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L’economia in una perenne incertezza Il conflitto mette in dubbio la ripresa economica. Maggiore sarà l’impatto sulla crescita in Eurozona: l’Europa sconta infatti una forte dipendenza energetica dalla Russia. di DANIELE BERTI, Ufficio Studi, Confindustria Trento
CENTRARE
delle previsioni di andamento economico negli ultimi tre anni rimane un compito assai arduo. Le continue fluttuazioni dovute alle misure di contenimento del covid-19 hanno messo a dura prova anche i migliori analisti. Sembrava di poter intravedere la famosa luce in fondo al tunnel (e una parvenza di stabilità), quando la mattina del 24 febbraio lo scoppio del conflitto tra Russa e Ucraina ha gettato una nuova ombra di incertezza sulle prospettive post pandemia. Ma andiamo con ordine. I dati Istat attestano un 2021 di ripresa ben oltre le aspettative. L’economia, rilanciata dalle riaperture e dall’attenuarsi della pandemia, ha consentito di raggiungere una crescita del Pil nazionale nel 2021 pari al +6,6%, dopo il calo del 8,9% del 2020. La manifattura in primis ha fatto da traino per tutti i settori nazionali, approfittando del caos creato dalla pandemia per conquistare fette di mercato lasciate scoperte da competitor internazionali. Con slancio differente, a seconda della capacità di ripresa di ogni specifico tessuto economico e produttivo, anche gli altri Paesi europei hanno beneficiato della ripresa economica del 2021 guadagnando parte del valore aggiunto perso nel 2020. Ad inizio 2022 gli indicatori economici
rimanevano ancora buoni, anche se con qualche campanello d’allarme in merito alla crescita lenta ma continua dell’inflazione. La certezza della disponibilità dei fondi del Pnrr però garantiva livelli di fiducia molto alti dei mercati. La Bce, in accordo con gli stati stava cominciando a ragionare sulla frenata della politica monetaria ultra-espansiva degli ultimi anni. Tutte queste riflessioni sono state spazzate via dal primo razzo russo caduto sul suolo ucraino. Lo scoppio del conflitto Il conflitto ha cambiato nuovamente le prospettive mettendo in dubbio la ripresa economica. Secondo le ultime previsioni pubblicate dalla Banca Centrale Europea, l’impatto della guerra sulla crescita in Eurozona sarà quasi sicuramente elevato. La ricaduta sarà maggiore rispetto agli altri Paesi poiché l’Europa sconta una forte dipendenza energetica dalla Russia (l’Europa nel 2019 ha attinto al gas russo per circa il 41% del suo fabbisogno, al suo petrolio per il 27% e ai suoi combustibili solidi per il 46,7%). Dato il protrarsi degli scontri e l’inasprirsi delle sanzioni nei confronti delle Russia e dei suoi “alleati” (come raccontato nell’articolo precedente), il prezzo in termini di crescita mancata del Pil dell’eurozona è di quasi 1,5 punti percentuali rispetto a quello altrimenti previsto (l’Ocse prevedeva una crescita del 4,3% per il 2022 e del 2,5% per il 2023). Innanzitutto, c’è lo shock di offerta generato sui mercati dell’energia e delle commodities (minerarie e agricole), shock che sta portando a un incremento duraturo dei prezzi (contribuendo dunque a mantenere l’inflazione a livelli elevati). Inoltre, i nuovi “colli di bottiglia” che si sono generati lungo le supply chains stanno già causando problemi a diversi settori manifatturieri europei (soprattutto automotive e agroalimentare). Infine, questa situazione, unitamente alla forte instabilità geopolitica, contribuirà a mantenere alta la volatilità sui mercati finanziari, scoraggiando le decisioni di investimento di imprese e fondi. Con effetti che proseguiranno molto probabilmente anche nel 2023. Aspettative per l’Italia Il nostro Paese è entrato in questa nuova fase con una produzione industriale che già era in diminuzione a febbraio (-0,3%), dopo la
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