







CAPITOLO 1
Pensare troppo. Una trappola da cui si può (e si deve) uscire
CAPITOLO 2
Non riflettere mai sulle cause dei tuoi disagi
Libera la mente dal peso dei rimpianti
CAPITOLO 3 PAG. 38 PAG. 22 PAG. 6
CAPITOLO 4
Sia quel che sia. Guarda al futuro senza tormenti PAG. 60
CAPITOLO 5
Ci sono parole che ci fanno stare male PAG. 72
CAPITOLO 6
Affidati al potere delle immagini per sgombrare la mente
PAG. 86
Proviamo a chiedere a una persona come gli vanno le cose e non ci metterà molto a trovare un motivo per cui lamentarsi: è scontenta perché vorrebbe un lavoro migliore, un partner più presente, gli più maturi e bravi a scuola, più soldi in banca... È un problema di sguardo: anziché percepire quel che accade, senza ltri, lo facciamo indossando un paio di occhiali immaginari. Questi occhiali ci fanno perlustrare la nostra vita alla ricerca di cause che possano dare una spiegazione all’infelicità, alla tristezza, alla frustrazione che stiamo vivendo. Non vediamo quel che accade davvero, perché il nostro sguardo è rapito da altro. Avviene così che non badiamo alle possibilità che si aprono davanti a noi, che in realtà sono tante, diverse e cambiano nel tempo. Più spesso di quanto crediamo la vita ci offre quello di cui abbiamo bisogno, ma non riusciamo a coglierlo perché non sappiamo distogliere lo sguardo dai nostri pensieri, che ci ssano nella inutile ricerca delle cause della nostra condizione. Preferiamo continuare ad assillarci nella sequela di perché, piuttosto che andare oltre. Il fatto è che per molte persone, di fronte a un dolore o a un disagio, il cercare disperatamente una spiegazione razionale, una causa precisa, capire “perché” è considerato l’unico modo per risolvere il problema, per stare meglio. In realtà, questo continuo rimuginare non fa che aumentare la nevrosi e l’infelicità. Tale atteggiamento è l’origine dell’infelicità e impedisce di entrare in contatto con la parte più profonda e misteriosa di sé, quella capace di autentica guarigione o di trovare le soluzioni di cui abbiamo bisogno.
Più spesso di quanto crediamo la soluzione che ci serve arriva da sola, senza bisogno di alcun intervento da parte nostra
Il rimpianto è coltivato soprattutto da coloro che sono votati a un eccesso di prudenza, che li spinge a fare continui bilanci di vita. Di fronte a occasioni che avrebbero richiesto una decisione “irrazionale” e istintiva, preferiscono infatti soppesare con il bilancino le probabilità di successo. Temono, in effetti, il rischio e le sue incognite. E facendo così si appiattiscono sulla routine. Montaigne a questo riguardo osserva giustamente: «Non si fa nulla di nobile senza rischio... La prudenza, così tenera e circospetta, è mortale nemica delle azioni degne di nota». Se poi permettono a questa esagerata prudenza di stendere la sua
Quando ci sentiamo feriti da qualcuno o quando una situazione ci fa star male, il rischio è di scegliere tra due risposte sbagliate. La prima ci spinge a negare il problema per non farci vedere deboli: in questo modo, però, la ferita dell’anima scende in un luogo più nascosto e continua a “sanguinare” nell’ombra. L’altra risposta sbagliata è fare di quella ferita un vero e proprio “sfregio”, trasformandolo nella cosa più importante che ci è accaduta: essere feriti diventa un modo di vivere protratto nel tempo attraverso un atteggiamento lamentoso. Così, in realtà, rendiamo meno acuto il dolore, perché diventa un compagno di viaggio, ma più duraturo: «Non sarò mai più quello di prima». Il che sarebbe come dire che quando il corpo subisce una ferita e si forma la cicatrice non ci sarebbe più motivo di vivere, perché quella ferita, peraltro già guarita, impedisce che l’esistenza continui.
ombra sull’amore, rischiano di inaridire ogni slancio erotico. E quindi di rendersi ancor più infelici. Bertrand Russell sottolinea a questo riguardo: «Di tutte le forme di prudenza, la prudenza nell’amore è forse più fatale alla vera felicità». Una felicità mancata di cui non dobbiamo cercare un risarcimento nel presente, soprattutto quando incrociamo situazioni che assomigliano a quelle oggetto di rimpianto. Non dimentichiamolo: solo un presente sottratto al fardello del passato può trasformare il rimpianto in un rigagnolo che si perde nella sabbia. Facciamo dunque in modo di non tramutarlo in un torrente.
