Essere Impresa supplemento ottobre 2025

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ESSERE IMPRESA SUPPLEMENTO

IL SOMMARIO

CONSULENZA FISCALE: Ravvedimento speciale. Da pag. 2

CONSULENZA DEL LAVORO: Dimissioni del lavoratore. Da pag. 15

OTTOBRE 10 20 25

››› CONSULENZA FISCALE

a cura di Francesco Bandini

Ravvedimento speciale per gli anni 2019/2023

L’Agenzia delle Entrate (Provvedimento del 19 settembre 2025) ha stabilito le modalità e i termini per comunicare la scelta per il ravvedimento speciale per gli anni 2019 - 2023, riservato ai soggetti che aderiscono al CPB 20252026. Il provvedimento che ricalca quello relativo al regime del ravvedimento per gli anni 2018/2022, conferma che l’opzione per ciascuna annualità si esercita mediante versamento delle imposte sostitutive delle imposte dirette e delle relative addizionali, nonché dell’IRAP (ove dovuta).

SOGGETTI AMMESSI AL RAVVEDIMENTO SPECIALE

L’art. 12-ter del D.L. 17 giugno 2025, n. 84, in corso di conversione in legge (), ha introdotto per i soggetti ISA che aderiscono al CPB per gli anni 2025/2026 la possibilità di accedere, per gli anni dal 2019 al 2023, ad un ravvedimento “speciale” con effetti preclusivi in termini di accertamento. Il ravvedimento “speciale” si perfeziona mediante il pagamento di una imposta sostitutiva ai fini delle imposte dirette, relative addizionali e dell’IRAP (). Al contribuente è data la possibilità di accedere al ravvedimento per tutti, o anche solo per uno, dei periodi d’imposta dal 2019 al 2023. In particolare, i soggetti ammessi al ravvedimento “speciale” sono individuati nei:

 soggetti ISA che hanno aderito entro il 30 settembre 2025al CPB per gli anni 2025/2026

 i soggetti con ricavi/compensi fino a 5.164.569 euro, che non determinano il reddito con criteri forfetari e che, anche per una delle annualità comprese tra il 2019 e il 2023, hanno dichiarato:

1. una delle cause di esclusione ISA correlata al COVID-19 introdotte con i DM in attuazione dell’art. 9-bis, comma 7 del DL n. 50/2017 e dell’art. 148 del DL n. 34 del 2020;

2. la sussistenza di una condizione di non normale svolgimento dell’attività ai sensi dell’art. 9-bis, comma 7, del DL n. 50/2017;

3. una causa di esclusione dagli ISA correlata all’esercizio di due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo ISA, qualora l’importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall’ISA relativo all’attività prevalente superi il 30% dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati (in breve: causa di esclusione legata all’esercizio di multiattività).

MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA DOVUTA

È dovuta distintamente per ogni annualità un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali e, laddove applicabile, un’imposta sostitutiva dell'IRAP. SEGUE ›››

La base imponibile delle imposte sostitutive è pari al reddito d'impresa o di lavoro autonomo e al valore della produzione netta già dichiarato per ciascuna annualità, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 84/2025, moltiplicato per il:

1. 5%, per i soggetti con punteggio ISA pari a 10;

2. 10%, per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 8 e inferiore a 10;

3. 20%, per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 6 e inferiore a 8;

4. 30%, per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 4 e inferiore a 6;

5. 40%, per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 3 e inferiore a 4;

6. 50%, per i soggetti con punteggio ISA inferiore a 3;

7. 25%, per i soggetti che hanno dichiarato una delle cause di esclusione dagli ISA sopra analizzate.

Ad esempio, per un contribuente che ha dichiarato nel 2020 un reddito d’impresa pari a 30.000 euro e presenta un punteggio ISA di “5”, la base imponibile per il calcolo dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e addizionali è pari a 9.000 euro (30% di 30.000 euro).

Sulla base imponibile come sopra determinata, va applicata l’aliquota dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali anch’essa differenziata a seconda del livello di affidabilità fiscale ottenuto nel singolo periodo d’imposta oggetto di ravvedimento:

1. 10%, se il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 8;

2. 12%, se il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 6, ma inferiore a 8;

3. 15%, se il livello di affidabilità fiscale è inferiore a 6;

4. 12,5%, se è stata dichiarata una delle cause di esclusione dagli ISA rilevante ai fini in oggetto.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’IRAP, indipendentemente dal punteggio ISA, è sempre pari al 3,9%.

