iMEAT Giornale marzo-aprile 2023

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Anno 11 - n. 56 MARZO/APRILE 2023 Macelleria Pasinato, felici di servirvi Macellata, fresca, frollata 24 Al pascolo, vicino a casa 20 40 12 Come si conservano i salumi? Ecod Srl UnipersonaleVia Don Riva, 3820028 San Vittore Olona MIPoste italiane spasped. in A. P.70%LO/VAIn caso di mancato recapito si prega di inviare al CPO Varese per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto 4 iMEAT 2023 Ai blocchi di partenza! 26-27-28 MARZO 2023 ModenaFiere

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26-27-28 MARZO 2023 - ModenaFiere

iMEAT 2023 Ai blocchi di partenza! È

giunta l’ora. Dopo quasi due anni d’attesa e mesi di preparativi siamo arrivati, finalmente, ai blocchi di partenza dell’evento tanto atteso, la nostra/vostra fiera iMEAT.

Tre giorni intensi per incontrarsi, confrontarsi, sfidarsi e scambiarsi idee e progetti. Tre giorni per fare il punto sullo stato dell’arte del comparto, mai come oggi vivace e propositivo, e per esplorare con l’aiuto delle aziende presenti novi-

tà, soluzioni e proposte all’insegna della ricerca, della tecnologia e dell’efficienza per lo sviluppo di una macelleria moderna e al passo coi tempi.

Il programma è ricco, interessante e, speriamo, divertente. Perché

queste occasioni sono una festa, dopotutto, ed è importante anche viverle in allegria, serenamente. Anche il divertimento fa parte del contesto e aiuta a osservare, imparare e scegliere con cognizione.

Il confronto tra colleghi del medesimo settore che si ritrovano, poi, è il modo migliore per crescere e progettare le azioni future, forti di larghe vedute e obiettivi ben studiati.

Le giornate, scandite da appuntamenti imperdibili che vi invitiamo a seguire, vedranno il susseguirsi di eventi formativi e conviviali, come annunciato in precedenza, e saranno il fulcro di iMEAT, il trait d’union tra spettacolo e aggiornamento.

Domenica mattina si inizia con quello che è diventato un appuntamento fisso: la gara amichevole cuoco/macellaio. L’interazione tra professionisti che operano in campi diversi ma perseguono lo stesso obiettivo – soddisfare un cliente sempre più esigente e informato –è un punto di forza di questa gara amichevole. Quest’anno ai blocchi di partenza (simbolici) tre giovani cuochi e tre giovani macellai che, a coppie, si sfideranno nella lavorazione di carni bianche, prodotto sempre apprezzato, di qualità eccellente e particolarmente versatile. Sarà interessante osservare la cre -

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atività applicata alla materia prima per ricette finali che, siamo certi, saranno un ottimo spunto per chi vorrà farne tesoro.

Le coppie in gara nello spazio Arena formate da:

• Fabio Lusetti, chef e Denis Deganello, macellaio – lavoreranno la quaglia.

Luca Montanari, chef e Alessandro Di Leo, macellaio – lavoreranno il pollo.

• Paulo Gatti, chef e Gianluca Marzani, macellaio – lavoreranno il coniglio.

Saranno introdotte da Daniele Reponi e valutate da una giuria selezionata di cui faranno parte:

• un macellaio

Matteo Scibilia, chef Marina Caccialanza, giornalista. Nel corso della giornata, un appuntamento atteso ogni anno, il coinvolgente show cooking del cuoco “non cuoco” Daniele Reponi, impareggiabile interprete delle specialità proposte dalle aziende; il suo estro culinario è diventato, per i frequentatori di iMEAT, imperdibile perché fonte di ispirazione per tutti i professionisti della gastronomia e perché i prodotti del made in Italy non hanno eguali e, come tali, meritano la migliore presentazione.

La giornata di domenica vedrà anche l’attribuzione del premio speciale per la “migliore mortadella di iMEAT 2023”: i maestri ONAS decreteranno il merito tra una sele -

zione di mortadelle artigianali realizzate da macellai italiani. I corsi di formazione, numerosi e dai temi importanti, completeranno il quadro.

Lunedì sarà ancora all’insegna della competizione. Questa volta saranno macellai provenienti da Spa-

gna, Inghilterra e Italia a offrire lo spettacolo della maestria in veste “internazionale”. Gli spettatori potranno osservare stili diversi, metodi di lavoro, creatività e uno spaccato di cultura gastronomica come in nessun altro momento. Punto di partenza unico, una mezzena di agnello; risultato, tre piatti

dall’identità unica.

Le squadre, composte da: Gianluca Nardi - Italia,

• Daniel Herrero Gonzalez - Spagna,

• Barry Geen - Inghilterra. Saranno valutate da una giuria qualificata d’eccezione:

• Stefano Casella in rappresen-

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Instagram: imeat.fiera

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MIPIACE
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tanza dell’Italia, • Jose Luis Collazos Garay in rappresentanza della Spagna, • e Gordon Newlands in rappresentanza dell’Inghilterra.

Presentano: Donato Turba, macellaio, e Luca Bonacini, giornalista.

Appuntamenti particolarmente interessanti saranno quelli con gli chef di APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, che offriranno uno show cooking coinvolgen-

te, e il corso di tecniche di assaggio dei salumi a cura degli esperti di ONAS, Organizzazione Nazionale, Assaggiatori Salumi. Anche la giornata di lunedì sarà costellata di incontri di formazione su diversi temi di approfondimento che vi consigliamo di non perdere.

iMEAT 2023 è pronta a partire, noi ci siamo e voi?

L’Editore, Luca Codato

> PROGRAMMA CORSI ED EVENTI A PAGAMENTO

DOMENICA 26 MARZO 2023

- iMEAT LAB (Corso teorico-dimostrativo)

Come realizzare preparati con carne di pollo, coniglio e maiale, ma anche vegetariani.

Il corso è tenuto da Pietro Porsia

Durata: 1 ora e 30 minuti

COD. LAB26 Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 12.30 alle 14.00

COD. LAB26B Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 16.00 alle 17.30

SALA DEI 100 (Primo piano)

Costo € 50 (IVA compresa) - Massimo 25 spettatori

- DA MACELLAIO AD IMPRENDITORE - migliora i tuoi numeri, attira più clienti ed incrementa le vendite della macelleria (Corso teorico)

- Il Tempio Del Macellaio imprenditore che vuole guadagnare e avere più tempo libero

- I numeri in macelleria che bisogna controllare ogni giorno per prevenire insoluti, furti dalla cassa e/o “furbizie” sulle fatture di acquisto

- La differenza tra ricarico e margine che viene sbagliata dal 98% delle macellerie

- Come impostare il giusto prezzo di vendita senza che i clienti si lamentino

- Il punto di pareggio che svela quanto realmente deve incassare la macelleria per fare utili ogni mese

- Il centro di comando della macelleria: quali parametri analizzare e come prendere decisioni consapevoli senza ritrovarsi sommersi di rate

Compresi nel costo: libro “Apocalisse GDO: la fine delle macellerie che non sanno fare marketing” (del valore di 29€), materiale didattico e attestato di partecipazione

Il corso è tenuto da Giuseppe Tropeano

Durata: 2 ore

Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 14.30 alle 16.30

SALA DEI 400 (Primo piano)

Costo € 40 (IVA compresa) - Minimo 30 spettatori

CODICE CORSO: MKT26

LUNEDÌ 27 MARZO 2023

- iMEAT LAB (Corso teorico-dimostrativo)

Come realizzare preparati con carne di pollo, coniglio e maiale, ma anche vegetariani.

Il corso è tenuto da Pietro Porsia

Durata: 1 ora e 30 minuti

Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 10.30 alle 12.00

SALA DEI 100 (Primo piano)

Costo € 50 (IVA compresa) - Massimo 25 spettatori

CODICE CORSO: LAB27

- NUOVE FRONTIERE: COTTURA SOTTOVUOTO

A BASSA TEMPERATURA (Corso teorico-dimostrativo)

- Introduzione alla CBT

- Presentazione di 4 ricette, in monoporzioni sottovuoto, con 4 tipologie differenti di carne

- Poke di carne

Il corso è tenuto da Francesca Santin, Alta Formazione in Macelleria

Durata: 1 ora e 30 minuti

Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 12.30 alle 14.00

SALA DEI 100 (Primo piano)

Costo € 40 (IVA compresa) - Minimo 30 spettatori

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> COME ISCRIVERSI AI CORSI A PAGAMENTO

- ISCRIZIONE IN FIERA AI CORSI/EVENTI A PAGAMENTO

Il programma potrebbe subire delle variazioni

Sarà possibile iscriversi ai corsi/eventi a pagamento anche direttamente in fiera (fino ad esaurimento posti). Rivolgersi alla RECEPTION CORSI

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Sostenibilità e qualità, il futuro dell’agroalimentare italiano

Italia Next Dop, Simposio scientifico organizzato da Fondazione Qualivita, con oltre 800 stakeholder del settore agroalimentare di qualità italiano, 6 sessioni scientifiche, 90 progetti di ricerca per diffondere la ricerca scientifica nelle filiere DOP IGP ha lanciato un progetto di comunicazione scientifica internazionale per sostenere l’agroalimentare italiano

“Investire nella ricerca vuol dire puntare a essere sempre più competitivi e sostenibili. In legge di Bilancio abbiamo destinato 225 milioni di euro all’innovazione, che dobbiamo rendere nostra alleata nella valorizzazione della grande tradizione agroalimentare e vitivinicola italiana. Lo spirito di collaborazione è fondamentale per condividere proposte e ragionare su un sistema Italia sempre più capace di competere sul piano internazionale e sui grandi mercati, che hanno voglia di made in Italy”, ha affermato il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida nel corso del convegno organizzato da Fondazione Qualivita in collaborazione con Origin Italia, CSQA Certificazioni, Agroqualità, Poligrafico e Zecca dello Stato.

I TEMI PRINCIPALI

Le relazioni e i progetti esposti hanno offerto una visione di insieme inedita dell’evoluzione che le filiere del sistema agroalimentare di qualità nazionale stanno affrontando e delle sfide che dovranno affrontare. La ricerca ha mostrato una nuova visione della qualità e come le filiere made in Italy dovranno evolversi per rimanere sui mercati.

I principali temi trattati sono stati:

• la rilevanza di un cibo con caratteristiche nutrizionali ben codificate e orientate al benessere nel contribuire alla crescente qualità produttiva

• l’evoluzione dei sistemi agroalimentari di qua-

lità grazie a una legislazione rigorosa, coerente e trasparente a garanzia di consumatori e produttori

• l’importanza di un sistema di produzione coordinato che garantisce sicurezza alimentare e rispetto dei valori della filiera la crescente consapevolezza delle filiere sull’implementazione di processi di sviluppo sostenibile a tutto tondo, dall’ambiente al sociale, frutto di un’impronta etica ben riconoscibile

• nuovo impulso alla comprensione dell’evoluzione dei mercati e all’individuazione di nuovi sbocchi commerciali per le aziende

• valorizzazione delle certificazioni e come i processi di comunicazione della qualità debbano assumere un ruolo sempre più profondo rispetto al tradizionale messaggio pubblicitario, veicolando certezze e informazioni di garanzia in tempo reale oltre a notizie chiare e specifiche su tutti gli elementi della filiera.

LA QUALITÀ DEGLI ALIMENTI IG

Il consumatore cerca consapevolezza e attenzione verso le origini e la qualità dei prodotti che consuma.

La globalizzazione ha determinato l’entrata di prodotti alimentari provenienti da tutto il mondo, spesso senza sufficienti garanzie sulla qualità e sulle tecniche di produzione utilizzate.

I sistemi di «etichettatura» possono divenire deterrenti per il consumo di alcuni prodotti. L’origine locale del prodotto, che in passato era probabilmente scontata, adesso viene minacciata.

La qualità dei prodotti alimentari può essere influenzata da diversi fattori: il cambiamento climatico, la globalizzazione, la biodiversità e gli aspetti nutrizionali e nutraceutici.

È importante offrire al consumatore alimenti in grado di mantenere la salute senza ricadute negative sull’ambiente.

In questo contesto, le produzioni DOP e IGP racchiudono:

• eccellenza delle caratteristiche organolettiche

• legame col territorio

iMEAT GIORNALE 8 Le nuove tendenze alimentari
A
della
cura
redazione

• ottime proprietà nutrizionali e nutraceutiche tutela della biodiversità.

Partendo da queste basi è fondamentale che la ricerca approfondisca ulteriormente alcuni aspetti importanti come le tecniche agronomiche innovative, i programmi di miglioramento finalizzati all’aumento della qualità dei prodotti e una maggiore sensibilità verso le aspettative del consumatore rispetto a:

• biodiversità

• qualità organolettiche

• cambiamento climatico rinnovo varietale nutraceutica

• innovazione produttiva

• qualità percepita

• valorizzazione degli scarti.

LA SOSTENIBILITÀ

Le IG contribuiscono allo sviluppo sostenibile grazie al loro impatto positivo sulle aree rurali in

termini di effetti ambientali, economici e sociali sul territorio ma il risultato è una sfida che va perseguita utilizzando come strumenti la tutela della proprietà intellettuale e il disciplinare di produzione.

È importante essere consapevoli che le IG sono prodotti incorporati nel territorio da cui prendono il nome e sono il risultato di “compromessi” tecnici e sociali che si evolvono nel tempo attraverso sistemi di governance collettiva; generano beni privati e pubblici utilizzando le tecniche di produzione tradizionali; la sostenibilità deve essere considerata “attributo estrinseco” e un “bene fiducia”.

Per rispondere a questi canoni occorre identificare e condividere le determinanti che influenzano la sostenibilità; gestire i disciplinari con un approccio territoriale partecipativo coinvolgendo gli stakeholder del territorio e dare ai Consorzi un ruolo centrale nelle politiche di gestione, comunicazione e valorizzazione della sosteniblità tra-

sformandoli in garanti della sostenibilità.

La visione tradizionale della sostenibilità induce a pensare che le tre sfere – economia, società, ambiente - abbiano piccole sovrapposizioni e che la sostenibilità economica prevalga perché più immediata.

Una visione integrata della sostenibilità suggerisce un rapporto causa-effetto fra le tre dimensioni: nessuna dimensione domina l’altra.

Da ciò è possibile dedurre l’opportunità dei seguenti comportamenti

• non avere paura della sostenibilità

• affrontare il problema a livello di Consorzio

• considerare l’intera filiera e tutto il ciclo di vita dei prodotti

• affidarsi a standard riconosciuti preferibilmente internazionali.

BENESSERE ANIMALE E BIOSICUREZZA

Il caso Prosciutto di Parma

La qualità intrinseca di un prodotto alimentare è necessaria, ma non è più sufficiente per attrarre il consumatore e soddisfarne le aspettative. Creare un ulteriore valore aggiunto è diventata una pri-

“Uno sviluppo sostenibile (nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca) conserva la terra, l’acqua, le risorse genetiche vegetali e animali, non è degradante dal punto di vista ambientale, è tecnicamente appropriato, economicamente valido e socialmente accettabile.” (Consiglio FAO, 1989)

Le nuove tendenze alimentari

orità anche per prodotti tutelati già ben collocati sul mercato. Inoltre, nel campo dei prodotti di origine animale questo valore aggiunto è molto spesso legato alla sostenibilità etica dell’intero processo (prodotti a basso impatto ambientale, antibiotic free, animal friendly).

Un esempio è l’azione di Parsutt, Gruppo Operativo per l’Innovazione finanziato da Regione Emilia-Romagna, misura 16 del PSR 2014-2020, cofinanziato dal Consorzio del Prosciutto di Parma che ha come obiettivi creare uno standard relativo alla sostenibilità basato su requisiti di benessere animale e biosicurezza superiori ai minimi di legge e organizzare un modello di filiera produttiva del Prosciutto di Parma con plus di qualità aggiuntive, in grado di cogliere le richieste di consumatori attenti all’eticità delle produzioni e alla sicurezza del cibo che acquista.

