Le Menestrel, Vertical Dance / Jean Gounand, le imprese di chi sa immaginare / Bernd Zangerl ITW / Svana Bjarnason, dall’Islanda con passione / Mathieu
“Memè” Maynadier ITW Proposte Falesia : L’età del ferro.
Multipitch : Arrampicare in Valle del Vanoi, l’isola di granito Storia Ticino Bouldering. Black Diamond Embrace Gravity Jollypower Heidegger, il dead lift e l’Essere nel tempo della scalata moderna
DI COPERTINA Nel regno di Berhault. Arrampicata e storia alla Turbie / Alla scoperta dell’estremo Ponente Ligure / Verdon senza tempo. In viaggio per le gole con Bruno Clément / Seb Bouin e Buoux / La storia dell’arrampicata tra l’Orgon e Mouriès con James Pearson e Caroline Ciavaldini / Costa Azzurra indoor. La palestra Arkose di Nizza Personaggi Françoise Snoopinette Lepron, la madrina di Buoux / Antoine
STORIA
EDIZIONI VERSANTE SUD
#31 | lug/ago 2024 8.00 €
Sommario
004 Editoriale di Eugenio Pesci
STORIA DI COPERTINA
006 Nel regno di Berhault
Arrampicata e storia alla Turbie di Matteo Gambaro e Alessandro Cariga
014 Alla scoperta dell’estremo Ponente Ligure di Matteo Gambaro e Alessandro Cariga
020 Verdon senza tempo In viaggio per le gole con Bruno Clément trad. e cura di Claudia Colonia
PERSONAGGI
030 Françoise Snoopinette Lepron La madrina di Buoux a cura e traduzione di Claudia Colonia
STORIA DI COPERTINA
038 Seb Bouin e Buoux a cura e traduzione di Claudia Colonia
PERSONAGGI
044 Antoine Le Menestrel, Vertical Dance a cura e traduzione di Claudia Colonia
STORIA DI COPERTINA
048 La storia dell’arrampicata tra l’Orgon e Mouriès con James Pearson e Caroline Ciavaldini a cura e traduzione di Claudia Colonia
058 Costa Azzurra indoor La palestra Arkose di Nizza a cura e traduzione di Claudia Colonia
PERSONAGGI
062 Jean Gounand, le imprese di chi sa immaginare di Fabrizio Rossi
PROPOSTE
068 L'età del ferro di Simone Pedeferri
STORIA
078 Ticino Bouldering Black Diamond Embrace Gravity traduzione a cura di Eugenio Pesci
PERSONAGGI
082 Bernd Zangerl ITW a cura e traduzione di Claudia Colonia
090 Svana Bjarnason dall’Islanda con passione Itw e trad. a cura di Eugenio Pesci
096 Mathieu “Memè” Maynadier ITW a cura e traduzione di Eugenio Pesci con la collaborazione di Roberta Perelli
PROPOSTE
108 Arrampicare in Valle del Vanoi L’isola di granito di Alessio Conz
JOLLYPOWER
114 Heidegger, il dead lift, e l’Essere, nel tempo della scalata moderna. di Alessandro “Jolly” Lamberti
VETRINA
118 Proposte prodotti
TICINO GRAVITY
BD Athlete Kim Marschner
Pro Touch Traverse (7a), Brione, Switzerland
Alex Fuchs
Explore
Le Calanques, tipico
Editoriale
Vi sono zone aree geografiche che hanno, nel tempo, dato un contributo fondamentale allo sviluppo dell’arrampicata sportiva in falesia. È quasi superfluo e didascalico sottolineare come le regioni della Provenza e della Costa Azzurra appartengano a pieno diritto a questo ristretto numero di aree fondative.
Negli anni 80 e 90 del novecento, un impulso essenziale all’arrampicata in falesia è venuto da luoghi come Buoux, il Verdon, le Calanques, la Loubiere, e tante altre falesie importantissime della Francia del sud.
Personaggi di livello mondiale assoluto, come i due Patrick, Edlinger e Berhault, purtroppo entrambi prematuramente scomparsi in modo drammatico, hanno realmente dato l’alfa e l’omega per una nuova disciplina, per molti versi alternativa al classico alpinismo su roccia.
Ad essi, si sono aggiunti altri nomi famosi, come J.B. Tribout, Marc e Antoine Le Menestrel, fino agli ultimi protagonisti dell’arrampicata sportiva francese fra cui è necessario sicuramente citare Seb Bouin, che ha raggiunto il 9c con DNA.
A ciò si aggiunga, sebbene in tempi molto più recenti, tutta la zona del Ponente ligure, da Albenga in là, con un gran numero di falesie splendide e ormai molto frequentate in tutte le stagioni, e spesso ricche di tiri di altissima difficoltà.
Si compone così un quadro di un’area non particolarmente estesa dal punto di vista chilometrico ma con una concentrazione eccezionale di strutture, di luoghi verticali famosi, di personaggi interessanti.
A questo tema è dedicato il presente numero di Up climbing, con interviste e presentazioni tecniche di nuovi settori, come quelli di Bernard Clément in Verdon, o quelli liguri proposti da Matteo Gambaro e Alessandro Cariga.
Un quadro che non ha ovviamente nessuna pretesa, ne’ sarebbe possibile, di esaustività, ma che vorrebbe coniugare storia e sviluppo tecnico, raccontando vicende del passato e del presente, illustrate da belle immagini.
Una corposa parte generalista arricchisce il numero, con interviste ad alpinisti di alto livello come Mathieu Maynadier, top climber del misto estremo in quota, o agoniste come Svana Bjarnason, arrampicatrice franco islandese che ha tentato le qualificazioni alle Olimpiadi di Parigi. Senza dimenticare il nostro Simone Pedeferri, che ci illustra una nuova splendida falesia in alta Val di Mello.
