UP CLIMBING #29 - BERGAMO

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VALLI BERGAMASCHE

Spiranelli / Maurizio Tasca / Tiraboschi

Indoor Orobia Climbing / La palestra

Palamonti ieri e oggi Vertical Tale Cimo a Cornalba. Le imperdibili avventure bergamasche del leggendario tappezziere volante

Scialpinismo nell Orobie Omar

Oprandi ITW Proposte Albania Discovery Tour Eventi Finale For Nepal. Presentiamo la nuova edizione “Respect Love” / Palestina verticale

STORIA DI COPERTINA

EDIZIONI VERSANTE SUD

Ricordi di alpinismo bergamasco / Accadde a Cornalba / Le Orobie, la mia terra / Vitale Bramani e la Presolana / Balikwas. Corna delle Quattro Matte Falesia Magic moment: falesie e exploits bergamaschi Multipitch Presolana Mon Amour Personaggi Bergamo Vertical People / Giangi Angeloni / Luca Bana / Marco Birolini / Andrea Locatelli / Rosa Morotti / Yuri Parimbelli / Ennio

#29 | mar/apr 2024 8.00 €

in edicola il 20 marzo 2024 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

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#citizensofthemountain Elias Iagnemma , Fountainbleau.

Sommario

004 Editoriale di Eugenio Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 Ricordi di alpinismo bergamasco di Paolo Panzeri

010 Accadde a Cornalba di Simone Moro

FALESIA

014 Magic moment: falesie e exploits bergamaschi Tra storia, evoluzione e attualità di Luca Bana

MULTIPITCH

034 Presolana Mon Amour Un viaggio nello spazio, nel tempo e nelle emozioni di Maurizio Panseri

STORIA DI COPERTINA

048 Le Orobie, la mia terra di Omar Oprandi

050 Vitale Bramani e la Presolana di Matteo Bertolotti

PERSONAGGI

054 Bergamo Vertical People a cura di Eugenio Pesci

055 Giangi Angeloni

058 Luca Bana a cura di Carlo Caccia

064 Marco Birolini

066 Andrea Locatelli

068 Rosa Morotti

072 Yuri Parimbelli

076 Ennio Spiranelli

080 Maurizio Tasca

084 Gian Andrea Tiraboschi

STORIA DI COPERTINA

086 Balikwas

Corna delle Quattro Matte di Luigi Berio

INDOOR

088 Orobia Climbing di Carlo Schiantarelli

090 La palestra Palamonti ieri e oggi di Enrico Canali

VERTICAL TALE

092 Cimo a Cornalba

Le imperdibili avventure bergamasche del leggendario tappezziere volante di Carlo Caccia

SCIALPINISMO

096 Scialpinismo nelle Orobie Omar Oprandi ITW a cura di Niki Oprandi

PROPOSTE

102 Albania Discovery Tour di Simone Pedeferri e Tommaso Garota

EVENTI

112 Finale For Nepal

Presentiamo la nuova edizione “Respect Love” a cura di Claudia Colonia

STORIA DI COPERTINA

114 Palestina verticale di Emanuele Avolio

VETRINA

118 Proposte prodotti

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Bruno “Camos” Tassi Peter Pan 8a - 1986, foto storica e simbolica. Foto: G.M. Besana.
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Editoriale

Editoriale

Era il 1984 circa.

Accadde a Cornalba. Ma prima ancora accadde in Presolana. Poi accade sulle Alpi e in giro per il mondo su tante diverse montagne.

L’arrampicata e l’alpinismo bergamaschi hanno sempre avuto un ruolo di primo piano nel contesto nazionale, e non può essere un caso che proprio da Cornalba, un vero tempio internazionale dell’arrampicata su calcare, sia partito un intero movimento, a metà degli anni Ottanta, animato da Bruno Tassi, dai suoi due principali allievi, Simone Moro ed Emilio Previtali, e da tanti altri, da Vito Amigoni a Gian Andrea Tiraboschi, a Giangi Angeloni, in una continuità sportiva verticale che ha visto poi protagonista Yuri Parimbelli, fino a Luca Bana e Andrea Locatelli.

Una storia decantata in tante pagine ed immagini quella di Cornalba, come pure quella della Valle dei Mulini, con i suoi cattivi muri verticali: perciò qui non ci dilungheremo troppo su questi luoghi, cercando invece di dare un quadro un po’ più originale delle attività verticali nelle valli bergamasche, cercando di dare spazio a tante voci.

Il territorio sportivo circostante Bergamo offre da molti anni numerosissime possibilità espressive ad arrampicatori di ogni livello, fra l’altro con terreni assai differenti, dalla placca pura ai grandi strapiombi, su una pietra in genere di ottima qualità. In questo viaggio ci guiderà proprio Luca Bana, coadiuvato dai testi tecnici di Yuri Parimbelli.

Ma la storia verticale bergamasca parte da lontano e, come ovvio, trova nel massiccio simil dolomitico della Presolana il suo luogo elettivo, senza peraltro dimenticare altre montagne come il Monte Alben, l’Arera, il solitario Cimone della Bagozza, a suo tempo visitato da Bramani e Cassin.

Sarà dunque necessario sentire i protagonisti di tante vicende e vie aperte sulla Presolana nelle diverse epoche, dando al contempo un quadro tecnico aggiornato, tramite l’esperta penna di Maurizio Panseri.

E poi le interviste a diversi storici protagonisti, con un occhio speciale per Rosa Morotti, la cui attività alpinistica di alto livello può fare impallidire molti per varietà e ricchezza.

Non manca una visuale sintetica dell’indoor bergamasco, con la sua storia e le sue problematiche, e le sue due note palestre.

Ancora arrampicata nella parte generalista: dalle novità in Albania a quelle in Palestina, terra la cui attualità decisamente tragica è sotto gli occhi di tutti. Ma abbiamo anche una sorpresa: un primo articolo di sci-alpinismo, a cui ne seguiranno altri, curati da Omar Oprandi, con riflessioni, proposte tecniche e itinerari assai interessanti.

L’inverno se ne sta andando, Up climbing raggiunge il suo quinto anno di vita… e di questa meta non scontata ringraziamo tutti i nostri fedeli ed attenti lettori!

Presolana Occidentale Parete Nord, Spigolo Nord-Ovest.

Foto: Arch. Panseri

5 Editoriale

Falesia Magic moment: falesie e exploits bergamaschi

Maurizio Tasca

Anche Dio era uno di noi 8b+ - Scudo di Amora - 2017.

Foto: Davide Locatelli

Luca Bana Rap futuristico, 8c+ (Onore).

Foto: Marco Bana

riporto con piacere la presenza di un gruppo di forti giovani climber locali che ultimamente sta portando una bella ventata di energia al movimento arrampicatorio della Valle, ispirati e spronati dall’evergreen Amigoni: la raggiante nuova scuola che, sulle orme della vecchia, si confronta con il passato e lo rende ancora attuale. A pochi chilometri di distanza dalla Valle dei Mulini, i tetti di conglomerato in quel di Onore rappresentano, da una ventina di anni a questa parte, un ottimo terreno per testare il braccio di tutti quei climber che apprezzano le forti pendenze. In tema di recenti salite significative, cito la storica placca aleatoria (sì, avete letto bene: placca, alquanto inusuale per lo stile

della falesia) di Abo (8c), chiodata da Maurizio Arosio nell’ormai lontano ’89 e liberata dal sottoscritto nel 2021, nonostante l’aleggiare di misteriose e improbabili salite mai confermate, infine ripetuta nell’estate 2023 da Andrea Locatelli. Al settore alto del grottone, invece, spiccano le prime salite, sempre ad opera del sottoscritto, di alcune linee che vanno a piazzarsi sul podio delle vie più dure della falesia: nel 2021 la super intensa Rap futuristico (8c+), chiodata da Matteo Piccardi, mentre nel 2023 l’estenuante tetto atletico di Gran Riserva (8c/c+), attrezzato da Ernesto Cocchetti, e la logica connessione di Dimensioni orizzontali (8c), ripetuta successivamente anche dal giovane Locatelli. Oltre ai numerosi siti storici sopracitati, e tra i siti storici ci colloco anche Valgua, in alta Val Seriana c’è poi una falesia che spicca su tutte per il concentrato di itinerari di alta difficoltà. Mi riferisco al Passo della Presolana dove, al settore Foppella, attrezzato nel 2003 da Roby piantoni e soci, si aggiungono nel 2016 altri cinque settori di ottimo calcare, frutto del lavoro di Berni Rivadossi, del sottoscritto e dell’instancabile Giacomo Damiola. Qui infatti, insieme a Berni, chiodo e libero molti itinerari estremi che diventano poi di riferimento per l’arrampicata di alto livello nella bergamasca e non solo. Oltre ai numerosi 8c e 8c+ che non riporto per questione di spazio, menzione d’onore va a Moon Landing, la vera king line della falesia, linea che segue in diagonale verso sinistra un imponente pilastro strapiombante lavorato a tacche e buchi: attrezzata dal collaudato duo Bana-Rivadossi, viene liberata da Stefano Carnati nel luglio 2020 e ripetuta da Gabri Moroni nel settembre dello stesso anno e infine dal sottoscritto a luglio del 2021. Senza dubbio una delle vie più estetiche e dure in territorio bergamasco.

