Proposte verticali Le vie mitiche della Marmolada / Falesie around Marmolada / Val Franzedaz News. Alcune proposte multipitch Indoor Indoor Move: Il Paddle. Tracciare e affrontare affascinanti lanci con rimbalzo Il Graffio Three medaglia is meglio che one? Patagonia Eagle Team Dall’Astrofisica alla Patagonia! Alessandra Prato racconta la sua esperienza con il CAI Eagle Team
Dal presente al futuro Marmolada, tra etica e storia: dai primi approcci all’apertura di Ego Land / Ego Land, la libera che vede concretizzarsi un sogno / Sara Avoscan e Omar Genuin ITW Marmolada a 360° Marmolada, la regina che crolla / Passeggiando sotto la Sud / Una vita al cospetto della Parete Sud! / Rifugio Contrin, nel cuore della storia dolomitica / La sentinella della Marmolada / Tomorrow’s World, la mecca delle picche!
Dal passato al presente La Marmolada e gli ultimi cavalieri Jedi… / 50 anni di Marmolada / La visione e l’etica ferrea di Rolly! / La Marmolada di Philippe / Sul Pesce (con i clienti)… e tanto altro! / Sulla Sud con Bobo / La mia storia sulla Sud della Marmolada / Marmolada 3.0 (il 2.0 per me era dieci anni fa) / Regale solitudine / Hansjörg Auer Focus Madre Roccia / La Madre Roccia di Iris Bielli / Massimo Faletti ITW
SUD
COMPROMISES
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Sommario
004 Editoriale di Alberto Milani ed Eugenio Pesci
DAL PASSATO AL PRESENTE
006 La Marmolada e gli ultimi cavalieri Jedi… di Maurizio Giordani
012 50 anni di Marmolada di Igor Koller
016 La visione e l’etica ferrea di Rolly! a cura di Alberto Milani
028 La Marmolada di Philippe di Philippe Mussatto
034 Sul Pesce (con i clienti)… e tanto altro! a cura di Alberto Milani
040 Sulla Sud con Bobo Alessandro Rudatis ITW a cura di Eugenio Pesci
044 La mia storia sulla Sud della Marmolada di Matteo Della Bordella
048 Marmolada 3.0 (il 2.0 per me era dieci anni fa) di Federica Mingolla
050 Regale solitudine di Carlo Caccia
054 Hansjörg Auer nel ricordo del suo amico e traduttore Luca Calvi di Luca Calvi
FOCUS
056 Madre Roccia di Maurizio Giordani
057 La Madre Roccia di Iris Bielli - Intervista alla giovane arrampicatrice dei Ragni di Lecco a cura di Alberto Milani
060 Massimo Faletti ITW a cura di Eugenio Pesci
DAL PRESENTE AL FUTURO
062 Marmolada, tra etica e storia: dai primi approcci all’apertura di Ego Land di Bernardo “Berni” Rivadossi
066 Ego Land, la libera che vede concretizzarsi un sogno di Luca Bana
068 Sara Avoscan e Omar Genuin ITW a cura di Eugenio Pesci
MARMOLADA A 360°
072 Marmolada, la regina che crolla di Roberto Sergio Azzoni
074 Passeggiando sotto la Sud di Eugenio Pesci
076 Una vita al cospetto della Parete Sud! La testimonianza di Dante Del Bon, da decenni gestore del Rifugio Falier a cura di Alberto Milani
080 Rifugio Contrin, nel cuore della storia dolomitica Intervista a Francesca Debertol a cura di Eugenio Pesci
082 La sentinella della Marmolada a cura di Alberto Milani
086 Tomorrow’s World, la mecca delle picche! Angelika Rainer presenta la falesia di dry-tooling più famosa (e dura!) al mondo di Angelika Rainer
PROPOSTE VERTICALI
090 Le vie mitiche della Marmolada di Maurizio Giordani
094 Falesie around Marmolada Recenti novità e proposte classiche di Alessandro Rudatis, Eugenio Pesci e Federico Dell’Antone
