Ferrate nelle valli di Badia, Fassa e Gardena

Page 1


FERRATE nelle valli di BADIA , FASSA e GARDENA

30 vie ferrate, 11 sentieri attrezzati e 2 Alte Vie

Prima edizione Giugno 2025

ISBN 9978 88 55471 20 6

Copyright © 2025 VERSANTE SUD – Milano, via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina Via Ferrata Piccolo Cir © Marco Corriero

Testi Marco Corriero

Disegni Eugenio Pinotti

Cartine Tommaso Bacciocchi © Mapbox, © Open Street Map

Simbologia Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Francesco Rioda

Stampa Tipolitografia Pagani – Passirano (BS), Italia

È

una guida a KM ZERO!

Cosa significa?

Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da autori locali.

Come i pomodori a Km 0?

Certo! E la genuinità non è un’opinione.

Gli autori locali fanno bene a chi cammina: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate; – non rifilano solo i sentieri più commerciali; – reinvestono il ricavato nella manutenzione dei sentieri.

Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio; – sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale.

E infine la cosa più importante: sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore

Nota

L’alpinismo è un’attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo.

Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione.

Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio

MARCO CORRIERO

FERRATE nelle valli di BADIA , FASSA e GARDENA

30 vie ferrate, 11 sentieri attrezzati e 2 Alte Vie

Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio

Sommario

25. Ferrata Ombretta alla Cima Orientale 198

26. Ferrata Kaiserjäger al Col Ombert

27. Ferrata delle Trincee (Trenches) ..... 212

28. Ferrata Cresta Ovest della Marmolada 222 Storia delle vie ferrate 230

29. Ferrata Brigata Cadore

Introduzione

Vorrei iniziare l’introduzione di questa guida con le parole che uno dei più grandi alpinisti di sempre, Reinhold Messner, usò riferendosi alle vie ferrate: “Ci ho incontrato tante persone entusiaste e non posso che prenderne le difese. Entro certi limiti, s’intende e a condizione che non vengano sottovalutate”.

Da quando sono diventate un’attrazione turistica, le vie ferrate hanno polarizzato le opinioni tra strenui difensori e irriducibili detrattori. Questi ultimi, tra cui un buon numero di alpinisti, rivendicano

una sorta di “paternità” nei confronti delle cime che possono essere conquistate soltanto da coloro che possiedono abilità e competenze strettamente alpinistiche. Si lamentano in particolare di come vie appositamente attrezzate con cavi, staffe e scale, concedano anche a semplici escursionisti il privilegio di ascendere a certe vette e di poter godere di panorami unici; una specie di “modo facile” per raggiungere la cima.

Dall’altra parte la via ferrata viene vista come l’opportunità di confrontarsi con sé stessi, con i

propri limiti, assaporare il brivido dell’esposizione, sentire l’adrenalina che pervade tutto il corpo, godere con lo sguardo di scorci e orizzonti di rara bellezza, toccare la roccia e respirare il suo odore caratteristico, fare l’esperienza della verticalità. Gli infissi metallici aiutano di molto la progressione, questo è indubbio e la presenza del cavo ci consente, soprattutto in caso di incidente, di non precipitare nel vuoto ma di rimanerne agganciati con i nostri moschettoni. Ma, come disse appunto il noto alpinista, è tale l’entusiasmo che si vede nei volti delle persone che non si può che esserne favorevoli. Messner aggiunge poi due distinguo: “entro certi limiti” e “a patto che non vengano sottovalutate” e sono due considerazioni molto importanti. Per quanto riguarda i limiti la mia opinione è

che si riferisca al numero delle vie ferrate e a come vengono allestite. È necessario infatti distinguere tra ferrate storiche, risalenti al primo conflitto mondiale, e ferrate costruite in seguito, appositamente per scopi turistici. Anzi, negli ultimi anni si sta vivendo una sorta di “boom” di nuove vie. I comuni e i consorzi di promozione turistica probabilmente si sono accorti di come ci sia un numero sempre maggiore di appassionati da tutto il mondo e quindi hanno voluto ampliare l’offerta turistica anche in questo modo. Sono state tracciate nuove vie anche in aree al di fuori del circuito di maggior afflusso (Dolomiti), al fine di attrarre un numero crescente di “ferratisti” (vedi ad esempio le nuove ferrate in Val di Vizze, Val Venosta e Valle Aurina in Alto Adige o in Val D’Astico in Veneto).

La caratteristica skyline delle catene dolomitiche (© M. Corriero) 

Per le Dolomiti, essendo patrimonio UNESCO, il discorso è un po’ diverso in quanto sono maggiormente tutelate; ad ogni modo anche qui sono sorte nuove vie negli ultimi anni, seppur in numero minore, come ad esempio la Magnifici 4 in Val di Fassa o la ferrata della Forcella sul gruppo del Sassolungo.

Il secondo distinguo a cui fa riferimento Messner riguarda la sicurezza, aspetto purtroppo spesso sottovalutato dagli escursionisti. Quando si programma un’uscita in ferrata dobbiamo sempre considerare quattro variabili: a) le nostre condizioni psicofisiche in quel momento; b) le nostre capacità atletiche e la nostra esperienza; c) le condizioni meteo; d) l’utilizzo corretto dei dispositivi di sicurezza. Purtroppo ogni anno leggiamo di interventi del soccorso alpino che recupera persone che non sanno più come andare avanti, o sfinite dalla stanchezza, o che si sono fatte

“sorprendere” dall’oscurità, mettendo a volte a rischio l’incolumità dei soccorritori stessi.