Non molto lontano dal Passo della Presolana, alla Corna Rossa di Bratto il muro leggermente strapiombante del settore Solarium, piccola gemma scovata e sviluppata da Gianni Tomasoni una buona decina di anni fa, offre alcune lunghezze interessanti, le più impegnative con difficoltà fino all’8b+ liberate dal sottoscritto e ancora in attesa di ripetizioni. Anche la falesia di Amora, vicino a Selvino, offre un’arrampicata di precisione ed esigente sulle dita: qui, nel 2016, Maurizio Tasca riprende in mano il lavoro iniziato da Andrea Gelfi sviluppando il resto della parete e liberando la maggior parte dei tiri esistenti, alcuni dei quali sopra il grado 8, come l’aleatoria e severa linea di Anche Dio era uno di noi (8b+). Si è parlato di storia ma anche delle numerose recenti salite di rilievo, le più importanti, a testimonianza che nelle Valli bergamasche l’arrampicata è in costante espansione.

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“ QUESTO FENOMENO È DOVUTO IN PRIMIS AL LAVORO DI GENTE APPASSIONATA CHE CHIODA E SVILUPPA NUOVI SITI (OLTRE A MANTENERE QUELLI ESISTENTI), SENZA IL QUALE SI ASSISTEREBBE AD UNA CONGESTIONE DI CLIMBER NEI SOLITI POCHI POSTI DI VECCHIA DATA, MA ANCHE ALLE NUOVE GENERAZIONI (ANCHE NON PIÙ NUOVE) CHE CONTRIBUISCONO AD ALZARE COSTANTEMENTE L’ASTICELLA DELLE DIFFICOLTÀ.

Grazie anche alla proliferazione delle grandi sale indoor, il bacino d’utenza si allarga esponenzialmente, il che si traduce in un numero sempre maggiore di ragazzi che si approcciano all’arrampicata e, per la legge dei grandi numeri, di giovani emergenti pieni di talento: al momento, tuttavia, la maggior parte di questi spinge sull’acceleratore nel mondo delle competizioni, motivo per cui i nomi accostati alle salite top nella bergamasca sono gli stessi da qualche anno a questa parte. Vedremo se si assisterà anche ad un maggiore interesse per la roccia nel breve periodo: il futuro del climbing orobico non può che promettere bene.

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Falesia Magic moment: falesie e exploits bergamaschi

San Vigilio

Questi due settori sono stati attrezzati da Giacomo Damiola e dal gruppo Graffiti Climbers e sono l’ideale per chi vuole divertirsi arrampicando su lunghezze di media difficoltà in un ambiente panoramico. L’esposizione favorevole rende frequentabile la falesia anche d’inverno. Nonostante l’altitudine abbastanza elevata è sconsigliata la frequentazione in estate. Alcune lunghezze sono veramente entusiasmanti.

ACCESSO

Raggiungere Rogno percorrendo la statale della valle Camonica, attraversare il paese e seguire le indicazioni per la frazione di San Vigilio. Raggiunto l’abitato, in prossimità di un parco giochi, si trova un parcheggio dov’è possibile lasciare l’auto.

Proseguire ora per pochi metri fino a incontrare una mulattiera che si trova a sinistra. Seguire la mulattiera che, divenendo poi sentiero, conduce al primo settore in 20 minuti e successivamente al secondo (30 minuti).

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Falesia di San Vigilio SAN VIGILIO Settore Bon Bon San Vigilio Rogno Testi Yuri Parimbelli

SETTORE CALEIDOSCOPIO

1. ERA MEGLIO MORIRE DA PICCOLI 6a 22m

Placca grigia e muretto

2. OCA CIGNOIDE 6a+ 22m

Placca grigia e muro giallo ben appigliato

3. CALEIDOSCOPIO L1 6b 20m

Bellissimo tiro di continuità, da non perdere L2 6c+ 24m

Passo fisico in leggero strapiombo

4. SCARY MOVIE 6c 22m

Bellissima placca tecnica con canna finale

5. STRINGI IL CAPEZZOLO 6c+ 22m

Bellissimo tiro di continuità. Da non perdere

6. PER UN PELO 7a 22m

Lunghezza varia e molto divertente

7. REALITY SHOW 7b+ 20m

Difficile passo d’ingresso e sequenza impegnativa

8. OCCHIO 6b 22m

Passo iniziale difficile poi continuità su buone, molto bello

9. VARIANTE OCCHIO... 6c 22m

Placca di movimento e finale tecnico

10. SENZA NOME 6c 28m

Strapiombino iniziale poi bellissima placca

11. SENZA NOME 6c+ 28m

Fessura diedro iniziale e muretto di continuità

12. SEI CONNESSO 7b+ 28m

Bellissima lunghezza di resistenza con finale di dita

13. SENZA NOME 6c+ 26m

Discontinua ma interessante strapiombino e placca

14. SENZA NOME 6b 26m

Muretto iniziale, riposo poi tacche e gocce

SETTORE LA GRANDE BELLEZZA

1. VAQUITA 5c 22m

Breve muro verticale e poi placca appoggiata

2. VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA 6a 30m

Muretto iniziale e placca appoggiata

3. MEZZA LUNA 6c 27m

Diedro fessurato e placca di movimrento

4. IL DUCA DEGLI ABRUZZI 7b 27m

Prima parte con la precedente poi muro intenso

5. LA GRANDE BELLEZZA 7a 28m

Bellissimo tiro su spigolo aereo. Da fare

6. PANDA L1 6a+ 24m

Bellissimo tiro vario e divertente L2 7a 27m

Breve sequenza di dita

7. LEO C’È 6c 27m

Vario con bella placca finale

8. IMPUT 6c 8m

Breve e intenso muretto

9. SENZA NOME 6b 24m

Divertente placca grigia

10. PELLE DI VIPERA 5c 20m

Lavorata e divertente

11. MILONGA 6a 20m

Placca grigia di movimento

12. SENZA NOME 5c 20m

Ben appigliata e divertente

13. PANORAMICA 6a 18m

Muretto grigio poi placca margine del grande buco

SETTORE LA GRANDE BELLEZZA

21 Falesia Magic moment: falesie e exploits bergamaschi 6a 6a+ 6b 6c+ 6c 6c+ 7a 7b+ 6b 6c 6c 6c+ 7b+ 6c+ 6b 05 04 03 02 01 06 07 08 09 10 11 SETTORE CALEIDOSCOPIO 12 13 14
5c 6a 6c 7b 7a 6a+ 7a 6c 6c 6b 5c 6a 5c 6a 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13

Presolana Mon Amour

34 Multipitch

Un viaggio nello spazio, nel tempo e nelle emozioni

Un viaggio nello spazio. Da qui ha inizio il nostro vagabondaggio nelle geografie barocche della Regina delle

Orobie: la Presolana. Ma prima di avventurarci per ghiaioni e creste, spigoli e pareti, vorrei portarvi in volo attorno a queste bastionate di calcare che chiudono le Prealpi

Bergamasche e si affacciano sulle austere Alpi Orobie. Vorrei introdurvi al suo reame selvaggio e misterioso, un mondo sospeso che scopriremo insieme, sfiorando la stessa roccia e posando lo sguardo sulle medesime meraviglie, in un gioco verticale fatto di appigli e di appoggi, di equilibri, di fatiche e di gioia.