I parametri del suo standard sono:

• Benessere degli animali: densità, zona di riposo, materiali manipolabili, somministrazione di acqua e alimento, mutilazioni, rilievi diretti sugli animali (lesioni, zoppie, tosse, starnuti, condizione corporea, ecc)

Biosicurezza aziendale: insieme di fattori che possono contribuire alla difesa dell’allevamento dall’ingresso e/o dalla diffusione di malattie (procedure per ingresso visitatori e disinfezione automezzi, quarantena, infermeria, vuoto sanitario, ecc).

Da questi deriva la verifica dell’applicabilità dello standard, la verifica della tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera (allevamento, trasporto, macello, prosciuttificio, vendita al dettaglio) e il calcolo della sostenibilità economica:

costi degli allevatori per adeguarsi allo standard

• costi del resto della filiera per tracciabilità prodotto.

COMPRENDERE I MERCATI

Comprendere i bisogni del consumatore, anche alla luce di nuovi trend che stanno interessando il settore (salute/benessere, sostenibilità, time-saving, ecc.) è un fattore importante.

Le ricerche di mercato hanno evidenziato l’impatto dei prodotti DOP e IGP sui consumatori al fine di analizzarne i comportamenti.

Il 76% dei consumatori conosce il logo IGP e l’82% il logo DOP ma solo il 64% e il 55% rispettivamente ne sa citare esempi di prodotti.

Li giudicano più sicuri dei prodotti convenzionali il 58% e il 50% ma li acquistano regolarmente solo il 18% (DOP) e il 15% (IGP).

Tra le motivazioni dei comportamenti d’acquisto possiamo citare come molto/abbastanza importanti:

• sicurezza igienica 97%

• prezzo 92%

• aspetto 88%

• valore nutrizionale 77%

• DOP 75% e IGP 33%

Tra le caratteristiche attribuite a un prodotto “sicuro e di qualità” risaltano: assenza di contaminazioni chimiche/batteriche 98%

• rispetto delle normative su alimenti e ambien-

te 96%

• siti produttivi controllati e certificati 89% Paese d’origine 86%

Tecniche di produzione sostenibili 80% DOP 74% e IGP 66%.

Particolarmente interessati all’origine e all’apparenza esteriore del prodotto si sono rivelati consumatori appartenenti a un contesto urbano, femminile, giovani sposate con figli, persone con un reddito medio o medio-basso.

Consumatori giovani, appartenenti a famiglie poco numerose o single, con formazione elevata e reddito medio hanno rivelato maggiore enfasi sul rispetto delle normative UE, sulla salubrità dell’alimento, sulle informazioni relative ai prodotti e alla loro origine, sulle certificazioni e sull’importanza del sostegno alle economie locali: per questa fascia di consumatori l’aspetto esteriore è risultato meno importante.

Da questi elementi si evince che è necessario lavorare per migliorare l’informazione, diffusa ma spesso superficiale e poco precisa; esistono evidenti problemi di rilevanza delle denominazioni, specialmente IGP e sarebbe necessario attivare strategie di comunicazione aziendali/istituzionali diversificate in base ai diversi segmenti della popolazione. 

PREMIO RICERCA IG – ITALIA NEXT DOP

Per sensibilizzare gli attori della ricerca applicata alle filiere Dop Igp e incentivare un dialogo efficace con le aziende del comparto, Fondazione Qualivita, con il patrocinio di Banca Mps nell’ambito del progetto Mps Agroalimentare, ha dato vita al Premio Ricerca Ig – Italia Next Dop.

Si è aggiudicato il premio di questa prima edizione il progetto Life Green Sheep presentato dal Consorzio per la tutela della Igp Agnello di Sardegna e da Agris Sardegna che risponde alla parola chiave sostenibilità con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio della carne e del latte ovino del 12% entro dieci anni.

iMEAT GIORNALE 10 Le nuove tendenze alimentari

Macelleria Pasinato, felici di servirvi

Una cittadina del Varesotto dove le tradizioni conservano il valore antico e due giovani che le rinnovano nel rispetto di ieri ma con uno sguardo aperto al domani.

È la macelleria degli anni 2000, quella che non rinnega il passato per costruire il futuro

A6 anni già sapeva che il macellaio era il mestiere fatto per lui e a 13 anni suo padre lo accompagnava a Milano, dopo la scuola, per seguire i corsi di preparazione dei pronto cuoci. Da quell’esperienza nasce il piatto, ancora oggi, più gettonato dai clienti della sua macelleria, i sorrisi, macinato di vitello chiuso a mezzaluna con prosciutto e formaggio, una semplicità gustosa e facile da cucinare, da 25 anni nella top ten di Macelleria Pasinato a Vergiate (VA).

Matteo Pasinato ha raccolto il testimone da suo padre Adriano quattro anni fa quando, con la compagna Lara, ha assunto definitivamente la

iMEAT GIORNALE 12

gestione dell’attività di famiglia. Papà Adriano è ancora presente con occhio vigile, come ha sempre fatto, ma Matteo e Lara si occupano a tempo pieno della macelleria. La parte pratica a Matteo, con tutta l’esperienza maturata fin da ragazzino, frutto di una passione coltivata con determinazione, e la vendita a Lara che si è assunta anche l’incarico di comunicare col mondo. Infatti, è lei che si occupa di fotografare e postare su facebook, instagram e, recentemente, è approdata anche su tik tok.

“È importante avere un buon rapporto col pubblico – afferma Pasinato – oggi la clientela è cambiata e si aspetta molto da noi, un dialogo aperto, quello che c’è sempre stato tra cliente e macellaio, fatto di consigli e suggerimenti, ma cerca anche una specie di rassicurazione. Internet ha allargato gli orizzonti e con un click puoi trovare le informazioni che vuoi: cercano, leggono, e poi vengono da me e chiedono conferma. Devi saper rispondere e per questo credo sia fondamentale instaurare un dialogo aperto, che ispiri fiducia, e i social sono un mezzo efficace, l’anticamera del negozio”.

Una bottega classica, la Macelleria Pasinato, con

carni italiane, come vuole la tradizione e chiede il mercato della zona. Vitello nazionale di almeno 10 mesi, scottona Piemontese che arriva da due allevamenti di Cuneo e Carrù, garanzia di qualità, tenerezza e magrezza, perché la cucina lombar-

da è legata ancora a gusti e sapori di una volta. Il pollo, di qualità “gialla”, da tanti anni, proviene dal Veneto, fornito da Cosaro, garanzia di qualità, di servizio accurato. I pronto cuoci sono la quotidianità perché, spiega Matteo: “La gente oggi cucina pochissimo, o non è capace o non ha tempo. Per questo vogliono prodotti da cucinare in padella o nel forno che possano essere pronti da mettere in tavola in pochi minuti. Li accontentiamo e ci siamo specializzati in tante varietà, fantasiose e invitanti. Ormai è una tendenza obbligata: i nostri preparati sono realizzati con materie prime di alta qualità, accuratamente selezionate e assemblate senza insaporitori o additivi, sono prodotti naturali come fatti in casa, credo che sia anche per questo che riscuotono tanto consenso. Ci teniamo a esaltare il sapore della carne che, quando è buona, non ha bisogno d’altro se non dell’abbinamento corretto ed equilibrato”.

Carni piemontesi, pollo veneto, maiale modenese. Matteo Pasinato produce abitualmente salsicce fresche e salamelle e, nel periodo natalizio, ottimi cotechini perché, si sa, la tradizione in tavola deve essere rispettata e i suoi concittadini ci tengono. Poche specialità ma curate, su ordinazione. E se i gusti della gente sono un po’ cambiati negli ultimi anni “Certi tagli – conferma Matteo –sono meno richiesti, come il bollito o il brasato che richiedono lunghe cotture” è altresì vero che restano abitudini antiche, per esempio la trippa che Pasinato vende ogni settimana da agosto a marzo, il fegato o il cuore, protagonisti della gastronomia lombarda e sempre apprezzati, anche dai più giovani.

“Portiamo avanti la tradizione e ci piace farlo –conclude Matteo Pasinato – ma cerchiamo anche di stare al passo coi tempi, di adattare il nostro modo di lavorare e proporre i nostri prodotti alle esigenze della gente, ai loro gusti, alle abitudini. Ci piacerebbe anche puntare su cibi cotti da noi ma per il momento non è possibile per motivi di spazi e agibilità: resta un sogno nel cassetto, abbiamo ancora tanta strada da fare, Lara ed io, e la macelleria è la nostra casa aperta al pubblico. Siamo felici del nostro lavoro e lo facciamo con passione”. 

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Cotto o al sangue? Si può scegliere

Nella fisiologia del cambiamento, i macellai stanno scoprendo quanto piaccia, ai consumatori, trovare due fettine di arrosto (quello buono, speciale, che ha solo il tuo macellaio di fiducia) da consumare prontamente arrivati a casa.

Non sarà una moda passeggera, se la sapremo gestire bene anche come offerta economica, questa possibilità avrà un crescendo di interesse. Non la normalità degli acquisti in macelleria, ma una validissima alternativa. Alternativa importante nell’economia del negozio: secondi e terzi tagli, macinati, piatti tradizionali locali che il consumatore non trova più il tempo di prepararsi, quinto quarto, carni in umido, bolliti.

Basta la voglia di fare, aprire il frigorifero (quello grande) e vedere quale possibilità ci offre in quel momento, credo che sappiamo di cosa si parla, e mi fermo qui.

Federcarni crede molto in questa opportunità, così tanto da dedicare la giornata di domenica per approfondire questo argomento.

Quale domenica? Dove? Giusto, ora ve lo dico.

La domenica è quella del 26 marzo 2023. Il luogo è la nostra fiera di riferimento da parecchi anni: iMEAT a Modena.

L’appuntamento più importante per Federcarni, il luogo dove, cercando di essere propositivi, vogliamo avere lo sguardo lontano. Presentare oggi quello che potrà essere un grande vantaggio per il mondo dei macellai.

Cosa troverete domenica ventisei marzo nello stand di Federcarni a iMEAT?

Troverete dodici coppie di macellai provenienti da tutto il Paese.

Troverete ZANUSSI PROFESSIONAL, marchio leader nella produzione di attrezzature per la ristorazione professionale, con i forni di ultima generazione gestiti da Chef professionisti.

Domanderemo alle nostre coppie di produrre un piatto cotto innovativo, con le caratteristiche di utilità e di economia, un piatto che verrà giudicato da una giuria di consumatori per l’aspetto e per il gusto, i due elementi che vengono premiati dagli acquirenti nei negozi.

Impareremo, con gli Chef professionisti di Zanussi Professional, come esaltare, con la cottura e con un consiglio, un piatto pensato dai macellai professionisti di Federcarni.

Ancora una volta condivideremo le nostre esperienze, ci confronteremo per affrontare insieme tutti gli aspetti utili al nostro progresso di macellai.

Vi aspettiamo.

Maurizio Arosio, Presidente Federcarni Foto di repertorio

Vi aspettiamo!

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Energia cinetica e monitoraggio wireless

I ricercatori della Southwest Jiaotong University cinese hanno inventato dei dispositivi wireless da indossare per il monitoraggio delle funzioni vitali degli animali – nello specifico delle mucche –e delle condizioni ambientali alimentate dal movimento, e quindi a impatto zero. Scopo è cercare di far diventare sempre più sostenibili gli allevamenti animali. I dispositivi, da mettere sul collo e sulle caviglie dei bovini, raccolgono in tempo reale una serie di dati relativi alla temperatura, al movimento, alla concentrazione di ossigeno e di umidità nell’atmosfera, ai cicli riproduttivi, alla produzione di latte, al moto giornaliero, alle malattie e altro ancora. Le informazioni raccolte vengono trasmesse a un ricevitore che le invia a un computer e, dopo averle elaborate, le utilizza per ottimizzare il funzionamento dell’allevamento e il benessere degli animali sfruttando l’energia cinetica.

A Taste of Ireland

San Patrizio la ricorrenza irlandese più famosa e celebrata in tutto il mondo. In Italia è stata festeggiata tra il 12 e il 19 marzo grazie a un’interessante iniziativa di Bord Bia, Irish Food Board, un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi.

Per l’occasione, infatti, la gastronomia è stata protagonista di A Taste of Ireland, una settimana dedicata ai prodotti gastronomici irlandesi (tra cui: manzo, agnello, scampi e ostriche) organizzata in collaborazione con JRE – Jeunes Restaurateurs Italia, associazione che raccoglie i più giovani e rappresentativi chef dell’alta ristorazione, accomunati dall’amore per la cucina e dal desiderio di condividere esperienze e valori.

Durante l’iniziativa, oltre 20 chef JRE-Italia hanno realizzato, partendo dalle materie prime irlandesi, un totale di oltre 20 differenti proposte di alta cucina da scoprire e degustare.

In apertura della settimana, Bord Bia ha dato dimostrazione dell’eccellenza dei suoi prodotti con una speciale degustazione a cura dello chef Enrico Bartolini, tre stelle Michelin, che ha interpretato un menù ispirato alle specialità dell’isola di smeraldo:

• Alice, ostrica irlandese e caviale

• Tartelletta di arachidi e scampi irlandesi

• Tacos di agnello irlandese e rafano

Filetto di manzo irlandese in aspic contemporaneo

• Irish Hereford Rocher.

Meno sale più salute

Tra la sostenibilità alimentare e quella ambientale esiste un nesso: il progetto FAO WASTE, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), ideato e coordinato dall’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari (OERSA) del CREA Alimenti e Nutrizione, ha pubblicato uno studio effettuato su un campione di 2.869 maggiorenni in leggera maggioranza femminile (52%) da cui risulta che: circa il 30% degli italiani mostra una scarsa adesione alle raccomandazioni nutrizionali, il 21,5% medio-bassa, il 25,5% bassa e il 24% elevata; tra i sottogruppi di popolazione, una bassa aderenza è stata riscontrata tra gli uomini (34,4%), i giovani (40%) e chi vive in famiglie numerose (42,3%), mentre un’alta aderenza tra le donne (29,6%), i più anziani (34,9%) e chi vive in famiglie con due componenti (29,3%).

• circa il 35-40% del campione con maggiore adesione alle raccomandazioni sembra avere anche elevate abilità nel programmare la spesa e l’utilizzo del cibo, nel valutare bene le quantità da cucinare, nell’evitare acquisti di impulso e nel riciclare gli avanzi, prolungando la shelf-life di un prodotto mediante una cucina creativa. al contrario, chi ha dimostrato di seguire poco o nulla le raccomandazioni sembra non aver ricevuto alcun tipo di educazione a prevenire lo spreco alimentare.

La Commissione Europea ha approvato le modifiche al Disciplinare di produzione del Prosciutto di Parma DOP. Quattro sono gli obiettivi del nuovo Disciplinare:

innalzare gli standard qualitativi del prodotto; consolidare la sua identità e distintività;

• rafforzare le garanzie nei confronti del cliente;

• raccogliere le sfide della transizione ecologica.

È un passo che segna il futuro del comparto e traccia un percorso da seguire: meno sale nella dieta è consigliabile e la sua riduzione applicata alle caratteristiche qualitative del prodotto è un valore aggiunto che, abbinato al prolungamento della stagionatura minima, mira a realizzare un prodotto sano e non solo gustoso. Un’apertura a nuove metodologie da seguire con interesse.

iMEAT GIORNALE 16
Buone pratiche, poco spreco

Emissioni di metano dagli allevamenti? La soluzione viene dalla ricerca

emissioni diminuisce come nel caso dell’alga Asparagopsis taxiformis, che riduce il metano ma sulla quale sono necessari approfondimenti, in particolare sugli effetti, sulla produzione di latte e sulla salute degli animali. I tannini e i foraggi tanniferi, infine, possono avere un effetto negativo sulla digeribilità dei nutrienti e, anche per essi, mancano dati a lungo termine con animali ad alte prestazioni.