SICUREZZA E SCELTA DELLA VIA Vediamo allora questi aspetti più da vicino: Condizioni psicofisiche: le vie ferrate, soprattutto quelle difficili, richiedono un buon livello di concentrazione anche prolungata e uno stato fisico ottimale. Quindi, se il giorno della ferrata non ci sentiamo bene per qualsiasi motivo o non siamo in forma, è meglio rinunciare del tutto o orientarsi su un itinerario più facile che richieda un impegno minore.

Le nostre capacità tecniche e l’esperienza: le ferrate non sono per tutti e non tutti possono completare una via difficile o estremamente difficile. Magari è solo questione di esperienza (e il mio consiglio infatti è quello di procedere per gradi per acquisire competenza e abilità), oppure una via è oggettivamente troppo difficile per il nostro livello. In questo caso essere sempre prudenti e mai impegnarsi in qualcosa che è oltre le nostre capacità. Casomai ci si può sempre rivolgere a una guida alpina certificata per essere accompagnati. Quando invece parlo di esperienza mi riferisco alla capacità di sapersi muovere su terreni accidentati e ripidi di qualsiasi natura che siano essi erbosi, rocciosi o innevati; una ferrata infatti è inserita spesso all’interno di un itinerario di più ampio respiro, con diverse ore di avvicinamento o un rientro che comporta la risalita di strette forcelle, l’attraversamento e il superamento di tratti impervi non attrezzati. Esperienza significa saper pianificare i tempi per evitare di trovarsi “fuori orario” con il rischio del buio, saper rinunciare o tornare indietro anche a metà percorso, magari per imminente rischio di avverse condizioni meteo. Le condizioni meteo appunto: una regola da seguire per andare in sicurezza in ferrata è quella di partire la mattina presto, soprattutto per le vie lunghe e impegnative. Difatti la probabilità del verificarsi di locali

Ferrata Piccolo Cir, sullo sfondo il Sella (© M. Corriero) 
Scorcio sulle Dolomiti d'Isarco (© M. Corriero) 

temporali (anche molto forti) è maggiore nelle ore pomeridiane, ore nelle quali dovremmo essere già sulla via di ritorno. Mai e poi mai trovarsi in ferrata durante un temporale! Soprattutto se si è in cima, su una cresta o in un grande spazio aperto. Il metallo è un ottimo conduttore di elettricità e noi stessi diventiamo dei parafulmini in quelle situazioni. Ma anche percorrere una ferrata durante un rovescio di pioggia non è esperienza gradevole: la roccia diventa subito insicura negli appoggi, il cavo scivoloso come una saponetta e le temperature si abbassano repentinamente mettendoci a rischio di ipotermia. Guardiamo quindi sempre il bollettino meteo e programmiamo l’uscita in funzione di quello. Se il tempo è incerto, orientiamoci su itinerari più brevi, magari di mezza giornata in modo da limitare al massimo il rischio di trovarsi in ferrata durante una perturbazione. II dispositivi di sicurezza: casco omologato CE UIAA, set da ferrata a Y anch’esso omologato comprensivo di due longe elastiche che terminano con un moschettone, un dissipatore a strappo, imbrago e guanti da ferrata rientrano tra i dispositivi di sicurezza che dobbiamo utilizzare per evitare infortuni, nei casi più lievi, o di precipitare rimanendo attaccati al cavo, grazie al corretto funzionamento dei moschettoni e del dissipatore, se qualcosa dovesse andar storto. I guanti ci offrono una maggior presa sul cavo ed evitano di prendere escoriazioni alle mani o l’insorgenza di vesciche. Il casco infine ci protegge la testa da colpi presi sulle rocce e da sassi che precipitano dall’alto, o per cause naturali o per imprudenza di ferratisti che ci precedono e che smuovono accidentalmente il fondo detritico (accade più spesso di quello che si pensi).

Anche l’abbigliamento ha la sua importanza: come per una normale escursione in montagna, è utile vestirsi a strati con materiali traspiranti, avere nello zaino un ricambio di indumenti, crema solare, una giacca per la pioggia, un cappello per il sole, un kit portatile di primo soccorso, cibo energetico e liquidi a sufficienza per evitare la disidratazione. Ai piedi è preferibile calzare scarponi comodi, performanti per i diversi tipi di terreno e adatti per la progressione in ferrata, cioè dotati di una “climbing zone” in punta per fare maggior presa sulla roccia e possibilmente una suola con un buon grip. Consigliato anche il rivestimento idrorepellente della tomaia. Per itinerari lunghi e complessi è meglio lo scarpone alto, mentre per le vie più tecniche sono ottime anche le scarpe cosiddet-

te “di approccio”, che lasciano libera la caviglia e hanno una suola con un battistrada ideale proprio per l’arrampicata.

Una volta indossato correttamente il kit da ferrata, la progressione dovrebbe avvenire tenendo sempre una mano sul cavo e i 2 moschettoni agganciati, mentre con l’altra mano si cercano gli appigli sulla roccia. Quando si incontra un fittone tra una sezione di cavo e l’altra, si stacca il primo moschettone e si aggancia alla sezione successiva. Solo in seguito si può staccare il secondo moschettone e assicurarlo anch’esso all’altra sezione. In questa maniera siamo sempre attaccati al cavo in sicurezza. Consiglio di evitare di procedere facendo troppa leva sul cavo con entrambe le mani per evitare di “bruciarsele”, come si dice in gergo, dato che la resistenza dei muscoli degli arti superiori è molto inferiore a quella delle gambe. Solo in quei casi

in cui non vi è altro modo di procedere, se non si hanno ottime conoscenze alpinistiche, si possono superare certi passaggi particolarmente ostici facendo forza con ambo le mani sul cavo.

