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5G PRONTO ALLA RISCOSSA IN BORSA/ Titoli tech scambiati a prezzo di saldo, è ora di comprare

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RICETTA ANTIVOLATILITÀ/ Tanta prudenza e scelte azionarie diversificate per non bruciarsi 26

MERCATI EMERGENTI/ Puntare le fiche su Brasile e Messico per ripartire col piede giusto 29

FONDI ESG È FINITA LA SBORNIA? / Tutti i nodi non ancora risolti che frenano l'avanzata green 31

REDDITO FISSO, SU LA TESTA/ Il contesto attuale suggerisce prudenza: l'azionario può attendere 32

EQUITY, VOGLIA DI BANCHE/ Primavera anticipata per i titoli bancari attesi da un semestre d'oro 34

LA MORALE DEL CASO H2O/ Le authority europee devono studiare nuove regole sugli illiquidi 36

PRIVATE DEBT/ Per Generali Investments le soluzioni a tasso variabile sono da consigliare 39

REBUS RECESSIONE/ Ci sarà o non ci sarà? Banche centrali e Fmi troppo oscillanti 40

LA GUERRA DEGLI INCENTIVI/1 I consulenti finanziari si dividono sulla proposta Ue di vietarli 42

LA GUERRA DEGLI INCENTIVI/2 L'avvocato Zitiello spiega perché abolire gli inducement è un errore 46

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CONSULENTIA/ Inizia il conto alla rovescia per la decima edizione a Roma dal 14 al 16 marzo

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BANCA GENERALI CON L'ANIMA ESG/ L'istituto del leone alato accelera sulla sostenibilità

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FONDO FINER/ Colombani (First Cisl) lancia la crociata per il "Fondo nazionale economia reale"

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PENSIONI IN FRANCIA/ L'ultima (inutile) battaglia dei francesi per difendere la loro previdenza

PENSIONI IN ITALIA/ 2030: pensioni a rischio nel Belpaese, ma il disastro si può ancora evitare 54

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PARLA BERTONE (FONDO ITALIANO)/ Il ruolo del private equity in Italia e il nuovo piano industriale

OSSERVATORIO CRIPTO 21SHARES/ Dal rialzo dei Bitcoin alla nuova legge di bilancio

UNIVERTIS FORMA/ Arriva il master per costruire gli analisti del private capital 65

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SACE: LA MAPPA DEI RISCHI 2023/ Rischi politici più intensi e rischi di credito stabili per le aziende

FONDI ATTIVISTI SCATENATI/ Il mercato nel 2023 sarà pieno di occasioni per gli activist shareholder 68

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COSMOPOLITICA di andrea margelletti

Cosa dimostra l'accordo Ue sul price cap per il gas russo

POLE POSITION/ Le previsioni astrologiche su economia e mercati (per chi ci crede)

QUI NEW YORK di glauco maggi

Contro il tran tran degli Etf vincono solo i fondi contrarian 75

IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

Svezia, scoperto il più grande giacimento di metalli delle Terre Rare

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La Fede Nella Crescita Cinese Non Pu Pi Essere Assoluta

ADavos l’ottimismo sul futuro economico prevaleva fra i potenti della terra convenuti fra le montagne svizzere. Del resto sono tenuti, se non altro per auto-conservazione, a vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma forse un giudizio più prudente e articolato sul futuro della Cina, ormai una componente fondamentale della crescita mondiale, sarebbe opportuno. Le cronache recenti dicono che lo scenario del gigante asiatico è dominato da tre elementi: la popolazione sta invecchiando; la crescita sta rallentando; la politica zero-Covid voluta da Xi si è rivelata inapplicabile e l’epidemia dilaga nel paese.

Nonostante la sorpresa che sembra dominare in molti commenti, nessuno di questi tre elementi è una novità. In particolare il primo: la demografia è una delle poche scienze sociali (quasi) esatte e l’invecchiamento della popolazione, conseguenza della politica onechild applicata in modo ferreo, era previsto da tempo: un libro sulla Cina di oltre dieci anni fa, intitolava un capitolo: “diventeranno vecchi prima di diventare ricchi” e infatti puntava più sull’India (la cui stella brillava nei giorni scorsi a Davos) per lo sviluppo a lungo termine.

