


LO PSICOLOGO PER TE

Impara a non farti più manipolare dagli altri. È questo il segreto per ritrovare sicurezza, autostima e fiducia in te stesso
Impara a non farti più manipolare dagli altri.
È questo il segreto per ritrovare sicurezza, autostima e fiducia in te stesso
In un mondo che ci dice costantemente cosa pensare, come agire e chi essere, la vera libertà risiede nella capacità di riconoscere e difendersi da queste voci. Modelli, pressioni sociali che ci spingono verso la conformità, ma anche sottili dinamiche relazionali plasmano le nostre decisioni e i nostri comportamenti, talvolta senza che neppure ce ne rendiamo conto. Questi condizionamenti si insinuano nelle pieghe della nostra coscienza e ci allontanano dalla realizzazione della persona che siamo. Crediamo di dover essere come gli altri ci vorrebbero, soffochiamo la nostra natura per nascondere i difetti che possono essere più facilmente oggetto di critica. Finiamo non solo per considerarci “sbagliati”, ma anche per allontanarci da ciò che ci renderebbe felici, dalle scelte giuste per noi. Finiamo per perdere la nostra identità più profonda. Liberarci dai condizionamenti significa smettere di basare le proprie scelte sulle aspettative altrui invece che sui propri desideri e valori, rinforzare la fiducia nelle proprie capacità e nel proprio giudizio, abbandonare il bisogno costante di approvazione esterna e la paura del rifiuto o della disapprovazione. Ma soprattutto significa vivere una vita autentica e allineata con i propri bisogni e desideri. Diventare indipendenti dal peso dell’opinione altrui significa imparare ad ascoltarsi e a legittimare quello che si sente, significa limitare il peso concesso agli altri, che siano familiari, parenti, partner o colleghi, nel definire il nostro valore personale, ma anche proteggersi da quel dolore che deriva dall’avvertire così intensamente le critiche.
Quante volte, nel corso della nostra vita, ci siamo ritrovati ad assecondare i desideri, la volontà, le convinzioni e le aspettative degli altri? La prima cosa da chiedere a noi stessi è perché lo facciamo. La risposta è che, in fondo a ciascuno di noi, c’è il desiderio di piacere. Ma non possiamo piacere a tutti e non dobbiamo perdere la nostra identità per questo. Piacere non è l’obiettivo per cui viviamo.
Un prezzo troppo alto da pagare
Il tuo carattere non ti piace? Ci sono lati di te che giudichi severamente?
Ritieni di essere molto, forse troppo, sensibile al giudizio altrui? Se la risposta è sì, criticarti potrebbe essere proprio l’atteggiamento che ti allontana pericolosamente dal tuo mondo interiore. Per essere te stesso ed esprimerti con spontaneità, raggiungendo i tuoi obiettivi nel rispetto della tua unicità, la strada da percorrere è liberarti da ogni genere di condizionamento. Inizia facendoti questa domanda…
“Io sono come sono e provo quel che provo perché sono proprio così o perché, in realtà, ho assorbito critiche, giudizi e condizionamenti?”
Lasciarsi giudicare dagli altri senza riuscire a prendere le distanze dai commenti che ci vengono rivolti significa accettare di vestire i panni di un personaggio che chi abbiamo accanto mette su di noi. Anche perché, spesso, il giudizio lanciato è “di comodo”. Molte critiche, infatti, nascono dalla delusione di chi si aspettava che ci comportassimo in un modo a lui più favorevole. Capita spesso, infatti, che parole severe e giudicanti colpiscano comportamenti o atteggiamenti che non sono graditi proprio a chi ci giudica. Attraverso le critiche mirano a correggere i nostri comportamenti e a costringerci ad adeguarci al modo di agire che vorrebbero da noi. Non a caso, la tendenza è proprio quella di sottolineare gli aspetti di noi che li mettono in difficoltà. Tipico è il caso del marito che critica la moglie perché non è una brava donna di casa. Un giudizio che nasconde il suo desiderio di essere servito e di trovare tutto in ordine. C’è poi chi ci giudica perché vorrebbe fare come noi, ma non se lo concede. Se, ad esempio, un’amica ci ritiene insensibili per essere partiti per le vacanze mentre un familiare non stava bene, probabilmente sta rivolgendo su di noi la rabbia per qualcosa che lei stessa vorrebbe fare. Il punto è che lasciarsi giudicare significa entrare volontariamente in un ruolo deciso da altri.