Alessandro Lamberti conclude il numero con una elegante e acuta riflessione, in gran parte filosofica, sul modo più o meno omologato di rapportarsi al mondo dell’allenamento e alle metodiche ad esso oggi legate.
Testo Eugenio Pesci
paesaggio
della costa francese.
Foto: Hugo Vidal, Unsplash
Nel regno di Berhault Arrampicata e storia alla Turbie
Testo Matteo Gambaro e Alessandro Cariga
Elena Chiappa su L’appel du fossoyeur, 7a, settore Big Ben. Foto: K. Dell'Orto
Matteo Gambaro
su L’appel du fossoyeur, 7a, settore Big Ben. Foto: K. Dell'Orto
Matteo Gambaro
su Pathathor, 8b, settore Big Ben. Foto: K. Dell'Orto
La Turbie è un piccolo comune francese nell’estremo sud della Francia, vicino al confine italiano. Ricco di storia romana
con i suoi templi e resti archeologici, è un luogo da non perdere, caratterizzato da un tipico stile francese con un piccolo centro storico arroccato, graziosi localini, vegetazione e profumi mediterranei, e un grande via-vai di turisti.
Dal suo promontorio, dove è presente un grande osservatorio astronomico militare, si accede a un complesso di bellissime falesie a picco sul mare e sul principato di Monaco. Da qui la vista è davvero mozzafiato: roccia e mare blu sconfinato si alternano ai grattacieli, yacht, Grand Prix e casinò del Principato; scalando su alcune vie sembra quasi di toccarli!
Su queste falesie calcaree, denominate “Tête de Chien”, si sono scritti importanti capitoli della storia dell’arrampicata.
Come non ricordare il celebre Patrick Béraulth, che su queste falesie divenne un vero e proprio faro per i transalpini, aprendo celebri linee come La Heine 7c+ nel febbraio 1981 (primo 7c+ di Francia), con i suoi pochi metri è un concentrato di movimenti di forza e un lancio
aleatorio, e Le Toit d’Auguste 8b+, tre metri orizzontali al tempo davvero futuristici che ancora oggi fanno tremare i giovani mutanti, alternando la ricerca della prestazione sportiva alla scoperta del movimento sotto forma di “dance d’escalade”. Con il famoso film “Metamorfosi” e tanti spettacoli portati nei teatri, riuscì a trasmettere questa nuova forma di arte verticale e, di riflesso, l’arrampicata stessa, al tempo ancora poco conosciuta. Questa energia contagiosa ha visto negli anni il susseguirsi di grandi scalatori e apritori come A. Franco, L. Jacob, P. Pessi, S. Benoist, J.C. Raibaud, M. Biancheri, B. Duerte, M. Cotto, P. Maurel, F. Froidfond, T. Rossi, M. Bricola, M. Nègre, F. Ivaldi, F. Bessone, E. Garnier, M. Cardini, P. Verrando, S. Ferrand, M. Tabart, L. Contesso, O. Apourchaux, A. Marino, O. Arnulf, E. Pasdeloup. È grazie a loro che oggi possiamo godere di questo bellissimo comprensorio conosciuto come “La Turbie”. Dai primi storici settori più verticali, caratterizzati da un calcare grigio compatto a gocce d’acqua, concorrente diretto, ma leggermente diverso da quello del Finalese, si è passati, con l’avanzare delle generazioni, a falesie più strapiombanti con un calcare molto compatto a buchi e tacche con uscite spesso in placca. A fine degli anni ‘80, Laurent Jacob attrezzò La Grand Face, detta anche settore Jacob, con le sue incredibili e lunghe vie di resistenza su canne, dando il via a uno stile più moderno ma sempre molto tecnico. La Loubiere, Paroi di Fort, Mongolita, Big Ben, Periferique Ouest, La Grand Face, per citarne alcuni, offrono tutti gli stili di arrampicata, spesso con una chiodatura severa, testimone di un tempo passato, ma sempre sicura. Placche tecniche a gocce, muri a reglette, come la celebre “Champagne” 8b, definita da Adam Ondra forse una delle più belle linee estreme di placca esistenti, gli strapiombi del Big Ben e le canne d’organo della Grand Face sono solo alcuni esempi.
“OLTRE 450 ITINERARI DAL
3 ALL’8C, CON FALESIE “NO BIG” COME LA LOUBIÈRE E LE SURPLOMB, ALTERNATE A GRANDI SETTORI CON DIFFICOLTÀ
PER TUTTI, COME PAROI DI FORT, MONGOLITA, BIG BEN, PÉRIPHÉRIQUE OUEST, GRAND FACE. LE DIVERSE ESPOSIZIONI, GLI AVVICINAMENTI BREVI E IL CLIMA MEDITERRANEO SPESSO VENTILATO CONSENTONO DI SCALARE TUTTO L’ANNO.
Storia Nel regno di Berhault
La Bergerie
Questa bucolica falesia rimane sospesa con una comoda terrazza che dall’alto guarda il paese di Breil sul Royà.
Viene attrezzata nel primo decennio degli anni duemila (2007 circa) dalle esperti mani di Stefan Benoist e Damien Tomasi. Conta una ventina di itinerari non molto lunghi ma di gran qualità. La struttura è prevalentemente strapiombante, in certi casi molto, con roccia abrasiva ricca di forme e colori, tra cui numerose canne. Il sole incomincia ad abbandonare la parete
verso le 12:30 e la quota di 1000 m s.l.m. circa la rende consigliabile nella stagione estiva. Il livello di “entrata” già sostenuto la rende inadatta ad arrampicatori principianti.
ACCESSO STRADALE
Da Ventimiglia imboccare la SS20 in direzione col di Tenda.