100 Val Franzedaz News Alcune proposte multipitch around Marmolada di Alessandro Rudatis, Eugenio Pesci e di Federico Dell’Antone
INDOOR
106 Indoor Move: il Paddle Tracciare e affrontare affascinanti lanci con rimbalzo di Alessandro Palma IL GRAFFIO
109 Three medaglia is meglio che one? di Andrea Gennari Daneri
PATAGONIA EAGLE TEAM
110 Dall’Astrofisica alla Patagonia! Alessandra Prato racconta la sua esperienza con il CAI Eagle Team di Alessandra Pratoi
VETRINA
118 Proposte prodotti
Editoriale
Marmolada, la Regina delle Dolomiti… e come tutte le regine, unica e maestosa! Questo appellativo non deriva però dal suo essere la montagna più alta dell’intera catena montuosa dolomitica, ma soprattutto per le caratteristiche stesse che la contraddistinguono rispetto alle altre cime circostanti. Il suo versante sud presenta una vertiginosa parete che si sviluppa per mille metri in altezza e un paio di chilometri in larghezza: con tutta certezza la più importante parete calcarea del mondo. Un calcare compatto, grigio e perfetto, che già di per sé la rende un’eccezione tra queste montagne. Su questa parete sono state scritte nei decenni innumerevoli pagine di grande alpinismo, sempre in esplorazione di nuove frontiere, tecniche e non di rado legate a momenti epici, che hanno visto protagonisti grandi arrampicatori come Luigi Micheluzzi, Gino Soldà, Armando Aste, Reinhold Messner, Alessandro Gogna, Heinz Mariacher e Luisa Iovane.
Testo Alberto Milani ed Eugenio Pesci
Sul suo versante nord troviamo invece uno dei ghiacciai più famosi delle Alpi, via di accesso abbordabile per gli alpinisti principianti che vogliono raggiungerne la cima, ulteriormente addomesticata da una funivia che porta fino ai 3.265 metri di Punta Rocca, non lontana dalla più alta Punta Penia. Un ghiacciaio che nell’era del cambiamento climatico ha però saputo mostrare gli aspetti più feroci e severi dell’alta montagna, con lo spaventoso crollo che nel 2022 causò ben undici vittime.
In questo numero ci siamo posti l’obiettivo di ripercorrere l’era moderna della Marmolada, quella successiva all’incirca all’anno duemila, focalizzandoci in particolare sulla sua elitaria parete sud. Una storia raccontata da tanti dei suoi principali protagonisti, concentrandosi anche sulle più recenti aperture: Maurizio Giordani, Rolando Larcher, Alessandro “Bobo” Rudatis, Pietro dal Pra, Massimo Faletti e diversi altri alpinisti di altissimo livello che in Marmolada
hanno avuto modo di mettersi alla prova in diverse occasioni, ricordando anche mostri sacri come lo scomparso Hansjörg Auer.
Un numero che vuole però ricordare anche tutte le altre possibilità che caratterizzano questa montagna oltre alla parete sud. Dalla falesia dry-tooling più dura e famosa al mondo, la Tomorrow’s World, qui descritta da Angelika Rainer, ai rifugisti Dante Del Bon, Carlo Budel, Francesca Debertol, che custodiscono o hanno custodito questi luoghi, alle falesie e ai sentieri che permettono ad arrampicatori sportivi ed escursionisti di vivere a modo loro la Marmolada.
Un viaggio esteso, ricco di stimoli e storie, per approfondire la conoscenza di una montagna mitica, troppo spesso trascurata per l’impegno e la preparazione che richiede agli arrampicatori, ma che, proprio per questo, ha potuto così preservare lo spirito più profondo, etico e rispettoso dell’alpinismo moderno.