COMPORTAMENTO IN VIA FERRATA

Vorrei quindi riassumere alcune norme di comportamento per far sì che l’esperienza straordinaria di una ferrata sia il più possibile in sicurezza, per se stessi e per gli altri:

1. Mai iniziare una ferrata con il meteo instabile o imminente arrivo di pioggia o temporali.

2. Scegliere sempre l’itinerario in funzione delle proprie forze o capacità.

3. Valutare i tempi di percorrenza dell’intero itinerario compresi quelli di avvicinamento e rientro, in modo da non trovarsi nel tardo pomeriggio o di sera ancora per strada o, peggio, in ferrata.

Una fredda alba in cima al Piz Boe (© M. Corriero) 
Il suggestivo ponte lungo la ferrata delle Trincee (© M. Corriero) 

4. Mai sganciarsi dalla fune per superare una o più persone e procedere quindi in arrampicata libera (purtroppo la cronaca ci riporta casi in cui questa procedura è stata fatale per qualcuno). Aspettare piuttosto di giungere in un punto dove ciò sia possibile con maggiore sicurezza.

5. Prestare la massima attenzione e concentrazione anche in quei tratti che non sono assicurati e magari esposti: può succedere infatti che, una volta terminati i cavi, ci si rilassi mentalmente, ma basta mettere male un piede per scivolare o precipitare.

6. Evitare di far cadere accidentalmente pietre che possono poi finire su ferratisti che sono più in basso. Ci sono vie ferrate dove questo rischio è più alto che in altre (per es. le ferrate Finanzieri e Kaiserjäger).

7. Utilizzare sempre i dispositivi di sicurezza e autoassicurazione quando si è in ferrata: non è raro vedere turisti che salgono o scendono da vie attrezzate anche impegnative senza casco, corde e moschettoni mettendo a rischio la propria e l’altrui incolumità. Mi è capitato di assistere a una situazione del genere la scorsa stagione sulla Finanzieri: due turisti che percorrevano la via in senso inverso di marcia e senza conoscerne la difficoltà, privi per giunta di qualsiasi dispositivo, affidandosi alla “buona sorte” e a un ottimistico spirito d’avventura.

Quanto al punto 1, conviene soffermarci e approfondire il discorso relativo ai temporali; quando il meteo è instabile, i fulmini rappresentano il pericolo maggiore. Vediamo perché: le aree montane sono più soggette a essere colpite da fulmini, sia perché le rocce e i versanti diventano il punto di innesco dei moti convettivi dell’aria (grazie al maggior riscaldamento del sole rispetto all’aria circostante), sia perché le cime si trovano a minor distanza dalla base delle nuvole e quindi vengono più spesso colpite. È possibile comunque prevedere con un certo, seppur breve, anticipo il rischio di caduta di fulmini nell’area in cui ci troviamo: si possono avvertire crepitii nell’aria o ronzii nelle attrezzature metalliche (come le croci di vetta) e i capelli si elettrizzano. Sono tutti segnali di un imminente rischio di una scarica di fulmini. Occorre ab-

bassarsi velocemente di quota abbandonando creste, canali, cime e versanti esposti ed evitare che il nostro corpo sia la cosa più elevata nei paraggi. Evitare di rifugiarsi sotto alberi ma cercare riparo in depressioni del terreno (buche, avvallamenti), assumendo una posizione accovacciata e a piedi uniti. Vanno bene anche grotte, purché abbastanza profonde e senza appoggiar-

si alle pareti interne se umide, o qualsiasi riparo artificiale si incontri (ricoveri, bivacchi, ruderi). Se siamo in gruppo è necessario separarsi e adottare le suddette misure individuali (restare in gruppo aumenta il rischio di essere colpiti per via dell’“effetto gregge”). Se siamo malauguratamente su ghiacciaio o nevai, spostarsi subito sul margine esterno della distesa. Moschet-

toni e telefonini non attirano i fulmini e quindi possiamo tenerli con noi, purché non siano a contatto della pelle in quanto, in caso vengano attraversati da correnti elettriche, si surriscaldano rischiando di ustionarci. Per concludere, il cessato pericolo è quando non si sentono più tuoni per circa mezz’ora.

Uno splendido arcobaleno in Val di Funes (© M. Corriero) 

IL TERRITORIO

Questa guida descrive ben 43 itinerari tra vie ferrate vere e proprie e semplici sentieri attrezzati, presenti sui gruppi montuosi dell’area Val Gardena – Alpe di Siusi, Val Badia e Val di Fassa. Alcune vie, pur essendo appena al di fuori di questi confini geografici, sono state incluse nella guida perché di particolare interesse storico o paesaggistico, oppure perché molto rinomate tra gli appassionati di ferrate.

Le tre valli sono tutte di madrelingua ladina anche se, bisogna dirlo, ogni valle parla un ladino diverso: è presente infatti una lingua gardenese, una badiota e una fassana. Gli abitanti sono tutti trilingue e parlano correttamente anche l’italiano e il tedesco. Le valli hanno una forte connotazione turistica internazionale, soprattutto per gli sport invernali e sono quindi dotate di un’ampia rete di impianti a fune che permette il trasporto dai fondovalle agli alpeggi e collega le valli tra di loro (vedi il circuito del Sellaronda). In estate, oltre alle vie ferrate, vi è una vasta scelta di sentieri escursionistici per appassionati di ogni livello. Un elevato numero di baite e rifugi sono mete ambite

per i cultori dell’enogastronomia o semplici punti di appoggio per lunghe escursioni e arrampicate. Negli ultimi anni il mondo del cicloturismo ha avuto un enorme boom e son stati quindi allestiti interessanti trail per gli appassionati di questo sport provenienti da tutto il mondo.

