Passione
in ogni piatto.
FOOD LINE
OTTENERE SUBITO CIÒ CHE SI DESIDERA
La CRM offre ai propri clienti una linea completa, composta da sistemi, macchine e servizi specializzati per il taglio e la trasformazione di carni, salumi e pesce, in grado di soddisfare al meglio tutte le problematiche della grande distribuzione e dei centri lavoro.
Una food line capace di tagliare i Vostri prodotti e soprattutto i Vostri costi di produzione con progetti personalizzati sulle specifiche esigenze individuali. Servizio post vendita su tutto il territorio nazionale.
iMEAT - 26-27-28 MARZO 2023 - ModenaFiere
VIENI IN FIERA, è per il tuo futuro!
Ancora poche settimane e ci ritroveremo, amici, a iMEAT, la fiera del settore carne, che torna a ModenaFiere con tutto l’entusiasmo che caratterizza i suoi protagonisti. E i protagonisti siete voi, amici macellai, gastronomi, salumai, ristoratori. Insomma tutti voi che
vivete il mondo delle carni e lavorate per trasmetterne i valori. Con questa edizione, l’ottava dalla sua nascita, iMEAT torna a svolgersi nel mese di marzo, come era stata ideata fin dall’inizio, con cadenza biennale per dare a tutti, operatori e imprenditori, il tempo di elaborare, studiare, testare nuove proposte e stili di lavoro.
Conferme e novità segneranno il tempo della tre giorni di Modena –il 26, 27 e 28 marzo 2023 – quando ci ritroveremo, ancora una volta, a vivere insieme la convivialità, la condivisione di idee, la divulgazione di quel sapere antico che ben conosciamo e che vogliamo tramandare.
Soprattutto, vogliamo percorrere insieme la strada che porta al domani, all’innovazione, al futuro per il bene del comparto e dei nostri giovani, che si apprestano a compiere il passaggio generazionale, a consolidare la trama di un tessuto artigianale e imprenditoriale ricco di opportunità e capacità, dando lustro al mestiere.
Come sempre la manifestazione offrirà un panorama costellato di interessanti appuntamenti: innanzi tutto con le aziende espositrici che avranno modo di proporre soluzioni tecnologiche, innovazioni di metodo, prodotti eccellenti del made in Italy tanto apprezzato in tutto il mondo e di cui andiamo giustamente fieri, strumenti irrinunciabili per stare al passo coi tempi.
E poi, gli eventi conviviali e formativi, momenti che animeranno le tre giornate in modo da arricchire conoscenza e consapevolezza.
Tra le attrazioni che, non dubitiamo, saranno il fulcro di iMEAT ricordia-
mo quella che negli anni scorsi ha riscosso grande favore del pubblico: la Gara amichevole Cuoco/ Macellaio dove tre squadre composte di un cuoco e un macellaio si sfideranno nella preparazione di un piatto in stile street food partendo da una materia prima di carne bianca. In queste occasioni è sempre molto interessante osservare come l’interazione tra due professionisti possa dare origine a un connubio di idee creativo e propositivo.
Ma, immancabile, sarà l’eccezionale Gara Internazionale che si svolgerà lunedi 27 marzo, una novità per iMEAT. In quest’occasione, tre squadre composte da macellai Italiani, Spagnoli e Inglesi offriranno uno show straordinario durante il quale gli spettatori potranno osservare stili diversi, metodi di lavoro, creatività e uno spaccato di cultura gastronomica come in nessun altro momento. Punto di partenza unico, una mezzena di agnello; risultato, tre piatti dall’identità unica.
Non mancheranno, inoltre, momenti di formazione – corsi teorici e dimostrativi – liberi e a pagamento, per approfondire tecniche, tendenze, metodi di lavorazione e preparazione. Un aggiornamento professionale di cui il macellaio moderno non può fare a meno per poter rispondere adeguatamente alle esigenze di una clientela sempre
più esigente, profondamente diversa da quelle di un tempo, curiosa e preparata.
Tra le opportunità di formazione, poiché il lavoro di macellaio può avere molte sfaccettature e un professionista deve possedere molteplici competenze per stare al passo coi cambiamenti, segnaliamo un
appuntamento particolarmente interessante con gli chef di APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, che offriranno uno show cooking coinvolgente, e il corso di tecniche di assaggio dei salumi a cura degli esperti di ONAS, Organizzazione Nazionale, Assaggiatori Salumi.
Per chi volesse mettersi in gioco, poi, nella produzione dei salumi, dopo il successo della scorsa edizione quando venne proclamato il Miglior Prosciutto Cotto di iMEAT, quest’anno sarà la volta di un altro prodotto iconico della tradizione italiana: la Mortadella. Gli artigiani macellai italiani sono
Facebook: Forum iMEAT
YouTube: videoecod
Issuu: https://issuu.com/ecodsas-casaeditrice
Instagram: imeat.fiera
invitati a prendere parte alla amichevole tenzone per aggiudicare il proprio prodotto col titolo di Miglior Mortadella di iMEAT secondo le modalità che saranno presto divulgate.
Novità assoluta sarà il percorso che abbiamo definito MEATin, dedicato alle tecnologie e agli ingredienti per la produzione di
salumi, che ospiterà numerose aziende specializzate che saranno, per una facile ricerca da parte del visitatore, segnalate in catalogo con un simbolo chiaro e identificativo e con una mappa dettagliata allo scopo di facilitare la visita.
Sempre presente fin dalla prima edizione il nostro partner storico Federcarni che nell’area dedicata
animerà le giornate con dimostrazioni pratiche e incontri di formazione, momenti di esperienza condivisa che contribuiscono ad arricchire il bagaglio del visitatore . Confermano la loro presenza APCI –Associazione Professionale Cuochi Italiani - con una delegazione che parteciperà attivamente agli eventi in programma, e ONAS – Organizzazione Nazionale Assaggiatori Sa-
lumi - con interventi e momenti di approfondimento.
Non è tutto qui, vi sveleremo poco alla volta tutte le novità e gli appuntamenti.
Non perdete d’occhio i nostri social e, ogni tanto, aprite il nostro sito www.imeat.it perché vi terremo aggiornati fino all’ultimo momento.
> PROGRAMMA CORSI ED EVENTI A INGRESSO LIBERO
DOMENICA 26 MARZO 2023
- GARA CUOCHI E MACELLAI (Gara amichevole)
Tre coppie formate da 1 cuoco e 1 macellaio partiranno da un taglio di carne bianca a piacimento e, utilizzando ingredienti a loro scelta, dovranno realizzare una ricetta da street food.
Presenta: Daniele Reponi
Giuria: in definizione
Durata: 1 ora e 30 minuti
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 10.30 alle 12.00
ARENA iMEAT (Padiglione C)
- IL PANINO D’ECCELLENZA (Show cooking)
A cura di Daniele Reponi
Durata: 1 ora
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 12.30 alle 13.30
AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
- IL PANINO D’ECCELLENZA e DEGUSTAZIONE GUIDATA (Degustazione guidata e Show cooking)
A cura di Daniele Reponi. A seguire degustazione guidata dei prodotti utilizzati a cura di GIA (Gruppo Italiano Assaggiatori)
Durata: 1 ora + 1 ora e 30 minuti
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 14.00 alle 16.30
AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
- CRUDA: NUDA O VESTITA, LA CARNE PROTAGONISTA (Corso teorico-dimostrativo)
Preparazioni di battuta al coltello e crudità (pezzo intero) in monoporzioni. Tecnica di battuta al coltello e protocollo HACCP per la salubrità del prodotto dal taglio alla tavola.
Il corso è tenuto da Francesca Santin, Alta Formazione in Macelleria
Durata: 1 ora e 30 minuti
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 14.30 alle 16.00
ARENA iMEAT (Padiglione C)
- LA MIGLIOR MORTADELLA DI iMEAT 2023 (Gara amichevole)
Selezione di mortadelle, in diretta e assolutamente anonime, valutate da una giuria di esperti ONAS (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi). I prodotti in gara sono realizzati esclusivamente da macellai iscritti alla gara nei tempi stabiliti.
Domenica 26 marzo 2023 ore 17.00: PROCLAMAZIONE DEL VINCITORE AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
LUNEDÌ 27 MARZO 2023
- DEGUSTAZIONE GUIDATA e IL PANINO D’ECCELLENZA (Degustazione guidata e Show cooking)
Degustazione guidata dai Maestri assaggiatori ONAS (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi) dei prodotti in fiera.
A seguire Il panino d’eccellenza a cura di Daniele Reponi
Durata: 1 ora + 1 ora
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 10.00 alle 12.00
AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
- GARA INTERNAZIONALE iMEAT 2023 (Gara amichevole)
Macellai provenienti da Italia, Spagna e Inghilterra partiranno dallo stesso taglio - mezzena di agnello - e dovranno realizzare tre piatti utilizzando ingredienti a loro scelta.
Presentano: Donato Turba, macellaio, e Luca Bonacini, giornalista
Giuria: 3 giurati internazionali, in definizione
Durata: 2 ore
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 10.30 alle 12.30
ARENA iMEAT (Padiglione C)
- IL PANINO D’ECCELLENZA (Show cooking)
A cura di Daniele Reponi
Durata: 1 ora
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 13.00 alle 14.00
AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
- SHOW COOKING APCI (Show cooking)
Show cooking a cura degli chef di APCI (Associazione Professionale Cuochi Italiani)
Durata: 1 ora e 30 minuti
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 14.00 alle 15.30
ARENA iMEAT (Padiglione C)
- ASSAGGIARE PER CONOSCERE (Corso)
Breve corso sulle tecniche di degustazione.
A cura dei Maestri assaggiatori ONAS (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi)
Durata: 1 ora
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 15.00 alle 16.00
AREA iMEAT EXPERIENCE (Padiglione C)
Il programma potrebbe subire delle variazioni
Intanto, potete registrarvi e prenotare la vostra visita, gratuita, a iMEAT Fiera, la fiera dei macellai, l’unica in Italia.
Vi aspettiamo a ModenaFiere dal 26 al 28 marzo.
Non mancate, è per il vostro futuro!
L’Editore, Luca Codato
> PROGRAMMA CORSI ED EVENTI A PAGAMENTO
DOMENICA 26 MARZO 2023
- iMEAT LAB (Corso teorico-dimostrativo)
Come realizzare preparati con carne di pollo, coniglio e maiale, ma anche vegetariani.
Il corso è tenuto da Pietro Porsia
Durata: 1 ora e 30 minuti
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 12.30 alle 14.00
SALA DEI 100 (Primo piano)
Costo € 50 (IVA compresa) - Massimo 25 spettatori
CODICE CORSO: LAB26
- DA MACELLAIO AD IMPRENDITORE - migliora i tuoi numeri, attira più clienti ed incrementa le vendite della macelleria (Corso teorico)
- Il Tempio Del Macellaio imprenditore che vuole guadagnare e avere più tempo libero
- I numeri in macelleria che bisogna controllare ogni giorno per prevenire insoluti, furti dalla cassa e/o “furbizie” sulle fatture di acquisto
- La differenza tra ricarico e margine che viene sbagliata dal 98% delle macellerie
- Come impostare il giusto prezzo di vendita senza che i clienti si lamentino
- Il punto di pareggio che svela quanto realmente deve incassare la macelleria per fare utili ogni mese
- Il centro di comando della macelleria: quali parametri analizzare e come prendere decisioni consapevoli senza ritrovarsi sommersi di rate
Compresi nel costo: libro “Apocalisse GDO: la fine delle macellerie che non sanno fare marketing” (del valore di 29€), materiale didattico e attestato di partecipazione
Il corso è tenuto da Giuseppe Tropeano
Durata: 2 ore
Domenica 26 marzo 2023 dalle ore 14.30 alle 16.30
SALA DEI 400 (Primo piano)
Costo € 40 (IVA compresa) - Minimo 30 spettatori
CODICE CORSO: MKT26
LUNEDÌ 27 MARZO 2023
- iMEAT LAB (Corso teorico-dimostrativo)
Come realizzare preparati con carne di pollo, coniglio e maiale, ma anche vegetariani.
