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IL BOND ENI, IL CANE A SEI ZAMPE FA IL TUTTO ESAURITO

“Sold out!”, tutto esaurito! 2 mld di offerta per 10 mld di domanda, le banche e le società di consulenza dovrebbero comunicarlo con cartelli o manifesti sulle vetrine di tutte le sedi, perché la sottoscrizione dell’obbligazione Eni ha fatto letteralmente impazzire gli investitori e i piccoli e grandi risparmiatori italiani, tanto che in poche ore l’offerta è stata letteralmente spazzolata. E questo è un successo, sia per il mondo del risparmio gestito, sia per l’Eni e anche per l’Italia che ha in questo gigante un punto di riferimento e una salvezza per l’economia del nostro Paese. Innanzitutto cominciamo dai dati e dalle principali caratteristiche del prodotto: 02/23 – 02/2028 (durata del prodotto), rendimento 4,3% (25 bp superiore all’equivalente Btp), rating A-, cedola annuale. Sembra di rivivere i tempi delle grandi privatizzazioni, quando lo stato italiano era dotato ancora di un grande patrimonio, gli investitori avevano il morale alle stelle grazie alle quotazioni di Piazza Affari sui massimi assoluti, il debito era in contrazione, e l’Italia entrava nell’Euro con una crescita economica sostenuta e le speranze volavano con i desideri. Oggi invece abbiamo un morale a terra, schiacciato dalla pandemia, dall’inflazione, dalle guerre, dal rischio recessione, con la borsa in avvitamento e uno stato che sta esaurendo i gioielli di famiglia, ma i conti degli italiani sono ancora gonfi: 1835 mld di liquidità e se arriva l’offerta buona, prendiamola! E l’offerta è quella proposta da Eni, che insieme al suo principale azionista, l’Italia, si sta attivando per risolvere le inefficienze energetiche del nostro paese. Il grido di battaglia è quello lanciato da Claudio Descalzi, ad di Eni (nella foto) “l’Italia non perda l’occasione di diventare l’hub energetico europeo”, e il governo Meloni, in missione nei Paesi nordafricani sta agendo per raggiungere lo scopo. Il programma è molto ambizioso: consolidare i rapporti con i partner storici del Nord Africa (Algeria, Libia, Egitto) per aggiungere altri 12-15 mld di metri cubi di gas e superare così le dipendenze dalle forniture di Mosca. Oggi è solo gas, domani con lo sviluppo delle rinnovabili, potrebbe essere anche idrogeno green, ma per fare tutto questo ci vogliono le infrastrutture, e in Italia mancano e soprattutto vengono ostacolate. Ci vogliono nuovi gasdotti, oltre a quelli già presenti, e sono necessari nuovi rigassificatori, che per l’importante mercato dell’energia equivalgono a quello che sono le gigafactory per la tecnologia, averli in casa è un importante vantaggio rispetto ai competitor. È un programma ambizioso, ma se pensiamo a come stava l’Italia un anno fa, questo è un passo da gigante che merita fiducia. Come merita fiducia il bond Eni. C’è solo una nota stonata in questa meravigliosa offerta finanziaria, ed è nella cedola integrativa che il gruppo Eni propone alla scadenza finale: un ulteriore 0,5% di rendimento che verrà pagato nel caso il gruppo non dovesse raggiungere due obiettivi prestabiliti entro 2025. Il primo è l’aumento delle energie rinnovabili fino a 5GW, il secondo è una riduzione delle emissioni da consumi energetici almeno del 65%. Nel caso gli obiettivi non venissero raggiunti il gruppo si troverebbe costretto a pagare questa integrazione cedolare che diventerebbe una sorta di rimborso. Perché non un bonus su obiettivi raggiunti? Sarebbe stato più stimolante per tutti, utile sia al risparmiatore, all’azienda e anche all’ambiente, un target che avrebbe meritato una certificazione Esg a 5 stelle. A queste condizioni è preferibile l’azione, se c’è crescita ne beneficiano capital gain e dividendi.

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TECNOLOGIA SOGNO FINITO? NO, STA SOLO RISTRUTTURANDO

“Teams down, se avete problemi con Microsoft non siete i soli. Diversi utenti, anche in Italia, non riescono ad accedere ai servizi Microsoft 365” titolava Repubblica il 25 gennaio scorso per raccontare dei problemi, tra l’altro ammessi con un tweet dalla stessa azienda, riscontrati in molte aree del mondo dai clienti.

“Milioni di italiani con la posta elettronica bloccata: che succede a Libero e Virgilio?” si interrogava il Sole 24 Ore in merito al lungo periodo di disservizio subito dai 9 milioni di clienti della società Italia Online. Insomma, un inizio d’anno non proprio in maglia rosa quello che arriva dopo un 2022 che definire “nero” sembra riduttivo visto che è costato all’industria tecnologica più di 7mila miliardi di dollari di valutazioni sfumate in Borsa. Basti pensare al primato conseguito da Amazon quale prima azienda al mondo a perdere mille miliardi di valore di mercato. Se a tutto questo sommiamo le già avvenute riduzioni di personale e gli ulteriori licenziamenti, annunciati da più parti: da Intel a Spotify, da Alphabet a Microsoft, da Meta a Twitter, IBM, Amazon, il panorama per il comparto tech potrebbe sembrare in rapida decadenza. E di fatti gli analisti hanno già dato fiato alle sirene d’allarme. Ma sarà vero che la festa è finita? Difficile crederlo soprattutto se guardiamo a queste fasi di “ristrutturazione” come necessarie per consolidare le linee di business con ancora potenziale e per investire in aree innovative su cui puntare. Mcrosoft, per fare degli esempi, spinge sull’Intelligenza Artificiale, Ama- zon sulla logistica, Meta fa piani miliardari per la realtà virtuale senza confini… e d’altro canto, a Mürren, stazione sciistica dell’Oberland bernese, se non nevica, dove ci si dà appuntamento per una gara a palle di neve se non sul metaverso?

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