I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Foto di copertina: dal film Être et Durer, Serena Mignani, 2006
Correzione bozze: Silvia Rialdi
Editing e curatela: Valentina Guzzardo
Impaginazione: Miriam Romeo
Stampa: Press Grafica s.r.l. – Gravellona Toce (VB), Italia
A FEDERICO Le “autrici”
TRACCIARE
Visione, pratica e disciplina del parkour.
Un libro basato sugli scritti di Federico “Gato”
Mazzoleni
E. Aloisi, G. Baiguini, V. Guzzardo, S. Mignani, M. Montefusco, M. Tassi
IL BLOG DI “GATO”
Squaloragnoelefantegatto
Si precisa che le citazioni di altri testi, interne ai post selezionati, sono state scelte e riportate da Federico stesso, e risalgono a data/edizione/versione online o cartacea del momento storico in cui scriveva.
Può anche essere utile sapere che non tutti i titoli del blog sono stati mantenuti, ma è ugualmente possibile e relativamente semplice rintracciare i brani sul blog originario, ancora online, attraverso le date o i QR Code diretti che si trovano sparsi nel libro. Inoltre si segnala che la composizione dei testi non segue un ordine cronologico, se non dove strettamente utile e funzionale.
La scelta editoriale ha puntato, piuttosto, sull’individuazione di nuclei di senso, che spesso si intrecciano e travalicano il tempo lineare.
Il testo è diviso nelle tre dimensioni identificate da “Gato”, che rimandano ai pilastri del parkour (la forza, il tocco, lo spirito).
In particolare, La dimensione pratica – con la parte dedicata agli allenamenti e a come fare dei buoni video sul parkour –sarà particolarmente utile ai giovani traceur. La dimensione esplorativa introduce – e correda di racconti ed esempi – i grandi temi portanti che verranno approfonditi ne La dimensione etica, il cuore concettuale del libro e della visione di Federico. Visti i fondamenti educativi di cui tratta, universali e dunque metaforicamente utili in ogni campo, questa parte si rivela particolarmente preziosa non solo per coloro che usano il parkour per educare, come i coach o i movers o i genitori di
allievi e allieve di parkour, ma anche per tutte e tutti coloro che, a vario titolo e nei settori più variegati, si occupano di educazione. Nondimeno, documentari sul parkour come Être et Durer di Serena Mignani – di cui si parla nella parte dedicata ai video d’autore insieme al corto Antica sostanza per nuove forme di Andrea Zambelli e Andrea Salimbene – vengono utilizzati nelle scuole per parlare coi ragazzi del concetto di limite e sfida, e sono dunque strumento educativo per le nuove generazioni, a partire da una disciplina che le affascina. Per conoscere le iniziative attive – dalle scuole, alle palestre, all’outdoor – è stata pensata la parte Il messaggio viaggia, che offre riferimenti affidabili per iniziare a praticare un parkour pieno di senso, come lo viveva Federico, e conoscere in che modo questa disciplina sta dialogando con l’architettura e l’urbanistica e cambiando le città, a favore di più ampi spazi di libera espressione e nuova concezione.
Infine, la scelta editoriale si è orientata a una restituzione del messaggio e degli insegnamenti anche tramite video (attraverso QR Code appunto) e report fotografico, vista l’importanza che Federico attribuiva alla percezione visiva. La parte Ritratti e immagini compone un “collage” di fotografie selezionate, dimensione per dimensione, di Federico, sintetizzandolo, cogliendone lo sguardo e metaforizzando tramite immagini e didascalie i principi teorici e lo spirito, l’umano a 360°, il visibile, l’invisibile.
NOTA DELLE “AUTRICI”
Questo libro non riporta parole nostre, se non in brevi tratti specifici (per esempio la prefazione di Serena Mignani a La dimensione etica, il capitolo scritto da Elisabetta Aloisi, etc.), ma quelle di Federico, e nasce dal desiderio di trasmettere ciò che pensava di una pratica sportiva – il parkour – che lui (e altre e altri con lui) ha voluto trasformare in una disciplina capace di permeare e orientare la sua vita.