Il corso è tenuto da Pietro Porsia
Durata: 1 ora e 30 minuti
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 10.30 alle 12.00
SALA DEI 100 (Primo piano)
Costo € 50 (IVA compresa) - Massimo 25 spettatori
CODICE CORSO: LAB27
- NUOVE FRONTIERE: COTTURA SOTTOVUOTO
A BASSA TEMPERATURA (Corso teorico-dimostrativo)
- Introduzione alla CBT
- Presentazione di 4 ricette, in monoporzioni sottovuoto, con 4 tipologie differenti di carne
- Poke di carne
Il corso è tenuto da Francesca Santin, Alta Formazione in Macelleria
Durata: 1 ora e 30 minuti
Lunedì 27 marzo 2023 dalle ore 12.30 alle 14.00
SALA DEI 400 (Primo piano)
Costo € 40 (IVA compresa) - Minimo 30 spettatori
CODICE CORSO: CBT27
> COME ISCRIVERSI AI CORSI A PAGAMENTO
- ISCRIZIONE ANTICIPATA AI CORSI/EVENTI A PAGAMENTO DAL SITO www.imeat.it
Il programma potrebbe subire delle variazioni
Compila on-line - entro il 20 marzo 2023 - il modulo di iscrizione anticipata per PRENOTARE IL TUO POSTO come spettatore ai CORSI/EVENTI A PAGAMENTO. Modulo compilabile sul sito www.imeat.it dal menu > CORSI > ISCRIZIONE CORSI
L’importo relativo dovrà essere saldato in fiera prima dell’ingresso al corso/evento.
Ricordiamo che prima di iscriversi ai corsi è indispensabile richiedere il biglietto di ingresso alla fiera iMEAT (vedi pag. 4).
- ISCRIZIONE IN FIERA AI CORSI/EVENTI A PAGAMENTO
Sarà possibile iscriversi ai corsi/eventi a pagamento anche direttamente in fiera (fino ad esaurimento posti).
Premiata Macelleria Marzani, di padre in figlio
È la storia di una famiglia italiana, nella florida provincia lombarda, che tra valori e buone intenzioni, tramanda l’antico mestiere del macellaio con spirito moderno e concretezza, per guidarlo verso il futuro
Gianluca e Alessandro Marzani hanno raccolto il testimone: sotto la guida del padre, Francesco, portano avanti una tradizione fatta di professionalità, buonsenso, legame col territorio e progetti futuri. Perché le basi sono importanti ma occorre anche saper cogliere i cambiamenti e seguire la propria visione del mondo, del mercato, delle aspettative della gente. È questo il macellaio di domani.
Dal 1965 c’è sempre stato un Marzani in macelleria, a Cantù, cittadina della Brianza che conserva l’identità di una popolazione laboriosa e intraprendente. Francesco Marzani, dopo aver fatto
esperienza nella bottega di famiglia, nel 1992 apre il suo nuovo negozio, ampio e situato in una zona centrale della cittadina, un’area in via di sviluppo con la costruzione di un centro commerciale all’aperto. È la svolta attesa per ingrandire l’attività e puntare sulla qualità e il servizio, per creare una realtà moderna e ben strutturata.
Oggi, accanto a Francesco Marzani ci sono Gianluca e Alessandro che, dopo gli studi alberghieri e qualche esperienza nella ristorazione – Gianluca in sala e Alessandro in cucina – nel 2020 entrano definitivamente in macelleria. Una scelta ponderata e consapevole, racconta Gianluca: “Siamo fortunati perché abbiamo trovato lo sbocco ideale
nell’attività di famiglia. Gli studi ci hanno aperto la mente e fatto conoscere la realtà del lavoro in senso ampio, però il mestiere di macellaio l’abbiamo imparato da nostro padre. La scuola così come è strutturata offre una visione del mondo del lavoro, specialmente il lavoro dell’accoglienza, che non corrisponde esattamente alla realtà che si incontra una volta usciti dalle aule, o comunque incompleta. Oggi, molti giovani sono scontenti della scelta fatta perché non hanno capito prima, o non gli è stato illustrato sufficientemente, che le giornate sono lunghe e comprendono anche i weekend e le feste. Lavorare in macelleria ti permette di svolgere un’attività soddisfacente,
seppure impegnativa, e al tempo stesso coltivare la vita privata. Credo che sarebbe utile indirizzare i giovani verso mestieri come il macellaio, il pescivendolo, il pasticcere, che offrono una buona qualità di vita”.
Certo, se vuoi fare il macellaio ci vuole attitudine. Occorre preparazione, un’apertura mentale adatta. Gianluca Marzani ammette che non è un mestiere che si può affrontare senza la giusta predisposizione: “Non dimentichiamo che si tratta sempre di uccidere degli animali. Noi lo sappiamo bene perché ci occupiamo anche della macellazione dei vitelli. Collaboriamo con due stalle dei dintorni e seguiamo tutto il processo. Papà si occupa anche di preparare tutto il capitolato d’intesa nel quale viene definita l’alimentazione del vitello e, compiuti i 6 mesi, procediamo alla macellazione. Questo ha contribuito a insegnarci a rispettare gli animali. Sembra un paradosso ma è così. Quando sai che devi togliere la vita a un animale che hai visto crescere, un essere senziente, capisci che è importante dare valore al suo sacrificio. Allora impari a utilizzare tutto l’animale, al 100%, per non sprecare nulla; l’animale ha dato la vita per nutrirti e merita di essere rispettato al pari degli esseri umani. Quando sai che togli la vita ma lo fai in modo etico elevi l’animale e gli attribuisci il giusto valore. Il macellaio è colui che valorizza l’animale da vivo per offrirgli il giusto riconoscimento anche una volta che è morto”. Dal 2015 la Macelleria Marzani fa parte del circuito Coalvi e, recentemente, ha introdotto anche il bue grasso di Carrù nel suo assortimento; la carne di vitello resta, naturalmente, il punto di forza del-
la vendita, secondo le tradizioni culinarie e culturali della zona. Come non ricordare piatti iconici della cucina lombarda, dalla cotoletta all’arrosto della domenica, dal bruscìt al brasato. “La nostra proposta al cliente – spiega Gianluca – vuole essere basata su un prodotto di buona qualità ma ad un prezzo abbordabile. Mio padre ha sempre
sostenuto che tutti devono poter accedere a un prodotto buono, sano e sostenibile anche economicamente. La nostra carne risponde a questi requisiti che per noi sono fondamentali. La nostra fascia di clientela è espressa da persone comuni, semplici come noi, con cui è bello dialogare e instaurare un contatto umano. Non ci interessa
L’Italia del macellaio…fa largo ai giovani
diventare una boutique del lusso, ci basta la concretezza della buona qualità”.
Sostanza e gusto; buonsenso e un ragionamento chiaro e lucido, quello che Gianluca Marzani esprime con passione. Un punto fermo da cui si dipartono le iniziative che, ovviamente, non mancano alla famiglia per progredire ed evolvere la loro proposta.
La gastronomia consiste in pronto cuoci ben elaborati per soddisfare quella fascia di clientela, sempre più ampia, che ha poco tempo per cucinare. “I giovani, ormai – afferma Gianluca – vogliono cose veloci perché non hanno tempo o non sanno cucinare. Noi non facciamo prodotti cotti, anche se ci stiamo attrezzando, ma proponiamo soluzioni gustose che in pochi minuti e con pochi
gesti si possono portare in tavola: polpette, involtini, spiedini. La tendenza è questa ormai, non possiamo ignorarlo, e chissà che prima o poi non si finisca anche noi come a Londra dove i macellai sono gastronomi e preparano solo piatti cotti. Intanto ci prepariamo e cerchiamo di assecondare le tendenze”.
Ma l’evoluzione della Premiata Macelleria Marzani vuol dire anche comunicazione perché, si sa, oggi se non dialoghi col resto del mondo resti indietro. Spiega Gianluca: “Stiamo cercando di rendere sempre più accessibile e comodo il modo di fare la spesa attraverso un servizio di consegne a domicilio e un sistema di raccolta dell’ordine e preparazione con ritiro in negozio. Per agevolare il cliente stiamo implementando un catalogo su whatsapp che in pochi minuti attiva il servizio. Siamo molto attivi sui social, non come strumento di vendita ma come mezzo di contatto col cliente, che ci permette di portare avanti una comunicazione diretta mantenendo invariata la qualità del prodotto e del servizio”.
Il cliente sta tornando lentamente alla bottega di zona, e si allontana dalla grande distribuzione. È un dato di fatto, comprovato da studi e osservatori. È evidente che un approccio moderno, giovane e scattante come quello che i Marzani offrono è la strada giusta per facilitare questa transizione. “Se prima il negozio bastava per nostro padre, oggi offre sufficiente espansione anche per mio fratello e me. Dà lavoro a tre persone, praticamente, e dipende proprio dal fatto che con un approccio più nuovo e propositivo si raggiunge una fascia di clientela più ampia e articolata. La qualità e la serietà stanno alla base, il servizio e l’innovazione le consolidano ed espandono. È un lavoro in divenire, un bel lavoro”.
Il modello biologico fa la differenza
Un momento di approfondimento e confronto su un tema di grande attualità: l’impatto dell’allevamento sull‘ambiente e il valore del benessere animale (ma è giusto chiamarlo così?). Il modello biologico e il suo ruolo
A cura della Redazione
Un altro modo di fare allevamento esiste e fare la differenza si può: vuol dire scegliere un metodo che tenga insieme vantaggi per l’ambiente, per l’uomo e per il benessere degli animali. L’occasione è la Festa del BIO, a Milano, nell’ambito del progetto Being Organic in EU; il tema il ruolo di agricoltura e allevamento biologici all’interno di un modello di alimentazione che impatta su clima, ambiente e sulla salute dei consumatori e come sia indispensabile comunicare per sensibilizzare sull’importanza di scelte alimentari consapevoli.
Scegliere la zootecnia biologica vuol dire crescere le specie in maniera totalmente naturale, senza forzature, nel rispetto dei bisogni etologici fondamentali.
Ne hanno discusso Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, Damiano di Simine di Legambiente, il medico veterinario Sujen Santini, Barbara Nappini presidente di Slow Food e Marco Paravicini Crespi, agricoltore biodinamico e vice presidente di FederBio.
IL QUADERNO CAMBIA LA TERRA: ALLEVAMENTI. SOSTENIBILE NON BASTA: IL MODELLO È QUELLO DEL BIO
Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBIo, ha presentato il quaderno Cambia la Terra, dove si fa il punto sull’impatto degli allevamenti in Italia e si pongono degli obiettivi concreti. “Il primo passo – ha affermato Mammuccini - è passare da un modello intensivo a uno basato sul biologico e sull’agroecologia per ottenere gli obiettivi definiti dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità che agricoltura e allevamento devono raggiungere entro il 2030. Significa dimezzare l’uso di pesticidi chimici e antibiotici e raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agricola coltivata a biologico. L’allevamento, in questo scenario, rappresenta un punto critico. Aver separato agricoltura e allevamento ha trasformato il letame da risorsa a problema. Ha creato da una parte inquinamento delle acque e del suolo e dall’altra carenza di nutrienti per il terreno. Passare a un approccio integrato è fondamentale; infatti, i metodi biologici e biodinamici sono da sempre basati sulla circolarità degli alimenti”.