Giunti al paese di Breil sul Royà, superarne il centro, e dopo la stazione ferroviaria imboccare il bivio sulla sinistra per il col de Brouis. Passati pochi km sulla strada principale,
Alessandro Cariga durante la salita di Plus à droite que vous 7c/+, La Bergerie, Breil. Foto: A.Cariga
Emanuele Zunino alle prese con un must del settore Maia la belle 7b+, la Bergerie, Breil. Foto: A.Cariga
poco dopo la deviazione per la vallè de la Maglia, svoltare a destra in direzione “Chemin de Bourgemo”. Tenere la piccola strada asfaltata non per molto, ed al primo tornante sulla destra proseguire dritti imboccando una pista in direzione col d’Agnon. Percorrere senza deviazioni la sterrata per circa 7 km e poco dopo aver superato una sbarra di chiusura (per la stagione invernale) lasciare l’auto avendo l’accortezza di non intralciare il passaggio per il camion del margaro.
ACCESSO SENTIERISTICO
Lasciata l’auto imboccare l’evidente sentiero in discesa verso il paese di Breil. Appena questo incomincia a tenere la destra, nella prima curva procedere dritti in corrispondenza di vaga traccia ed ometto in pietra. La falesia a questo punto rimarrà sottostante per cui il sentiero tenendo la sinistra vi condurrà alla base. L’avvicinamento è di una decina di minuti circa, ma data la ripidità tenere il conto più o meno del doppio del tempo per fare ritorno alla vettura.
LA BERGERIE
1. NE RIEZ PAS C’EST GRAVE
2. PEINE CAPITALE
7c+ 18m
7c 18m evidente diedro strapiombante.
3. VARIANTE ? 18m connessione tra il 7c e l’8a+. sporca ed abbandonata.
4. TOUJOUR MIEUX QU’UN BLOC….DE MERDE
5. LA LIGNE ANTIBLOC RECIDIVE
6. AU DELA DE LA HAINE
7. BELLE COMME UN TRAIT DE CAKE
8. MORT AU “A VUE “
9. VALEUR TRAVAIL
10. MAÏA LA BELLE
11. MANQUE DE FACE
12. MERCIE À L’ARBRE
13. QUE LE GREAT ROOF TE PROTEGE
14. APRÈS DÉ VERSÉ….LES VACANCES À BREIL
15. PRIVÉ DE SORTIE
8a+ 18m prima metà molto intensa e sorpresina finale, solido.
8a 18m duro blocco su pinza sfuggente.
8a 18m ditosa nella prima parte ed atletica su canne nella seconda, molto consigliata.
7c+ 18m una delle linee più belle, atletica da gestire.
7c 18m strapiombo e vaga monocanna finale, da non perdere.
7c+ 18m
7b+ 18m atletica in partenza e poi difficile placca, un must.
7b 20m singolo iniziale su canna e resistenza di avambraccio.
7b 20m seconda metà poco interessante e spesso sporca.
7a 12m tiro corto ma di non facile lettura.
7c+ 20m difficile scalata su appigli ed appoggi sfuggenti.
7c+ 18m sezione finale molto dura sulle dita.
16. LOST IN TRASLATION 8a 20m bel tiro atletico su prese spesso svase.
17. HALLUCINOGÈNE
7a+ 20m impegnativo strapiombo con monocanna e tettino finale.
18. QUAND ON L’ATTAQUE, L’EMPIRE CONTRE ATTAQUE 7b 20m come la precedente con cui ne condivide la parte finale e la sosta, ma più intensa in partenza.
19. LOST IN COTATION
20. LA PLUS À DROITE QUE VOUS
L2
7a+ 20m molto fisica e strapiombante, severa per la gradazione.
7c/c+ 15m resistenza breve con bei movimenti.
8a/a+ 25m sezione strapiombante sulle dita.
Bruno “Graou” Clément è l’anima vivente del Verdon, definito da Le Monde “il Custode del Tempio”: residente a La Palud sur Verdon da una ventina di anni, ha individuato, chiodato e liberato una quantità incredibile di vie, la maggior parte delle quali è oggi racchiusa nella sua guida Verdon Inte’Graal.
Verdon senza tempo
In viaggio per le gole con Bruno Clément.
Trad. e cura di Claudia Colonia
Magico Verdon Pogo Dancer, 7b, New Eycharme.
Foto: T. Clement
Storia Verdon senza tempo
Lèo su Crack Monsieur, 8a, Offwidth.
Foto: Julien
Isaia
Ficolo, 8c, Escales.
Foto: Arch. B. Clemént
Vie lunghe, monotiri, vie difficili, vie per tutti: la sua è una ricerca inarrestabile, una vena creativa che porta bellezza sulle pareti aeree delle Gorges. Dal suo estro sono nate vie super classiche e gettonatissime tra gli habitué dell’alta difficoltà, come Tom et Je Ris tanto per dirne una, ma anche capolavori come Adieu Zidane, una delle vie più consigliate di sempre per chiunque voglia iniziare ad avvicinarsi al mondo delle vie lunghe - e al brivido delle calate -, tipiche del Verdon.
“TRA LE PARETI DELLE GORGES SI È SEMPRE
UN PO’ ANTICIPATO I TEMPI RISPETTO AI GRANDI CAMBIAMENTI DELL’ARRAMPICATA, E QUESTO ANCHE GRAZIE ALLE INTUIZIONI DAPPRIMA DI ALPINISTI D’ALTRI TEMPI COME FRANÇOIS GUILLOT, CHE INSIEME A JOEL COQUEUGNIOT FECE LA FIRST ASCENT DELLA FESSURA DI LA DEMANDE NEL 1968, E POI DI TANTISSIMI PERSONAGGI CHE HANNO CONTRIBUITO CON LA LORO PASSIONE ALLO SVILUPPO DI NUOVI MODI DI VIVERE L’ARRAMPICATA, COME JIBÉ TRIBOUT E, NATURALMENTE, BRUNO CLÉMENT.