Per l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali è previsto il versamento di un importo minimo di 1.000 euro per ciascuna annualità, nessun versamento minimo è, invece, stato stabilito per l’IRAP.

Le imposte sostitutive dei redditi e delle addizionali e dell’IRAP sono diminuite del 30%:

 per i periodi d'imposta 2020 e 2021 in considerazione della pandemia COVID-19;

 la medesima riduzione è applicabile anche nei casi in cui il contribuente non abbia applicato gli ISA in relazione ad una delle tre cause indicate al § 1 ad eccezione di quella legata all’esercizio di multiattività.

A titolo di esempio:

1. se un contribuente nel 2020 non ha applicato l’ISA a seguito di una causa di esclusione dovuta al COVID o ha applicato normalmente l’ISA, ridurrà l’imposta dovuta di un 30%;

2. se nel 2020 non ha applicato l’ISA in quanto escluso perché impresa multiattività, la citata riduzione non si rende applicabile;

3. se nel 2022 non ha applicato l’ISA in quanto il contribuente non si trovava in un normale periodo di svolgimento dell’attività, la riduzione del 30% è applicabile.

PRECLUSIONI IN TERMINI DI ACCERTAMENTO

Il principale vantaggio che deriva al contribuente dall’adozione del ravvedimento “speciale” consiste, per le annualità per le quali le imposte sostitutive sono regolarmente versate, nella preclusione delle rettifiche del reddito d'impresa o di lavoro autonomo di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 (accertamento di natura: analitico, analitico-in-

SEGUE ›››

duttivo e induttivo “puro”) e quelle ai fini dell’IVA di cui all’art. 54, comma 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972 (di accertamento di natura analitico-induttivo, ossia basate su presunzioni semplici).

Tale preclusione, tuttavia, viene meno qualora ricorra uno dei seguenti casi:

 intervenuta decadenza dal CPB;

 applicazione di una misura cautelare, personale o reale, ovvero notifica di un provvedimento di rinvio a giudizio per uno dei reati tributari di cui al D.lgs. n. 74/2000, diversi da quelli di dichiarazione infedele (art. 4), di omesso versamento di ritenute (art. 10-bis) e di IVA (art. 10-ter) e di indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1), nonché per i reati di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.), riciclaggio (art. 648bis c.p.), impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.) e autoriciclaggio (art. 648-ter 1 c.p.), commessi nel corso degli anni d’imposta dal 2019 al 2023;

 mancato perfezionamento del ravvedimento per decadenza dalla rateazione;

 dichiarazione infedele della causa di esclusione dagli ISA indicate al paragrafo 1.

CAUSE OSTATIVE AL RAVVEDIMENTO SPECIALE

Il regime speciale di ravvedimento non si perfeziona se il versamento, in unica soluzione o della prima rata delle imposte sostitutive, è successivo alla notifica di processi verbali di constatazione o di schemi di atto di accertamento, di cui all’art. 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti.

TERMINI E MODALITÀ DI VERSAMENTO

Il versamento delle imposte sostitutive è effettuato tra il 1° gennaio 2026 e il 15 marzo 2026 in un’unica soluzione oppure in un massimo di 10 rate mensili di pari importo maggiorate di interessi calcolati al tasso legale con decorrenza dal 15 marzo 2026. Quindi, è importante evidenziare che l’accesso alla sanatoria sarà possibile solo a partire dal 1° gennaio 2026 e fino al 15 marzo 2026, considerato che solo in questo periodo sarà possibile effettuare i versamenti necessari per bloccare l’effetto di possibili accertamenti sulle annualità ravvedibili (dal 2019 al 2023).

In caso di pagamento rateale, l'opzione, per ciascuna annualità, si perfeziona mediante il pagamento di tutte le rate.

In caso di mancato pagamento di una delle rate, diverse dalla prima, entro il termine di pagamento della rata successiva si verifica la decadenza dal beneficio della rateazione. Non si fa comunque luogo al rimborso delle somme versate a titolo di imposta sostitutiva in ipotesi di decadenza dalla rateizzazione. Il versamento delle imposte sostitutive relative alle imposte dirette e addizionali, in luogo dei singoli soci ed associati, può essere effettuato direttamente dalla società o associazione professionale di cui all’art. 5 del TUIR o dalle società di capitali che hanno optato per la trasparenza fiscale ai sensi degli artt. 115 e 116 del TUIR.