Testo Maurizio Giordani
Mi è stato chiesto di scrivere sulla Marmolada, sulla sua parete sud, qualcosa di nuovo che ancora non sia stato detto. Impresa quasi impossibile per me dato che in passato ho scritto e pubblicato sei opere fra libri e guide, oltre a decine e decine di articoli su riveste, blog e post di ogni genere, dedicati a quella magnifica parete, alla sua storia e alle vicissitudini che l’hanno caratterizzata.
sempre fatto. L’approccio odierno è prevalentemente sportivo e ciò ha portato a evitare le situazioni più scomode e rischiose, per una scelta di prestazione pura, considerata più piacevole e gratificante. In questo, naturalmente, non vedo nulla di sbagliato, anzi. Tuttavia, se andiamo a esplorare la questione in profondità, noteremo che la spinta verso l’alto del grado puro in arrampicata ha causato, di contro, un evidente arretramento nello stimolo verso l’avventura, quella con la A maiuscola, dove è l’incognita della cima a dettare i giochi, non la prestazione sul singolo passaggio. Un cambio di direzione che ha una sua logica, ma che ha lasciato senza confronti diretti l’alpinismo di ieri, praticamente abbandonato dopo la morte di Auer, l’ultimo cavaliere Jedi (spero tutti abbiate visto la saga di Guerre Stellari).
Cosa intendo con questo? Cosa sono e chi sono stati i “cavalieri Jedi” in Marmolada?
Vorrei identificarli in coloro che, nella lunga storia della parete, hanno avuto l’intuizione, il coraggio e la lungimiranza di spostare l’asticella verso l’alto, mettendoci però del proprio, differenziandosi, senza seguire sentieri già tracciati da altri.
La Marmolada e gli ultimi cavalieri Jedi…
Èvero che lì, sulle ripide rocce oltre i rifugi
Maurizio Giordani
su Fantasia, Marmolada.
Foto: M. Dell’ Agnola
Contrin e Falier, ho passato buona parte del mio tempo verticale, consacrato alla scalata, quindi farò uno sforzo ulteriore per cercare di guardare oltre. Scusatemi se non ci riuscirò e mi ripeterò. Marmolada 2.0 dovrebbe dare l’idea di una parete attuale, più che mai viva e attiva… ma non credo sia così oggi. Non che la parete sia abbandonata: saltuariamente le cordate più preparate tendono a confrontarsi sulle sue rocce, ripetendo gli itinerari moderni più famosi e impegnativi, specialmente quelli più brevi che non arrivano in vetta. E questo è un primo dato di fatto della Marmolada di oggi: ben poche cordate ormai raggiungono la cima e scendono per il versante opposto, come gli alpinisti del passato hanno
A questo punto devo citare dei nomi, incorrendo di sicuro in errori e dimenticanze – mi si perdoni per questo. Non sono uno storico e nemmeno mi voglio passare per tale, cerco solo di raccontare ciò che su quelle rocce ho appreso scalandole.
Il primo che mi viene in mente è Luigi Micheluzzi che affronta il pilastro sud con i mezzi di cento anni fa… Chi ha ripetuto la via può facilmente immaginare perché l’ho scelto. Nomino di seguito anche Cesare Maestri, che sulla Via Soldà affronta da solo, seppure in autoassicurazione, difficoltà non certo usuali per il suo tempo. Messner non lo posso escludere dato che, anche lui in autoassicurazione, sale da solo la Vinatzer per poi proseguire nell’incognita assoluta di una nuova via su Punta Rocca. Fin qui salite a mio dire eccezionali, anche se altre meriterebbero di essere menzionate, naturalmente. Voglio però fare una selezione profonda e per questo nomino solo marginalmente Castiglioni, Aste, Maffei, Rieser, Vettori, Larcher, Mussato, Della Bordella che sono stati ideatori di veri, magnifici capolavori verticali, nei quali però non riesco a distinguere la caratteristica di eccezionalità unica.
Nel passaggio chiave, un muro grigio compatto con una sottile fessura. Non volevo chiodare, era il gioco, la regola... un ideale. Ma dovevo proteggermi. Chiodi? Friend? Speravo in un miracolo. Trovai solo una piccola macchia umida da un temporale recente. Piantai un chiodo senza convinzione, entrò piano poi urlò – come me – di gioia pura. L’arrampicata poteva continuare.
ALIEN-ZA CON NICOLAS
Dopo Niagara, sognavo un bel muro ripido a sinistra di Piacevole. Con Nicolas, che non conoscevo, affrontai la mia prima apertura qui. Si sentiva un alieno, un estraneo in terra dolomitica così carica di storia. Nel passaggio chiave, un tetto strapiombante. Dubbi, coraggio, superamento. Alcune protezioni miracolose mi aiutarono senza chiodare. Nicolas nel crux strappò una presa... che aveva tenuto per me. Alien-za è un omaggio ai miracoli.