Oggi l’aria è frizzante. Lievi vapori risalgono dal fondo delle vallate. Il cielo è terso, come può esserlo solo in queste giornate in cui l’inversione termica schiaccia il vapore al suolo, regalando paesaggi quasi marini. Le montagne, come isole, sbucano da un mare di ovatta. In certi giorni la Presolana ci appare come una scogliera che si erge a contrastare l’avanzare di un mare di nuvole. Onde di vapore salgono e scendono lungo il versante sud sino a lambirne le rocce. La Regina delle Orobie emerge con il suo corpo allungato e sospeso tra la Valle Seriana e la Val di Scalve, fome e profili che la fanno riconoscere da ogni punto la si guardi. Una lunga cresta a separare i due volti della montagna e le valli che la cingono e la proteggono. Una cavalcata lunga un giorno, perfettamente sospesi tra ombra e luce, ci attende. Lungo quella linea, al limitare del cielo, è possibile camminare ed arrampicare, percorrendo l’intera montagna, scrutandone dall’alto il tetro versante nord e le solari pareti sud. Questo sinuoso profilo prende forza dalle Creste di Valzurio, a nord i Giganti delle Orobie, a sud l’altopiano di Clusone, da qui partiamo e lentamente percorriamo la teoria di cime di questo massiccio. La Presolana di Castione: la sua compatta parete sud precipita verso i ghiaioni della Val dei Mulini; nell’ombra la più alta parete del massiccio si inabissa a nord chiudendo la Valzurio. La Presolana Occidentale: la più alta, da dove si iniziano a scorgere le acque del lago d’Iseo, le sue pareti a meridione prendono forza dal ventre della montagna, dalla grotta dei Pagani, punto di passaggio obbligato per chi vuole salire in vetta dalla via normale; mentre a settentrione, oltre il cengione Bendotti, si nasconde uno scudo compatto e verticale, la vertiginosa Nord. La Presolana del Prato: la più bassa e dimessa, comunque ben riconoscibile per l’ampio prato che ne copre la vetta e le solari placche che scendono verso la Cappella Savina. La Presolana Centrale: con i suoi eleganti spigoli meridionali catalizza l’attenzione degli alpinisti e degli escursionisti; mentre a nord nasconde grandi pareti solitarie e schive, divise dallo spigolo nord che separa nettamente la conca del Foppone da quella del Polzone. La Presolana Orientale: con le sue placconate solari, striate di grigio e di giallo, se ne sta arroccata in cima ad un dedalo di canali, chiusa ad oriente dalla cuspide del Visolo. Infine, l’angolo più appartato si disvela ai nostri occhi: il massiccio Torrione delle Quattro Matte e le affilate guglie che gli han dato il nome, sono sotto di noi. Sullo sfondo, velata dalle nubi, si stende l’intera Valle di Scalve, un mondo a se incastonato nel cuore delle Orobie, oltre lo sguardo arriva sino ai ghiacciai dell’Adamello.

35 Multipitch
Alessandro Ceribelli su Grande Grimpe - L3 Foto: Maurizio Panseri

LE VIE MODERNE

Presolana Occidentale – Parete Nord

Un giardino per Gianmario

Ruggero Andreoli, Gregorio Savoldelli, D. Filosi, F. Gualini, luglio 1987

Prima invernale: Gregorio Savoldelli, Gianni Forchini

Sviluppo: 430 m. (13L)

Difficoltà: 6c (6a+ obb.)/RS3/IV

Tempo: 7/8 h

Materiale: 12 rinvii, scelta di dadi e friend, cordini e due corde da 50m.

Pur mantenendo uno stile alpinistico è la prima via sulla Nord dove sono stati utilizzati gli spit. Tra quelle moderne, dopo Miss Mescalina è sicuramente la più abbordabile, attrezzata in modo abbastanza sicuro con chiodi, spit e clessidre. Nell’autunno del 2008 è stata verificata tutta la chiodatura, sono stati sostituiti gli spit e sono state attrezzate le soste, il tutto con fix da 10 mm lunghi 11 cm e dotati di un anello passa corda alle soste. La roccia è da buona a ottima, la linea di salita segue una serie di fessure e piccoli strapiombi e uno splendido diedro all’ottava e nona lunghezza.

Attacco: Da Carbonera di Colere si sale al rifugio Albani (2h), da qui puntare allo Spigolo Nord-Ovest (Spigolo Castiglioni) seguendo il sentiero che risale il Mare in Burrasca, dopo la corda fissa, si sale alla base della parete per poi scendere lungo la cengia sino a un cavetto metallico, che si segue sino all’attacco della via (dal rifugio 30’). Attenzione a non salire al chiodo con cordino di Sim sala bim, ma salire e obliquare a destra fin sotto uno strapiombo.

Relazione:

L1: 20m 6b+. Diritti e in obliquo a destra rimontare uno strapiombino verso sinistra e poi placca verso destra.

L2: 20m 6b+. Verso destra alcuni metri e rimontare lo strapiombo verso sinistra. Proseguire con continui spostamenti a sinistra puntando ad un diedro.

L3: 15m 6c. Superare un piccolo tetto e poi placca sostenuta, sino a sostare sotto uno strapiombo.

L4: 30m 5c. Alcuni metri a destra e si risale lo strapiombo, quindi proseguire in placca sino ad una nicchia.

L5: 35m 5c. Traversare in orizzontale a sinistra, salire delle fessure verticali e quindi tornare a destra su placche, sino a sostare su una cengia.

L6: 30m 6a. Proseguire in diagonale verso destra per placche e lame compatte.

L7: 35m 6b. Aggirare lo strapiombino e salire le placche soprastanti, interrotte da un tetto.

L8: 40m 6c. In obliquo a sinistra e poi placca compatta sino al diedro che si risale sino alla sosta.

L9: 40m 6a. Si continua nel diedro per poi uscire verso sinistra.

L10: 40m 4a. Si obliqua a sinistra su rampa di roccia compatta al margine del GIARDINO e della fascia strapiombante che resta a destra. Si sosta in una nicchia.

L11: 45m 5c. In orizzontale a sinistra poi si risale una placca e il successivo diedro.

L12: 50m 4a. Si prosegue per il canale camino.

L13: 30m. Risalire facili roccette sino al Cengione.

Discesa: la discesa in doppia sulla via è problematica, impossibile dopo la S8. Se si giunge sul cengione scendere camminando verso sinistra seguendo, con attenzione, la traccia sempre più esposta, segnata da bolli scoloriti e da alcuni chiodi ed anelli passacorda sino ad una cengia sempre più stretta, infine dotata di un cavo, sino al suo termine dove, con quattro brevi doppie inframezzate da alcuni tratti a piedi, ci si cala ai ghiaioni basali.

44 Multipitch Presolana Mon Amour

Presolana Occidentale – Parete Sud

Un Pensiero per Amos

Alessandro Conti e Giacomo Colombo nei primi anni 2000

Sviluppo: 145 m (5L)

Difficoltà: 6a+ (6a obbl.)/S2/II

Tempo: 3-4 h

Materiale: rinvii, cordini, eventualmente friend piccoli, 2 corde da 60 m

L’itinerario è senza dubbio uno dei più belli della Presolana. La soddisfazione al termine della salita sarà garantita. L’arrampicata si svolge su bellissime placche alternate a muri verticali a buchi; le difficoltà non sono mai eccessive ma la chiodatura, ottima a fix, è ravvicinata solo nei tratti più impegnativi. Attacco: dal Passo della Presolana si sale al Bivacco Città di Clusone per poi proseguire verso la Grotta dei Pagani da dove, sulla destra si imbocca la via Normale, che si segue fino a un’altra grande grotta (Grotta delle Farfalle) alla cui sinistra si trova una placca gialla molto lavorata (45’ dal bivacco). Su di un masso è presente una freccia e scritta gialla Un pensiero per Amos. Poco più a sinistra si trova l’attacco della via Champenoise

Relazione:

L1: partenza su placca tecnica, poi spostarsi un po’ a sinistra e superare il muretto giallo. Con un impegnativo traverso a sinistra si raggiunge la sosta (2 fix+cordone+moschettone di calata). 30 m, 6a, 5a, 5c, 7 fix.

