepisce un beneficio dall’ambiente stesso. Che rappresenta anche la migliore garanzia, per chi quelli spazi li realizza e gestisce, di contratti a lungo rinnovati.

Susanna Cattaneo

Fonte: The Coworking Trends Survey
Fonte: Reida, Infopro Digital, Raiffeisen

Coworking Locarno /

Dove la fiducia crea opportunità

Nel centro di Locarno, spazi professionali pratici, accessibili e curati nei dettagli, dove concentrarsi sul lavoro con la flessibilità e la serenità necessarie a cogliere le occasioni.

Alla guida del suo studio di grafica Shin Design, Angelo Renzullo ha lanciato anche Coworking Locarno nel 2020. In cantiere future sinergie fra le due realtà.

Professionisti in smart working, manager in trasferta da oltre Gottardo, freelance o talenti ai primi passi della loro avventura imprenditoriale e perfino turisti che, mentre la famiglia si gode le bellezze del territorio, hanno la necessità di ritagliarsi una giornata di lavoro. Alla sua clientela, Coworking Locarno offre spazi professionali dotati di ogni confort in pieno centro città. Una zona altrimenti accessibile a pochi, con i valori più elevati per i tradizionali uffici, insieme a Lugano. La qualità e la flessibilità delle proposte di Coworking Locarno, a un costo contenuto (da 49.- Chf per la singola giornata ai soli 19.- per pacchetti da 30 ingressi senza scadenze vincolanti) si prestano alle esigenze sia degli utenti occasionali sia di chi, senza assumersi la spesa fissa di un affitto, deve poter contare con regolarità su un ambiente tranquillo e riservato, a differenza di altri spazi di coworking più conviviali, improntati al networking. Il tutto all’insegna della massima funzionalità, a partire dall’accesso autonomo tramite codice personale. «Caffè, acqua, cancelleria, monitor, connessione gigaspeed, stampe e fotocopie… tutti i servizi sono compresi nel prezzo, per assicurare un ambiente ideale in cui fare ciò che davvero conta: concentrarsi sul proprio lavoro. In aggiunta, è possibile affittare una sala riunioni attrezzata dove organizzare appuntamenti con i propri clienti,

svolgere lezioni private o seguire videoconferenze, mentre una più generosa sala munita di grande televisore, proiettore, flipchart è ideale per eventi o sessioni con piccoli gruppi», sottolinea Angelo Renzullo. Sua l’iniziativa da cui è nato nel 2020 questo primo spazio di coworking del Locarnese - tuttora tra i rarissimi nella regione.

Anche se tutto è programmato affinché i clienti possano accedere in autonomia, l’impronta di Angelo Renzullo è presente in ogni dettaglio: arredi professionali e ampie postazioni ergonomiche, la giusta illuminazione, prese dove servono, cancelleria… perfino il gancio per appendere la borsa. È l’armonia stessa dell’ambiente a indurre al rispetto reciproco. Lo spirito di osservazione è quello del grafico, attività principale che Angelo Renzullo porta avanti da oltre vent’anni con il suo studio Shin Design, offrendo servizi di realizzazioni grafiche, comunicazione, contenuti web e campagne pubblicitarie, che possono interessare anche chi frequenta Coworking Locarno.

Ma nell’aria c’è un’ulteriore sinergia. «A settembre ho rilevato una storica serigrafia di Locarno impegnandomi a riassumere i suoi collaboratori: un grande salto rispetto al mio passato da indipendente. Portandomi in casa le competenze di questa serigrafia, in precedenza mio partner esterno, siamo ora in grado di realizzare direttamente anche prodotti

legati alla decorazione veicoli e abbigliamento, vetrine, segnaletica, stampa digitale ecc.», racconta. «Approfittando di questo ecosistema creativo e produttivo completo, la prospettiva è di offrire anche a designer neodiplomati o freelance in crescita un ponte tra scuola, professione e imprenditorialità: una postazione professionale, una sala dove incontrare i clienti, licenze software, ma soprattutto la possibilità di confrontarsi con la produzione, come raramente accade durante la formazione», anticipa il titolare di Shin Design. Con diversi istituti di formazione in Ticino come la Csia, la Supsi (dove lui stesso ha studiato) e tutto il mondo dell’audiovisivo che ha il suo polo a Locarno, da sempre fucina di artisti e cultura, le premesse sono ottime.«Per un giovane designer, lavorare solo nella sua cameretta può diventare un limite. Vorrei creare un ambiente in cui vedere il proprio progetto prendere forma, con il supporto tecnico giusto. Un luogo dove, oggi che tutto è virtuale, imparare le basi concrete: come si manda un file in stampa, come si prepara un preventivo, come si gestisce un cliente. Capire cosa è davvero realizzabile, parlare con chi stampa, con chi decora, con chi lavora sul materiale. Una possibilità che, vent’anni fa, mi è mancata», conclude Angelo Renzullo, che ha una solida esperienza anche come formatore. Nelle sue parole torna spesso un valore che accomuna tutte le sue diverse iniziative: fiducia. Questo il significato di Shin in giapponese, cultura di elezione di Angelo Renzullo, che proprio dalla passione per i manga è arrivato alla grafica. Una cifra che sintetizza il modo in cui intende costruire servizi e relazioni, con una visione di lungo periodo. Un investimento, prima di tutto, umano.

Via Ai Saleggi 7

6600 Locarno

Tel. +41 91 730 18 93

Mob. +41 78 659 49 77

Francesca

Prospero Cerza

Fondatrice di Coworkingbar.ch

Nel 2025, il concetto di “ufficio” ha perso i confini fisici. E proprio lì, dove lavoro e vita si intrecciano, nasce Coworkingbar.ch: la piattaforma made in Ticino che parla il linguaggio del futuro e trasforma lo “spazio di lavoro” in un’esperienza immersiva tra produttività, bellezza e connessione.

Andando oltre il semplice desk sharing, Coworkingbar.ch è un ecosistema fluido dove luoghi unici diventano scenari di lavoro rigeneranti: hotel affacciati sul lago, ville storiche immerse nella natura, gallerie d’arte convertite in spazi creativi. Ogni spazio di lavoro è selezionato per stimolare la concentrazione e il benessere, valorizzando il territorio ticinese.

Una nuova cultura del lavoro

Nel mondo post-pandemico, il benessere conta più del salario per la maggioranza dei lavoratori (Workmonitor 2025, Randstad). Le imprese che intendono attrarre e trattenere talenti devono saper offrire esperienze lavorative che integrino flessibilità, relazione e ispirazione. Coworkingbar.ch risponde a questa esigenza proponendo delle soluzioni su misura per:

• Team aziendali in ritiro strategico o formazione full-stack: dalla sala out of the box, alla logistica di soggiorno fino alle attività di team building in un unico interlocutore.

Un ambiente stimolante, oltre il codice postale

Cosa succede quando i confini tra lavoro, benessere e ispirazione si dissolvono? Nasce Coworkingbar.ch, un ecosistema che reimmagina gli spazi e i tempi del lavoro.

• Turisti interessati a combinare il “piacere con il dovere” grazie alle nostre offerte di workation vantaggiose.

• Freelance e professionisti in viaggio, in cerca di spazi di lavoro con soluzioni di coworking combinate ad attività di benessere e svago (dalla Spa al centro fitness o il servizio Kids club).

Architetti del fuori ufficio

Con pacchetti flessibili di retreat aziendali, workshop e team building, Coworkingbar.ch accompagna le aziende verso un nuovo approccio al lavoro: più umano, esperienziale e relazionale. Escape room tra i vigneti, meditazione in riva al lago o sessioni di leadership in location iconiche non sono più “extra”, ma strumenti per far emergere soft skill, fiducia e coesione.

A questo si aggiunge la Business Community: una rete di professionisti e imprenditori che usano la piattaforma per creare sinergie, generare opportunità e condividere visioni.

Workation: un driver strategico per le aziende

Le imprese lungimiranti aggiungono opportunità di workation nei propri piani di welfare. Oltre il benessere individuale, si crea un impatto positivo su employer

branding, engagement e innovazione. Coworkingbar.ch diventa così un partner strategico per aziende che vogliono superare il concetto di sede fisica e abbracciare un nuovo mindset: “Il lavoro non ha un codice postale”.

E se il vostro team avesse bisogno di nuovi orizzonti per pensare in grande? Nel 2025, l’ufficio non può più dipendere da un indirizzo. Per Coworkingbar.ch, il lavoro non è rappresentato da una sede, ma da uno spazio mentale e relazionale in cui sentirsi allineati con ciò che si fa.

Un modo di vivere il lavoro che riconosce il valore della libertà, della bellezza, dell’incontro.

Oggi più che mai, uscire dalle mura dell’ufficio non è una pausa, ma una scelta strategica. Forse, il prossimo vantaggio competitivo non è un software, ma uno spazio di lavoro, chissà, fuori ufficio.

Info@coworkingbar.ch

Una rivoluzionaria gestione digitale

Nel panorama immobiliare ticinese sta emergendo un modello innovativo, che combina digitalizzazione avanzata e personalizzazione. Dimostrazione pratica, gli spazi lavorativi e abitativi proposti da TheCo.

Prenotazione online in pochi clic, accesso semplice e sicuro 24/7 grazie alle chiavi digitali Dormakaba, disponibilità di attrezzature, servizi aggiuntivi e sala meeting. In linea con la domanda del territorio, gli spazi lavorativi proposti da The Co., in una palazzina storica nel cuore di Lugano, e oggi con una sede anche a Caslano, non sono i grandi ambienti condivisi dove affittare una scrivania, ma uffici indipendenti, tranquilli e funzionali, pensati per liberi professionisti e imprese che hanno bisogno di un presidio agile sul territorio. A tutti coloro che rimangono più di una settimana - la maggior parte, tanto che l’anno prossimo si prevede duplicare le superfici - viene consegnato un pacchetto di benvenuto con prodotti locali, un gesto che aggiunge un tocco umano a un’esperienza altamente automatizzata e consente a una clientela spesso internazionale di familiarizzarsi con il territorio.

Una formula che ha il suo corrispettivo nel coliving: mono e bilocali arredati, in posizioni strategiche della città e prenotabili online, con un canone mensile all-inclusive e possibilità di disdetta immediata. Un unicum in Ticino, pensato per manager in trasferta, professionisti dall’estero in attesa di una sistemazione definitiva, oppure residenti che necessitano di un appoggio temporaneo durante una ristrutturazione. Appena pubblicati, gli appartamenti vanno a ruba: i proprietari ottengono un rendimento superiore rispetto ad Airbnb e gli inquilini trovano una soluzione flessibile ma non precaria, con una permanenza media di 3-6 mesi.

«Il minimo comun denominatore fra queste offerte di coworking e coliving è la nostra piattaforma The Co. che digitalizza prenotazioni, check-in, transazioni e gestione di uffici e appartamenti. Chi possiede spazi da valorizzare può utilizzarla come marketplace, esternalizzare a noi la gestione completa oppure adottarla personalizzandola con il proprio marchio», spiega il Ceo Roberto Fantoni.

Corso Elvezia 27, 6900 Lugano

Tel: +41 91 210 36 73 - info@the-co.ch

Lanciato nel 2022, The Co. è uno dei progetti di FlatMan, la proptech che ha cofondato con Rocco Vicenzi nel 2018 per rendere più efficiente ed economica la gestione immobiliare. Al centro, l’omonima piattaforma che integra amministrazione, inquilini e artigiani in un ambiente digitale centralizzato, ottimizzando archiviazione documentale, ticket, manutenzioni e appuntamenti, con monitoraggio in tempo reale. Il tutto accessibile tramite webapp, da abbinare anche a bacheche digitali che rimpiazzano gli avvisi cartacei all’ingresso dello stabile. Numerose agenzie immobiliari del territorio hanno già aderito e diversi artigiani fra i 200 coinvolti come utenti, hanno manifestato interesse anche per lo sviluppo di versioni con funzioni aggiuntive personalizzate, da usare come gestionale delle loro ditte.

«Capisco che per molte fiduciarie ticinesi, che gestiscono piccoli immobili con margini ridotti, non sia semplice ripensare processi radicati. Ma chi investe in digitalizzazione aumenta l’efficienza, riduce i costi e migliora l’esperienza dei clienti», evidenzia Roberto Fantoni, che

conosce dall’interno le logiche locali del settore, “figlio d’arte”. Membro inoltre del nuovo comitato digitale della SVIT, immagina un ecosistema capace di riunire tutti gli attori della filiera. «Servono sinergie tra agenzie immobiliari, software contabili, aziende elettriche, servizi di facility management, sistemi di sicurezza… L’intero settore deve far squadra e consolidarsi prima che arrivino i grandi player dalla Svizzera interna. È dunque giunto il momento di unire competenze e creare un’innovazione davvero ticinese», conclude il Ceo di FlatMan.

Anche agli utenti di The Co. che effettuano prenotazioni superiori alla settimana viene dato accesso alla piattaforma FlatMan, dove consultare tutti i documenti in digitale. Gli uffici di The Co. sono inoltre inseriti nel circuito flesk.ch, indirizzo leader in Svizzera per la prenotazione di coworking, che consente ai dipendenti delle aziende abbonate di usufruire degli spazi partner della sua rete con la massima flessibilità. Infine, a ulteriore conferma del suo posizionamento, The Co. è fra i due soli operatori del settore in Ticino a far parte dell’Associazione Coworking Svizzera.

Da 35 anni, il business hub di riferimento a Lugano

In un mercato esposto a cambi di gestione o instabilità, da 35 anni la solidità patrimoniale di Veco Business Service è un punto fermo per chi desidera pianificare la propria presenza a Lugano.

Nel panorama economico ticinese, segnato da una crescente domanda di soluzioni flessibili, affidabili e di qualità, Veco Business Service si distingue come una delle realtà più solide e longeve del settore. Anticipando la futura esigenza del mondo del lavoro di fruire di spazi a uso ufficio pronti modulabili e funzionali, da oltre 35 anni offre a Lugano un Business Center di eccellenza, scelta privilegiata per professionisti, imprese locali e gruppi internazionali che cercano un partner stabile, competente e orientato al risultato.

«Uno dei principali vantaggi competitivi di Veco Business Service è la gestione del proprio Business Center in un moderno immobile di piena proprietà. Una scelta strategica che assicura continuità operativa nel lungo periodo, investimenti costanti nella manutenzione e nel miglioramento degli spazi e totale indipendenza da vincoli di locazione o rischi collegati a terzi», sottolinea il direttore Leo Beltrametti.

Da pochi metri quadrati a più ampi spazi di rappresentanza, il Business Center sulle rive del Lago di Lugano, in prossimità del Parco Ciani, offre un’ampia

«Veco Business Center ospita da anni grandi multinazionali, imprese innovative e piccoli professionisti, tutti accomunati da un elevato livello di soddisfazione.

Un dato parla più di mille parole: in 35 anni nessun cliente ci ha mai abbandonati per un altro business center in città»

gamma di soluzioni temporanee e permanenti, anche personalizzabili, liberando i suoi locatari dall’impegno di arredare o ristrutturare, gestire servizi, utenze e personale: si accede 24/7 pagando un canone fisso che include tutte le spese. In aggiunta, disponibili anche sale riunioni attrezzate per meeting, presentazioni, colloqui o videoconferenze.

Veco Business Service adotta con successo un modello “boutique”, caratterizzato da dimensioni ottimali, specializzazione e massima cura del cliente. «La nostra efficienza nasce anche da un’organizzazione interna snella, con linee di riporto molto leggere, che garantiscono

una gestione rapida e senza burocrazia. Ogni ufficio dispone inoltre del contatto diretto con un manager dotato di ampi poteri decisionali, capace di intervenire tempestivamente su qualsiasi esigenza operativa o amministrativa. Il risultato è un servizio estremamente reattivo, personalizzato e costruito sulle reali necessità dei nostri ospiti», prosegue Leo Beltrametti.

La qualità è assicurata da un management di eccellenza, proveniente dalle migliori università svizzere e forte di oltre 20 anni di esperienza nei settori del real estate, dei servizi corporate e della gestione immobiliare. Una combinazione di formazione d’élite e know-how operativo che rende l’azienda un interlocutore autorevole, capace di unire visione strategica, affidabilità e profonda conoscenza del mercato locale.

La qualità dell’offerta Veco non si misura solo nei processi, nelle strutture o nella solidità patrimoniale, ma soprattutto nella fidelizzazione della clientela.

«Il nostro Business Center ospita da anni grandi multinazionali, imprese innovative e piccoli professionisti, tutti accomunati da un elevato livello di soddisfazione. Un dato parla più di mille parole: in 35 anni nessun cliente ci ha mai abbandonati per un altro business center in città», conclude il direttore di Veco Business Service. Una reputazione confermata dalle survey annuali, con un tasso di soddisfazione del 99,7%.

Via Lavizzari 4

6900 Lugano

Tel.: +41 91 922 52 31

vecoserv@gmail.com

Una nuova era della collaborazione

NUn luogo in cui il lavoro si trasforma in un’esperienza. The Hub Manno offre a freelance, start up, professionisti e team aziendali non solo uffici flessibili, ma uno spazio di connessione dinamico, con servizi all’avanguardia e un design che stimola creatività e business.

egli ultimi anni, il mondo del lavoro ha subìto una trasformazione radicale, con un crescente interesse per spazi di coworking e nuove modalità di gestione degli uffici. Questi ambienti condivisi, pensati per favorire collaborazione e flessibilità, rappresentano una risposta innovativa alle esigenze di professionisti e aziende moderne.

Il coworking non è più solo una scelta per freelance e start up, ma sta diventando una soluzione anche per grandi aziende, che cercano maggiore agilità e possibilità di ridurre i costi fissi. Gli spazi condivisi offrono non solo postazioni di lavoro, ma un’opportunità per creare una community dinamica, che stimola la creatività e l’innovazione.

In un mondo sempre più interconnesso, coworking e uffici ibridi rappresentano un’occasione per ottimizzare spazi e risorse.

The Hub Manno, a pochi passi da Lugano, propone soluzioni su misura, spazi di lavoro condivisi oppure uffici arredati di diverse metrature.

Il design in stile nordico, caratterizzato da colori caldi e luce naturale, crea un ambiente accogliente e di grande serenità e benessere. Un connubio che stimola la creatività e il piacere di recarsi quotidianamente in un contesto lavorativo.

Accessibili 24/7, forniamo servizi esclusivi, come cabine telefoniche insonorizzate, internet ad alta velocità, domiciliazione aziendale, una sala riunioni con attrezzature professionali, cucina attrezzata, aree relax e ampia corte esterna.

Ci troviamo nel centro business di Manno, a pochi minuti dal centro di Lugano. Grazie a questa posizione strategica, a due passi dallo svincolo autostradale e dalla stazione FFS di Lamone, siamo vicini alle esigenze del mercato ticinese.

Il

Per maggiori informazioni su spazi, servizi e prenotazioni: Tel. +41 91 610 42 20 info@thehubmanno.ch

Via Cantonale 38 6928 Manno

Moderni uffici privati arredati con cura, sale meeting attrezzate, cabine insonorizzate e altri servizi esclusivi: The Hub Manno offre un ambiente dinamico e professionale per supportare business e networking.

tuo ufficio ideale ti aspetta!

Colpo di genio mignon

Miniaturizzando un classico dolce grigionese, Reto Schmid ha rilanciato la “Conditoria” di famiglia, che oggi dai1405 metri di Sedrun delizia clienti e marchi privati nel mondo intero.

Esattamente 60 anni fa, nel 1965, mio papà ha fondato, a soli 18 anni, una tradizionale panetteria del paese, battezzata con il suo nome: Bäckerei Marcel Schmid. All’epoca lavorava da solo dietro le quinte, mentre sua sorella gestiva il negozio. Era un periodo d’oro: il problema non era riuscire a vendere, ma stare dietro alla domanda. Dopo soli quattro anni, è stato costruito l’attuale edificio principale con caffetteria e, grazie al costante successo, nel 1978 ha potuto realizzare anche un laboratorio di produzione tutto suo. Ricordo ancora, da bambino, quel grande evento: un investimento da circa un milione di franchi a quei tempi testimonia quanto bene andassero gli affari per i miei genitori. Una crescita che è proseguita per tutti gli anni Novanta.

Dopo essermi diplomato come panettiere-pasticcere e confettiere, ho preso le redini dell’azienda nel 2004. Tuttavia, proprio allora è iniziato un declino strutturale. Il termine del cantiere a Sedrun per la costruzione della Galleria di base del San Gottardo ha visto andarsene centinaia di operai, mentre la forza del franco penalizzava il turismo. Hotel e impianti di risalita hanno cominciato a rifornirsi di pane e prodotti da forno congelati, mentre i clienti del paese frequentavano sempre più i supermercati a valle, dove i prezzi erano già inferiori.

Mi è quindi toccato elaborare un nuovo business model che rendesse l’attività economicamente sostenibile. Cercavo un prodotto che non dipendesse dalla domanda stagionale. Nel 2014 siamo riusciti a lanciare sul mercato quella che probabilmente è “la più piccola torta di noci grigionese del mondo”: 4 cm di diametro per 19 grammi di peso. Una variante mignon di un dolce apprezzatissimo dalla nostra clientela ma che - a base di noci, miele e caramello - ha il solo ‘difetto’ di essere molto calorico e, per chi vuole centellinarlo, una volta tagliato tende a seccare. L’intuizione di proporlo in mo-

Reto Schmid, proprietario de La Conditoria, a Sedrun, dove sforna le più piccole Bündner Nusstörtli al mondo e altre delizie vendute in 14 Paesi. L’azienda è stata finalista del Prix SVC Ostschweiz 2022.

noporzione, a lunga conservazione e con un packaging attrattivo, ha fatto ridecollare l’azienda. Per trasformare l’idea in un prodotto maturo per il mercato, mi sono stati necessari quattro anni di studio e tentativi. Diversi dettaglianti svizzeri ed esteri hanno iniziato a comandarne e presto, malgrado funzionasse a pieno regime giorno e notte, il nostro laboratorio non è stato più sufficiente. Tra il settembre 2019 e l’estate 2020 abbiamo investito circa 9 milioni nella costruzione della prima fabbrica dedicata alla torta di noci grigionese. In un villaggio alpino come Sedrun, rappresenta una cifra tutt’altro che usuale. Nel pieno dei lavori, lo scoppio della pandemia ci ha indotto a convertire quello che avevamo immaginato come uno spazio esperienziale in una confetteria per la produzione di cioccolato. Così oggi La Conditoria Sedrun-Switzerland, oltre a produrre le Mini Bündner Nusstörtli in milioni di pezzi, con oltre 100 tonnellate di massa di cacao lavorata è anche tra i maggiori trasformatori di cacao del Can-

ton Grigioni. Creiamo nuovi prodotti e li realizziamo anche in grandi volumi per il commercio al dettaglio svizzero: praline Fine Food, conigli di Pasqua e tavolette di cioccolato con tecnologia speciale per Migros Svizzera.

L’azienda è in forte crescita ed, entro fine anno, impiegheremo oltre 50 collaboratori, producendo, oltre agli articoli in cioccolato e alle mini torte, anche prodotti di pasticceria per tutto il retail svizzero e per molti marchi privati. I nostri prodotti vengono inoltre esportati in circa 14 paesi, dagli Stati Uniti all’Europa fino all’Asia. Ciò avviene soprattutto grazie alla presentazione delle nostre creazioni nelle principali fiere internazionali, da Colonia a Parigi fino a Dubai.

In questi anni ho investito tutto il mio patrimonio nell’azienda. Ma sembra che la scommessa stia dando i suoi frutti. È stato un azzardo enorme puntare tutto su un’unica carta, ma sono convinto che, se ci si crede davvero, si possano ottenere grandi risultati. E non è finita: ritengo che siamo solo agli inizi. Guardare sempre avanti è fondamentale.

L’attività di oggi è del tutto diversa da quella gestita da mio padre, ma probabilmente non esisterebbe più se non avessi avuto il coraggio di innovare e apportare i cambiamenti necessari negli ultimi vent’anni. Oggi possiamo dire di essere uno dei datori di lavoro più importanti della regione, che assicura posti di lavoro annuali e di qualità: ingegneri alimentari, responsabili marketing e packaging, confettieri, panettieri e anche profili più semplici. Proprio ciò che serve per rendere attrattiva una regione.

Possiamo affermare con orgoglio di aver trasformato una panetteria di paese in un attore di rilievo nel mercato svizzero. Un’azienda che produce a circa 1400 metri di altitudine, nel cuore dei Grigioni, e che, grazie a tecniche innovative, è determinata a continuare a crescere.

In collaborazione con Swiss Venture Club (SVC)

Un’imperdibile serie di coproduzioni

Con “La linea della palma”, in diffusione da inizio dicembre, la Rsi è alla sua seconda coproduzione di una serie televisiva. Un’occasione per rendere protagonista il territorio, sullo schermo e dietro, generando oltre a un prodotto artistico di qualità un indotto di cui beneficia l’intera economia regionale. Un progetto inscritto nel cruciale sostegno della Ssr Srg alle opere audiovisive svizzere.