Storia Verdon senza tempo
Salire queste vie però ci ricorda quale siano i riferimenti di partenza dei gradi dell’arrampicata, e a volte ci rimette al nostro posto. Questa presa di consapevolezza ci aiuta anche a risvegliare il nostro senso critico sulle reali difficoltà quando andiamo ad arrampicare in altre falesie.
La Rose et Le Vampire - e il suo prolungamento La Rage de Vivre - hanno rappresentato l’apertura verso un nuovo livello di difficoltà in Francia e sono ancora oggi le prime vie che ci vengono in mente parlando di Buoux. Com’è stata la tua avventura su questa linea?
Il mio approccio è stato molto simile a quello di Antoine Le Menestrel “qualche anno fa”: prima ho arrampicato La Rose e poi ho provato il suo proseguimento. Sia io che Antoine inseguiamo lo stesso obiettivo: cercare le linee più impressionanti possibili. E, arrampicando su La Rage de Vivre, l’ho percepita proprio così: lunga e impressionante. Penso che all’epoca fosse qualcosa di nuovo che aveva il potere di scuotere nel profondo il senso del limite
di ogni arrampicatore: è stato qualcosa di realmente innovativo per gli anni ‘80.
Azincourt ha poi aperto un altro capitolo: vuoi descriverci come l’hai trovata, rispetto alle tante altre vie di questa difficoltà che hai scalato?
Azincourt ha rappresentato un capitolo ancora diverso, perché è il risultato della ricerca della difficoltà pura. Ben Moon voleva trovare la via più estrema possibile: a lui in quel caso non interessava la linea, ma la difficoltà. È una via con dei movimenti di un’intensità che in quegli anni non si faceva ancora. E ha colpito nel segno, perché per me Azincourt è una via decisamente impegnativa ancora oggi.
Com’è la falesia di Buoux oggi?
Mi piace dire che la falesia di Buoux sia rimasta autentica. Le vie sono forse un po’ più patinate, ma hanno mantenuto il loro carattere e la loro particolarità nonostante il passare del tempo.
A Buoux devi sapere arrampicare.
Seb Bouin Buoux. Foto: Sam Bié
QUESTIONE DI EQUILIBRIO
Antoine Le Menestrel, 59, è stato, negli anni 80 in parte 90, insieme al fratello Marc, uno dei grandi animatori della nascita dell’arrampicata sportiva in Francia. Arrampicatore raffinatissimo si è prevalentemente dedicato a tiri estremi in falesia, (Ravage 8b+/c, 1986) e a Buoux soprattutto, ed è poi passato, attraverso la propria indole artistica, a promuovere una forma di dance escalade che lo ha reso celebre anche in questo contesto con numerose performance in giro per il mondo.
Antoine Le Menestrel, Vertical Dance.
A cura e traduzione di Claudia Colonia
Anni Ottanta: il mondo dell’arrampicata
è in pieno fermento, le regole del gioco stanno cambiando, tutto scorre veloce. Gli arrampicatori sono ispirati da nuove idee che hanno l’intento di spezzare con il passato e da uno spirito rivoluzionario che li agita dentro, creando quell’irrequietezza necessaria a rompere gli schemi. Il Sud della Francia si sta affermando come il luogo dove tutta questa trasformazione, iniziata a metà degli anni Settanta nelle falesie del Nord, trova le condizioni ideali per sedimentarsi e creare le prime regole legate all’etica dell’arrampicata moderna. Ci si confronta, più o meno animatamente, su ogni aspetto che a noi oggi risulta “accessorio”, come ad esempio sull’utilizzo della magnesite. E poi ovviamente ci sono gli arrampicatori, personaggi di carattere che non esitano a mettersi in discussione, a spingere l’asticella del limite massimo sempre più in alto, a sacrificare tutto per raggiungere il loro ideale di “linea perfetta”, ovvero la più estetica e difficile possibile.
Sono anche gli anni in cui nascono le nuove riviste di arrampicata come Montagnes Magazine e Alpinisme et Randonée, portavoce dei conflitti tra scalatori del Sud e del Nord della Francia, ma anche propulsori di una nuova dimensione molto più mediatica legata ad alcuni protagonisti di spicco.
Tutta questa turbolenza fu in realtà necessaria per gettare le basi di quella che sarebbe stata l’arrampicata sportiva di oggi, della sua etica implicita e tramandata di arrampicatore in arrampicatore e di un nuovo modo - più improntato verso la performance sportiva - di vivere la verticalità.
Ma il resto della storia vogliamo raccontarla proprio con uno dei protagonisti assoluti di Buoux e dell’arrampicata in Provenza: Antoine Le Menestrel, oggi autore anche della sua autobiografia Le Folamboule in cui racconta i principali eventi della storia dell’arrampicata degli anni Ottanta con ironia e poesia.
Ciao Antoine! Siamo molto felici di poter ripercorrere insieme a te alcune delle tappe di questi anni così fervidi per l’arrampicata. Buoux, pur avendo conosciuto il suo momento di massima notorietà qualche anno più tardi rispetto a falesie come il Saussois o il Verdon, ha rappresentato in qualche modo il luogo del dibattito tra scalatori del Sud e del Nord della Francia. Perché proprio Buoux? Sono stato per la prima volta a Buoux proprio nel 1980, mentre tornavamo verso casa dopo un viaggio in Verdon con la mia famiglia. Avevo solo 15 anni! In quell’occasione abbiamo arrampicato seguendo le fessure più evidenti: non erano ancora state chiodate delle vie di arrampicata sportiva, ma per me fu amore a
prima vista. La roccia di Buoux mi faceva sognare. Pochi anni dopo un personaggio illuminante per noi, Laurent Jacob, portò un’aria carica di novità introducendo a Buoux il concetto di chiodatura dall’alto. Rivoluzionario, incurante delle polemiche di alcuni fedelissimi della “chiodatura dal basso”, cambiò per sempre le sorti di Buoux: solo due anni più tardi, ebbi la possibilità di arrampicare due 7c chiodati da lui La polka des ringards e L’Autoroute du soleil. Io e mio fratello lo seguimmo in questo suo percorso di scoperta.