L2: partenza ancora per placca non banale (primo fix lontano). Spostarsi un po’ a sinistra e salire per lame e fessurine fino alla sosta (2 fix+cordone+moschettone di calata+chiodo) in comune con la via Champenoise. 20 m, 5c, 6a+ oppure 6a e A0, 5c, 5 fix. L3: salire il pilastrino sopra la sosta fino a una terrazza detritica (attenzione ad una lama/ spuntone di dubbia tenuta da maneggiare con cura!). Spostarsi a sinistra sotto una placca nera strapiombante. Salirla fino all’enorme clessidra e poi uscire verso destra portandosi sul terrazzino detritico dove si sosta (2 fix+cordone+moschettone di calata). 30 m, 6a, 8 fix, 1 chiodo. L4: risalire l’evidente fessura e poi superare la lunga placca fin sotto il pilastro finale delimitato, sia a destra che a sinistra, da due

canalini. La sosta (2 fix+cordone+moschettone di calata) è proprio alla base del pilastro. 45 m, 5c, 5b, 7 fix, 1 clessidra con cordone. L5: superare il breve pilastrino obliquando, dopo i primi metri, verso destra. Non uscire dal facile canale ma continuare fino alla fine del pilastro. Per facili rocce si raggiunge l’ultima sosta (2 fix+cordone+moschettone di calata). 20 m, 6a, 6 fix, 1 clessidra con cordone.

Discesa: in doppia sulla via oppure, per facili rocce (circa 120 m, I), raggiungere la cresta della Presolana Occidentale che, seguita verso Ovest (sinistra), porta in breve alla croce.

L4: 25m 6b+. Diritti per placche erose a buchi, quindi tettino e fessura.

L5: 25m 6a+. Verso sinistra per placche.

L6: 20m 6c. Salire placche compatte intervallate da due bombè, si sosta a sinistra.

L7: 25m 6b. Proseguire diritti e superare due piccoli tetti, infine verso destra a sostare sul terrazzo in comune con lo Spigolo Nord

L8: 35m 5c. Aggirare lo spigolo a sinistra, continuare in diagonale e per placca e cengette si raggiungere la sosta.

Presolana Occidentale – Parete Nord Miss

Mescalina

Antonello Moioli, Paolo Capponi, Stefano Coter, estate 1991

Prima invernale: Silvio Fieschi, Alessandro Ruggeri

Sviluppo: 260 m. (10L)

Difficoltà: 6c (6b obb.)/S2/II

Tempo: 6 h

Materiale: 15 rinvii, cordini e due corde da 60m. Dopo lo Spigolo Castiglioni è sicuramente la via più ripetuta di questo versante. Roccia quasi perfetta e chiodatura a fix (completamente rifatta nel 2007) hanno reso famoso e di sicuro divertimento questo itinerario che sale a sinistra dello spigolo per placche e bombè. Dal terrazzo mediano (dopo 6 lunghezze) traversare a sinistra per riprendere una serie di placche, diedri e fessure.

Attacco: Da Carbonera di Colere si sale al rifugio Albani (2h), da qui puntare allo Spigolo Nord-Ovest (Spigolo Castiglioni) seguendo il sentiero che risale il Mare in Burrasca, dopo la corda fissa, si sale alla base della parete nel suo punto più alto, circa a 50 metri dalla verticale dello spigolo (dal rifugio 30’).

Relazione:

L1: 10 m 4b. Salire dei diedrini verso sinistra.

L2:40 m 6b. Diritti per diedri e muretti sino alla cengia da percorrere verso destra.

L3: 20m 6b. Ancora verso destra e poi diritti lungo lo spigolo arrotondato per placche e bombè.

L9: 25m 6c. Direttamente su bella placca compatta.

L10: 25m 6b.In obliquo a sinistra e rientrare a destra.

L11: 20m 5c. Salire il diedro verso destra, quindi superare un tetto e proseguire sino al filo dello spigolo e raggiungere la sosta in comune con lo Spigolo Nord Discesa: in doppia dallo spigolo.

LE VIE PLAISIR

45 Multipitch Presolana Mon Amour
Piera Vitali su Miss Mescalina - L6. Foto: Maurizio Panseri Marco Cardullo su Il giardino per Gianmario - L8. Foto: Maurizio Panseri

Bergamo Vertical People

54 Personaggi
Luca Bana The dark side of the moon, 8c (Passo della Presolana). Foto: Giordano Garosio a cura di Eugenio Pesci

Se tu dovessi fare una sintesi della tua carriera di arrampicatore, quali sono le tappe e i momenti fondamentali che descriveresti e a cui tieni particolarmente? Quarant’anni non sono facilmente riassumibili, potrei suddividerli per fasi. Il periodo dai venti ai trent’anni ha rappresentato la scoperta di una passione travolgente che mi ha spinto a investire moltissime risorse fisiche e mentali, guadagnando una veloce crescita delle mie capacità ma soprattutto una conoscenza e consapevolezza di me stesso che hanno contribuito a strutturarmi come persona e ad affrontare certe inquietudini che a volte vivevo. Il valore principale non era la difficoltà pura ma lo sviluppo della capacità di concentrazione in situazioni impegnative, che ricercavo soprattutto scalando in montagna. Il decennio successivo, grazie a vari amici, ho avuto poi l’opportunità di viaggiare fuori dall’Europa, ad esempio in Pakistan e Groenlandia, facendo esperienze alpinistiche forse non di alto livello tecnico ma molto interessanti e coinvolgenti dal punto di vista esplorativo e delle quali conservo magnifici ricordi di ambienti selvaggi e meravigliosi. In seguito la ricerca di nuovi stimoli per ravvivare la fiamma della passione mi ha portato invece verso l’apertura di alcune vie nuove anche sulle montagne di casa, sia in stile “tradizionale” che “semi-sportivo”. Queste ultime hanno avuto anche il pregio di sprigionare energie che, alla soglia dei cinquant’anni, mi hanno fatto ottenere i risultati di migliore qualità della mia vita sia in arrampicata sportiva che in apertura di nuovi itinerari.

L’ultima fase è stata all’insegna, per vari motivi, della discontinuità. Ora considero l’arrampicata soprattutto un ottimo modo per invecchiare bene! Una fiammella però è ancora accesa, me ne accorgo sorprendendomi ogni tanto a combattere su qualche tiro o semplicemente assaporando il piacere di muovermi sulla roccia in compagnia di buoni amici. Infine una particolare gratificazione la provo in falesia con mia figlia, che si è ultimamente appassionata, cercando di condurla nei suoi miglioramenti e vedendola felice per aver chiuso un bel tiro.

Nella tua lunga esperienza sulle falesie bergamasche hai vissuto tutte le fasi evolutive dell’arrampicata orobica. Potresti sintetizzare in poche righe quello che per te è un po’ lo spirito locale dell’arrampicata sportiva, se pensi che ce ne sia uno particolare.

Lo spirito non penso sia legato alla zona ma piuttosto alle diverse generazioni o ai vari gruppi di arrampicatori, come credo avvenga un po’ dappertutto. Noi anzianotti notiamo la bella condivisione (incitamenti, corde e rinvii sui tiri…) delle giovani “tribù” in falesia, ma frequentemente anche la estrema focalizzazione sul “progetto”, che implica spesso scalare lentamente pochi metri di roccia in tutta la giornata. Per me il divertimento è sempre stato invece fondamentalmente godere della roccia facendo più tiri possibile, soprattutto se visitavo posti sconosciuti.

Quali sono stati i tuoi principali compagni e amici di arrampicata sportiva e non sportiva? Parlaci un po’ di loro. Questa è una domanda per certi versi delicata perché inevitabilmente trascurerò qualcuno, chiedo perdono in anticipo. Ringrazio alcuni amici di Ponteranica di avermi fatto conoscere l’arrampicata, come Vito Rinaldi che all’epoca (circa metà degli anni Ottanta) era molto attento allo sbocciare dell’evoluzione sportiva di questa disciplina; ricordo quella volta che mi feci

prestare imbrago e scarpette (in quel periodo il mio sport era ancora il mezzofondo) per seguirlo su Tempi nuovi a Cornalba, appena chiodata da Camòs. La via ci fece penare fin dai primi passi e infatti ci ritirammo a metà del terzo tiro.