Inoltre, come ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, l’agricoltura è la principale fonte di emissioni di ammoniaca di cui l’Italia è il quarto emettitore con emissioni stimate a 363.000 tonnellate nel 2020, impattando sulla qualità dell’acqua e sull’inquinamento dell’aria. È provato che la principale causa dell’inquinamento da polveri sottili nella Pianura Padana è l’ammoniaca emessa da allevamenti e agricoltura intensivi. In questo contesto, la comunicazione corretta e l’avvio di un percorso virtuoso sono utili e, per questo, il tipo di allevamento deve essere indicato in modo chiaro in etichetta affinché i cittadini possano fare delle scelte consapevoli.
IL TERRITORIO AL CENTRO
Per Damiano di Simine il tipo di allevamento pra-
ticato è di fondamentale importanza: “I cibi biologici, non solo contengono meno sostanze inquinanti, possiedono proprietà nutrizionali superiori. Investire nella zootecnia secondo i disciplinari biologici e biodinamici, inoltre, può alimentare il settore agroalimentare in maniera positiva. Se analizziamo il comparto, oggi, ci accorgiamo che le principali eccellenze italiane derivano da materie prime di origine intensiva, pensiamo ai grandi latticini, per esempio. Gli allevamenti che generano queste materie prime sono alimentati con cereali e soia provenienti da agricoltura intensiva extraeuropea: il modello made in Italy che esportiamo, di fatto, ha un costo in inquinamento superiore al valore della produzione. Occorre chiudere il cerchio dei nutrienti e rimettere il territorio al centro e per ottenere ciò bisogna virare sui consumi e sulla qualità: produrre meno ma meglio”.
LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO
Un esempio è fornito dall’azienda biodinamica diretta da Marco Paravicini Crespi, Cascine Orsine che afferma: “Biodinamico non significa arretratezza, ma stimolo alla ricerca. L’approccio biodinamico conduce all’equilibrio creando un insieme di pratiche agricole che danno vita a un’azienda nel suo complesso, perché la campagna è fortemente legata all’allevamento. Per creare questo equilibrio è importante rispettare i limiti di densità di animali per ettaro, incentivare la rotazione delle colture, gestire il letame, prezioso, e il pascolo al fine di originare una svolta di cui l’animale è la chiave di volta, e creare un organismo autosufficiente. Equilibrio è la parola chiave e la pratica estensiva lo strumento”. Non è un metodo semplice perché trova ostacolo nell’impreparazione culturale. Per questo bisogna insistere, anche a livello di comunicazione. “Oggi il termine benessere animale è abusato – dichiara Paravicini Crespi – generalizza il significato e induce in inganno, quasi una foglia di fico per nascondere quello che è il reale mare magnum dell’allevamento”.
ACCOMPAGNARE IL CONSUMATORE
ALLA TRANSIZIONE CULTURALE
Di questo parere anche Barbara Nappini, presi-
dente di Slow Food: “Il punto fondamentale è l’educazione del consumatore perché quello che viene definito benessere animale è una questione culturale che deve indurre una riflessione sul rapporto dell’uomo con l’animale. Benessere animale suggerisce una declinazione troppo umana. Non vuol dire far ascoltare la musica classica alle vacche in una stalla intensiva, non consiste nel massaggiare gli animali e cose di questo tipo. Non serve, serve rispetto per l’animale in funzione delle sue esigenze e necessità naturali”.
IL MEZZO È LA LIBERA ESPRESSIONE DELL’ETOGRAMMA DI SPECIE
Opinione condivisa da Sujen Santini, medico veterinario, che dichiara: “Le linee guida diffuse da FederBio in merito al benessere animale sono redatte per promuovere la salute dell’animale attraverso la libera espressione dell’etogramma di specie, ovvero il rilevamento delle azioni di un animale di una data specie eseguiti al fine di stabilire le sue azioni in relazione alle motivazioni interne ed esterne, naturali o indotte sperimentalmente. Per fare un esempio, possiamo facilmente assecondare l’indole di un suino, mangiare ad libitum, ma possiamo anche lasciargli la scelta di grufolare dandogli un valore non compensabile in altro modo”.
CONCLUSIONE
Agricoltura e allevamento devono collaborare per generare un unico organismo in cui la diversificazione è un valore.
Le aziende specializzate in un’unica produzione dovrebbero convertire le loro azioni in ottica di diversificazione, passaggio che può avvenire gradualmente. La collaborazione tra allevatori e produttori agricoli di uno stesso territorio è in grado di creare un legame con la terra e con il territorio stesso valorizzandolo: gli animali fungono da elemento di condivisione nella comunità locale. L’educazione e la sensibilizzazione del consumatore sono fondamentali. Solo attraverso la comunicazione e la comprensione reciproca sarà possibile attuare quel cambiamento culturale indispensabile per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il progetto BEING ORGANIC in EU è una campagna di promozione proposta da FederBio in collaborazione con Naturland cofinanziata dall’Unione Europea ai sensi del regolamento UE n.1144/2014 e prevede un insieme articolato di azioni con l’obiettivo di migliorare la conoscenza, il prestigio e il consumo dei prodotti ortofrutticoli biologici verso i due paesi target: Italia e Germania. In particolare, il progetto intende:
• aumentare e rafforzare la considerazione da parte del consumatore verso l’agricoltura biologica europea e la sua qualità;
• aumentare la consapevolezza e il riconoscimento del metodo e dello standard dell’agricoltura biologica dell’UE;
• far conoscere il logo biologico dell’UE.
È un programma triennale partito il primo gennaio 2022 e terminerà il 31 marzo 2025 ed è cofinanziato dall’Unione europea (80%) e da FederBio e Naturland, le più importanti organizzazioni di operatori biologici in Italia e in Germania.
FROLLARE COSTA LA METÀ
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L’anno che verrà è già arrivato
Ogni inizio d’anno, oltre ai consueti auguri che rinnovo a tutti voi, si progetta il prossimo futuro delle attività.
Vale per ogni imprenditore facendo tesoro dei successi o degli insuccessi dell’anno precedente.
Vale per Federcarni, anche se, da alcuni anni, i nostri progetti hanno un tempo di realizzazione che occupa un biennio.
Vedremo a metà del 2023 la conclusione del “Secondo campionato giovani macellai Federcarni” con la finale a Milano. Mentre il 12 febbraio si svolgerà l’ultima tappa a Ferrara, dove conosceremo i giovani macellai del territorio Emiliano-Romagnolo. Seguiranno due semifinali: la prima il 5 marzo in una piazza di Mestre (Venezia), la seconda nella sede produttiva di EUROCRYOR a Solesina (Padova).
Questo programma, che ci occuperà fino a metà anno, è la coda delle tante iniziative condotte nel 2022 e ha quindi creato uno “storico” che ci permette di fare le prime valutazioni del Campionato.
La prima, che mi ha particolarmente colpito, è la differenza, la difficoltà, nel trovare giovani disponibili a mettersi alla prova tra il nord e il sud.
Potrei quasi dire tra l’Italia e la Sicilia. Anche ammettendo che partecipare sia difficile per motivi di carattere, e molti non amano esporsi pur essendo bravi e capaci. Anche riconoscendo il problema del ricambio generazionale, così evidente nel mercato del lavoro quotidianamente alla ricerca di macellai qualificati. Anche condividendo la difficoltà di staccarsi dal lavoro, dal proprio negozio, rinunciando all’unico giorno di meritato riposo, ciò che colpisce sono l’entusiasmo e la voglia di partecipazione siciliana. Non è questione di numeri più o meno, è un sentire, un sentimento che si raccoglie in mille piccoli gesti, parole. Un vento di entusiasmo che fa molto bene alla nostra categoria professionale.
La seconda annotazione che mi porto dal 2022 riguarda il territorio; quante difficoltà abbiamo riscontrato per trovare soluzioni logistiche adatte allo scopo della manifestazione: far emergere dei giovani e portarli nelle piazze delle città per dimostrare al consumatore quanta qualità ci sia nei nostri professionisti macellai.
Dobbiamo sforzarci di più, tutti insieme, per raggiungere questo obiettivo: la meta di Federcarni è permettere a tutti i macellai italiani di essere valorizzati dai consumatori senza protagonismi.
A fine marzo si ripeterà il tradizionale appuntamento con iMEAT, la nostra fiera di riferimento. Per questo evento riteniamo fondamentale dare un contributo di esperienza condivisa.
La richiesta commerciale dei prodotti precotti o cotti è in continua crescita, molte le risto-macellerie di successo che offrono un servizio assistito, ma sono molte anche le macellerie tradizionali che, utilizzando i moderni forni, offrono prodotti cotti di pronto consumo ai propri clienti.
In collaborazione con il nostro partner ZANUSSI e l’assistenza dei suoi Chef, realizzeremo un contest dove le esperienze dei nostri colleghi più esperti ci porteranno alla scoperta di prodotti innovativi, da condividere nelle nostre botteghe.
Sempre all’interno dello spazio Federcarni, colleghi da tutta Italia si misureranno nella preparazione di salsicce, dove l’artigianalità di ogni bottega rende speciale e unico questo prodotto tanto amato dai consumatori. Fantasia, gusto, carni locali e tipiche rendono diverse le ricette, confezionate in base ai gusti dei propri clienti.
Come tradizione avremo i banchi del nostro partner EUROCRYOR, allestiti dai giovani partecipanti dei campionati, una squadra che già nell’ultima edizione ha dimostrato capacità, raccogliendo apprezzamenti dai visitatori degli stand iMEAT.
Vi aspettiamo ad ogni appuntamento, dimostrando quel senso di appartenenza che ha sempre contraddistinto i macellai.
Maurizio Arosio, Presidente Federcarni Foto di repertorioUNA GAMMA ANCORA PIÙ RICCA E GUSTOSA, TUTTA DA SCOPRIRE.
Vi aspettiamo! 26-27-28 MARZO 2023
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Tutta la qualità di Pagani Chef in un’offerta 4 VOLTE più ampia.
Per soddisfare un consumo alimentare in continua trasformazione Pagani Chef ha intercettato le tendenze contemporanee e i trend di consumo sempre più globalizzati, esplorando nuovi sapori e tradizioni culinarie. Forti del know how nel settore della carne, core business dell’Azienda, gli interni Laboratori R&D e Aromi hanno studiato e sviluppato soluzioni innovative e d’eccellenza per un’offerta completa destinata a nuovi settori e campi d’applicazione: Biologico, Pesce e Vegan. Un brand in continua evoluzione, un’offerta per tutti i gusti.
SOLUZIONI PER CARNE
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Macellaio, vocazione al mestiere
Come sta la macelleria italiana? Passate le feste, cerchiamo di fare un bilancio provvisorio della situazione. L’abbiamo chiesto a Stefano Casella, macellaio di lunga esperienza e vicepresidente di Federcarni
“Il comparto tiene – afferma Stefano Casella – e se dovessimo analizzare i dati delle vendite tra novembre e dicembre 2022 non potremmo che essere moderatamente soddisfatti. I primi mesi del 2023 ci offriranno una panoramica più completa e ci permetteranno di fare previsioni più precise”.