“
BUOUX HA DATO VITA A MOLTI “CONFRONTI” CHE HANNO DETERMINATO QUELLA CHE È L’ETICA DELL’ARRAMPICATA SPORTIVA ALLA QUALE TUTTI NOI FACCIAMO OGGI RIFERIMENTO.
LA CHIODATURA DALL’ALTO HA PORTATO TANTI CAMBIAMENTI NELLA CREAZIONE DELLE VIE: INNANZITUTTO CERCAVAMO IL POSTO PIÙ COMODO PER RINVIARE, MAGARI IN PROSSIMITÀ DI UNA PRESA BUONA O COMUNQUE CERCANDO GIÀ
DI VISUALIZZARE QUALE SAREBBE STATA LA POSSIBILE SEQUENZA DI MOVIMENTI.
Antoine Le Menestrel Grandi Bombè a Buoux. Foto: C. Colonia
Proposte L’età del ferro
Un giro, due giri… alcune cedono subito, altre più lentamente, altre ancora danno decisamente del filo da torcere. Poi, quasi alla fine dei giochi, una sola resiste. È sicuramente al limite delle mie possibilità e, visto che non sono più esattamente quel ragazzino che tanti anni fa saliva a tuono la valle per passare da una via all’altra, senza sapere cosa volessero dire le parole fatica e stanchezza, mi dico che forse questa volta non ce la posso fare: troppo distante questa falesia, troppo difficile questa via per riuscire a trovare il momento magico, quello in cui le condizioni della parete e le mie si possono incrociare al loro meglio…
Un mare di dubbi mi si agita in testa, ma voglio provarci lo stesso, la linea è troppo perfetta: uno spigolo tra luce e ombra, sul bordo sinistro del “pannello” strapiombante. È la prima linea che avevo intuito quando Nicolò mi fece vedere la foto da cui tutto è nato. È la prima via che ho chiodato proprio il primo giorno
che sono salito lassù. È lei che ha acceso la scintilla della passione e della creatività. Devo provarci! Ho già risolto le due sezioni dure della via, ma unirle non è per nulla facile. La prima parte è di forza resistenza, attorno all’8b/+, poi un riposo in forte strapiombo, buono per le mani ma con poca roba per i piedi, ti fa riprendere un po’. Subito dopo arriva un blocco duro, seguito da un altro più facile che porta a un recupero e un ultimo duro blocco fino al bordo della struttura e alla catena. Il tutto dovrebbe essere sul 8c+/9a.
Devo trovare il giusto compromesso fra la forza per fare le sezioni singole e la resistenza per i quaranta metri di tiro e i quasi novanta movimenti. La stagionalità di questa falesia alpina limita i periodi a disposizione per i tentativi e questo fattore, incrociato con la mia età alle soglie dei cinquanta, fa decisamente crollare le mie possibilità di successo. Una volta mi bastava veramente poco per centrare gli obbiettivi che mi
Simone Pedeferri, White Rabbit, settore La Conchiglia.
Foto: M. CaminatiRock Experience
Proposte
prefiggevo. Pochi allenamenti ben mirati ed ero pronto per realizzare. Ora mi servono mesi per avvicinarmi a una forma dignitosa. Però cerco di convincermi che ho tentato tiri duri nei posti più sperduti del mondo, con tempo infame e forma pessima, e li ho fatti. Questa consapevolezza tiene alta la mia motivazione. El Susto, così ho chiamato via. Questa parola in spagnolo significa “spavento”. Un nome decisamente azzeccato: proprio come un grande spavento ti lascia una senso di angoscia che non ti molla più fino a quando non torni a confrontarti con i tuoi fantasmi, per affrontarli e magari sconfiggerli, così questa via mi ha ossessionato fino a che non ho potuto tornare a confrontarmi con lei.
A luglio del 2023 sembrano presentarsi le condizioni giuste. Sono ancora indietro nella preparazione, ma agosto è un mese impegnativo per il mio lavoro al bar qui in Valle, quindi: ora o mai più!
Le prime due giornate di tentativi vanno male: fa un caldo
pazzesco e il muro è ancora bagnato da una primavera troppo piovosa. Poi, al terzo giorno, ecco il primo segno di speranza: ancora non riesco a concatenare tutti i movimenti, ma, per la prima volta, ho la sensazione di sentirli, di poterli controllare. Per chi scala sentire che quello che stai tentando si può realizzare è qualcosa di fantastico, una luce che si accende. Ormai alla fine di luglio salgo alla falesia della Val del Ferro per un’ultima giornata di tentativi. Arrivato alla base osservo il vento muovere i rinvii. Lo spigolo in ombra è asciutto, perfetto!
“
È IL MOMENTO GIUSTO: DOPO POCHI MINUTI,
TANTI GIORNI, TANTE FATICHE, TIMORI E SPERANZE SI UNISCONO IN UN UNICO GRIDO DI GIOIA. COSÌ È LA SCALATA: TANTO TEMPO DEDICATO PER VIVERE POCHI ISTANTI PERFETTI.
Max Piazza tira i verticali di A manetta, 7c+/8a. Falesia del Ferro. Foto: M. CaminatiRock Experience
Proposte L’età del ferro
La falesia del Ferro
SETTORI E CARATTERISTICHE
La falesia è composta da cinque diversi settori, tutti ugualmente meritevoli di visita, ma che offrono stili di scalata molto diversi fra loro. Eccone una panoramica da destra verso sinistra.
La Conchiglia è un grande strapiombo dove si trovano sia vie corte con sezioni di boulder, sia vie che hanno sviluppo diagonale sfruttando le linee logiche della parete, dove prevale lo stile di continuità con molti rovesci. È ideale per chi scala dal 7c+ in su.