Le tre vallate sono impreziosite da alcuni tra i massicci montuosi più celebri e rinomati, come per esempio la Marmolada, il Catinaccio, le Odle, il Sassolungo e il Sella, che ne disegnano i confini territoriali ed è su queste montagne che sono state tracciate alcune tra le più belle vie ferrate delle Dolomiti.

DIFFERENZA TRA VIA FERRATA E SENTIERO

ATTREZZATO

Il CAI parla ufficialmente di via ferrata in questi termini: “Insieme di strutture e attrezzature fissate e/o realizzate artificialmente su una parete rocciosa per facilitarne la salita in sicurezza. Tale azione, senza la presenza e l’utilizzo delle strutture artificiali, necessiterebbe della conoscenza e dell’impiego di tecniche di arrampicata in cordata con attrezzature individuali alpinistiche (chiodi da roccia, corde e moschettoni) o a corpo libero.”

Sentiero attrezzato delle Scalette (© M. Corriero) 

Anche un sentiero attrezzato prevede attrezzature metalliche come corde, staffe e scale ma, e qui sta la differenza, se non ci fossero, la sua percorrenza non richiederebbe né tecniche di arrampicata né attrezzature alpinistiche. Le attrezzature su questo tipo di sentieri hanno lo scopo di aumentarne la sicurezza (per esempio in condizioni meteo difficili come neve, ghiaccio, roccia scivolosa, ecc.) e di proteggere anche in tratti orizzontali ma esposti o pericolosi. Infine, su un sentiero attrezzato, le sezioni assicurate sono generalmente brevi e minori rispetto a quelle di una via ferrata.

In una via ferrata invece lo sviluppo è prevalentemente verticale, tranne che per le ferrate “di cresta”, e può impegnare l’escursionista anche per diverse ore. Può avere passaggi aerei e strapiombanti ed è richiesta una buona forza di braccia.

LE VIE FERRATE SI POSSONO FARE ANCHE IN DISCESA?

La risposta non è univoca, infatti bisogna rispondere: “dipende”.

In linea generale il senso di marcia è in salita, tranne per quei casi in cui l’accesso alla cima e il ritorno avvengono obbligatoriamente per la stessa via (vedi Sass Putia o Piz Conturines), o nei casi di ferrate di cresta dove è possibile percorrerle in entrambi i sensi (vedi Cresta del Masarè o Laurenzi). Nessuno impedisce di affrontarle in discesa, ma alcune vie pongono esplicitamente un cartello al termine delle funi che vieta di scendere per motivi di sicurezza e per evitare sovraffollamento lungo il tracciato (vedi Forcella del Sassolungo). Poiché da un punto di vista tecnico percorrere una ferrata in discesa è più difficile che in salita, per le vie classificate “molto difficili” o “estremamente difficili” (D; E) se ne sconsiglia assolutamente la direzione in senso inverso (vedi Magnifici 4, Piazzetta o Tomaselli). Valutare molto bene le proprie capacità prima di scendere per quelle considerate invece “difficili” (C). Per tutte le altre è possibile percorrerle nel senso opposto, prestando comunque sempre attenzione per la propria e altrui sicurezza. È successo che il soccorso alpino è dovuto intervenire per recuperare qualche sprovveduto non più in grado di procedere lungo la via di discesa presa per errore, per sopravvalutazione delle proprie capacità o per mancanza di conoscenza del percorso (più di una volta per esempio sulla ferrata Piazzetta).

CLASSIFICAZIONE DELLE VIE FERRATE

Non esiste un’unica scala di classificazione delle vie ferrate e dei sentieri attrezzati, ma ne esistono diverse: francese, italiana, tedesca e austriaca. In più a volte nelle relazioni si aggiungono altre scale create dagli autori, che seguono i loro personali criteri di classificazione. Per esempio le guide alpine di Cortina d’Ampezzo prevedono la suddivisione delle vie della loro zona su quattro livelli: principiante, intermedio, avanzato ed esperto. Su una cosa siamo però tutti d’accordo: le ferrate sono tutte classificabili come EEA, cioè sentieri per Escursionisti Esperti con Attrezzatura, come ci spiega bene il CAI. Chi frequenta le vie ferrate (di qualsiasi livello) dovrebbe quindi essere un escursionista esperto in grado di muoversi agevolmente su qualsiasi tipo di terreno: pendii ripidi e scivolosi, ghiaioni e brevi nevai. Dovrebbe essere in grado anche di orientarsi su sentieri non segnati e su tracce di sentiero, con una buona preparazione fisica, assenza di vertigini e magari capace di arrampicare su facili rocce di I o II grado. Tornando alla classificazione delle ferrate, questa

Una fessura deve essere superata in arrampicata libera; sentiero attrezzato al Passo Santner (© M. Corriero) 

guida segue la scala austriaca a cinque livelli dalla

A alla E, perché particolarmente intuitiva e perché alcune delle ultime ferrate di nuova generazione presentano all’attacco un’utile tabella descrittiva del percorso, la cui difficoltà è appunto espressa secondo la scala austriaca (vedi per es. la ferrata Forcella del Sassolungo o quella al Piz da Peres) Ecco qui di seguito la descrizione della scala che io adotterò in questa guida:

A = FACILE percorso attrezzato con moderata esposizione e lunghi tratti di cammino. Le protezioni fisse sono principalmente funi metalliche e/o staffe usate solo per aumentare la sicurezza.