Insomma gli studi proseguono ma il problema è di difficile risoluzione.

Il codice sensoriale della carne

Nel 2019, il metano proveniente dagli allevamenti ha rappresentato il 39% del totale di quello immesso in atmosfera. È indispensabile abbatterne la quantità, se si vuole intervenire sui gas serra. Per risolvere questo problema, i ricercatori dell’Università statale della Pennsylvania e dell’International Livestock Research Institute di Nairobi hanno messo a punto un sistema frutto di un’indagine svolta analizzando 425 studi pubblicati tra il 1964 e il 2018.

Le strategie più efficaci sono risultate essere gli inibitori del metano come le alghe, i nitrati, gli oli vegetali e i semi oleosi, e i foraggi tanniferi. Il metodo però presenta anche dei lati negativi: infatti un eccesso di oli può influenzare l’assunzione di mangime, la funzione del rumine e le prestazioni degli animali. I nitrati, possono rivelarsi dannosi per la salute degli animali, anche se diminuiscono di un terzo le emissioni di metano. Esistono poi valori soglia oltre i quali la mitigazione delle

Come si fa a riconoscere la carne di qualità?

Come si sceglie e acquista, come si cucina preservando le caratteristiche dei diversi tagli? Come si degusta correttamente? Sembra facile ma non lo è.

Il codice sensoriale della carne, testo edito dal Centro Studi Assaggiatori in collaborazione con Narratori del Gusto ed elaborato in seguito a corsi e ricerche svolte con il movimento di assaggiatori di carne Istituto Italiano Assaggiatori Carne – De Gustibus Carnis, risponde a queste domande e a molto di più.

Il libro è un bilancio di un decennio di attività di ricerca, voluta da un gruppo di macellai, cui si sono nel tempo affiancati veterinari, ricercatori, cuochi, allevatori, appassionati assaggiatori e consumatori, i quali hanno voluto dotarsi di una formazione qualificata in analisi sensoriale e iniziare a capire se la qualità della carne sia distinguibile da chi la consuma e sia conseguentemente comunicabile da chi la vende.

Strutturato secondo monografie suddivise in paragrafi di facile e leggera lettura, modellate sulle domande effettive che i consumatori fanno abitualmente e dedicate ognuna a un argomento specifico, le diverse parti del libro combaciano tra loro attraverso un leit motiv incentrato sul nostro meccanismo percettivo, quello che porta il cervello a elaborare mappe che ci inducono a determinati comportamenti.

Il volume scritto da Manuela Violoni e Gian Paolo Braceschi è la risposta scientifica degli assaggiatori di carne ai quesiti del consumatore.

La Commissione Europea ha presentato una proposta di revisione della dicitura di scadenza degli alimenti: “Spesso buono oltre…” dovrebbe aggiungersi o sostituire la frase “da consumarsi preferibilmente entro….”. Sembra che l’iniziativa sia giunta dalla consapevolezza che la maggior parte delle persone non sanno quando devono buttare il cibo perché ha superato i limiti della sicurezza.

Molti alimenti, infatti, finiscono nella spazzatura senza un motivo concreto, solo perché la data fissata sul prodotto non viene interpretata correttamente. La maggior parte, come pasta, riso, biscotti, ma anche yogurt, ortaggi, solo per fare qualche esempio, al contrario, potrebbero essere consumati anche oltre tale data senza problemi per la salute. A questo scopo, potrebbe essere inserita la dicitura: “spesso buono oltre…”.

Naturalmente dipende dai cibi. Per quanto riguarda salumi e insaccati, per esempio, se sono scaduti possono essere nocivi se mangiati dopo la scadenza indicata sulla confezione o sull’e

tichetta, la carne fresca merita la giusta attenzione e, se consumata oltre la data di scadenza, rischia di causare effetti spiacevoli.

Sarà più comprensibile così? È augurabile, perché i dati relativi allo spreco alimentare sono pre

occupanti.

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Spesso buono oltre...

Dalla macelleria al fast food

Una macelleria di famiglia e due fratelli intraprendenti: a Roma, l’esperienza in bottega offre nuove opportunità dove la carne è protagonista

Roma sud, una zona popolosa dove, per una macelleria storica come la Macelleria Cucchi presente dal 1967, con una clientela vasta ed eterogenea, composta di persone di tutte le età e condizioni sociali, le opportunità di crescita non mancano. Sperimentare nuovi format e proporre assortimenti diversi sono l’avanguardia della modernità perché incontrano il favore della gente, aprono a sviluppi di business interessanti.

Questo devono aver pensato Matteo ed Emanuele Cucchi, due fratelli non ancora trentenni che, sull’onda del successo paterno nell’attività della macelleria di famiglia hanno deciso di ampliare l’organizzazione e il giro d’affari, prima di tutto introducendo tipologie di carne da tutta Europa, dagli USA o dall’Australia, e poi avviando un format hamburgeria fast food che già riscuote grandi consensi.

Racconta Emanuele: “Nel 2019 eravamo già in collaborazione con un’hamburgeria della città che

seguivamo per gli approvvigionamenti. Abbiamo studiato il metodo e ci siamo detti ‘abbiamo una macelleria di qualità, perché non farlo anche noi?’

Da lì è partita la trafila, abbiamo elaborato la nostra strategia e iniziato con un piccolo laboratorio, fino a realizzare un format personalizzato, estendibile su tutta Roma con diversi punti vendita. Ci stiamo lavorando e siamo, per ora, molto soddisfatti”.

“Che ci manca?” si son chiesti i fratelli Cucchi e, forti dell’entusiasmo della gioventù ma, soprattutto, dell’esperienza maturata nella macelleria di famiglia, realtà ben radicata sul territorio e avviata all’espansione con un assortimento internazionale orientato a interpretare le tendenze contemporanee, si sono lanciati in questa nuova avventura: produzione fast food con vendita ad asporto, un menù completo a base di hamburger concentrato sui sette re di Roma, ricette dai nomi evocativi: burger Romolo e Remo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio e giù fino a Tarquinio il Superbo; alcuni piatti gourmet ispirati alla tradizione come il burger cacio e pepe o creativi come il Re Davide, insomma, una bella linea e un progetto studiato nei minimi particolari.

Proposte avventurose per conquistare una clientela giovane e trasgressiva ma anche chi è di inclinazioni più classiche.

Questa rivoluzione del gusto non ha, ovviamente, trascurato la bottega storica. In macelleria, infatti, il banco è prepotente, di forte impatto, studiato anch’esso per attrarre con la sua energia larghe fasce di consumatori, dai boomer alla generazione Z, e presto arriveranno anche gli Alpha, perciò occorre restare al passo.

Il nuovo allestimento offre l’immagine di un locale elegante e di forte impatto: non sembra neppure una macelleria, è talmente bello che sembra una teca di gioielleria della carne

L’opportunità per una ristrutturazione adeguata si presenta col trasferimento in un locale più ampio: “Il negozio era piccolo – spiega Emanuele - una trentina di metri quadrati, ma il nuovo locale è molto più ampio, 100 mq, pertanto era indispensabile rifare completamente l’arredamento e la dotazione tecnica. È stata l’occasione per cambiare look alla macelleria e modernizzare l’immagine. Ci siamo affidati a un designer di fiducia, lo studio di progettazione Localiarreda che, in collaborazione con Criocabin ha progettato e provveduto all’allestimento che comprende un Banco fatto su misura Etoile con tecnologia G Concept e una teca espositiva refrigerata di grande impatto visivo perfetta per preparati pronti a cuocere: Il Magnifico Tower”. Per esprimere una visione imprenditoriale così

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giamento; c’è abbastanza spazio per mostrare le nostre carni in tutta la loro opulenza. Abbiamo scelto, mio fratello ed io, di modernizzare l’attività, renderla più divertente, più conforme all’attualità. Avere un bel negozio, moderno ed efficiente, era fondamentale, una bella soddisfazione e una prospettiva incoraggiante per il futuro”. 

chiara e ben delineata, infatti, serviva uno scenario adeguato e soprattutto un’immagine che colpisse al primo sguardo. Cinque metri di banco a vista, tre metri di tower; 4 celle di frollatura fronte strada e retro banco, un’esposizione stupefacente, un effetto wow assicurato.

“Volevamo proprio suscitare lo stupore nel cliente – racconta Emanuele Cucchi – volevamo che restasse affascinato dalla bellezza della carne e dei preparati esposti. Questa la nostra prima esigenza, perché siamo convinti che attrarre il cliente e invitarlo ad entrare sia il primo passo. Naturalmente cercavamo anche efficienza tecnologica, oggi non si può prescindere da essa, e siamo molto soddisfatti del fatto che il banco sia molto agile e spazioso, facile da pulire e da allestire, con una bella visibilità di esposizione e un’ottima resa di conservazione. Ora possiamo lasciare la merce di notte nel banco allestito senza timore di danneg-

&Etoile Il Magnifico Tower

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Il match perfetto per il tuo punto vendita.
Il banco è molto agile e spazioso, facile da pulire e da allestire, con una bella visibilità di esposizione e un’ottima resa di conservazione

Nei pressi di Schio, tra le colline di Ca’ Trenta, c’è una fattoria dove gli animali pascolano liberi, in equilibrio perfetto con l’ecosistema che li accoglie: la loro carne è sana per chi la consuma perché loro vivono in modo sano e salutare

Hanno scelto di vivere e far vivere i loro animali nella natura, tra il profumo dell’erba, all’aria aperta. Marcello Lora, veterinario, ideatore e anima di Fattoria ai Capitani, ha trasmesso ai figli Andrea e Claudia la passione per la natura, per l’etica di un allevamento equilibrato, per un prodotto genuino, gustoso e di qualità.

Fattoria ai Capitani sorge in provincia di Vicenza, tra le colline che circondano Schio, a 300 m di altezza, e si estende tra i verdi pascoli e fino alla Malga Palù, 30 ettari sull’altopiano di Asiago dove una parte del bestiame, una cinquantina di capi, ogni anno trascorre i mesi estivi.

Quando decise di fondare l’attività di allevamento, Marcello Lora aveva ben in mente il modello che avrebbe voluto realizzare: una filiera corta con animali al pascolo parziale che inizia con le fattrici, prosegue con la nascita dei vitellini e la fase dello svezzamento e finisce con i manzi nella fase di

Al pascolo, vicino a casa

ingrasso. “Nascono da noi – racconta Claudia Lora – perché ci piacciono le cose fatte bene e per questo abbiamo deciso di occuparci direttamente di tutto il percorso di filiera, tranne la macellazione che affidiamo al macello di zona. Anche l’alimentazione avviene con foraggi e cerali coltivati nei nostri campi tranne una piccolissima percentuale. Gli animali vivono gran parte dell’anno al pascolo, nutrendosi dell’erba dei prati, e nelle nostre stalle dove spazi e condizioni sono il più possibile favo-

Siamo nati e cresciuti nella natura, prima giocando e scoprendo un universo fatto di piante, alberi e animali. Poi studiando e quindi iniziando l’allevamento dei bovini. È il posto in cui le mucche trascorrono libere il loro tempo, nutrendosi dell’erba dei pascoli e contribuendo a mantenere l’equilibrio dell’ecosistema

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Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio

L’animale libero di muoversi e ben nutrito riduce la possibilità di riscontrare malattie. Un animale sano non ha bisogno di farmaci, i cui residui restano nella carne. Una carne sana mantiene le proprietà organolettiche, è più nutriente e gustosa

revoli. Ci teniamo al loro benessere, quando una vacca è libera e serena anche la sua carne è migliore”.

Duecento capi circa, tra animali di razza Piemontese e Angus, qualche Grigia Alpina. Spiega Claudia: “Quando abbiamo cominciato non avevamo ben chiaro quale sarebbe stata la razza più indicata per l’allevamento che avevamo in mente. Per questo, abbiamo provato con diverse razze di differenti caratteristiche. Dopo aver studiato attentamente il loro comportamento e la resa delle loro carni ci siamo orientati definiti vamente verso la Piemontese, dalle carni pregiate e tenere, perché è un animale rustico, adatto al pascolo montano, con un’ottima resa e un’ot tima crescita. Inoltre è molto apprez zata per le sue proprietà: è magra e tenera, dal gusto delicato che inter preta bene la cucina e i gusti della nostra gente. Ci siamo specializzati e, secondo gli stessi principi, abbiamo scelto l’Angus che alleviamo col metodo grass fed. L’Angus è un animale perfetto per il pascolo e le sue carni sono più grasse, marezzate, incontrano molto il favore del consumatore moderno”.

Fattoria ai Capitani si estende dunque su una vasta area collinare, è una fattoria diffusa su terreni sparsi,

Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio

Allevamento all’aperto vuol dire vantaggi molteplici: per il paesaggio, le mucche si nutrono dell’erba, i prati vengono sottratti all’avanzamento del bosco e della sterpaglia; per la salute delle persone che possono acquistare carni sane, provenienti da animali allevati all’aperto e nutriti in modo sano e naturale

di proprietà e in affitto, dove gli animali vivono al pascolo e dove i Lora coltivano i foraggi e i cereali destinati alla loro alimentazione. I dintorni di Schio, molto industrializzati, sono, così, sostituiti da terreni sparsi nel circondario: due ettari qui, tre ettari là. Questo non è un problema, anzi un arricchimento, e basta per essere autosufficienti. Marcello continua la sua attività di veterinario e veglia sull’allevamento di famiglia con occhio esperto; Andrea gestisce l’allevamento e la coltivazione delle campagne; Claudia cura la vendita e l’amministrazione. Un gruppo ben affiatato e, soprattutto, appassionato, che sa quel che vuole e lo ottiene con grande efficienza.

“Dopo la macellazione – racconta Claudia Lora – vendiamo le nostre carni attraverso lo spaccio aziendale. Ci occupiamo noi di tutto, disosso, frollatura, maturazione e i nostri clienti, prevalentemente dai dintorni di Schio, sono consumatori finali anche se, da qualche tempo, abbiamo ampliato la fornitura ad alcuni ristoranti e a una gastronomia della zona. Fino a poco tempo fa, infatti, avevamo una produzione appena sufficiente per i consumatori abituali ma, recentemente, l’abbiamo aumentata e questo ci ha dato l’opportunità di

raggiungere fasce di clientela più ampie: la ristorazione e un maggior numero di gruppi d’acquisto solidali ai quali forniamo pacchi di diversi formati. Serviamo le province di Padova, Treviso; abbiamo richieste dalla Lombardia, dalla Toscana e stiamo cercando di implementare il sistema per rispondere adeguatamente. Non è semplice, occorre una buona organizzazione: ci stiamo lavorando”.

Un’azienda in crescita, una missione ben definita. La famiglia Lora persegue il suo scopo con le idee chiare: allevare secondo principi ispirati alla tradi-

zione e applicati con metodi moderni, rispondere a una filosofia che punta sul rispetto dell’ecosistema, su una vita sana per le mucche perché la conseguenza è una alimentazione sana per le persone. Semplice, in fondo. Può sembrare complesso metterlo in pratica ma, con esperienza, determinazione, con conoscenza profonda delle tecniche e applicazione delle metodologie adeguate i risultati sono evidenti. Un modello antico dall’effetto valido. Un animale libero e sano, un prodotto gustoso e genuino. 

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Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio

Macellata, fresca, frollata

Un recente parere scientifico pubblicato da EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha aperto una discussione sulla pratica della frollatura delle carni e sull’opportunità di prolungare oltre i limiti consueti la maturazione delle carni bovine nelle abitudini alimentari dei consumatori. Abbiamo raccolto i pareri di numerosi esperti per fare chiarezza sul tema.

Quanti sono i consumatori italiani che conoscono le caratteristiche di una frollatura della carne eseguita correttamente?