“SEMPRE DA NEOFITA I FRATELLI DALLA LONGA MI HANNO FATTO SCOPRIRE LE BELLEZZE E L’IMPEGNO DELLE SCALATE IN ALTA MONTAGNA.

Ciò che hanno rappresentato per me sarebbe lungo da raccontare, mi limito a sottolineare il loro approccio ambizioso all’alpinismo (in questo mi hanno aperto gli occhi verso possibilità che mi precludevo a priori) e nello stesso tempo riservato, leggero e scanzonato, a volte trasgressivo. La mia prima volta su una montagna “seria” è stata seguendo Marco sulla via dei

55 Personaggi
Giangi Angeloni
Presolana - A piede libero

E le competizioni? Che rapporto hai – o hai avuto – con le gare?

«Ne ho disputate alcune dai diciassettediciotto anni: gare giovanili fino alla Coppa Europa e poi da senior in Coppa Italia. Tuttavia le gare non mi hanno mai dato lo stesso piacere, le stesse emozioni, le stesse soddisfazioni della scalata su roccia: è in falesia e in parete che mi trovo davvero a posto, che mi sento nel mio ambiente e riesco a esprimermi al meglio. Così, per queste e altre ragioni, a un certo punto ho deciso di abbandonare il mondo delle competizioni».

Oltre a scalare hai anche studiato… «Sì, ho una laurea magistrale in scienze motorie: una “conseguenza” della mia passione giovanile per lo sport in generale. Sono istruttore Fasi e da ormai qualche anno collaboro con la palestra Orobia Climbing di Curno, vicino a Bergamo, sia conducendo corsi sia allenando una squadra di ragazzini agonisti. In questi mesi, per dire tutto, sto anche tenendo una supplenza di scienze motorie in una scuola superiore».

Ti appassiona il lavoro di istruttore e allenatore?

«Se potessi scegliere farei soltanto l’allenatore, sia dei giovani in prospettiva gare sia degli adulti di un certo livello che vogliono migliorare. Tuttavia mi piace avere a che fare anche con i neofiti, con persone che non hanno mai scalato e a cui occorre fornire le basi essenziali, da cos’è e come si indossa un’imbragatura a cos’è e come si usa un dispositivo di assicurazione. Oggi moltissima gente comincia così, sulle prese colorate: non sulla roccia, da capocordata, con il papà a tenere la corda… Le palestre indoor sono belle e comode, magari vicine a casa, e il cambiamento mi sembra assolutamente normale».

Sei un maniaco dell’allenamento?

«Sinceramente preferisco scalare. Tuttavia, per mantenere o migliorare il livello, allenamento e attività outdoor devono per forza coesistere. Considerando entrambe le cose sono generalmente attivo sette giorni

su sette, anche se non sono un fanatico da tre o quattro ore di esercizi quotidiani. Alla quantità preferisco la qualità, con sessioni più brevi che rendono di più. C’è gente che si allena tantissimo, che si sfonda sul trave o sul pannello e poi non riesce a trasformare tutto quel lavoro sulla roccia: ecco, io non sono così. Può anche capitare che mi senta stanco e quindi preferisca riposare».

Raccontami un episodio divertente della tua carriera di climber…

«Ci devo pensare, aspetta… ecco: una volta, in vena di stupidate al Passo della Presolana con Stefano Carnati, abbiamo scalato con le ciabatte in gomma. E poi… sai che adesso, su due piedi, non mi viene in mente altro?».

Andiamo avanti, allora: non hai mai fatto una caduta da spavento, di quelle che non si dimenticano?

«L’anno scorso a Paline con Berni, su una multipitch sportiva che dobbiamo ancora completare e piuttosto dura, credo sull’8b/8b+ e con un obbligato alto. Ero alla mia prima esperienza di apertura dal basso, con cliff e trapano, e a un certo punto sul tiro chiave c’erano soltanto buchetti svasati. Con discreta fiducia ho piazzato un gancetto, l’ho tirato un po’ per verificarne la tenuta prima di recuperare il trapano e… il cliff è saltato con gran volo del sottoscritto, visto che il fix precedente era piuttosto lontano. Non mi sono propriamente spaventato ma è stata una bella botta di adrenalina».

Dai ricordi a quello che verrà: hai in mente qualche progetto speciale? «Vicino a casa, considerando l’esistente, mi è rimasto poco da fare. Dovrei quindi individuare delle linee, chiodarle e cercare di liberarle: se domani trovassi qualcosa di duro e interessante, mi sentirei immediatamente motivato e concentrato su quel progetto. Poi, come dicevo prima, mi piacerebbe tornare a Céüse per riprovare Biographie».

Mi sembra di capire che anche nella Bergamasca ci sia ancora spazio per cose nuove…

«Direi di sì, anche se bisogna avere occhio e voglia. Le falesie più comode sono già tutte chiodate ma muri e settori un po’ sperduti, lontani dalla strada, non mancano. E da questo punto di vista mi sento abbastanza fortunato».

Ti faccio una domanda di parte, da local: quando e quanto hai scalato nel Lecchese-Comasco, ad esempio a Valbrona Bassa?

«A Valbrona Bassa non sono mai stato.

Personaggi Luca Bana 62

Idem nel resto del Lecchese, che conosco veramente poco. Direi che finora, in quanto a tiri duri, le valli Brembana, Seriana e Camonica non mi hanno fatto mancare niente. E da dove vivo, con un viaggio soltanto un po’ più lungo rispetto a quello per Lecco, arrivo tranquillamente ad Arco».

Cosa fai quando non scali? Dove vai in vacanza? Non ti sei mai preso delle pause?

«Scalo praticamente sempre… e vado in

vacanza dove c’è da scalare. In verità potrei anche andare al mare… ma a patto che ci siano falesie nelle vicinanze! Diciamo che, in questo momento, tutto nella mia vita ruota attorno all’arrampicata. Tuttavia non sono un “malato di falesia”, di quelli che se hanno un tiro in sospeso pensano soltanto a quello. La scalata mi piace, mi ritengo un “devoto” – anche perché, facendo quello che faccio, non potrebbe essere altrimenti –, ma non è un’ossessione, una malattia. Non subisco la pressione, non sento l’obbligo di

dover per forza chiudere certi tiri. E forse è anche per questo, per questa “leggerezza”, che da quando ho cominciato non mi sono mai preso pause, non ho mai sentito il bisogno di fermarmi per un certo periodo: la passione è rimasta sempre la stessa, costante, quella di un bambino innamorato della scalata».

Luca Bana

Odin’s eye, 8c+ (Flatanger). Foto: Sara Grippo

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Cimo a Cornalba

Le imperdibili avventure bergamasche del leggendario tappezziere volante

Preambolo – Io c’ero, ho visto tutto. Anzi, quasi tutto. Perché la prima puntata, Jedi, me l’hanno raccontata. E comunque va bene così perché quell’8b è un po’ il brutto anatroccolo di Cornalba: uno strapiombo nel regno delle placche. Il nostro Cimo, abituato alla sua Valbrona, l’ha liquidato in fretta, con i soliti lamenti e una risatina finale.

La faccenda si è fatta seria soltanto a metà novembre 2022 quando ai piedi della Corna Bianca, settore Apache, è comparso un piumino arancione. E dentro c’era lui, Cimo, che tolti il giaccone antinebbia e altri strati di vestiario si è subito spavaldamente lanciato su C’era una volta in America Ossia: un muro verticale a croste disegnate fino alla prima catena, uno strapiombo non troppo cattivello e per finire una placca – appoggiata? – con passaggio assai criptico, messo lì per far cascar l’asino a una trentina di metri da terra. In gradi il giochino suona “8b+8a=8c”, liberato da Beppe Dallona nel 1993 e ripetuto appena una manciata di volte. Cos’avrebbe combinato il nostro eroe alle prese con l’essenza dell’arrampicata cornalbiana? Io e François, scudieri della prima giornata, non potevamo crederci: Cimo non capiva cosa fare, grattava a destra e a sinistra consumando i polpastrelli e mormorava cose strane. Rientrando a casa, parlando al telefono con il buon Passini, è arrivata la solenne dichiarazione: «Non lo farò mai».