Il testo nasce dalla composizione di materiale eterogeneo, caratterizzato da stili comunicativi diversi, perché prodotto in contesti e periodi anche lontani nel tempo gli uni dagli altri. Tale complessità è stata sapientemente tessuta dalla nostra editor Valentina Guzzardo, a cui va la nostra gratitudine, fino a creare mappe di senso in cui ciascuno possa muoversi liberamente. Una scelta editoriale e stilistica necessaria, creativa e un po’ acrobatica – come una tracciata di parkour – che è presente in tutto il libro e ne accompagna la lettura. Definendoci “autrici” di tale composizione accettiamo la responsabilità di esporci al giudizio di chi lo leggerà, offrendoci a un confronto che Federico non può più sostenere, ma convinte che questo libro possa essere proposta e suggestione positiva per molte e per molti, una “guida” per le nuove generazioni e gli educatori.
Elisabetta Aloisi Gabriella Baiguini
Valentina Guzzardo Serena Mignani
Maria Montefusco Margherita Tassi
Un momento di lavoro condiviso a La Florida casa-laboratorio (Miglieglia-CH) Foto: Serena
Mignani
ADAPT 1, Rio De Janeiro, 2019 Foto: Dan Edwardes
Poco più che trentenne emanava un’aura di rara saggezza e gravità, alleggerita dall’energia più giocosa; una concentrazione risoluta ammorbidita da una profonda empatia per tutti coloro che incontrava; un’intelligenza acuta temperata dalla gioia per la vita e per le cose semplici per cui vale la pena vivere. Nel 2010 è stato il primo italiano a superare la certificazione ADAPT Level 1 Parkour Coach, poi nel 2011 ha frequentato la prima, e ormai semi-mitica, certificazione ADAPT Level 2, diventando uno dei primi a superarla. Sono stato uno dei creatori di quel corso ed eravamo determinati a mantenerlo intransigente come lo era stato il nostro allenamento, e fino a oggi non ho mai incontrato una prova più dura di capacità fisica e psicologica e di resilienza. Gato vi scivolò attraverso.
Col tempo sarebbe diventato lui stesso un Tutor ADAPT, portando le certificazioni in Italia tramite la sua organizzazione ParkourWave, viaggiando infine per il mondo per aiutare la futura generazione di traceur ad affinare la propria abilità di coaching e costruire comunità proprie.
Questo è quello che ha fatto Gato: ha unito le persone, ha costruito comunità. La sua presenza ha fornito le solide basi su cui ogni comunità deve poggiare per crescere. Quando ci ha lasciato, nel 2019, la comunità italiana del parkour era diventata una delle più forti al mondo. E lì a Rio, circondato da gatti, mi colpì di nuovo che se ne fosse andato. Eppure non lo è.
Gato rimane nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto e di tutti quelli a cui ha toccato la vita. Ogni traceur con cui si è allenato, ogni allenatore a cui ha insegnato e ogni amico con cui ha percorso il sentiero tortuoso.
Spero che questo libro possa fornirti qualche piccolo spaccato dell’anima di quest’uomo straordinario e di ciò che ha ottenuto e trasmesso nella sua breve ma potente vita. Gato era un atleta, un traceur, uno studioso, un avventuriero, un filosofo, un leader e un’ispirazione per molti. E soprattutto era un amico.
Foto: ParkourWave
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INTRODUZIONE
UNO SGUARDO DA VICINO. FEDERICO “GATO” MAZZOLENI
IN SIMBOLI
Il totem
Veniamo al dunque: perché squalo, ragno, elefante e gatto? (N.d.R. il nome del suo blog da cui sono estratti i testi: http://squaloragnoelefantegatto.blogspot.com)
Data la mia passione per i modelli socio-culturali più “primitivi” e la mia conoscenza del regno animale, ho deciso di utilizzare il concetto di totem come metafora per capire e descrivere la mia personalità.
Totem è una parola di origine Ojibway (una popolazione di nativi americani del ceppo algonchino come i Mohicani, per esempio) che rappresenta un’entità naturale che riveste un particolare significato simbolico per una persona o clan.
Mettendo insieme vecchi sogni ricorrenti (soprattutto di squali, ma anche di ragni e gatti), interessi adolescenziali (ragni), esperienze profondamente toccanti (elefanti e gatti) e una certa elaborazione simbolica (aiutandomi con libri, internet e amici competenti), sono arrivato a questi quattro.