Una storia intensa, ricca di colpi di scena, che fonde thriller e dramma familiare, cronaca e invenzione. Lo spunto l’hanno offerto le voci che vorrebbero in Svizzera la Natività del Caravaggio, capolavoro scomparso nel 1969 a Palermo. La linea della palma, titolo della serie, allude alla risalita verso nord della mafia, con cui la giornalista protagonista, indagando sulla morte del padre, scopre di essere legata a doppio filo. Sicilia, Milano, Como e, soprattutto, molto Ticino (55 giorni di riprese sui 66 complessivi), un territorio che sorprende con il potenziale cinematografico del suo paesaggio. La stiamo scoprendo lunedì dopo lunedì, dal 1 dicembre in diffusione su Rsi, coproduttrice dei 6 episodi da 45 minuti (o per i più impazienti, one shot su Play Rsi). «Da ormai oltre 30 anni il Pacte dell’audiovisuel vede la Srg Ssr fra i pilastri del finanziamento e della produzione dell’audiovisivo svizzero, dai

corto ai lungometraggi, documentari e animazione. Da una decina di anni, si è intensificata anche la produzione di serie tv, che costituiscono un linguaggio molto interessante per raccontare il territorio attraverso immagini e storie avvincenti che ne rappresentano l’identità e stimolano la discussione», sottolinea Alessandro Marcionni, Responsabile Doc & Fiction Rsi. Con La linea della palma, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana è al suo secondo cimento nella produzione seriale, dopo il successo di Alter Ego, presentata a fine 2023. Entrambi i progetti sono stati selezionati fra le 165 proposte raccolte dal bando pubblicato nel 2019 per lanciarsi nella serialità sulle orme di Srf e Rts. Questa seconda volta però con un budget raddoppiato, circa 8,5 milioni di franchi. Per sostenere un progetto di questa portata con le competenze e i finanziamenti necessari, accanto al produttore principale occorre una rete di partner e collaborazioni. «Ho scoperto La linea

della palma chiacchierando con Maria Roselli, giornalista investigativa che insieme a Mattia Lento ha ideato la serie. Lavoriamo nello stesso stabile a Zurigo e capita spesso di incrociarsi nelle pause. Quando mi ha raccontato del suo progetto selezionato da Rsi, ho subito intravisto tutti gli elementi necessari per avere successo nel panorama attuale, con una distribuzione anche oltre i confini svizzeri», sottolinea Christof Neracher, Managing Director e proprietario di hugofilm features, una delle principali società di produzione svizzere. Già impegnata sul fronte del cinema d’autore, frequenta volentieri anche le serie tv ed è inoltre stata produttrice del primo film svizzero sostenuto da Netflix, Early Birds. «Produrre una serie è però un processo molto lungo e impegnativo: fondamentale è lavorare molto bene sullo script, come abbiamo fatto per La linea della palma, dedicando quattro anni allo sviluppo contro uno di riprese e post-produzione, perché mentre si possono fare

Sostegno Ssr all’audiovisivo

Budget Pacte e altri investimenti, 2023

Genere Pacte Extra Pacte

Fiction 6’120’194 482’241

Documentari 3’134’716 361’632

Animazione 574’545 7’340

Totale 9’829’455 851’213

Fiction 21’802’090 14’919’504

Documentari 2’375’894 487’573

Animazione 110’000 62’400

Totale 24’287’984 15’469’477

Multimedia 385’000 63’500

Tot. contratti 34’502’438 16’384’190

cattivi film da buone sceneggiature, il contrario è impossibile. Sono dunque stato molto contento quando Thomas Ritter, sceneggiatore con cui ho già spesso collaborato, è arrivato a supportarci nella scrittura, seguito dal regista Fulvio Bernasconi, perfetto con il suo background anche di documentarista per dirigere una serie come questa», prosegue il produttore zurighese.

Va anche detto che rispetto alle spese di sviluppo, produrre costa molto di più, essendo coinvolto un numero decisamente più elevato di professionisti: «Nel nostro caso, una crew di una settantina di persone, trecento figuranti, le maestranze sul set e poi tutti i tecnici nel processo di post-editing, dal montaggio video e audio agli effettivi visivi e speciali, correzione del colore, creazione di trailer e teaser, … Dunque è opportuno arrivarci ben preparati per poter ottimizzare le tempistiche», evidenzia Christof Neracher. Un grande lavoro del quale il primo beneficiario è

«Da una decina di anni, nell’ambito della sua importante attività di coproduzione di opere audiovisive svizzere, la SSR ha intensificato anche la realizzazione di serie tv: un’opportunità molto interessante per raccontare il territorio e per generare un importante indotto, di cui beneficia l’intera economia regionale»

Alessandro Marcionni, Responsabile Doc & Fiction RSI

Pacte de l’audiovisuel

Progetti sostenuti nel 2024

Accanto, due momenti delle riprese, in Sicilia e in Ticino. Al centro, un primo piano di Gaia Messerklinger, che interpreta la protagonista Anna, giornalista investigativa di Lugano al centro della vicenda, che incrocia thriller, dramma familiare e arte.

Un patto vitale per l’audiovisivo svizzero

Parallelamente alla creazione di programmi di informazione, sport e approfondimento culturale, nel rispetto del proprio mandato di servizio pubblico definito dalla Costituzione federale, attraverso le sue unità regionali Rsi, Rtr, Rts e Srf, la Radiotelevisione svizzera contribuisce alla diffusione e, ancor prima, alla produzione di opere audiovisive svizzere. Dal 1996, la cooperazione tra la Ssr e il settore cinematografico svizzero indipendente è sancita da un contratto, il cosiddetto “Pacte de l’audiovisuel”, che stabilisce le condizioni quadro di coproduzione su base quadriennale. Un impegno che da allora ha dato vita a più di 4.000 film e 50 serie, corrispondenti a oltre 140 coproduzioni all’anno.

Dei 34 milioni di franchi - ammontare del sostegno annuale per il 2024-2027 - 20 milioni confluiscono in produzioni televisive e multimediali, 10 milioni vengono destinati al cinema, di cui 2 milioni ai film di animazione. Ai premi sono invece riservati 4 milioni di franchi (Succès Passage Antenne). Ciò si traduce in circa 80 documentari, 35 film e 7-8 serie tv all’anno.

La Ssr Srg non finanzia mai l’intero progetto, ma agisce sempre come coproduttrice, in percentuale minoritaria per i lungometraggi (in media fra il 10-20% del budget) e invece in primo piano per le serie (50-60%). Oltre al supporto finanziario, offre anche il proprio know-how, assistendo registi e autori nella fase di sviluppo, realizzazione e promozione dei loro progetti.

«Considerato l’indotto anche indiretto che generano per l’intero territorio in cui vengono realizzate, le produzioni dell’audiovisivo andrebbero sostenute con adeguati incentivi fiscali per chi viene a girare in Svizzera, come già accade all’estero. Cantoni come il Vallese e Ginevra si stanno muovendo, ma ci vorrebbe una misura a livello nazionale»

Christof Neracher, Producer e Ceo di hugofilm features

La diffusione delle (co)produzioni svizzere

Sopra, una fotografia dell’impatto delle produzioni cinematografiche svizzere, fra sale, piattaforme e festival.

il territorio in cui si gira. Si calcola che in Ticino sia stata spesa metà del budget, dunque circa 4 milioni di franchi. Destinati non sono solo ai professionisti direttamente coinvolti, ma a imprese e servizi del territorio, dalle maestranze a hotel e ristorazione. «Prima ancora di essere un prodotto artistico, il cinema è un’industria. Secondo le stime, per ogni franco investito ne tornano tre. Andrebbe dunque supportata con adeguati incentivi economici. Il potenziale della Svizzera e della nostra regione è molto elevato, ma senza misure a sostegno di chi sceglie di girare qui, è difficile esser competitivi rispetto la concorrenza estera», sottolinea Alessandro Marcionni.

Purtroppo la Svizzera da questo punto di vista in Europa è fra i paesi meno invitanti. «Sarebbe particolarmente interessante poter usufruire di uno strumento di sostegno come il Tax Credit in Italia,

che prevede un credito d’imposta del 40% sui costi sostenuti sul territorio per la produzione di film, opere televisive o web. Quando si è trattato di raccogliere gli altri capitali necessari per poter finanziare La linea della palma, abbiamo potuto in parte approfittarne grazie all’antefatto ambientato a Palermo e al supporto di Indiana Production di Milano. Cantoni come il Vallese e Ginevra stanno cercando di proporre qualcosa di analogo, ma ci vorrebbe una misura a livello nazionale. Considerato l’indotto anche indiretto che generano, le produzioni dell’audiovisivo andrebbero sostenute non tanto con i fondi della cultura, ma con agevolazioni fiscali», puntualizza il Ceo di hugofilm. Accanto al sostegno dato a La linea della palma da enti come la Ticino Film Commission, Teleproduktions-Fonds e dalla Zürcher Filmstiftung, fondamentale è stata la collaborazione con Arte, l’emittente franco-tedesca con cui la Ssr ha realizzato negli ultimi 30 anni molte coproduzioni di spicco. Proprio Arte sarà, a partire da marzo, la prima piattaforma di diffusione della serie fuori dai confini

elvetici, dopo Rts e Srf in patria. Ma già si ambisce a mercati più lontani. «La linea della palma è già stata annunciata lo scorso ottobre al Mipcom di Cannes, principale mercato mondiale dedicato ai contenuti televisivi e di streaming, da True Colours, società di distribuzione internazionale che ha dimostrato di credere nella serie e si attende di raccogliere almeno fra mezzo e un milione. Il prossimo importante appuntamento sarà l’European Film Market a Berlino», illustra Christof Neracher. Teaser, trailer e artwork sono pronti per la promozione, anche se poi in base al contesto locale diversi sono gli elementi su cui spinge il marketing. Chi predilige la componente thriller, chi la trama mafiosa, chi l’arte, che il dramma familiare… «Quando si valuta se produrre una serie si verifica sempre che ci siano i presupposti per arrivare a diversi target e per sviluppare più stagioni. Se il pubblico gradirà, abbiamo già in serbo diverse idee», anticipa Alessandro Marcionni. Decisivo, oltre al plauso del pubblico, sarà l’esito della votazione del prossimo 8 marzo. Un sì all’iniziativa “200 franchi bastano!” costringerebbe infatti la Ssr a una dieta ancor più stretta di quella già in atto, che prevede tagli per 270 milioni di franchi entro il 2029. «Se l’iniziativa venisse approvata, praticamente dimezzando le nostre risorse rispetto solo a qualche anno fa, inevitabilmente il sostegno della Ssr alle produzioni dell’audiovisivo svizzero ne uscirebbe quantomeno drasticamente ridimensionato. Ogni anno - ricordo - la Ssr contribuisce per un terzo al volume di produzione dell’audiovisivo nazionale, investendo circa 50 milioni di franchi fra il Pacte de l’audiovisuel e ulteriori mezzi in progetti che, in un mercato piccolo come quello svizzero, difficilmente sarebbero in grado di reperire finanziamenti. Inoltre sosteniamo anche l’informazione, lo sport, la musica, … dunque quello che apparentemente è un taglio ai nostri mezzi, in realtà si ripercuoterebbe su tutti questi media che, insieme a noi, raccontano il nostro territorio», conclude il Responsabile Doc & Fiction Rsi.

L’auspicio è che proprio la qualità di progetti come La linea della palma possa contribuire a sensibilizzare il pubblico da una parte, e la politica dall’altra. Un finale sospeso, come insegna ogni buona serie, augurandosi tante future stagioni.

Fonte: Swiss Films
Serie Stagioni ■ Germania ■ Francia
Austria ■ Italia ■ Altri Paesi
Numero film Numero piattaforme
UE Resto del mondo
Biglietti al cinema fuori dalla Svizzera
Festival con almeno un film svizzero in una sezione competitiva
svizzere
piattaforme
© Foto Heike

Super-ricchi sotto-tassati?

Dopo l’adesione all’imposta minima globale sulle multinazionali, in Svizzera ci si interroga se ci siano le basi per giustificare anche quella sui miliardari proposta da Zucman.

La crescente disparità di patrimonio globale è diventata un tema centrale nel dibattito fiscale internazionale. Studi economici mostrano che gli attuali sistemi fiscali favoriscono questo sviluppo, consentendo ai miliardari di ridurre il proprio carico fiscale tramite “capital gain deferral” o strutture holding complesse. Per affrontare questo problema, l’economista francese Gabriel Zucman propone un’imposta minima globale del 2% sul patrimonio netto dei miliardari. Dopo l’introduzione dell’imposta minima globale per le multinazionali, una tassa coordinata a livello internazionale non sembra più impossibile, rendendo ancora più rilevante valutare se l’imposta di Zucman sia compatibile con la Costituzione federale svizzera.

A livello costituzionale, centrale è l’art. 127 cpv. 2 CF., che contiene i principi dell’imposizione fiscale, ovvero i principi della generalità, dell’uniformità e dell’imposizione secondo la capacità economica. Questo contributo esamina in particolare la compatibilità con il principio della generalità. Quest’ultimo richiede che le imposte siano distribuite il più possibile su tutta la popolazione e non solo su una minoranza con grande capacità economica. L’imposta proposta da Zucman, che in Svizzera riguarderebbe solo circa 150 miliardari (0,009% della popolazione), a priori sembra essere difficilmente compatibile con questo principio.

gettivamente giustificabili. Qui si inserisce l’argomentazione di Zucman: l’imposta minima mira a correggere la sottotassazione strutturale dei miliardari, dovuta alle strategie menzionate in precedenza, e potrebbe quindi essere giustificata secondo questa giurisprudenza.

Resta però incerto se questa sottotassazione, osservata da Zucman negli Stati Uniti, in Francia e nei Paesi Bassi, sia riscontrata anche in Svizzera. Uno stu-

sugli effettivi prelievi fiscali di miliardari, e riguarda unicamente miliardari svizzeri. I cittadini stranieri, che rappresentano circa tre quarti dei miliardari residenti in Svizzera, possono infatti beneficiare dell’imposizione secondo il dispendio a livello federale (art. 14 Lifd), così in alcuni cantoni non vengono tassati in base alla loro effettiva capacità economica, ma in base al costo della vita, ottenendo un privilegio fiscale che potrebbe costituire una lacuna strutturale.

Tuttavia, il Tribunale federale ammette eccezioni al principio della generalità quando colmano una lacuna sistematica nel sistema fiscale e risultano quindi og-

dio modello della Dr.ssa Isabel Martinez (2024) suggerisce piuttosto che la tassa patrimoniale svizzera agisca già come un’imposizione minima per i miliardari svizzeri, in quanto include anche la tassazione di guadagni di capitale non realizzati. Da questo punto di vista, in Svizzera potrebbe quindi non esistere una sottotassazione comparabile a quella descritta da Zucman, e quindi nessuna lacuna da risolvere con la sua imposta globale.

Occorre però considerare che lo studio di Martinez si basa su dati teorici, non

In conclusione, emerge un’immagine ambivalente riguardo alla compatibilità dell’imposta minima globale per miliardari proposta da Zucman con il principio della generalità: da un lato vi sono validi argomenti internazionali a favore di questa imposta per affrontare gli squilibri fiscali strutturali; dall’altro, non è chiaro se tali argomenti si possano applicare anche alla Svizzera, dove la tassa patrimoniale potrebbe già garantire un’imposizione minima sufficiente, almeno per i miliardari svizzeri.

La presente analisi evidenzia un problema più generale: la mancanza di dati sulla tassazione effettiva dei miliardari. Senza una base empirica solida non è possibile stabilire se in Svizzera esista effettivamente una sottotassazione di miliardari. Tali dati sono essenziali sia per una valutazione costituzionale dell’imposta Zucman, ma anche per la formazione dell’opinione politica della popolazione riguardo alle questioni fiscali relative ai miliardari.

Caterina Dahlmann, studentessa di Diritto all’Università di Zurigo (Uzh).

Guardando a Wall Street

Una Tech italiana in forte crescita valuta ambiziosi piani di espansione in Europa, e una Ipo Oltreoceano. Ma cosa c’è alla base del suo esplosivo successo?

Bending Spoons è “pronta a quotarsi” e “ogni anno potrebbe essere quello buono”. Lo ha detto l’Amministratore delegato, nonché co-fondatore, Luca Ferrari in un’intervista a Reuters a novembre, in cui è stato sottolineato il potenziale di crescita per la società Tech italiana una volta completata l’integrazione delle due maxi-acquisizioni di Vimeo e Aol. Nulla è certo, forse si quoterà nel 2026, forse dopo, “ma siamo pronti”, ha rassicurato Ferrari. L’Ad ha aggiunto che probabilmente la destinazione sarà Wall Street, dove le aziende tecnologiche vengono valorizzate maggiormente.

A rendere Bending Spoons pronta allo sbarco in borsa sono, per l’appunto, le due maxi-acquisizioni della piattaforma video Vimeo e del portale internet Aol. Grazie a questi nuovi ingressi, la stima è che l’Ebitda adjusted arriverà a 1,4 miliardi di dollari già nel 2026. Si tratta quindi di una cifra raddoppiata rispetto ai 700 milioni di dollari attesi per l’anno in corso. A livello di valutazione, Reuters ha ricordato che Bending Spoons è stata valutata 11 miliardi di dollari in occasione dell’ultimo round di finanziamento.

Ma prima un passo indietro per capire chi è davvero Bending Spoons. È uno sviluppatore di App per smartphone, ma non solo, come si può capire dalla sua strategia di acquisizioni, tra cui vi sono anche nomi noti quali Evernote e Wetransfer. Bending Spoons è però anche un investitore, pur senza essere una tradizionale società di Private Equity né un puro veicolo di investimento finanziario.

Il suo obiettivo è acquisire marchi tecnologici popolari ma sottoperformanti, per poi trasformarli in modo che servano milioni di utenti in modo più efficiente,

sfruttando anche le competenze interne nel mondo dei software. L’azienda, tra l’altro, non si limita ad apportare modifiche all’esperienza utente e alle funzionalità dei prodotti, ma anche alla tecnologia sottostante, alla strategia di monetizzazione e all’organizzazione del team.

Bending Spoons, inoltre, tende a far parlare di sé per le modalità ‘aggressive’ con cui rilancia le aziende acquisite, spesso attraverso significativi licenziamenti o facendo modifiche controverse a prodotti amati dal grande pubblico.

«A rendere Bending Spoons pronta alla Ipo sono le due maxi-acquisizioni di Vimeo e Aol. Grazie a questi nuovi ingressi, la stima è che l’ebitda adjusted raddoppierà a 1,4 miliardi di dollari nel 2026. A livello di valutazione, Reuters ha ricordato che è stata valutata 11 miliardi di dollari in occasione dell’ultimo round»

Sebbene l’enfasi sull’efficienza e sui ricavi si sovrapponga alle strategie più tipiche di Private Equity, l’azienda rivendica una differenza fondamentale: come riportato da TechCrunch, la società “mira a detenere per sempre e non ha mai venduto un’attività acquisita”.

Riguardo le due recenti acquisizioni, Ferrari ha spiegato di poter “implementare alcune efficienze”, ma nel complesso di essere “in una fase di crescita”. In Vimeo, la previsione è che l’Intelligenza Artificiale automatizzi processi che richiedono molto tempo, come la conversione dei

Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.

formati video, la generazione dei sottotitoli e la traduzione automatica. In Aol, invece, l’obiettivo è quello di migliorare i consigli sui contenuti per incrementare i ricavi derivanti dalla pubblicità, prima di modernizzare il servizio di posta elettronica per diventare competitivi nei confronti dei principali concorrenti.

Tra l’altro, Bending Spoons sta prendendo in seria considerazione l’apertura di altre due sedi in Europa: a Madrid e Varsavia. In totale impiega già ora oltre mille persone, a cui se ne aggiungeranno altre 1.200 circa con distribuite tra le due ultime acquisite, Aol e Vimeo.

La strategia M&A potrebbe subire, addirittura, un’ulteriore accelerazione. A valle della chiusura, annunciata nei mesi scorsi, dell’ultimo round da 710 milioni di dollari, l’azienda ha infatti fatto sapere di voler “impiegare queste risorse per sviluppare ulteriormente le proprie tecnologie proprietarie e capacità di Intelligenza Artificiale, nonché per perseguire nuove acquisizioni che amplino il proprio portafoglio di prodotti digitali per consumatori e imprese”. Finora, i risultati sono chiari: “I prodotti dell’azienda hanno servito più di un miliardo di persone, con oltre 300 milioni di utenti attivi mensili e 10 milioni di clienti paganti”.

Per far fronte ai progetti di sviluppo, è prevedibile che ricorrerà a delle nuove assunzioni. L’azienda ha affermato di aver già ricevuto più di 600mila domande di lavoro nel 2025, una cifra che probabilmente aumenterà man mano che i suoi recenti accordi genereranno ulteriore attenzione sul mercato.

Il ritorno della presenza

Efficienza, automazione, innovazione: una corsa continua che compromette la capacità di concentrazione. Un disorientamento da contrastare tornando a lavorare in modo più consapevole.

Avolte la velocità con cui il mondo accelera non ci mostra solo quanto lontano siamo arrivati, ma anche ciò che abbiamo perso lungo il percorso. Il 2025 è stato un anno ricco di impressionanti progressi tecnologici, eppure molte persone hanno avvertito un diffuso senso di vuoto: la sensazione di essere sì più produttivi, ma meno presenti. Mentre l’Ai assume compiti sempre più complessi, cresce il desiderio di qualcosa di profondamente umano: attenzione, profondità e connessione autentica. Questo ritorno al passato non è un ripiegamento: è il segnale che il progresso resta sostenibile solo se riusciamo a tenere il passo anche interiormente. La velocità annulla la profondità. In una mia intervista apparsa sulla rivista economica m&k, si discuteva in apparenza di responsabilità familiari dei padri di oggi e delle difficoltà nel trovare un equilibrio fra vita privata e impegni professionali. Ma dietro il mio racconto personale è emerso un disagio più ampio. Persone provenienti dalle realtà più disparate avvertono frammentarsi la loro attenzione. L’esigenza di essere costantemente disponibili e, allo stesso tempo, efficienti ha un prezzo: i momenti di concentrazione diventano rari, la lucidità si appanna. La simultaneità permanente lascia poco spazio alle decisioni realmente consapevoli. In questo contesto, la presenza torna improvvisamente al centro della maturità professionale - non in antitesi alla performance, ma come presupposto per raggiungerla.

Il lato oscuro dell’efficienza. Celebriamo efficienza, automazione e innovazione. Ma il punto cieco di questa logica del progresso è la mancanza di pause di riflessione. La velocità genera output, non

orientamento. La creatività nasce negli spazi liberi tra i compiti - non nella corsa ininterrotta. Le relazioni si approfondiscono nell’ascolto, non nel multitasking. E la fiducia cresce dove le persone si sentono davvero riconosciute, non in processi scanditi alla perfezione.

La tecnologia può fare molto, ma non sostituisce quella calma interiore da cui scaturiscono decisioni valide. Una competenza chiave. Nella nuova realtà del lavoro, la presenza diventa una competenza chiave. Chi è presente nel guidare crea chiarezza. Chi è presente nel comunicare riduce le frizioni. E è presente nel decidere offre orientamento anche nelle situazioni più complesse. Le persone non desiderano una costante accelerazione, ma priorità comprensibili e un ambiente in cui possano esprimere i propri punti di forza senza essere schiacciate tra ruoli diversi. La presenza diventa così un indicatore della professionalità - discreto, ma decisivo.

La lezione per le organizzazioni. Il cambiamento culturale è evidente ovunque: si introducono slot di concentrazione protetta, si mettono in discussione le interruzioni, si ridefiniscono i ritmi di lavoro. Le aziende che prendono sul serio la presenza non migliorano solo la loro efficienza, ma anche la qualità strategica. Chi è meno distratto riconosce prima i pattern. Chi lavora in modo più consapevole utilizza la tecnologia con maggiore lucidità. E chi unisce calma e responsabilità rafforza la sicurezza psicologica dei collaboratori. La presenza abilita la performance, invece di imporla.

Anche all’interno della community di Swiss Marketing questo bisogno è chiaramente percepibile. I nostri membri vivono pienamente una trasformazione

profonda: nuovi strumenti, nuove aspettative, nuove logiche decisionali. Allo stesso tempo cresce il desiderio di orientamento, di scambio e di una reale capacità di interpretazione - di spazi in cui il sapere non sia solo trasmesso, ma possa essere compreso. È proprio qui che interviene la nostra associazione. Combiniamo eccellenza professionale, sensibilità culturale e sviluppo umano in un quadro che rafforza i professionisti del marketing e delle vendite. Le nostre formazioni e certificazioni trasmettono competenze; i nostri eventi, le reti e i formati di thought leadership creano spazi di riflessione. Con il rebranding attualmente in corso, diamo a questo approccio un’espressione strategica chiara: imparare, agire, crescere - in modo consapevole, professionale, presente.

Posizioniamo così Swiss Marketing come punto di riferimento in un settore che cambia più velocemente che mai. Non come spettatori della trasformazione, ma come promotori di una cultura del lavoro capace di coniugare in modo intelligente persone e tecnologia.

La presenza è il vero progresso. La lezione centrale del 2025 non è la velocità della tecnologia, ma la consapevolezza che possiamo trarne. Il 2026 sarà definito meno da quanto facciamo e più da quanto lo facciamo consapevolmente. Il progresso nasce dove efficienza e attenzione si incontrano. Dove il ritmo è accompagnato da un’attitudine interiore. E dove impariamo non solo a essere più rapidi, ma anche più lucidi. La presenza non è un desiderio nostalgico, ma un requisito per la competitività futura.

La rinascita del fisico

Il marketing digitale volge ormai al tramonto, sta tornando il protagonismo di quello fisico. L’insospettabile responsabile?

L’Intelligenza Artificiale, parte del problema e della soluzione.

Cosa si è fatto dei vecchi dei del marketing digitale? Una nuova divinità si è appena unita al loro pantheon e sembra dominare tutte le celebrazioni e i rituali aziendali: l’Intelligenza Artificiale. C’è un nuovo sceriffo in città: è ufficiale.

Dopo trent’anni di onorato servizio, Internet è morto. Nuovi modi di navigare e cercare informazioni stanno rubando quote di mercato a Google e compagnia. I social media sono ormai fuori moda, perché le persone non sono più circondate da amici e influencer, ma da agenti, che ne sono i nuovi angeli custodi, sia a livello B2C che B2B.

Nessuno legge più le newsletter, e tanto meno gli sms o i Whatsapp scritti, mentre la voce e l’Ar/Vr iniziano a diventare i nuovi mezzi per trovare, esplorare e scoprire il mondo. Persona e audience vengono sostituite da offerte ultra-personalizzate, dinamiche e predittive, solo per me e per te, e non siamo uguali di fronte alle nuove leggi del marketing. Ognuno è trattato in modo diverso. Il consumer funnel non inizia più sul cellulare e non si conclude con l’acquisto, perché si indosseranno occhiali intelligenti o altri dispositivi intelligenti e la realtà apparirà davanti agli occhi, letteralmente.

I brand sono pronti a passare dal 2D al 3D e a journey ibridi? L’acquisto è altrettanto importante dell’advocacy, dell’affiliazione, della followership, dell’appartenenza a una community e dello scambio. Il coinvolgimento dei fan sarà più simile allo scambio che all’ascolto di storie commerciali o di annunci che attirano l’attenzione. Qual è la conversione e il ‘ritorno’ di ogni dollaro speso nei media in un mondo preso d’assalto dall’Ia?