Nei momenti dif cili ci guardiamo indietro e ci chiediamo perché in determinate occasioni ci siamo comportati in un certo modo; allora diciamo a noi stessi frasi di questo genere: «Se avessi avuto un atteggiamento diverso ora...», «Se avessi proseguito con gli studi, adesso...»; «Se avessi fatto un’altra scelta...». I rimpianti sono sentimenti dolorosi e inutili, perché ciò che è stato non si può cambiare. Eventuali errori commessi in passato creano lo spazio per crescere ancora. Se non hai imboccato una strada, vuol dire che non era la tua. Si dice spesso che dagli errori si impara e che commetterli insegna a non rifarli. È un pensiero velenoso che contiene in sé l’idea che bisogna essere bravi, senza macchia, sempre giusti, corretti ed ef cienti, che gli sbagli siano da evitare e i passi falsi eventi di cui vergognarsi.
Un approccio ottimista alla vita e un’indole aperta e positiva potrebbero avere notevoli effetti antiage sul cervello. Lo rivela una ricerca svolta presso la University of Sussex, in Gran Bretagna, e pubblicata sulla rivista Psychological Medicine. Lo studio ha infatti evidenziato che le persone perennemente tristi, negative, depresse e diffidenti, che nella vita tendono sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto (e non mezzo pieno!), con l’avanzare dell’età corrono maggiori rischi di disturbi cognitivi. Inoltre, un carattere troppo pessimista crea a livello del sistema nervoso uno stato di stress continuo e spinge il corpo a produrre alte dosi di cortisolo, l’ormone dell’infiammazione. Che, se diventa un fenomeno costante, può far invecchiare le nostre cellule prima del tempo. Per questo, quando ti trovi davanti a un imprevisto o a una difficoltà, non lasciarti subito sopraffare dallo sconforto o dai pensieri cupi: fermati per qualche minuto, libera la testa dai giudizi, non scivolare nei tuoi soliti percorsi mentali, chiudi gli occhi e cerca di visualizzare il problema come se fosse un “oggetto” fuori da te. Dagli una forma, un colore, una consistenza, e immagina che sia fatto di una materia malleabile, da plasmare secondo la tua volontà. In questo modo sarà più facile risolverlo, trovando soluzioni che il tuo approccio pessimistico ti avrebbe impedito di vedere.
QUESTO È L’ATTEGGIAMENTO MENTALE DA COLTIVARE
PERCHÉ SPAZZA VIA LE ANSIE PER UN DOMANI
CHE NON POSSIAMO CONOSCERE E CI RESTITUISCE LA FIDUCIA NELLA NOSTRA CAPACITÀ DI AFFRONTARE QUELLO CHE ACCADE
è un atteggiamento mentale che è capace di alleggerire immediatamente la nostra anima, di allontanare quelle preoccupazione che invecchiano il nostro cervello ed è quello che ci fa dire: “Sia quel che sia”. Senti come subito la mente si rasserena? È come aver deposto un carico pesante. Quando siamo in preda a quel continuo pensare che spegne le nostre energie, queste poche parole sono un af darsi alla vita e al futuro. Cosa c’è di più bene co di questo? Questa frase ti consente di lasciar andare le cose come vanno, di lasciare per un po’ i problemi dove sono, concedendoti di guardare altrove, per renderti conto che proprio in questo momento stanno accadendo cose importanti che ti stai perdendo, perché guardi al futuro.