Probabilmente pochi. Eppure, la corretta frollatura della carne è un elemento fondamentale per la produzione e la degustazione di carne di ottima qualità. Infatti, la frollatura della carne, anche detta “fase di intenerimento”, è il pro-

cesso attraverso cui il taglio viene portato a maturazione all’interno di ambienti appositamente attrezzati. Il processo avviene naturalmente a carico delle fibre muscolari, ma è spesso effettuato anche con diverse metodologie e tecniche allo scopo di prolungare la maturazione della carne, andando così a modificarne sapore e consistenza.

La carne stagionata non presenta rischi aggiuntivi rispetto alla carne fresca se viene maturata in con-

dizioni controllate.

Il parere scientifico dell’EFSA dichiara: ”… Non vi sono rischi aggiuntivi a condizione che la combinazione specifica di tempo e temperatura identificata nel parere scientifico sia osservata durante il processo di invecchiamento. Ad esempio, il manzo invecchiato secco può essere considerato sicuro come il manzo fresco se l’invecchiamento viene fatto per un massimo di 35 giorni ad una temperatura di 3ºC o inferiore.”

Il parere di EFSA sulla qualità e sicurezza della carne stagionata paragonabile a quella fresca

L’acquisto di carne da parte dei consumatori dipende dalla percezione della qualità che deriva da fattori soggettivi che si riferiscono al colore, alla tenerezza e alla succosità, all’odore e all’aroma. Ai fini della propensione all’acquisto, il colore e la tenerezza della carne sono i fattori principali che orientano la scelta di un taglio. Un colore scuro della fetta, dovuto all’ossidazione della mioglobina quando si taglia la carne e la si lascia esposta all’aria, anche se non incide sulla qualità vera e propria, è percepito dal consumatore come scarso indice di qualità, come pure un grasso non bianco ma tendente al giallognolo anche se frutto di una alimentazione prevalente al pascolo. La tenerezza della carne, intesa come resistenza

alla masticazione, è influenzata invece da una serie di altri fattori, quali l’età dell’animale, la durata del processo di frollatura, la marezzatura, oltre che la razza. E per ogni specie animale le caratteristiche sono diverse.

La frollatura è quel processo durante il quale si ha una trasformazione biochimica del muscolo che acquista le caratteristiche di tenerezza, di succosità e di sapore tipiche della carne [1]. Subito dopo l’abbattimento dell’animale, il muscolo va incontro a un naturale irrigidimento (rigor mortis) a causa di tutta una serie di cambiamenti biochimici e fisici, che rendono la carne non ancora edibile perché troppo dura. Per questo motivo i muscoli hanno bisogno di un tempo di maturazione per trasfor-

marsi nella carne che tutti conosciamo. Durante questo processo, anche in funzione dell’abbassamento del pH (aumenta l’acidità per il consumo del glicogeno), gli enzimi proteolitici (principalmente catepsina e calpaina) che sfruttano i processi chimico-fisici naturali che avvengono naturalmente post mortem, intervengono sulle proteine strutturali del muscolo denaturandole e aumentando il grado di morbidezza, succosità e sapore. Questo stesso processo influenza meno il tessuto connettivo (fatto di collagene ed elastina).

È per questo motivo che la carne che contiene meno tessuto connettivo, come i tagli posteriori e lombari, sarà più tenera e adatta a cotture leggere come la grigliatura, mentre i tagli anteriori e

iMEAT GIORNALE 24
...FROLLATURA
A cura di Marina Caccialanza e Giuseppe Pastori

quelli che derivano da muscoli che hanno lavorato molto, più ricchi di tessuto connettivo e perciò più duri, saranno più adatti per cotture prolungate come lo spezzatino o il bollito.

Il tempo di frollatura influisce positivamente sulla tenerezza, ma è limitato dallo sviluppo microbico, con conseguente alterazione delle carni. Ecco perché le carni devono essere tenute in ambienti controllati di temperatura, umidità e aerazione, per limitare e impedire lo sviluppo microbico di quei germi deterioranti che si ritrovano sulla carne all’atto della macellazione.

I bovini necessitano di un lungo periodo di frollatura affinché i muscoli si trasformino in carne. Vengono tagliati in mezzene e/o quarti e mantenuti in cella a 0-4 gradi, con una umidità relativa dell’8590%, per 10-14 giorni prima di essere immessi nei canali commerciali. Questa lunga frollatura, in realtà, viene effettuata solo per le produzioni di elevata qualità, in quanto le carni bovine più economiche sono frollate in tempi inferiori. Ciò accade con quelle di provenienza estera che spesso “frollano” sui camion durante il trasporto fino al luogo di sezionatura. Il processo a volte continua qualche giorno dopo, in parti anatomiche già preparate e confezionate sottovuoto: giusto il tempo per essere consegnate ai clienti finali (macellerie, piccola e grande distribuzione) oppure tagliati in porzioni già pronte all’uso e confezionate in vaschette in atmosfera modificata o skin per gli acquisti di libero servizio.

Anche la carne di maiale da macelleria, se viene frollata per un periodo di tempo di circa 96 ore si presenta più tenera e succosa, ma la tendenza di chi gestisce il mercato è sempre quella di evitare di subire il calo peso, senza preoccuparsi della qualità offerta.

Le tecniche di frollatura prevedono due diversi sistemi. Il più tradizionale è quello cosiddetto di maturazione a secco o dry-aging, che prevede di appendere la mezzena bovina per il tendine di Achille o per l’osso pelvico, mantenuta in celle frigorifere ad umidità controllata. Il secondo, in atto da fine anni ’60 e poi divenuta pratica abituale, è detto wet-aging (o maturazione in umido) e prevede il sezionamento in tagli anatomici e il confezionamento sottovuoto, lasciando poi la carne in cella frigorifera per tempi più o meno lunghi. Il vantaggio del trattamento sottovuoto permette alla carne di frollare adeguatamente senza un calo peso eccessivo, perché trattiene di più i liquidi, anche se per questo qualcuno ritiene che abbia un gusto tendenzialmente metallico per il sapore acido di sangue/siero.

DALLA CARNE FROLLATA

ALLA CARNE STAGIONATA

Criocabin LA PAROLA ALLE AZIENDE...

“Lerisposte di EFSA sono adeguate ma forse, sia per tranquillizzare ulteriormente i consumatori che per renderli consapevoli su cosa significa carne frollata e cosa possono acquistare, potrebbe essere utile un approfondimento tecnico che spieghi le più moderne tecniche di frollatura.

Criocabin come produttore di banchi e celle frigo non può esprimersi sull’operato degli operatori stessi ma può affermare che ancora dal lontano 2015 ha proposto al mercato e agli addetti ai lavori una speciale Teca dedicata all’antica tecnica di frollatura Dry Aged Beef. Per garantire ai propri clienti e ai consumatori finali di poter degustare carne deliziosa e soprattutto salubre ha sviluppato il proprio prodotto EDB svolgendo severi test interni ed esterni presso l’istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie al fine di fornire risultati certificati del rispetto delle condizioni igienico sanitarie del prodotto finale.

Criocabin ritiene che si debba formare il consumatore finale su ciò che può acquistare e garantirgli la salubrità del cibo. Fondamentale sarebbe far comprendere l’importanza da parte degli addetti ai lavori di rivolgersi solo a produttori seri che dedicano molta attenzione alla ricerca e sviluppo dei propri prodotti, effettuando verifiche delle perfette condizioni igienico sanitarie del prodotto trattato presso laboratori certificati.

Fino all’anno 2015 nel mercato delle celle frigorifere o di conservazione e frollatura della carne non esistevano prodotti in grado di garantire ed esaltare l’antica tecnica di frollatura denominata “Dry Aged Beef”. Tale carenza tecnologica ha spinto Criocabin alla progettazione e realizzazione di un nuovo prodotto in grado di garantire la frollatura Dry Aged Beef conformemente alle normative igienico sanitarie.

Dopo l’abbattimento dell’animale, la carne non è immediatamente idonea al consumo, poiché deve prima essere frollata attraverso la denaturazione degli enzimi presenti nei tessuti: i tempi necessari variano dai 10 ai 20 giorni a temperatura 0/3 °C all’interno di celle refrigerate.

Dry Aged Beef è invece un’antica e artigiana tecnica di frollatura della carne molto costosa e complessa ma con risultati molto apprezzati.

Il metodo consiste nel seccare in tempi brevi la superficie della carne, creando così una “buccia” secca (dalla classica colorazione scura dovuta all’ossidazione superficiale) mediante un ambiente a temperatura e umidità controllata: il perfetto connubio tra i due fattori con la corretta velocità dell’aria garantisce la frollatura desiderata nell’arco di 6/10 settimane (a seconda del tipo di animale e obiettivi dell’operatore). A fine processo la carne cederà circa il 20/25 % di liquidi. Per questo motivo in Criocabin nasce EDB, la teca/torre in grado di replicare l’antica tecnica di frollatura Dry Aged Beef, verticalizzando l’esposizione, garantendo la massima visibilità ad altezza “uomo” per poter meglio attrarre il consumatore.”

Le carni devono essere tenute in ambienti controllati di temperatura, umidità e aerazione, per limitare e impedire lo sviluppo microbico di quei germi deterioranti che si ritrovano sulla carne all’atto della macellazione

Se i tempi di frollatura di 10-14 giorni sono considerati minimi per garantire una tenerezza adeguata delle carni bovine, al fine della loro vendibilità come carne fresca sui banchi delle macellerie

e dei supermercati, da diversi anni è in atto una tendenza che si sposa con la filosofia del mangiare bene, ossia quella di “stagionare” la carne oltre certi livelli (“stagionare” è il termine in uso per indicare frollature spinte ben oltre i 14 giorni, quasi fosse un salume). Appannaggio di macellerie di un certo livello, applicate e sperimentate da esperti macellai e ricercatori del gusto, le frollature spinte hanno costituito da subito un prodotto di nicchia, solo per intenditori e buongustai, perciò sempre più apprezzate in certi ristoranti. I tempi medi di stagionatura prolungata si attestano intorno ai 3040 giorni, anche se in certe sperimentazioni ci si è spinti forse all’estremo, di stagionare le carni per periodi di 60, 90 o 120 giorni. Tuttavia per arrivare a questo bisogna partire da una materia prima di alto valore e con uno spessore di grasso tale da proteggere la carne durante la maturazione [2]. Solo l’elevata qualità della carne di partenza, che è un attributo fondamentale per potersi spingere così avanti (anche se si raggiungono come detto buoni risultati con tempi meno lunghi), permette di ottenere carni stagionate di pregio, dal sa-

iMEAT GIORNALE 25 ...FROLLATURA

pore e dalla tenerezza particolarissimi. Periodi di frollatura più lunghi, rispetto agli standard della carne fresca, consentono di produrre delle carni da consumare qualitativamente più apprezzabili, anche sicure dal punto di vista microbiologico, in quanto l’umidità della cella e gli altri parametri di controllo determinano la formazione di succhi sierosi cristallizzati e la crescita di solo muffe nobili che proteggono la carne e la fanno maturare alla giusta consistenza. Quando è pronta, la carne viene pulita eliminando la parte esterna più scura, mentre la parte sottostante - una volta ravvivato il taglio - rimane rossa e fresca.

L’applicazione che viene messa in atto per la stagionatura riprende la tecnica del dry-aging, e la si impiega soprattutto per stagionare appesi quarti posteriori o tagli pistola, cioè il taglio posteriore con lombata a 8 coste. La miglior pratica consiste anche nel ridurre le carcasse in tagli primari più piccoli come la lombata, la costata e il controfiletto che possono essere stagionati in celle frigorifere dedicate. Alla maturazione prolungata a secco si deve un sapore che può variare da burroso a nocciolato e quasi selvatico, a seconda dell’età e delle condizioni di conservazione. Il sapore dipende anche da altri fattori come la qualità del taglio di carne e se l’animale è nutrito con erba o con cereali.

Grazie all’azione degli enzimi e dei microrganismi la carne diventa tenera e attraverso la ventilazione forzata può cedere fino al 30% o più di liquidi. La carne stagionata deve essere separata da tutti gli altri prodotti a base di carne. L’invecchiamento a secco non deve essere condotto in celle frigorifere dove sono conservate altre carni fresche. Per la stagionatura a secco delle carni devono essere utilizzati locali e armadi appositamente costruiti. La gestione del processo non prevede di tenere la carne a stagionare in un’unica cella, anche se le aziende che si sono proposte sul mercato, a supporto del processo, hanno presentato armadi frigoriferi compatti - detti per mutualità “stagionatori” o con altri sinonimi - che possono fare bella mostra di sé anche in macelleria. La frollatura pro -

La gestione del processo non prevede di tenere la carne a stagionare in un’unica cella: richiede appositi spazi, diversi da quelli di uso quotidiano, tali da permettere variazioni controllate dei parametri di esercizio e delle condizioni ambientali

lungata richiede appositi spazi, diversi da quelli di uso quotidiano, tali da permettere variazioni controllate dei parametri di esercizio e delle condizioni ambientali. I fattori di controllo sono: la temperatura che deve essere compresa tra -0,5°C e 1°C (fino a 2-3°C se la carne viene stagionata per poche settimane); l’umidità relativa che deve limitare la crescita dei batteri patogeni e favorire quella delle muffe (è consigliata una UR compresa tra 75% e 85%); il flusso d’aria che deve essere compreso tra 0,2 e 0,5 m/s e può essere controllato da una unità di refrigerazione e ventilatori adeguatamente progettati (le porzioni di carne devono essere separate le une dalle altre per consentire un flusso d’aria efficiente e controllato). Per distruggere le cellule batteriche è inoltre indicato l’uso della luce ultravioletta, il cui effetto germicida è ben noto anche per la carne fresca; nelle celle più sofisticate l’aria può essere filtrata e sterilizzata mediante passaggio in una lampada UV germicida. È opportuno pertanto adeguare il numero di celle a disposizione in funzione dei tempi di frollatura e dello spazio da assegnare ai diversi tagli di carne da trattare, perché la carne non è tutta uguale a partire dai tagli anatomici, che richiedono tempi e modalità di trattamento differente.

È talmente diventato di moda consumare carne molto frollata, che non mancano blog che invitano a frollare la carne in casa. Tuttavia questa è un’operazione che può fare solo una persona esperta. Non basta infatti dotarsi di uno stagiona-

Everlasting LA PAROLA ALLE AZIENDE...

“Partendo dal presupposto che Everlasting, essendo Azienda produttrice di attrezzature dedicate alla frollatura e stagionatura, risponde del proprio prodotto (armadio frigorifero) e non dell’eventuale utilizzo che ne viene fatto dal cliente finale, come Azienda possiamo certamente garantire la sicurezza e la qualità del nostro armadio frollatore inteso come macchina per la frollatura. Non abbiamo infatti alcuna presunzione di esprimere pareri tecnico/scientifici che spettano ad altri soggetti come appunto gli esperti dell’EFSA.

Quello che possiamo riportare ai fini di questa inchiesta è l’esperienza di utilizzo che ci arriva da chi quotidianamente lavora con i nostri armadi della gamma Meatico. Mi riferisco soprattutto a ristoratori e macellai che propongono ai loro clienti carne frollata all’interno dei nostri armadi. Nella maggior parte dei casi la frollatura si spinge oltre i 35 giorni arrivando anche a 60 giorni o più senza che, a parere dei nostri clienti, si riscontrino problemi di salubrità o sicurezza della materia prima. Tutto questo è possibile ovviamente solo se si rispettano le linee guida e i parametri suggeriti dalla macchina oltre che si applichino tutte le norme haccp previste per legge”.

tore su misura, al di là del costo elevato dell’apparecchiatura (ma uno stagionatore non è una cantinetta dei vini!): meglio lasciarla fare a macellai qualificati, che possono orientare il cliente a tagli ben frollati, accompagnandolo passo dopo passo in un percorso gustativo verso carni via via più stagionate: è necessario infatti abituarsi a sapori diversi da quelli standard.

La qualità della carne prima della stagionatura è fondamentale. Se si utilizza un alimento di qualità microbiologica inferiore, gli agenti patogeni possono crescere rapidamente e produrre tossine dannose che potrebbero non essere distrutte durante la cottura o peggio se la carne stagionata venisse consumata a carpaccio.