Alphabet e Meta, in particolare, stanno ripensando le loro attività, diffondendo l’Ia in tutti i loro prodotti. A ogni presentazione di prodotti, townhall e roadshow delle loro novità, i due colossi stanno lentamente e continuamente accennando a un futuro fatto di hardware e software, in cui il digitale si fonde con il fisico e in cui l’Ia ottimizza automaticamente la realtà per ognuno di noi.

Cos’è un touchpoint? O, meglio, dove si trova? Non avviene su uno schermo digitale, o non solo. Si vive nell’era del Total Marketing, che è una sorta di nuovo panteismo. Il marketing digitale appartiene davvero al passato? I grandi

«Nessuno legge più le newsletter, e tanto meno gli sms o i Whatsapp scritti, mentre la voce e l’Ar/Vr iniziano a diventare i nuovi mezzi per trovare, esplorare e scoprire il mondo. Persona e audience vengono sostituite da offerte ultra-personalizzate, dinamiche e predittive, solo per me e per te, e non siamo uguali di fronte alle nuove leggi del marketing»

marchi americani (il punto di riferimento del marketing) sono bolliti, come ha recentemente ricordato The Economist (maggio 2025)?

Ecco un tentativo di dare un senso a quanto sta accadendo, alla luce delle ultime mosse di aziende come OpenAi, Nvidia, Meta, Alphabet, Microsoft e tutti gli altri illuminati. Cosa cambia e cosa non cambia nel marketing? Alla fine, siamo noi

a convertire i nostri fan o cosa dobbiamo fare quando ci si avvicina a loro?

Cosa cambia? La velocità. E questo è un bene. L’intelligenza artificiale potenzierà in modo esponenziale la capacità di creare e servire esperienze ai fan, attraverso un nuovo modo di operare, il ‘Marketing of One’. I test tradizionali di landing page, contenuti, testi e immagini non dovranno più essere eseguiti in anticipo e in sequenza, per massimizzare i click e gli altri Kpi del marketing digitale, ma saranno eseguiti prima, durante e dopo ogni singola interazione, attraverso una comunicazione co-creata, in continuo miglioramento, che toccherà tutte e 4 le P del mix.

Il vero cambiamento: avverrà istantaneamente, in pochi secondi. Avrà luogo sotto i nostri occhi. Sarà fluido come una conversazione con un vecchio amico che ci conosce troppo bene. I marchi sono pronti a lasciarsi andare, e soprattutto a lasciare che l’Ia gestisca questa interazione one-to-one con i fan, non per interromperli, ma per servirli dove e quando necessario nel loro corso naturale, fisico e digitale, all’interno della propria vita?

Una cosa è certa: si sarà al fianco dei fan in modo efficiente e veloce, potendo finalmente personalizzare il marketing, su scala e a basso costo. Ora, quale messaggio unico e stimolante reciteremo, quando le persone ne avranno bisogno? Che cosa avremo da dire, davvero? C’è qualcosa di unico in chi siamo come brand e aziende? Cosa non cambia? Il perché ultimo Nel marketing digitale tradizionale, la conversione trasforma ogni punto di con-

Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala.

tatto in un punto di vendita, idealmente incanalando bisogni e desideri verso una schermata di check-out e pagamento. Dovendo dedicare meno tempo alla produzione e alla rifinitura dei contenuti, grazie all’Ia, la grande opportunità è quella di trasformare ogni occasione di dialogo con le persone non solo in una vetrina, ma anche in un punto di ascolto, di conoscenza e, si spera, in uno spazio sicuro, dove i fan e i marchi possono co-creare un futuro migliore per se stessi, per la community e per la società in generale.

Un tempo il marketing era sinonimo di servizio, prima che 20 anni di Private Equity e Venture Capital trasformassero ogni attività in un conto economico, governato da rigidi Kpi. C’è certamente bisogno di acume commerciale e di disciplina fiscale, e va bene così. Si avranno a disposizione più dati di quanti chiunque abbia osato sognare sulle persone e su di noi, produttori e fornitori.

Sta a noi decidere se trasformarli solo in denaro, limitandoci a vendere roba in modo efficiente e porta a porta, o se trasformare la conversione non in dipendenza, ma in alleanze a lungo termine

per creare valore per tutti. Non è forse questo il ‘perché’ ultimo per cui vengono commercializzati con tanto orgoglio i prodotti e servizi di marca, dopo essere stati prodotti?

«Si spera che i Kpi siano accompagnati da una visione di un mondo migliore, che è il ‘motivo’ ultimo per cui i grandi marchi si preoccupano spesso di sfidare lo status quo. La vera conversione riguarda tanto il cambiamento del comportamento dei fan quanto la capacità dei marchi, di creare e condividere vero valore»

Si è però anche pronti a farsi giudicare da una serie più ampia di Kpi, che includono il benessere delle persone e del mondo, ora che è possibile osservarlo e misurarlo davvero? Un nuovo tasso di conversione, un nuovo Kpi, può magari essere quello con cui sono convertite tutte le parti interessate a uno standard

di vita più elevato, con profitto. Ora è a disposizione lo strumento tecnologico per farlo, e si chiama Intelligenza Artificiale. Vogliamo però davvero farlo?

I veri grandi marchi, i leader, sanno qualcosa del mondo che gli altri non vedono ancora. L’intelligenza artificiale sarà in grado di dare velocità e conoscenza. I marchi devono decidere come utilizzare questi superpoteri. E questa è una decisione profondamente umana.

Si spera che i Kpi siano accompagnati da una visione di un mondo migliore, che è il ‘motivo’ ultimo per cui i grandi marchi si preoccupano spesso di sfidare lo status quo. La vera conversione riguarda tanto il cambiamento del comportamento dei fan quanto la capacità dei marchi, degli stakeholder e delle loro reti allargate di tutti i fornitori di creare e condividere vero e sostanziale valore.

Lascia che siano i fan e il mondo a convertirti, mentre acquistano i tuoi gadget, caro guru del marketing digitale e fisico, dotato di intelligenza artificiale. La tua verità sta nella conversazione con i fan e con il mondo, oltre che nel servizio nei loro confronti.

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Il contenuto è Re

Il mondo cambia sempre più velocemente, e anche le strutture organizzative delle aziende devono riflettere tali evoluzioni. Ma cosa succede quando il ‘contenuto’ è l’essenza stessa dell’azienda? Il cambiamento diventa più sottile, ma per questo anche sostanziale.

Passano gli anni, evolvono le aziende, cambiano i business model, mutano le esigenze, si adeguano i linguaggi. Il mondo del lavoro e delle imprese mai come nell’ultimo ventennio ha registrato rapidi e sostanziali cambiamenti che ne hanno profondamente alterato gli equilibri. A essere cambiata è l’arena competitiva, e i suoi partecipanti, ma anche il rapporto tra proprietà, management e collaboratori in azienda, le competenze richieste dalle stesse, oltre alla relazione con la clientela.

A questo vanno sommate le alterne fortune con cui ciclicamente molti settori sono chiamati a confrontarsi. «Circa un anno fa abbiamo iniziato un importante percorso di rebranding, accompagnati da una affermata multinazionale specializzata nel branding, il cui principale obiettivo era rimettere a fuoco l’identità di un Gruppo che nel corso degli anni è cresciuto molto, ma che nella sua architettura di marca non rifletteva più a pieno tutte le potenzialità di un ecosistema integrato. La divisione per business unit, ad esempio Life e Performance Strategies, o Roi Edizioni, andava approciata attraverso un più chiaro ed efficace posizionamento corporate, da qui l’idea di ricondurre tutto sotto un unico cappello, quello di Roi Group. Il mio inserimento nella struttura organizzativa, come Head of Content e figura trasversale di raccordo tra le diverse unità, si inserisce nel solco di questa nuova strategia», esordisce così Andrea Guarini, Head of Content di Roi Group.

raggiunti nel corso degli anni, un cambio di rotta troppo radicale potrebbe risultare stonato, o non così necessario. Quali dunque le ragioni alla base? «Il Dna del Gruppo rimane lo stesso, il valore aggiunto del progetto di rebranding è stato quello di sviluppare una rimessa a fuoco di alcuni punti fermi, a partire da una nuova definizione del purpose, alla luce della realtà di oggi, molto diversa rispetto a quella

Il Leadership Forum, qui l’edizione 2025, si conferma essere l’evento di punta di Roi Group, anche alla luce dei recenti cambiamenti.

“Head of Content” per l’appunto, lascia quanto meno a riflettere, e apre uno scorcio sull’intera operazione. «Il contenuto è l’essenza stessa del nostro Gruppo, è quello a cui dedichiamo massima cura e attenzione, è dove tutto nasce e quello che tutto muove. È anche il mio lavoro, se da un lato devo dare coerenza ai nuovi contenuti all’interno della strategia, dall’altro deve anche poter generare opportunità di business, intercettando dunque soprattutto la domanda reale delle imprese. Non si tratta però soltanto di creare nuovo fatturato, ma di sviluppare organicamente qualcosa che abbia rilevanza per noi, e per tutti i nostri partner», nota Guarini.

Considerando però i molti traguardi

del 2011, quando era stato fondato. Non ho contribuito personalmente a questo percorso, non ho definito la strategia alla base, mi sono infatti unito al Gruppo da poco prima dell’estate, ma ora sono chiamato quotidianamente e in prima persona a confrontarmi con la sua messa a terra, interagendo all’interno della struttura organizzativa, e soprattutto all’esterno, con partner e clienti», rileva il manager. Se le definizioni hanno ancora un senso, anche in questo caso la scelta delle parole,

Individuare il giusto equilibrio è però sempre una parte non irrilevante del problema, ancora prima che determinare le sue diverse componenti. «Il nostro obiettivo è creare esperienze che scuotano, ispirino e trasformino i partecipanti, quelli che ci piace definire ‘leader di domani’. L’ambizione è riuscire a incidere sulle aziende, in primis spingendo a riflettere le persone che vivono le nostre esperienze, e di cui si portano dietro ‘qualcosa’, quel valore aggiunto, piccolo o grande che sia, cui abbiamo lavorato in tutta la lunga e meticolosa fase preparatoria. Non si tratta quindi del ‘roboante evento’, cui segue un wow e null’altro, ma l’inizio di un percorso che nell’arco delle settimane successive possa condurre a risultati concreti. Qualcuno ha conservato una domanda, qualcuno uno strumento che ne ha modificato l’approccio a un problema, qualcuno un framework... L’importante è che sia rimasto ‘qualcosa’», enfatizza il manager.

Ed ecco tornare la grande questione del contenuto. «In nuce noi continuiamo ad avere una Casa editrice, Roi Edizioni pubblica libri, è una cifra distintiva, vogliamo infatti promuovere un ambiente culturale florido e vibrante, in cui possa prosperare il business, dunque le aziende, com’è logico che sia, al pari delle persone, quelle al centro delle esperienze che creiamo. Attingiamo ad alcune delle più grandi menti che ruotano a livello internazionale nel mondo delle imprese, della leadership, o anche dello sport, non solo per ispirare, ma per rendere tangibili e azionabili nell’immediato idee e modelli, ossia quel ‘qualcosa’ che i partecipanti ai nostri eventi dovrebbero poter sempre portare a casa», prosegue Guarini. Si tratta però anche di non limitarsi a una manciata di guru, ma andare oltre, trovare quelli che lo diventeranno nel tempo. «Lo scouting è la quintessenza del mio lavoro. Si tratta sì di organizzare il contenuto, ma ancora prima di crearlo esplorando mondi già battuti, come lo sport, una fonte inesauribile di ispirazione, e qui penso a Julio Velasco, ma spingendosi anche oltre, intercettando trend sottotraccia che esploderanno, com’è successo negli ultimi anni con l’Intelligenza Artificiale. I grandi leader sono spesso esempi concreti di molte di quelle abilità che fanno la differenza, e il pubblico lo sente, la vera sfida non è però portare sul palco Obama, pur al netto di comunque sostanziali difficoltà, ma trovare talenti alternativi, potenzialmente ancora migliori, che trasmettano quell’indispensabile mix di ispirazione e concretezza», chiarisce il manager. Ma cosa regola allora gli equilibri tra domanda e offerta di contenuto? Può l’offerta creare la domanda? «È sicuramente difficile, molto, è possibile a patto si vada a proporre qualcosa di straordinario e mai sentito, una circostanza per definizione non troppo frequente. L’abilità dev’essere saper rispondere alla domanda delle imprese, dunque capirne i bisogni, intercettandone le necessità, rispettandone i vincoli. Un evento aziendale e un grande evento pubblico hanno logiche molto diverse, e dunque anche costi non paragonabili, ed è lì che si misura l’esperienza. Nel momento in cui ti porto nomi come Fabio Capello o Daniel Goleman in azienda è più facile, ma questo non sempre è percorribile, devo dunque poter contare su una vastissima rete di contatti,

«Il lavoro per me ha sempre avuto un profondo significato, mi aiuta a dare senso a tante cose, e provo a farlo ogni giorno con passione, la stessa che ho percepito sin dal mio primo giorno qui. Sono convinto che la sua essenza si origini e trovi significato dall’incontro tra professionalità e umanità»

Un Gruppo che cresce Evoluzione del fatturato dalla fondazione (2011; in mia di euro)

anche meno noti, ma comunque efficaci rispetto alla domanda. È dunque tutta una questione di individuare gli equilibri ottimali», riflette Guarini.

Dai massimi sistemi, all’operatività quotidiana. Anche questo è un equilibrio che va trovato. «Un primo obiettivo è diventare più veloci nel rispondere alla domanda delle imprese; è qualcosa su cui sto lavorando da quando sono arrivato, e che sono ottimista di poter risolvere, ad esempio digitalizzando una parte del processo. Guardando al medio termine l’obiettivo sarà invece costruirci un nome ancora più forte, e diventare un punto di riferimento per aziende sempre più grandi, e non solo in Italia, per sostenerle nella creazione di eventi rilevanti, e davvero ispirativi, grazie ai contenuti. Il mondo è pieno di contenuto, bisogna saperlo però organizzare e trasmettere con efficacia alle persone, e questo è il nostro principale obiettivo», chiarisce il manager.

Va però anche apprezzato e capito, da ogni lato lo si guardi. «Essenzialmente mi piace il mio lavoro perché mi sento

Al netto della breve parentesi Covid il Gruppo si conferma in salute. Proprio per questo era tempo di rivalutare molti equilibri.

apprezzato dall’azienda, e dai colleghi, perché come direi a mio figlio genero migliaia di connessioni, e soprattutto le alimento, mettendoci del mio. O almeno cerco di farlo. Il lavoro per me ha sempre avuto un profondo significato, mi aiuta a dare senso a tante cose, e provo a farlo ogni giorno con passione, la stessa che ho percepito sin dal mio primo giorno qui. Sono convinto che il vero contenuto del lavoro, la sua essenza, si origini e trovi significato dall’incontro tra professionalità e umanità», conclude Andrea Guarini. Nell’era della (dis)informazione il conenuto non è mai stato più importante, ma forse proprio per questo è andato in gran parte perduto? Riportarlo al centro offre dunque vantaggi, e rischi.

Federico Introzzi

Fonte: Roi Group
Crescita del fatturato

Memoria del legno, proiezione futura

Dalla tradizione manifatturiera italiana all’essenzialità giapponese, dalla tecnologia di ricostruzione del legno alla ricerca poetica dei “momenti intermedi”: due mondi diversi uniti in un comune viaggio che attraversa cultura materiale, responsabilità, innovazione e umanità, mostrando che la materia più antica può ancora raccontare ciò che verrà.

Nel panorama del design contemporaneo esistono collaborazioni che non si limitano a generare un prodotto, ma producono un cambio di prospettiva. Sono quei momenti in cui due sguardi, provenienti da universi culturali e operativi molto diversi, si incontrano su un terreno capace di accogliere e tra-

sformare le reciproche visioni. L’incontro tra Alpi, azienda italiana pioniera nella ricostruzione del legno, e nendo, studio giapponese fondato e guidato da Oki Sato, appartiene esattamente a questa categoria. È un confronto che nasce dal materiale –il legno – ma che si espande molto oltre la sua fisicità, diventando un dialogo sul senso del progetto nel XXI secolo.

La relazione tra le due realtà, infatti, ha aperto un varco in cui si intrecciano memorie, tecnologie, culture, responsabilità, estetiche, emozioni. Ed è proprio in questo intreccio, articolato e complesso, che prende forma un racconto che va oltre il design di prodotto e tocca il cuore stesso della cultura del fare.

Per Vittorio Alpi, presidente dell’azienda di famiglia, fare cultura non è uno slogan, ma una pratica quotidiana: «Significa contribuire all’evoluzione del linguaggio del progetto, non tramite dichiarazioni astratte, ma attraverso ciò che si realizza concretamente. Alpi non produce semplicemente superfici: esplora, sperimenta, spinge il legno oltre i suoi limiti consueti, mostrando come un materiale antichissimo possa diventare contemporaneo senza perdere la propria identità». Questo approccio ha radici profonde. Da più di quarant’anni l’azienda lavora con designer internazionali, aprendo il proprio processo produttivo come una piattaforma di confronto creativo. È un metodo che permette alla materia di acquisire nuove interpretazioni, come accade in installazioni e mostre che hanno segnato la storia del marchio: dalla più recente installazione, Layered Nature firmata da nendo, nello showroom milanese di Alpi, a Echoes of Form allestito da GamFratesi al Thorvaldsens Museum, fino alla retrospettiva Along the Edge, dedicata alle quattro decadi di ricerca».

Questi progetti non sono semplici episodi espositivi, ma manifesti di un modo di intendere la cultura materiale: la memoria della foresta, la manualità, la trasformazione industriale e la visione artistica convivono per generare una nuova consapevolezza del legno.

In foto, a sinistra Oki Sato, architetto, designer e fondatore del celebre studio giapponese di design nendo e, a destra, Vittorio Alpi, terza generazione dell’omonima azienda di famiglia, fondata nel 1919: è la prima azienda al mondo ad aver industrializzato il processo produttivo del legno composto.

Nella pagina accanto, uno scatto di Layered Nature, installazione firmata da nendo per Alpi.

Nella loro collaborazione, l’azienda italiana - fondata nel 1919 - parte dalla materia, mentre Oki Sato - architetto, designer e fondatore giapponese dello studio di design Nendo - parte dall’osservazione. È Oki Sato a descrivere il proprio approccio come «Una ricerca continua di nuove forme di risoluzione. Un tentativo di cogliere le piccole irregolarità nascoste nella vita quotidiana, che utilizzo come punti di partenza, risolvendo le questioni con delicatezza, a volte con un tocco di umorismo o narrativa. Attraverso questo processo, spero di creare nuove relazioni tra le persone e gli oggetti, tra le persone e gli spazi e, in ultima analisi, tra le persone stesse, arricchendo la vita quotidiana in modi sottili ma significativi».

Per nendo, la funzione include anche la componente emotiva. Il divertimento, la familiarità, l’accenno di umorismo o di sorpresa sono parte della performance stessa del progetto. Non sono aggiunte marginali, ma elementi strutturali: un oggetto è ben progettato quando riesce a riorientare il nostro sguardo, anche solo per un istante. È una filosofia che trova nei materiali – e nel modo in cui reagiscono – un terreno fondamentale. Lavorando con Alpi, Sato racconta di aver scoperto l’importanza di lasciare spazio alla natura del legno ricostruito: «Mentre mantengo un forte controllo durante la fase concettuale, la fase di prototipazione richiede l’opposto: lasciare che il materiale si comporti in modo naturale e accogliere le sue espressioni inaspettate. Sono proprio le micro-differenze, le leggere deviazioni, a generare l’unicità del risultato. Accogliere l’imprevisto diventa quindi parte della poetica progettuale».

La collaborazione tra i due mondi nasce da una domanda posta da Alpi a nendo, disarmante nella sua semplicità: “Ti andrebbe di disegnare un nuovo legno?”.

Non un prodotto, non un arredo, ma una nuova identità della materia. È questo che ha affascinato Sato: l’idea che il legno potesse essere reinterpretato come un linguaggio e non soltanto come un supporto.

Da qui è iniziato un dialogo serrato, in cui si sono intrecciate questioni estetiche, tecniche e culturali. Come conciliare la sottrazione tipica del design giapponese con la complessità materica dei processi Alpi? Come mantenere un’idea semplice al centro di un procedimento altamente tecnologico? Come evitare che la varietà delle superfici diventasse mero decorativismo?

La risposta è arrivata nella forma delle collezioni Alpi Futae e Alpi Kasumi: superfici che dialogano con la trasparenza, le sovrapposizioni, le variazioni minime, evocando fenomeni naturali reinterpretati attraverso la precisione industriale.

Insomma, due culture progettuali che si incontrano nel tempo del fare. «La distanza culturale tra Italia e Giappone, lungi dall’essere un ostacolo, è diventata uno dei motori della collaborazione. Da un lato la tradizione manifatturiera italiana, radicata nel fare, dall’altro la sensibilità giapponese verso la sottrazione, la misura, il gesto essenziale, che è proprio della poetica di nendo», spiega Vittorio Alpi, per il quale questo confronto ha introdotto un nuovo ritmo nel lavoro comune: osservare, attendere, lasciare maturare. Non forzare la forma, ma accogliere ciò che emerge dall’interazione tra visioni diverse. Il progetto diventa così un ponte tra temporalità differenti, che si riflettono nelle superfici finali.

Il tema centrale della collaborazione è forse il rapporto tra minimalismo e complessità. Da un lato, nendo opera per sottrazione; dall’altro, Alpi costruisce la propria identità sulla stratificazione e sulla moltiplicazione delle possibilità del materiale. Eppure, i due approcci trovano una sorprendente coerenza. Il minimalismo di nendo non è un diminutivo: è una ricerca dell’essenza, un processo che filtra e distilla, «garantendo al contempo che il risultato finale rimanga caldo, emotivo e accessibile, piuttosto che puramente tecnico», spiega il designer. La complessità di Alpi non è accumulo: è una ricchezza strutturale, necessaria a generare superfici vive, capaci di esprimere continuità e differenza allo stesso tempo.

«Il design italiano spesso trasmette un’eleganza intuitiva e appassionata, mentre quello giapponese tende a perseguire la chiarezza attraverso la logica e la delicatezza», sintetizza Oki Sato: «Questo progetto ha permesso la coesistenza di entrambe le sensibilità - istinto e precisione, spontaneità e moderazione - arricchendo la mia comprensione di come la forma, il materiale e il tempo possano essere interpretati in modo diverso nelle diverse culture».

La responsabilità ambientale è un altro punto di contatto. Intesa come responsabilità concreta, non narrativa. Spiega Alpi: «La filiera è certificata e tracciata, ogni innovazione mira a migliorare sia la qualità del prodotto sia il suo impatto ambientale. Crediamo che l’estetica etica nasca proprio dalla verità dei processi: è la coerenza a generare bellezza».

Con la mostra Layered Nature, l’azienda ha invitato nendo, lo studio fondato da Oki Sato, a interpretare la materia lignea attraverso un’installazione site-specific, nello showroom milanese del Marchio, che dà forma a una nuova dimensione percettiva.

La sostenibilità, per Alpi, dunque non si racconta: si pratica. Non è una cornice etica da applicare al progetto, ma una condizione imprescindibile del progettare stesso. Per nendo, la sostenibilità assume una dimensione più emotiva: «riguarda il bisogno umano di toccare, sentire, confrontarsi con la materia. In un’epoca digitale, il valore dell’oggetto fisico cresce proprio perché porta con sé una densità sensoriale che gli ambienti immateriali non possono replicare». Il legno, poi, possiede una memoria che nessun algoritmo può simulare: il tempo che contiene si percepisce, si ascolta, si abita.

La produzione industriale tende alla ripetizione; il design ricerca l’unicità. Come si può conciliare l’identità del singolo pezzo con la serialità del processo?

Per nendo, «la risposta è nella capacità interpretativa: una caricatura può risultare più vera di una fotografia, perché amplifica le caratteristiche essenziali del soggetto. Allo stesso modo, un legno ricostruito può rivelare più profondamente ciò che il materiale contiene nella sua natura». Per Alpi, «Il legno è vivo, e questa vitalità non scompare nella produzione industriale. Ogni foglio è parte di una stessa famiglia ma mantiene una propria sfumatura, una variazione sottile che gli conferisce autenticità. La serialità diventa così una costellazione di unicità, un equilibrio tra regola e naturale differenza, che definisce l’identità delle superfici Alpi». Entrambi concordano su un punto cruciale: il design rimane una disciplina umanistica. Per Vittorio Alpi: «La tecnica può ottimizzare, ma non può creare senso. Gli algoritmi possono calcolare, ma non possono interpretare. Il design nasce da uno sguardo umano, da un’intuizione e un’emozione che precede il dato. Oggi più che mai il progettista ha il compito di orientare il processo industriale, di dargli una direzione, di trasformarlo in cultura». Il progetto è ancora

– e forse sempre più – un atto culturale. «Più i nostri sistemi diventano precisi e automatizzati, più il design acquista valore sovvertendoli delicatamente, aggiungendo elementi emotivi e imprevedibili che ricollegano le persone a un senso di umanità», aggiunge nendo, che ribadisce, «Man mano che le esperienze digitali diventano sempre più pervasive, il valore esperienziale degli oggetti fisici diventa ancora più importante. Al di là della funzione, cerchiamo il comfort tattile, la presenza e una narrazione che giustifichi il motivo per cui un oggetto esiste in forma fisica. La ricchezza emerge spesso dal dialogo tra il digitale e il fisico».

Quanto alla vera essenza del legno, per Alpi, «Il legno è materia, texture, memoria ed emozione insieme. È il tempo dell’albero, della foresta, delle mani che lo trasformano. È una materia che rimane viva anche quando diventa superficie, capace di mutare, reagire e soprattutto raccontare. La sua essenza sta proprio in questa vitalità, un equilibrio naturale che cerchiamo di rispettare e valorizzare in ogni progetto». E Oki Sato: l’essenza del legno è Emozione. È il cuore della filosofia progettuale di nendo. Estraendo le qualità emotive del legno, la sua consistenza, la sua memoria e altre caratteristiche si rivelano naturalmente».