Ma lo stesso può dirsi per il rallentamento dell’economia: nessun Paese è mai riuscito a conciliare livelli record di crescita con tassi di investimento che superavano il 30 e anche il 40 per cento del Pil. Prima o poi bisogna cambiare modello di sviluppo e trasferire la domanda dagli investimenti ai consumi e capire come smaltire l’eccesso che si è inevitabilmente accumulato, in questo caso soprattutto nel settore edilizio. In effetti, questo era l’obiettivo principale delle politiche economiche che il premier Xi ha costantemente annunciato fin dal suo insediamento e ribadito dopo la Grande crisi finanziaria, ma evidentemente riuscendo solo marginalmente nel suo intento, perché la composizione della domanda risente di squilibri sociali che non sono stati risolti, anzi forse accentuati, dalla grande crescita del passato. Che producono un risultato positivo: gli alti tassi di risparmio che evitano che il paese accumuli deficit nelle partite correnti, ma hanno anche un effetto collaterale negativo, perché sono determinati proprio dalla necessità di accumulare risorse (sanità e pensioni) che nel sistema occidentale sono a carico del bilancio statale.

E qui veniamo al terzo problema. La politica zero-Covid che pretendeva di mettere le manette ai virus si è rivelata inapplicabile in un grande paese industriale, ma aveva una motivazione ovviamente inconfessata: l’inadeguatezza del sistema sanitario cinese ad affrontare una pandemia come questa, che si diffonde con una velo- cità e una mortalità di gran lunga superiore alle precedenti: il paragone con quella provocata dalla Sars, cioè dal virus dello stesso ceppo e di pochi anni fa, è agghiacciante. Ancora una volta, una prova (al di là di ogni ragionevole dubbio, verrebbe da dire) dei profondi squilibri che ancora contraddistinguono la società cinese.

Nessuno di questi tre problemi è irrisolvibile, anzi il primo contiene anche una buona notizia perché finalmente uno dei paesi più popolosi (presto però il primato sarà dell’India) registra una contrazione degli abitanti e riduce la pressione sulle risorse globali, a cominciare dal clima. Ma una popolazione che smette di crescere è anche una popolazione che invecchia e in cui quindi si riduce il rapporto fra i lavoratori che pagano tasse e contributi sociali e numero totale degli abitanti. Per la Cina, che ha già una spesa sociale squilibrata, questo vuol dire che o il reddito dei vecchi meno abbienti dovrà contrarsi, oppure il prelievo fiscale sui lavoratori dovrà aumentare. O qualsiasi combinazione fra le due cose. Il che pone problemi di equilibrio sociale e politico che pochi possono prevedere, vista la cortina fumogena che il sistema ha sempre costruito intorno agli aspetti più delicati della sua società.

Non a caso il premio Nobel Paul Krugman paragona la situazione presente della Cina a quella giapponese alla fine degli anni ‘80. Un alto tasso di crescita determinato soprattutto dagli investimenti che aveva superato i limiti della sostenibilità. Krugman ricorda che in quel caso la soluzione fu la combinazione tra il rallentamento della crescita e la spesa in deficit a profusione, che ha portato ai livelli stratosferici del debito pubblico (e, si potrebbe aggiungere, lo scoppio della bolla immobiliare e azionaria).

Egli però dubita che la stessa terapia possa essere applicata alla Cina, a motivo dei segreti impenetrabili che circondano il sistema di potere politico (al di là dei successi plebiscitari di Xi) e delle rigidità che frenano o addirittura impediscono – come si è ampiamente visto in oltre un decennio – mutamenti strutturali del modello di sviluppo. Tutto questo significa che la crescita cinese è destinata ad essere uno dei temi più delicati dello scenario economico e politico mondiale.

La sua presenza nel consesso delle grandi potenze non sarà mai in discussione, ma la fede rocciosa nella capacità di mantenere livelli record di espansione non è più giustificata. Del resto, per i Paesi vale il sacro principio dei mercati finanziari: le performance del passato non sono garanzia di performance future. Anzi. Investire oggi in Cina continua ad essere un obiettivo che non si può non prendere in considerazione, ma prudenza e selettività devono essere le linee guida fondamentali.

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