La salubrità della carne stagionata destinata al consumo umano deve essere perciò monitorata da specifici protocolli di analisi microbiologiche. Se ci si attiene ai protocolli e si fanno i controlli del processo, problemi non ne sorgono. Tuttavia fino ad oggi non c’era ancora una validazione del processo basata su parametri oggettivi.

Alla mancanza di una conoscenza scientifica oggettiva sulla sicurezza della carne stagionata ha ovviato l’EFSA con una ricerca specifica, dichiarando che la carne stagionata non è più rischiosa della carne fresca.

LA SCIENZA CONFERMA CIÒ CHE ERA

GIÀ NOTO: LA CARNE A LUNGA FROLLATURA

È SICURA COME QUELLA FRESCA

Alla luce di un aumento della popolarità del consumo di carni ben stagionate, l’EFSA – su richiesta della Commissione europea – ha recentemente pubblicato un parere scientifico sulla sicurezza della carne maturata oltre gli standard di frollatura comuni [3] e ha concluso che la carne invecchiata in condizioni controllate non presenta rischi aggiuntivi rispetto alla carne fresca.

Il presupposto di indagine nasce dalla dichiarazione del presidente del gruppo di esperti scientifici sui rischi biologici dell’EFSA, il prof. Kostas

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Koutsoumanis: “Negli ultimi anni la carne invecchiata è diventata sempre più popolare nell’industria alimentare e nei ristoranti, ma finora c’è stata una mancanza di conoscenza sulla sua sicurezza. La consulenza dell’EFSA contribuisce a colmare questa lacuna e fornisce una solida base scientifica agli operatori del settore alimentare per produrre carne stagionata sicura”.

L’analisi di EFSA ha preso in considerazione le tecniche di maturazione del dry-aging che viene fatta per le carni bovine maturate per almeno 15 giorni e del wet-aging di confezionamento sottovuoto per le specie bovina, suina e ovicaprina mantenute in celle frigorifere convenzionali. Numerose specie di batteri possono svilupparsi sulla carne e alterarla. Questi possono essere batteri sia deterioranti che patogeni. Pseudomonas spp. sono i principali batteri deterioranti nelle condizioni aerobiche incontrate durante il dry-aging, mentre batteri anaerobi facoltativi come Lattobacillus spp. e anaerobi stretti come Clostridium spp. sono i principali batteri deterioranti della carne wet-aged confezionata sottovuoto e quindi in condizioni anaerobiche. I batteri patogeni più rilevanti per l’inclusione nella valutazione sono stati invece L. monocytogenes e Y. enterocolitica (solo nella carne di maiale). Riguardo al rischio microbiologico sono state valutate tutte le condizioni di tempo e temperatura (influenzate anche da acqua libera aw e pH) che non hanno comportato un aumento della carica microbica maggiore di log10 nella concentrazione microbica rispetto alla carne fresca.

EFSA ha così descritto le condizioni – espresse come combinazioni di tempo, temperatura, umidità e flusso d’aria – in base alle quali la produzione di carne stagionata a secco e a umido si tradurrebbe nello stesso livello di sicurezza della carne fresca.

Soprattutto per la carne stagionata a secco, quella più ricercata tra i buongustai, lo studio dell’EFSA ha confermato che quando viene frollata può

essere considerata sicura come quella fresca standard, dacché entrambe utilizzano processi simili. L’unica differenza è la durata, se la stagionatura viene effettuata garantendo una temperatura superficiale della carne compresa tra -0,5°C e 3,0°C, con un’umidità relativa del 75–85% e un flusso d’aria di 0,2–0,5 m/s per un massimo di 35 giorni.

A queste condizioni EFSA ha potuto verificare, usando la microbiologia predittiva, che non c’è un aumento significativo della carica microbica presente sulla carne. E che con il limite dei 3°C, confermando i dati in letteratura, le muffe come Aspergillus spp. e Penicillium spp. non sono in grado di produrre micotossine.

Infine la sicurezza alimentare della carne è assicurata attraverso lo sviluppo e l’implementazione delle attività di analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP) e del programma dei prerequisiti (PRP), comprese le buone pratiche igieniche (GHP) e le buone pratiche di produzione (GMP), che sono applicabili sia per la carne fresca che stagionata.

In sintesi, secondo EFSA, il trattamento di frollatura prolungato delle carni, sia a secco sia a umido, ne migliora le caratteristiche organolettiche ed è un processo sicuro.

Bibliografia disponibile presso l’autore e la redazione

CONSIDERAZIONI FINALI E RIEPILOGO

Ai fini della produzione igienica della carne a lunga maturazione sono considerate idonee le seguenti pratiche:

• Si deve utilizzare solo carne fresca di buona qualità microbica; va evitato l’impiego di carne scura e asciutta (DFD) perché il pH elevato potrebbe facilitare la crescita di agenti patogeni. Si deve controllare che i tagli primari e subprimari destinati alla stagionatura siano garantiti e ispezionati per avere un pH normale compreso tra 5,5 e 6,2.

• La stagionatura deve essere fatta in una stanza o camera appositamente costruita e destinata, evitando la contaminazione incrociata con altri prodotti a base di carne.

• La carne bovina non deve essere messa nella camera fino a quando non sono state raggiunte le temperature e l’umidità relativa richieste e tutti i parametri di tempo, temperatura, umidità relativa e flusso d’aria devono essere rigorosamente applicati e monitorati continuamente.

• I tagli di carne dovrebbero essere appesi all’osso per evitare la contaminazione interna e dovrebbero essere separati con uno spazio sufficiente tra loro per facilitare il flusso d’aria. Se si utilizza un ripiano, dovrebbe essere sufficientemente perforato per consentire un flusso d’aria efficace e i tagli di carne dovrebbero essere girati regolarmente, utilizzando metodi igienici.

• Il flusso d’aria più elevato dovrebbe essere utilizzato all’inizio del processo di invecchiamento per facilitare lo sviluppo precoce della crosta e ridurre l’aw in superficie, limitando così la crescita batterica.

• La camera utilizzata per l’invecchiamento a secco della carne bovina deve essere accuratamente pulita e disinfettata tra un lotto e l’altro, compresi scaffali, ecc. Inoltre, la camera deve essere vuota durante la pulizia per evitare la contaminazione incrociata con contaminanti chimici e fisici.

• Tutti i componenti del sistema di refrigerazione dell’aria (evaporatori, condensatori, torri di raffreddamento) devono essere progettati per facilitare la pulizia e la disinfezione.

• I termometri, le sonde di umidità relativa e gli altri apparati che monitorano le condizioni della camera devono essere tarati vicino all’intervallo in cui vengono utilizzati.

• L’aria che esce dall’evaporatore e vi ritorna dopo essere stato in contatto con la carne bovina deve essere filtrata o trattata con raggi ultravioletti (UV) per eliminare la contaminazione microbica.

• La rifilatura della crosta deve essere effettuata in modo igienico subito dopo avere preso il pezzo dalla camera, evitando di perforare la carne al di sotto della crosta. L’operazione deve essere svolta in un’area dedicata e separata da quella dove si lavora la carne fresca, in ambiente a temperatura controllata e con aria condizionata.

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Parola di macellaio...

Si definisce un “macellaio fuori dagli schemi con l’ambizione di distinguermi”, e con le sue azioni dimostra certamente un approccio innovativo e professionalmente competente. Studio e esperienza sono le sue armi, al pari di un buon coltello. La curiosità e l’istinto a imparare l’hanno guidato verso un tipo di macelleria vocato a soddisfare una clientela che apprezza l’esperienza del gusto e, per molti, Macelleria da Carlo a Genova è diventata sinonimo di specialità e carni eccellenti, italiane ed estere. L’arte della frollatura è nelle corde di Carlo Ferrando e gli abbiamo chiesto la sua opinione e cercato di captare i suoi consigli da esperto.

“Non so se a proposito di frollatura ci sia un po’ di confusione, oggi, tra i consumatori e in generale –afferma Carlo Ferrando – in realtà penso che non ci sia mai stata una dichiarazione ufficiale in merito e delle linee guida, se non l’esempio di alcune

prove di campionatura fino a 3 mesi di frollatura. Qualcuno si è spinto fino a campionature prolungate oltre queste tempistiche ma sono sempre stati esperimenti personali. Io stesso ho praticato frollature di 60/80 giorni perché alcuni clienti le richiedevano ma oggi ho standardizzato il processo intorno a 30/45 giorni, al massimo e raramente 50. Stagionature troppo lunghe non convengono per diversi motivi: innanzitutto, a livello di calo peso la perdita è notevole e aumenta il prezzo del prodotto finale che diventa troppo alto: non a tutti si può vendere della carne a 100 euro al kg. Inoltre, bisogna tenere conto anche dello scarto e dello spreco che ne conseguono: non si può utilizzare tutta la carne perché la parte esterna deve essere rifilata accuratamente. Buttare via la merce è uno spreco che non tollero; in questi casi non basta togliere solo il velo esterno, è necessario rifilare il cosiddetto ‘tappo’ allo scopo di ottenere un prodotto bello

a vedersi, gradevole all’olfatto, completamente e perfettamente edibile e questo vuol dire buttarne via una parte consistente, non è accettabile”.

Carlo Ferrando è esperto nell’arte della frollatura da diversi anni e non ha trascurato di studiarne gli effetti e le pratiche: “Ho provato, solo a livello di esperimento, a fare frollature fino a 1 anno, campionature effettuate allo scopo di verificare le cariche batteriche e lo sviluppo di ammine, e ho potuto verificare che non si ottiene un buon prodotto. La carne non è un bullone che resta sempre lo stesso, e non tutte le carni sono uguali. Per ogni bistecca occorre trovare il punto giusto di frollatura, affinché possa dare la sua massima espressione, il giusto punto di gusto, di tenerezza. Non è detto che 60 giorni di frollatura siano meglio di 30, resta sempre un processo soggettivo e soggetto a numerose varianti che solo il professionista può valutare in base alla sua esperienza e gestire adeguatamente”.

L’utilizzo di apparecchiature e strumenti adatti allo scopo, inoltre, e utilizzarli correttamente, è indispensabile. Spiega Carlo Ferrando: “L’armadio vetrina è un ottimo strumento di esposizione se gestito correttamente ma la camera è piccola e quando si aprono spesso le porte si verificano troppe variabili. La cella di maturazione è più idonea perché permette di controllare la temperatura e l’umidità. Nel mio locale ho due celle grandi dove conservo la maggior parte della merce e due vetrine di maturazione in negozio che utilizzo solo per l’esposizione breve della carne, perché il cliente ama vederla. La cella è più stabile, le porte vengono aperte più raramente e perde meno umidità e temperatura. È certamente più affidabile. Documento il processo

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passo dopo passo e mantengo un range di temperatura molto basso affinché si sviluppi pochissima carica batterica: l’ideale secondo me è intorno a 0,5°C ed è questa la temperatura che imposto, praticamente quasi a 0. Quando si apre la porta, in questo modo, la temperatura sale leggermente – da 0 a 1,5°C – ma rimane in media stabile al di sotto di questo livello. I raggi ultravioletti, poi, garantiscono ulteriore sicurezza. Quando si lavora a temperatura più elevata si accelera il processo, è vero, ma è anche vero che si generano più batteri. Fra le due alternative preferisco la sicurezza”. Non è un processo che permette improvvisazione, dunque, e Carlo Ferrando lo conferma. Occorre preparazione, professionalità e le giuste attrezzature: “Consiglio sempre – aggiunge Ferrando – ai miei clienti ristoratori, di usare la cella di frollatura, di non mettere la carne sottovuoto ma lavorare a secco e, soprattutto, di non mischiare gli alimenti nella cella e tenere separati formaggi, salumi, verdure o pesce. Il controllo della ventilazione e della temperatura sono fondamentali e la cella deve essere sempre fornita perché quando è troppo vuota l’umidità si abbassa. Poi, in esposizione, è certamente bello un armadio con le carni esposte: sia in un negozio sia al ristorante la vetrina è un’attrattiva per il cliente che vuole vedere quello che sceglie; è un’immagine che trasmette professionalità”. L’esperienza del macellaio è fondamentale, la sen-

sibilità di capire il giusto punto di maturazione anche, non basta mettere in cella un prodotto di qualità, requisito indispensabile, bisogna saperlo trattare, spiega Ferrando: “La frollatura, ma del resto tutto il processo di lavorazione delle carni, è una catena che non può interrompersi. L’intera filiera è coinvolta: la genetica del bovino, la gestione dell’animale, la macellazione senza stress e il trasporto della merce. Quest’ultimo fattore viene spesso sottovalutato ma se durante il trasporto la carne patisce perché scarica umido nel cartone prima che in cella le sue proprietà cambieranno; insomma ci vuole una cura particolare in ogni fase”. Resta un prodotto per intenditori, e qui Carlo fa

una precisazione: “Dobbiamo educare il cliente e insegnargli a capire e apprezzare questo tipo di carne. Oggi, spesso, qualcuno l’acquista perché fa tendenza ma poi non è in grado di valorizzarne le peculiarità. Se il gusto e l’aroma sono troppo intensi, se la carne è troppo frollata e non viene cotta nel modo giusto (una cottura semplice è l’ideale) il cliente poco avvezzo potrebbe restare deluso. Sta a noi macellai informarlo adeguatamente e consigliarlo, accompagnarlo per gradi alla degustazione, preparare il suo palato. Quando si hanno grandi aspettative, restare deluso è tremendo: è un prodotto costoso, inoltre, e in quel caso il cliente deluso non tornerà”.

LA PAROLA ALLE AZIENDE...

Stagionello Store

Alessandro Cuomo, fondatore di Stagionello Store ha dichiarato: “EFSA ha risposto a un quesito dell’Unione Europea sull’impatto della bibliografia esistente applicata alla maturazione della carne, conosciuta nel mondo come “DRY AGE”: il Panel dei professionisti conferma la possibilità di applicare le stesse direttive valide per la carne fresca, rispettando le sempre più delicate e attente norme sulla sicurezza alimentare attraverso una serie di requisiti da monitorare secondo range ben definiti.

Penso che l’agenzia EFSA sensibilizzi bene non solo il consumatore ma soprattutto l’operatore, facendo riferimento alla responsabilità in capo a quest’ultimo in quanto venderà la carne al cliente finale e dovrà dunque garantire l’intero processo che coinvolge la materia prima attraverso disciplinari, analisi, etichette per la tracciabilità e validazioni scientifiche in conformità a tutte le direttive vigenti in materia.

Attualmente, infatti, non esistono “prassi” della frollatura se non nei macelli e gestite da medici veterinari e professionisti addetti all’assicurazione della qualità.

Il parere dell’EFSA indica una semplice opinione scientifica sulla bibliografia esistente e su dei moduli predittivi, infatti chiarisce che sono comunque carenti e indicativi. Penso che in effetti tanti operatori sono poco informati, in particolare i piccoli operatori, quelli che non hanno un’analisi del rischio sul processo specifico, quelli che non hanno un disciplinare di etichettatura e che non utilizzano attrezzature progettate per lo specifico scopo, proprio come ha indicato EFSA.

Di sicuro sarà utile per far riflettere tutti, operatori e consumatori: era diventato pericolosissimo, carni ammuffite vendute come “muffe nobili”, carni fresche con scadenze classiche 7/10 giorni senza etichettatura e tracciabilità nei ristoranti.

Il parere dell’EFSA è utile perché chiarisce anche che non cambiano le direttive sulle attrezzature a contatto diretto e indiretto con la carne: si stava assistendo all’utilizzo di materiali in plastica, polistirolo e ferro verniciato e non più in acciaio inox o peggio ancora cantinette dei vini e frigoriferi di conservazione (con nomi che confondono) che ospitano carni fresche senza nessuna responsabilità. Quindi riteniamo che sia utile a smuovere le coscienze di tutti a investire nel processo in modo responsabile e professionale e non solo per opportunità economica”.