E così, nella collaborazione tra le due realtà, il legno diventa molto più di un elemento naturale: si trasforma in uno spazio di confronto, in una soglia tra naturale e artificiale, in un medium che permette di riformulare la nostra idea di autenticità, di bellezza, di esperienza. Alla fine, ciò che emerge da questo lungo dialogo non è solo un insieme di superfici. È un modo nuovo di pensare il progetto: un design che nasce dall’ascolto, dalla contaminazione culturale, dalla responsabilità ambientale, dalla ricerca dell’essenza e dalla valorizzazione della complessità.

È un design che riconosce il valore del tempo e della materia, e che attraverso la tecnologia cerca non di semplificare il mondo, ma di rivelarne nuove possibilità. In questo senso, il lavoro tra Alpi e nendo non è soltanto una collaborazione, ma una dichiarazione: la cultura del progetto si alimenta quando sguardi, tradizioni e sensibilità differenti si incontrano attorno a un materiale vivo, capace di continuare a raccontare il futuro.

FOR THOSE WHO KNOW

Framing Perfect Symmetry. Introducing the Gaggenau Expressive series. The difference is Gaggenau

Ricetta di Natale, un impasto nuovo

Lo shopping natalizio degli ultimi decenni è definibile come una melodia senza sorprese: ritmi costanti, ritornelli familiari. Quest’anno invece sembra più simile al jazz: improvvisato e meno prevedibile, con un comportamento dei consumatori in evoluzione, una spesa più oculata e una generazione più giovane che guida il cambiamento. Ma i ‘Boomers’ resistono.

Anche in Svizzera, il Natale 2025 non si presenta come una stagione di consumo sfrenato, bensì come un tempo di ridefinizione. In un contesto globale permeato di incertezze, e in un clima valoriale in continua metamorfosi, gli ‘acquirenti’ si mostrano più attenti, più misurati, più inclini a interrogarsi sul senso dei propri gesti. Il rito del dono si trasforma: da attestazione di spesa diventa veicolo di significato; dalla logica dell’accumulo si torna alla logica della qualità; dall’impulso si passa alla deliberazione.

Il risultato è un Natale plurale, senza un’unica ‘ricetta’, ma con molteplici declinazioni, riflesso di stili di vita eterogenei, generazioni diverse e priorità ormai non più convergenti.

Che si tratti di un’esperienza, di qualcosa di utile o di un dono simbolicamente denso, l’accento non è più sul comprare, ma sul dare valore. Non sorprende, dunque, che in diversi sondaggi emerga un fenomeno trasversale: la crescente attenzione al ‘dono sobrio’, qualcosa che non impressiona con la sua grandezza ma convince con la sua pertinenza.

Il Natale, insomma, sopravvive come atmosfera - costellata di rituali, simboli, memorie -, ma muta nella sua infrastruttura pratica: il modo di acquistare cambia più profondamente di quanto non appaia. Chi si muove tra scaffali reali o digitali opera con budget più contenuti e con una sensibilità rinnovata, domandandosi non soltanto che cosa acquistare o quanto spendere, ma soprattutto perché. Questa ricerca di intenzionalità è una delle trasformazioni culturali più evidenti delle festività contemporanee: ricollega il dono a un orizzonte di senso, non più a un automatismo stagionale.

Le principali analisi internazionali - da PwC a Kpmg, da Deloitte alle ricerche di Accenture - convergono: il consumatore contemporaneo è preso in un doppio movimento. Da un lato desidera custodire la magia del Natale, dall’altro deve fare i conti con la necessità di prudenza e misura. Se servisse uno slogan, sarebbe: “La crisi non cancella il Natale: lo rende più consapevole”. Il regalo non nasce più dall’immediatezza, ma da una riflessione sulle priorità, sulle relazioni, sul valore d’uso e simbolico. Si riduce il numero dei doni, talvolta il budget complessivo, e tornano centrali nozioni che negli anni dell’iperconsumo sembravano appannate: autenticità, qualità emotiva, utilità pratica. Il gesto pesa più dell’oggetto, il pensiero più del prezzo e le generazioni agiscono in maniera differente.

La Generazione X oscilla tra la fedeltà alle ritualità e l’esigenza di contenere le spese. È una generazione che cerca stabilità, e per la quale il dono è ancora un modo per confermare la continuità dei legami.

Dal consumismo sfrenato alla scelta consapevole. Se in passato si cercava l’eccezionalità del dono, oggi prevale la sua pertinenza: ciò che esprime i valori di chi lo offre e ‘parla’ veramente alla persona che lo riceverà.

I Millennials, spesso impegnati nella gestione di giovani famiglie, privilegiano esperienze significative rispetto ai beni materiali. Cercano regali che non appesantiscano la casa, ma arricchiscano il tempo: biglietti per eventi, attività condivise, piccole pause di benessere.

La Gen Z incarna una vera discontinuità culturale: minori risorse, profonda attenzione alla sostenibilità, apertura all’usato, al fai-da-te, alle alternative ‘green’. È l’unica generazione che riduce in modo consistente la spesa, pur dedicando grande cura al senso del dono. Per loro la coerenza etica ha un peso simbolico pari (se non superiore) al valore monetario.

I Boomers, più stabili economicamente, restano custodi del regalo ‘importante’: sono i più disposti a spendere e a mantenere viva la dimensione del dono come piacere, come sorpresa, come ritualità identitaria. Prediligono il negozio fisico, dove il rapporto umano e il contatto sensoriale con il prodotto rimangono elementi irrinunciabili.

Accanto a queste linee generazionali emergono differenze territoriali e culturali: nelle aree urbane, ad esempio, si nota una maggiore propensione per regali esperienziali e “digitalizzati”, mentre nei contesti più piccoli e familiari resistono i doni tradizionali e artigianali, con una nuova attenzione alla produzione locale.

Sì, ma come si sceglie? Viviamo immersi in un flusso ininterrotto di offerte, countdown, newsletter, suggerimenti e ispirazioni social. Una iper-stimolazione che non facilita: confonde e rafforza l’esigenza di semplicità, chiarezza e orientamento. L’intelligenza artificiale, in questo quadro, diventa uno strumento di discernimento: filtra, seleziona, intuisce. E contribuisce a modellare un Natale meno rumoroso, più essenziale, con consumatori che non cercano la scelta infinita, ma la scelta adatta. È interessante osservare come, parallelamente, si sviluppi il bisogno di fiducia: le persone desiderano consigli affidabili, narrazioni credibili, recensioni autentiche. La credibilità - un valore spesso trascurato nell’era delle ‘super-offerte’ - ri-

torna centrale: molti dichiarano di essere più attenti alla reputazione dei brand, alla trasparenza dei materiali, alla durabilità dei prodotti.

In Svizzera i regali più scelti sono voucher, denaro, abbigliamento, giocattoli e food: categorie utili, flessibili, consumabili. La logica dei ‘piccoli lussi accessibili’ - cosmetica, abbigliamento, brevi esperienze di benessere o intrattenimentosi consolida, seguendo il trend europeo: gratificazioni moderate, che conciliano desiderio e buon senso.

Categorie a più alta preferenza

Regali sempre piu concreti e sostenibili

enunciamo posizioni: sobrietà, cura, responsabilità, autenticità. Il dono diventa una frase, un atto comunicativo che definisce la relazione tanto quanto l’oggetto stesso. Ogni scelta - dall’usato all’artigianale, dal premium al fai-da-te - racconta un modo di abitare il mondo.

A queste si potrebbe aggiungere una terza tendenza: il ritorno della ‘cura del tempo’. Sempre più persone preferiscono regalare o ricevere momenti piuttosto che cose: tempo di qualità, presenza, pause condivise. In un’epoca frenetica, il tempo

Canali privilegiati per gli acquisti

Differenze secondo le categorie

Parallelamente, cresce l’apprezzamento per il punto vendita fisico, complice il desiderio di concretezza, di contatto umano, di atmosfera tangibile. L’online non arretra ma si razionalizza: comparatori, recensioni, attenzione al prezzo, acquisti mirati e last-minute. L’esperienza d’acquisto diventa ibrida, oscillando tra il bisogno di efficienza e quello di presenza sensoriale.

Un ulteriore elemento in crescita riguarda l’interesse per prodotti artigianali, locali o regionali: non solo per sostenere l’economia di prossimità, ma perché il dono ‘con una storia’ sembra acquisire un fascino particolare in un’epoca dominata dalla standardizzazione.

A questo scenario si aggiungono due dinamiche meno visibili ma profondamente significative.

Primo: la ritualità come infrastruttura emotiva. In un’epoca segnata da instabilità, i riti - anche quelli legati al donofungono da ancoraggi psicologici. Non è nostalgia, ma una forma di continuità: il gesto rituale diventa una dichiarazione di resilienza.

Secondo: il consumo come linguaggio sociale. Non compriamo solo oggetti, ma

diventa un dono radicalmente prezioso. Trattando il tema dalla parte del brand e retailer, questo nuovo ecosistema implica la capacità di parlare simultaneamente a più sensibilità: offrire proposte su più livelli, dal low-cost al premium; comunicare valore prima che prezzo; includere sostenibilità, utilità e autenticità come componenti essenziali dell’offerta. Promozioni mirate, flessibilità, gift card, soluzioni second-hand e fai-da-te diventano strumenti strategici.

Si rafforza inoltre la necessità di costruire esperienze d’acquisto rassicuranti e personalizzate: ambienti che riducano il rumore, aumentino la chiarezza e forniscano una guida nelle scelte. L’attenzione al cliente torna a essere un asset competitivo fondamentale.

In definitiva, lo shopping natalizio del 2025 non è un indicatore di rinuncia, ma di evoluzione culturale. Non un Natale più parco ma un Natale più maturo, più riflessivo, forse più vero. Che non abdica, mantendo invece la sua magia: semplicemente, la orienta verso ciò che davvero importa.

Denaro Buoni regalo
Abbigliamento
Fonte: KPMG Survey Holiday 2025
Abbigliamento Gioelleria Arredamento Beauty& Wellness
Fonte: KPMG Survey Holiday 2025

IL VALORE della sorpresa

Scelti per il savoir-faire, il design, l’ironia o la funzionalità, sono classici di ieri e di domani. Una selezione di oggetti che danno un twist alla festa, capaci di rendere speciale anche tutti gli altri giorni a venire.

AUDEMARS PIGUET

Royal Oak Perpetual Calendar

Insignito dell’Iconic Watch Prize al GPHG 2025.

MONTBLANC

Meisterstück Gold-Coated

Classique

Dal design intramontabile, può essere personalizzata con l’incisione di nomi o iniziali. La migliore alleata per mettere nero su bianco pensieri e sentimenti.

CARAN D’ACHE

849

Disponibile nelle tonalità blu polare e bianco perlato, l’iconica penne a sfera sfoggia motivi che evocano i cristalli di ghiaccio.

BRIONVEGA

Radio Cubo

Un oggetto di culto, disegnato nel 1964 da Marco Zanuso e Ricchard Sapper, oggi rivisitato.

MONTBLANC

Happy Holidays

Pratica e versatile, la weekender che si ispira ai colori del bosco.

JILL SANDER

Eleganza e funzionalità

Nella sua semplicità, un pullover che racchiude i codici del luxury brand.

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Parola dell’anno: dazi, o forse no?

In uno scenario mondiale economico e politico sempre più volatile e incerto, il sentiment delle imprese si conferma neutro, limando facili ottimismi e cosmici pessimismi. Ai e tecnologia restano parte della soluzione, ma aumenta la sensibilità ai costi.

Ostacoli alla crescita

Le tre principali sfide delle aziende (% tot)

Requisiti normativi e burocrazia Crescita economica incerta Carenza di personale qualific. Incertezza geopoli.

Franco svizzero forte Mancato accesso al finanziamento

■ Svizzera ■ Svizzera occidentale Problemi di fornitura

Rischi informatici 2.5

Fonte: Raiffeisen 2025

Anni e mesi incerti per le imprese, al pari del più ampio mondo del lavoro, segnati da colpi di scena repentini, svolte epocali, e dinamiche di lungo periodo destinate a cambiarne gli equilibri in misura sostanziale nell’arco di ormai breve tempo. Qualche esempio, senza sforzi d’immaginazione? Dazi, geopolitica, demografia, tecnologia… raccogliere i dati, e cogliere il sentiment di mercato non è dunque mai stato più importante, ma al tempo stesso complesso. «Tra agosto e settembre abbiamo condotto un’approfondita analisi congiunturale su quali siano gli umori delle Pmi svizzere, a fronte dell’insicurezza alimentata anche dalla nuova politica commerciale americana. Inutile dire che all’epoca i dazi fossero al 39%, e con poche speranze di riportarli al 10, a novembre sono invece scesi, il che non dovrebbe però stupire eccessivamente. Tariffe troppo alte scoraggiano la domanda, il che riduce le entrate doganali per Washington, l’obiettivo invece

Contromisure alle sfide

Soluzioni delle imprese (% tot; diff. y/y)

Digitalizzazione

Gestione flessibile

Training del personale

Ricorso ad outsourcing

Adeguamento dei modelli aziendali Formazione in Legal e Compliance

Nuovo personale in Legal e Compliance

Outsourcing parziale di produzione all’estero Altro

Fonte: Raiffeisen 2025

dichiarato. Ciononostante i risultati della nostra indagine, specie se confrontati con quelli raccolti nel 2024, offrono interessanti spunti di riflessione», esordisce così Philippe Obrist, Responsabile Clientela aziendale di Raiffeisen Svizzera.

Si tratta infatti della seconda edizione della medesima ricerca, condotta a 12 mesi di distanza dalla precedente, con nuove evidenze e differenze che sono andate segnalandosi, anche su base geografica. «È interessante notare ad esempio la percezione che hanno le aziende della Svizzera romanda rispetto al dato aggregato nazionale già nell’individuazione dell’intensità delle tre principali sfide che si sono trovate a gestire negli ultimi mesi, con l’incidenza sostanziale che hanno avuto chiaramente i dazi. In testa si confermano i vincoli normativi e burocratici, collezionando un impressionante primo posto per il 65,3% delle imprese, ma era il 76,4 l’anno scorso. A seguire l’incertezza economica, per il 57,2% del campione, in crescita di 6,9 pp, e a

A fronte di sfide di intensità diversa, anche le contromisure messe a punto dalle imprese possono variare.

chiudere stabilmente il podio la carenza di personale qualificato. In Romandia al primo posto si collocano però i dubbi sulla crescita, ossia l’effetto dei dazi su economia ed export, per evidenti ragioni, e solo a seguire le lungaggini burocratiche e l’onere normativo», rileva l’esperto.

Conferme e sorprese si registrano però anche nel come le imprese si stiano attrezzando per far fronte a quelle che non sembrano essere solo sfide temporanee. «Se per arginare la burocrazia le parole chiave restano la digitalizzazione dei processi, oltre a flessibilità ed efficienza, sono le tre contromisure messe in campo sul lato della crescita a impensierire. Il 63,9% delle imprese sta considerando seriamente lo sviluppo di attività ancillari al core business, dunque diversificandolo, il che ben si sposa con al secondo posto maggiori spese in R&D, sullo stesso piano e in fortissima crescita c’è però anche il taglio di costi e personale per un terzo delle imprese. Ciononostante la carenza di personale qualificato rimane una sfida chiave per il 45% del campione sondaggiato, il che giustifica gli importanti investimenti in formazione continua», riflette Obrist. A resistere tra le sfide chiave per le imprese rimangono però i cavalli di battaglia non certo dell’ultima ora. «Se da un lato la forza del franco torna di grande attualità, dall’altro a impensierire è ancora la geopolitica, con un quadro mondiale in rapida ma instabile evoluzione. Allo stato attuale le imprese continuano a diversifi-

care le catene di fornitura, come evidenziato già lo scorso anno, ma a guadagnare importanza è anche l’approvvigionarsi di materie prime e semilavorati a livello locale, laddove possibile, se non produrre in proprio, come si sta orientando il 26,4% delle aziende. In un contesto dunque già sufficientemente delicato, si inserisce il conflitto commerciale in atto tra Stati Uniti e resto del mondo, con il suo carico extra di incertezza, in termini di import/ export, e investimenti», nota l’esperto. E chiaramente non poteva mancare il tema del momento, l’Intelligenza Artificiale. Accanto al dibattito acceso nel mondo finanziario relativamente al ‘bolla o non bolla’, che idea se ne è fatta l’economia reale, e nello specifico le imprese in Svizzera? «Stando ai nostri dati si respira un certo ottimismo; due terzi delle imprese vi vedono grandi o grandissime opportunità, e i supporter sono aumentati rispetto all’anno scorso, mentre solo l’1,3% la considera un rischio elevato, o trascurabile (53,5%). È importante però la tendenza, le opportunità che potrebbe schiudere stanno aumentando, e avvicinandosi nel tempo, e i rischi diminuendo rapidamente, almeno secondo quanto dichiarato dal nostro campione. L’Ia sta dunque assumendo un ruolo di motore della competitività già nel presente, e non più solo in futuro», prosegue Obrist. Ia, tecnologia, digitalizzazione, diversificazione di mercati e fornitori, sono alcune delle principali risposte alle sfide del presente, ma tutte attività che richiedono comunque una certa quantità di investimenti, seppur diversi. Immaginando di mettere a disposizione un extra budget di 100 franchi per investimenti, da sommarsi dunque a quanto già programmato, per il 2026-28, come lo avrebbero distribuito? «Tecnologia, It e digitalizzazione hanno assorbito mediamente 24,89 franchi di questo extra budget, e si confermano la principale priorità. Si conferma al secondo posto, ma in forte aumento, lo sviluppo del personale, pari ad altri 17,53 franchi di media. 16,83 sono stati invece destinati a nuovi mezzi di produzione, e mediamente 12,64 a ricerca e sviluppo, ma in questo

«È interessante notare ad esempio la percezione che hanno le aziende della Svizzera romanda rispetto al dato aggregato nazionale già nell’individuazione dell’intensità delle tre principali sfide che si sono trovate a gestire negli ultimi mesi, per via dell’incidenza che hanno avuto i dazi»

Philippe Obrist, Responsabile Clientela aziendale di Raiffeisen Svizzera

Contromisure alla geopolitica

Soluzioni delle imprese (% tot; diff. y/y)

Diversificazione catene di approvvigionamento Approvvigionamento regionale

Produzione propria

Diversificazione geografica dei fornitori

Ritiro da singoli Paesi

Costituzione di scorte

Fonte: Raiffeisen 2025

Gestire i rischi Relativi

Sviluppo del personale

Mezzi di produzione (macchinari, impianti ecc.)

Ricerca e sviluppo (R&D)

Nuovi modelli aziendali

Rilevamenti di aziende (Mergers & Acquisitions)

Edifici, immobili aziendali Altro

L’ampliarsi di sfide e rischi costringe le aziende molto spesso a intensificare gli investimenti in ricerca e sviluppo, per rimanere competitive e meglio difendersi sul mercato.

Fonte: Raiffeisen 2025

caso con differenze tra percentili molto importanti. A essere significativo è che gli investimenti in personale e It sono elevati per quasi tutte le aziende, per quanto si tratti anche di voci di spesa da alimentare costantemente nel tempo, dove dunque non è sufficiente stanziare un extra budget», conclude l’esperto.

Se gli equilibri mondiali vanno quindi deteriorandosi, con il concentrarsi delle

Formazione del personale qualificato

Ricerca e sviluppo (R&D)

Partership e alleanze strategiche

Produzione nazionale

Sostenibilità e tech verdi

Espansione internaz. per diversificare il business

tensioni al di fuori del Vecchio Continente, un ruolo determinante per salvaguardare il benessere delle aziende lo ricoprono i rapporti con i Paesi vicini, dunque Dach, ed Ue. Non sorprende allora la richiesta alla politica di fare di più e più in fretta in materia di accordi di libero scambio e bilaterali.

Anche l’inazione ha un costo

All’atto del pensionamento si scade spesso nella tentazione di terminare la propria strategia d’investimento, ritirare il capitale, e depositarlo in un conto risparmio. Ha senso?

Se emotivamente forse, razionalmente nessuno, si è solo aperta una nuova stagione.

Rendimenti a confronto

iShares Msci World Chf Hedged Ucit Etf (Acc; 276,7k: 176,7%)

300.000

250.000

200.000

Investimento iniziale di 100k franchi per veicolo d’investimento (X-’05, X-’25) 100.000 150.000

Xtracker Swiss Large Cap Ucit Etf 1d (191,8k: 91,8%)

Conto risparmio in franchi (101k: 1,8%)

In Svizzera, la pensione non è più soltanto sinonimo di consumo del capitale accumulato. Segna l’inizio di una nuova fase di Gestione patrimoniale, in cui la domanda centrale diventa: come preservare e far crescere il proprio patrimonio per mantenere il tenore di vita e garantire un lascito? Il rischio invisibile: l’erosione. Conservare il capitale su un conto di risparmio sembra rassicurante, ma è un’illusione. Nel 2025, il tasso medio dei conti di risparmio in Svizzera è sceso allo 0,18%, con offerte comuni comprese tra 0,05 e 0,30. A titolo di confronto, anche un’inflazione moderata dell’1% annuo riduce il potere d’acquisto di 100mila franchi iniziali a 91mila in appena un decennio. In altre parole, non investire significa accettare una perdita silenziosa.

Guardare ai rendimenti medi degli ultimi 10 anni rende il confronto ancora più chiaro. Avendo investito i 100mila franchi nel 2015, questi sarebbero stati i risultati:

- Azionario globale: si avrebbero a disposizione 276mila franchi (+176%);

- Azionario svizzero: si avrebbero ora a disposizione 191mila franchi (+91%);

- Conto risparmio: si hanno ora a disposizione solo 101.800 franchi (+1,8%).

Perché continuare a investire. Le motivazioni per rimanere investiti anche dopo il pensionamento sono altrettanto chiare: proteggere il potere d’acquisto dall’inflazione, ottimizzare il capitale per gli anni a venire, e prolungare una strategia d’investimento già esistente. Storicamente, le azioni svizzere hanno generato un rendimento medio annuo dell’8%, contro lo 0,9% dei conti di risparmio. Anche con un orizzonte ridotto, un’allocazione diversificata offre prospettive superiori rispetto a un conto corrente.

Uno degli argomenti più forti a favore dell’investimento azionario è che, sul lungo termine, il rischio di perdere capitale diminuisce drasticamente. La storia dello S&P 500 lo dimostra a chiare lettere: dal 1949 ad oggi, l’indice ha generato un rendimento medio annuo di circa l’11% nominale, o del 7,8% reale.

Nonostante crisi e contrazioni molto

A dipendenza dell’orizzonte temporale con cui si investe, e dunque sul come viene calibrata l’asset allocation, decidere di investire o non farlo può avere conseguenze devastanti. Anche l’inazione ha un costo.

profonde, come la Grande Depressione (-86%), la bolla DotCom (-49%), o la Grande Crisi del 2008 (-37%), il mercato ha sempre recuperato, anche se in alcuni casi ha richiesto tempo (13 anni per tornare sui livelli pre DotCom).

Statisticamente, la probabilità di perdita diminuisce con l’orizzonte temporale, il che dimostra come la volatilità sia il ‘prezzo da pagare’ per il rendimento, ma pazienza e diversificazione sono le migliori difese contro il rischio di perdita. Comportamenti, errori… e la pianificazione. I numeri parlano chiaro: il 60% degli assicurati in Svizzera ha scelto un versamento in capitale nel 2023, un numero in constante crescita. Eppure, uno studio della Haute École de Lucerne rivela che il 74% della popolazione si interessa alla previdenza, ma solo l’1% ne padroneggia i concetti chiave. Non sorprende quindi che una persona su quattro che ritira il capitale lo depositi almeno per metà su un conto di risparmio, rinunciando a opportunità di rendimento. Questi comportamenti evidenziano un dato di fatto: l’accompagnamento professionale è chiave! La pianificazione patrimoniale non è un lusso, è una necessità. Si può iniziare già prima dei 30 anni con un semplice terzo pilastro, ma la pianificazione diventa cruciale intorno ai 50 e rischia di essere tardiva dopo 60. Ogni

Fonte: Alpian, Bloomberg 2025

fase richiede scelte mirate e, soprattutto, il giusto accompagnamento. Gli esperti aiutano a costruire un percorso coerente, adattando nel tempo la strategia.

Strategie mal calibrate, vendite nei momenti peggiori e allocazioni statiche sono errori frequenti. Per evitarli, le soluzioni discrezionali delle banche sono le più adatte per chi è alle prime armi o per chi non desidera dedicare tempo alla gestione dei propri averi di vecchiaia.

Il fattore costo. Quando si parla di investimenti, i costi non dovrebbero mai essere il fattore decisionale principale, ma è una variabile da considerare attentamente quando si confrontano due soluzioni equivalenti. Sul lungo termine, infatti, anche differenze apparentemente minime possono trasformarsi in un mancato guadagno significativo.

Un esempio: una differenza di 0,50% all’anno su un capitale di 500mila franchi, in 20 anni può rappresentare oltre 50mila franchi di rendimento perso. Questo è il costo invisibile che molti sottovalutano.

Certo, non è la sola componente da osservare, il rendimento assoluto della strategia e dei suoi elementi ha un impatto ancor più decisivo, ma limare i costi è un tassello di ottimizzazione decisivo. Come farlo? Rivolgendosi ad esempio a istituti meno ‘cari’, meglio se insieme a soluzioni discrezionali personalizzate, non impossibili da trovare. La presenza di un esperto non rappresenta solo un costo, da tenere monitorato, ma aumenta la fiducia, offre serenità nelle decisioni d’investimento, trasformando la pianificazione finanziaria in un processo sicuro e trasparente.

In sintesi: non investire il capitale può essere tanto rischioso quanto investirlo male. In un contesto di tassi bassi e inflazione persistente, la gestione proattiva del patrimonio non è un’opzione, ma sempre più spesso una concreta necessità.

Investire non significa inseguire alti rendimenti a tutti i costi, ma proteggere

Investire in sé non è però abbastanza, pur non dovendo essere l’elemento decisivo, anche una attenta valutazione dei costi degli strumenti impiegati sul lungo termine possono avere un’incidenza notevole. Ciò non significa gettarsi alla cieca su strumenti solo passivi, ma di spulciare con attenzione tutte le note a piè di pagina.

