264 dialoghi Locarno – Anno 52 – Dicembre 2020
di riflessione cristiana BIMESTRALE
«Italia mia…»
Il 5 settembre 1980 s’inaugurava la galleria autostradale del San Gottardo e il «Corriere del Ticino» volle festeggiare l’avvenimento pubblicando un inserto speciale, con una parte tecnica e un’introduzione che la prendesse dall’alto, come si dice – sottolineando il valore dell’opera per i rapporti tra il Nord e il Sud della Svizzera. Si decise pertanto di chiedere a Piero Bianconi, «perla» delle nostre pagine di cultura. Io gli chiesi un’Introduzione al dossier – qualcosa di bello e di profondo come lui sapeva fare. Ma alla ricezione dell’articolo rimanemmo tutti di sasso. Del Petrarca conoscevo alcune liriche del «Canzoniere», tra cui quella che comincia con le parole: «Italia mia, ben che ’l parlar sia indarno…». Ricordavo anche il passo scelto da Bianconi: «Ben provide natura al nostro stato / quando de l’Alpi schermo pose tra noi». Bianconi si fermava lì, un rapido controllo mi confermò che la citazione era…
incompleta. Dal «Canzoniere»: «Ben provide natura al nostro stato / quando de l’Alpi schermo / pose tra noi e la tedesca rabbia». La… «tedesca rabbia»! In quel momento, così promettente per noi e per le sorti della patria svizzera? Per finire la citazione fu pubblicata così, tronca. Ma con tante concessioni dell’Autore, prima e dopo quel punto, da ingentilirla quanto serviva. Oggi, riandando al coraggio di un intellettuale che amava il Ticino al punto di volerlo protetto anche dagli Elveti del Nord, rifletto se esista ancora, nei Ticinesi, quel sentirsi a tal punto «uni» con l’Italia (anche questo termine è del Petrarca). Della lealtà di Piero Bianconi alla patria svizzera non abbiamo ragione di dubitare: basterebbe un libro solo dei suoi: «Albero genealogico» (Pantarei, 1973). Perché, allora, ha perso voce, non pare esserci più traccia di quel sentimento? Nella pubblicistica è invalso il termine «Fallitalia» – una sciocchezza, si leg-
ga l’articolo di Silvano Toppi in questo dossier. Un giudizio che neppure coincide con il sentimento oggi prevalente al nord delle Alpi, dove, sfumati i pregiudizi verso la prima ondata di emigrati («Cinkali», di Dario Robbiani), la lingua italiana è coltivata in quanto pure nostra, di noi svizzeri, e ci permette di tessere rapporti stretti con l’industriosa Italia del Nord. L’Italia non può essere estranea al Ticino, anche se, per la grandezza diseguale, il Ticino pare talvolta esserlo all’Italia. È dunque un’impressione di malessere e di disagio che ha consigliato «Dialoghi» di dedicare un dossier a questo problema. E.M. Dossier: Ticino-Italia, problemi aperti Articoli di Orazio Martinetti, Remigio Ratti e Silvano Toppi pp. 3-10