Tra l’altro ho trovato interessante il fatto che l’ordine (da sinistra a destra, ma in realtà dal basso verso l’alto) sia più o meno coerente con la scala evolutiva degli animali (lo squalo è più primitivo dell’elefante) e anche con la primitività dei concetti ai quali gli animali vengono accoppiati. Ecco qui uno schemino che illustra alcune delle connessioni simboliche che mi legano a queste bestie:
Squalo. Rappresenta l’aggressività orale, le pulsioni predatorie più primordiali.
Ragno. Anticonformismo e oppositività.
Elefante. Simboleggia la parte saggia e responsabile ma anche determinata.
Gatto. È l’indipendenza, la curiosità e il narcisismo (nonché un’integrazione delle figure precedenti).
Oltre a una connessione simbolica con la mia personalità, questi animali funzionano perfettamente come riferimento nello svolgimento di particolari attività. Mi rendo perfettamente conto che pensare a un ragno mentre arrampico non mi permette di scalare come spiderman, tuttavia negli ultimi anni, nel campo della psicologia dello sport sono stati descritti una quantità di meccanismi interessanti che possono migliorare le prestazioni.
Uno di questi è lo stato di flow, definito come un particolare stato psicologico in cui il soggetto è totalmente assorto nell’attività in svolgimento. Credo che il raggiungimento di tale stato, per esempio, possa essere aiutato da una disposizione interiore positiva che, per me, può essere raggiunta attraverso il pensiero simbolico. Così mi piace pensare di potermi ispirare all’uno o all’altro animale a seconda di quello che sto facendo.
Spiega che il suo obiettivo è quello di proteggerla dagli evidenti e irrispettosi commenti e sguardi indiscreti. Il messaggio che gli uomini sembrano mandare: “Una donna che si allena in piazza tra gli uomini si può guardare e commentare”. Particolarmente frustrante è stata la sensazione di impotenza che tutti abbiamo provato a causa del gap culturale e della barriera linguistica.
Il terzo giorno ci alleniamo presso l’Università statale di Al Aqsa, a Khan Younis. Pur sospetti e sull’attenti a causa di quanto accaduto il giorno prima, ci accorgiamo subito di quanto il clima universitario non sia paragonabile all’atmosfera della piazza di un quartiere periferico. È proprio in università che, grazie alla determinazione della coordinatrice della carovana Meri
Calvelli, siamo riusciti in qualcosa di importante, dando luogo a un breve momento di allenamento misto. Al solito gruppo di praticanti si sono aggiunte una ventina di donne e insieme (o meglio, un cerchio di donne e uno di uomini) ci siamo riscaldati con qualche andatura e giri di corsa.
Gli spalti erano gremiti di donne entusiaste e stupite, che incitavano il gruppo e facevano foto. Il gruppo femminile ha poi continuato ad allenarsi autonomamente seguendo la ragazza italiana. Un episodio che, per quanto isolato, può essere letto come l’inizio di un percorso.
Al quarto giorno di allenamento si percepisce l’evoluzione del rapporto tra la ragazza e i praticanti gazawi. Dall’incredulità e invadenza iniziale, infatti, tanti ragazzi sono passati al rispetto
Allenamenti a Gaza. Elisabetta Aloisi conduce il gruppo delle donne
LA DIMENSIONE PRATICA
LO SPIRITO DEL TEMPO, LO SPIRITO DEL PROFONDO
Introduzione a La dimensione pratica, frutto di un’intervista di Valentina Guzzardo, giornalista ed editor, a Marcello Palozzo, tra i co-fondatori di ParkourWave insieme a Federico “Gato” Mazzoleni e fondatore di Human Movement Studies.