«I costi non dovrebbero mai essere il fattore decisionale principale, ma è una variabile da considerare attentamente quando si confrontano due soluzioni equivalenti. Sul lungo termine, infatti, anche differenze apparentemente minime possono trasformarsi in un mancato guadagno significativo»

, Director of Business Development & Wealth Advisory di Alpian

Lo S&P 500

L’incidenza dei costi di gestione Investimento iniziale di 100k a 30 anni con 6% Cagr

il potere d’acquisto, pianificare con lungimiranza e prendere decisioni consapevoli. Ogni scelta, dal momento in cui iniziare, alla strategia da adottare, influisce sul benessere finanziario di domani.

La domanda che dovrebbero dunque porsi tutti non è se investire, ma come farlo in modo intelligente e con chi al proprio fianco, non per forza un amico, ma in primis un esperto competente. Per-

ché, alla fine, la vera sicurezza nasce dalla combinazione di una strategia solida e di un accompagnamento professionale. Molti si chiedono: quale pianeta vorremmo o dovremmo lasciare alle prossime generazioni. Ma quando si parla di previdenza e investimenti, potrebbe essere opportuno anche chiedersi: come vogliamo vivere la nostra pensione? Cosa vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti?

Fonte: Alpian, Bloomberg 2025
Fonte: Vanguard 2022

Accessori di classe Complementi di moda tra uso quotidiano e identità sociale 183o–193o

Pinacoteca cantonale

Giovanni

Züst

Rancate

Mendrisio

Dal 19 ottobre 2o25 al 22 febbraio 2o26

Orari d’apertura: Martedì-venerdì 9–12, 14–17

Sabato–domenica, 1. novembre, 8 e 26 dicembre, 1. e 6 gennaio 10–12, 14–18

Lunedì, 24, 25 e 31 dicembre chiuso

Si può fare

L’anno che si apre non promette faville, ma dovrebbe comunque avere un ruolo nell’evitare disastri. A segnalarsi gli Emergenti, con premesse delle più brillanti.

Il 2026 che va delineandosi, dunque molto probabilmente quello che non sarà, come da promessa puntuale di qualsiasi Outlook che si rispetti, è ormai pronto per iniziare non all’insegna di eccelse aspettative di rendimenti da favola, almeno rispetto agli ultimi anni, ma non si vedono (a ieri) nemmeno le premesse per un crollo, nonostante i rischi bolla restino tutti, e siano anche molto chiari.

I riflettori rimangono puntati sugli Stati Uniti, e sul come la Casa Bianca deciderà di muoversi nei prossimi mesi, in attesa delle elezioni di metà mandato, che potrebbero azzoppare non poco un Presidente abituato a fare il bello e il cattivo tempo. A cambiare sarà anche il timoniere della Fed, dunque qualche tensione anche sui mercati valutari la si intravede, in ‘filigrana’. Un dollaro comunque debole, e mercati molto alti, dovrebbero dar fiato ai Mercati Emergenti, eterna promessa degli ultimi lustri, ma che potrebbero finalmente regalare soddisfazioni, specie se sostenuti da materie prime non a sconto, e una Cina in ripresa con l’immobiliare.

L’Europa e in particolare l’Eurozona si trovano nella solita situazione ambigua, con molte potenzialità per fare bene, soprattutto per un settore privato con i conti in ordine, e un sostegno non solo dichiarato da parte di molti Stati, Germania in primis. Nonostante restino molti dubbi sulla reale spesa di quanta parte delle centinaia di miliardi di investimenti pubblici annunciati, riuscire a mobilitarne anche solo una piccola parte sarebbe un tassello fondamentale per innescare una più robusta riprese, specie se accompagnata dall’infrangersi di qualcuna delle meramente ideologiche politiche messe a punto negli ultimi anni.

Non ci si attendono colpi di scena nemmeno in Svizzera, che dovrebbe proseguire nel suo ruolo quale ancora di stabilità, in un mondo travagliato, e in guerra.

Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)

Categoria fondi Asset

Raccolta

per

Asset

class (in milioni di franchi)

Osservatorio 4.0

Caro lettore, L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI

L’Angolo dell’investitore: (India, Financials, Luxury; Isin):

▲ Icici Bank (INE090A01021)

▲ Hcl Technologies (INE860A01027)

▲ Siemens Ltd (INE003A01024)

▲ Banco Santander (ES0113900J37) ▲ Jp Morgan (US46625H1005)

▲ Mitsubishi Ufj (JP3902900004) ▲ Hermès (FR0000052292) ▲ Richemont (CH0210483332) ▲ Inditex (ES0148396007)

Altro giro, altra corsa

Guardando al 2026 lo scenario economico e finanziario rimane positivo, pur in presenza di persistenti rischi. Uscire troppo presto non è però mai stato d’aiuto!

Crescita e inflazione

Crescita attesa del Pil reale per Paese (in %)

Nel sesto anno dall’inizio di questo ciclo economico, l’economia globale continuerà la sua lenta decelerazione, con un tasso di crescita di circa il 3%.

Anche l’inflazione dovrebbe continuare a rallentare, ma negli Stati Uniti potrebbe rimanere vicina al 3% a causa dei dazi. Su scala globale la crescita economica continuerà a essere trainata dall’Asia, con la Cina che si manterrà intorno al 4,5% e

l’India sopra il 6%. Negli Stati Uniti perderà qualche decimale, scendendo sotto il 2%, mentre l’Eurozona dovrebbe rimanere poco sopra l’1 nonostante il piano infrastrutturale tedesco.

Dietro le quinte, il debito pubblico è un altro fattore da tenere in considerazione in tutte le economie avanzate, legato all’invecchiamento della popolazione e all’instabilità politica. Se due decenni fa era al 75% del Pil a livello mondiale,

Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia. A lato, non dovrebbero esserci grandi sorprese in termini di crescita del Pil, a segnalarsi è la Germania, il cui ingente piano d’investimenti dovrebbe iniziare a sortire i suoi effetti, con un’importante accelerazione economica. Le valutazioni azionarie si confermano care, ma non carissime.

quest’anno raggiungerà il 110% e, secondo il Fondo monetario internazionale, salirà al 118% entro il 2030.

Come si è visto con l’amministrazione Trump e il tentativo con il Doge, è improbabile che le grandi economie adottino importanti tagli alla spesa o aumenti delle tasse, poiché si tratta di misure politicamente difficili. Lo stesso accade in Giappone, dove il nuovo Governo è orientato a politiche fiscali espansive, e in Francia, dove la riforma pensionistica è stata addirittura posticipata.

È invece più probabile che si avvicini un altro periodo di ‘repressione finanziaria’, cioè politiche che mantengono i tassi di interesse artificialmente bassi, rendendo i costi di finanziamento più gestibili. In questo modo, i Governi ‘tassano’ indirettamente i risparmiatori riducendo i rendimenti reali.

La repressione finanziaria non è una novità: nel decennio passato ha preso il nome di Quantitative Easing e, in generale, non è una buona notizia per gli investitori, perché comprime i rendimenti obbligazionari. Tuttavia, una maggiore liquidità in circolazione può spingere il valore delle azioni, dei beni reali e anche delle obbligazioni emesse prima del varo di queste politiche.

Fonte: Ubs XI-25
Fonte: Ubs XI-25

Gli Stati Uniti potrebbero essere i primi a entrare in questa modalità, anche in considerazione dei desiderata del Presidente, che continua a invocare tassi più bassi. Anche per questo ci si aspetta che la fase di debolezza del dollaro persista nella prima metà del 2026. Pesano anche i deficit fiscali e commerciali, nonché gli sforzi dei Brics di diversificazione valutaria.

In questo contesto, nonostante le valutazioni elevate si rimane costruttivi sui mercati azionari: l’economia viaggia lontana da una recessione e le politiche fiscali e monetarie sono prevalentemente espansive. L’esperienza insegna che uscire troppo presto dalle borse solo per via di valutazioni elevate spesso si è rivelato penalizzante: nel 1995 le valutazioni erano già alte, ma da lì a marzo 2000 il Nasdaq è aumentato ancora diverse volte.

Sui mercati azionari, l’Intelligenza Artificiale è al centro del dibattito. L’entusiasmo è comprensibile: nel contesto di un’economia globale che vale circa 100 trilioni di dollari, si può ipotizzare che circa un terzo delle attività sia automatizzabile. Se si assume che metà di queste attività corrisponda a lavoro umano effettivamente sostituito e che i grandi gruppi tecnologici riescano a catturare il 10% di questo valore, ne deriva un’opportunità di ricavi annuali pari a circa 1500 miliardi.

Il mercato si interroga sulla capacità delle aziende di monetizzare i giganteschi investimenti in Intelligenza Artificiale, solo quelli di quest’anno sono stimati intorno ai 400 miliardi di dollari; tuttavia, come spesso accade nelle rivoluzioni tecnologiche, i ricavi tendono ad arrivare con notevole ritardo rispetto alla spesa in conto capitale. D’altra parte, questi investimenti rappresentano solo il 70% dei flussi di cassa operativi dei principali operatori, i cosiddetti ‘hyperscaler’. Le principali aziende tecnologiche quotate presentano quindi bilanci solidi.

Fuori dalla borsa probabilmente i rischi sono maggiori, dato che molte società si alimentano di continui aumenti di capitale in attesa di monetizzare gli investimenti o di essere acquisite dai giganti quotati.

Intanto, anche il settore tecnologico cinese rappresenta un’opportunità, con valutazioni nettamente più basse rispetto ai concorrenti americani e tecnologia spesso comparabile.

Strettamente legato all’Intelligenza Artificiale è il tema dell’elettricità. Tutte le stime suggeriscono un forte incremento

Il

metallo giallo

Domanda per componenti (T, sx) e prezzo dell’oro (in usd/oncia, dx)

Quanto consuma l’Ia? Domanda di energia elettrica (in Twh)

Obbligazioni Rendimento per segmento (in %)

dei consumi, spinto anche dalla mobilità elettrica e dalla sostituzione di fonti fossili con elettricità per riscaldamento e diversi altri utilizzi.

Il Ceo di Amazon ha definito la disponibilità di energia un potenziale collo di bottiglia per la crescita futura. E Jensen Huang di Nvidia ha avvertito che “la Cina vincerà la corsa all’Ia” a causa dei suoi costi energetici più bassi per le aziende tecnologiche locali.

La longevità è un altro tema chiave di lungo termine: entro il 2030 il mercato globale potrebbe generare ricavi annuali di 8mila miliardi di dollari rispetto ai 5300 miliardi del 2023. Le aree con maggiore potenziale di crescita sono obesità, oncologia e in generale i dispositivi medici. Per esempio, i ricavi legati ai farmaci contro l’obesità vengono attesi in aumento del 12% annuo.

Per quanto riguarda l’Eurozona, dopo tre anni di stagnazione degli utili la crescita dei profitti dovrebbe accelerare al 7% nel 2026 e al 18% nel 2027, trainata dal piano tedesco, da una ripresa dei consumi e dai tagli dei tassi già effettuati. Inoltre,

Alla base della corsa del metallo giallo una serie di fenomeni che ne alimentano la domanda che nel corso degli ultimi anni sono diventati pressoché strutturali, a partire dagli acquisti effettuati dagli istituti centrali, soprattutto emergenti, oltre a Cina e Russia, i ‘non allineati’.

le valutazioni, seppur impegnative a 15x gli utili attesi, sono a sconto rispetto alle altre omologhe globali.

Nel complesso, si dovrebbe essere quindi positivi sui mercati finanziari per i prossimi mesi, ma tra valutazioni, geopolitica, debiti e giganteschi investimenti in tecnologia, i rischi non mancano. Il modo migliore di gestirli è mantenere liquidità per coprire le esigenze dei prossimi anni, sfruttando i rendimenti superiori all’inflazione attesa offerti dalle obbligazioni Investment Grade. Una liquidità adeguata evita di dover smobilizzare posizioni azionarie nel momento sbagliato in caso di volatilità, permettendo agli investitori di non uscire di scena.

Fonte: Ubs XI-25
Gioielleria (sx)
Lingotti (sx)
Etf (sx)
Banche Centrali (sx)
Us/oz (dx)
Fonte: Ubs XI-25
Fonte: Ubs XI-25

Incognite americane

A segnare l’evoluzione dei prossimi mesi l’attenzione del mercato nei confronti dei possibili sviluppi in seno al board della Fed. A rimanere protagonista il Tech americano.

corsa dell’Ia

degli Eps Us (q/q)

Le Mag 7

Crescita margine operativo 12m (in %)

Flora Dishnica, Product Specialist di Pictet Asset Management. Da un lato l’Intelligenza Artificiale è destinata a rimanere un magnete di attenzioni, dall’altro gli Emergenti, mai come ora promettenti, e interessanti.

Azionario: emergente o sviluppato?

Effetto sugli EM di 5 driver: usd debole; crescita Ism; crescita rend. bond; calo rend. reali; forza materie prime

Si prevede che nel 2026 i mercati saranno trainati da diversi fattori chiave, con il settore tecnologico statunitense che rimarrà in prima linea. I giganti del settore, come Microsoft, Alphabet, Meta e Amazon, hanno in programma di investire oltre 500 miliardi di dollari entro l’anno, principalmente in infrastrutture di intelligenza artificiale. Questo investimento senza precedenti non solo dimostra la fiducia

nella crescita a lungo termine dell’Ia, ma pone anche le basi affinché l’innovazione tecnologica continui a trainare sia la performance dei mercati che gli aumenti di produttività nell’economia in generale. I solidi risultati trimestrali del settore, che hanno costantemente superato le aspettative, sottolineano il suo robusto contributo, che attualmente rappresenta oltre un quarto della crescita complessiva degli utili negli Stati Uniti.

Un altro fattore significativo sarà la politica monetaria statunitense. L’attuale incertezza sulla futura composizione del board della Federal Reserve e sulla nomina del prossimo presidente sta creando un contesto in cui gli operatori di mercato sono fortemente concentrati sull’orientamento del post-Powell. Il consensus sconta un notevole allentamento monetario per il 2026, che potrebbe sostenere ulteriormente gli asset rischiosi, soprattutto se la crescita economica rimarrà resiliente. Tuttavia, la credibilità della futura leadership della Fed sarà fondamentale; qualsiasi nomina percepita come un indebolimento della sua indipendenza potrebbe provocare una rinnovata volatilità, in particolare per il dollaro.

Anche le dinamiche inflazionistiche giocheranno un ruolo fondamentale. Sebbene si preveda che i dazi contribuiranno a un aumento dell’inflazione (tra lo 0,4 e lo 0,8% per il 2025), i miglioramenti in altri settori, come quello degli affitti, stanno contribuendo a tenere sotto controllo l’inflazione complessiva. Il mercato monitorerà attentamente l’interazione tra le tendenze inflazionistiche e le risposte politiche, poiché questa relazione avrà implicazioni dirette sulle valutazioni degli asset e sul sentiment degli investitori. Opportunità e rischi. Dal punto di vista delle opportunità, il settore tech continua a distinguersi come motore principale della crescita, sostenuto sia da sostanziali

Fonte: Pictet Asset Management 25
Fonte:

Capex che da un forte slancio degli utili a livello globale.

Inoltre, la stabilizzazione delle pressioni inflative e la prospettiva di un allentamento monetario nel 2026 sarebbero di sostegno per le azioni. I mercati emergenti continuano a rappresentare un’area di interesse significativa sia nell’azionario che nell’obbligazionario. Se gestiti in modo appropriato, questi investimenti possono contribuire positivamente a portafogli ben diversificati. L’oro e le attività correlate dovrebbero essere mantenuti come fonte di diversificazione per un’allocazione modesta all’interno di portafogli bilanciati, data la probabilità che i rischi geopolitici persistano.

Tuttavia, permangono dei rischi, soprattutto legati all’incertezza politica. Il ritardo nella pubblicazione dei dati macro ufficiali a causa dello shutdown ha già contribuito ad aumentare la volatilità dei mercati, poiché gli investitori si affidano a indicatori alternativi che possono dare segnali contrastanti. La possibilità di un ulteriore stallo politico o di nomine controverse alla Fed potrebbero minare la fiducia dei mercati e portare a un indebolimento del dollaro. Le valutazioni elevate del mercato statunitense (con un Eps a 12 mesi pari a circa 23x) suggeriscono inoltre che qualsiasi delusione in termini di utili o dati macro potrebbe innescare correzioni. Inoltre, non si può ignorare il rischio di effetti ritardati dei dazi.

Tendenze. Guardando al futuro, diverse tendenze potrebbero plasmare il panorama di mercato nel 2026. La trasformazione digitale dei settori industriali, accelerata dagli investimenti in Ia, rimarrà una forza dominante, non solo nella tecnologia ma anche in settori quali la sanità, i servizi finanziari e la produzione. Le aziende che riusciranno a integrare con successo l’intelligenza artificiale e l’automazione nelle loro operation saranno in una posizione migliore per migliorare i

Il mercato azionario svizzero torna a far parlare di sé. I rendimenti obbligazionari in forte calo non lasciano particolari alternative, per quanto i numeri promettano comunque bene. Il 2026 dovrebbe del resto confermarsi come un anno senza infamia e senza lode anche in termini di previsioni macro. Dunque, non solo Paesi emergenti.

per l’azionario svizzero

Un quadro tutto svizzero

Asset class svizzere a confronto (rendimento attuale)

Il 2026

Previsioni macro per Paese

Fonte: Pictet Asset Management 2025

margini e conquistare quote di mercato. Un’altra tendenza da tenere d’occhio è il continuo adeguamento della politica monetaria. Se l’atteso allentamento dovesse concretizzarsi, i mercati sviluppati non statunitensi e alcuni mercati emergenti potrebbero diventare ancora più attraenti, soprattutto se il dollaro statunitense dovesse indebolirsi a causa dei cambiamenti nella politica della Fed o dell’incertezza sulla leadership. Le stra-

tegie di copertura valutaria potrebbero contribuire a mitigare i rischi associati alla volatilità del dollaro.

Nel reddito fisso, si continua a vedere valore nelle obbligazioni del Vecchio Continente, italiane e spagnole con scadenza 5-7 anni per le operazioni di carry trade, data la ripidità della curva. Questo dovrebbe essere gestito in modo opportunistico piuttosto che trattato come una chiara tendenza dei tassi.

Fonte: Pictet Asset Management 25
Cina Svizzera Giappone Eurozona Usa

Debiti emergenti

Il debito dei Paesi in via di sviluppo si segnala quale interessante opportunità grazie a buoni fondamentali, rendimenti concorrenziali e al volatile panorama economico.

Obbligazionario emergente

Flussi in entrata e uscita in fondi obbligazionari per Emergenti (mld usd)

Sergio Tarazona, Investment Specialist Emerging market debt, di Ubp. A lato, l’obbligazionario emergente promette faville, ma restano i pregiudizi di molti investitori.

Vantano ormai l’80% della crescita del Pil globale, i mercati emergenti non sono più i fanalini di coda dell’economia mondiale. I loro mercati del debito, la cui valutazione ha raggiunto l’impressionante cifra di 44 trilioni di dollari, rappresentano ora un quarto di tutto il debito negoziabile su scala globale. Tuttavia, nonostante le dimensioni e la rilevanza che li caratterizzano, i mercati emergenti sono tuttora sottorappresentati nei portafogli globali, con meno del 5% allocato in questa asset class dinamica.

Il debito dei mercati emergenti si contraddistingue come fonte di carry, con rendimenti determinati principalmente dal reddito costante derivante dalle cedole piuttosto che dalle fluttuazioni dei prezzi.

I dati storici evidenziano che, in una prospettiva di lungo periodo, le performance del debito sovrano e societario emergente in valuta forte derivano in prevalenza dal pagamento delle cedole, che si accumulano nel tempo fino a diventarne il traino.

L’attrattiva di questa asset class cresce ulteriormente di fronte alle mutevoli di-

namiche degli Avanzati le cui economie, un tempo considerate la quintessenza della stabilità finanziaria, si trovano ad affrontare sfide sempre più ardue sul fronte dei conti pubblici. Gli emergenti

«Nonostante la sua crescente attrattiva, il debito degli Emergenti è spesso ritenuto un investimento ad alto rischio. Tuttavia, negli ultimi 20 anni, le loro obbligazioni sovrane e societarie hanno conseguito rendimenti annui del 6,1%, superando le performance dei Treasury e dei bond statunitensi, pari al 2,7 e al 4,1»

hanno invece dimostrato una gestione disciplinata delle finanze pubbliche e i rating del debito sovrano sono in media ritornati ai livelli Investment Grade. Il loro rapporto debito/Pil, che si colloca sul 60%, è di gran lunga inferiore al 123 degli

Stati Uniti e la loro bilancia delle partite correnti in aggregato è quasi in pareggio (+0,3%), rispetto al saldo negativo degli Stati Uniti (-3,7%).

Questa prudenza fiscale non è passata inosservata. I capitali investiti nel debito emergente sono aumentati, raggiungendo i 10 miliardi di dollari da inizio anno e con flussi positivi in 28 delle prime 34 settimane del 2025.

Oltre il mito, la realtà. Nonostante la sua crescente attrattiva, il debito degli Emergenti è spesso ritenuto un investimento ad alto rischio. Tuttavia, negli ultimi 20 anni, le loro obbligazioni sovrane e societarie hanno conseguito rendimenti annui del 6,1%, superando le performance dei Treasury e dei bond statunitensi, pari al 2,7 e al 4,1. Inoltre, la volatilità del debito emergente si è allineata a quella dei mercati avanzati, quindi la performance corretta per il rischio è superiore.

Un fattore chiave di questo successo è la loro accresciuta qualità creditizia. Negli ultimi anni le revisioni al rialzo del rating hanno superato quelle al ribasso, il che è frutto di politiche fiscali più sane, migliori saldi con l’estero e riuscite ristrutturazioni del debito. Inoltre, le valute emergenti si sono stabilizzate grazie alle politiche monetarie proattive e all’evoluzione positiva dei conti pubblici. In alcuni casi la loro volatilità è ormai inferiore a quella delle valute del G10.

I rendimenti offerti dal debito emergente sono un altro fattore allettante: nel

Fonte: Epfr Global, Ubp 25

segmento High Yield, le obbligazioni sovrane e societarie offrono un rendimento medio del 7,6% rispetto al 6,7 dei titoli Hy statunitensi. Nel segmento Investment Grade, i rendimenti si aggirano sul 5,5%, quindi al di sopra del 4-5% delle obbligazioni Ig e dei Treasury statunitensi. Non solo superano le loro medie decennali, ma riflettono anche dimensioni e qualità dell’universo del debito emergente, che comprende oltre 140 Paesi ed è prevalentemente Investment Grade.

Contrariamente alla percezione di fragilità, i mercati emergenti hanno dato prova di resilienza nella gestione del debito. I dati storici dimostrano che i default sul debito sovrano emergente Hy raggiungono in media appena il 2,5% l’anno dal 2002, rispetto al 4,3 dei mercati Hy statunitensi. Anche i tassi di recupero post default sono più elevati, mettendo ulteriormente in discussione la nozione di rischio implicito.

In considerazione della sua solida performance, dell’accresciuta qualità creditizia, dei rendimenti interessanti e della resilienza dimostrata, il debito emergente sovverte chiaramente la percezione comune del rischio elevato.

Guardando al nuovo anno. Le Banche Centrali dei Paesi emergenti erano tradizionalmente considerate ‘price taker’ dalla Federal Reserve, in quanto ne ricalcavano spesso la politica. Durante l’ultimo ciclo di aumenti dei tassi, invece, hanno agito da apripista, aumentando i tassi nel 2021 e anticipando di gran lunga il primo rialzo della Fed del 2022. Il loro intervento tempestivo ha ridotto notevolmente l’inflazione dopo il picco del 2022 e la loro cautela di fronte al taglio dei tassi mantiene i rendimenti reali molto al di sopra dei recenti livelli.

Nel frattempo, il mandato di Jerome Powell terminerà a maggio 2026 e il suo successore adotterà probabilmente una linea accomodante. Il passaggio del testimone rafforza la prospettiva di un dollaro più debole, in una fase in cui le Banche Centrali detengono sensibilmente meno dollari che in passato. L’Us Dollar Index ha lasciato sul terreno quasi l’8% quest’anno ed è al di sotto del 10 circa dal suo picco del 2022. Il dollaro è tradizionalmente contrassegnato da cicli pluriennali e si prevede che nel 2026 prosegua la tendenza al ribasso.

Un dollaro più debole e tassi d’interesse potenzialmente più bassi potrebbero alle-

Avanzati o Emergenti?

Rendimenti obbligazionari a confronto (in %; yield to maturity)

Questione di volatilità

Volatilità massima e minima per segmento (carry to volatility)

Fonte: Jp Morgan 25

viare le pressioni sui finanziamenti per gli emittenti emergenti e sostenere gli investimenti in obbligazioni a rendimento più elevato. Gli spread sul debito emergente sovrano e societario in valuta forte sono ridotti, in linea con una tendenza diffusa su tutti i segmenti del reddito fisso. D’altro canto, ciò è in parte giustificato dai solidi fondamentali dei mercati emergenti e i rendimenti rimangono al di sopra della loro media decennale sulla scorta dei tassi elevati negli Stati Uniti.

Con un interessante livello dei rendimenti, il 2026 sarà probabilmente un anno in cui il carry sarà fondamentale per le performance. Il divario tra il rendimento del debito emergente e quello dei mercati sviluppati rimane appetibile, quindi è propizio agli investimenti in questa asset class. Gli investitori dovrebbero concentrarsi sulle opportunità che offrono la migliore performance per unità di rischio, soprattutto sui tassi d’interesse dei mercati locali, e i mercati di frontiera si mettono in luce grazie al loro rapporto positivo carry/volatilità e al miglioramento delle politiche delle Banche Centrali.

Sia in termini di rendimento che di volatilità storica e attesa i bond emergenti hanno molto da offrire, a un rischio più che gestibile, che ne allinea gli interessi ai Paesi avanzati, da un punto di vista macro sicuramente meno solidi. A pesare gli ultimi anni, non così brillanti.