Di parere allineato, Andrea Serraino, Professore Ordinario in Ispezione degli Alimenti di Origine Animale dell’Università di Bologna che aggiunge:

“L’EFSA ha risposto a 4 specifici quesiti posti dalla Commissione Europea; in ogni caso, compatibilmente con i limiti di incertezza determinati dall’approccio adottato e dallo stato delle conoscenze, il Parere Scientifico del Panel contribuisce in modo significativo a chiarire la natura di questo prodotto e gli eventuali rischi associati.

Ce ne era assolutamente bisogno; il documento contribuisce a fissare alcuni principi cardine condivisi sia per l’adozione di sistemi di gestione della sicurezza da parte degli operatori sia da parte del Controllo Ufficiale; in quest’ottica il Parere elimina molte delle zone d’ombra facendo chiarezza”.

Entrambi poi sono d’accordo nell’illustrare la validità del metodo di maturazione professionale della carne brevettato in Europa da Alessandro Cuomo, n° EP2769276B1, basato sulla verifica e il governo del pH, applicato alle tecnologie Stagionello® Meat Maturing Device e Stagionello® Salami Curing Device ed il dispositivo di controllo SICUR FOOD CONTROL®, che garantiscono la completa gestione di tutti gli elementi indicati dall’EFSA, e analizzano in continuo il pH della carne durante la maturazione per mantenerlo all’interno del range di sicurezza, scongiurando proliferazione di muffe e batteri.

“Siamo particolarmente orgogliosi – affermano – del riconoscimento alle tecnologie STAGIONELLO® 100% MADE in ITALY, lo siamo perché la cultura gastronomica italiana è anche alta tecnologia, ricerca e sviluppo di brevetti complessi come il metodo Cuomo, utili a tutelare un patrimonio culturale di tradizioni millenarie e garantire il diritto dei popoli a nutrirsi come per tradizione”.

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Carne da chef: frollata e cucinata ad arte

Ipiatti serviti alla tavola di un ristorante, specialmente se si tratta di un locale storico come l’Antica Osteria Cavallini di Milano, sono un’autentica esperienza sensoriale, senza eccezioni; sono una vera eccellenza di affidabilità per i palati più esigenti. La ricerca, alla base di ogni scelta in cucina, risponde alle aspettative di una clientela sempre più attenta alla qualità.

Tagli pregiati, provenienza, conservazione, metodo di frollatura e, naturalmente, l’abilità di uno chef che la cucini a puntino. Per gli amanti della carne sono queste le peculiarità che ne fanno un’eccellenza per il palato.

Le proposte a base di carne del Cavallini sono un felice connubio tra la cucina della tradizione e la continua ricerca tecnologica, volte a creare menù

sempre nuovi nell’ottica delle esigenze dei palati più raffinati e delle nuove tendenze.

Al ristorante Antica Osteria Cavallini di Milano la carne è un must tra le specialità del ricco e variegato menù, e lo è non solo per le sue qualità intrinseche ma anche proprio per quella particolare frollatura che la rende straordinariamente buona, grazie a un procedimento che ne rende sapore e consistenza praticamente perfetti.

Il segreto sta tutto in quella sorta di “armadio” che si può vedere accanto alla cucina e che espone i tagli destinati alla cottura. Un gioiello di tecnologia appositamente studiato per creare al suo interno un microclima ideale garantendo la giusta ventilazione e la migliore ossigenazione.

Samuel Boktor è lo chef alla guida della cucina del

LA PAROLA ALLE AZIENDE...

Tecnologie Alimentari

Aldo Miraglia dichiara in merito: “Secondo la nostra esperienza l’affermazione è corretta, la carne frollata è sicura come la carne fresca, a patto che il processo venga gestito correttamente e che vengano rispettate la catena del freddo, nonché tutte le necessarie misure igieniche. L’EFSA avrebbe potuto affrontare più tecnicamente l’argomento, rischiando però di parlare con una terminologia non comprensibile per tutti i consumatori, i quali attendono da parte degli organismi di controllo rassicurazioni generiche, completando il loro percorso di fiducia rivolgendosi agli operatori più vicini: negozianti, ristoratori. Ritengo che l’interessamento dell’ EFSA come organismo di controllo sia utile, anche perché prende in considerazione che la  pratica della frollatura è in diffusione. Parlarne, significa fare cultura, la cultura spinge a praticare con coscienza. In questo senso apprezzo l’azione svolta, con la conseguente attenzione dei nostri attenti operatori orientati all’eccellenza. I processi di frollatura, infatti, non sono standardizzati, sono affidati alle buone pratiche degli operatori di cui ci dobbiamo fidare. Gli operatori a loro volta, per applicare una buona e corretta “pratica”, attivano controlli visivi, olfattivi, verificando in ultimo con analisi microbiologiche la sanità dell’alimento. Quindi concludo dando fiducia ai nostri esperti di riferimento nel settore”.

Cavallini, e ne condivide la passione e la volontà di mantenere lo spirito con cui il ristorante è nato nel lontano 1934.

A chef Boktor abbiamo chiesto un’opinione personale sulla vicenda che il parere scientifico di EFSA ha portato alla ribalta.

“EFSA è una fonte autorevole e di lunga e comprovata esperienza - afferma Samuel Boktor - ritengo che questo studio e i suoi risultati abbiano dato risposte che i consumatori possono considerare affidabili. Molti consumatori oggi non sono abbastanza informati sul processo di frollatura delle carni, alcune comunicazioni dei media e qualche campagna denigratoria relativa al consumo delle carni in generale hanno contribuito negativamente, offuscando il punto di vista sugli aspetti nutri-

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...FROLLATURA

zionali e benefici dell’assunzione di questo prodotto. Ritengo pertanto molto utile questo studio. Le carni frollate donano alla carne morbidezza, sapore e digeribilità. Grazie a questa tecnica i nostri piatti acquisiscono valore e prestigio agli occhi dei nostri clienti. Con gli attuali strumenti a disposizione non ci sono criticità a riguardo, ma naturalmente raccomando una manutenzione attentissima degli strumenti di maturazione”.

Il menù dell’Osteria Cavallini, ispirato alla cucina meneghina unita a quella tipicamente toscana in un mix di sapori molto particolare, propone piatti particolarmente apprezzati dagli amanti della carne: l’ossobuco e la cotoletta, protagonisti di indiscussa milanesità o una freschissima Fassona in versione tartare. Completano il menù dell’angolo delle carni uno sfiziosissimo filetto di manzo,

campione di morbidezza, e altre specialità come il galletto e il fegato di vitello.

“Nel nostro ristorante utilizziamo costate e fiorentine di razza scottona Bavarese, scottona Simmenthal e la famosa razza Marchigiana – spiega chef Boktor -.  Maturiamo le nostre carni all’interno di uno speciale frigorifero maturatore che, attraverso la regolazione dell’umidità, permette di controllare il PH della carne, così da migliorare la qualità della carne maturata, e amplificare le percezioni sensoriali di profumo, gusto e morbidezza, aumentandone tutti i valori nutrizionali e allungandone anche la shelf-life.  Maturiamo le nostre carni almeno per 30 giorni perché ritengo che sia il giusto compromesso tra sapore e massima qualità espressa”. Presentata adagiata su un grande piatto da portata, appena levata dai lapilli di una brace che viene

governata ad hoc perché, dichiara Samuel Boktor: “Noi cuociamo tutta la nostra carna alla brace, su carbone di legna, in quanto ritengo che questa tecnica di cottura conferisca profumi e aromi unici” la carne, al Cavallini, viene servita con contorni a piacere, per esempio patate al forno o cannellini all’uccellina oppure la tradizionale giardiniera. Un ensemble da accompagnare con un vino rosso strutturato che, su richiesta, viene suggerito dal sommelier.

Per palati raffinati ed estimatori delle nuove tendenze: qualità e tecnologia insieme per una vera e propria cultura del gusto. 

Buoni, genuini, di famiglia.

Garantire ai nostri animali un’ottima qualità di vita significa assicurare un prodotto genuino e saporito, di grande qualità. Da sempre alleviamo i nostri polli con cura, attenzione e rispetto, nel modo più semplice possibile. Il giusto, come suggerisce il ciclo naturale delle cose. Una vita sana, movimento, in un ambiente incontaminato e sicuro. E per il cibo solo scelte naturali. Proprio come piace a loro. Ma anche a noi. Per questo ci mettiamo tutti noi stessi, compreso il nostro nome.

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Bergamo e Brescia, capitali italiane della cultura 2023

La Capitale italiana della Cultura è un’idea, lanciata nel 2014, che vuole promuovere la valorizzazione del patrimonio culturale italiano con progetti e attività.

Di questo patrimonio fa parte certamente la gastronomia che, nel nostro Paese, rappresenta un’eccellenza e un impulso al turismo.

Per la prima volta nel 2023 sono due città, insieme, a rappresentare questo prestigio – Bergamo e Brescia – a riconoscimento della loro vivacità culturale.

Essere capitali italiane della cultura vuol dire af-

Il Cotechino

In Lombardia, è conosciuto con il nome di salamella: in provincia di Bergamo viene chiamato cotechino o lonaghino. Il cotechino della bergamasca si realizza con carni suine fresche di coscia, spalla, coppa e sotto-gola o pancettone. All’impasto si aggiunge sale marino granulare macinato molto fino. L’impasto ottenuto viene tradizionalmente lavorato a mano, oppure con apposite impastatrici. Il prodotto viene poi insaccato nel budello di suino, detto “bazetta”; e si forma una lunga salsiccia che viene legata con uno spago sottile. Si ottengono cotechini di 1012 cm. Si cucina ai ferri, si aggiunge agli intingoli o nel ripieno delle paste fresche.

frontare le sfide della contemporaneità e dare visibilità al patrimonio del territorio.

Bergamo e Brescia diventano un’unica città “illuminata” e un’unica capitale.

Esploriamo insieme alcune delle specialità gastronomiche che le nostre botteghe possono valorizzare per incentivare l’interesse del consumatore abituale e del turista che in quest’anno di rinascita visiterà i luoghi.

UN PATRIMONIO GASTRONOMICO

DA VALORIZZARE

Protagonisti della cucina bergamasca sono la

La salsiccia di castrato ovino

Secondo la tradizione le pecore impiegate per questo salume erano le pecore di razza gigante Bergamasca.

La Salsiccia di castrato ovino è un prodotto tradizionale della Valle Camonica. Si tratta di un insaccato fresco a base di castrato ovino sgrassato e macinato molto fine, con l’aggiunta di spezie, aglio e brodo di ossa. Di solito viene preparata in estate quando la carne è più saporita.

A Breno, comune bresciano, nel 2006 ha ottenuto il titolo di DeCo, denominazione comunale. La tradizione vuole che venga servita a fetta, accompagnata da patate bollite e peperonata.

montagna orobica con i suoi formaggi e le carni, e la collina dove apprezzati sono selvaggina e vini. Il bresciano offre una rassegna formidabile di materie prime, dai sapori della Valcamonica alla Franciacorta, dalla bassa Padana alla riviera Gardesana: carni, polenta, formaggi pesce, olio d’oliva e ortaggi. Una pregiata produzione vinicola con una selezione interessante di spumanti e il famoso Chiaretto.

Soppressata bresciana

Si tratta di un Insaccato di carne di maiale le cui carni magre e grasse vengono marinate con vino, aglio, sale e spezie, macinate ed insaccate, con l’aggiunta all’interno di un pezzo intero di coppa o capocollo. Prodotto su tutto il territorio del bresciano, ha un gusto caratteristico che ricorda il salame. Si usa un budello piuttosto voluminoso e del tutto naturale che subisce due legature: la prima appena chiuso il budello, la seconda dopo l’asciugatura della carne. Se viene consumata cruda deve stagionare per almeno 1 anno; se, invece, è consumata cotta (prima bollita e poi in umido), la stagionatura dura almeno 3 mesi.

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Il Violino

Val Chiavenna e Valcamonica sono le zone di produzione. È un prosciutto aromatizzato con vino e spezie. Il Violino si ricava dalla coscia della capra, dell’agnello, del capriolo o del camoscio, e prende il nome dalla sua forma che ricorda lo strumento musicale, ma anche dalla tecnica impiegata per il taglio che ricorda la posizione del violinista: prosciutto appoggiato sulla spalla e coltello usato come archetto.

Lo Spiedo bresciano

Nel Bresciano, la domenica, il piatto tipico è la polenta e spesso viene accompagnata da una specialità unica nel suo genere: lo spiedo bresciano. Lo spiedo bresciano è un piatto legato al mondo della caccia. Infatti si tratta di uno spiedo a base quasi completamente di carne a cui si aggiungono le patate.

Lungo lo spiedo si infilzano petto, cosce e ali di polli, lonza di suino, pezzi di coniglio e, durante la stagione venatoria, uccelli di cacciagione.

Ogni singola presa deve avere un peso di circa 70-80 grammi. Per questo motivo è importante l’accuratezza del taglio della carne.

I ferri dello spiedo, chiamati in dialetto “ranfie” o “bracoi”, ruotano su braci di legna. La cottura è molto lunga, inizia con la carne a secco, al naturale, a cui poi si aggiungono spennellate di burro. Il tempo di cottura può arrivare anche a 6 ore.

A circa 1 ora dall’inizio della cottura, avviene la prima ed unica salatura dello spiedo, con abbondante sale fino. Man mano che il burro si riversa sullo spiedo, cade sul fondo del girarrosto e da qui viene fatto gocciolare in una apposita terrina e riciclato durante tutta la durata della cottura. Lo spiedo bresciano della ricetta più antica viene consumato con la polenta e l’intingolo. Si serve con vini corposi rossi.

Il salame di Montisola

Il Salame di Montisola è una specialità tutta da scoprire. Si tratta di un salume prodotto utilizzando lonza, coppa, filetto e coscia del maiale, carni scelte tagliate a punta di coltello, non macinate e senza l’aggiunta di grasso.

Piuttosto magro e leggermente affumicato, aromatizzato dal fuoco di rami di ginepro, è caratterizzato da una miscela di vino e aglio che dona sentori unici. Infine viene fatto riposare nel vino. Dopo l’insaccatura viene affumicato con legno di olivo e infine messo a stagionare per trenta giorni in cantina o in locali con temperatura e umidità controllate.

Il risultato finale è un equilibrio di sapori, odori e aromi e una fetta perfetta che non si sgrana e si stacca facilmente dalla pelle.

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L’insegna svetta dalla metà del secolo scorso e sono passate ben tre generazioni da quando l’inaugurò nonna Gina, gran lavoratrice, capace anche di disossare un quarto di vitellone, affiancata dal nonno Giovanni, abile commerciante di bestiame, lungimirante, con idee chiare. Spesso vengono ricordati con nostalgia dalle nipoti che ne hanno ereditato la tenacia e le capacità insieme all’attività.

Barbara Rossi racconta con passione: “Negli anni è toccato a Piero, figlio di Giovanni e Gina, affiancato da nostra madre Giuseppina, ma ben presto la gestione è passata a noi tre figlie e nostro padre ha iniziato la sua carriera imprenditoriale; oggi, infatti, è un noto industriale di successo nel settore della carne”. Alessandra, Giulia e Barbara crescono circondate dal profumo della carne e dal fragore metallico dei coltelli; abitano a fianco del macello e della bottega e, dopo gli studi, perfezionano il mestiere, che si trasforma in passione: “E’ una passione difficile da descrivere – afferma Barbara – che ci ha portato a lavorare insieme passo dopo passo, seguendo l’andamento dei tempi e le tendenze dei costumi, fino a trasformare quella che era una macelleria tradizionale in un’attività moderna e ben strutturata. Nel 2004 abbiamo praticato una prima ristrutturazione, importante e, alla fine del 2022, un ampliamento completo

La forza delle donne in macelleria

La macelleria Rossi di Sant’Albano Stura in provincia di Cuneo è un’istituzione. Oggi alla guida tre sorelle, Alessandra, Giulia e Barbara, la terza generazione

con l’allestimento di un banco di ben 13 metri”.