Apache + Outsider – Passa un mese e torniamo alla carica, in compagnia di Paolo al suo debutto a Cornalba. Al parcheggio notiamo un’auto e alla base della falesia ecco Francesco Castellano (Cecco), che dice di essere in un fosso e di non sapere cosa fare: provare qualcosa o scalicchiare sui 6c? Mah! Il programma di Cimo, invece, è stabilito: un bel riscaldo e poi avanti su Outsider, storico 8b decaduto (ora è 8a+) salito a vista da Gnerro in un corpo a corpo durato, pare, quaranta minuti. C’era una volta in America per oggi può aspettare. Ma anche Outsider fa il dispettoso e lassù, dove sta il celebre

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monodito, l’amico arriva troppo steso e cade. Intanto Cecco, nella nebbiolina, chiude Zuper Mandrake che non è 6c ma 8c+ (ai lettori gli opportuni commenti).

Cimo pensa, la testolina fuma: non riesce a capacitarsi di come, in due giornate su queste placche, non abbia combinato proprio un bel niente.

«Con il tempo e con la paglia maturano le nespole», recita il proverbio. Ecco: in certe faccende ci vuole pazienza, bisogna prendere le misure. E quelle degli appiglietti della Corna Bianca non sono gran cosa, richiedono precisione e abitudine. Così il giorno di Santo Stefano, dopo la terapia d’urto iniziale, Cimo comincia a sentirsi meglio: prima liquida Apache (8a, al secondo tentativo) e un’ora dopo Outsider, dandosi dell’incapace per la scoperta ritardata di un rovescio che, afferrato con la sinistra, permette di alzare l’altra mano e di agganciare senza patemi il monodito. «Faccio un giro su Fotonica e poi andiamo», gli dico. Avrà capito? Mi sa di no: quello, nonostante il buio in arrivo, sta piazzando la corda alla base di C’era una volta in America. Dobbiamo proprio tirar tardi? Ovviamente sì: Cimo sopra in cerca di tutti i movimenti e io sotto a far sicura, contando i rintocchi delle campane che a Cornalba – l’ho imparato bene – scandiscono le “avvincenti” mezz’ore degli addetti al Grigri.

C’era una volta in America – Il seguito della storia, tra un grigio 31 dicembre – nuvole e falesia pressoché deserta: ci siamo soltanto noi – e un luminoso 28 gennaio – sole e una discreta quantità di climber presenti –, è una ridda di “bene così, anzi no, lascio perdere, lo riprovo, non vengo più, però adesso sto attaccato, non c’è grip, forse lo faccio, che palle” e altri pensieri del genere. Che non suonerebbero strani se non si alternassero tanto repentinamente, interrotti da rare istantanee di vita normale come una telefonata di Barbara annunciante la fuga dalla finestra di Tato – felino domestico – a cui il nostro eroe reagisce con un filosofico “tornerà indietro” che credo significhi “adesso non mi interessa”. E comunque, un mattoncino alla volta, il gran muro di C’era una volta in America prende forma: ora è soltanto questione di tempo, di cogliere l’attimo. Quanto ci vorrà? Poco, a dire il vero, perché bastano due tentativi decisi – i primi fatti per chiudere la questione – per togliersi il peso e offrire da bere non soltanto a me – che me lo sono guadagnato – ma anche a Frank, Gianmarco, Edo e a tutti gli altri presenti a Cornalba quel giorno. Uscendo dal bar, mentre Cimo è ancora impegnato a pagare, una tipa simpatica ci chiede della falesia, dei climber e di come si fa a scalare. Il galletto Frank risponde e le dice che «adesso ne arriva uno forte. Anzi: quando esce chiedigli se è lui “quello forte” che oggi

ha stampato». Detto fatto: la porta si apre, Cimo sbuca in strada e la tipa, con aria fintamente sorpresa, gli domanda ciò che deve. E quello resta lì come un cucù, con un punto di domanda sopra la testa come nei fumetti fino a quando Frank, che sta accendendo l’ennesima sigaretta della giornata – ma lui dichiara che è la prima o al massimo la seconda – cede e si mette a ridere. E il finale sono insulti reciproci, giusto per continuare in letizia il memorabile sabato cornalbiano.

Peter Pan e capitan Un-Cimo – Fin qui abbiamo scherzato. O meglio: fin qui Cimo ha scherzato. Non ci credete? Ebbene: il gioco si è fatto veramente duro due settimane dopo, passando dalla parete sud alla parete est ai cui piedi, di solito, si aggirano soltanto pochissimi disperati. Quel sabato 11 febbraio, invece, corteggiatori di lunga data e più recenti si erano dati appuntamento al cospetto di Peter Pan. Sotto quel mitico 8a+, di cui è stato scritto di tutto per cui non è il caso di ripetere, era un gran vociare bergamasco: un clan di aspiranti ripetitori guidato da quello che parlava più degli altri, stremato da innumerevoli tentativi su quel progettone. Ma Cimo non si è fatto intimidire. Si è scaldato su Ursus e da lì ha piazzato i rinvii su Peter Pan, finendo subito nel mirino della brigata orobica che si è ritrovata tra i piedi un ospite inatteso: un intruso che, sornione come se fosse capitato lì per caso, ha lasciato sfogare il primo dei local sul capolavoro del Camós. Così il bergamasco è partito, si è arrabattato fino in catena e poi ha lasciato il posto a Cimo, che chiedeva sommessamente “come si fa qui e come si fa qua”. E le risposte arrivavano precise, come generalmente accade interpellando i massimi esponenti del super-lavorato (che del loro progetto conoscono ogni ruga, comprese quelle che non servono proprio a niente).

Cimo, stranamente calmo, mi lascia scalare due tiri di fila – anche e soprattutto perché il suo è occupato – e quando dopo una buona ora e mezza (!) riesce a ripartire… beh, percepisco subito che è in modalità guerriera: non vittima sconsolata, stile agnello pasquale, come durante i primi tentativi su C’era una volta in America. Quel tiro è stato una bastonata, almeno all’inizio, ma anche una gran scuola: dopo quelle croste, gli appiglietti di Peter Pan non sembrano poi così male. E Cimo procede: ogni tanto chiede due dritte perché non ricorda bene cosa fare, improvvisa quando serve e, meraviglia, è già al chiave poco sotto la catena. I bergamaschi lo incitano – «Alé, non mollare, vai così!» –, a me sudano le mani per la tensione – come se fossi io a scalare – e con qualche verso e sbuffo è catena, vittoria, traguardo raggiunto già al secondo giro. Il pubblico applaude, la voce si sparge – dietro l’angolo c’è Vito Amigoni, nume tutelare del luogo presto raggiunto dalla notizia e più esaltato che mai – e Cornalba ha una nuova leggenda: quella,

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Cimo su Miss Lily 8a+ Foto: Carlo Caccia

Scialpinismo nelle Orobie

Omar Oprandi... alla ricerca della neve perfetta !

Foto: Arch. Oprandi

Un tratto che si affronta con i ramponi durante la gara del 2023 al Trofeo Parravicini.

Foto: Arch. Oprandi

giro” si trovavano soprattutto i fondisti più capaci che, armati di pelli, salivano con l’attrezzatura da fondo, per poi lanciarsi nella discesa con la tecnica “a raspa”... gli sci piazzati sulla massima pendenza e i bastoncini tra le gambe come freno e perno per le curve.