In conclusione, nel 2026 il debito dei mercati emergenti è destinato a trarre vantaggio dai suoi solidi fondamentali, dai rendimenti interessanti e dall’accresciuta qualità creditizia. Grazie alle politiche proattive delle loro Banche Centrali, all’indebolimento del dollaro e alle agevolate condizioni di finanziamento globali, questa asset class costituisce un’interessante opportunità per gli investitori alla ricerca di diversificazione e performance superiori corrette per il rischio. Il debito emergente continua a sovraperformare quello degli Avanzati e, in considerazione del suo momentum positivo e della sua resilienza, può diventare un elemento chiave dei portafogli nel 2026.

La svolta nipponica?

Lo yen da tradizionale valuta molto forte registra ormai da diversi anni una voluta pesantissima svalutazione. A quali condizioni potrebbe chiudersi questa lunga stagione?

Recente storia dello Yen

Andamento del tasso di cambio Chf/Jpy (dati 2012-25)

Lo scorso 4 ottobre gli investitori esteri che avevano puntato sull’apprezzamento dello yen giapponese hanno subito l’ennesima delusione: dalle elezioni interne al Lpd, partito egemone della politica del sol levante, è emersa a sorpresa la leadership di Sanae Takaichi, prima donna a essere nominata Premier nella storia del Paese.

Il programma economico che l’ha condotta alla vittoria prevede politiche fiscali maggiormente espansive supportate da una politica monetaria estremamente accomodante. Il mercato valutario ha reagito male, per timore che i tanto attesi rialzi dei tassi da parte della Bank of Japan possano non materializzarsi, e che gli stimoli fiscali si traducano in maggiore inflazione e tassi reali fortemente negativi.

Il trend di svalutazione della moneta nipponica ha origine nel 2012, quando l’allora primo ministro Shinzo Abe varò una svolta politico-economica volta a tirar fuori il Giappone dalle secche di una crescita economica anemica, caratterizzata da totale mancanza di inflazione. Gli obiettivi di tali riforme sono stati solo parzialmente

raggiunti, ma uno dei risultati più tangibili è stata la svalutazione continua dello yen, fino ad allora moneta tendenzialmente forte. Basti pensare che da quel momento la valuta nipponica ha perso oltre il 50% nei confronti del franco svizzero, pur in presenza di tassi di inflazione abbastanza simili tra le due economie.

Una chiave di lettura di tale svalutazione può essere ricercata nel rapporto con una Cina in forte ascesa dal punto di vista industriale: storicamente le due grandi potenze asiatiche si posizionavano su segmenti nettamente distinti, High Tech nel caso giapponese e prodotti a basso valore aggiunto in quello cinese. Nell’ultimo decennio la manifattura cinese è diventata competitiva anche su segmenti ad elevato valore aggiunto, minacciando il modello economico giapponese basato su esportazioni e su current account strutturalmente positivi.

La debolezza dello yen aiuta a mantenere elevata la competitività dell’industria giapponese, a scapito dei consumatori che vedono erodersi in modo significativo il potere d’acquisto. La ricerca di compe-

Giorgio Bertoli, Senior Portfolio Manager di Banca del Sempione. A lato, l’evoluzione del tasso di cambio tra franco e yen evidenzia una netta tendenza che attraverso oltre un decennio: costante deprezzamento.

titività tramite svalutazione sembra però essersi spinta molto in avanti, portando a una situazione di sottovalutazione elevata non facilmente sostenibile; in tal senso, il ritorno di pressioni inflative e il rialzo dei rendimenti sulla parte lunga della curva obbligazionario sono segnali di un sistema che rischia di perdere equilibrio.

L’elezione di Takaichi fa pensare che, almeno nel breve periodo, non siano previsti cambi di rotta di policy in tal senso, e che il riallineamento dello yen su valori più consoni ai propri fondamentali debba ancora attendere; è probabile quindi che possa rafforzarsi solo in caso di forte rallentamento economico negli Stati Uniti, fungendo da bene rifugio in contesti di mercato da risk-off.

Per un trend di apprezzamento più duraturo potrebbe essere necessario attendere un evento, di natura economica o politica, che porti a un apprezzamento strutturale delle valute asiatiche, yuan cinese compreso, permettendo ai giapponesi di rivalutare la propria divisa senza temere perdite di competitività nei confronti degli altri esportatori vicini. O, in alternativa, che gli svantaggi portati da una divisa troppo debole e tassi reali troppo negativi portino infine a una nuova svolta di politica interna nel Paese. Fino ad allora lo yen rischia di rimanere uno strumento utile solamente in chiave tattica, e non come componente strategica di portafoglio.

Fonte: Banca del Sempione (al 14-XI-25)

I nodi trovano il pettine?

Nel 2026 molti dei trend degli ultimi anni potrebbero infine svelare qualche risultato: l’Ia è un boom sostenibile? L’Europa ha trovato una nuova via? Il commercio globale è cambiato?

Sostenibilità delle Capex

Dati annui di Meta, Google, Amazon, Microsoft e Oracle (in mld usd)

Andrea Mognon, Director Asset Management di Banca Zarattini & Co, e membro della Ticino Financial Association (Tifa). A lato, un confronto tra cashflow e Capex Ia.

Il 2025 si chiude con un quadro macro eterogeneo, nel quale coesistono elementi di ripresa ciclica e indicatori che mostrano un aumento delle vulnerabilità sistemiche. L’espansione fiscale nelle economie avanzate ha sostenuto la domanda nel breve ma ha reso i bilanci pubblici più sensibili alle condizioni finanziarie globali. L’indebolimento di numerose valute suggerisce inoltre un progressivo deterioramento della fiducia nei meccanismi istituzionali di ancoraggio monetario.

Le aspettative risultano comunque costruttive per il 2026. Le previsioni indicano una moderata accelerazione della crescita economica globale, sostenuta da un miglior equilibrio tra domanda, investimenti e condizioni finanziarie. Un ruolo non trascurabile deriva inoltre dall’orientamento più accomodante di diverse Banche Centrali, che contribuisce a rafforzare lo scenario di base.

Anche sul fronte aziendale, le stime sugli utili convergono verso un miglioramento diffuso, favorito da margini più stabili, costi energetici meno volatili e

progressi nella produttività.

Quindi un contesto globale caratterizzato da aspettative favorevoli, in cui però permangono elementi di criticità. Negli Stati Uniti, la lettura del ciclo economico è stata complicata dallo shutdown, aumentando l’incertezza nelle stime congiunturali. Per ora le notizie aneddotiche dei tagli del personale suggeriscono un mercato del lavoro meno brillante, ma considerati i livelli occupazionali di partenza si è lontani da condizioni di stress. Non va inoltre trascurato l’impatto delle tariffe, finora smorzato da un’applicazione discontinua e selettiva. Man mano che tali interventi si consolidano come strumento di policy strutturale, è verosimile aspettarsi una trasmissione maggiore sulle dinamiche commerciali e sui prezzi.

Un elemento centrale per il 2026 riguarda l’evoluzione economico-finanziaria del fenomeno dell’intelligenza artificiale. Emergono criticità che mettono in discussione la narrativa di crescita che ha sostenuto il settore negli ultimi anni e, di conseguenza, le valutazioni delle società. È soprattutto l’aumento del Capex e il

maggiore ricorso al debito che impone criteri di valutazione più severi, portando gli investitori a distinguere tra iniziative realmente scalabili e sviluppi ancora speculativi. Le pressioni sui free cash flow degli hyperscaler e la divergenza tra aspettative e ritorni effettivi segnalano la fine della fase di espansione indiscriminata e una maggiore attenzione a redditività e modelli di business in grado di generare ritorni adeguati sugli investimenti.

Per quanto concerne il contesto europeo, si identificano spunti differenti. In Europa, la strategia di rafforzamento dell’autonomia energetica, industriale e tecnologica, ha dato impulso a un aumento degli investimenti pubblici e privati in infrastrutture critiche. Il potenziale impatto sul medio periodo è significativo, anche se condizionato dai vincoli dell’area: bassa crescita potenziale, produttività stagnante, dipendenze strategiche e per alcuni Paesi livelli di debito elevati. Anche in questo quadro, la sostenibilità fiscale resterà un tema centrale, soprattutto in assenza di un consenso politico stabile sulle priorità di lungo termine.

Nel 2026 quindi potrebbe esserci una risposta ai temi degli ultimi anni. Si scoprirà la reale sostenibilità del boom Ia e il suo impatto sulla produttività, la capacità dell’Europa di rilanciare autonomia e competitività, e l’efficacia del riassetto del commercio globale. Considerazioni che renderanno lo scenario più leggibile, ma non privo di rischi.

Fonte: Banca Zarattini 25

L’economia in transizione

Innovazione tecnologica, cambiamenti geopolitici e sostegno monetario e fiscale stanno ridefinendo molti equilibri dei mercati finanziari, creando opportunità oltre che sfide.

Tecnologia e produttività

Correlazione tra investimenti in It e crescita della produttività (dati Stati Uniti)

3.5

Le Banche Centrali stanno allentando la politica monetaria per sostenere la crescita economica e ulteriori tagli dei tassi, in particolare negli Stati Uniti, potrebbero influenzare l’attività economica fino al 2026. Inoltre, molti Governi, in questo caso soprattutto in Europa, stanno pianificando un aumento della spesa pubblica e altre iniziative a favore della crescita, anche a costo di deficit fiscali nell’immediato più elevati del preventivato.

L’innovazione tecnologica continua a migliorare la produttività e ad accelerare la crescita. Nel 2025, questo effetto è stato trainato principalmente dalle aziende attive nello sviluppo di piattaforme e soluzioni di Intelligenza Artificiale. Nel 2026, si prevede che l’adozione dell’Ia si estenderà più diffusamente a diversi settori. Negli Stati Uniti, i responsabili politici hanno forti incentivi a ridurre l’incertezza in vista delle elezioni di medio termine, che determineranno la composizione del Congresso. Storicamente, l’incertezza politica tende a diminuire negli anni di metà mandato, sostenendo la fiducia dei mer-

cati. La revisione prevista dell’accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada (Usmca), ossia il quadro che regola gli scambi commerciali tra i tre Paesi, potrebbe contribuire a un contesto politico più prevedibile. Sebbene dazi doganali e un dollaro più debole possano far aumentare i prezzi delle importazioni, un’impennata significativa dell’inflazione appare improbabile, considerate la crescita moderata dei salari e la minore quota del bilancio familiare destinata all’acquisto di beni. Sfide che richiedono vigilanza. Nonostante il sostegno delle Banche Centrali, delle politiche fiscali e dei progressi tecnologici, diversi rischi potrebbero mettere sotto pressione le prospettive positive. L’incertezza politica e normativa, il riacutizzarsi delle dispute commerciali e le crescenti tensioni geopolitiche continuano a influenzare i mercati.

In tal senso il conflitto in corso tra Russia e Ucraina potrebbe tornare a perturbare i mercati energetici e le catene di approvvigionamento, aggiungendo ulteriore complessità e incertezza a un contesto già alquanto volatile.

Mario Montagnani, Senior Investment Strategist di Vontobel. Nonostante gli investimenti, cercansi produttività!

Sebbene un forte aumento dell’inflazione sembri improbabile, la sua persistente tenuta potrebbe comunque frenare la spesa delle famiglie statunitensi. Un dollaro più debole potrebbe inoltre aumentare i costi delle importazioni e intensificare le pressioni inflazionistiche, accrescendo significativamente l’incertezza nel quadro dell’intero commercio globale. Orientarsi nel nuovo contesto economico. L’economia globale si trova a un bivio, sospesa tra un rinnovato potenziale di crescita e sfide strutturali persistenti. Un approccio di investimento lungimirante, basato su una diversificazione ben ponderata e su revisioni periodiche del portafoglio, può essere un aiuto fondamentale per gli investitori a mantenere una posizione solida nel lungo termine. Del resto la crescente polarizzazione dei mercati azionari mondiali attorno a quello americano deve far riflettere, soprattutto in materia di diversificazione. In 10 anni in termini di capitalizzazione il peso degli Stati Uniti nell’indice Msci Acwi è passato dal 15 al 65%, con una manciata di titoli tecnologici legati all’Ia che valgono oggi il 40% dello S&P 500. Hanno contribuito anche a un terzo della performance dell’Msci Acwi, ma trattano a multipli 5x la media di mercato, e sono in un fortissimo ciclo di Capex.

Pur certi del potenziale dell’Ia, nel breve tali fattori, specie se in combinazione con la forte fase di investimento in infrastrutture e la debole visibilità sui ritorni della stessa, potrebbero generare volatilità, come quella cui si sta assistendo.

Fonte: Lseg, Vontobel 25

Obbligo di diversificare

In una fase di mercati ormai maturi, seppur interessanti, la diversificazione assume un ruolo preminente: geografica, settoriale, valutaria, e di asset class, finanziarie e reali.

Indici a confronto

Andamento di alcuni indici azionari (dati 10y; 2015: 100)

Il 2026 si apre con uno scenario complessivamente favorevole per i mercati. Dopo un biennio di espansione e rivalutazione degli asset rischiosi, il contesto globale rimane costruttivo, sostenuto da una crescita economica positiva, da politiche fiscali espansive e da Banche Centrali che sembrano aver trovato un equilibrio tra sostegno e prudenza.

L’economia mondiale dovrebbe mantenere un ritmo di espansione moderato ma solido, trainato dalla domanda interna e dagli investimenti pubblici in settori strategici come Difesa, energia e digitalizzazione. In questo quadro, si conferma una visione positiva sull’azionario, pur con la consapevolezza che i livelli raggiunti dagli indici globali richiedono maggiore selettività e un’attenta diversificazione.

Negli Stati Uniti, la crescita resterà sostenuta grazie agli investimenti domestici, alla spinta della transizione tecnologica e alla possibilità di nuovi stimoli fiscali in vista delle elezioni di midterm. Le imprese, forti di bilanci solidi e di margini ancora elevati, continueranno a rappresentare un pilastro per gli investitori globali.

In Europa, la combinazione di politiche industriali comuni, piani infrastrutturali e incremento della spesa in Difesa e sicurezza energetica potrà consolidare il percorso di crescita, pur in un contesto di margini più contenuti. L’area resta interessante anche dal punto di vista valutativo, con multipli inferiori rispetto agli Stati Uniti e un crescente interesse per i settori ciclici e industriali.

Il Giappone appare destinato a vivere una fase di cambio di paradigma, sia politico sia economico. Il nuovo assetto governativo sta favorendo un approccio più riformista e un atteggiamento meno difensivo da parte delle imprese, con impatti positivi sulla produttività e sulla fiducia del mercato domestico.

I mercati emergenti, infine, restano un importante motore di diversificazione. La crescita, pur eterogenea, sarà sostenuta da una domanda interna più dinamica, da politiche monetarie meno restrittive e da ulteriori stimoli provenienti dalla Cina, che rimane determinante per la regione.

Dal punto di vista aziendale, i margini dovrebbero restare stabili, sostenendo

Alfonso Rivolta, Group Head Wealth Solutions di Pkb Private Bank.

A lato, il confronto tra alcuni indici azionari evidenzia forti differenze sperimentate nell’ultimo decennio.

una crescita degli utili compresa tra il 5 e il 9%. Con valutazioni già elevate, il principale driver dei mercati azionari sarà ancora la dinamica degli utili, più che l’espansione dei multipli. Ciò lascia presagire un anno caratterizzato da listini in crescita ma con performance più moderate, coerenti con la maturità del ciclo. Per questo, si raccomanda di mantenere una buona esposizione all’azionario, privilegiando però una ripartizione geografica equilibrata tra Avanzati ed Emergenti. La diversificazione tematica e fattoriale (quality e momentum) sarà cruciale per ottimizzare il profilo rischio/rendimento.

Sul fronte inflazionistico, le attese restano sopra il target del 2%, ma la dinamica dovrebbe rimanere contenuta e gestibile. I dazi non hanno generato impatti significativi sui prezzi europei, ma l’inflazione strutturalmente più alta rappresenterà un elemento stabile del nuovo equilibrio macroeconomico.

I beni reali mantengono dunque un ruolo essenziale all’interno dei portafogli bilanciati. Oro e argento restano efficaci strumenti di diversificazione, mentre l’immobiliare continuerà ad attrarre interesse, soprattutto per gli investitori svizzeri o orientati al franco, penalizzati da rendimenti reali modesti nel reddito fisso.

In sintesi, il 2026 si prospetta come un anno di crescita resiliente e opportunità selettive, in cui la disciplina e la diversificazione rimarranno le chiavi per navigare mercati maturi ma ancora promettenti.

Fonte: Pkb (al 31-X-25)

Tra rischi e opportunità

In presenza di un contesto ancora mutevole, l’immobiliare svizzero offre ottime premesse per rendimenti facili, e bassi rischi. Gli istituzionali ci credono, e anche le famiglie.

Corre il mattone

Confronto tra l’indice Swiit (immobiliare) e i decennali di Berna

Arthur Jurus, Head Investment Office Private Bank di Oddo Bhf Switzerland. A lato, un confronto tra immobiliare svizzero e indice azionario.

lenta e dinamiche politiche mutevoli. Si cercano alternative dinamiche meno impattate dai rischi macroeconomici, e il mercato immobiliare svizzero continua a distinguersi come investimento attraente, sostenuto da una forte domanda dei fondi pensione. Questi investitori stanno sempre più riallocando i propri asset dall’obbligazionario al real estate, una tendenza che ricorda il periodo 2014–20.

Il 2025 è stato un anno segnato da profondi cambiamenti geopolitici, eppure nei mercati finanziari ha prevalso la continuità, mentre il trend secolare dell’Intelligenza Artificiale ha continuato a dominare la performance azionaria. L’economia globale entra nel 2026 con attriti commerciali persistenti ma meno dirompenti, un’inflazione in rallentamento ma ancora presente e un’incertezza geopolitica che rimane.

Negli Stati Uniti, i timori di una bolla sui titoli dell’Ia appaiono infondati. Le valutazioni elevate sono sostenute da solidi fondamentali: le Big Tech vantano posizioni di cassa robuste, free cash flow sani e una capacità di generare utili che giustifica investimenti significativi in infrastrutture. Il quantum computing aggiunge ulteriore profondità a questa tendenza, rendendo le revisioni in positivo degli utili il motore critico per il 2026.

Il quadro geopolitico resta un tema centrale. Negli Stati Uniti, la posizione di Donald Trump sul commercio difficilmente si ammorbidirà. I dazi, aumentati di quasi 10 punti, dovrebbero rimanere

uno strumento di negoziazione per il rifinanziamento del debito in un contesto di tassi a lungo termine elevati. In Europa, la crescita dipende dalla spesa pubblica, in particolare tedesca, ma restano molte incognite fiscali e politiche.

I mercati azionari europei restano concentrati su banche, assicurazioni e industria tedesca, sostenuti da curve dei tassi favorevoli e ordini industriali in arrivo. Il sanitario si distingue come opportunità, combinando valutazioni basse con una significativa esposizione all’Ia, e anche le materie prime offrono resilienza.

Il principale rischio per il 2026 riguarda la public policy. Negli Stati Uniti, le elezioni di metà mandato riducono la probabilità di tagli alle imposte sulle società, mentre le sfide di rifinanziamento del debito potrebbero aumentare i premi di rischio e ridurre l’appetito del mercato. In Europa, lo spazio fiscale limitato e l’instabilità politica potrebbero compromettere la crescita. Gli investitori dovranno quindi bilanciare cautela e selettività, concentrandosi su temi strutturali per navigare in un ambiente di crescita più

Attualmente, l’immobiliare rappresenta già circa il 25% delle allocazioni, e potrebbe salire al 30. Allo stesso tempo, il divario nell’offerta abitativa, stimato al 25% rispetto alla domanda, è al livello più alto degli ultimi trent’anni. Questo squilibrio dovrebbe mantenere i canoni di locazione su una traiettoria crescente, preservando i premi di rendimento. I prezzi del residenziale dovrebbero continuare a beneficiare di condizioni di finanziamento eccezionalmente favorevoli.

Le dinamiche monetarie rafforzano ulteriormente questa tendenza. I rendimenti obbligazionari svizzeri restano vicini ai minimi storici, con i rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni ai livelli più bassi da gennaio 2022 e rendimenti negativi fino alle scadenze a quattro anni. Inoltre, il calo dei tassi in franchi ha determinato una forte riduzione dei tassi ipotecari, creando condizioni di finanziamento eccezionalmente favorevoli per gli acquisti in residenziale. In questo contesto, l’immobiliare offre una combinazione convincente di domanda strutturale, resilienza dei rendimenti e costi di finanziamento attraenti.

Fonte: Oddo Bhf Switzerland 25
Indice Swiit (sx) Rendimento titoli decennali svizzeri (dx)

Equilibrati, non euforici

I prossimi mesi si presentano all’insegna dell’equilibrio, non dovrebbero esserci colpi di scena in positivo o negativo. Dunque, rimanere investiti, ma guardando agli asset reali.

Il Corporate americano

Confronto della crescita dei ricavi delle aziende dello S&P 500 (in %)

■ Crescita Us Mag 7

■ Crescita Us S&P 500 ex Mag7

Il 2026 non sarà l’anno in cui il ciclo giungerà al termine, ma quello in cui cambierà carattere. L’economia globale presenta una resilienza che contrasta con il rumore politico e l’incertezza dell’anno passato. La crescita globale rimarrà vicina al 3%, a indicare che lo slancio sottostante rimane intatto nonostante un mondo più multipolare e disomogeneo. E questo è lo spunto.

In tutte le regioni sta emergendo un’economia a ‘due velocità’. Gli Stati Uniti rimangono il principale motore di crescita tra gli Avanzati, con una crescita intorno al 2% sostenuta dai continui investimenti legati all’Ia, solidi bilanci delle famiglie e una politica fiscale favorevole. L’inflazione dovrebbe attenuarsi, ma è probabile che si stabilizzi tra il 2,5 e il 3%, quindi eventuali tagli dei tassi saranno probabilmente graduali verso il tasso neutro R*.

L’Europa, al contrario, sta seguendo un percorso di ripresa più lento e irregolare, con una crescita intorno all’1,5%.

Permangono problemi strutturali e politiche nazionali divergenti, ma la politica industriale, la spesa in infrastrutture e la

transizione energetica creano opportunità selettive. I tassi dovrebbero restare fermi.

In Asia, l’India è in testa con una crescita superiore al 6%, rafforzata da demografia, investimenti e riforme. La Cina passa da una chiara decelerazione a una fase più stabile, con una crescita intorno al 4-4,5%, sostenuta da stimoli mirati e manifatturiero avanzato, ma deve ancora affrontare rischi deflazionistici.

Una ragionevole strategia azionaria per il 2026 guarda oltre le Mag7 al più ampio mercato statunitense, ossia l’S&P 493, dove si vedono bilanci solidi, valutazioni più attraenti e collegamenti diretti con i cicli d’investimento di industria, servizi, sanità e alcuni settori di consumo. È probabile che un maggior numero di aziende contribuiranno ai rendimenti complessivi. Questo non deve però escludere dalla strategia gli asset reali e produttivi.

Le economie devono investire maggiormente in asset che generano reddito in futuro: reti elettriche, reti di trasporto, automazione, infrastrutture digitali, oltre a materiali e metalli necessari. Questi temi sono al centro di molti trend, of-

Thomas Wille, Cio di Copernicus Wealth. A lato, volano i ricavi delle Mag7 rispetto al resto del mercato, è sufficiente a spiegare tutto?

frono dunque esposizione a guadagni di produttività a lungo termine e una certa protezione contro l’inflazione.

Nel reddito fisso i dettagli contano. I titoli di Stato offrono ora carry ma un potenziale di rialzo limitato, e gli spread creditizi in molti segmenti rimangono compressi. In tale contesto, si vedono alcune delle opportunità più interessanti nel capitale bancario ibrido, in particolare negli At1. Le banche europee oggi godono di ottima salute, eppure gli At1 offrono ancora un significativo premio di rendimento. La loro volatilità è elevata, ma spesso determinata dal sentiment, il che rende essenziali una selezione attiva e una solida gestione del rischio.

Cosa significa questo per un portafoglio diversificato? Rimanere investiti. La crescita è ancora resiliente e la liquidità rischia di perdere valore se l’inflazione si assesta. Andrebbero privilegiate selettività e qualità in azioni di aziende con bilanci solidi, vantaggi competitivi duraturi ed esposizione ai temi quali produttività e infrastrutture. Meglio orientarsi verso attività reali e produttive legate a investimenti di lungo termine, utilizzando strumenti come gli At1 per aumentare il rendimento, accettando della volatilità. Il 2026 dovrebbe dunque dimostrarsi equilibrato, non euforico o pessimista, riflesso di un mondo che si muove a velocità diverse, con le Banche Centrali che fanno un passo indietro, la Politica che fa un passo avanti e la produttività che emerge quale fattore chiave di differenziazione.

Quando non serve

Formulare un Outlook finanziario è da tempo che ha perso di senso; le dinamiche che reggono i mercati sono cambiate, dunque semplicemente speriamo non succeda nulla.

Quando ho iniziato la mia carriera nel settore finanziario, nel lontano 1984, sono subito stato attirato dall’immagine del Toro e dell’Orso che esprimono l’ottimismo e il pessimismo del mercato azionario. In particolare mi ha colpito il fatto che, di solito, il toro ha l’anello al naso. Mentre l’orso esprime di fatto l’immagine di un animale schivo ma essenzialmente libero, il toro, nella sua immagine di forza ed esuberanza, rappresenta però un animale che vive in cattività, è solitamente in un recinto e ha il destino praticamente segnato, dato che finisce al macello o in qualche spettacolo di Corrida. Esiste un caso nel quale il toro viene lasciato libero ed è in concomitanza con la festa di San Firmino a Pamplona, ma quel momento è di breve durata e generalmente incorna qualcuno e fa disastri.