Certo la situazione generale non è delle più semplici: rincari energetici, carenza o addirittura mancanza di materie prime; alcuni mercati hanno sofferto più di altri, per esempio l’ortofrutta, la panificazione. Casella conferma questa sensazione:
“Il timore è che il consumatore, passato il periodo delle festività, quando non ha badato più di tanto alle spese, e ormai consapevole delle difficoltà, dei rincari inevitabili e del suo potere d’acquisto diminuito, si trovi costretto a fare scelte oculate, meno frivole, puntando, insomma, alla concretezza piuttosto che al piacere. Questo significherebbe un calo delle vendite di quei prodotti considerati non indispensabili e coinvolgerebbe un po’ tutti. Addirittura, la penuria di determinate materie prime, provocherebbe un cambiamento nello stile di molti professionisti perché non è da escludere che cuochi o pasticceri si vedano costretti a modificare le loro ricette per sopperire, anche per motivi economici, a certe mancanze di
approvvigionamento. Eravamo abituati a pensare di avere tutto a disposizione e di poter fare tutto, invece ci mancano certi mercati strategici importanti. Bisognerà trovare delle alternative e, soprattutto, capire le motivazioni di certe mancanze”.
Dobbiamo imparare a valutare la nostra posizione e saper fidelizzare la clientela seguendo il nostro personale modus operandi, creando una nostra identità unica ed univoca
Il settore carni in Italia è autosufficiente per il 40% ma non si può ignorare che esiste un indotto proveniente dall’estero suscettibile di ritocchi ai prezzi – in alcuni casi si è già registrato un aumento del 20%, dalla Scozia o Irlanda, per esempio - e di cambiamenti nell’approvvigionamento. “Non c’è scarsità – afferma Casella – ma nemmeno abbondanza. In Germania l’allevamento dei suini è diminuito del 30% a causa dei rincari della soia destinata ai mangimi e già si nota sul mercato. Manca il surplus che garantiva stabilità”. È evidente che il settore sta attraversando un momento di transizione: “Dobbiamo abituarci a gestire il giornaliero – dichiara Casella – perché non è possibile fare programmi a lungo termine. I mercati sono cambiati e bisogna adeguarsi a tempi e modi differenti, senza per questo stravol-
Dobbiamo far venire l’appetito al cliente, dobbiamo legarlo a noi offrendogli quello che altrove non può trovare: il consiglio prezioso e la consulenza competente
gere il nostro operato, senza rincorrere le mode che sono una vetrina importante ma restano un settore di nicchia, con concretezza e attenzione. Dobbiamo imparare a valutare per bene la nostra posizione – che varia da città a città – e saper fidelizzare la clientela seguendo il nostro personale modus operandi, creando una nostra identità unica ed univoca. Esistono infinite varianti di cui dobbiamo tener conto ma non lasciarci trascinare. Per esempio, la scorsa estate la ristorazione ha fatto grandi numeri perché la gente, sofferente per il caldo intenso, non cucinava in casa. Questo non significa che sarà sempre così e inseguire il sogno della ristorazione potrebbe rivelarsi rischioso. È importante, a mio avviso, fare una scelta, perché oltre un certo limite o si fa il macellaio o si fa il ristoratore. Nel nostro caso, quello di una macelleria moderna, è senz’altro interessante orientarsi verso il prodotto cotto da asporto e, eventualmente, una somministrazione smart, ma il nostro core business deve restare la carne in quanto materia prima e prodotto di base”.
Il ruolo del macellaio resta ben definito, dunque, e assume, anzi, una valenza sempre più interessante in quanto, forte dell’esperienza e della competenza, è in grado di fornire al cliente una consulenza a 360°. Il bagaglio culturale del macellaio diventa un requisito fondamentale e rientra nel discorso della formazione, tasto dolente secondo Stefano Casella, perché tutti ne riconoscono l’importanza ma non tutti riescono a ottenerla: “Il macellaio deve rendersi conto che il suo ruolo di consulente, sulla scelta e sulla cottura, è basilare per fidelizzare il cliente che altrimenti potrebbe facilmente rivolgersi alla grande distribuzione. Se oggi non siamo in grado di fornire questo servizio ci troviamo su un terreno minato. Dobbiamo
far venire l’appetito al cliente, dobbiamo legarlo a noi offrendogli quello che altrove non può trovare: il consiglio prezioso. Per poter svolgere questo ruolo, però, abbiamo bisogno di continua innovazione e per innovare bisogna aggiornarsi continuamente, anche in materia di tecnologia. Oggi la tecnologia ci aiuta ed è bene ricorrervi e farne tesoro perché un investimento ponderato ci può aiutare a sviluppare al meglio le nostre potenzialità. Il discorso energetico è soltanto uno degli aspetti ma certamente non il meno importante e richiederebbe misure di sostegno, incentivi statali, per esempio, indirizzati al rinnovamento e adeguamento delle strutture. Alla base di tutto, comunque, c’è la formazione”.
Una riflessione sui giovani e il loro approccio al mestiere diventa d’obbligo: “Sono cambiati i modi e i percorsi – afferma Casella – rispetto agli anni passati. Oggi, ho l’impressione che molti giovani vogliano bruciare le tappe e non va bene. Possono esprimersi con successo nelle preparazioni, per esempio, ma trattare la carne e lavorarla è un’altra cosa e richiede una formazione vera a ap-
profondita: capire i tagli, saper gestire la materia prima, sono le basi e spesso mancano perché per imparare troppo velocemente si trascurano gli approfondimenti sul tema, la pratica, e si rischia di sbagliare. Il nostro mestiere non si impara in pochi mesi, ci vogliono almeno 3 anni di apprendistato per cominciare, non dico a saper fare, ma a macinare il mestiere. Da tempo tentiamo di entrare negli istituti professionali alberghieri, e non rinunciamo, ma è molto difficile perché la formazione, in Italia, è carente e non abbiamo una scuola dedicata alla macelleria, come invece in Francia o in Germania dove il mestiere ha un peso rilevante. In Francia, lo scorso anno, sono stati ‘diplomati’ 10.000 nuovi macellai, gente proveniente da altri settori e adeguatamente formata, noi invece viviamo in una società che vuole tutto e lo vuole senza fatica. Stiamo perfino rimandando a Bruxelles i fondi destinati alla formazione professionale che non abbiamo utilizzato: un vero peccato! Il risultato è che l’imprenditore vorrebbe assumere un macellaio in grado di svolgere il lavoro in autonomia e si trova, invece, ad assumere un giovane al quale, prima di tutto, deve insegnare il mestiere”.
Dare valore al mestiere di macellaio, dunque; puntare sulla formazione dei giovani per avere un ricambio generazionale valido; assumersi l’onere – ma anche l’onore – di fornire al cliente assistenza, servizio e consulenza; conoscere la realtà dove si opera e, soprattutto, mantenersi sempre aggiornati. Questi i consigli di Stefano Casella per continuare a svolgere un lavoro professionalmente specializzato, soddisfacente e in continuo sviluppo come quello di macellaio. Un mestiere che guarda al futuro e offre opportunità e prospettive. Ma bisogna crederci e impegnarsi.
Alla base c’è la formazione, poi l’assunzione di responsabilità e la scelta del proprio ambito di lavoro, infine l’aggiornamento continuo, anche tecnologico
Due punti vendita in provincia di Reggio Emilia assortiti da carni provenienti dall’allevamento di proprietà di bovini di razza Piemontese: un punto di forza per l’attività
“Il nostro punto di forza –afferma Omar Castagnedoli – è che vendiamo quello che produciamo. L’attività inizia nel 1976 a Felina con mio padre Germano; poi, nel 2004 abbiamo aperto un secondo punto vendita a Cavola e abbiamo deciso di ampliare l’attività con l’allevamento di bovini di razza Piemontese. In questo modo possiamo avere il controllo sull’intera filiera e offrire alla clientela carni di qualità eccellente assolutamente garantite”.
Il bestiame è allevato al pascolo per gran parte dell’anno, alimentato con foraggi prodotti sul posto e macellato all’età di 15/18 mesi; le carni che se ne ricavano tenere e di qualità superiore.
La clientela della Macelleria Castagnedoli è prevalentemente locale ma il territorio – vallate verdi e località amene - accoglie un nutrito gruppo di turisti ogni anno, specialmente residenti di seconde case che tornano periodicamente. Per questo Omar Castagnedoli ha organizzato anche un servizio efficiente di vendita online e spedizione allo scopo di fidelizzare e accontentare i
Dall’allevamento al banco
Appennino Reggiano, valli verdi e fertili, territorio agricolo e turistico insieme, ideale per costruire una rete di produzione/vendita perfetta: la Macelleria Castagnedoli copre l’intera filiera delle carni, dall’allevamento al negozio di macelleria, completamente rinnovato
clienti affezionati. Del resto, la qualità delle carni e dei salumi proposti è tale da riscuotere ottimi successi. I salumi sono una specialità del posto e la Macelleria Castagnedoli ne produce un vasto assortimento:
“Siamo nella zona del Parmigiano Reggiano – spiega Omar – e tutte le aziende agricole hanno anche l’allevamento di suini. Noi acquistiamo i capi e confezioniamo con metodi tradizionali e ingredienti preparati
da noi gli insaccati tipici del territorio, salame, pancetta, coppa, i tradizionali ciccioli, salsicce e cotechini”. Il negozio di Felina, storica sede della macelleria, ha subito recentemente una ristrutturazione totale: un progetto importante per il quale Castagnedoli si è affidato alla consulenza dello staff Coldar. Riguardo il vecchio negozio, racconta Omar Castagnedoli: “Era decisamente datato dopo 40 anni di fedele servizio, gli arredi e le apparecchiature erano ormai troppo vecchie per supportare e valorizzare un’attività che negli anni si è sviluppata e ampliata. Occorreva un nuovo look. Del resto ce ne eravamo resi conto anche nel negozio di Cavola: dopo essere stato rinnovato, qualche anno fa, ave -
Anche i salumi vengono prodotti con carni suine locali perché questa è la zona del Parmigiano e la qualità agricola è una realtà indiscutibile
Banchi moderni collegati tramite App per una gestione efficiente e un controllo costante del perfetto funzionamento: è il vantaggio di poter sfruttare l’industria 4.0
Omar Castagnedoli. Il nuovo banco Coldar Cube V90 VD e il retrobanco pensile refrigerato Scalino Sv sono tutti collegati ad un’App progettata da Coldar che permette di tenere sotto controllo costantemente temperature e altri parametri di funzionamento. L’App decide gli interventi di manutenzione da eseguire, lo spegnimento o accensione delle apparecchiature anche attraverso lo smartphone. I guasti eventuali vengono segnalati per email. Insomma tutto è costantemente sotto controllo: una tranquillità indispensabile, oggi, con i ritmi di lavoro moderni.
va raddoppiato la clientela. Insomma, un ambiente accogliente, fresco, pulito e funzionale offre un’immagine moderna ed efficiente, ha certamente un impatto positivo sul cliente, oltre a facilitare e migliorare la qualità del lavoro degli operatori”.
Banchi nuovi quindi, con un’affinata refrigerazione ventilata, belli e performanti che sfruttano la tecnologia “industria 4.0” e offrono prestazioni interessanti, spiega
Con lo staff Coldar, durante la progettazione del nuovo arredamen-
to, si è pensato alla creazione di un funzionale reparto self service integrato al banco espositivo e posizionato vicino alla zona cassa. Superiormente al reparto self service si è poi progettato e realizzato su misura una vetrina per il reparto caldo. Tutto questo per massimizzare la visione dei prodotti, massimizzare la vendita e ottimizzare spazio e funzionalità.