B = MODERATAMENTE DIFFICILE via ferrata breve con bassa esposizione il cui sviluppo avviene tra forcelle, camini e brevi tratti verticali dove corde, staffe e scale aiutano la progressione.

C = DIFFICILE via ferrata di media o lunga durata che richiede buona condizione fisica e discreta tecnica. Il percorso è spesso verticale e a volte con brevi strapiombi.

D = MOLTO DIFFICILE via ferrata esposta e verticale, con diversi passaggi tecnici che richiedono esperienza ed eventuali strapiombi attrezzati il minimo necessario. A volte l’intera via è attrezzata di sola corda fissa. È richiesta un’ottima condizione psicofisica.

E = ESTREMAMENTE DIFFICILE via ferrata molto esposta che richiede ottima tecnica di progressione, a volte con passaggi arditi anche su strapiombi. La verticalità è costante anche per lunghi tratti. Necessaria eccellente condizione psicofisica. Consigliata una longe corta per approntare una sosta nei tratti più difficili.

In mezzo alle nuvole salendo al Piccolo Cir (© M. Corriero) 

Per ogni itinerario di questa guida è inserita una descrizione generale della ferrata, la modalità di accesso stradale alla località di partenza, una descrizione dell’avvicinamento, una descrizione dettagliata dello sviluppo della via con tempi e quote intermedie e, infine, delle note finali a commento del percorso, con indicazioni sullo stato delle attrezzature, eventuali pericoli o difficoltà che si possono incontrare. Una tabella riassuntiva include invece tutti i dati principali della via ferrata come: la difficoltà tecnica (scala austriaca A fino E), l’esposizione, l’impegno fisico e le difficoltà ambientali (tutte espresse su scala da 1 a 5), la quota massima raggiunta, il dislivello, i tempi di percorrenza e il periodo dell’anno consigliato.

Quanto alle difficoltà ambientali conviene spendere qualche parola per capire di che si tratta.

Ho preso in considerazione questi fattori molto importanti che si aggiungono alla difficoltà puramente tecnica di una via ferrata: - quota in cui si sviluppa l’itinerario;

- isolamento della zona in cui è inserita la ferrata;

- difficoltà di orientamento (scarsa segnaletica) o in condizioni meteo particolari (nebbia, pioggia, neve);

- presenza o meno di punti di appoggio (rifugi, bivacchi) ;

- presenza o meno di particolari pericoli oggettivi (caduta sassi, terreno marcio o insidioso, passaggi in arrampicata libera di I o II grado).

Le spettacolari torri del Sella (© M. Corriero) 

Note tecniche inerenti all’andar in ferrata

Le vie ferrate sono itinerari pre-attrezzati che si snodano in modo verticale o quasi verticale su pareti rocciose con differenti tipologie di sviluppo, difficoltà e livelli di sicurezza costruttiva. Secondo questi elementi le ferrate si possono classificare in base alla loro difficoltà per impegno fisico ed esposizione ambientale, ma anche in base al loro livello di sicurezza per la tipologia di ancoraggi presenti e il loro corretto posizionamento.

Se rispetto al primo punto, ovvero quello riguardante la difficolta fisica, gli utenti delle ferrate sono abbastanza consapevoli delle differenze tra un tracciato e un altro, rispetto alla sicurezza e bontà degli ancoraggi, invece, c’è molta “non-consapevolezza” e non conoscenza tecnica degli elementi inerenti a una eventuale caduta dall’alto.

ELEMENTI INERENTI ALLE CADUTE IN ARRAMPICATA

Per sviluppare la consapevolezza di come ci si muove in ferrata è bene ricordare un punto. Nel momento in cui un corpo cade nello spazio, ingloba energia e questa scomoda energia nell’istante del suo arresto deve essere gestita. Vedremo ora alcuni termini tecnici molto importanti come forza d’arresto e fattore di caduta, tipici della pratica dell’arrampicata, ma importanti anche su via ferrata.

Per forza d’arresto si può intendere la sollecitazione che subisce un corpo dopo una caduta a seguito dell’energia imprigionata durante il volo. Questa forza può essere elevata o meno, a seconda del fatto che rimanga inglobata totalmente nel corpo che cade o che sia passata e dissipata parzialmente o totalmente ad altri elementi in grado di assorbirla. È abbastanza intuitivo pensare alle differenze che ci possono essere tra fare bungee jumping con un cavo elastico, come prassi vuole, oppure con una fune metallica…

Il fattore di caduta invece è un indice utilizzato per quantificare quanto sia impattante una caduta e la gravità della stessa, in arrampicata in linea teorica è compreso tra 0 e 2. Tanto più alto sarà il valore, tanto più gravosa e pericolosa sarà la caduta.

Il fattore di caduta è quindi il rapporto tra l’altezza della caduta e la lunghezza della corda Questo avviene in arrampicata, dove per progredire si usano corde elastiche e dal notevole sviluppo. Qui, difatti, la gravità della caduta non dipende tanto dall’altezza della caduta stessa, ma da quanta corda ho dietro di me e quanto sia in grado di assorbire l’energia, che durante il volo il mio corpo acquisisce.

Nell’immagine precedente possiamo vedere due esempi di stessa altezza di caduta ma lunghezze di corda differenti e gli effetti rispetto al fattore di caduta.