Nelle pagine che state per leggere ritrovo ciò che con Gato stavamo facendo e su cui discutevamo: l’importanza di riuscire a riportare tutto ciò di cui parlavamo a un contesto che fosse vissuto all’interno del corpo, perché l’esperienza umana si vive attraverso la pelle e, se non filtra dentro mediante il vissuto soggettivo, rimane solo una vita non esaminata, come diceva Socrate: una vita senza ricerca, che non è degna di essere vissuta. La dimensione pratica è l’esamina di ogni filosofia, se invece si rimane solo nel mondo astratto delle idee si finisce per disgregarsi lentamente e non apprezzare fino in fondo tutto quello che significa vivere la vita. L’importanza di riportarci alla dimensione pratica è ancora più evidente in un’epoca come la nostra che confina sempre più negli angoli l’approccio fisico e diretto all’esperienza umana, dove tutti diventano esperti di qualcosa che è teorico e che poi non trova alcuna attuazione nella quotidianità. Ritornare alla dimensione pratica significa riportarci a una congruenza interna, quella di cui parlava anche lo psicologo Carl Rogers, che riallinea un self potenziale interiore allo svolgersi di tutti i nostri giorni, che va vissuto attraverso il corpo. Allo stesso modo in cui un fiore vuole sbocciare, noi vogliamo cavalcare i nostri potenziali per allinearci alla nostra natura, a quello che è chiamato dharma dalle tradizioni orientali, il nostro destino, quello che lo psichiatra Carl Gustav Jung chiamava processo di individuazione. Tale percorso non può essere fatto parlandone, ma deve essere fatto vivendo. E come si vive attraverso la dimensione pratica? Come facevamo con Gato, mettendo le mani nel fango, tornando a casa coi vestiti laceri, con qualche acciacco. Se invece la vita viene trattata
con i guanti, come qualcosa da osservare da lontano, secondo me arriva un momento in cui ci si guarda indietro e si dice: avrei potuto fare di più, avrei potuto sporcarmi per scoprire cosa succede. Molto spesso si parla di energia, di aliveness, e cos’è? Riuscire a vivere con una certa intensità, rimanere aperti a tutto ciò che la vita ci sta lanciando addosso e incontrare quante più moltitudini di esperienze possibili per viverla a pieno. Fare un’esperienza di autentica vita nel proprio corpo richiede tanto coraggio, una mente aperta e quanto più possibile priva di preconcetti. Solo così è possibile parlare concretamente di idee, ed è importante farlo perché il livello filosofico, psicologico, etico che guida le nostre esplorazioni pratiche è la base che ci permette di agire, se questo livello non è presente o non è chiaro molto spesso le nostre azioni possono essere distanti da ciò che è effettivamente rilevante per noi, perché senza quegli assiomi fatichiamo a orientarci.
Il potere di queste pagine è che funzionano come una scintilla per accendere il fuoco. Nel momento in cui un testo ispira a disconnettersi dal cellulare, a uscire di casa, volersi espandere oltre un contesto chiuso e determinato, esplorare una dimensione che sia diversa da quella preordinata e direzionata dell’esistenza... vuol dire che quel testo è un motore immobile pratico, superiore a qualunque insegnamento teorico, perché accende la voglia, la creatività e dà una direzione all’autonomia della crescita personale. È come fare un salto mortale indietro, un salto nel vuoto in cui anche la psiche cambia completamente. La lettura attiva la voglia di fare, di andare in strada, immergersi nello sconosciuto, accende il senso di avventura, il desiderio di scoprirsi e scoprire il mondo. Nessuno sa dove può portare, ma è certamente direzionato verso l’azionabilità. La miccia dell’entusiasmo che Federico trasmette connette a qualcosa di estremamente importante della natura umana. Vogliamo razionalizzare tutto, ma c’è qualcosa in quella scintilla che orienta e scalda, è la stella polare.
IL PARKOUR ONLINE E SUI MEDIA
Proprio la passività e la mancanza di capacità critica rimangono le maggiori sfide che l’educazione deve affrontare nell’era della società dello spettacolo e della rete. Per Debord l’instaurazione della verità nel mondo, non può essere attuata da individui che non sono collegati con la storia e la civiltà collettiva, e neppure da esseri dicotomizzati e manipolati. Queste persone, per modificare la loro realtà, devono essere in grado di dialogare e di utilizzare il linguaggio come strumento di costruzione sociale (Isidori 2015).
La stampa, che è stata il mezzo di comunicazione principe delle età dello sviluppo della civiltà moderna, dell’affermazione delle libertà civili, ha lasciato il posto alla televisione. Se l’alfabetizzazione era garanzia e condizione necessaria alla partecipazione ragionata al discorso pubblico, nell’epoca della tv questo si è ridotto a una forma di divertimento, a una sequenza rapida e sfuggente di immagini che appaiono e scompaiono sulla superficie di uno schermo lasciando subito il posto ad altre figure, ad altre luci, ad altri colori (Buonocore, postfazione a Divertirsi da morire).