Un’altra considerevole caratteristica del banco Coldar è la funzione
“Energy Saving” che grazie a delle chiusure notturne e alla tecnologia elettronica permette di funzionare anche di notte per poter lasciare il banco allestito in tutta sicurezza. “È una funzione che non utilizziamo
tutte le sere - spiega Omar Castagnedoli - perché spesso preferiamo svuotare il piano espositivo e pulire l’interno dei vassoi: è una questione di igiene oltre che di abitudine! Questa innovativa funzione del banco, offre comunque un’alternativa interessante di cui ci avvaliamo in caso di bisogno o quando siamo più pressati con i tempi. In questi casi è un aiuto importante. L’efficienza energetica è quindi assicurata, e di questo siamo molto soddisfatti. Adesso aspettiamo di verificare i risparmi energetici che siamo certi si paleseranno con “ottimi risultati”, nonostante i costi dell’energia siano soggetti all’instabilità del mercato”.
La funzione “Energy Saving” grazie a delle chiusure notturne e alla tecnologia elettronica permette di funzionare anche di notte per poter lasciare il banco allestito in tutta sicurezza
Il segreto è la nocciola
È rossa, magra e tenera, morbida e possiede proprietà nutritive uniche. Il suo nome è Vicciola e il segreto delle sue peculiarità sta nelle nocciole che costituiscono l’elemento base dell’alimentazione dei bovini da cui proviene
di Marina Caccialanza bilisce le modalità di allevamento e la tracciabilità.
Vicciola non è il nome di una razza bovina, e non è neppure il nome di un taglio particolare di carne. Vicciola è il termine con il quale si definisce la carne di razza bovina Piemontese allevata a nocciole nel rispetto di un disciplinare di allevamento riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nel 2012 che ne sta-
Vicciola nasce da un’idea di Pino Puglisi, macellaio torinese di ampi orizzonti che, dopo 30 anni di studi e ricerche, è riuscito a realizzare un sogno: allevare bovini rispettandone i tempi fisiologici di crescita lungo una filiera controllata, dalla selezione al consumatore, attraverso un metodo di alimentazione di alta qualità che predilige le nocciole come elemento principale.
Chiediamo a Pino Puglisi come è nata l’idea di questa carne così insolita: “Ho voluto realizzare un processo di allevamento unico, non soltanto insolito – afferma Puglisi – perché quando ho aperto il mio negozio di macelleria, nel 1982, volevo il meglio e appena ho cominciato ad acquistare i vitelli dagli allevatori che in quel periodo erano a disposizione mi sono subito reso conto che avrei trovato forse il meno peggio, ma il meglio era introvabile. Insomma, la carne di qualità come la volevo io non era disponibile. Non per mancanza di buona volontà da parte degli allevatori, certamente, ma perché, giustamente, dovevano rispondere a esigenze dettate dal mercato, ovvero ottenere il massimo della resa quantitativa. A quel punto mi sono detto che se volevo il meglio dovevo crearmelo da solo. E così ho fatto”.
Sembra facile. È stato un lungo percorso, e molto faticoso, denso di ostacoli e difficoltà.
Pino Puglisi, macellaio visionario, tenace e ideali-
sta, bussa a molte porte, si informa, studia, si documenta sull’alimentazione dei bovini e capisce – in quegli anni non vi si badava molto – che a seconda del tipo di alimentazione adottata il sapore della carne cambia così come cambiano le sue proprietà nutritive.
“All’inizio pensai di aggiungere le mandorle al cibo dei bovini – racconta Puglisi – perché oggi si parla di ‘nocciolato’ facendo riferimento al sapore della carne ma, allora, quando gli allevatori parlavano dell’alimentazione del bovino usavano dire che la carne sapeva di mandorla, forse per invogliare all’acquisto il loro interlocutore. Mi domandai se dare ai bovini le mandorle non fosse una buona idea ma, nel corso dei miei studi di
approfondimento, mi resi conto che il gusto della mandorla, in realtà, non era compatibile col sapore della carne. Si usava quella frase perché suonava bene, probabilmente”.
Ed ecco che Pino Puglisi approfondisce il tema nocciole. Vuole dimostrare che ai bovini si possono dare anche le primizie, non solo gli scarti come purtroppo spesso avviene nell’industria dell’allevamento intensivo, e la gente non lo sa:
“Così ho scelto la nocciola – afferma – e ho dimostrato a tutti, scientificamente, che la carne derivata da bovini allevati con primizie, come la nocciola appunto, ha un livello di colesterolo bassissimo, in alcuni casi sotto il valore della sogliola (25 mg all’etto) fino a 23,8 mg all’etto. Possiede una combinazione di grassi insaturi e polinsaturi ottimale. Ho avuto ragione. La Vicciola è sana e non solo buona. È magra ma gustosa, ha un gusto dolce e delicato, è leggera”.
“Sapevo che gli allevatori non erano disposti a cambiare, tenevo il progetto nel cassetto e intanto continuavo i miei studi, facevo prove, perfezionavo il metodo – racconta Pino Puglisi – mi prendevano in giro ma non ho mai ceduto, anche i fallimenti servivano a sondare il terreno”. Dopo tante ricerche, dopo tentativi falliti, trova l’allevatore che crede nel suo progetto e prova a realizzare il suo sogno. Sono gli anni della mucca pazza, quando non si vendono vitelli nemmeno a un terzo del loro valore. Puglisi offre il prezzo massimo raggiungibile in tempi non sospetti: “A patto che si facesse come volevo io – dichiara –e qualcuno ha accettato alla fine. Ho pagato per
fare a modo mio, ho rischiato molto, il mercato era al collasso e io pagavo il massimo, ma ci sono riuscito. Allora mi davano del matto, oggi vendo la mia carne ad alto prezzo”.
Le nocciole, macinate e aggiunte al mangime composto esclusivamente di granoturco, crusca,
fieno e fave costituiscono il segreto della qualità della Vicciola. Nel 2010 comincia la produzione e nel 2012 arriva il riconoscimento del disciplinare da parte del Ministero. Spiega Puglisi: “Nei nostri animali non c’è traccia di mangime industriale, di composti o integratori. A 12 mesi di età arrivano a pesare 370 kg; gli altri animali fino a 150 kg in più. È evidente che la resa quantitativa è diversa dai bovini allevati con metodi convenzionali. Il mio scopo non era produrre di più: era avere un prodotto migliore qualitativamente, anche con meno resa. Oggi, sono l’unica macelleria in Italia che può vantare un disciplinare con decreto ministeriale”.
Visionario, lungimirante, acuto, coraggioso. Pino Puglisi è tutto questo. La perseveranza è una delle sue doti, la convinzione anche, forse un pizzico di pazzia, chissà. Con obiettività e per la tutela del consumatore e della sua salute, Pino Puglisi ha investito in ricerche private, ha studiato, ha raggiunto il suo scopo: non per fare cassetto, per interesse scientifico.
E non si ferma qui. Ha tanti altri progetti in mente, ma non ne parla ancora (qualcosa mi ha rivelato ma deve restare un segreto, ho promesso…n.d.r.).
La Vicciola di Pino Puglisi è un prodotto di nicchia. Per ottenere le peculiarità di questa carne magra, tenera, priva di colesterolo, sana e salutare si deve applicare un metodo di allevamento che richiede costi di produzione altissimi: sono i più costosi al mondo a fronte di una resa inferiore alla media.
La gestione della filiera è complessa e costosa. È evidentemente un prodotto da capire, conoscere e apprezzare. La clientela che acquista la Vicciola, a Torino e in tutto il Piemonte e in Lombardia prevalentemente, è gente che spende per un prodotto di qualità superiore. Il 50% della clientela di Puglisi proviene dalla ristorazione e acquista quasi esclusivamente tagli pregiati. Non è un prodotto per tutti, bisogna saperlo trattare e cucinare nel modo adeguato per non rovinarlo. Spiega Pino Puglisi: “È un prodotto che non può essere strapazzato, deve essere rispettato. Occorre cambiare il proprio approccio alla cottura per poterlo valorizzare. Anche gli abbinamenti devono essere studiati meticolosamente perché la Vicciola è protagonista in tavola e non può essere affiancata da prodotti inadeguati: ci vuole il giusto equilibrio. Una delle sue virtù è proprio questa, e molti chef lo riconoscono, ovvero poter essere gustata in purezza. Per questo, anche al consumatore, dobbiamo spiegare accuratamente come trattarla. Ma quando capiscono, non la lasciano più”.
Sul filo della passione
L’identità di un ristorante si valuta anche in base alla qualità delle materie prime che impiega nella preparazione dei suoi piatti. Ne parliamo con Matteo Scibilia, dirigente FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), delegato Confcommercio, docente e chef di lunga esperienza: una conversazione che apre molti orizzonti e risponde a interrogativi cruciali
di Marina CaccialanzaIncontro Matteo Scibilia nel suo ristorante milanese – Piazza Repubblica – luogo d’incontro per pranzi di lavoro o riunioni familiari, meta ideale per soddisfare il palato di buongustai della cucina tradizionale, davanti a un delizioso piatto di spaghetti con missoltini.
“Domani vado sul lago – esordisce chef Scibilia – a comprare i missoltini, pesciolini secchi della tradizione gastronomica lariana, bruttini a vedersi ma straordinari cucinati. Costano 40 euro al kg, metà si butta via perché puliti di lische e spine il loro peso cala della metà. Poca resa, quindi il costo sale fino a 80 euro al kg ma, se vuoi crearti un’identità nel mondo della cucina, non puoi utilizzare un’anonima acciuga. La logica di questo discorso è che la materia prima di qualità costa, che sia pesce o carne”.
Pugliese di origine ma milanese da 45 anni, Matteo Scibilia è famoso in città (e non solo) per la sua cotoletta di vitello e racconta: “Io sono curioso, vado nella gdo e mi guardo attorno. È interessante perché la gdo ti offre le anticipazioni di mercato, le proiezioni di consumo e le sue modalità. Al supermercato la carne costa meno delle verdure di IV gamma e le fettine di manzo 12 euro al kg. Chiediamoci se si tratta di carne di qualità. Poi domandiamoci perché la mia cotoletta resta alta e morbida. Perché, aldilà del saperla cucinare, resta il fatto che la carne è di qualità”.
Spesso i giovani non si appassionano alla storia del cibo e non si rendono conto che è la passione a fare la differenza. Cucinare non vuol dire assemblare materie prime
Naturalmente non basta, qui si apre una parentesi doverosa sulla capacità di realizzare un piatto secondo i dettami della buona cucina, ma anche secondo l’affinità con tali dettami di chi sta ai fornelli. “Oggi manca la passione – afferma con un pizzico di rammarico Matteo Scibilia - spesso i giovani non si appassionano alla storia del cibo e non si rendono conto che è la passione a fare la differenza. Cucinare non vuol dire assemblare materie prime. Prendiamo l’esempio della coto-
Matteo Scibilia premiato dal presidente della Repubblica Napolitano e dal ministro Lorenzo Ornaghi per meriti culturali sulla difesa della enogastronomia italiana
letta: prendi un buon vitello, del buon pangrattato, del buon burro e fai la cotoletta, ma se non sai capire, guardando e annusando, il profumo del burro che cuoce, il colore del pangrattato, se non hai l’arguzia di pungere con uno stuzzicadenti per vedere vicino all’osso se esce sangue o siero e di che colore è il siero che ti dice quando la cotoletta è pronta, insomma, se non hai la passione e l’istinto, puoi fare il cuoco fin che vuoi ma non sarai mai un cuoco”.