Ci fa perdere di vista chi siamo - Chi vive sotto il condizionamento altrui, finisce per perdere il contatto con il proprio Sé, con la propria natura profonda e finisce, quindi, per non sapere più cosa lui desidera, cosa lui vuole veramente. Una banale domanda come “Ma cosa ti piace davvero?” lo può lasciare senza risposta, tanto ha disimparato a sentire e quindi a seguire la propria voce.
La percezione di essere sbagliati e inadatti rispetto a quanto gli altri si aspettano da noi ci sottrae una notevole quota di energia vitale. E questo, nel tempo, ci rende fragili. Se rimaniamo superficiali e ci basiamo su quello che gli altri pensano di noi finiamo con il condividere i loro giudizi nei nostri confronti. Così smettiamo di essere naturali, perdiamo la gioia di vivere e la capacità di seguire l’istinto, schiacciato dal carico dei troppi ragionamenti.
Condiziona scelte e decisioni - Tutti riteniamo di essere liberi e che le decisioni che prendiamo siano davvero nostre. In realtà sono tante le occasioni in cui ci ritroviamo ad assecondare i desideri, la volontà e le convinzioni degli altri proprio per evitare di ricevere critiche o di essere giudicati. Questo ci porta a imboccare strade che non sono le nostre. Così siamo apparentemente, e temporaneamente, in pace con noi stessi per non aver deluso nessuno... se non noi!
Crea dipendenza emotiva - Le scelte influenzate da altre persone possono portare a una dipendenza emotiva, che non solo impedisce la nostra autorealizzazione, ma può esporci al rischio di non riuscire a troncare rapporti che non fanno per noi.
Tutti commettiamo errori.
Del resto sbagliare è uno dei modi più naturali che abbiamo per imparare, ognuno però reagisce in modo diverso quando accade. C’è chi si giustifica, chi ci passa sopra, ma c’è anche chi non lo ammette, chi riporta ogni critica a sé, pensando che forse, se fosse stato più attento, più capace di comprendere la realtà esterna, avrebbe potuto evitare l’errore. Ed è così che si rende influenzabile.
Si tratta spesso di persone estremamente critiche e giudicanti, con se stessi e con gli altri. Sotto sotto c’è un desiderio di perfezione, che ci pone nelle mani degli altri. I perfezionisti valutano il proprio valore personale esclusivamente in base ai risultati ottenuti. Ma chi giudica? Ovviamente gli altri.
Ecco che per ingraziarsi quest’indistinta giuria compiono scelte magari omologate o conformiste. Il timore di sbagliare e di essere giudicati, infatti, costringe a fare come fanno tutti, a percorrere vie note e già battute. Inoltre, va detto, che questo non ci protegge affatto dagli errori. E soprattutto ci fa commettere il più grave: deludere noi stessi.
Ci sono persone convinte di conoscerci meglio e che si prendono la libertà di entrare in confidenza con noi per dirci quello che dovremmo o non dovremmo fare. E sono proprio loro quelle che sferrano colpi alla nostra autostima, impegnandosi in ogni modo e anche quando non richiesto a segnalarci quello che nel nostro comportamento si discosta dalle aspettative che loro, o i modelli sociali, hanno su di noi. Sotto forma di preoccupazioni o di semplici esclamazioni finiscono per etichettarci e convincerci che in qualche aspetto ci discostiamo da quella che ritengono sia la normalità, quello che fa bene a noi, quello che per noi è giusto. Ma nessuno conosce quello di cui abbiamo bisogno.