A parte il folklore, appare oggi abbastanza difficile (e anche poco credibile) formulare un Outlook per i mercati finanziari senza scadere nelle solite cose banalmente già note, salvo poi accorgersi che qualsiasi cosa accada nulla accade. Dazi, guerra commerciale, debiti fuori controllo, inflazione, guerre, pandemie, politiche monetarie restrittive e valutazioni fuori di testa non hanno più alcun effetto sulle variabili finanziarie. Il motivo è molto semplice: i mercati sono di fatto nazionalizzati.

razione delle performance sia il frutto di decisioni ponderate. Tuttavia i tassi d’interesse sui Treasuries sono sottoposti a un feroce ‘controllo della curva’ introdotto dalla gestione Yellen e ora rafforzato dalla gestione Bessent. Mentre la narrazione che il sistematico Buy on Dip è opera del cliente retail è credibile solo se appartieni alla categoria di coloro che hanno ‘l’anello al naso’, dato che è abbastanza evidente che l’investitore privato non ha la forza finanziaria per intervenire quando si innesca un risk off da centinaia di miliardi di dollari all’ora. Tale è ormai l’impatto

Maurizio Novelli, Senior Portfolio Manager di Lemanik Global Strategy Fund di Lemanik Invest.

Mi rendo conto che affermare questo possa dare molto fastidio in un settore dove oggi sono tutti convinti che la gene-

colossale dei derivati che influenzano l’andamento del day trading. Un noto analista finanziario americano, Graham Summers, ha recentemente affermato che il bull market di Wall Street è una questione di “sicurezza nazionale”. Sono assolutamente d’accordo su tale opinione, dato che un’economia basata su debito speculativo non solvibile, leverage e finanza spregiudicata, non ha altro scopo se non quello di pompare bolle speculative per creare ricchezza che non rie-

sce più a produrre con l’economia reale. Tuttavia, se questo è il modello, il destino del toro è sempre e comunque segnato, anche se l’animale è ora assunto al ruolo di “sicurezza nazionale”. Nel frattempo si è anche assistito al licenziamento del responsabile dell’ufficio di statistica che pubblica i dati sull’economia americana e il capo economista di Goldman Sachs è stato minacciato di licenziamento per aver scritto opinioni poco gratificanti sullo stato dell’economia. Da almeno tre anni sostengo che i dati macro pubblicati dal Governo americano non sono credibili, o lo sono quanto quelli cinesi. A questo punto è lecito chiedersi che Outlook sia possibile formulare se l’intero settore, infarcito da migliaia di analisti, è messo in questo modo e i mercati, i dati macro, i dazi e i tassi d’interesse sono tutti fattori di “sicurezza nazionale”. Anche la Fed, tra non molto, non potrà più definire liberamente la politica monetaria per le stesse ragioni. Anche in Cina sta accadendo la stessa cosa: i mercati azionari sono ora controllati da un fondo d’intervento pubblico, le società pubbliche quotate vengono sovvenzionate dallo stato per fare i buy-back e i dati macro non vengono più pubblicati con i dettagli necessari a capire, il tutto per questioni di “sicurezza nazionale”.

La differenza tra Cina e Stati Uniti è che i cinesi non hanno vergogna a dirlo, mentre per la finanza americana, ammettere che sei finito sotto il controllo statale è un’onta indicibile. A quale titolo chiedi commissioni di performance se le stesse sono generate dal costante intervento pubblico quando c’è il rischio che il mercato possa scendere?

In questi giorni ricevo decine di analisi da parte di tutte le società finanziarie del mondo che propongono le loro previsioni e finiscono di norma tutte nel cestino. Perché dovrei proporre dunque un mio Outlook se so come stanno le cose e tutto il sistema è poco credibile? Perfino le trimestrali delle società quotate non sono più credibili, dato che la Sec, proprio a causa delle continue rettifiche post pubblicazione, ha dovuto introdurre la norma che obbliga i Ceo a confermare dopo tre mesi quello che hanno pubblicato prima, dato che le trimestrali sono tutte ‘pro forma’.

A questo punto l’unico possibile Outlook che potrei elaborare si basa solo su due scenari: il mercato ‘nazionalizzato’ riesce ancora ad evitare tutti i Black Swan che gli girano intorno da tempo, oppure scoppia una crisi e tutto scappa di mano. Purtroppo si opera in un contesto dove, nonostante il costante intervento pubblico e i bail-out garantiti dalla Fed, l’economia non riesce a crescere senza lo stimolo fiscale continuo e i mercati non reggono se manca l’intervento dettato da questioni di “sicurezza nazionale”.

Quindi non possiamo avere scenari intermedi: o sali o scendi. Il rischio vero di tale situazione è che gli Stati Uniti dipendono dalla tenuta della bolla speculativa e si trovano costretti a gonfiarla a oltranza, perché un suo cedimento avrebbe ripercussioni devastanti. Tuttavia, si è tutti consapevoli del gioco nel quale ci siamo infilati e la paura che prima o poi questo andazzo possa finire rende tutto molto precario, dato che tutti stanno partecipando al gioco con l’intenzione di uscirne a razzo prima che finisca male.

È proprio la generale consapevolezza del rischio che rende tutto molto fragile, dato che il sistema è vulnerabile a un cedimento della propensione al rischio come non mai. Per questo motivo si è scelto di fare di tutto per continuare a sostenere tale propensione, che deve rimanere sempre ai massimi.

La bolla speculativa non può essere

Problema di valutazioni

Andamento del price-to-book ratio dello S&P 500 (dati 1946 - 2025)

S&P500 index price-to-book ratio

Fonte: Bloomberg, Lemanik 25

Uscire dal seminato

Evoluzione della deviazione standardizzata dalla media storica (1950 - 2025)

Standardized deviation from time trend

Fonte: Alpine Macro

‘sgonfiata’ senza procurare una crisi e il sistema non può reggere una crisi senza compromettere la competizione geopolitica tra Cina e Stati Uniti. Uno dei motivi per il quale i mercati sono stati nazionalizzati è questo, un altro è celato nelle perdite nascoste nello Shadow Banking System americano, che con oltre 100 trilioni di dollari di asset speculativi costituisce il vero Black Swan in circolazione che fa paura alla Fed, alle banche che hanno fornito il leverage e al ministro del Tesoro, Bessent.

Le due potenze economiche mondiali in competizione tra loro sono due malati che si infliggono danni a vicenda nella speranza che prima o poi uno dei due cada. Le ripercussioni di tale conflitto sono già evidenti e non promettono nulla di buono per le prospettive di crescita e sviluppo dell’economia globale e liberale che ha generato ricchezza dal 1980 al 2008.

In realtà è stata la crisi finanziaria del 2001 che ha messo fine a un ciclo di sviluppo basato sulla crescita dei redditi e ha aperto un ciclo di crescita basato sul debito e sulle bolle speculative (allora nel

Le valutazioni dei titoli dello S&P 500 hanno superato i valori toccati nel 2000, all’apice della bolla Dot Com, il che lascia presagire qualche problema vi sia. Le oscillazioni si fanno più ampie, e c’è solo da sperare non succeda nulla, anche nel 2026!

Real Estate oggi in borsa). Debito e bolle speculative hanno cercato di sostituirsi alla crescita dei redditi reali ma appare evidente a tutti che tale modello non è sostenibile.

Quindi l’Outlook difficilmente ha scenari intermedi e rimarremo ancora sospesi tra un bull market ‘garantito’ dallo Stato o una crisi provocata dall’insostenibilità di tutto quello che si è fatto dal post Covid in poi per contrastare una crisi strutturale del sistema. Elaborare un Outlook in un contesto dove nessuno può essere negativo per questioni di “sicurezza nazionale” non ha più alcun senso e dunque le previsioni per il 2026 si basano solo sulla speranza che tutto rimanga così e non accada nulla di particolarmente rilevante.

Cbam ed Eua per il 2026

Nei prossimi mesi l’attenzione resterà concentrata sul dollaro, ma in Europa vanno delineandosi nuovi equilibri in termini di emissioni di carbonio, anche rispetto ai prodotti importati.

Gli European Union Allowance (Eua)

Evoluzione del prezzo in eur del futures (Ecx Eua Dec5 1d)

Il 2026 sarà un anno decisivo per i mercati valutari, segnato dall’elezione del nuovo Presidente della Federal Reserve. In un contesto in cui gli Stati Uniti dovranno rifinanziare un debito pubblico sempre più oneroso, è probabile che il futuro presidente individui nei tagli dei tassi la leva per ridurne il costo. Una politica monetaria più espansiva potrebbe esercitare ulteriore pressione ribassista sul dollaro, favorendo un rafforzamento del cambio Eur/Usd. Quest’anno la moneta unica ha recuperato 15 figure contro la valuta americana, toccando un massimo a 1,1920; qualora il differenziale dei tassi tra le due valute si dovesse contrarre, il prossimo target per il 2026 potrebbe essere in area 1,20–1,22. Nonostante la debolezza del biglietto verde, il Brent non riesce a mostrare rimbalzi sostenuti. Dopo avere segnato un minimo poco sotto ai 60 dollari al barile, il recupero appare limitato da una domanda globale in rallentamento e da un’offerta in crescita. A ciò si aggiunge la volontà dell’amministrazione Trump di mantenere prezzi energetici stabili,

riducendo pressioni inflazionistiche interne. La struttura della curva a termine dei prezzi, passata da backwardation a contango, conferma stabilità lato supply.

Sul fronte asiatico la Cina rimane il grande punto interrogativo. Nonostante gli stimoli, l’economia non riesce a convincere: consumi deboli, immobiliare ancora fragile e difficoltà nell’export continuano a frenare la crescita.

In Europa iniziano a emergere segnali incoraggianti. Il nuovo Governo in Germania ha annunciato un pacchetto di misure volte a rilanciare la produzione industriale e a calmierare i prezzi energetici, nel tentativo di rimettere in moto la locomotiva dopo due anni complessi.

Il grande tema del 2026 sarà però il Cbam, lo strumento europeo che applicherà un costo sul carbonio contenuto nei prodotti importati, allineandoli agli standard ambientali dell’Unione. Tale costo verrà sostenuto dalle aziende tramite l’acquisto di appositi certificati. La sua piena implementazione avrà impatti diretti sul commercio internazionale e sulla domanda di permessi di emissione.

Andrea Guarneri, Head of Derivates Sales di Kommodities Partners. A lato, l’evoluzione del prezzo delle Eua.

Per questo il prodotto più discusso dell’anno sarà l’Eua, il future delle quote europee di Co2, il cui prezzo avrà diretta influenza sul costo dei certificati Cbam. La combinazione tra riduzione del quantitativo di certificati nel sistema, maggior domanda da parte delle aziende soggette al Cbam e crescente interesse finanziario potrebbe riportare gli Eua al centro delle strategie di hedging e investimento e far segnare nuovi massimi superiori a quelli già toccati nel 2025 a 84,48 euro. Metalli. Dopo il risk off innescato dal Liberation Day, il rame ha mostrato grande forza ed è riuscito a far segnare nuovi massimi storici al London Metal Exchange toccando 11.200 usd a tonnellata. Questo rialzo è stato in gran parte sostenuto dai numerosi problemi lato supply che stanno delineando un deficit globale di metallo per i prossimi anni. Solo una rottura del minimo fatto lo scorso 24 settembre a 9.930 usd darebbe un segnale di stop alla tendenza rialzista in atto, mentre il superamento dei massimi storici aprirebbe lo spazio verso i 12mila.

L’alluminio aveva già dato un primo segnale ad agosto senza mai violare al ribasso i 2.550 usd, per poi rompere l’importante resistenza in area 2.700 e toccare nuovi massimi annuali a fine ottobre in area 2.900. Potenzialmente, per via dei limiti della produzione cinese di 45 milioni di tonnellate l’anno e la crescente domanda, potrebbe essere il metallo con più forza rialzista nei prossimi due anni, con una possibile violazione di area 3mila dollari nel corso del 2026.

Fonte: Matherika 2025
Aumento Diminuzione del prezzo

Moderato ottimismo

A prevalere sono gli elementi di supporto, che dovrebbero garantire una certa serenità sui mercati nei prossimi mesi. La correzione è possibile, pur rimanendo contenuta.

Si aprono le valutazioni

Evoluzione dei P/e dello S&P 500 rispetto all’equal weighted

SPW Index Price Earnings Ratio (P/E)

SPX Index Price Earnings Ratio (P/E)

01.02.201001.02.201101.02.201201.02.201301.02.201401.02.201501.02.201601.02.201701.02.201801.02.201901.02.202001.02.202101.02.202201.02.202301.02.202401.02.2025

L’attuale posizionamento sull’azionario richiede uno sguardo attento allo stato del ciclo economico negli Stati Uniti e in Europa. I dati più recenti, in particolare Pmi e Ism dell’industria, segnalano una ripresa sia americana che tedesca.

Dopo due anni di difficoltà, emergono segnali incoraggianti anche nel manifatturiero: la Cina beneficia della crescita dell’export, mentre il ribasso dei tassi in America ed Europa sostiene la propensione agli investimenti. A ciò si aggiunge l’accelerazione legata all’Ia, capace di rendere la ripresa ancora più vigorosa.

La solidità dei bilanci aziendali, unita a margini vicini ai record storici, garantisce ampia copertura degli oneri finanziari. Anche le famiglie mostrano resilienza grazie alla crescita dei salari reali e a un mercato del lavoro ancora forte. Il sistema bancario presenta poi basi solide e capacità di alimentare il ciclo economico. Valutazioni. In un ambiente sostenuto da politiche monetarie accomodanti e da significativi supporti fiscali non si vedono oggi le condizioni per una fase ribassista

profonda. Una correzione è possibile, ma le discese più marcate si manifestano quasi sempre in contesti recessivi che, ad oggi, non sono probabili.

Il confronto storico delle valutazioni dell’S&P500 offre un quadro più sfumato. La versione cap-weighted, trainata dalle BigTech, tratta su multipli elevati (26x), mentre l’indice equal-weighted rimane più vicino alle medie degli ultimi vent’anni. Ne emerge un mercato complessivamente non eccessivamente sopravvalutato, con le valutazioni più tirate concentrate nelle mega-cap. Le vere incognite. Le principali incertezze riguardano l’inflazione statunitense, che fatica a scendere sotto il 3% per motivi tecnici e fiscali, e i tassi a lunga scadenza, mantenuti elevati da deficit crescenti e curve dei rendimenti più ripide.

Con un’economia ancora in forte utilizzo della capacità produttiva, i tassi reali difficilmente torneranno negativi senza una recessione, lasciando la parte lunga della curva su livelli alti e introducendo potenziale volatilità per i mercati azionari. Aree d’investimento. Nel contesto

Alberto Conca, Cio di Lfg+Zest. Due versioni dello S&P 500 a confronto, due racconti molto diversi.

globale, in cui gli Stati Uniti restano il riferimento dei mercati azionari, emergono segnali costruttivi anche in relazione a Europa ed Emergenti. In Europa il quadro congiunturale sta gradualmente migliorando, parallelamente, i mercati emergenti meritano attenzione: valutazioni ragionevoli, ripresa del ciclo industriale e rialzo delle materie prime rappresentano driver importanti. Per chi è oggi troppo esposto al mercato statunitense, può essere sensato ridurre marginalmente il peso a favore di Asia e Latam. Settori. Sul piano settoriale, la spinta della spesa pubblica europea continua a favorire Difesa e industriali, mentre tecnologia e farmaceutico restano comparti strutturalmente interessanti. L’Automotive, in una fase di transizione green meno vincolante, rappresenta inoltre un’opportunità contrarian selettiva.

All’interno del Tech, il tema dell’Ia rimane centrale. Pur osservando aree speculative e valutazioni impegnative nell’universo Ia, è improbabile si stia formando una bolla paragonabile alle Dotcom.

Le grandi aziende statunitensi, in particolare le Mag7, combinano elevati tassi di crescita e forte generazione di cassa, un elemento che le differenzia nettamente dal passato. Il tema chiave è la capacità di trasformare gli ingenti investimenti in un reale incremento di profittabilità: a oggi le stime indicano un possibile incremento dei margini dell’S&P500 di circa mezzo punto percentuale, il suo contributo attuale, quindi non basta da solo a giustificare le valutazioni più tirate del mercato.

Mettere a fuoco il tempo

Ha trascorso oltre un secolo a catturare la luce. Ora, con la stessa dedizione alla precisione e alla bellezza meccanica, Leica misura il tempo. Non solo fotocamere e lenti: quattro anni dopo l’annuncio, nel 2022, infatti, l’azienda con sede a Leitz-Park ha lanciato i suoi orologi.

La nuova frontiera di una Realtà che fa vedere il mondo da prospettive sempre diverse.

Leica è sinonimo di fotografia dal 1914, quando Oskar Barnack, un ingegnere tedesco con l’asma, inventò una macchina fotografica che poteva portarsi in tasca senza fare troppa fatica. Sarebbe diventato l’apparecchio preferito dai più grandi

fotografi di sempre e da schiere di appassionati. Esattamente un secolo fa, la Leica I pose una pietra miliare che rivoluzionò l’universo della fotografia. Presentata per la prima volta al pubblico nel 1925 in occasione della fiera di primavera di Lipsia, fu la prima fotocamera 35 mm prodotta in serie e riuscì a superare tutte le aspettative. Grazie al suo formato compatto e maneggevole, aprì la strada ad applicazioni fotografiche completamente nuove.

Con questo stesso spirito avanguardista, in tempi recenti il marchio è entrato nel settore degli orologi. Il progetto degli orologi Leica, che è un’iniziativa a lungo termine rientrante nel piano di crescita strategica di Leica Camera, è partito nel 2018, anno in cui è stata anche creata la

Ernst Leitz Werkstätten (controllata da Leica Camera) dedicata espressamente agli orologi.

Due ambiti generalmente interconnessi, fotografia e misurazione del tempo, nella storia di Leica lo sono ancora di più e fin dalle origini. Infatti, quando nel 1870 Ernst Leitz fondò l’omonima azienda –che in seguito divenne Leica – poteva vantare una preziosa esperienza lavorativa per un costruttore svizzero di orologi.

Dopo un secolo e mezzo, oggi gli orologi Leica ZM (‘ZM’ sta per ‘Zeitmesser’, ossia ‘segnatempo’) riflettono queste radici e rinviano ai codici e alla storia di Leica e delle sue fotocamere.

A parlarne è Henrik Ekdahl, managing director di Ernst Leitz Werkstätten.

Sopra, da sinistra verso destra, tre modelli diversi: Leica ZM 2 Monochrom; ZM 11 Launch Edition. E lo ZM 12 Stainless Steel Silver Grey: lo ZM 12 opera a una frequenza precisa di 28.800 alternanze all’ora e vanta una notevole riserva di carica di 60 ore, garantendo massima puntualità nel tempo; nella parte posteriore il punto rosso è un iconico rimando alle fotocamere Leica.

A destra, Henrik Ekdahl, managing director di Ernst Leitz Wekstätten.

Sotto, Leica ZM 1 Urban Green: lo ZM 1 è alimentato dal calibro LH-01, progettato appositamente per Leica.

Come è nata l’idea di entrare nel mondo dell’orologeria meccanica?

La nostra storia è sempre stata legata alla precisione meccanica. Fin dagli inizi, i nostri strumenti fotografici richiedevano standard di ingegneria molto simili a quelli dell’alta orologeria. L’idea di creare un orologio Leica era nell’aria da anni: non una semplice estensione del marchio, ma un nuovo capitolo coerente con i nostri valori. Abbiamo scelto di mi-

surare il tempo con la stessa cura con cui misuriamo la luce.

Quali valori Leica sono stati trasmessi nei vostri orologi?

Essenzialità, precisione, autenticità. Come nelle fotocamere, ogni elemento deve avere una funzione chiara, nessun artificio. L’estetica pulita, la qualità tattile dei materiali, l’ergonomia: tutto deriva dal Dna Leica. Il risultato è uno strumento, non un accessorio.

La collaborazione con il designer Achim Heine ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del prodotto…

Quando nel 2014, Achim Heine ha assunto l’incarico di product designer per gli orologi Leica, aveva già disegnato fotocamere per l’azienda. Con il suo approccio progettuale non convenzionale e il profondo legame con la filosofia del

marchio, Heine ha influenzato in modo sostanziale il design e la funzionalità degli orologi da polso Leica. Si è lavorato sul concetto di continuità visiva. L’orologio Leica non doveva “ricordare” una fotocamera: doveva appartenere allo stesso linguaggio. Le superfici satinate, l’uso del nero opaco, la tipografia, il gioco delle proporzioni… sono gli stessi criteri che caratterizzano gli apparecchi fotografici. Per noi il design non è decorazione: è un processo di eliminazione dell’inutile. Questo concentrarsi sull’essenziale che è al centro della filosofia progettuale di Leica si riflette nel design degli orologi ZM 1 e ZM 2, che rivelano un approccio innovativo alle classiche funzioni di segnatempo, secondo l’interpretazione data da Heine. Dal canto suo, il Leica ZM 11 è un tributo a una tradizione di innovazione e amore per l’orologeria. Design senza

tempo, costruzione meticolosa e giochi di luci e ombre rendono lo ZM 11 un simbolo di trasformazione e di movimento, quindi dello stesso concetto di tempo. Rappresenta l’intento di scoprire qualcosa di straordinario in ogni momento e in ogni secondo. Il complesso movimento automatico del Leica ZM 11 è il risultato di una collaborazione con Chronode e il suo fondatore Jean-François Mojon, rinomato per la sua esperienza nella realizzazione di movimenti meccanici di fascia alta.

Molti dettagli tecnici degli orologi Leica richiamano direttamente il mondo della fotografia. È stata una scelta simbolica o funzionale?

Entrambe le cose. Ad esempio, la corona a pressione nasce come tributo al pulsante di scatto, ma rappresenta anche una soluzione ergonomica che cambia l’interazione con il movimento. L’indicatore di riserva di carica ispirato alle lamelle del diaframma non è un capriccio: riflette un modo di pensare al meccanismo come a una metafora visiva.

Parliamo di meccanica. I movimenti Leica sono stati sviluppati appositamente: cosa distingue la vostra produzione?

L’obiettivo era creare movimenti coerenti con l’identità Leica: robusti, precisi, progettati senza compromessi. Abbiamo collaborato con partner di eccellenza come Lehmann Präzision e, più recentemente, con Chronode, ma il cuore del progetto – architettura, funzionalità e rifiniture – è stato guidato da Leica. Per noi il movimento non è solo il motore dell’orologio, è una dichiarazione di metodo.

A chi sono destinati questi segnatempo?

Sopra, Leica I: è stata la prima fotocamera Leica 35 mm prodotta in serie, 100 anni fa. Sotto, White Tips, del fotografo ticinese Armando Carlo Adamo, specializzato in fotografia di architettura, dove il dettaglio è fondamentale come in un sofisticato meccanismo orologiero. Realizzata con fotocamera M, la foto ha ricevuto una speciale menzione da Leica su Leica Fotografie International (LFI).

Collezionisti di orologi o appassionati? Sono due pubblici diversi, ma sorprendentemente vicini. Gli appassionati Leica riconoscono negli orologi la stessa estetica e la stessa filosofia che amano nelle fotocamere.

I collezionisti di orologi apprezzano l’approccio non convenzionale, tedesco, privo di compromessi. Sono orologi per chi voglia oggetti con un senso profondo, non semplici status symbol.

Il mercato dell’orologeria è molto competitivo. Come si posiziona Leica?

Non vogliamo competere sul volume o sulla tradizione secolare. Ci posizioniamo come un atelier di precisione tedesco che produce strumenti contemporanei, tecnici e coerenti con un’eredità meccanica. È un posizionamento di nicchia, certo, ma estremamente solido. Il nostro vantaggio è che non dobbiamo imitare nessuno: possiamo essere autenticamente Leica. L’edizione ZM Monochrom, ispirata alle fotocamere M Monochrom, ha attirato molta attenzione. Ci saranno altre collezioni legate a icone Leica?

È possibile, ma non vogliamo cadere nella tentazione dell’ “edizione speciale facile”. Ogni riferimento alla fotografia deve essere autentico, non cosmetico. Se lanceremo nuove edizioni ispirate alle nostre fotocamere, sarà perché hanno un senso narrativo e tecnico, non per ragioni commerciali.

La produzione di fotocamere e lenti avviene in Germania, al Leitz-Park, e così anche il controllo qualità degli orologi. Quanto conta il radicamento territoriale?

Molto. Wetzlar è la nostra sede centrale da oltre un secolo; è qui che è nata la cultura Leica. Gli orologi non sono semplici oggetti industriali; richiedono mani esperte, tradizione artigianale, continuità culturale. La Germania e il Leitz-Park di Wetzlar sono parte integrante dell’identità dei nostri Zeitmesser.

In che direzione andrà la collezione ZM nei prossimi anni?

Stiamo lavorando su nuove complicazioni e nuove soluzioni meccaniche che restino fedeli alla nostra sobrietà. Non vogliamo introdurre funzioni per impressionare, ma per migliorare l’esperienza dell’utente. Il futuro dei nostri orologi sarà più che mai focalizzato su ergonomia, leggibilità e purezza meccanica.

Se dovesse descrivere questi orologi con una sola parola?

Integrità. Ogni nostra decisione, dal design alla meccanica, è guidata da questo principio. Questi segnatempo sono ciò che sembrano: strumenti di precisione nati da una visione chiara. È un motivo di orgoglio che ora gli orologi facciano parte del portafoglio di prodotti Leica. Gli orologi sono incredibilmente affascinanti, veri e propri capolavori. Sono le Leica per il polso.

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Si è soliti considerare le incisioni come opere statiche, che fissano una volta per sempre in immagine un pensiero, da riprodurre immutato nel tempo. Con la stessa facilità, si tende ad assegnare un ruolo ancillare alla produzione grafica all’interno del corpus di grandi pittori e scultori. Dedicare una mostra alla valorizzazione di questa antica, quanto trascurata tecnica, era da sempre uno dei desideri del Museo d’arte di Mendrisio che, quando possibile, già nell’ambito delle sue esposizioni monografiche, come quelle consacrate negli ultimi anni a Max Beckmann, Roger de La Fresnaye o Enrico Castellani ha ospitato stampe d’arte, in quanto elemento prezioso per la comprensione del percorso di un autore. Ma finalmente il desiderio si compie appieno - anzi doppiamente - con l’attuale progetto espositivo che, con una formula originale e di grande qualità, offre una panoramica completa sul ventaglio delle tecniche calcografiche: puntesecche, acqueforti, linoleografie, litografie e acquetinte sono rappresentate dal multiforme ingegno di Pablo Picasso, mentre il bulino trova un acuto e rigoroso interprete in Markus Raetz. Due artisti

Incisive

Per offrire una panoramica completa sulle tecniche calcografiche, il Museo d’arte di Mendrisio ospita due maestri del Novecento, perfettamente complementari.

indubbiamente distanti per stile, poetica e carattere, ancor più degli anni e dei chilometri che li separarono, ma accomunati proprio dalla passione per l’incisione, che della loro ricerca è stata un capitolo fondamentale, strettamente intrecciata al resto della loro produzione, che con la sua possibilità di sperimentazione ha nutrito.