Oggi la macelleria tradizionale si è trasformata ma c’è sempre la carne rossa che può essere o di fassona piemontese o di castrato piemon-

tese, allevati da selezionati e storici contadini dei dintorni e con alimentazione a base di un’antica ricetta di orzo, mais, crusca, fave e fieno.

L’artista al banco carni è Alessandra, sempre sorridente, che taglia

e spiega i tagli con una contagiosa euforia; nell’ultimo decennio si sono aggiunti i pronti a cuocere e tutto quello che concerne hamburger, tramezzini, tortillas, tacos, gli impanati e i prodotti freschi a base di carne, come le tartare che oggi sono già in vendita nella versione primaverile: base cilindrica di battuta di fassona piemontese guarnita con papaya e mango. Una delizia.

E poi una miriade di rotolini piccoli piccoli - il sushi - guarniti tutti in modo diverso, dalla granella di nocciole al formaggio croccante, alla verdura caramellata.

“Negli anni – racconta Barbara Rossi - abbiamo aggiunto e poi ampliato una cucina professionale per la gastronomia, gestita da Giulia, appassionata da sempre di cucina,

13 metri lineari di banco refrigerato Cube My Meat System forniscono il supporto ideale per un’esposizione efficiente e di grande impatto visivo

Allestire la macelleria

che ogni giorno sforna sfizi e golosità, dalle lasagne all’insalatina di cavolo rosso con pere pecorino e noci, fino al guanciale brasato di vitella al barolo”.

L’assortimento è davvero importante e vario. C’è il settore formaggi, con prodotti di alta qualità locali e non, una buona e ricercata salumeria. Per la pasta fresca si è optato per la collaborazione, vista l’amicizia, con Andrea, un vero maestro che, dalla sua bottega, istituzione

a Cuneo, arriva ogni giorno con le sue specialità: oltre alle tradizionali tagliatelle ai 40 tuorli delle Langhe e ai ravioli del plin, di volta in volta tortelloni ai carciofi o tortelloni melanzane pomodoro e burrata, solo per fare qualche esempio.

Poi troviamo tutti i tagli del pollo cuneese, il coniglio, il suino, piemontese pure quello, le salsicce e i salami artigianali prodotti da Andrea, il marito di Alessandra, responsabile del laboratorio artigianale e di disosso.

“Per mantenere al fresco tutta questa carrellata di prodotti – racconta Barbara - avevamo bisogno di 13 metri di bancone, ma non un bancone qualunque, lo volevamo davvero speciale. Per trovare quello che serviva ai nostri scopi abbiamo girato varie aziende, poi la decisione di affidarci agli specialisti di Coldar Frigoriferi. Dopo un’intera giornata passata con loro visitando allestimenti fatti dall’azienda abbiamo capito che avrebbero costruito il bancone che faceva per noi. E ab-

Il banco per Macelleria

Gastronomia

biamo deciso”.

Il banco, interamente in acciaio, con caratteristiche specifiche per la carne, con vetri cristallini sorretti da montanti quasi invisibili e il frontale in noce canaletto è uno spettacolo da vedere, molto elegante.

“Funzionale e pratico – spiega Barbara Rossi – proprio come ce l’avevano descritto: con la sua tecnologia 4.0 riesce a mantenere ben refrigerate tutte le prelibatezze con evidente efficienza energetica e ottime performance, inoltre può essere gestito da remoto e, soprattutto, ricevere in tempo reale eventuali

segnalazioni di malfunzionamenti. Una bella sicurezza. Quindi un gran bel bancone. Il resto del negozio è stato curato in modo eccellente e raffinato da bravi architetti tra cui il compagno di Giulia, Claudio, e le pareti in marmo cristallino, il retro banco in acciaio luccicante, i pavimenti in onice e la carta da parati disegnata nella zona cassa sono davvero di grande impatto visivo. Siamo molto soddisfatte, è un piacere lavorare in questa boutique: in un ambiente così non ci resta che lavorare e accontentare tutti i nostri clienti”. 

Cube My Gastronomy System con un rivestimento a cassettoni solido ed elegante che ben si inserisce nell’architettura del locale, dispone di tecnologia 4.0 efficiente e affidabile

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Saggi assaggi di...olio extravergine di oliva

Quando progettiamo un piatto, ne realizziamo la ricetta, pensiamo al modo di proporlo in tavola, molto spesso sottovalutiamo un elemento importante: l’abbinamento con l’olio d’oliva, indispensabile per condire e insaporire.

Lo diamo per scontato: l’olio è olio. Al momento dell’acquisto, cerchiamo la marca conosciuta, badiamo al prezzo, non osserviamo quasi per nulla da che cultivar deriva, al massimo facciamo caso se è un prodotto italiano, europeo o extraeuropeo. Al ristorante, poi, è un prodotto generalmente anonimo, che il cuoco inserisce a nostra totale insaputa, è solo uno dei tanti ingredienti. Eppure, proprio questo fatto dovrebbe farci riflettere: le varietà di olio extravergine di oliva sono molteplici e ogni varietà possiede caratteristiche specifiche e pregi. Utilizzare l’olio sbagliato può rovinare il piatto più prelibato.

La qualità dell’olio di oliva deriva dalla coltivazione e dalla raccolta, quindi dalla qualità della materia prima, ma soprattutto dal metodo di trasformazione: se è importante che l’olivicoltore faccia bene il suo lavoro, è altrettanto fondamentale che il frantoiano trasformi il frutto correttamente. La conservazione ottimale non supera i 18 mesi dal confezionamento

bandonati che potrebbero essere resi produttivi. Diventa perciò necessario compiere un salto culturale e tecnologico, che porti verso una agri-

COME DEGUSTARE UN OLIO EVO

L’olio è un grasso, per assaporare al meglio le sue proprietà in purezza la degustazione avviene secondo metodi differenti da quelli utilizzati per altre sostanze, per esempio il vino. Olfatto e gusto sono i sensi coinvolti. Come afferma l’oleologo Francesco Caricato: “Possediamo un laboratorio naturale: la nostra bocca e il nostro naso”. Se il vino viene fatto roteare nel bicchiere allo scopo di rilasciare i suoi sentori, l’olio, essendo un grasso, sprigiona meglio i suoi aromi se la sua temperatura è leggermente elevata rispetto alla temperatura ambiente. Per questo motivo si usa scaldare il bicchiere che contiene l’assaggio di olio tra le mani. Il colore dell’olio, invece, non è influente, poiché è dato esclusivamente dalla varietà di oliva impiegata e non è sinonimo di qualità.

Su questo fatto si è riflettuto, tra l’altro, nel corso del recente convegno Olio Officina Festival che si è svolto a Milano.

Con l’aiuto di esperti e di cuochi di fama, si è cercato di fare il punto e offrire un momento di divulgazione alimentare interessante e importante nella sua convivialità, sia ai numerosi consumatori finali sia agli operatori intervenuti.

“L’olio è progresso”, il tema del congresso 2023 dove, certamente, una riflessione sullo stato dell’arte del comparto e sulle sue potenzialità è doverosa, specialmente oggi che molti guardano alla gastronomia come uno sbocco naturale e propositivo ma, forse, devono approfondirne i concetti di base per poterla praticare con competenza e successo.

E i margini operativi ci sono, come conferma Luigi Caricato, ideatore e patron di Olio Officina Festival: in Italia la superficie agricola disponibile esiste, e tantissimi sono gli ettari di terreni ab -

coltura di precisione e, là dove possibile, anche a una olivicoltura ad alta densità, sempre rispettosa dell’ambiente e sostenibile, proprio grazie alle tecnologie oggi a disposizione. C’è urgenza anche di individuare nuove cultivar di olivo, anche in ragione dei drastici cambiamenti climatici che impongono soluzioni diverse, come per esempio delle nuove cultivar di olivo.

A questo punto si annusa e si percepiscono gli aromi che possono differenziarsi a seconda della varietà: dal sentore erbaceo al fruttato, dall’acerbo al maturo, aromi di pomodoro maturo o foglie di pomodoro, aromi di carciofo o cardo, amaro o dolce, ecc. L’olio è il ricavato della spremitura di un frutto, l’oliva, e come tale mantiene le sue caratteristiche. L’importante in questa fase è verificare che non ci sia odore di rancido, segno di deperimento dell’olio.

LA CLASSIFICAZIONE DEGLI OLI EXTRAVERGINE DI OLIVA

Fruttato leggero

Tendente al dolce, morbido e dal profumo delicato. Con sfumature lievissime di piccante.

Fruttato medio

Il fruttato medio è un olio saporito, fragrante, armonico e ben equilibrato, dai toni più marcati e incisivi rispetto al fruttato leggero.

Fruttato intenso

Il fruttato intenso pizzica in gola, è penetrante e dotato di spiccate note amare e piccanti, come è giusto che faccia un extravergine ricco di antiossidanti (polifenoli).

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Giuseppe Capano

Dopo la prova olfattiva si procede all’assaggio che consiste nel sorseggiare una piccola quantità di olio, farla roteare in bocca, chinare il capo in avanti e solo a questo punto “strippare”, come si definisce in gergo, ossia aspirare rumorosamente e vigorosamente: in questo modo l’olio si vaporizza nel cavo orale fino ad arrivare nel retronasale e in gola dove pizzicherà un po’, a volte tanto, e questo è un indice di qualità dell’olio. L’abbinamento corretto dell’olio al cibo è soggettivo e coinvolge i gusti personali di ognuno ma in linea di massima quello che è importante tenere presente è che il sapore e l’aroma dell’olio non devono prevaricare quelli dell’alimento che accompagna: il parametro è l’equilibrio. Per questo si predilige un olio delicatamente fruttato con cibi dal sapore delicato, per esempio il pesce o i formaggi freschi, e olio più intenso e corposo con le carni crude o alla brace, con la bresaola o i salumi, le verdure.

Solo per fare qualche esempio, per le loro proprietà organolettiche: l’olio del lago di Garda è ottimo col pesce, l’olio toscano con la carne e il siciliano con le verdure.

L’OLIO E LA COTTURA

Il modo migliore di consumare l’olio extravergine di oliva è a crudo. Quando l’olio in cottura supera i 120°C inizia a deteriorarsi. Qualsiasi tipo di olio di oliva.

Quando l’olio è di buona qualità, comunque, sopporta la cottura trasformandosi senza danneggiare la sua composizione chimica, anzi può valorizzare il piatto.

Lo chef Giuseppe Capano consiglia di scegliere l’olio da utilizzare in cottura praticando la sperimentazione soggettiva perché è importante anche seguire il proprio istinto e, con l’esperienza,

definire il gusto finale in base all’acidità o alla dolcezza e ribadisce l’importanza del controllo della temperatura.

Il cibo è cotto quando al cuore la temperatura raggiunge i 75°C (nel caso del roast beef, per esempio, ne bastano 60°C). Se consideriamo la cottura in forno, che raggiunge facilmente i 200°C, è facile comprendere come superi abbondantemente i 120°C di sicurezza. Per questo motivo è consigliabile la cottura a bassa temperatura (cbt) seguita dalla finitura rapida in padella. La tecnologia moderna è un valido aiuto nel cuocere rispettando il prodotto.

IL CARPIONE, UNA TECNICA ANTICA

L’olio è la storia di un territorio, l’olio è un’immagine e come tale va preservato. Un olio extravergine di oliva di buona qualità può valorizzare un

piatto se utilizzato correttamente a crudo. Matteo Scibilia, chef patron del ristorante Piazza Repubblica di Milano, ci propone la ricetta del “Salmerino in carpione” un piatto a base di pesce di lago che si presta molto bene a essere conservato per alcuni giorni. Come tale è ideale per la gastronomia.

La ricetta del carpione è di origini antiche e deriva dalla necessità di conservare gli alimenti. Ingredienti come l’aceto, infatti, possono favorire la conservazione anche se – ci tiene a precisare lo chef – non sterilizza l’alimento.

Il procedimento prevede:

• pulire e sfilettare il pesce

• tagliare a cubetti

• infarinare

• friggere con olio di semi (girasole o arachide)

• mettere da parte il pesce così fritto

• mettere in una pentola l’aceto bianco (o aceto di mele) e il vino bianco, in proporzione 2/3 aceto e 1/3 vino

aggiungere carota, cipolla, sedano a dadini e uvetta passita (quest’ultima serve ad addolcire l’aceto) e portare a ebollizione, raffreddare

• in un contenitore ricoprire il pesce fritto con la marinata

• aggiungere abbondante olio extravergine di oliva (si consiglia olio delicato, per esempio ligure o del lago di Garda)

• conservare in frigorifero per 2 giorni servire.

Si conserva fino a una settimana in frigorifero. 

Lo chef Giuseppe Capano consiglia una salsa all’olio di facile preparazione: cuociamo un pesce e conserviamo il suo brodo di cottura. Conserviamo l’olio extravergine di oliva in frigorifero per almeno un’ora. Con l’aiuto di un mixer o un frullino misceliamo l’olio freddo con il brodo caldo molto velocemente. Lo shock termico farà sì che si formi una salsa densa a base di olio d’oliva, una sorta di maionese, molto delicata ma gustosa, da servire immediatamente (si scompone in fretta!).

iMEAT GIORNALE 37

Trale tecniche di cottura più apprezzate e di tendenza, spicca sicuramente quella del sottovuoto, o sous-vide. Si tratta di una tecnica innovativa che affonda però le radici in un metodo antichissimo; consiste nel cuocere un ingrediente assieme al suo condimento e alle spezie all’interno di un sacchetto dal quale viene estratta l’aria, e immergerlo poi in acqua che viene mantenuta a una temperatura costante.

I vantaggi di questo metodo di cottura sono molti: minor calo peso, esaltazione di aromi e sapori, mantenimento di colori e consistenze e delle proprietà organolettiche. Ma non solo: questa tecnica permette maggiori tempi di conservazione dei prodotti e la conseguente possibilità di aumentare la produzione per avere sempre una scorta disponibile, organizzando al meglio le attività della cucina.

I sistemi di cottura RATIONAL simulano, ognuno a proprio modo, quello che avviene con l’utilizzo di un tradizionale roner: se si utilizza iVario Pro la cottura sottovuoto avviene tramite immersione e grazie alla sua estrema precisione nel raggiungimento e nel mantenimento della temperatura, il risultato è garantito. Nel modello 2-S, ad esempio, si possono cucinare ben 15 petti d’anatra per vasca in 2 ore, ma iVario è così versatile che, se appena terminato il processo di sottovuoto si rende necessario grigliare il prodotto, sono sufficienti pochi secondi per svuotare la vasca ed averla disponibile per la cottura successiva. Se si utilizza un iCombi, invece, l’immersione in acqua viene simulata dalla cottura a vapore indiretto prodotto dal generatore integrato. Utilizzando l’apposita sonda, non appena la si inserisce nella porta usb, sul display di iCombi compaiono tutti i

processi dedicati alla cottura sottovuoto. L’utilizzo di iCombi per questo processo permette maggiori volumi di produzione. iCombi Pro e iVario Pro semplificano così le attività in cucina.

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Come si conservano i salumi in ambiente domestico?

Quando si acquista un salume capita di chiedersi come va conservato al meglio.

I salumi si presentano in un’ampia varietà di tipi. Vi sono numerose specialità a carattere regionale e innumerevoli produzioni DOP e IGP, che possiamo distinguere in salumi crudi e stagionati (salame, prosciutto crudo, coppa, bresaola, ecc.) e in salumi cotti (prosciutto cotto, mortadella, arrosti di varia natura, ecc.). E all’interno di queste, per ciascuna categoria, abbiamo salumi insaccati o non insaccati. È ovvio che laddove si parla di prodotti cotti, questi debbano essere mantenuti a temperature di frigorifero, mentre un prodotto crudo e stagionato se intero o insaccato e perfettamente stabilizzato può anche essere conservato fino al consumo in ambienti freschi, asciutti e moderatamente ventilati a temperature di 12-15°C / 18-20°C: la conservabilità in questo caso è strettamente correlata alle condizioni ambientali del locale dove vengono posti.