La Placca ha vie su muro, nello stile tipico della Val di Mello, con zone ben lavorate e alte più lisce e necessità buon uso dei piedi per le sezioni di pura aderenza. Ideale per chi scala dal 6a al 6c.
Lo Strapiombo è un “pannello” inclinato a 30 gradi per ben 40 metri di sviluppo. Qui si trovano poche ma bellissime vie, che alternano sezioni intese ad altre di resistenza. Ideale per chi scala dal 8a in su.
La Pera è una piccola placca ben lavorata e chiodata vicina. Ideale per chi scala dal
grado 5 al 6b.
La Placca Nera è muro verticale, tecnico e impegnativo, dove sono già state chiodate alcune belle linee. Resta spazio per altre vie che verranno completate a breve e promettono un settore che darà soddisfazioni a chi scala dal 7a in su.
COME ARRIVARE
Raggiunto il paese di San Martino, in Val Masino, si prosegue fino al parcheggio all’ingresso della Val di Mello (raggiungibile con l’auto pagando il ticket, oppure in 20 minuti a piedi da San Martino).
Un centinaio di metri prima del parcheggio si trova l’imbocco del sentiero della Val del Ferro, con le indicazioni per il bivacco Molteni – Valsecchi. Prima di attraversare il ponte dell’evidente cascata del Ferro prendere la traccia sulla sponda sinistra e costeggiare in salita il fiume, poi continuare per evidente sentiero prima attraverso il bosco poi per prati, dove l’itinerario offre
bellissimi panorami. Superata l’ultima evidente cascata, si prosegue e si arriva alla prima piana del Ferro. La falesia compare lì di fronte (1,15 ore - 650 m circa di dislivellodal parcheggio della Val di Mello).
PERIODO CONSIGLIATO ED ESPOSIZIONE
La falesia è a 1700 metri di quota e il periodo consigliato va da fine maggio a inizio ottobre. Dopo inverni nervosi bisogna attendere un po’ di più affinché le pareti asciughino, soprattutto lo strapiombo di destra. Alcuni tiri dopo le piogge richiedono un po’ di giorni per asciugare.
Alla base della falesia e poco prima ci sono grossi torrenti dove è possibile rifornirsi di acqua.
La falesia va in ombra dopo le 14 e lo strapiombo di destra già verso le 12, quindi si consiglia di salire con calma per poi scalare fino a tardi, ovviamente senza dimenticare la lampada frontale!
Foto: M. Caminati
Ticino Bouldering Black Diamond
Embrace Gravity
Traduzione a cura di Eugenio Pesci
Foto Black Diamond
Vogliamo invitarti in Ticino, Svizzera, patria di alcuni dei migliori luoghi per il bouldering del mondo. Da prime salite a grandi progetti, Ticino Gravity esplora cosa significa il bouldering e approfondisce la storia e il contesto di questa famosa area svizzera.
Questo film è anche un invito all’azione, invitandoti a conoscere le usanze locali, le questioni di accesso sensibile, la cultura e la nostra comunità, affinché possiamo tutti prenderci cura dei luoghi che amiamo.
Per l’atleta BD Kim Marschner e l’ambasciatrice Kaddi Lehmann, il Ticino è diventato una seconda casa.
In questo film mostrano da dove nasce il loro amore per questa zona e ti portano in un viaggio attraverso una delle migliori e più famose aree di bouldering del mondo. Il Ticino ospita zone di classe mondiale come Chironico, Cresciano, Calanca, Brione e Valle Bavona, dove è stata scritta la storia del bouldering.
Seguono le orme di Claudio Cameroni, Fred Nicole, Bernd Zangerl, Thomas “Steini” Steinbrugger, Michi e Ivan Tresch, per citarne solo alcuni.
Incontrano anche Richi Signer, uno dei primissimi visionari a vedere il potenziale del bouldering a Chironico. Andiamo.
Ecco qui il racconto completo di Kim sulla sua esperienza, riferita alla salita di una linea splendida da lui superata per la prima volta:
Abbraccia la Gravità – Una storia di bouldering in Ticino
La prima volta che sono andato in Ticino era il 2016. Avevo appena compiuto 18 anni e avevo il permesso di guidare da solo. Avevo appena comprato il mio primo furgone, invitato due amici, e siamo partiti per la Svizzera.
Subito mi sono innamorato del Ticino e ho capito che sarebbe stata la zona di bouldering dove avrei voluto trascorrere il mio tempo, ripetendo tutte quelle linee classiche e scoprendo nuovi boulder.
Presto ho rivolto la mia attenzione alla Val Bavona. È una valle laterale della Valle Maggia e la prima volta che sono andato lì, sono rimasto sopraffatto dal numero infinito di massi in quella valle.
In questa valle stretta, fin dall’inizio, ci sono prati pieni di massi a sinistra e a destra della strada.
La cosa speciale della Bavona è che la maggior parte
dei boulder già saliti sono di grado 8a o superiore.
Ci sono più di dieci boulder di grado 8c e oltre in questa piccola valle. Non conosco nessun altro posto al mondo dove accada questo
Ho passato ore e giorni a camminare attraverso la foresta e salire le colline alla ricerca di massi.
Sono guidato dall’idea di trovare quel boulder che si distingue da tutti gli altri.
Ad essere onesto, non so nemmeno come dovrebbe apparire questo boulder. Sicuramente dovrebbe essere alto e difficile, strapiombante, con caratteristiche chiare.
Ma alla fine, è difficile immaginare questo blocco ed è per questo che continuo a esplorare e probabilmente non smetterò mai di cercare quel boulder.
L’anno scorso Jimmy Webb e il suo amico Roman hanno trovato quel blocco davvero cool in cima alla valle. Mi hanno invitato a provare il boulder con loro.