Nel corso della loro storia, gli sport moderni hanno sviluppato regole sempre più dettagliate per definire i limiti di partecipazione e accesso alla pratica sportiva. Queste regole riflettono il disegno organizzativo dello sport moderno, fondato a beneficio dello stato-nazione che lo finanzia e promuove fino alle Olimpiadi. Ora stiamo forse assistendo alla nascita degli sport post-moderni? Non è certo più lo stato-nazione che influenza questi processi, a essi si è sostituito il mercato globale. Non sono più esigenze politiche quelle su cui si plasmano gli sport, oggi sono esigenze economiche; non si tratta più di regole dettagliate e competizioni tra nazionali ma di rendere tutto spendibile. Ecco come la spettacolarizzazione, in funzione del profitto, quando non crea dal nulla (pensiamo allo sport slamball, per esempio), manipola movimenti, discipline e culture per i propri fini.
Cosa ci rimane? Ci rimane il diritto al dissenso, e la presa di coscienza che per fare da contrappeso a una diffusione massificata e superficiale serve un esercito di praticanti, educatori, insegnanti, cittadini critici e liberi pensatori che lavorino sulla qualità e sull’approfondimento. Ognuno attraverso la propria disciplina e specializzazione sarà chiamato a contrastare la passività, la superficialità e la paura di non diventare mai dei campioni, di parkour come di qualsiasi altra cosa. Sarà dura ma dovremo far capire a tutti che, alla fine, non è quello che importa.
Nota finale: il pericolo in agguato
Stavo per dimenticarmi la fine della puntata di Black Mirror. Dopo il drammatico discorso di Bing, i giudici, inaspettatamente, lo applaudono e gli offrono la possibilità di entrare a far parte dello show con una rubrica personale. Bing, dopo un’attesa carica di tensione, accetta: ottiene così il potere di gridare le sue critiche agli spettatori che lo guardano dalle cyclette. Si conclude così il processo della spettacolarizzazione: fagocitando, spettacolarizzando e infine sterilizzando le critiche stesse.
Nessuno, o quasi, è più in grado di disconnettersi dalla società dello spettacolo. A tutti noi rimane solo la possibilità di scegliere un compromesso, nella speranza di ottenere più di quello che si perde.
Gato, ParkourWave
Dal blog, 24 novembre 2016
FILM DOCUMENTARIO D’AUTORE ÊTRE ET DURER (doc. Italia, 2017 – 73’)
Federico ha partecipato, anche in veste di protagonista, ad alcune produzioni video. Di seguito le principali in cui ha lasciato il suo contributo.
Être et Durer è un film documentario del 2017, preziosa memoria storica degli albori del parkour: ne racconta dieci anni fondamentali con immagini ad alto impatto e interviste a fondatori e protagonisti che hanno fatto la storia di questa disciplina.
Il lungometraggio esplora la relazione tra madri e figli adolescenti, attraverso il parkour. Infatti, l’autrice e regista Maria Serena Mignani, madre di un bimbo ipercinetico che ora (nel 2023) ha trent’anni, ha scoperto e vissuto con lui – filman-
ÊTRE ET DURER
Il sito del documentario
Serena Mignani e Federico “Gato” Mazzoleni durante l’intervista.
IL PRINCIPIO DELLA SFIDA
In principio c’era un gioco, e il gioco era una sfida. Questo principio suggerisce al praticante l’utilizzo della sfida, appunto, come strumento per la crescita. Attraverso la sfida si riflette sui propri limiti, sulla sincerità, sull’autodisciplina, sulla generosità, sulla cooperazione. Attraverso la sfida si può forgiare la propria armatura corporea. Il praticante si tempra con la sfida, che è più un come che un cosa.
IL PRINCIPIO DELL’ESPLORAZIONE
Esplorare significa ascoltare la propria curiosità, attraversare l’ambiente e scoprirlo, esporsi all’incertezza, avere la forza di fare ciò che vogliamo, ignorando le costrizioni sociali. Dall’esplorazione sboccia la creatività vera, che non è imitazione, ma libertà di pensiero fuori dai vincoli: si può esplorare il fuori e anche il dentro, si possono sperimentare tutti i modi di muovere il proprio corpo. Anche la visione laterale si sviluppa con l’esplorazione in tutte le sue forme. L’esplorazione stimola a continuare la ricerca.