Dalle Orobie hai raggiunto le cime di mezza Italia (e non solo). Guardando il tuo percorso dalla vetta, come descriveresti lo scialpinismo? Definire lo scialpinismo non è un’impresa facile: far comprendere l’intesa che si crea con la montagna,

le emozioni di ogni uscita, il profondo senso di soddisfazione raggiunta la cima e la sensazione di libertà che ti dà la discesa fuori pista; è solo una piccola parte di quello che vorrei raccontarvi. Avrete capito che quando vi parlo di scialpinismo intendo quello vero, dove cercare un’avventura alla conquista dello spazio e del tempo assume ancora oggi lo stesso valore di una volta, dove immergersi in un ambiente sconfinato tra salite e discese offre soddisfazioni sempre nuove. Imprimere la propria traccia nella vasta tela innevata, confrontandosi con la fatica e il freddo, per ricavarne una buona dose di gratificazione e divertimento. Inforcare gli sci, allacciarsi gli scarponi e cercare pendii inviolati, presuppone però la conoscenza dei rischi e la giusta scelta del percorso, la consapevolezza e il rispetto dei propri limiti e, a volte, anche la capacità di accettare di dover tornare indietro.

Uno sport dalle mille sfumature e in continuo sviluppo, anche a livello di sicurezza. Com’è evoluto questo importante concetto tra passato e presente? Sul finire degli anni Settanta esisteva un unico modo semplice e spartano per avere un minimo di sicurezza in caso di travolgimento: un cordino rosso, lungo una trentina di metri e legato in vita che ci seguiva, nel vero senso della parola, in tutte le nostre avventure. Questo era l’unico segnale in caso di valanga per facilitare il ritrovamento del travolto. La precauzione rudimentale era però unita ad una meticolosa scelta dell’itinerario e del “momento giusto”: lo scialpinismo era praticato principalmente da febbraio ad aprile e si partiva sempre la mattina molto presto, quando la neve era assestata e già di per sé garantiva una maggior tranquillità. Ai miei tempi era inoltre buona abitudine ritrovarsi con amici e compagni per confrontarsi sulla gita da svolgere l’indomani, pianificando il tracciato e valutando le capacità del gruppo. Ad oggi esistono tecnologie sempre più performanti nella ricerca di un eventuale travolto da valanga, con strumenti che “parlano” per indicare il luogo esatto dove sondare e scavare. Ma malgrado questo, spesso si tende a leggere soltanto i “bollettini valanghe”, confidando nel loro potere assoluto di consigliarci la retta via. La tendenza che va per la maggiore è affidarsi a tracciati di cui si hanno “notizie fresche”, ancor meglio se percorsi il giorno prima, spulciando pareri e consigli sui social, in cerca di “neve buona” e individuando, nel migliore dei casi, i suggerimenti dei “local” più esperti, abili conoscitori delle proprie montagne.

Guardi al passato con riconoscenza, complice delle cime che ti hanno visto crescere. Siamo curiosi di conoscerle anche noi, facci strada nella loro storia!

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In cresta: sci in spalla e ramponi, durante la gara. Foto: Arch. Oprandi

Fra le pareti del Paese delle Aquile

Testo Tommaso Garota

Questa avventura inizia al bar, come tante volte succede, tra una birra e l’altra.

“Sto pensando di organizzare un viaggio in Albania, c’è qualcuno di voi del Gruppo Gamma che sarebbe interessato a venire?”, così Il Vecchio (Simone Pedeferri) ci propone di partire con un team composto per la maggior parte da Ragni, Gamma e Bobo’s, per chiodare nuove falesie nella terra dell’Aquila a due teste. Io, Cenda (Claudio Cendali) e Sballo (Mattia Sandionigi) ci consultiamo velocemente: “Noi ci siamo!”.

Dopo una movimentata traversata in traghetto da Ancona, la mattina del 25 ottobre sbarchiamo finalmente nel porto albanese di Durazzo. Da qui dobbiamo dirigerci verso Tirana dove ci aspetta Elios, del gruppo Rock Tirana, il nostro contatto locale, che ci darà altre informazioni utili sulle pareti.

L’impatto con il traffico della capitale è abbastanza sconcertante: macchine impazzite che fanno manovre azzardate a velocità folli, persone che si buttano in mezzo strada per attraversare e moto che giocano a fare zig-zag. Per condire il tutto le strade non sono proprio nelle migliori condizioni e comincia pure a piovere! Riusciamo comunque a giungere a destinazione sani e

Gramsci, un’area molto isolata a sud di Tirana, nella regione del Kabash.

Il viaggio ci offre un primo assaggio dei contrasti che caratterizzano questo Paese ancora in bilico fra povertà e benessere: ville con piscina a pochi metri da baracche di mattoni messi assieme in qualche strano modo, tratti di strada perfetti ed altri disseminati di voragini, macchine di lusso e carretti trainati da muli… Trascorriamo la notte in un albergo sulle sponde del lago di Banjes e il mattino seguente imbocchiamo la sterrata verso la nostra destinazione.

Dopo 45 minuti, arriviamo nel punto della strada più vicino alla falesia. Siamo nei pressi di un piccolo villaggio di contadini e pastori, ma c’è anche una grossa insegna di legno con scritto: “Nardi Restaurant”. Un po’ a gesti, un po’ con il provvidenziale aiuto del traduttore di Google, ci accordiamo con Nardi Toska, il proprietario: quello sarà il nostro campo base per i prossimi giorni. Per il cibo nessun problema, per l’alloggio ci arrangeremo in qualche modo. Nardi è molto preoccupato per il fatto di non poter mettere a nostra disposizione un bagno con la doccia, però lo rassicuriamo: non ne sentiremo particolarmente la mancanza… almeno per qualche giorno!

Cominciamo l’esplorazione. A dieci minuti di auto dal “campo base” ecco innalzarsi davanti a noi un’onda di calcare alta 50 metri! Sembra debba infrangersi a terra talmente strapiomba. La gente del posto la chiama

salvi presso la piccola e unica palestra indoor dell’Albania, davanti alla quale Elios ci attende sorridente.

Sul suo computer girano decine di foto dei vari spot dove poter dare il via alla chiodatura e la scelta cade su

Guri Radanis. Stupiti dallo spettacolo ci portiamo sotto la falesia: la parete è bellissima, ma gli appigli scarseggiano decisamente.

Più avanti, oltre il passo che dà accesso a un’altra valle,

104 Proposte Albania Discovery Tour
Luca Tenni su Fuori dal buco (8b/+) a Qafë Priskë.

la fascia rocciosa diviene ben più alta: circa 150 metri di parete verticale e strapiombante che si allunga per quasi un chilometro.

Tornati al ristorante Il Vecchio richiama all’ordine la ciurma e, dopo un breve confronto, decidiamo di concentrarci sulla prima parete. Il tempo a nostra disposizione è poco, soprattutto per Mauri (Maurizio Tasca), Simo (Simone Manzi) e Maddi (Maddalena Bosisio) che rientreranno prima in Italia. La scelta di chiodare la parete più accessibile è quasi scontata. Iniziano così quattro giorni dedicati ad attrezzare e pulire i vari tiri. Pian piano riusciamo a trovare i passaggi e gli appigli, che dal basso sembravano assenti, spuntano invece timidi sulla parete.

105 Proposte Albania Discovery Tour
Simone Manzi risale le corde fisse alla falesia Guri Radaniss. Maddalena Bosisio e Luca Tenni durante la chiuodatura di Diego lo spiedo (6b+) nel settore destro di Guri Radaniss. Simone Manzi e Simone Pedeferri durante la chiodatura di Fichi e salsiccia (8b/+ ?) e Brontosauro (8a/+). Falesia Guri Radaniss.