È altrettanto ovvio notare che i salumi affettati o in tranci già porzionati (anche quando sono in sottovuoto) devono essere conservati in frigorife -

ro. Si tratta sia dei salumi che ci facciamo affettare da fresco al banco taglio sia di quelli preaffettati in busta in atmosfera modificata (o in sottovuoto) che riportano sulla confezione o in etichetta di mantenere la temperatura di conservazione tra 0°C e +4°C (talvolta anche tra +2°C e +8°C per certi stagionati). Tutti i salumi affettati al banco taglio, soprattutto se cotti, devono essere consumati entro pochi giorni dall’acquisto, avendo cura di tenere le fette eventualmente avanzate nella carta oleata o nella busta richiudibile che ci viene fornita dal banconista. Di quelli che acquistiamo nelle buste preconfezionate in atmosfera modificata possiamo fare una moderata scorta in virtù dei termini di consumo (vedere la data impressa “da consumarsi preferibilmente entro il…”), anche se per ragioni di gusto e di qualità sensoriale è sempre meglio evitare di consumare un prodotto prossimo alla scadenza. Anche questi, in ogni caso, una volta aperti vanno consumati nel breve giro di 2 o 3 giorni per evitare uno scadimento delle qualità organolettiche: l’integrità del prodotto infatti è garantita finché la busta rimane chiusa.

I tranci sono comodi per essere affettati a casa ma

anch’essi quando sono aperti andrebbero consumati in breve tempo in funzione della loro deperibilità. Può capitare però che di tempo ne trascorra un po’ di più rispetto all’affettato perché riteniamo che il pezzo si conservi meglio (e perché non si consumano i salumi tutti i giorni!). Bisogna però avere l’accortezza di proteggere la superficie di taglio con l’alluminio, che scherma anche la luce, e di mantenere cotenna e grasso o il budello che lo avvolgono perché anch’essi svolgono un’azione protettiva e preservano dalla disidratazione. Una volta iniziato il taglio, può essere utile riporre il salume in una garza o in un canovaccio pulito per prevenire la formazione di muffa. Se la prima fetta si presenta di colore scuro/bruno a causa dell’ossidazione, la si può tagliare e buttare via, provvedendo poi a rifilare le parti intorno.

Anche per i salumi interi la conservabilità casalinga va commisurata al loro grado di deperibilità e di stagionatura, in funzione delle condizioni climatiche che possiamo assicurare fino al momento del taglio. Per i salumi stagionati non ancora affettati come il salame, la pancetta, la coppa, il culatello e i prosciutti, il luogo di collocamento ideale è la cantina o comunque un ambiente

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Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e relative bibliografie
Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare

fresco e asciutto che mantenga una temperatura costante.

Poi una volta iniziato il taglio, vanno mantenuti in frigorifero e trattati come i tranci.

Se invece si ha l’abitudine di mettere un prosciutto in morsa per consumarlo nell’arco di diversi giorni o qualche settimana (ci riferiamo ad esempio a coloro che organizzano frequenti incontri conviviali con il circolo di amici), è importante evitare che la fetta esposta all’aria si ossidi e si disidrati: la parte tagliata deve essere unta con un filo d’olio e avvolta nella pellicola o l’alluminio e il tutto avvolto in un canovaccio pulito. Anche per mantenere morbido il culatello si può optare per avvolgerlo in un panno di lino imbevuto con poco olio extravergine d’oliva.

In questi casi è però opportuno un consumo costante, evitando di lasciare essiccare la superficie di taglio. Il problema si pone in maniera minore per i salumieri che tagliano con continuità le fette dei salumi.

Se si osservano specifici accorgimenti, la possibilità che i microrganismi potenzialmente dannosi e presenti nell’ambiente contaminano il prodotto è abbastanza remota. Ci può essere un decadimento della qualità organolettica ma è raro che possano svilupparsi dei microrganismi patogeni.

Sta a noi osservare e mantenere le corrette condizioni di conservazione, acquistare una scorta sufficiente per le nostre esigenze e consumare celermente i salumi una volta aperti o iniziati. Anche in ambiente controllato è bene proteggere i salumi in modo appropriato, evitando di consumare il prodotto se notiamo delle anomalie visive e olfattive degradanti, come le seguenti:

- il grasso visibile presenta un colorito giallognolo e spento

- sulla carne sono comparse delle venature verde iridescenti e la superficie risulta secca

- emana un odore sgradevole, di rancido e/o putrefazione

- sulla superficie si è formato uno strato trasparente appiccicoso e maleodorante

- il gusto è acre

- i salumi affettati presentano rigonfiamento, mucillagini e/o odori maleodoranti all’apertura. I salumi di produzione industriale non vanno demonizzati perché non sono affatto di scarsa quali-

tà e per quelli di lavorazione più casereccia (il classico “salame del contadino”) va in primo luogo tenuto conto del detto “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, ma acquistare solo se siamo sicuri della qualità e dell’azienda che li produce. La genuinità non si misura dall’assenza di conservanti, laddove questi svolgono un ruolo di garanzia della sicurezza contro il botulino e altri microrganismi patogeni e deterioranti. 

iMEAT GIORNALE

Amare il passato e condurlo nel futuro per conservare memorie e tradizioni

Alcuni intendono la tradizione come ciò che viene trasmesso dal passato al presente. Gli oggetti materiali e le credenze, le immagini e le abitudini, le ricette e i prodotti alimentari, tutte cose che possono essere tramandate e hanno una tradizione proprio in questo stesso gesto di consegna alle generazioni future. In tale contesto, però, è indispensabile una continuità nel tempo, perché solo così la tradizione si distingue dalla semplice moda e la tutela della stessa si traduce in un valore aggiunto ai sapori di casa.

Dal Nord Italia alla punta dello Stivale, esiste una nutrita varietà di sapori e tradizioni in quanto a salsiccia e carni fresche, che vale la pena tramandare. Pool Pack, azienda leader italiana nella produzione e commercializzazione di packaging alimentare, oltre a saper consigliare il miglior imballaggio, affianca i propri clienti anche nella lavorazione e trasformazione dei prodotti a base

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di carne. L’esperienza di 50 anni di attività permette di suggerire e studiare le migliori soluzioni per tramandare queste preziose tradizioni italiane, in termini di aromi e sapori.

Con un’offerta genuina e di qualità, propone formulazioni personalizzate, ideali per qualunque preparazione. Le diverse linee di prodotto sono in

grado di soddisfare qualsiasi esigenza, nel rispetto della sensibilità e di eventuali intolleranze alimentari del consumatore. Oltre all’alta qualità garantita, le miscele migliorano la shelf-life del prodotto, il colore, il sapore ed il profumo e ne controllano la carica batterica. L’ampia gamma comprende miscele complete e concentrate, erbe e spezie 100% bio, aromi naturali ed esaltatori di gusto, coloranti naturali; tutti ingredienti altamente performanti che consentono di ottenere risultati eccellenti nella lavorazione di preparati a base di carne fresca.

Tra le linee di prodotti per insaporire, impreziosire, decorare ed arricchire di gusto e colore preparati gastronomici, troviamo sicuramente la Linea Grill: una combinazione di erbe, sale, spezie e aromi da spolverare sulla carne per esaltarne gusto e colore e rendere ancora più squisito il vostro barbecue. 

La food experience, memorabile attimo di piacere

Le tendenze alimentari cambiano secondo le epoche storiche e in base ai mutamenti sociali, è un dato di fatto. Se un tempo il ristorante era considerato semplicemente un luogo dove godere di un buon pasto – in pratica dove nutrirsi – oggi è diventato un ritrovo di convivialità, innanzitutto, e l’atto di uscire per andare al ristorante il pretesto per vivere un’occasione di appagamento, perfino insolita. Non per mangiare, dunque, ma per vivere un’esperienza e quella che viene ormai comunemente chiamata customer experience deve essere costruita accuratamente per stuzzicare la curiosità, ingolosire i sensi e appagare i desideri. E il cibo, con la sua voluttuosità, ha molto a che fare con queste percezioni sensoriali e intime.

La carne, poi, è certamente evocativa

e può stimolare la voglia di soddisfazione del palato più di altri alimenti. La food experience può essere considerata la capacità di creare un’esperienza di sapori e cibo  in grado di suscitare sorpresa, scoperta, e infine condivisione. Queste sensazioni, tutte insieme, creano un ricordo, destinato a restare ben impresso nella memoria.

Per una macelleria con braceria, per un’hamburgeria o un ristorante saper creare la giusta atmosfera atta ad accogliere l’experience è fondamentale, perché essa non è composta solo dall’azione di gustare un cibo, ha bisogno della narrazione del cibo, del sentimento che vi aleggia intorno. A questo scopo è utile preparare un menù studiato appositamente che non sia solo una lista di cibi ma componga un percorso di degustazione con un filo conduttore, per esempio, con gli abbinamenti giusti

o le corrette declinazioni. Un menù che racconti una storia dove i diversi tipi di carne, i tagli, gli assaggi possano venir interpretati e apprezzati perché compresi.

Per poter elaborare questo format di esperienza una nuova figura professionale sta nascendo: il dry ager chef, un esperto che, al pari di un sommelier, sappia consigliare, proporre, accompagnare il cliente nella degustazione e ne sappia, allo stesso

tempo, decantare le virtù indiscutibili. Perché, elemento imprescindibile nella progettazione dell’experience, è l’aspetto etico della qualità delle carni che devono essere selezionate con cura e provenire da allevamenti sostenibili. Oggi, il consumo consapevole è un obbligo morale e prescindere dalla sostenibilità del cibo non è neppure pensabile.

Solo allora, la food experience potrà considerarsi completa. 

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Pancetta o guanciale? Se parliamo di Carbonara il dilemma incalza. Allora perché non risolvere il problema utilizzando un ingrediente insolito?

HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization – depositaria del marchio Fish from Greece entra in gioco proponendo una rivisitazione che rompe completamente gli schemi, con un ingrediente insolito per questo piatto: il pesce, in particolare l’ombrina boccadoro, un pesce magro e ricco di proteine, dotato di un sapore fresco e delicato e di una consistenza morbida e friabile.

PROCEDIMENTO

Tagliate le zucchine a rondelle e l’ombrina in piccoli pezzi.

per 4 persone

320 g spaghetti

300 g filetti di ombrina puliti

4 uova intere + 1 tuorlo

100 g pecorino

Vino bianco per sfumare

Pepe nero

2 spicchi d’aglio

4 zucchine medie

Olio evo q.b.

Mettete sul fuoco una padella capiente, fate sfrigolare due spicchi d’aglio spellati e, una volta imbiondito, aggiungete le zucchine. Fate rosolare per dieci minuti e unite il pesce. Portate il tutto a cottura, sfumate con il vino bianco e dopo aver fatto cuocere per un paio di minuti spegnete e tenete da parte.

Portate a bollore abbondante acqua salata e cuocete gli spaghetti.

Preparate la salsa per la carbonara: in una ciotola mescolate bene le uova con il pecorino e il pepe nero macinato.

Quando gli spaghetti sono pronti scolateli e metteteli nella padella con il pesce e le zucchine, spegnete il fuoco, aggiungete la salsina di uova e formaggio e mescolate molto bene. Servite immediatamente.

con broccoli e melagrana

HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization creatore del marchio collettivo Fish from Greece, propone una elegante e gustosa ricetta: una ricetta non solo bella da vedere e buona da gustare, ma anche sana e leggera in quanto caratterizzata da proteine, vitamine, sali minerali e acidi grassi essenziali Omega3, di cui il pesce fresco è naturalmente ricco.

2 orate

per 4 persone

50 g di mandorle a lamelle

1 broccolo

100 g di chicchi di melagrana

1 limone

1 rametto di timo

1 mix di erbe aromatiche

Sale q.b.

Pepe q.b.

Olio EVO q.b.

PROCEDIMENTO

Per iniziare, pulite e squamate il pesce, per poi ottenere dei filetti.

Prendete una teglia, rivestitela con la carta da forno e disponetevi sopra i filetti di orata. Per il condimento dei filetti, iniziate a ungerli con un filo di olio EVO e ricopriteli poi con le lamelle di mandorla (se si preferisce, disporle a squame per ricreare una coda di pesce). Aggiustate di sale e pepe e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 20 minuti. Mondate in seguito il broccolo e tagliatene le cimette. Fate cuocere in casseruola con un filo di olio EVO e uno spicchio di aglio per 20 minuti, aggiungete un pizzico di sale e pepe a piacere a fine cottura.

Per l’impiattamento, servite il filetto di orata in crosta di mandorle con le cimette dei broccoli, guarnendo il resto del piatto con i chicchi di melagrana e le erbe aromatiche.

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Ricette: HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization

Ricette: Consorzio Tutela Taleggio D.O.P.

con fonduta di Taleggio D.O.P. alle erbe

per 4 persone

500 g petto di pollo farina qb

2 uova pangrattato alla curcuma q.b.

olio per friggere q.b.

250 g panna fresca

150 g Taleggio D.O.P.

erbe aromatiche fresche (timo, erba cipollina e finocchietto)

sale

pepe

Per prima cosa prendete le fettine di vitello, battetele con un batticarne per affinarle e allargarle, poi tagliatele in due parti e mettetele da parte. Nel frattempo mettete il Taleggio D.O.P a pezzi in una boule insieme a una spolverata di pepe e del timo sfogliato e mescolate bene. Riempite ogni fetta di vitello con un po’ di composto di Taleggio D.O.P. Non eccedete con il composto altrimenti rischia di uscire durante la cottura, quindi passate gli

PROCEDIMENTO

Tagliate il pollo a filetti non troppo sottili e procedete con la panatura. Impanate il pollo nella farina, poi nell’uovo e infine nel pan grattato.

Friggetelo in abbondante olio per frittura fino a doratura. Scolatelo su carta per fritti e unite un pizzico di sale.

Tagliate il Taleggio D.O.P. a cubetti e tenetelo da parte.

Per preparare la fonduta al Taleggio D.O.P. scaldate la panna in un pentolino, unite le erbe aromatiche e un pizzico di pepe. Unite il Taleggio D.O.P. a cubetti e fate sciogliere. Servite il pollo accompagnato con la fonduta al Taleggio D.O.P.

con Taleggio D.O.P., timo, insalata di arance e olive nere

per 4 persone

4 fettine di vitello

150 g di Taleggio D.O.P.

1 scalogno piccolo

1 bicchiere di vino bianco

2 rametti di timo

20 g di burro

farina qb.

olio evo q.b.

sale e pepe q.b.

4 arance mature

100 g di olive nere denocciolate

PROCEDIMENTO

involtini nella farina premendo bene su ogni lato. Adesso prendete una padella antiaderente, mettete un filo di olio evo, il burro e lo scalogno tritato finemente. Appena inizierà a dorarsi unite gli involtini di vitello che avrete legato prima con spago da cucina o stuzzicadenti. Fate cuocere gli involtini circa un minuto e mezzo per lato, in modo che si formi una crosticina dorata. Adesso sfumate con il vino, coprite con un coperchio e lasciate cuo-

cere altri 3/4 minuti. Toglieteli dalla padella e lasciateli riposare un minuto prima di servirli. Togliete lo spago da cucina e decorate con qualche rametto di timo fresco.

Per l’insalata, pelate a vivo le arance e tagliatele a spicchi, mettetele in una boule, unite le olive nere denocciolate, condite con un filo d’olio e del pepe nero macinato e mettetele nel piatto alternando uno spicchio a un’oliva. Concludete con una macinata di pepe fresco.

iMEAT GIORNALE 45 Nuove idee e ricette

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Hanno collaborato a questo numero: Giuseppe L. Pastori

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