IL PRINCIPIO DELL’ADATTABILITÀ
L’adattabilità è un grande contenitore, elastico. Dentro si trova il concetto della parkour defence (le tecniche di recupero da un errore), ma anche la constatazione che le tecniche vanno adattate al contesto, rese morbide: la natura è maestra qui.
Ma c’è anche un altro tipo di adattabilità, che è quella alle circostanze esterne più generali, ai vincoli. Essere in grado di rinunciare ai comfort (necessità?), essere efficaci anche sotto la pioggia o con le “scarpe sbagliate”, poter fare a meno delle cose che ci legano.
Tenendo bene a mente l’assioma e i princìpi, imparando ad allenare le qualità condizionali e osservando attentamente gli attributi, credo che abbiamo radunato tutti gli ingredienti necessari. Ma come servirli?
IL PROBLEMA DEL COME
Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco.
(Confucio)
Appunti preliminari (un po’ caotici) sull’apprendimento
Secondo la classica definizione degli psicologi americani E. Hilgard e G. Bower (1966), l’apprendimento è il processo mediante il quale “si origina o si modifica un’attività reagendo a una situazione incontrata”, senza che tale attività sia originata da “risposte innate” o da “stati temporanei dell’organismo”. In altri termini, apprendere significa creare o modificare un comportamento in modo stabile e durevole (quindi non temporaneo), partendo da stimoli acquisiti dall’esterno (quindi non innati). L’apprendimento è un cambiamento interno (si veda anche Bateson che approfondisce: il cambiamento è un processo che può a sua volta cambiare... si originano così i quattro livelli di apprendimento). Di che cosa?
Per rispondere occorre una teoria. Quale scegliere? Dalla teoria delle competenze otteniamo tre categorie: sapere, saper fare e saper essere. Nel quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF), vengono usate queste tre categorie analoghe.
1. Conoscenze: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche.
2. Abilità: indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).
RITRATTI E IMMAGINI
Di quella volta in cui ha abbiamo girato la Grecia facendo stare tutto il materiale per campeggiare in una moto... Anche una canna da pesca super compatta che ci ha permesso quella sera di cenare solo con quanto trovato in natura (qualche erba raccolta, un granchio e un mini pesce pescati da lui). Non sono riuscita a trovare foto che raccontino il tentativo continuo di Fede di cercare maestri e spiritualità, come quando in Indonesia si è fatto insegnare a pescare e a guidare la barca da un anziano del posto, oppure quando alle Meteore, in Grecia, ci ha fatto ospitare da un eremita. Ci sono diversi altri esempi di queste avventure che, ora che ci penso, forse anche per la loro sacralità non sono state fotografate.
Elisabetta Aloisi
Foto: Elisabetta Aloisi
“Questo libro, in sintesi, è una ‘guida’, per neofiti e non, sul senso e gli strumenti per tracciare percorsi capaci di nuovo sguardo: che sa vedere in ogni spazio (fisico – urbano e non – e mentale) possibilità di movimento e opportunità di spostamento inedite, celate invisibilmente nel reale”.
Il Parkour/ADD (Art Du Déplacement)/Freerunning, disciplina sportiva nata nelle periferie francesi intorno al 1980, affascina sempre più giovani per la sua spettacolarità, ma dietro ai salti e alle evoluzioni spericolate che si vedono su YouTube può esserci molto di più: un percorso metaforico di crescita personale attraverso la “sfida” che porta alla capacità di stare coi propri limiti, all’autodeterminazione, alla libertà di muoversi attraverso e oltre qualsiasi tipo di terreno o apparente ostacolo, anche simbolico.
Lo racconta in questo libro Federico “Gato” Mazzoleni, pioniere del parkour in Italia e tra i principali promotori di questa disciplina nel nostro paese e in Europa, scomparso prematuramente per malattia, considerato un ispiratore e una guida dai fondatori del movimento e da tutti coloro a cui ha insegnato.
I suoi testi sulla disciplina, riflessioni, schemi, interviste e video sono stati raccolti postumi da un gruppo di donne che ne ha salvato l’eredità di sapere non per celebrarlo, ma per continuare a “trasmettere – come scrive Federico –a un numero crescente di interessati, il parkour nella giusta maniera, cioè non attraverso immagini facilmente fuorvianti, ma tramite un rapporto personale, che è l’unico modo per trasferire qualcosa che vada al di là dei semplici movimenti”.