Poi tentai con Hervé a destra di Zulum Babalù, ma la paura mi bloccò. Con Denis sognai un progetto folle verso Punta Penia. Studiai la parete per anni, salii la ferrata con 200m di corda per esplorare il pilastro sommitale, ma capii l’errore.
L’inverno passò a decifrare ogni dettaglio nelle foto. Il sogno della via si fece sempre più vivido: un itinerario elegante, ideale, potente e leggero come i concetti più belli. Nulla avrebbe potuto impedirne la nascita... tranne la realtà.
Quando tornai con Denis e la mia compagna, la sostanza minerale del mondo si impose con violenza: la placca iniziale era troppo compatta, una fessura a sinistra già salita. Rinunciai ancora.
La mia piccola storia con la Marmolada finì così.
Philippe Mussatto, professore di arti plastiche ed artista vive ad Aix-les-Bains, ed è fra i più noti e stimati arrampicatori e apritori francesi di vie di più tiri di altissima difficoltà, nonché autore di importanti topos. Ha aperto alcune vie estreme Marmolada, di cui ci parla in questo articolo.
Philippe Mussatto. Foto: Arch. Mussatto
Piacevole
Punta Rocca
Caratterizzata da un’arrampicata molto bella su placche compatte e difficoltà all’apparenza non eccessive, Piacevole è stata aperta con uno stile severo, utilizzando solo una ventina di chiodi soste incluse, da integrare con clessidre, friend e nut. Una via diretta ed elegante che incrocia più volte Moira, terminando sulla cima del Pilastro Canna d’Organo. Da qui si può scendere in doppia alla grande cengia, per poi seguire le calate di Olimpo, oppure calarsi a nord per poi raggiungere la vetta mediante la Variante del Fischio
Prima Salita: P. Mussatto, R. Duhoux, 01-02.08.2003
Sviluppo: 820m (20L)
Difficoltà: 7a/R4/III ED
Tempo: 8-10 h
Alien-za
Punta Rocca
Situata tra le vie Moira e Canne d’Organo, Alien-za è una via per pochi, dove difficoltà fino al 7c si combinano con l’impegno psicologico richiesto dalle poche e distanti protezioni. Come se non bastasse, la via è stata in parte schiodata dai salitori, che hanno lasciato solo alcuni dei chiodi utilizzati nell’apertura, che quindi devono essere integrati con friend e clessidre. Un centinaio di metri dalla cengia, Alien-za si raccorda con Canne d’Organo da cui si esce, per poi scendere lungo la via Cattedrale oppure raggiungere la vetta per una delle altre vie esistenti.
Prima salita: P. Mussatto, N. Legree, 24-25.07.2006
Sviluppo: 450m (12L)
Difficoltà: 7c/R4/III ED+ Tempo: 10-12 h
Il padre di Matteo, Fabio Della Bordella, scomparso nel 2007, all’uscita della Weg
durch den Fisch
Foto: M. Della Bordella
Matteo a vista sul diedro di 7b della
Weg durch den Fisch
Foto: F. Della Bordella
una volta è una sconfitta che ci dà un sacco di carica ed energia per tornare più allenati e più preparati per questa super via. Il secondo tentativo lo facciamo due anni più tardi, nel 2010: ancora oggi ho il ricordo di alcuni tiri percorsi su quella via come di alcuni dei tiri più ingaggiati, precari e difficili di tutta la mia carriera. Protezioni naturali precarie e ridotte al minimo, roccia perfetta e un mix devastante di libera e passaggi sul cliff, che hanno messo a durissima prova fisico e soprattutto testa. Purtroppo a metà della seconda parte della via, dopo la grande cengia e con ancora cinque o sei tiri da percorrere (di cui un paio con difficoltà importanti) veniamo colti da un forte temporale e siamo costretti a scendere.