Morale: l’esperienza ti è d’aiuto ma se non hai passione anche l’esperienza è sprecata. Il discorso vale anche per altri ambiti. Per esempio, vale se affrontiamo il tema dell’allevamento. Matteo Scibilia spiega il suo punto di vista: “Ci sono tanti allevamenti di valore in Italia, dove il benessere animale sta alla base della qualità delle carni prodotte. Il problema per gli allevatori è che oggi bisogna portare a casa i soldi della fatica. Alleva-
È indispensabile valorizzare e rispettare il ruolo dell’allevamento all’interno di una sistema alimentare che riconosce il merito
Indispensabile puntare su standard di allevamento alti per ottenere un prodotto finale eccellente che avrà un costo elevato ma sarà in grado di provocare un’emozione gastronomica di gusto e sapore impareggiabile
tori e agricoltori, spesso e purtroppo, non vedono riconosciuto il costo del loro lavoro. In questo modo subiscono la concorrenza di altri Paesi dove il costo della manodopera è inferiore. È un problema che coinvolge tutto il mondo dell’artigianato in Italia, che avrebbe bisogno di una spinta da parte delle istituzioni perché artigiani, allevatori, agricoltori, vignaioli hanno un ruolo fondamentale nella società: fanno vivere il territorio. Se non diamo agli allevatori una visione a lungo termine, essi si ritrovano senza uno scopo”.
È indispensabile spingere sulla qualità, chef Scibilia non ha dubbi, valorizzare e rispettare il ruolo dell’allevamento all’interno di un sistema alimentare che riconosce il merito e offre al consumatore il meglio che ha. D’altro canto, il consumatore deve essere istruito e acculturato sul tema affinché possa riconoscere la qualità del lavoro di chi produce, di chi lavora il prodotto – il cuoco – e si convinca che tutto ciò è a suo vantaggio, a vantaggio della sua salute: “Carne di buona qualità una volta alla settimana, per il bene di tutti.
Il consumismo sfrenato ha mortificato la qualità – afferma Scibilia”.
Indispensabile, dunque, puntare su standard di allevamento alti, per ottenere un prodotto finale altrettanto eccellente che, naturalmente, avrà un costo elevato ma, allo stesso tempo, sarà in grado di provocare un’emozione gastronomica di gusto e sapore impareggiabile. Un metodo che può –già lo sta facendo – provocare un effetto domino su molte filiere di allevamento bovino sia in Italia sia in altri Paesi europei, migliorando i metodi di produzione e generando carni di qualità. L’allevamento dei vitelli, per esempio, in Italia non è praticato perché troppo oneroso, malgrado noi italiani e i francesi siamo quasi gli unici a utilizzare il vitello in cucina. Olanda e Danimarca sono i Paesi dove la cultura del vitello è radicata: non lo cucinano e allora lo allevano, quasi esclusivamente per noi.
A questo proposito Matteo Scibilia porta l’esempio di Peter’s Farm e racconta: “Un allevatore olandese di vitelli, Peter’s Farm, diventò famoso perché faceva giocare i vitellini con i giocattoli, a riprova che l’attenzione al benessere animale influisce sulla sua carne. Oggi, secondo me, le migliori cotolette alla milanese sono realizzate con le sue carni. Una buona carne non deve essere magra, ma grassa e, soprattutto, ben frollata. L’infiltrazione del grasso nelle fibre muscolari deve essere accentuata, non solo esternamente, segno che l’animale ha vissuto allo stato brado. È con questo spirito e con questo progetto che oggi sono disponibili nuove carni, allevate in territori
precisi, con biodiversità spiccate”.
Un altro esempio illuminante, secondo chef Matteo Scibilia, è la Vicciola di Pino Puglisi: “L’ho utilizzata e la considero ottima. Cruda è fantastica, la migliore. Certo, le nocciole costano, e gli animali ne mangiano a quintali. È ovvio che sia molto costosa, è certamente un prodotto d’élite. Del resto Puglisi la fornisce in taglio pulito, è carne supercontrollata, indubbiamente di livello superiore”.
Il taglio pulito, ecco che sorge un altro problema che coinvolge gli operatori della ristorazione e influisce su costi e resa.
Spiega Scibilia: “Oggi abbiamo un grave problema nei ristoranti, tutti quanti: la carenza di personale qualificato. Facciamo un esempio: compro la carne, un carré di 10 kg, lo pago 13 euro al kg e lo pulisco e lo disosso. Se sono capace di farlo va tutto bene – il carré ha la fascia, il grasso e poi si ricava il nodino, bisogna staccare la spina dorsale e se non disponi di una sega elettrica non ce la fai - ma se affido il compito a un giovane inesperto come minimo si taglia col coltello e non esegue il lavoro; poi ci sono gli scarti, il 50% circa. Per non parlare del tempo necessario per eseguire il lavoro. Le aziende specializzate da anni forniscono il carré scalzato; è evidente che il prezzo da 13 arriva a 27 euro ma se analizzo il food cost mi conviene così. Non devo fare altro che tagliare la fetta e la mia cotoletta in pochi minuti è pronta”.
Abbiamo bisogno di aziende e professionisti che forniscano ai cuochi e ristoratori dei semilavorati di qualità
Facciamo innamorare i giovani del mestiere che hanno scelto: allevatori, macellai, cuochi, casari, produttori di vino o di olio
Eh sì, la cucina è cambiata. Nel bene o nel male, oggi, abbiamo bisogno di aziende e professionisti che forniscano ai cuochi e ristoratori dei semilavorati di qualità, che sia pesce sfilettato, polpo precotto o carne pronta da cucinare. È doveroso a questo punto un’osservazione sullo stato dell’arte della formazione dei giovani. “Non serve – afferma con decisione Matteo Scibilia –che le scuole sfornino migliaia di cuochi mediocri. Sarebbe meglio istruire figure professionali specifiche, come i macellai, per affiancare i cuochi e formare una squadra efficiente. Facciamo innamorare i giovani del mestiere che hanno scelto: allevatori, macellai, cuochi, casari, produttori di vino o di olio. È una nostra responsabilità ma è sempre più difficile. Oggi i giovani hanno altre priorità, dettate dalla società, dai riflettori mediatici; fare il cuoco è un lavoro impegnativo, non è difficile o faticoso, perché la tecnologia ci aiuta, basta saper gestire le ore di servizio, le festività, con buon senso e volontà. Ma la passione non può mancare, è quella passione che ha animato generazioni di ristoratori, quella forza e tradizione familiare che abbiamo, spesso, dimenticato in nome di un’effimera popolarità, perché fare il cuoco non vuol dire fare il ristoratore. Stiamo vivendo una crisi di identità, la stiamo perdendo: dobbiamo riappropriarcene”.
NO CRUELTY
Le carni: un business in crescita
A cura della Redazione
Éun fenomeno in costante aggiornamento; negli ultimi anni le carni sono state al centro di un duplice fenomeno: • da un lato, le diete proteiche hanno favorito una valorizzazione del prodotto • dall’altro il boom del vegetarianismo e dei sostitutivi vegetali che puntano a metterla da parte. Secondo le ricerche realizzate per conto di Tuttofood, la fiera internazionale dell’alimentare che si svolgerà a Milano il prossimo mese di maggio, emerge un dato interessante: sembrerebbe che per i consumatori la carne rappresenti un alimento da portare in tavola e da consumare, ma nel rispetto della sostenibilità e del benessere animale
Sono sempre più apprezzati i prodotti gourmand e la rivisitazione dei tagli classici.
L’osservatorio di Tuttofood illustra come le carni rispondano oggi alle nuove esigenze manifestate dai consumatori.
Il benessere animale è uno dei temi che guidano le scelte dei consumatori anche secondo l’organizzazione no profit Osservatorio Immagino GS1 Italy (che utilizza i dati NielsenIQ). Infatti, analizzando le etichette dei prodotti alimentari, risulta che il claim con il maggior giro d’affari è “benessere animale”, con oltre 585 milioni di vendite realizzate da 588 prodotti che riportano la scritta ben in evidenza.
Le crescite più significative sono state quelle del claim “no cruelty”, stabili nel corso dell’anno, e della certificazione ASC (Aquaculture Stewardship Council).
Trend tendenzialmente stabile rispetto all’anno precedente anche per la certificazione Friend of the sea.
QUALCHE NUMERO SUI CONSUMI DI CARNE
Secondo i dati di Statista riportati da Tuttofood, quest’anno il valore del mercato Mondiale:
• sfiorerà i 1.200 miliardi di dollari e nei prossimi anni crescerà del +7,8% l’anno in media fino al 2027
• in Europa il mercato vale oggi oltre 381 miliardi di dollari – quasi un terzo del totale mondiale – e sarà prossimo ai 500 miliardi nel 2027
• in Italia, Paese che vanta una plurisecolare tradizione in particolare nei salumi, i numeri dell’associazione di categoria Assica segnalano che, per questi ultimi, nel 2021 i consumi nazionali sono aumentati del +5,4% in volume.
I NUOVI TREND
• Filiera certificata, praticità e rapidità di preparazione, ma anche proposte sfiziose e rivisitazione dei tagli “meno pregiati” per nuovi utilizzi, come il barbecue dove tagli ‘meno nobili’ sono ottimi anche per cotture più rapide
• emerge una maggiore attenzione all’ambiente e alla sana alimentazione degli animali, informazioni che devono essere sempre più chiare nell’etichettatura
• alcuni produttori hanno lanciato la Filiera Benessere Animale che garantisce, ad esempio, la messa in commercio di solo suini italiani, allevati senza antibiotici negli ultimi 120 giorni, rispettando standard di biosicurezza e permette più controllo sulla materia prima in tutte le fasi
• il benessere è garantito sul 100% della filiera attraverso controlli e certificazioni DQA: minor densità, spazi adeguati e piani nutrizionali calibrati
• non mancano proposte derivate da investimenti in Ricerca e Sviluppo, per realizzare prodotti pratici e veloci da cucinare a base di carne un altro boom caratterizza le proposte gourmet come burger, tartare o carni frollate in dry aged
• la filiera deve avere un impatto positivo non solo sul benessere animale ma anche sull’ambiente ed è per questo che diversi produttori
hanno rivisitato il proprio packaging diminuendo peso e dimensioni per evitare sprechi di plastica e carta.
Anche per la carne importata vale lo stesso principio: qualità, e in particolare il bio, con un rapporto qualità/prezzo competitivo con i sostituti vegetali e la tracciabilità completa di ogni taglio fino all’allevamento, privilegiando animali al pascolo – il cosiddetto grass-fed – e il km zero, con allevamenti vicini ai macelli.
L’evoluzione naturale di una bottega storica
Una storia che inizia negli anni sessanta con una piccola bottega di paese e diventa una realtà strutturata e articolata. Oggi, con un negozio rinnovato, la Macelleria Grizzo offre al futuro nuovo impulso e modernità
Nasce nel 1960, a Roveredo in Piano, provincia di Pordenone, la lunga attività della famiglia Grizzo, in una piccola bottega. Poi, negli anni settanta, grazie alla visione avveniristica di Sergio Grizzo e sua moglie Bianca – seconda generazione - inizia un percorso costruito sul duro lavoro, sull’intuito imprenditoriale e l’impegno finalizzato a costruire una realtà solida e soddisfacente.
Una realtà che oggi – alla terza generazione - è composta dal negozio di Roveredo, recentemente rinnovato e restaurato grazie alla consulenza e professionalità di Criocabin, gestito dalla figlia Laura, e dall’impresa di lavorazione e distribuzione all’ingrosso di Aviano, la Gelcarni, guidata dal figlio Luca.