PROROGA DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO

Il comma 17 dell’art. 12-ter del Decreto legge in oggetto, prevede che gli aderenti al CPB per il biennio 2025/2026 che adottano per una o più annualità (tra i periodi d’imposta dal 2019 al 2022) il regime di ravvedimento “speciale”, i termini di decadenza per l'accertamento di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relativi all'annualità oggetto di ravvedimento, sono prorogati al 31 dicembre 2028.

In ogni caso, i soggetti ISA aderenti al CPB, i termini di decadenza per l'accertamento, di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in scadenza al 31 dicembre 2025 sono prorogati al 31 dicembre 2026.

SEGUE ›››

Si segnala che il Governo, in risposta ad una interrogazione parlamentare (5-03163 del 27 novembre 2024), in relazione alla precedente normativa, ha precisato che i soggetti che applicano gli ISA e che aderiscono al CPB 2024/2025, se per il periodo d’imposta 2018 hanno beneficiato del regime premiale ISA che ha comportato la riduzione di un anno dei termini di accertamento, i termini di decadenza per l'accertamento relativo al periodo d'imposta 2018 sono scaduti il 31 dicembre 2023. Pertanto, tali termini non sono interessati da alcuna proroga.

Aggiornando le date, si giunge alla conclusione che chi ha beneficiato per il 2019 del regime premiale ISA che ha determinato la riduzione di un anno dei termini di accertamento, l’attività di accertamento per il citato anno (2019) era esperibile sino al 31 dicembre 2024 e, pertanto, la citata annualità non è soggetta alla proroga dei termini di accertamento al 31 dicembre 2028, prevista per coloro che aderiscono al ravvedimento “speciale”.

Sempre la medesima interrogazione precisava che “diversamente, in relazione al periodo d'imposta 2019, il cui termine di decadenza - per i medesimi contribuenti che, a seguito dell'applicazione degli ISA, hanno validamente ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale adeguato (livello di affidabilità almeno pari a 8) - scadrebbe il 31 dicembre 2024, si applica, se aderenti al CPB, l'ultimo periodo del richiamato comma 14 dell'articolo 2-quater, in base al quale i termini di decadenza sono prorogati al 31 dicembre 2025. Tale proroga opera indipendentemente dal fatto che il contribuente abbia scelto di ravvedersi ex articolo 2-quater in relazione al già citato periodo d'imposta 2019”. In tal caso, sulla base della nuova normativa, chi aderisce al CPB 2025/2026, se per l’anno 2019 ha raggiunto un punteggio ISA che permette l’applicazione del regime premiale relativo alla riduzione di un anno dei termini di accertamento, i termini di accertamento per il citato anno (2019) sono scaduti il 31 dicembre 2024 e, pertanto, il contribuente non è interessato dalla proroga generalizzata dei termini al 31 dicembre 2026 per coloro che aderisco al CPB 2025/2026.

MESSA A DISPOSIZIONE DEI CONTRIBUENTI DI UN PROSPETTO DI CALCOLO

La Confederazione è intervenuta nelle opportune sedi per richiedere, come avvenuto lo scorso anno, la messa a disposizione dei contribuenti, nei loro cassetti fiscali, di un prospetto con l’indicazione delle imposte dovute.

IRES PREMIALE: CONDIZIONI DI ACCESSO ALLA RIDUZIONE DI QUATTRO PUNTI DELL’ALIQUOTA

1. PREMESSA

È stato pubblicato sulla G.U. del 18 agosto 2025 il DM 8 agosto 2025 con il quale sono state definite le disposizioni attuative della c.d. IRES premiale di cui all’art. 1 commi 436-444 della L. n. 207/2024, che consente una riduzione di quattro punti percentuali dell’aliquota IRES, dal 24 al 20%, per il solo 2025, a favore delle imprese che effettuano investimenti rilevanti.

Il DM sopra citato illustra le modalità per accedere al regime premiale precisando in maniera puntuale chi sono i soggetti che possono beneficiare dell’agevolazione e le condizioni che occorre soddisfare.

In particolare, la riduzione dell’aliquota IRES spetta al ricorrere di determinate condizioni riguardanti:

• la patrimonializzazione delle società,

• il realizzo di investimenti “rilevanti”,

• un incremento occupazionale,

• nonché la mancata fruizione di alcuni ammortizzatori sociali.