Nel secondo caso, pur essendo uguale l’altezza della caduta al primo, ovvero 4 metri, le conseguenze in termini di fattore di caduta sono totalmente differenti e il corpo dell’arrampicatore subisce un’altissima sollecitazione (quasi sicuramente traumatica).

l’unico elemento in grado di generata dalla caduta, è il DISSIPATORE funziona un dissipatore da ferrata ? funzione di assorbire energia in modo arrivare alla rottura delle sue componenti rimanere sempre ancorati alla linea

Questo è ciò che avviene quando arrampichiamo con la corda, caso in cui, in aggiunta, il contrappeso dinamico del compagno che assicura abbassa di molto il fattore di caduta. Ma in ferrata non abbiamo la corda dinamica, utilissimo strumento in grado di assorbire la forza di arresto, bensì un cavo d’acciaio.

dissipatore è composto da una fettuccia cucita, in grado se trazionata di essivo fino ad 1,5m e di assorbire

per noi. Molto diverso è fare un salto e atterrare su un comodo materasso a molle rispetto a una dura lastra di roccia. Ma quando siamo in ferrata quali elementi abbiamo per assorbire questa forza, mentre progrediamo attaccati a un cavo d’acciaio posizionato su dura e compatta roccia?

Quando siamo in ferrata l’unico elemento in grado di assorbire l’energia generata dalla caduta, è il dissipatore da ferrata. Ma come funziona un dissipatore da ferrata?

Il dissipatore ha la funzione di assorbire energia

FATTORI DI CADUTA E FORZA D’ARRESTO IN FERRATA

durante una caduta in ferrata. in considerazione nel momento in ferrata, che il allunga fino a 1,5m a seguito di altezze di caduta elevata e molta energia E’ quindi importante comprendere un ulteriore elemento teorico, ovvero TIRANTE D’ARIA. Per tirante d’aria si intende lo nché una

considerando gli allunghi di eventuali sistemi di comporti l’impatto contro ostacoli.

Vediamo ora cosa succede nel momento in cui dovesse avvenire una caduta in ferrata. I principi fisici della caduta sono gli stessi di quelli dell’arrampicata, ovvero il nostro corpo acquista scomoda energia che dovrà successivamente trasferire e dissipare a qualcosa.

dalla lunghezza dei singoli o dei punti in cui il cavo della ferrata è Maggiore sarà la distanza tra di essi e maggiore dalla caduta e la necessità del dissipatore di a Ipoteticamente i costruttori di ferrate di questi elementi, ma non sempre è avvenuto così in passato. citate all’interno di questa guida ed emanate dal Alpine Italiane nel 2016 hanno cercato di di ferrate di tener conto di questi elementi. ofondire l’argomento è possibile scaricare il testo indirizzo email: https:// www.guidealpine.it/assets/ - G u i d a - p e r- a t t re z z a t u r a - d e i - s i t i - n a t u r a l i - p e rcorsi-attrezzati-SIAE.pdf.

4 m

Più elastico, e quindi in grado di assorbire energia, sarà l’elemento a cui il nostro corpo trasferisce il colpo, minore saranno le conseguenze

attualmente non tutte le ferrate sono concepite in ottica moderna tenendo elementi quali tiranti d’aria ecc, sia per anzianità di realizzazione o per mal frazionamenti. Da qui anche il motivo di aver a ffiancato alla scala di di fficoltà bontà di realizzazione. Scala che si spera non sia più necessaria tra qualche estyling che sta avvenendo.

in modo progressivo, senza arrivare alla rottura delle sue componenti e permettendo quindi di rimanere sempre ancorati alla linea di sicurezza. Per fare questo il dissipatore è composto da una fettuccia ripiegata più volte e cucita, in grado se trazionata di allungarsi in modo progressivo dai 1,5m fino ai 2,5m (a seconda dei modelli) e di assorbire così l’impatto.

Questo è ciò che avviene durante una caduta. Dobbiamo quindi tenere in considerazione, nel momento in cui avviene una caduta in ferrata, che il nostro set dissipatore si allunga fino a 2,5m a seguito di altezze di caduta elevate e molta energia incamerata (caso limite). È quindi importante comprendere un ulteriore elemento

teorico, ovvero la definizione di tirante d’aria

Per tirante d’aria si intende lo spazio necessario, affinché una caduta dall’alto, considerando gli allunghi di eventuali sistemi di dissipazione, non comporti l’impatto contro ostacoli. Questo in ferrata dipende dalla lunghezza dei

dirizzo: https:// www.guidealpine.it/assets/doc/ professione/Linee-Guida-per-attrezzatura-deisiti-naturali-per-arrampicata-e-dei-percorsiattrezzati-SIAE.pdf.

Teniamo a ribadire che attualmente non tutte le ferrate sono concepite in ottica moderna tenen-

(~1,5 m )

(1 m )

singoli frazionamenti, ovvero dei punti in cui il cavo della ferrata è fissato alla roccia. Maggiore sarà la distanza tra di essi e maggiore sarà la forza generata dalla caduta e la necessità del dissipatore di allungarsi per assorbirla. Ipoteticamente i costruttori di ferrate dovrebbero tener conto di questi elementi, ma non sempre è avvenuto così in passato.

Le linee guida più volte citate all’interno di questa guida ed emanate dal Collegio delle Guide Alpine Italiane nel 2016 hanno cercato di sensibilizzare i costruttori di ferrate nel tener conto di questi elementi.

Se si volesse approfondire l’argomento è possibile scaricare il testo integrante a questo in-

do in considerazione elementi quali tiranti d’aria ecc., sia per anzianità di realizzazione o per mal posizionamento dei frazionamenti.

ATTREZZATURA NECESSARIA PER LA PRATICA DELLE FERRATE

Per potersi muovere in ferrata sono necessarie poche ma importanti attrezzature. Ora le vediamo nello specifico: avremo innanzitutto bisogno di una imbragatura certificata per l’alpinismo, che può avere un anello di sicurezza verticale, come quelle d’arrampicata, oppure orizzontale come quelle da ferrata.