È questa grande parete strapiombante con una roccia dalle caratteristiche pazzesche. Ad essere onesto, si avvicina davvero alla linea maestosa che sto cercando.
Ma come ho detto, voglio sempre trovare qualcosa di più grande.
Jimmy ha presto scalato la linea a sinistra del blocco e l’ha chiamata The New Abnormal. È un grande boulder di grado 8B+/C, ma più difficile se sei basso.
La mia attenzione principale era più sull’uscita a destra di quel boulder perché la dimensione non era un fattore reale per quella linea.
Ma l’anno scorso non sono riuscito a fare il movimento chiave e la stagione è finita.
Quest’anno sono tornato con l’obiettivo di scalare quella linea. Il secondo giorno di ritorno a Bavona, ho portato tutti i miei crash pad al boulder e ho ricominciato a provare. Ho scoperto rapidamente che la beta che avevo provato l’anno scorso non funzionava, quindi ho cercato un modo diverso. Invece di saltare da una piccola tasca a una presa piatta, ho trovato un gancio di punta destro e un piede sinistro alto che mi ha permesso di bloccare staticamente quel movimento.
Dopo averlo provato molto, finalmente ho eseguito il movimento per la prima volta. Si inizia a giocare!
La sessione successiva mi sentivo un po’ stanco e non riuscivo a fare il movimento. Un po’ frustrato, ho deciso di fare due giorni di riposo e provare con nuova energia. Il mio piano ha funzionato e sono riuscito a fare di nuovo il movimento, ma ancora non riuscivo a collegare l’inizio. La sessione successiva, però, le condizioni erano migliori, la mia pelle era ottima e mi sentivo forte. Dopo un buon riscaldamento, ero pronto a provare ma sono caduto di nuovo sul movimento chiave. Venendo dall’inizio è davvero difficile prendere la tasca nel modo corretto e rende
affascinato dalle spedizioni. Già da bambino e poi anche dopo, viaggiavo molto coi miei genitori e pensavo che l’arrampicata in montagna fosse un buon modo per scoprire nuovi luoghi e nuove nazioni. Penso che sia qualcosa che mi ha sempre guidato nella vita.
Hai avuto dei maestri o sei stato prevalentemente un autodidatta?
Direi un ibrido... certamente ho passato parecchio tempo con dei maestri come Christophe Moulin, Rolland Marie, quando ero nella squadra nazionale. Ma nello stesso tempo ho sempre cercato di procedere in autonomia e di gestire le mie salite; il mio obiettivo non era di scalare il più duro possibile con compagni
di grande esperienza ma di imparare sempre a gestire le mie salite per conto mio.
Grazie a ciò mi sono fatto una grande esperienza, penso. E la mia evoluzione è stata buona perché ho sempre cercato di avere coscienza di quello che stavo facendo.
Se ne hai avuti, chi ricordi con particolare affetto o ammirazione?
Ricordo molte persone, ma specialmente alcune di cui non si è mai sentito parlare, ma che si sono davvero dedicate alla montagna, come Damien Charignon che purtroppo è scomparso sotto una valanga a Briancon. È stato davvero un ispiratore per me.
Poi a Briancon c’è un’intera generazione di arrampicatori molto forti come Babar (François
Mathieu Maynadier in falesia.
Foto: Arch. Maynadier
Lombard), Tony Lamiche, Yann Gesqhier, e molti che sono stati davvero importanti con me quando ero giovane e mi hanno dato tanto.
Vederli ancora super-appassionati come dei ragazzini, dopo quaranta anni di scalate, è per me una grande fonte di motivazione.
L’ambiente a Briançon è molto legato più all’arrampicata sportiva che al puro alpinismo. Qui puoi sempre trovare gente per scalare tutti i giorni! C’è un’atmosfera davvero bella, con molti arrampicatori di età diversa e di nazionalità diversa, che mettono il loro campo base nella zona di Briançon, come i Belgi (Nico Favresse, Siebe Vanhee). Questo produce un ricco melting pot di arrampicatori con differenti approcci.
Come descriveresti l’ambiente alpinistico della zona di Briançon, dove vivi? Quali sono le caratteristiche del movimento locale che più ritieni interessanti?
In effetti Briançon, come ho già detto, è un luogo più focalizzato sull’arrampicata pura che sull’alpinismo; però lentamente si sta avendo un cambiamento e vedo sempre più giovani ragazzi e ragazze che si avvicinano alla montagna. La settimana scorsa un gruppo di agonisti mi ha chiesto se potevamo fare insieme arrampicata su ghiaccio e dry tooling il prossimo inverno.