Con intelligenza si è scelto di evitare accostamenti forzati, ideando due mostre (in programma fino al prossimo 25 gennaio) separate seppur complementari: distinte per allestimenti, curatela (Barbara Paltenghi Malacrida e Matthias Frehner per Picasso, Francesca Bernasconi e Rainer Michael Mason per Raetz) e nei cataloghi, due eccellenti volumi che con i loro saggi critici e le riproduzioni suggellano e perpetuano il progetto espositivo.

Si parte da uno straordinario insieme di 150 stampe di Picasso, esemplari di altissima qualità provenienti dal prezioso fondo donato nel 1972 da Georges Bloch, amico dell’artista e tra i massimi conoscitori delle sue incisioni, alla Fondazione Gottfried Keller per assicurare che fossero ben rappresentate in Svizzera, prevedendo che gli otto musei destinatari del lascito le esponessero a rotazione.

L’allestimento accompagna il visitatore attraverso sezioni tematiche che restituiscono l’ampiezza della tentacolare produzione grafica del maestro spagnolo, quasi 2400 opere: Ritratti e figura umana, Tauromachia, Mitologia, Parafrasi, Animali, Artista e modella, Natura morta, Eros e morte. Al loro interno è possibile cogliere i differenti approcci stilistici e tecnici con cui Picasso reinventa i suoi nuclei iconografici riuscendo con la sua energia creativa, pur privo di una formazione specifica, a spingere verso nuovi esiti le potenzialità del mezzo espressivo. Una sperimentazione dalla valenza autonoma, non finalizzata agli studi preparatori per dipinti e sculture. Tanto che il visitatore non avverte assolutamente la mancanza di questi ultimi. Ed è una delle rare volte in cui il numero molto elevato di opere esposte non si traduce in pochi pezzi notevoli e tanti di appoggio, ma in un vero e proprio tripudio di inventiva - interessantissimi anche i lavori realizzati lo stesso giorno che permettono di cogliere il modus operandi di Picasso, per cui ogni lavoro terminato non era che il punto di partenza per nuove metamorfosi. Una incessante attività di cui si trova dimo-

© Succession Picasso / 2025, ProLitteris, Zurich
© Succession Picasso / 2025, ProLitteris, Zurich

sperimentazioni

Da una parte il multiforme genio di colui che più di ogni altro sull’arte moderna ha inciso: Pablo Picasso, rappresentato da uno straordinario insieme di 150 stampe di altissima qualità. Dall’altra, a illustrare la tecnica del bulino, colui che con sottigliezza di linee e intelletto dell’ambiguità della percezione ha fatto a sua enigmatica cifra: Markus Raetz.

strazione nella sezione che conclude il percorso presentando fra gli altri il ciclo forse più famoso e certamente più monumentale del tardo Picasso, la celebre suite 347, realizzata in sette mesi a 87 anni producendo fino a sette lastre al giorno: summa della sua creatività, una sorta di diario per immagini con cui si mette in scena insieme ai suoi mondi: gli amici e le donne amate, personaggi dell’opera lirica e dei programmi televisivi, sogni e ossessioni. Una potente rivendicazione di vitalità che trova nelle tecniche della grafica il suo linguaggio naturale, a cui si affiderà anche per i lavori dell’ultimissima cartella, la suite 156 (1970-72).

Dopo cotanta verve creativa, potrebbero rischiare di scomparire le opere di piccolo e medio formato di un Markus Raetz (1941-2020) alle prese con la tecnica da fine cesellatore del bulino, che richiede difatti un lungo apprendistato e un’infinita pazienza, fra le poche doti a non appartenere al dirompente Picasso, che pertanto se ne astenne. Anche al visitatore, va detto, è qui richiesta una maggiore concentrazione e contemplazione. Ma era in fondo proprio l’obiettivo dell’artista bernese stimolare l’autonomia

estetica e spirituale dell’osservatore. Un esercizio dell’intelletto che sa ricompensare con la gioia di continue scoperte.

Se il largo pubblico apprezza Raetz per i suoi più accessibili palindromi, che qui ritroviamo anche con una selezione di lavori tridimensionali, il corpus delle 80 opere (in gran parte ancora inedite e mai esposte) generosamente condivise dalla vedova Monika Rätz, responsabile del suo lascito, offre la possibilità di esplorare in modo integrale un altro entusiasmante capitolo della smisurata produzione dell’artista, che comprende ben 1600 opere tridimensionali, più di 30mila disegni e 401 stampe. L’allestimento, coerente anche nella circolarità del percorso che si inanella negli spazi dell’ex convento dei Serviti sede del museo, rivela la continua tensione fra metodo e immaginazione seguendo l’evoluzione del rapporto dell’artista con la tecnica del bulino a partire dal 1994 quando, già 53enne, inizia a sperimentarla, invitato dal dipartimento di Calcografia del Louvre a realizzare un’opera nell’ambito delle commissioni contemporanee ad artisti viventi. Gli si offre così lo spunto per aggiungere al suo bagaglio di tecniche grafiche - che

In apertura, due opere di Picasso: l’acquaforte 6.8.1968 II e la linoleografia a colori Pique (rouge et jaune), 1959, entrambe dalla Graphische Sammlung del Kunsthaus Zürich. Sopra, l’Onda gialla di Markus Raetz, anni ’80 [1965], che sviluppa il motivo della linea in tridimensionale; infine la vorticante incisione a bulino Zwei Pole, 1994-2014.

sin da ragazzo aveva iniziato a frequentare nell’atelier del ticinese Peter Travaglini a Büren an Der Aare - anche quella più nobile ed esigente, testando incroci e modulazioni, dal solco finissimo ai tracciati serpentini fino alle incisioni puntiformi. Un vasto lessico che raggiunge l’apoteosi negli universi racchiusi nelle piccole 36 stampe del portfolio Das dünnste Loch (2014-2017), pubblicato postumo nel 2023 e qui presentato per la prima volta nella sua integralità. Un’arte che, dispiegando l’essenza plurale della linea, dal moto vorticoso alle più distillate geometrie, sa tenere in prodigioso equilibrio complessità e semplicità.

Un incredibile

Una serie di 10 libri ispirata alle immagini di una collezione privata di oltre mezzo secolo de La Domenica del Corriere

Già disponibili su Amazon i primi quattro: Anno 1900, 1901,1902 e 1906

Versione italiana

Eva & Ettore Accenti Viaggio nel tempo

English edition

Eva & Ettore Accenti

Travel through time

In sintonia, da 90 anni

Cifra tonda per l’Orchestra della Svizzera italiana: 90 anni che ha deciso di festeggiare con un libro speciale. Non il solito maestoso tomo patinato, ma un’agile e coinvolgente narrazione. Una “composizione” che la direttrice artistica Barbara Widmer ha affidato alla penna di Lorenzo Sganzini. Cercava infatti lo sguardo di chi sa osservare fra le pieghe di luoghi, cose e persone per cogliere e raccontare l’identità, il percorso di crescita artistica e la missione culturale dell’Osi.

Una realtà alla quale l’autore già si era avvicinato in precedenti occasioni - sia come direttore di Rete Due, sia come responsabile dei Servizi culturali del Cantone prima, e della Città di Lugano durante la realizzazione del Lac poi, ma sempre da una prospettiva amministrativo-finanziaria. Come invece ama fare quando si confronta con la scrittura, lasciando da parte il noto, si è immerso nella dimensione dell’Orchestra per un anno. Audizioni, prove, concerti, tournée, incontri con grandi personalità, rituali… Momenti e atmosfere che condivide nelle sue pagine, davanti e ancor più spesso dietro le quinte, fra presente, storia, digressioni e prospettive future. Restituendo non solo l’attività ma anche “Il respiro dell’orchestra”, come titola il libro (Edizioni Casagrande).

Una riflessione viva sull’identità dell’Orchestra della Svizzera italiana, a 90 anni dalla sua nascita. Intimo e corale al contempo, un racconto che ne rievoca la crescita artistica e la missione culturale. Una lettura per un ascolto più consapevole e profondo.

Perché proprio come in un concerto dalla contrapposizione e dalla fusione di voci strumentali nasce l’interpretazione corale che trascende il singolo contributo, così l’Osi del 2025 è la sintesi della connessione fra le personalità ed esperienze dei suoi 41 elementi di 13 diverse nazionalità; è l’espressione dei direttori che l’hanno guidata e di tante prestigiose collaborazioni; è la memoria dei novant’anni in cui ha dato un contributo decisivo alla cultura musicale del territorio; è il supporto del pubblico che, qui e in tournée, l’ha applaudita, insieme ai tanti che attraverso la Radio l’hanno apprezzata e seguita. Un legame storico - nata nel 1935 come “Radiorchestra”, negli anni in cui i principali enti radiofonici europei si dotavano dei loro complessi - che ne ha sostenuto, valorizzato e anche documentato il lavoro stagione dopo stagione - con registrazioni che oggi consegnano un archivio di eccezionale ricchezza.

Il respiro dell’orchestra, come ricorda Lorenzo Sganzini, è anche l’apertura di spirito mostrata sin dagli inizi, precorrendo ampiamente i tempi con musiciste donne nell’organico sin dal 1938 (la New York Philharmonic ci arriverà nel 1966 e i Berliner nel 1982) e collaborando con Maestri come Pietro Mascagni, Igor Stravinskij e Richard Strauss.

Una storia che prosegue oggi con i successi di pubblico e critica raccolti nei maggiori teatri e sale europee e in casa, ma anche con l’impegno a sviluppare audience e sostenitori per poter continuare a interpretare, insieme alla musica, anche la propria missione sociale di “orchestra di tutti”. Riempire le sale e professionalizzare il foundraising sarà fondamentale, mentre si ridisegnano gli equilibri finanziari e il panorama mediatico. In un mondo sempre più artificiale, la vibrazione della presenza che risuona in un concerto dal vivo è insostituibile, ma occorre anche saper proporre formati innovativi per - mutatis mutandis - proseguire la tradizione con la stessa lungimiranza che negli anni Trenta ha permesso di esser pionieri. Nell’attesa della Città della Musica di Lugano, polo di competenze che tanta parte nel futuro dovrebbe avere, queste agili 128 pagine, senza mai essere didattiche, tecniche né celebrative, ma ricche di spunti, curiosità, divagazioni e anche profonde riflessioni, caratteristiche dei libri di viaggio sui generis di Lorenzo Sganzini - geografici quanto storici e interiori - permettono di capire cosa renda tanto speciale l’Osi. Una lettura che sa sorprendere l’assiduo frequentatore quanto avvincere il profano. Susanna Cattaneo

LOSANNA

Mudac

Le Mostruose

Carta bianca all’esplosione di creatività di Kévin Germanier. Primo stilista svizzero contemporaneo a entrare nell’Haute Couture, afferma un’estetica singolare, che unisce bagliori di colore, volumi futuristici e materiali riciclati.

A partire da perle dimenticate, tessuti abbandonati e altre materie recuperate, fa rimare eleganza e sostenibilità.

Allestita dal designer stesso su 300 mq nel cuore del mudac di Losanna, la mostra ne rivela l’identità: diversità, coerenza e una pratica circolare innovativa che reinventa i codici della moda. Esposti numerosi abiti - alcuni indossati da icone della scena artistica -, oggetti nati da collaborazioni e creazioni inedite.

Fino al 22 marzo 2026

Palazzo Strozzi e Museo di San Marco Beato Angelico

«Una mostra straordinaria e irripetibile, che ha reso possibili operazioni di eccezionale valore scientifico e culturale, come l’articolata campagna di 28 restauri e indagini diagnostiche e la possibilità di riunificare ben 5 pale d’altare smembrate da più di 200 anni. Un’occasione unica per riscoprire la grandezza di un maestro che seppe fondere fede e arte, coniugando il senso del sacro con una profonda attenzione all’umano»

Arturo Galansino Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi

FIRENZE

Musée Jacquemart-André Georges de La Tour. Fra ombra e luce Uno sguardo rinnovato all’opera rara e luminosa di Georges de La Tour (1593-1652), tra i maggiori pittori francesi del XVII secolo, per affrontare gli interrogativi che ancora circondano la sua vita e la sua produzione. Benché siano giunte fino a noi solo una quarantina di opere autentiche, la sua impronta nella storia dell’arte è profonda: con il suo naturalismo sottile, la purezza formale e l’intensità spirituale, ha creato un linguaggio pittorico di grande forza emotiva, capace di attraversare i secoli, nonostante l’oblio fino alla riscoperta nel Novecento. Fino al 25 gennaio 2026

Fondation Beyeler

Yayoi Kusama

Sopra, Kevin Germanier, Prêt à porter, FW24-25, Le Spinose, 2024. Al centro, frutto di un’eccezionale operazione di recupero, per la prima volta ricomposto il Trittico Francescano (1428/29) di Beato Angelico, in mostra a Palazzo Strozzi ma poi stabilmente a San Marco. A destra, in alto, Georges de La Tour, Il Neonato, 1645 circa, olio su tela. Sotto, l’Infinity Mirrored Room Yaoyi Kusama alla Fondation Beyeler (The Hope of the Polka Dots Buried in Infinity Will Eternally Cover the Universe, 2025).

Muovendo dal tardogotico al Rinascimento, Beato Angelico (1395 ca-1455) ha creato dipinti famosi per la maestria nella prospettiva, l’uso della luce e il rapporto tra figure e spazio. La mostra si sviluppa attraverso Palazzo Strozzi, che ripercorre la produzione dell’artista, e il Museo di San Marco, dedicata a esordi e codici miniati per un totale di 140 opere dai più importanti musei e collezioni italiane e straniere. Un progetto che riafferma la centralità del frate pittore nella storia dell’arte, in dialogo con i protagonisti della cultura figurativa del suo tempo. Fino al 25 gennaio 2026

Il concetto di infinito è centrale nell’opera di questa singolare artista giapponese oggi 96enne, non solo come scelta formale ma come esperienza spirituale e psicologica. I suoi motivi ricorrenti - pois, reti, specchiesprimono meditazioni su vita e morte, dissoluzione del sé e desiderio di trascendenza. La mostra-evento della Fondation Beyeler offre un’eccezionale panoramica, dai disegni intimi degli esordi agli ambienti monumentali, proiettandosi anche nel giardino, con oltre 130 pezzi mai presentati in Europa e creazioni inedite appositamente concepite.

Fino al 25 gennaio 2026

PARIGI
© Rennes, Musée des beaux-arts
© Su concessione del Ministero della Cultura / Opificio delle Pietre Dure
© Courtesy of Kévin Germanier
RIEHEN
© YAYOI KUSAMA
Photo: Mark Niedermann

Stile assoluto

Presentata cinquant’anni fa, nel clima di rinascita sportiva e industriale voluto da Enzo Ferrari, la 308 portò la firma di Pininfarina e dell’ingegnere Leonardo Fioravanti, distinguendosi per eleganza, innovazione e successo.

Questa pagina ha l’ambizione non solo di ricordare alcuni modelli che a mio giudizio hanno lasciato un segno particolare, ma anche di comprendere meglio l’evoluzione che alcuni marchi hanno avuto nel tempo. È il caso della Ferrari 308, di cui quest’anno ricorre il 50mo anniversario dalla presentazione. La Ferrari 308 fu infatti la prima berlinetta a motore 8 cilindri posteriore centrale che segnò l’inizio di una straordinaria sequenza di modelli, durata fino al 2013. Il 1975 è stato un anno molto importante per la Casa

sportive. La 308 era un modello interamente nuovo, la linea portava la firma di Pininfarina e del giovane ingegnere Leonardo Fioravanti che disegnò un capolavoro destinato a rimanere nell’immaginario collettivo. I primi esemplari furono realizzati con carrozzeria in vetroresina, ma Enzo Ferrari stesso impose che la produzione continuasse con l’impiego di acciaio e alluminio, più consoni al blasone del marchio. La motorizzazione a 8 cilindri di 3.000 cc rappresentava un salto importante rispetto al 6 cilindri della Dino e forniva la potenza di 255 cavalli,

Sopra, la Ferrari 328, prodotta dal 1985 al 1989, monta un motore V8 da 3.2 litri in grado di erogare una potenza di 270 cavalli.

di Maranello, all’insegna di una rinascita che coinvolse tutto l’automobilismo sportivo italiano, con le vittorie nel Mondiale Marche con l’Alfa Romeo, nel Mondiale Rally con la Lancia Stratos e nel Mondiale Piloti e Costruttori di Formula Uno con la Ferrari e Niki Lauda al volante. Enzo Ferrari, dopo l’ingresso della Fiat nel suo capitale, seppe dare un forte impulso industriale che nelle sue intenzioni doveva andare di pari passo alle vittorie

necessaria per posizionare la nuova vettura al vertice della categoria, anche se negli anni successivi le normative americane costrinsero la Casa di Maranello all’uso dell’iniezione elettronica, abbandonando i carburatori e depotenziando il propulsore, e appannando un po’ l’immagine sportiva del modello che ritrovò adeguate prestazioni solo alla fine della sua carriera, con la versione 328 da 270 cavalli (ritratta nella foto). Pur non essendo un modello impiegato ufficialmente nelle corse, a causa dell’impegno totalizzante della Casa nel Mondiale Formula 1, il preparatore privato Michelotto seppe approntare una versione da Rally che vinse il Campionato Italiano Rally nel 1982, con Tognana al

Sotto, Ferrari 328: aggiornamento stilistico e motoristico della 308.

volante, mentre nello stesso anno il campione francese Andruet trionfò al Tour de Corse, prova valida per il Campionato Mondiale Rally, dimostrando il grande potenziale della berlinetta. Oggi le poche vetture da gara rimaste con la loro bellissima livrea ‘Pioneer’ sono molto ricercate dai collezionisti. Ma a trainare le vendite del modello, che si attestarono a quasi 12mila esemplari in totale, fu la combinazione del suo fascino straordinario ed esclusivo con il prezzo abbordabile per la classe della vettura. La versione Gts con il tettino rigido asportabile fu la preferita da chi voleva divertirsi emulando l’attore Tom Selleck, mentre la classica Gtb con la sua linea purissima era decisamente più bella soprattutto se configurata in colori diversi dal solito rosso. Personalmente trovo sia strepitoso il colore ‘blu sera’ metallizzato abbinato agli interni beige. Al volante, la Ferrari 308 regalava emozioni forti, anche superiori alle prestazioni pure, e riservava sensazioni da vettura da corsa con una seduta bassa e allungata, il cambio con il tipico selettore in acciaio e un sound pieno e coinvolgente, soprattutto nella prima versione a carburatori. E poi, chi la possiede oggi e si mette al volante per un emozionante viaggio nel tempo, non può non pensare che la sua vettura un giorno uscì dai cancelli della fabbrica di Maranello probabilmente sotto gli occhi del Grande Vecchio che aveva posizionato il suo ufficio proprio lì davanti, per avere piena visibilità e controllo costante su tutto.

Testo e foto di Marco Betocchi

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Attrazione integrale

In Svizzera la trazione integrale è molto richiesta, vuoi per la neve durante la stagione invernale, vuoi per la maggior sicurezza nelle curve e su fondi bagnati. Ecco alcune novità particolarmente potenti.

Cupra Terramar

Con la nuova Terramar, lunga 452 cm e con un passo di 268 cm, Cupra apre un altro capitolo della sua giovane storia. Un Suv di segmento C, più grande della Formentor e dal carattere più familiare. Il bagagliaio ha una capacità minima di 540 litri che, avanzando il divano posteriore scorrevole, arriva a 630 litri (400-490 sulle ibride plug-in). L’abitacolo è assai sofisti cato, con il quadro strumenti da 10,25” di fronte al conducente e, sulla plancia, un touch screen da 12,9” per gestire l’in fotainement.

Offre motori benzina, mild hybrid e plug-in, partendo dal noto 1.5 turboben zina mild hybrid da 150 Cv a trazione anteriore. A seguire arriva il 204 Cv e-Hy brid, che affianca allo stesso quattro cilin dri un sistema plug-in promettendo fino a 123 km di autonomia elettrica. Lo stesso 1.5 viene impiegato anche dalla e-Hybrid Vz da 272 cavalli. Infine, i due 2.0 turbo benzina non elettrificati, più leggeri, che puntano alle prestazioni, hanno 204 o 265 Cv e, di serie, la trazione integrale 4Mo tion. Tutta la gamma monta cerchi in lega da 18 a 20”. Per i più sportivi in opzione anche freni con pinze a sei pistoncini.

In vendita in versione Business Edition con vantaggio cliente da Chf 13.050 a 16.500.-, a partire da Chf 45.250.-

Audi SQ5

La nuova Audi SQ5 è la sintesi perfetta di design, potenza e innovazione. Monta il noto motore V6 Tfsi 3,0 litri da ben 367 Cv e 550 Nm di copia che la cata-

che offre un’esperienza di guida entusiasmante, ma anche efficienza e riduzione delle emissioni senza compromessi sulle performance, grazie al sistema Mild Hybrid (MHev) plus.

La trazione integrale quattro e le sospensioni pneumatiche adattive S assicurano stabilità e comfort su ogni tipo di terreno, rendendo la SQ5 la scelta ideale per coloro che cercano sportività e sicurezza in ogni viaggio.

Nella vista frontale, il dinamismo della SQ5 trova espressione nella calandra single frame Audi con nuovi inserti, prese d’aria ben visibili e paraurti specifico S. Concorrono all’aspetto marcatamente sportivo anche i fari a LedMatrix. Internamente, lusso e tecnologia si fondono in un ambiente futuristico e sportivo grazie all’Audi virtual cockpit plus da 11,9” con display Oled curvo Mmi da 13,5”, che avvolge il conducente in un’esperienza totalmente digitalizzata, mentre lo schermo passeggero da 10,9” offre un controllo indipendente di navigazione e intrattenimento. Buono anche il bagagliaio, da 520 a 1473 litri a schienale posteriore ribaltato.

Cupra Terramar

anche aggressiva grazie al 2.0 Tsi della Vw Golf Gti con 266 cavalli. Generosa nelle dimensioni e nelle emozioni, ha tutto ciò che serve per far battere forte i cuori dei “papà” sportivi.

La versione Rs offre un’estetica più marcata con nuovi gruppi ottici Matrix Led, cerchi in lega 20”, pinze freno rosse e nuovi paraurti di stampo più sportivo. Vari dettagli in nero lucido, dalla calandra alle calotte degli specchietti, profili finestre e barre sul tetto, fanno il resto.

Lunga 476 cm e larga 186 cm, offre ampi interni che combinano eleganza a sportività con sedili Rs rivestiti in pelle e alcantara, con profili laterali pronunciati. Il volante a tre razze con logo Rs e la pedaliera in alluminio aggiungono un tocco di esclusività.

La strumentazione di bordo è composta dal quadro strumenti digitale da 10” e l’infotainment da 13”. Accoglie anche tre passeggeri nella fila posteriore e il divanetto può scorrere avanti o indietro una decina di centimetri a favore dello spazio per le gambe o per i bagagli. Ben sfruttabile il bagagliaio con una capacità minima di 340 litri dietro la terza fila o 840 litri con gli ultimi due posti abbattuti e la possibilità di una massima di 2mila litri abbattendo i sedili posteriori.

Il 2.0 Tsi a quattro cilindri eroga 266 Cv e 400 Nm con cambio Dsg a doppia frizione con 7 rapporti offre una guida decisamente sportiva. L’assetto ribassato di 15 mm e ammortizzatori specifici contribuiscono a una buona tenuta di strada e lo scatto da 0 a 100 km/h avviene in soli

ben avvertibile anche a bassa velocità. In listino a partire da Chf 66.850.-

VW Golf R Black Edition

La nuova Volkswagen Golf R da ben 333 cavalli nel suo restyling 8.5, con design rinnovato, offre una potenza impressionante. Avvolto completamente in una veste scura, il modello speciale Black Edition della Golf R non solo ha il potenziale per diventare una nuova icona del design, ma annulla anche il confine tra automobili di serie e sportive. Il potente motore Tsi di ultima generazione fa venire la pelle d’oca già alla prima accelerazione e, grazie al pacchetto R-Performance, vi porta sulla corsia di sorpasso con una velocità massima di 270 km/h. Ma potrete attirare l’attenzione anche a veicolo fermo: tenendo

almeno 1,5 secondi prima di azionare il freno, il numero di giri all’avviamento aumenta automaticamente a 2500 giri/ min. Questa modalità è accompagnata dal “backfire”, tipico delle auto sportive. Esteticamente introduce dettagli inediti come il logo illuminato, cerchi da 19 pollici, mentre il sistema di freni, con pinze a doppio pompante, offre sicurezza anche in condizioni estreme. Nella parte posteriore, il restyling continua con fari full Led Matrix Q, un diffusore con quattro terminali di scarico e uno spoiler dalle linee aggressive. Le dimensioni del veicolo restano invariate con 430 cm.

Una delle novità più attese è la modalità “Drift” che, grazie a un nuovo sistema di trazione integrale, permette di inviare fino al 100% della coppia a una singola ruota posteriore. Questa funzione offre al conducente un’esperienza di guida più dinamica e sportiva, soprattutto in curva e su tracciati tecnici.

All’interno dell’abitacolo, conferma la qualità dei materiali e la cura per i dettagli con superfici in carbonio vero e sedili ergonomici dotati di regolazione elettrica. Il sistema di infotainment è stato aggiornato con un Digital Cockpit Pro da 10,25 pollici, che integra funzioni come il Gps e il Lap Timer per monitorare le prestazioni in pista. Il display centrale da 12,9 pollici offre una gestione intuitiva delle varie modalità di guida, tra cui Comfort, Eco, Race, Drift e Special Nurburgring, pensata specificamente per le prestazioni su pista dove offre uno scatto da 0-100 km/h in 4,1 secondi.

In listino da Chf 65.700.-

Skoda Kodiaq RS
VW Golf R Black Edition

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