Ande

Sass Maor

Sass Maor è una giacca ibrida da indossare durante attività outdoor invernali, dall’escursione al trekking. Realizzata in Nylon 380 T con trattamento DWR (Durable Water Repellent), che favorisce protezione e isolamento dall’umidità in caso di giornate piovose o se utilizzo in ambiente nevoso. L’imbottitura fake down completamente riciclata da bottiglie pet è in Thermore® EVOdown® 115 gr. ispirato alla morbidezza e alla voluminosità della piuma, garantendo performance, calore diffuso e costante in tutta l’area del capo. La realizzazione in due differenti tessuti permette di sfruttare al meglio il suo coefficiente termico nelle zone più sensibili come addome, spalle, petto e zona lombare; garantendo anche la massima libertà di movimento grazie alla presenza di fleece 4 way stretch. Disponibile in versione uomo e donna. ande.it

Coefficient Storm Hoody

E9

Short

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Futurelight™ Summit Series Papsura

La massima protezione dalle intemperie proposta da The North Face è la giacca Futurelight™ Summit Series Papsura Un guscio tecnico e leggero sapientemente progettato con Futurelight™ Ultralight per offrire maggiore protezione dal bagnato senza compromessi in termini di comfort. Con un nome ispirato alla celebre vetta del ghiacciaio Tosh orientale dell’Himalaya indiano, il modello Papsura offre una barriera impenetrabile contro pioggia e maltempo per una protezione impermeabile ultra-traspirante. Ideato per attività ad alto rendimento, questo guscio comprimibile offre la massima protezione coniugata a un design incredibilmente leggero. www.thenorthface.it

Perfetta per vivere al meglio le salite alpine primaverili, la giacca Coefficient Storm di Black Diamond è il capo ideale per il clima fresco, in grado di offrire calore e perfetta traspirazione insieme a un’ottima resistenza al vento e all’acqua. Realizzata con un tessuto a griglia che fornisce calore e traspirabilità è rinforzata da un rivestimento DWR senza PFC per resistere a intemperie e abrasioni. Dotato di una singola tasca sul petto e due tasche per le mani, la Coefficient Storm può anche essere riposto nella tasca anteriore quando splende il sole. Vestibilità regolare.

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Comoda, calda e altamente traspirante, la Alberta ReMOCA Pad® Hybrid Jacket di LaMunt è ideale per il trekking, l’escursionismo e le giornate attive in montagna. Beneficia dell’isolamento ReMOCA Pad®, materiale realizzato con gli scarti delle pelli da sci alpinismo. Se nelle stagioni calde è una giacca sufficiente a proteggersi quando serve, d’inverno diventa un perfetto strato intermedio. Il pile tecnico elasticizzato sulle maniche, sugli inserti laterali e sulla parte inferiore della schiena assicura ampia libertà di movimento e traspirabilità. Questa giacca valorizza la silhouette femminile, con una vita alta e stretta e un taglio più lungo sul retro. Due tasche nascoste con cerniera, collo alto, cappuccio aderente con visiera sagomata e polsini aderenti completano il capo. Ideale sia come strato intermedio che come giacca indipendente. www.lamunt.com

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Medusa

La maglietta unisex a maniche lunghe Medusa fa parte della capsule collection firmata Rock Experience - Spaghetti Boulder che non vuole solamente rappresentare l’arrampicata ma vuole essere un vero e proprio stile di vita. Medusa è realizzata interamente in cotone, presenta girocollo, una stampa frontale piccola “Medusa Eyes” e la maxi stampa di “Medusa” sul retro. Completa il capo l’etichetta ponte “Rock Experience” sulla parte inferiore del capo. Peso: 280 g in taglia M. rockexperience.shop

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Avista

Avista è la nuova imbracatura tecnica mono-fibbia estremamente leggera ed ergonomica, sviluppata da Climbing Technology per l’arrampicata sportiva di alto livello e le competizioni. Progettata per garantire un’eccellente vestibilità e libertà di movimento: anello di assicurazione senza cuciture e ingombro ridotto per agevolare la legatura, cosciali con elastico di sostegno ultraleggero e regolabile con una sola mano. I punti di legatura di Avista sono rinforzati e provvisti di un indicatore di usura, dotato di due ampi porta-materiali frontali rigidi con una speciale inclinazione che consente di mantenere i rinvii in avanti e renderli facilmente accessibili, mentre altri due porta-materiali più morbidi si trovano nella zona posteriore oltre ad un altro anello posteriore per gli accessori di servizio. Grazie alla sua struttura morbida e flessibile è possibile ripiegare facilmente l’imbracatura nello zaino per trasportarla comodamente. Peso: 290 g nella taglia M. www.climbingtechnology.com

Explore Climbing XC Colibrì

Per il riscaldamento prima della sessione su roccia, o come strumento di allenamento “on the way”, Explore Climbing propone XC Colibrì, il travetto portatile di soli 350g sempre pronto per entrare in azione. Dotato di due tacche da 20 e 15 mm, abbastanza nette in modo di offrire una tenuta orizzontale quando si è appesi, e di un cordino di 5 mm extra lungo, che permette più opzioni di fissaggio a seconda della situazione e consente di usare i piedi come ancoraggio per tirare il trave. quando non c’è dove appenderlo. Come tutti i prodotti Explore Climbing, XC Colibrì è stato progettato e realizzato in Italia con legno proveniente dall’Europa. www.exploreclimbing.it

Parvat

Tribute

Sempre con l’impegno a promuovere la sostenibilità in ogni prodotto, dal 2023 Parvat ha inserito tra le sue proposte la linea di magliette che rende tributo ai tiri e climber che hanno fatto la storia nella zona di Arco e dintorni. Realizzate con cotone organico al 100%, una scelta ecologica che riduce l’impatto ambientale rispetto al cotone convenzionale, hanno un tessuto morbido al tatto e traspirante, che garantisce una sensazione di freschezza e massimo confort. Le grafiche, stampate artigianalmente, derivano da foto reali tramite le quali sono state realizzate le illustrazioni. www.parvatclothing.com

La Sportiva Mandala

L’ultima nata nella famiglia NoEdge è una scarpetta dedicata allo scalatore moderno che punta alla performance: massima precisione in fase di tallonaggio, ampia zona con gomma ultra aderente sul puntalino per facilitare gli agganci di punta, spessori limitati tra piede e roccia per garantire elevata sensibilità e velocità nei passaggi più duri. Ogni dettaglio è pensato per massimizzare la prestazione anche sui progetti più complessi. Il sistema NoEdge, seguendo l’ergonomia del piede, garantisce una perfetta adattabilità della punta a ogni tipo di appoggio, mentre la tecnologia P3™ preserva inalterata la forma e le prestazioni della scarpetta anche dopo numerose sessioni di utilizzo. La tomaia è realizzata in abbinamento vitello scamosciato con microfibra mentre la suola è in Vibram® XS Grip 2,3mm. www.lasportiva.com

Per proteggere e trasportare la propria corda nel modo più funky, Wild Country propone Rope Trap, un telo porta-corda di grandi dimensioni per uso indoor o all’aperto, disponibile in due design caratteristici: la stampa “Gearstorm”, creata in collaborazione con l’alpinista e artista indonesiano Hamdi, e la grafica “Heritage”, basata sullo storico logo Wild Country. Oltre a un look fantastico Rope Trap è facile da usare e trasportare grazie ai quattro manici, nel telo di ben 134x132 cm è codificato con il colore un punto di legatura per una gestione migliore della corda. A fine sessione, basterà avvolgere la corda nel telo, fissarla con la daisy chain esterna e andare. Può contenere qualsiasi corda fino a 100 m di lunghezza. www.wildcountry.com

prodotti 119
Vetrina

Tom Livingstone, Inferno E5 6a, Baggy Point, England (© Mike Hutton)

COSTE SELVAGGE

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

Marzo 2024. Anno VI. Numero 29

Direttore responsabile

Richard Felderer

Direttore editoriale

Eugenio Pesci

Redazione

Tommaso Bacciocchi

Roberto Capucciati

Matteo Maraone

Samuele Mazzolini

Alberto Milani

Marco Pandocchi

Damiano Sessa

Copertina

Valerio Ballardini a Valgua.

Foto: © Matteo Pavana

Grafica

Tommaso Bacciocchi

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Hanno collaborato

Impaginazione

Francesco Rioda

Andrea Locatelli, Carlo Caccia, Carlo Schiantarelli, Claudia Colonia, Davide Locatelli, Emanuele Avolio, Ennio Spiranelli, Enrico Canali, Gian AndreaTiraboschi, Giangi Angeloni, Luca Bana, Luigi Berio, Marco Birolini, Matteo Bertolotti, Maurizio Panseri, Maurizio Tasca, Niki Oprandi, Omar Oprandi, Organizzatori Finale for Nepal, Paolo Panzeri, Rosa Morotti, Simone Moro, Simone Pedeferri, Tommaso Garota, Yuri Parimbelli

Versante Sud Srl

Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com

Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it

Stampa

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Distribuzione per l’Italia

PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421

© Versante Sud 2024

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