Attenzione: le imbracature, così come tutte le componenti tessili o plastiche, in alpinismo han-

La corretta posizione di resting (© G. Meneghello) 
Fattore di caduta 2

no, normalmente una vita massima di 10 anni!

Non usate materiale tessile oltre questa data, anche se imballato e mai usato prima! (Fate fede comunque alle indicazioni del costruttore che possono allungare o accorciare tale durata).

Avremo poi bisogno di un casco omologato per l’alpinismo, che risente anch’esso dei limiti temporali dell’imbrago.

Stesse considerazioni devono essere fatte per il kit dissipatore, elemento in grado di assorbire come visto prima la caduta.

L’uso dei guanti in ferrata è molto importante, sia per una questione di comodità nel tirare i cavi metallici, ma anche di sicurezza nel caso in cui parti di esso siano danneggiate e quindi in grado di tagliare le mani se trazionati.

Molto utile può essere avere un ulteriore mo-

schettone da posizionare nell’apposito anello del kit dissipatore, per eventuali riposi durante la progressione. Attenzione però a posizionare gli elementi per eventuali resting sempre a monte del dissipatore e mai a valle, ovvero verso di voi, perché, se mal posizionati, si annulla l’effetto di dissipazione del kit stesso! Ulteriori elementi e dispositivi di sicurezza possono essere utilizzati da utenti esperti nella gestione di casi particolari, come l’accompagnamento di bambini in ferrata.

Tecniche avanzate di progressione su terreno non verticale e non esposto (© G. Meneghello) 

AVVICINAMENTO

Dal passo si seguono i cartelli in direzione del Munt de Fornela e del Sass de Putia (segnavia n.8A) su ampia carreggiata e in moderata pendenza. Si oltrepassano una serie di baite fino a sbucare sui Pra de Putia, ampie distese di pascoli alle pendici delle severe pareti nordovest del massiccio dove si trova anche la malga Fornella (2065m), meta gettonata da molte famiglie di turisti. Si continua verso destra attraversando i prati fino a quando il sentiero si restringe dovendo tagliare a mezzacosta tutto il versante ovest della montagna lungo una serie di ghiaioni. Una ripida discesa conduce alla base della forcella de Putia innestandosi sul sentiero n.4 (altavia n.2) che proviene dal fondovalle (2091m; 0h40’). Si risale quindi la ripida forcella fino a sbucare sul versante sudest del Sass de Putia (2358m; 0h40’). A destra, proseguendo sul sentiero n.4 si raggiunge in poco tempo il Rifugio Genova (2300m) mentre volgendo lo sguardo a sinistra inizia il lento e faticoso avvicinamento alla cima della montagna lungo tutto il suo versante sud (segnavia n.4B). La salita si fa via via più tortuosa per il ripido pendio erboso lasciando passo dopo passo il posto ad un fondo più roccioso e detritico fino a raggiungere un’ampia sella a quota 2760m. Con una breve digressione, è possibile raggiungere l’anticima chiamata “Picia Putia” (Piccola Putia, 2813m; 1h) dove è fissata anche una croce in legno. Da qui si può vedere perfettamente l’intero blocco roccioso della cima principale che si erge sopra la sella.

DESCRIZIONE DEL SENTIERO ATTREZZATO

Le prime corde partono in diagonale verso destra per superare una rampa inclinata a tratti levigata e una serie di roccette moderatamente esposte. Un unico salto ripido in un breve camino richiede un maggiore impegno, poi la difficoltà cala risalendo facili roccette. Terminate le funi si riprende il sentiero su fondo detritico fino a raggiungere l’enorme croce della vetta (2875m; 0h30’)

SASS DE PUTIA 2875m

roccette

placchette inclinata

camino, attacco con staffa

roccette

esposta

rampa inclinata levigata

DISCESA

Per tornare al parcheggio è necessario percorrere a ritroso la stessa via di andata, attenzione quindi nel breve tratto attrezzato alle persone che stanno salendo evitando di smuovere sassi e comunque prestando la massima concentrazione in quanto un sentiero attrezzato in discesa presenta una difficoltà maggiore che in salita (2h15’)

NOTE

Il breve sentiero attrezzato al Sass de Putia è adatto anche ai principianti in quanto l’esposizione è modesta così come l’abilità tecnica richiesta. Le funi sono in buono stato. In stagione il percorso è molto frequentato quindi nel tratto con le funi bisogna prestare attenzione al via-vai di persone in entrambi i sensi. Difficoltà ambientali: lungo avvicinamento; no punti di appoggio vicini.

La forcella de Putia (© M. Corriero) 
La cima del Sass de Putia (© M. Corriero) 
Il Sass de Putia visto dal passo delle Erbe (© M. Corriero)

denza tra prati e massi sparsi qua e là per poi attraversare diagonalmente un largo canalone fino ai resti del comando austriaco al riparo di un enorme macigno. In seguito, a circa quota 2350m, una chiara deviazione verso sinistra si inerpica con un ripido zig-zag verso la base delle pareti sud del Lagazuoi. Una comoda cengia introduce quello che possiamo definire l’inizio del sentiero attrezzato.

