220 dialoghi Locarno – Anno 44 – Febbraio 2012
di riflessione cristiana
BIMESTRALE
PARLARE DEL CONCILIO CINQUANT’ANNI DOPO Con i colleghi della rivista di Trento «Il Margine» abbiamo riflettuto al contributo che le nostre piccole riviste possono dare alla riflessione sul cinquantesimo del Concilio Vaticano II (1962-1965). L’Editoriale, che scriviamo insieme, dice le nostre intenzioni, che via via saranno confrontate con le occasioni – auguriamocele numerose! – che Chiese, università, comunità o associazioni promoveranno. Ormai non è più questione di narrare il Concilio. Per quanto nessuna impresa storiografica umana possa mai ambire a riprodurre semplicemente la realtà passata, si può ben dire che il completamento dei cinque volumi della Storia del Concilio Vaticano II diretta da Giuseppe Alberigo abbia dato a chiunque voglia sentir narrare quegli eventi un’opera che dovrà attendere molto, molto tempo per essere eventualmente superata. La questione, ora, pare sia quella di narrare le narrazioni: del modo in cui l’evento conciliare viene messo in rapporto con la nostra storia.
«Adamo» e «Eva», capolavori di Albrecht Dürer (Museo del Prado, Madrid)
«MASCHIO E FEMMINA LO CREÒ» NON VALE PIÙ?
«Genere maschile», «genere femminile»: le cose sono chiare, no? Si nasce uomo o si nasce donna, lo si legge persino nella Bibbia: «Maschio e femmina lo creò» (Gen 1,27). La condizione della donna nella società e il rispetto rivendicato dalla condizione omosessuale hanno posto la questione in una nuova luce. Minoranze attive sostengono che l’essere maschio o femmina eterosessuali sono solo le punte estreme di uno «status» che, tra l’uno e l’altro termine, conosce variazioni potenzialmente infinite. La teoria «gender» tenta di farsi strada, in Francia, anche al livello dei testi scolastici. La reazione è stata vivace. Aldo Lafranchi affronta per «Dialoghi» un tema spinoso e lo risolve tenendo conto insieme dei diritti della persona e delle esigenze della convivenza civile. Da pag. 3 a pag. 8.
Qui si apre tutto il tema dell’ermeneutica della continuità e della discontinuità, dell’esaltazione della novità conciliare o della sua riduzione a pura linearità storica (posizione, questa seconda, sostenuta autorevolmente dallo stesso Josef Ratzinger/Benedetto XVI). Narrazioni delle narrazioni che sono fondate, ancor più della narrazione stessa, sulla nostra percezione dello sviluppo storico ed escatologico, della Chiesa in particolare e del mondo in generale: quali «tempi nuovi» è possibile immaginare, quali «cose nuove» è lecito attendere, per quali «terre nuove» è il caso di scommettere la propria esistenza?
Nell’approssimarsi del cinquantesimo anniversario si stanno moltiplicando le iniziative, alcune delle quali saranno certamente meritevoli di attenzio-
(Continua a pag. 20)