Laura Grizzo che, a capo del negozio storico, esprime la sua visione del successo dell’impresa di famiglia, non ha dubbi: “La differenza la fanno le perso -
ne, in tutti i mestieri e, a partire dalla lungimiranza che ha guidato i miei genitori fino all’impegno di mio fratello Luca e di tutti gli straordinari ragazzi che formano il mio team, sono convinta che il punto di forza di un negozio sia la professionalità e la coesione. La voglia di fare, l’attitudine alla formazione, la volontà di guardare avanti sono lo stimolo migliore e portano all’evoluzione”.
Un’evoluzione che oggi si manifesta in un nuovo capitolo di vita per la macelleria Grizzo di Roveredo in Piano, che si presenta alla clientela nella sua veste rinnovata e ristrutturata, essenziale per lo sviluppo di un’attività moderna e al passo coi tempi.
Racconta Laura Grizzo: “Quando i miei genitori iniziarono l’attività non c’era nulla e fu quasi avveniristico partire da zero con un ideale: progredire e crescere. Con quest’idea ben chiara in mente la Macelleria Grizzo è diventata un’impresa importante e diversificata, completa, ma non sarebbe stato possibile senza lungimiranza e coesione,
senza una visione”. Mamma Bianca e papà Sergio sono stati i pilastri, Laura e Luca sono partiti da basi solide e hanno costruito un edificio che può affrontare cambiamenti e trasformazioni. “Ho studiato giurisprudenza – afferma Laura Grizzo – ma quando cresci in una famiglia dove si parla solo di carne capisci che quello è il tuo mestiere: ho voluto scegliere l’attività di famiglia perché la sentivo mia”.
Punto fermo la qualità elevata delle carni proposte, soprattutto locali con qualche incursione interessante all’estero – wagyu australiano, carni canadesi, scozzesi, irlandesi, maialino iberico -; un’offerta completata da una selezione accurata di formaggi e salumi e arricchita recentemente dall’introduzione di tagli in dry aged.
Il controllo della filiera, la provenienza e tracciabilità delle carni sono da sempre elementi fondamentali: “Ce lo chiedono i nostri clienti – spiega Laura – non è solo un obbligo di legge. La gente vuole sapere la provenienza degli animali, si affida a noi perché consapevole della nostra storia, della responsabilità che abbiamo sempre dimostrato. È un requisito che infonde sicurezza”.
“Con la ristrutturazione – racconta Laura Grizzo –abbiamo dato una nuova luce anche al reparto gastronomia creando una linea di prodotti cotti realizzati da noi e pronti per l’asporto. È stato un passaggio doveroso per seguire le tendenze del mercato e assecondare le nuove abitudini di consumo dei clienti. Infatti, se un tempo la macelleria era un’esposizione di tagli di carne, oggi è e deve essere, quasi una boutique con una vetrina che nulla ha da invidiare a una pasticceria. C’è stata una evoluzione profonda nel modo di acquistare in macelleria e abbiamo dovuto adeguarci alla rivoluzione dei modi di consumo: le persone non hanno tempo, e forse neppure la capacità, di cucinare e il ruolo del macellaio è stato stravolto e adattato fino a trasformarlo in una figura nuova, quasi uno chef che fornisce preparati di alta qualità semplicemente da assemblare e riscaldare. Questo ci chiede la clientela, una trasversalità completa, con quel tocco di genuinità e familiarità che solo una cucina competente può garantire. Come la nostra”.
Laura Grizzo parla con cognizione, ha approfon-
dito molto il tema, e confessa che, in fondo, non è stato difficile seguire l’inclinazione del mercato: “È stata un’evoluzione naturale, e anche piacevole. Io sono dell’idea che non ci si debba mai fermare ma seguire sempre la linea che ci viene indicata dalle tendenze. Cambiare e adattarsi comporta stimoli nuovi, per il personale e per noi. L’evoluzione è bella, soddisfacente. Oggi, il mio banco è ricco, completo; così come il mestiere di macellaio è specializzato, qualificato, un ventaglio di competenze che ripaga delle lunghe ore di lavoro, della fatica fisica. La soddisfazione che si ricava permette di superare anche i momenti di stanchezza”.
LA TRASFORMAZIONE DEL NEGOZIO
Per la ristrutturazione del negozio di Roveredo in Piano, Criocabin ha installato 8 metri di banco refrigerato Etoile ventilato, un retrobanco pensile EPV, un murale Ethos e un murale Ethos BT.
“Un negozio rinnovato è uno stimolo importante – spiega Laura Grizzo – ed è stato una scelta voluta e obbligata. I vecchi banchi avevano fatto il loro tempo, dignitosamente, e dovevano cedere il passo all’innovazione. I nuovi banchi refrigerati ventilati che abbiamo scelto apposta offrono un’esposizione perfetta, lineare, e consentono di dare nuova luce ai prodotti. La manutenzione è semplice, la resa perfetta: non sciupano la carne, non ne modificano
il colore, l’impatto visivo è molto performante. Il nuovo frigorifero frollatore, poi, permette di maturare la carne in condizioni ideali: la carne diventa scura a un grado di umidità particolare; è tenerissima perché l’umidità e la temperatura controllate lasciano le fibre morbidissime. La visione dei tagli esposti, maturati, permette al cliente di scegliere il grado di frollatura desiderato, 30 o 40 giorni. Il dry aged deve essere spiegato, naturalmente, non tutti lo conoscono o comprendono, allora illustriamo al cliente le caratteristiche della carne e le modalità di impiego e la novità sta riscuotendo grande successo”.
Ultimo requisito interessante, ma non certo il
meno importante, il risparmio energetico, come conferma Laura: “Con tante celle il consumo energetico è un problema non indifferente, tanto che stiamo valutando l’installazione di pannelli fotovoltaici. Intanto abbiamo potuto notare che non ci sono state variazioni in negativo, al contrario un buon risparmio”.
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Benvenuti a casa...della Piemontese
l Cuneese, tra il Tanaro e il Po, racchiude l’orgoglio del Piemonte e ne fa arte. Il suo paesaggio è tutto da scoprire e riunisce cultura, gastronomia e bellezze naturali grazie a un clima che, influenzato dal vicino mar Ligure, determina la straordinaria biodiversità del territorio. Questa è la terra del Barolo, del tartufo bianco, della pregiata carne dei bovini di razza Piemontese
di Marina Caccialanza
Visitando la zona, tappa obbligata è Carrù, dove uno dei luoghi più emblematici è certamente la Casa della Piemontese, una vera scoperta. Testimone del legame con la storia del territorio, narra al visitatore quelli che sono i concetti
ni dell’esistenza del luogo e le sue peculiarità. Perché la Casa della Piemontese è un vero e proprio museo dell’allevamento.
“Nella sede dell’Associazione – racconta Quaglino – adiacente alla Casa della Piemontese, svolgiamo un’attività di tipo prevalentemente tecnico
glino: “Il cuore pulsante delle 4.200 imprese e famiglie che allevano i bovini di razza Piemontese e testimonia la lungimiranza delle nostre genti, il percorso scientifico, la capacità di tramandare la cultura dell’allevamento elevandolo e tutelandolo nelle sue specificità”.
L’edificio è stato inaugurato 13 anni fa allo scopo di realizzare un luogo dove i visitatori non tecnici, semplici cittadini interessati, potessero vede
re e conoscere le attività dell’Associazione: che siano studenti delle scuole agrarie o pensionati, di volta in volta, essi vengono guidati dai tecnici dell’Anaborabi alla scoperta della storia e dell’evoluzione dell’allevamento dei bovini di razza Piemontese, lungo un percorso affascinante e ricco di testimonianze.
La prima sala, allestita per accogliere i visitatori, offre una panoramica dell’allevamento bovino in generale
La sala che accoglie i visitatori offre una panoramica sulle razze bovine italiane presenti sul territorio fino al 1934
base dell’economia agricola della regione di cui l’allevamento bovino rappresenta maestria ed eccellenza. La carne bovina è immancabile nella cultura culinaria del Piemonte e del cuneese in particolare, e la razza Piemontese è famosa e apprezzata per le sue peculiarità.
Andrea Quaglino, direttore di Anaborabi - l’Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Piemontese – spiega, passeggiando tra le sale di questa “casa” affascinante, le ragio-
basata sulla selezione e sul miglioramento genetico della razza Piemontese. Sono presenti nei nostri spazi 200 maschi di razza Piemontese tra i quali, ogni anno, scegliamo 25/30 tori da destinare alla riproduzione per inseminazione artificiale. In pratica 250.000 dosi di seme congelato all’anno: 200.000 vengono utilizzate in Italia, 50.000 esportate all’estero”. Situata accanto alle stalle e al centro direzionale di ricerca, la Casa della Piemontese è, spiega Andrea Qua-
All’ultimo piano dell’edificio, in un’ampia sala destinata alle degustazioni, i manifesti storici che illustrano momenti importanti
con una illuminante cartina murale – risalente al 1934 - che illustra la diffusione delle razze bovine in Italia fino a quell’epoca con modellini provenienti da Torino e appartenenti al Ministero della Zootecnia che li ha concessi in comodato d’uso alla Casa della Piemontese.
Interessante notare, per esempio, come in Lombardia ed Emilia la razza più diffusa fosse la Bruna Alpina mentre oggi lo sia la Pezzata Bianco Nera Frisona, all’epoca appena introdotta. Infatti, molte razze oggi sono considerate in via di estinzione. La Piemontese ha mantenuto il suo ruolo e il suo areale tipico.
Dal piano terra dell’edificio dove è possibile ammirare la ricostruzione
delle stalle e dove alcuni momenti simbolici della storia dell’allevamento sono riprodotti con filmati e testimonianze fotografiche, lentamente, lungo la scala, si accede al piano superiore attraverso un percorso multimediale che racconta l’evoluzione delle tecniche di allevamento, il mondo degli allevatori di ieri e di oggi, momenti della vita contadina e caratteristiche della razza Piemontese.
Un viaggio attraverso l’evoluzione dell’allevamento dove si possono ammirare strumenti, manifesti storici, installazioni, come l’enorme quadro che campeggia in cima alle scale e che descrive l’utilità e l’utilizzo dell’intera bestia.
Non solo carne ma pellame, cartilagini, ossa, per dimostrare che ogni parte serve all’uomo e tutto merita rispetto e considerazione
Strumenti risalenti all’ottocento e agli anni settanta del secolo scorso a supporto delle attività dell’allevatore
Le muffe che crescono sul salame e sugli stagionati sono pericolose?
Le muffe sono un genere di microrganismi pluricellulari appartenenti al regno dei funghi in grado di crescere su svariate superfici. Possono svilupparsi infatti in ambienti chiusi su pareti soggette ad umidità come cantine e bagni e crescere su alimenti, sia quelli che teniamo in dispensa sia quelli presenti nel frigorifero, determinando le condizioni di cibo avariato che finiamo per buttare. In queste condizioni possono produrre spore che hanno un’elevata tossicità per l’organismo umano, se inalate.
Eppure alcune muffe vengono coltivate per la loro capacità di produrre antibiotici (tutti noi conosciamo la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming), altre muffe verdi sono utilizzate nella produzione di formaggi come il Gorgonzola, il Roquefort e lo Stilton. Le osserviamo crescere anche sui salami che teniamo in cantina e le notiamo anche su quelli – generalmente in budello naturale – che acquistiamo dal macellaio o al supermercato.