2. I SOGGETTI

BENEFICIARI

DELL’AGEVOLAZIONE (articolo 3)

L’articolo 3, del DM 8 agosto 2025 disciplina l’ambito soggettivo di applicazione della riduzione dell’aliquota IRES. In particolare, al comma 1 sono individuati i soggetti che possono accedere all’agevolazione in argomento. Detti soggetti sono:

 le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato [art. 73, comma 1, lettera a), del TUIR];

 gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali [art. 73, comma 1, lettera b), del TUIR];

 le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane [art. 73, comma 1, lettera d), del TUIR].

Inoltre, sono ammessi nell’ambito di applicazione dell’agevolazione gli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, limitatamente al reddito d’impresa derivante dall’attività commerciale da essi eventualmente svolta (da determinare in base ai dati e alle informazioni risultanti dalla contabilità separata tenuta in base alle disposizioni di cui all’articolo 144 del TUIR).

3. I SOGGETTI ESCLUSI DALL’AGEVOLAZIONE (articolo 3)

Sono escluse dall’agevolazione le società e gli enti che nel periodo d’imposta successivo a quello incorso al 31 dicembre 2024 sono:

 in liquidazione ordinaria,

 in stato di liquidazione giudiziale (fallimento)

 o abbiano fatto ricorso ad altri istituti di risoluzione della crisi di impresa di natura liquidatoria di cui al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

La Relazione illustrativa al provvedimento chiarisce, in altri termini, che sono escluse dalla fruizione del beneficio le società o gli enti sottoposti alle procedure di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, al concordato preventivo, al concordato minore, al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25-sexies del d. lgs. n. 14/2019, e gli stessi soggetti che hanno sottoscritto, nel medesimo periodo d’imposta, gli accordi o piani di ristrutturazione dei debiti soggetti ad omologazione da cui discenda l’estinzione dell’impresa o la cessazione dell’attività.

Possono, invece, fruire del beneficio i soggetti che si trovano in una procedura che abbia finalità di “risanamento”. Nella Relazione citata si evidenzia che la differenza di trattamento tra tali soggetti deriva dalla considerazione che il beneficio della riduzione dell’aliquota IRES, richiedendo nuovi investimenti, presupponga la piena operatività delle imprese.

Sono altresì esclusi i soggetti che determinano, in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31dicembre 2024, il proprio reddito imponibile anche parzialmente sulla base di regimi forfetari. le società che svolgono le attività per le quali hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 155 del TUIR (c.d. “Tonnage tax”);

Sono invece ammessi all’agevolazione in argomento soggetti che hanno aderito al concordato preventivo biennale (CPB), di cui agli articoli da 6 a37 del D.lgs. n. 13/2024: ad essi spetta la riduzione dell’aliquota IRES da applicare sul reddito concordato, non essendo - tale ultima modalità di determinazione del reddito - assimilabile a un regime forfetario. Tuttavia, in caso di opzione per l’applicazione dell’imposta sostituiva di cui all’articolo 20-bis del d.lgs. n. 13/2024, la riduzione dell’aliquota IRES, in presenza dei requisiti richiesti, si applica solo alla quota di imponibile assoggettata all’aliquota di cui all’articolo 77 del TUIR.

SEGUE ›››

4. CONDIZIONI DI ACCESSO

Come anticipato in premessa le condizioni da rispettare per accedere alla riduzione dell’aliquota IRES sono in sintesi quelle relative:

• all’accantonamento dell’utile,

• all’effettuazione degli investimenti rilevanti,

• all’incremento occupazionale,

• all’assenza della fruizione della cassa integrazione guadagni.

4.1 L’accantonamento degli utili (articolo 4)

I soggetti beneficiari possono usufruire dell’agevolazione a condizione che effettuino congiuntamente:

a) l’accantonamento in “un’apposita riserva” di una quota non inferiore all’80 per cento dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024;

b) la destinazione di un ammontare non inferiore al 30 per cento dell’utile accantonato- e, comunque, non inferiore al 24 per cento dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 - alla realizzazione di investimenti rilevanti.

Pertanto, i soggetti che non hanno realizzato un utile nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 non potranno accedere all’agevolazione.