Fra le tue salite più importanti ce ne saranno sicuramente alcune che ritieni fondamentali per la tua esperienza: raccontacele un po’…
Mathieu Maynadier durante la salita del Moonlight Buttress a Zion, USA. Foto: S. Vanhee
Rupe
Canottiera Tecnica Reversibile
Per le arrampicatrici più versatili, che di si muovono fluidamente tra yoga, trekking e la propria passione, Rupe propone la nuova canottiera tecnica reversibile fantasia Bamboo. Un capo rivoluzionario che combina due outfit in uno, permettendo di scegliere il lato da indossare in base all’umore o all’allenamento. Grazie alla tecnologia Power Force che offre una tenuta eccellente senza imbottitura, combinata a Quick Dry, per una rapida asciugatura e Four Way Stretch per una libertà di movimento senza pari, questa canottiera non è solo un capo d’abbigliamento, ma un simbolo di stile e funzionalità creato secondo lo stile di Rupe: Eco-friendly e Made in Italy. rupeclothing.it
Rock Experience Spaghetti Lover P.1
La maglietta unisex Spaghetti Lover P.1 fa parte della capsule collection firmata Rock Experience - Spaghetti Boulder che non vuole solamente rappresentare l’arrampicata ma vuole essere un vero e proprio stile di vita. Spaghetti Lover P.1 è realizzata interamente in cotone, presenta girocollo, una stampa frontale piccola Spaghetti Boulder “Grip Sauce” e la stessa maxi stampa sul retro Spaghetti Boulder “Grip Sauce”. Completa il capo l’etichetta ponte “Rock Experience” sulla parte inferiore del capo. Peso: 140 g in taglia M. rockexperience.shop
Ande
Verdon
Verdon è il bermuda d’arrampicata realizzato da Ande in tessuto resistente ed elasticizzato, con un fitting moderno ed estremamente confortevole per l’arrampicata. Arricchito da dettagli retrò che richiamano lo stile 80’s dei climber che hanno fatto la storia dell’arrampicata sportiva, è dotato di tutti i dettagli necessari per il mondo verticale, presenta un look giovanile e modaiolo che lo rende un capo estremamente versatile e ideale da indossare anche tutti i giorni. ande.it
Gli Alpine Pant di Black Diamond sono i pantaloni da arrampicata che combinano al meglio durata e prestazioni tecniche con libertà di movimento. Progettati con un tessuto elasticizzato in quattro direzioni, possono gestire qualsiasi movimento e la loro struttura leggera li rende particolarmente confortevoli anche nelle situazioni più estreme. Una finitura DWR senza PFC aggiunge protezione anche durante le giornate con situazioni meteorologiche discutibili. Vestibilità ottimizzata grazie agli gli orli regolabili e alla cintura in tessuto integrata. eu.blackdiamondequipment.com
Per chi apprezza la freschezza estiva di uno short, E9 propone per lei Wendy2.4 in misto lino e cotone organico, che garantisce resistenza e traspirabilità durante le sessioni di arrampicata, dotati di pratiche tasche dal design originale e comodo cordoncino portaspazzolino su entrambi i lati, ha la cinta stampata e laccio regolabile in vita. Per lui Rondo Short-S, la versione corta di uno dei modelli di punta del brand. Realizzati in resistente gabardina di cotone organico, garantiscono comfort e libertà di movimento durante le attività outdoor, dotati di capienti tasche a contrasto, dal design inimitabile. La vita regolabile assicura una perfetta vestibilità, mentre l’elastico interno, che richiama elementi naturali, conferisce un ulteriore tocco di originalità. Anche i Rondo Short-s sono dotati di pratici cordoncini portaspazzolino su entrambi i lati. www.e9planet.com
Wendy2.4 e Rondo Short-S
Black Diamond Alpine Pant
Wild Country
Crag Hauler 40
Il Crag Hauler di Wild Country è uno zaino resistente e stabile ispirato alle sacche da recupero e realizzato con la stessa tela cerata e antiusura. La chiusura roll top in nylon è stata sottoposta a un trattamento Durable Water
Repellent (DWR) privo di PFC per rendere lo zaino idrorepellente. Per un trasporto ottimale, le cinghie di compressione laterali fungono anche da stabilizzatori per la corda e, quando non servono, possono essere nascoste, lo schienale è imbottito a doppia densità per non sentire l’attrezzatura contro la schiena e spallacci e cintura imbottiti sono completamente regolabili. www.wildcountry.com
Climbing Technology
Avista
La Sportiva
Futura
Moderna, rivoluzionaria… Futura. La scarpetta d’arrampicata No-Edge® più versatile dell’intera gamma La Sportiva si ripresenta con un nuovo look. Pensata e sviluppata per rendere la scalata ancora più divertente, abbina comfort e sensibilità a grandissime prestazioni indoor e outdoor. Il sistema di chiusura brevettato Fast Lacing System™, garantisce la perfetta fusione tra piede e scarpetta. La tecnologia No-Edge® riduce la barriera tra lo scalatore e il suo progetto verticale. Scalatore, scarpetta e parete non sono mai stati così uniti. www.lasportiva.com
Avista è la nuova imbracatura tecnica monofibbia estremamente leggera ed ergonomica, sviluppata da Climbing Technology per l’arrampicata sportiva di alto livello e le competizioni. La costruzione anatomica di Avista è progettata per garantire un’eccellente vestibilità e libertà di movimento: l’innovativo anello di assicurazione non presenta cuciture ed ha un ingombro ridotto, mentre i cosciali hanno un elastico di sostegno ultraleggero e regolabile con una sola mano. I punti di legatura di Avista sono rinforzati e provvisti di un indicatore di usura. Dotata di due ampi porta-materiali frontali rigidi, altri due porta-materiali più morbidi nella zona posteriore per accogliere l’attrezzatura addizionale e un altro anello posteriore dedicato agli accessori di servizio. Peso: 290 g nella taglia M. www.climbingtechnology.com
Versante Sud
Spazzola
Chi ama davvero l’arrampicata spazzola! E per mantenere pulite le prese in falesia, ma anche in palestra, bisogna essere dotati della spazzola adeguata. La spazzola in legno e setole naturali, di Versante Sud, con i suoi 180 mm di lunghezza e le setole da 18 mm è perfetta da maneggiare e compatibile con l’alloggiamento per spazzolini del vostro porta-magnesite, per averla sempre con sé, sia per preparare al meglio la presa prima del proprio tentativo, che per eliminare il più possibile le tracce lasciate dalla magnesite. Mantieni pulite le prese, preserva la roccia e il divertimento! www.versantesud.it
Per un avvicinamento stabile e confortevole The North Face propone Verto Alpine Mid a tre strati ad alte prestazioni. offre maggiore stabilità nell’arco plantare e protezione dalle rocce. La tomaia in pelle resistente ha il supporto sagomato per la caviglia, mentre il puntale protettivo e il tallone in gomma antigraffio, offrono massimo sostegno e protezione. La climbing zone sulla punta è ideale per le progressioni più impegnative, mentre la braking zone sul tallone impedisce al piede di scivolare durante le salite ripide. www.thenorthface.it