Le muffe allora fanno bene o fanno male? Quelle del Gorgonzola sono commestibili, creano nella pasta delle venature più o meno diffuse, il cui colore varia dal verde al blu e donano al formaggio il
suo caratteristico sapore, che può essere piccante o dolce in base al tipo di stagionatura. Quelle del salame non sono commestibili, ma se la stagionatura è gestita bene, contribuiscono anch’esse alla maturazione del salame e a sviluppare determinati aromi.
Innanzitutto non crescono a contatto diretto con la carne ma sull’involucro esterno che contiene l’impasto del salame o il pezzo di carne anatomico salato e speziato, quindi sul budello che è (in genere) materia organica.
Nei salumi, da intendersi nell’intero novero dei prodotti insaccati e cioè dai salami ai culatelli, che sono tenuti in ambienti con condizioni particolari di temperatura ed umidità in asciugatura ma soprattutto in stagionatura, le muffe che consideriamo “nobili”, ricoprendo lo strato esterno svolgono tre funzioni:
1. rallentano quella che è l’attività proteolitica impedendo la putrefazione, anzi favorendo la loro gelificazione e la compattezza della struttura;
2. regolano l’umidità mantenendola in equilibrio, impedendo che quella esterna penetri all’interno e favorendo la disidratazione (il calo peso) in modo controllato, così che l’acqua non legata contenuta all’interno fuoriesca, in modo da
asciugare il prodotto e favorirne la maturazione;
3. producendo sostanze antibatteriche, impediscono che microrganismi nocivi, diversi dagli starter di fermentazione (laddove vengono usati), possano alterare le carni compromettendo il processo di stagionatura.
Nei salami di produzione industriale in cui si usano starter di fermentazione (lattobacilli, pediococchi, micrococcacee) capita spesso che le muffe “nobili” vengano inseminate sulla superficie del salame, disperse prevalentemente con metodi spray, in relazione al tipo di produzione che si vuole fare. Penicillium nalgiovense e in misura minore altri tipi di Penicillium sono le tipiche specie starter sparse sul budello degli insaccati a fermentazione secca per migliorare e standardizzare la qualità dei salumi. In effetti le muffe dei salumi non affumicati crescono in modo spontaneo; tali muffe potrebbero essere ambientali oppure, in seguito a una maggior consapevolezza che ceppi indigeni potrebbero essere tossigeni, dovute proprio all’applicazione di colture micotiche selezionate.
Nella gestione delle muffe è importante fare attenzione al colore, che ci può dare indicazioni sull’andamento del processo di maturazione, in
asciugatura prima e in stagionatura poi. Si vuole dapprima far sviluppare una muffa dal micelio bianco (da Penicillium nalgiovense) che in seguito, durante la lunga fase di stagionatura, tende a scomparire per lasciare il posto a muffe più aggressive, grigie e verdi, differenze in parte dovute alle diverse regolazioni dell’umidità dell’ambiente ma che in genere non sono indici di particolari problemi. Dobbiamo invece preoccuparci della presenza e dello sviluppo di muffe colorate, per esempio gialle, nere o alcune verdi che alterano l’omogeneità desiderata del micelio bianco e che possono anche influenzare il sapore con caratteri non desiderati.
Le muffe nere formano un penicillio molto pesante, sono un indice di processo di stagionatura molto compromesso che fa assumere al salame gusti poco piacevoli.
Le muffe di colore giallo sono un segno della presenza di muffe indigene non “nobili” che a volte riportano alla non corretta maturazione del salame per un pH alterato.
Nei salami a stagionatura molto lunga può capitare che la muffa svanisca o cada dal salame. Il responsabile è un acaro, detto “Ruffino” che si nutre delle muffe nobili facendole diventare marroncine per poi farle staccare.
Alla maturazione del salame e alla definizione del
suo sapore e aroma contribuisce l’attività proteolitica e lipolitica dovuta all’attività enzimatica endogena della carne e ai batteri lattici; tuttavia diversi studi hanno dimostrato il ruolo attivo delle attività proteolitiche e lipolitiche esercitate dalle muffe che crescono in superficie durante la stagionatura.
Prima di essere immesso sul mercato il salame viene soffiato e/o spazzolato per eliminare la muffa; generalmente a livello industriale, prima dell’etichettatura viene anche infarinato con polvere di riso, che serve sia per la presentazione che per limitare lo sviluppo precoce di nuovo micelio, quando il prodotto è nel punto vendita.
Atlante delle razze avicunicole autoctone
Èun volume importante e complesso, il testo che mancava per colmare l’assenza, nel panorama editoriale, di un’opera approfondita sull’etnologia avicola.
L’Atlante delle razze avicunicole autoctone è un’opera divulgative e storica, tecnica e pratica al tempo stesso perché completa nella sua composizione e nella panoramica che offre sulla conoscenza del patrimonio zootecnico autoctono, meritevole
di approfondimento e conoscenza per tutti coloro che operano nel settore, siano essi semplici hobbisti o professionisti.
Si rivolge, infatti, sia agli appassionati sia agli studiosi perché comprende informazioni e dati che coprono l’intero panorama avicunicolo offrendo approfondimenti completi e scientifici sul tema. Obiettivo della pubblicazione è quello di sensibilizzare alla biodiversità e dare supporto ai piccoli
produttori e ai tecnici che dedicano il loro lavoro a specie d’eccellenza spesso allevate solo a scopo ornamentale o considerate poco produttive.
Gli autori dell’Atlante delle razze avicunicole autoctone, edito da Edagricole – New Business Media, sono Alessio Zanon, medico veterinario e presidente dell’Associazione Italiana Razze Autoctone e a Rischio di estinzione e Daniele Bigi, docente di biodiversità zootecnica presso l’Università di Bologna. Il testo propone in modo organico le piccole specie diffuse in tutta Italia, comprese quelle non più segnalate da tempo, e unisce quelle avicole all’unica specie di mammifero minore, il coniglio, descritte in schede sintetiche singole e riccamente illustrate. La descrizione di ogni razza comprende origine, area di diffusione, caratteristiche morfologiche e produttive.
Polli, faraone, tacchini, anatre, oche, colombi, quaglie, conigli allevati in Italia costituiscono un patrimonio zootecnico spesso sottovalutato o poco noto anche agli operatori. Le specie avicole, infatti, da lungo tempo sono prive di registrazioni genealogiche ma il loro allevamento, disgiunto in parte dal settore zootecnico più tradizionale, comprende allevatori di svariate tipologie che meritano attenzione e opportunità di sviluppo economico. Il volume si sviluppa in oltre 500 pagine, fitte di informazioni e dettagli scientificamente validi allo scopo di fornire una conoscenza approfondita sull’intero panorama a partire dal concetto di specie e razza fino al moderno approccio alla zootecnia attraverso l’inquadramento geografico delle razze, le variabili morfologiche e i metodi zootecnici di allevamento. Ogni razza viene descritta secondo le sue caratteristiche e le sue predisposizioni.
IN BASSA TEMPERATURA, PANE ALLE ERBE, JUS AI FRUTTI ROSSI E PATATE TARTUFATE
Guglielmo Giudice, lo chef di Rivington, il primo ristorante di ispirazione newyorkese all’interno dell’Hyatt Centric Milan Centrale, propone un piatto scenografico. L’agneau de pré-salé è un tipo di agnello allevato nei prati di paludi salate della Francia, in particolare in Normandia e parti del Regno Unito e dei Paesi Bassi.
Gli agnelli pascolano in territori ricoperti di erbe con un alto contenuto di salinità e iodio, facendo sì che la loro carne abbia un sapore distinto e naturalmente sapido.
PROCEDIMENTO PER LA PATATA TARTUFATA
per 2 persone
1kg rack d’agnello pre-salé
Per la panure alle erbe
100 g pangrattato
50 g prezzemolo
1 rametto di timo
6 foglie di basilico
4 foglie di menta
olio extravergine di oliva qb
sale
pepe
Per il fondo d’agnello
1 cipolla
1/2 carota
1 rametto di rosmarino
1 rametto di timo
200 g di scarti agnello
200 g di ossa di agnello precedentemente passati in forno x 20 minuti a 200 gradi
30 g di mirtilli
30 g di more
30 g di lamponi
1 noce di burro
Per la patata tartufata
2 patate
Olio
Sale
Pepe Tartufo scorzone
PROCEDIMENTO PER LA PANURE ALLE ERBE
Sbollentate per 30 secondi le foglie aromatiche, raffreddatele in acqua e ghiaccio in modo da mantenere inalterato il colore. Asciugatele con un panno e frullate insieme al pangrattato in un cutter.
Aggiungete un filo d’olio e aggiustate con sale e pepe
PROCEDIMENTO PER IL FONDO D’AGNELLO
Procedete facendo rosolare le verdure, aggiungete gli scarti di carne precedentemente saltati rapidamente in padella a fuoco vivo e le ossa, aggiungete 500 g di ghiaccio e rimettete sul fuoco.
Ogni volta che il fondo si asciuga, ripetete l’operazione del ghiaccio x 3 volte. Cuocete circa 2 ore.
A parte, saltate con una noce di burro mirtilli, more e lamponi per pochi minuti, una volta pronti aggiungete un mestolino (50 cl) di salsa di fondo e amalgamate.
Cuocete in forno le patate foderate da carta stagnola per circa 1 ora a 180°C. Una volta cotte pelatele. Schiacciatele ancora calde, aiutandovi con una forchetta e insaporite con sale, olio, pepe e arricchitele con tartufo nero a piacere.
PROCEDIMENTO
Per la preparazione della carne, scottate il carré di agnello già porzionato con sale aromatico. Successivamente, imbustate sottovuoto l’agnello precedentemente scottato aggiungendo uno spicchio di cipolla abbrustolita in
piastra, un aglio in camicia e olio evo. Cuocete per 1 ora e 30 minuti con roner a 56 °C, in assenza passate direttamente alla panatura e infornare per 10 minuti a 180°C assicurandovi di tenere la carne rosa al suo interno.
Al termine della cottura, spennellate la carne con del miele diluito in acqua tiepida. Panate con pane alle erbe. Infornate per 4 minuti a 185 °C.
Il piatto si presenta partendo dalle costolette di agnello, aggiungete 2 quenelle di patata tartufata e finite con la salsa di fondo di agnello e frutti rossi ben calda.
A cura di Birra Moretti e Chefcooking per 36 polpette
500 g petto di pollo marinato
50 ml + 80 ml Birra Moretti FAF
1 scorza di lime
80 g Grana Padano Dop
100 g pane casereccio
1 zucchina
1 uovo
30 g + 10 g olio extravergine di oliva
1 g paprika
3 g sale fino
pepe nero, timo, sale nero q.b
4. Amalgamate gli ingredienti con le mani fino a ottenere un impasto omogeneo.
5. Prelevate una piccola porzione di impasto (30 g) e formate con le mani una polpetta grande quanto una noce. Adagiate le polpette su un vassoio rivestito con carta forno.
6. Prendete una padella scaldandola a fuoco medio, versate l’olio extravergine d’oliva e adagiate le polpette e cuocetele per 5 mi
nuti. Giratele da tutti i lati e quando saranno ben rosolate, cospargete con le foglie di timo e sfumate con la birra.
7. Coprite con il coperchio e cuocete a fiamma bassa per circa 5 minuti.
8. Infine, togliete il coperchio e aggiustate di sale se necessario, alzate la fiamma per altri 5 minuti, così da ultimare la cottura e servite
6 numeri
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Hanno collaborato a questo numero: Giuseppe L. Pastori
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