L’immaginazione ha un grande potere terapeutico. Lo psicanalista Carl Gustav Jung diceva che «l’inconscio si esprime per immagini». Immaginare, quindi, non signi ca solo “staccare” la testa dal presente o fantasticare, ma soprattutto dare
Di fronte a disagi e angosce, mettiamo da parte l’Io e lasciamoci guidare dall’inconscio che, usando proprio le immagini, ci farà vedere la via d’uscita dai nostri problemi
voce al mondo interiore, a quella parte essenziale, buia e misteriosa che non può essere spiegata o espressa tramite il ragionamento e le parole. In questo senso, allora, immaginare diventa un atto terapeutico, perché dà voce all’inconscio e consente al cervello di attingere ai simboli più profondi. Nel libro Guarire senza medicine Raffaele Morelli scrive: «“Chiuda gli occhi, immagini che la paura assuma dentro di lei il volto di una donna antica…”: con queste parole invito i miei pazienti a diventare esseri cosmici. Trasformare l’ansia in un’immagine è un’alchimia: è ragionare con i codici dell’anima». Attraverso le immagini, nel cervello si innesca una “chimica sottile” che aiuta a risolvere i disagi e i con itti più profondi. Ecco allora che in questo capitolo vi proponiamo una serie di immaginate che vi aiuteranno a sgombrare la mente dai pensieri più infestanti e a tornare sereni.
Quando ne senti l’esigenza (anche ogni giorno, se riesci a ritagliarti un momento per te) puoi dedicarti al tuo personale percorso rigenerante e terapeutico dando spazio all’immaginazione.
Come fare - Mettiti comodo, in un luogo tranquillo, chiudi gli occhi e concentrati sul ritmo del tuo respiro. Se si affacciano dei pensieri, lasciali venire, come fossero ospiti, senza farti domande. Quando sei pronto, segui una delle “immaginate” che ti suggeriamo in questa pagina. Puoi registrare la tua voce mentre la leggi lentamente oppure fartela leggere da qualcuno.
Immagina di trovarti al mare, su una spiaggia. È un pomeriggio di sole. Immergi i piedi nell’acqua. Guardando oltre la superficie del mare, intravedi sassi lucenti, piccoli pesci, conchiglie… Mentre le onde ti cullano, senti che l’ansia si dirada, il corpo si rilassa. A un tratto senti qualcosa avvolgerti il polpaccio: è il tentacolo di un polipo. All’inizio provi paura e disgusto, vorresti scappare… ma qualcosa, dentro di te, ti trattiene dal gridare: il polipo non è un nemico. Senti una specie di affetto per quell’animale. Così, ti lasci scivolare dentro l’acqua. Con stupore ti accorgi che non hai bisogno di respirare: il polipo ti sfiora come se danzasse con te e ti guida sui fondali, sembra cercare qualcosa tra le alghe… poi, con un tentacolo, ti porge un dono: un anello d’oro. Quando lo prendi, il polipo inizia a risalire verso la superficie, e anche tu nuoti verso l’alto… Quando sei fuori dall’acqua, senti il contatto con l’aria, gli scogli ruvidi… ti senti rigenerato, rilassato, pulito nella mente e nel corpo. Sotto la superficie dell’acqua, vedi il polipo che si stacca da te, come se volesse salutarti. Tra le mani stringi l’anello, che è una promessa di ritorno: sai che potrai immergerti ogni volta che ne sentirai il bisogno…
Immagina di entrare in un bosco fitto, umido e buio. Noti i grossi tronchi degli alberi ricoperti di muschio e funghi. I tuoi passi producono un lieve rumore quando calpestano foglie e piccoli rametti: è un piacevole scricchiolio. Rallenti il passo e regoli il ritmo del respiro per rendere il rumore della tua camminata regolare e cadenzato… Senti il battito del cuore che rallenta, ti senti più rilassato… Continuando a camminare, arrivi in una radura dove i raggi del sole illuminano un ruscello limpido. Ti siedi e guardi l’acqua scorrere… A un certo punto ti senti osservato. Alzi lo sguardo e vedi, poco distante da te, un cerbiatto. Trattieni il fiato, sorpreso. Pensi che scapperà via… e invece il cerbiatto inizia ad avvicinarsi. Provi ad allungare una mano, con grande cautela… e lui non si ritrae! Anzi annusa il tuo braccio, ti sfiora con il naso umido, lecca la tua mano… Prendi coraggio e provi ad accarezzarlo… Il cerbiatto accoglie mansueto le tue carezze. Poi beve ancora dal ruscello, ti guarda e si allontana nel bosco. Ti alzi meravigliato e anche tu riprendi il cammino. Ti senti animato dalla meraviglia per questo incontro straordinario. Anche il bosco sembra trasfigurato: in ogni suo angolo vedi i segnali dell’imminente primavera…