Inoltre, è introdotta una presunzione in base alla quale l’utile relativo all’esercizio in corso al 31dicembre 2024 si considera accantonato “ad apposita riserva” se destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci in sede di approvazione del bilancio. A tal fine anche eventuali acconti sui dividendi si considerano non accantonati. In base al dettato dell’articolo 4, comma 2, costituisce utile accantonato l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 accantonato a qualsiasi riserva, destinata alla copertura delle perdite di esercizi precedenti e/o portato a nuovo. La Relazione illustrativa al riguardo precisa che il vincolo fiscale è apposto alle riserve costituite o incrementate mediante destinazione dell’utile relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 (al netto della quota parte di tale utile destinata a copertura di perdite di esercizi precedenti), a prescindere dalla “disponibilità” delle stesse e senza distinguere la quota parte di utile accantonata “spontaneamente” dalla quota parte di utile la cui destinazione a riserva deriva da una disposizione di legge o statutaria. È inoltre sottoposto al vincolo fiscale anche l’utile destinato ad aumento di capitale.

La Relazione specifica con riferimento alla riduzione dell’aliquota IRES, che la presenza di vincoli civilistici (indisponibilità o non distribuibilità) sulle riserve, in conclusione, non osta all’apposizione di un diverso vincolo avente natura esclusivamente fiscale.

Tuttavia, un’eventuale delibera di approvazione del bilancio con la quale è distribuita ai soci una quota dell’utile realizzato nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 tale da superare, unitamente a eventuali acconti sui dividendi, il 20 per cento del medesimo utile, diviene l’unica ipotesi in cui viene a mancare la condizione di accesso alla riduzione dell’aliquota IRES.

Pertanto, l’individuazione dell’aggregato “utile accantonato” determina la soglia minima degli investimenti rilevanti ai fini dell’accesso alla riduzione dell’IRES.

L’altra condizione rappresentata dall’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, invece, costituisce esclusivamente un parametro atto a definire un ulteriore importo minimo degli investimenti agevolabili, con la conseguenza che l’utile realizzato in tale esercizio può essere considerato, ai fini dell’agevolazione in esame, anche se già distribuito. Pertanto, ai fini dell’accesso al beneficio non è necessario che nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 sia realizzato un utile. Il beneficio potrà infatti essere fruito da soggetti in perdita nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, qualora rispettino le altre condizioni e destinino all’acquisizione di investimenti rilevanti il 30% dell’utile accantonato nell’esercizio successivo (che deve a sua volta essere pari ad almeno l’80% di quello realizzato in tale esercizio).

SEGUE ›››

Nella Relazione illustrativa viene sottolineato che il principio in base al quale si considerano, ai fini fiscali, prioritariamente utilizzate a copertura perdite le riserve (o quote di esse) diverse da quelle formate con l’utile accantonato nel 2024 deve valere anche qualora, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, l’utile di periodo sia utilizzato a copertura perdite in luogo di altre riserve di utili presenti in bilancio (articolo 7 del DM in argomento).

5 GLI INVESTIMENTI RILEVANTI (articolo 5)

L’articolo 5 del DM 8 agosto 2025 disciplina la condizione di accesso relativa agli investimenti rilevanti che dovranno essere realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2025 ed entro la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (entro il 31 ottobre 2026 per i soggetti cosiddetti “solari” ossia coloro con l’esercizio coincidente con l’anno solare).

Per espressa previsione normativa, il termine per la realizzazione degli investimenti rilevanti si determina avendo riguardo a un periodo d’imposta pari a 12 mesi nel caso in cui l’esercizio ha durata superiore.

5.1 Nozione di investimenti rilevanti

Costituiscono investimenti rilevanti quelli che hanno per oggetto:

a) i beni compresi negli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;

b) i beni di cui all’articolo 38, commi 4, secondo periodo, e 5, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, se acquisiti nell’ambito dei progetti di innovazione che consentono di conseguire una riduzione dei consumi energetici.

Si tratta, in sintesi, dei:

• beni materiali e immateriali, oggetto del credito di imposta Industria 4.0

• beni materiali e immateriali, oggetto del credito di imposta transizione 5.0.

Gli investimenti rilevanti riguardano, quindi, i beni di cui ai piani cosiddetti di “Transizione 4.0 e 5.0”, con la conseguenza che gli stessi devono rispettare le condizioni che disciplinano i relativi crediti di imposta.

5.1.1

Il requisito della riduzione dei consumi energetici

Oltre al requisito di cui sopra, nel caso di investimenti di cui alla lettera b) sopra descritta occorre conseguire una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale cui si riferisce il progetto di innovazione, non inferiore al 3 per cento o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5 per cento, nel periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione del bene rispetto al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024.