Nel 2012 arriva la prima ripetizione, in completa arrampicata libera, della via AlexAnna (aperta da Rolando Larcher con vari compagni), insieme a Giacomo Neri. La riuscita mi tiene col fiato sospeso fino a tre tiri dalla fine, dove sono talmente stanco dai tiri precedenti che quasi vengo beffato dal penultimo tiro di 7b+. Per me è una grande soddisfazione e un’esperienza nuova quella di salire una via così difficile in libera proprio in Marmolada. Poi, il 28 e il 29 dicembre del 2015, visito per la prima volta la Marmolada nella stagione invernale insieme a Luca Moroni. In realtà di invernale c’era ben poco, a parte le giornate davvero corte… ma la via Fortuna mi ricorda di che pasta sono fatte le vie di Maurizio Giordani: una pasta dove non importa quale sia il tuo grado in falesia, su queste vie devi sempre scalare, metterti in gioco e salire tranquillo e concentrato queste placche compatte. Dopo aver percorso la prima parte di Fortuna, gli impegni a casa ci fanno propendere per un’uscita dalla grande cengia lungo la Via Attraverso il Pesce
Negli ultimi anni, complici le spedizioni extraeuropee che mi portano spesso via buona parte dell’estate, le mie visite a questa mitica parete sono diminuite. La parete d’argento e i suoi sogni sono rimasti per un po’ chiusi nel cassetto.
Fino al 2022, quando è arrivato il momento di cominciare una nuova avventura ancora più esaltante delle precedenti: aprire una via nuova in Marmolada. Questa volta ho l’occasione di lasciare il mio segno su questa parete e farlo insieme a due compagni speciali: Maurizio Giordani, uno dei miei miti di gioventù e un alpinista di enorme ispirazione e Massimo Faletti, amico e socio di avventure verticali e non solo… Al nostro trio si aggiunge l’anno successivo Iris Bielli, 19 anni di Merate, talento del CAI Eagle Team, che dà la svolta alla nostra salita… sarà lei a risolvere la sezione chiave di Madre Roccia. La sua prima esperienza di apertura in assoluto le regala un bellissimo 8b aperto con spit a mano, nel bel mezzo della Sud e regala anche una gioia enorme a noi, che la vediamo danzare in parete.
“
MI PIACE PENSARE CHE LA MIA STORIA SU QUESTA PARETE NON SIA ANCORA FINITA E MI PIACE PENSARE ALLA MARMOLADA COME TERRENO D’AVVENTURA A DUE PASSI DA CASA; COME LO È STATO PER ME E PER TANTI ALPINISTI DEL PASSATO, SENZA DUBBIO LO SARÀ PER LE NUOVE GENERAZIONI.
La dellasentinellaMarmolada
Carlo Budel si gode il tramonto dalla Punta Penia. Foto: Coll. Budel
Intervista a Carlo Budel, per anni gestore della Capanna Punta Penia
a cura di Alberto Milani
Se in tempi recenti c’è una persona che mediaticamente ha saputo spostare i riflettori dell’attenzione pubblica sulla Marmolada, questa è sicuramente Carlo Budel!
Carlo è stato per anni il gestore di Capanna Punta Penia, che con i suoi 3.340 metri è il rifugio più alto delle Dolomiti. Ad affascinare è la sua storia personale, che di questi tempi ha saputo ispirare e portare molte persone a riflettere sulla propria vita. Dopo anni di fabbrica, Carlo ha infatti lasciato il posto fisso per la montagna, e la Marmolada in particolare, dove è giunto per vivere un nuovo capitolo della sua vita. Dalla Regina delle Dolomiti ha iniziato a pubblicare sui social bellissime fotografie che hanno fatto crescere rapidamente il numero di follower – ora assestatisi a ben 136k su Instagram – e ha scritto un paio di libri, divenuti dei best seller. Insomma per certi versi un rifugista atipico, molto esposto ai media, in contrapposizione allo stereotipo comune che immagina i rifugisti un po’ come burberi nonni di Heidi, silenziosi e schivi come le montagne che custodiscono.
Carlo era anche presente quando il 3 luglio 2022 il crollo del seracco tolse la vita a undici alpinisti e ha vissuto in prima persona questa grande tragedia della montagna.