I luoghi comuni e le frasi fatte pronunciate da chi ci sta intorno ci costringono a guardarci come in uno specchio distorto in cui non vediamo più chi siamo, ma un’immagine costruita sulla base della convenzione sociale o dall’opinione altrui. E, su quest’onda, anche le parole che diciamo a noi stessi diventano simili alle loro. Portiamo alla luce queste espressioni e poi, via via, eliminiamole dal nostro vocabolario.
“Sicuramente non ce la faccio. Sono sempre così impacciato”
“È stata solo fortuna! Non mi merito questo successo”
“Non mi noterà nessuno. Sono troppo timido”
“Farò la solita fine. Non mi aspetta niente di bello”
Giudicarsi e recriminare contro se stessi per aver sbagliato, per essere stati giudicati male, significa investire energie in qualcosa di inutile e dannoso. L’autocondanna, infatti, tende a enfatizzare le cause e le responsabilità e non stimola la riflessione e la possibilità di crescere. E questo, oltre a minare l’autostima, rischia di spingerci a ricommettere lo stesso errore. L’autostima, invece, è inversamente proporzionale alla severità del nostro giudice interiore. Ecco allora perché occorre prendersi cura delle nostre potenzialità, senza giudizio. Lo spunto di riflessione - Il cervello può produrre le sostanze migliori e le soluzioni più efficaci se non è impegnato a fare un bilancio continuo del nostro operato.
Vivere costantemente condizionati dai giudizi ci mette in uno stato di allerta, ci espone all’ansia, ci spinge a reagire d’impulso con nervosismo eccessivo o a cadere, al contrario, in stati depressivi. Questo perché ci allontaniamo da noi, dalla nostra possibilità di essere felici. E spesso, in queste situazioni, il nostro corpo ci avvisa. Diamo retta dunque ai segnali che arrivano dal nostro organismo: i malesseri e i disturbi sono proprio lì per noi, a indicarci che stiamo facendo qualcosa che non fa per noi. Un mal di testa che ci attanaglia quando entriamo in ufficio, il desiderio che si spegne quando il partner si avvicina, il mal di stomaco che ci assale al pranzo in famiglia o il mal di schiena in prossimità di un’uscita con i soliti amici… I disagi che proviamo sono spesso legati alla perdita della nostra rotta, al fatto che ci imponiamo di camminare su strade che non ci appartengono. Le ansie, le insicurezze e le paure che proviamo e vogliamo scacciare in nome di una presunta normalità e tranquillità richiamano a gran voce la necessità di essere noi stessi per stare bene ed essere felici. Quindi smettiamo di forzarci a percorrere strade sbagliate alla ricerca di un giudizio... positivo.
Troppo sbilanciati fuori di noi, soffocati dall’esteriorità e collegati da mille vincoli all’ambiente circostante, siamo talmente impegnati a inseguire il modo di essere più rispondente alle regole sociali da smarrire il nostro percorso e aprire le porte al malessere e all’infelicità. Ora, fermati un attimo e mettiti in ascolto del tuo corpo…
Qual è il giudizio che gli altri emettono più spesso su di me? ............................................................................
Qual è la critica che rivolgo più spesso a me stesso? ............................................................................
Questo come mi fa sentire?
In quale parte del corpo
l’avverto? Quale forma di malessere assume?
Questo come mi fa sentire? ............................................................................
In quale parte del corpo
l’avverto? Quale forma di malessere assume?
C’è qualcosa che posso fare per modificare la situazione?
C’è qualcosa che posso fare per modificare la situazione?
Lo spunto di riflessione In te cʻè qualcosa di perfetto: è un seme a cui non manca nulla. Ha bisogno solo che gli lasci spazio.