DESCRIZIONE DEL SENTIERO ATTREZZATO

Si entra in un colatoio superando un salto ripido tramite l’ausilio di alcune staffe e poi si sale stretti tornanti rinforzati con grossi tronchi di legno. Usciti dal colatoio si raggiunge un secondo passaggio attrezzato costituito da una cengia che introduce al caratteristico ponte sospeso lungo una quindicina di metri e ricostruito esattamente dove si trovava quello originario usato dalle truppe austriache nella guerra. Usciti dal ponte si risalgono alcune roccette assicurate dal cavo e una cengia obliqua a cui segue un deciso salto ripido ma ben appigliato. Si esce quindi sulla cosiddetta Cengia Austriaca ricca di postazioni e gallerie che vale la pena visitare con una piccola deviazione dal sentiero. Si procede ora in diagonale tra facili roccette e brevi salti gradinati in parte attrezzati fino ad una sella, oltrepassata la quale in pochi minuti si conquista la cima del Piccolo Lagazuoi (2778m; 2h15’), molto affollata in stagione grazie alla presenza, non lontana, della stazione a monte della funivia e del rifugio.

cengia attrezzata

gradino attrezzato

cengia attrezzata colatoio attrezzato con tronchi

cengia salto con staffe

lunga cengia in parte attrezzata

breve salto verticale

cengia obliqua

ponte sospeso

DISCESA

Per scendere si offrono diverse possibilità: il rientro può avvenire lungo la via di andata (1h30’) o tramite la vicina funivia o (consigliato) attraverso il facile ma molto suggestivo sentiero attrezzato delle Gallerie del Lagazuoi (A) nel cuore del museo a cielo aperto della Prima Guerra Mondiale. In questo caso però è meglio munirsi di una lampada frontale. L’accesso si trova immediatamente sotto la stazione a monte della funivia. Usciti dalle gallerie, ci si immette sul sentiero n.402 per poi prendere la deviazione verso nordovest che, risalendo i canaloni, porta a ricongiungersi con il sentiero di andata (2h). Ultima alternativa possibile, dal Rifugio Lagazuoi si seguono le indicazioni per la forcella Travenanzes (2507m; segnavia 401) lungo la ripida distesa detritica (in inverno pista da sci). Dalla forcella si prende il sentiero n.402 verso il passo Falzarego e da qui con il sentiero che costeggia la strada e che passa sotto le pareti nord del Sass da Stria si rientra al parcheggio (1h45’).

NOTE

Il sentiero attrezzato dei Kaiserjäger risulta essere tecnicamente facile ma faticoso essendo la salita piuttosto ripida. Unito al sentiero attrezzato delle Gallerie del Lagazuoi è un itinerario molto appagante per l’escursionista anche per le numerose testimonianze belliche poste lungo il percorso. Attenzione a inizio stagione perché la salita al Piccolo Lagazuoi, sebbene esposta a sud, potrebbe risultare ancora ostruita da cumoli di neve compatta e quindi essere necessari i ramponi.

Un suggestivo scorcio lungo il sentiero attrezzato dei Kaiserjaeger (© M. Corriero) 
Lungo il sentiero attrezzato dei Kaiserjaeger si apre magnifica la vista sulle Dolomiti Bellunesi e la Civetta (© M. Corriero)

DISCESA

Per il rientro ci sono due alternative: la prima è scendere a ritroso lungo la ferrata percorrendo esattamente il percorso di andata (4h) e la seconda è attraversare il ghiacciaio del versante nord, opzione consigliata solo se si ha esperienza di ghiacciai o si è accompagnati da una guida alpina. Si attraversa in cordata muniti di piccozza e ramponi un nevaio sulla cresta chiamata Schena de Mul fino a raggiungere le prime rocce che, con un dislivello di circa 150m scendono fino al ghiacciaio. Si disarrampica su facili roccette di I e balzi ripidi attrezzati di cavo e pioli. Fare attenzione perché questo tratto è percorso anche nel senso inverso da quelli che non sono saliti dalla ferrata ma dalla via normale del versante nord. Il successivo attraversamento del ghiacciaio deve avvenire con la massima cautela vista la presenza di crepacci e, considerate le condizioni climatiche degli ultimi anni, risulta particolarmente insidioso e pericoloso soprattutto nelle anomali calde giornate estive. Purtroppo la immane tragedia del 3 luglio 2022, che ha visto un gigantesco seracco staccarsi e travolgere un gruppo di alpinisti, è un nefasto esempio delle conseguenze del cambiamento climatico globale.

Dopo circa 1h45’ ore si raggiunge Pian dei Fiacconi e da qui, per la via di andata, di nuovo al parcheggio e al lago di Fedaia (1h15’).

L'attraversamento dei crepacci richiede molta attenzione e passo fermo

I primi passaggi attrezzati verso Forcella Marmolada (© M. Corriero) 
(© M. Corriero)

NOTE

Via ferrata tecnicamente non difficile ma dove le difficoltà sono principalmente quelle ambientali dovendo attraversare nevai e ghiacciai. Essendo una via di cresta in quota deve essere affrontata con meteo stabile in quanto con una perturbazione le condizioni mutano repentinamente da estive ad invernali. Dopo lo smantellamento dell’impianto di risalita l’avvicinamento e il rientro sono molto lunghi e le condizioni delle attrezzature mostrano la loro età.

Il rientro avviene attraverso l'insidioso ghiacciaio della Marmolada (© M. Corriero)

DISCESA

Per scendere si segue la via normale che non è altro che un agevole e largo sentiero lungo l’erboso versante nord che rapidamente riporta alle stazioni a monte degli impianti. Il rientro avviene lungo la stessa via di andata (0h30’).

NOTE

Ferrata breve e tecnica con passaggi vari (camini, traversi, placche, balzi, spigoli) che rendono la salita divertente e mai banale. Il cavo, in buone condizioni, è sempre ben teso. Difficoltà ambientale: roccia a tratti scivolosa dopo precipitazioni.

Concludere una ferrata è sempre di grande soddisfazione (© M. Corriero) 
Un adrenalinico spigolo aereo (© M. Corriero) 

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.