Questo stesso episodio è stato una delle cause principali che l’hanno spinto a farsi ulteriori domande sulla propria vita e che pochi mesi fa l’hanno portato alla decisione di chiudere anche questo capitolo, lasciando Capanna Punta Penia. Un personaggio molto seguito, amato, intervistato, di carattere, la cui voce non poteva mancare in questo numero dedicato alla Marmolada.
Carlo, per anni sei stato il custode della Marmolada come gestore di Capanna Punta Penia. Ci puoi raccontare qual è stato il percorso che ti ha portato a gestire la Capanna diversi anni fa?
Quando avevo 15 anni ho mollato la scuola e sono andato a lavorare per due anni per Aurelio Soraruf, proprietario del Rifugio Castiglioni e della Capanna Punta Penia. Dopo diversi anni ci siamo ritrovati e mi ha detto che aveva comprato la Capanna e cercava un gestore. L’ho tirato matto dicendogli che volevo andare su io, ma non si fidava perché bisognava essere esperti dell’andare in montagna. Allora in un mese sono andato sull’Agnèr, sul Pelmo, sull’Antelao, sul Sorapis e gli inviavo i video, facendogli vedere che io ci andavo tanto in montagna. Così si è fidato a mandarmi lassù. Quindi ci sono andato e ho iniziato a usare i social così, per passatempo, la gente ha iniziato a seguirmi sempre di più ed era sempre di più quella che veniva su. Praticamente ho passato lassù sette stagioni, due anni della mia vita in cima a Punta Penia, il punto più alto delle Dolomiti. Mi piaceva stare là. Io amo la Marmolada, l’amerò per sempre ed è stata un’esperienza stupenda, due anni bellissimi. Chi può dire di aver passato due anni sul punto più alto delle Dolomiti?! Io l’ho fatto, anche da solo in molti momenti e ho portato su un sacco di gente da tutta Italia, anche dalla Sicilia. C’è qualcosa di buono che ho fatto.
Cosa ha rappresentato per te la Marmolada?
Per me la Marmolada è la Regina, la montagna più bella e importante delle Dolomiti, ce l’ho nel cuore e resterà sempre
nel mio cuore. A 15 anni ero là sotto e ci sono salito con Aurelio che mi ha portato su la prima volta.
Dal tuo punto di vista che cosa significa essere un rifugista?
Essere un rifugista vuol dire accogliere la gente e farle vivere un sogno. Ho visto arrivare a Punta Penia persone che mi dicevano che non ce l’avrebbero fatta. Io le incitavo ad allenarsi, a prendere una guida alpina e a farcela, come ce la fanno in tanti. Arrivavano lassù, scoppiavano a piangere, si guardavano i tramonti e all’alba erano ancora là che piangevano, perché Punta Penia è Punta Penia. Le persone devi trattarle bene, devi farle mangiare bene. Io facevo loro torte buone, la mattina caffè, tè e una bella fetta di torta.
Essere rifugista vuol dire coccolare le persone, perché resti loro un ricordo per sempre. E io questo l’ho fatto. Così negli anni i visitatori non sono andati a diminuire ma sempre ad aumentare. Molti di quelli che sono venuti su, sono poi tornati tutti gli anni, quindi vuol dire che il mio lavoro l’ho fatto bene. Mi sento veramente orgoglioso e soddisfatto di questo. Devi lasciare un segno dentro alle persone, non devono dimenticare mai quel giorno… Mi sto commuovendo a ricordare tutti quelli che sono arrivati lassù e sono scoppiati a piangere.
Talvolta i rifugisti vengono idealizzati come figure un po’ burbere, di poche parole, distaccate dalla società e dalle sue convenzioni. Per certi versi tu sei stato l’opposto di questo stereotipo. Sei sempre stato molto attivo anche sui social, non hai avuto timori nel parlare della tua storia personale e sei diventato un personaggio molto conosciuto. Oltretutto sei anche l’autore di diversi libri che trattano del tuo rapporto con questa montagna. Alla luce di tutto ciò, cosa significa per te comunicare la montagna?
Di libri ne ho pubblicati tre, uno fotografico, poi ho scritto il primo, La Sentinella delle Dolomiti, e dopo il secondo, 5 Stagioni
E9 BLAT
Per lui, nuova versione del Blat realizzato con quattro diverse texture di velluto, tutte in cotone organico. La base è realizzata con un morbidissimo velluto a costa molto larga, mentre le tasche davanti e dietro e i passanti presentano le altre coste e texture. Il ricamo personalizzato è posizionato nella tasca dietro. Con vita e fondo pantalone regolabili, è il pantalone perfetto per chi cerca funzionalità e originalità. Fit regolare. Made in Italy. www.e9planet.com
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Trango Alpine GTX
Trango Alpine GTX rappresenta un ulteriore passo nel riposizionamento tecnico della famiglia Trango. Punto di riferimento da oltre 30 anni, la linea si distingue per leggerezza, uso di mescole grippanti e una precisa adattabilità per permettere una progressione precisa, confortevole e sicura sui terreni più impervi. Il nuovo modello combina il design tradizionale della linea Trango con materiali tecnici e innovativi e punta a posizionarsi come lo scarpone da alpinismo per eccellenza grazie al perfetto bilanciamento tra tecnicità, durabilità e leggerezza. La tecnologia 3D Flex System Evo™ con protezione anatomica della caviglia sostiene il piede senza ostacolare i movimenti, per darti più sicurezza su placche, pendenze aggressive e terreni accidentati. L’inserto posteriore in TPU ti permette di agganciare i ramponi con facilità, mentre la suola ammortizzante Vibram® Cube Evo e la Climbing zone sulla punta ti danno più precisione negli appoggi e un’ottima aderenza per arrivare ancora più in alto. Realizzati con un mix di materiali comodi e soluzioni tecniche innovative, i Trango Alpine GTX sono perfetti per chi si avventura sulle vette più alte. www.lasportiva.com
Vetrina prodotti
Versante Sud
Colibrì
Colibrì è una coloratissima custodia per le vostre guide, un compagno leggero e divertente per tenere al sicuro la guida duranti i vostri viaggi verticali. Realizzato in spesso nylon e prodotto in Italia Colibrì è disponibile in quattro diverse colorazioni e vi seguirà nelle esplorazioni alla ricerca di falesie, vie e blocchi, custodendo le vostre guide! www.versantesud.it
Ande
Nibbio Rope Bag
Pratica e versatile sacca porta-corda, la Nibbio Rope Bag di Ande è un ibrido derivante dall’incrocio tra uno zaino, sacca porta-corda e un sacco da recupero.
Adatta all’utilizzo in falesia, quanto in via è pensata come piccolo sacco da recupero, particolarmente utile durante i lavori di apertura o pulizia di vie a più tiri. Realizzata in robusto e durevole Nylon 1000D, la Nibbio Rope Bag è dotata di comodi spallacci imbottiti, che consentono di indossarla come zaino durante gli avvicinamenti, ma con la possibilità di sganciarli e nasconderli nello schienale.
Una volta arrivati in falesia, aprendola si estrae un ampio telo proteggi-corda, completamente rimovibile tramite bottoni a pressione, così da usarla nel suo modo più tradizionale per l’arrampicata sportiva. Pratica e rapida chiusura dell’apertura superiore tramite coulisse. La chiusura tramite una fibbia in alluminio e una pratica e robusta zip perimetrale consente di accedere all’interno anche lateralmente raggiungendo il materiale che si trova sul fondo o a metà, senza dover svuotare l’intero contenuto della sacca.
Le due robuste asole di fettuccia poste ai lati dell’apertura superiore, consentono di appendere comodamente la sacca in sosta, o di recuperarla.
ande.it
Versante Sud
Pane e roccia
Curare la propria alimentazione favorisce un maggiore benessere generale e può migliorare concretamente le prestazioni sportive, permettendo di ottenere un corpo più performante e mentalmente più vigile. In montagna questo si traduce in attività più piacevoli e sicure a tutti i livelli.
I consigli nutrizionali riportati in Pane e roccia sono frutto di studi e quotidiana pratica professionale ma anche di esperienze dirette su sentieri, pareti di roccia o resina e sulla neve. Il manuale affronta tutto in chiave sia “onnivora” che vegana ed è diviso in sezioni così che il lettore possa dedicarsi a quelle di maggior interesse. www.versantesud.it
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