Si tratta dei beni assimilati agli intangibles di cui all’allegato B della legge n. 232 del 2016, nonché dei beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo con le caratteristiche espressamente disciplinate nel comma 5 dell’articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 (ossia quei beni ammessi al credito d'imposta transizione 5.0 finalizzati all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all'autoconsumo, anche a distanza e alla realizzazione degli impianti fotovoltaici).

Non rientrano tra gli investimenti rilevanti, invece, le spese di formazione del personale di cui all’articolo 38, comma 5, del decreto-legge2 marzo 2024, n. 19, poiché non rappresentano “beni”.

5.1.2

Il requisito della interconnessione

Per espressa previsione normativa i beni di cui sopra alla lettera a) devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

Al riguardo la Relazione illustrativa precisa che valgono, ove compatibili, le considerazioni emerse dai documenti di prassi emanati dall’Agenzia delle entrate in materia di crediti d’imposta per i piani di “Transizione 4.0”. Pertanto, i beni acquisiti dovranno avere, sin dalla loro origine e prima della loro messa in funzione, quelle caratteristiche tecnologiche che consentano loro l’interconnessione, la quale ultima potrà anche avvenire successivamente, dopo che l’impresa si sia dotata o abbia adeguato i sistemi informatici ai quali i beni dovranno interconnettersi. Tale interconnessione, ancorché successiva, costituendo il requisito fondamentale alla base del beneficio, dovrà permanere per un periodo di tempo superiore alla metà del periodo di sorveglianza entro cui è possibile applicare la c.d. “recapture rule”.

5.2 Nozione di investimenti realizzati

Gli investimenti si considerano realizzati in base alle regole generali della competenza (data di consegna o stipulazione) previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR. Detti criteri rilevano anche per i soggetti che applicano la derivazione rafforzata e, dunque, a tal fine, non rilevano i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle microimprese che non hanno rinunciato alle semplificazioni, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile. Per i beni acquisiti mediante contratto di leasing finanziario, con riferimento alla determinazione del momento di effettuazione dell’investimento, in applicazione dei principi di cui al citato articolo 109 del TUIR, rileva il momento in cui il bene viene consegnato, ossia quando entra nella disponibilità del locatario.

Il costo, ai fini del calcolo degli investimenti rilevanti, deve essere determinato secondo i criteri ordinari stabiliti per l’individuazione del costo dei beni ai fini fiscali dall’articolo 110, comma1, lettere a) e b), del TUIR, includendo, dunque, anche gli oneri accessori di diretta imputazione. Al riguardo secondo dottrina (), riferendosi a precedenti interpretazioni dell’Agenzia delle entrate (circolare n. 4/E/2017), la quantificazione del costo dovrebbe effettuarsi al lordo di eventuali contributi in conto impianti ottenuti tramite i crediti di imposta 4.0 e 5.0.

5.3 Nozione di investimento minimo

Il comma 5 dell’articolo 5 del Decreto ministeriale 8 agosto 2025 dispone che l’ammontare minimo degli investimenti rilevanti è determinato in misura pari al maggiore dei seguenti importi:

a) 30% dell’utile accantonato a riserva come precisato nell’articolo 4 del medesimo decreto ossia (80% dell’utile di esercizio 2024);

b) 24% dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023;

c) 20.000 euro.

L’articolo 5, comma 6, del Decreto ministeriale prevede tuttavia che, se tra il 1° gennaio 2025 e la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, si rende necessario sostituire uno o più beni oggetto degli investimenti rilevanti, rileva il costo dell’investimento sostitutivo.

Ai fini del rispetto della condizione della soglia minima degli investimenti agevolabili, la Relazione illustrativa afferma che si terrà conto del costo di acquisizione dell’investimento sostitutivo.

Tuttavia, il comma 6 citato richiama anche il rispetto della disciplina contenuta nell’articolo 1, comma 35, lettere a) e b) della legge n. 205/2017 in merito ai cosiddetti investimenti sostitutivi.

La Relazione illustrativa precisa che, qualora si proceda con la sostituzione dei beni in oggetto degli investimenti rilevanti e fermi restando i requisiti indicati nelle sopra citate disposizioni della legge n. 205/2017, non si perde l’agevolazione in argomento ai sensi del successivo articolo 7 - cause di decadenza, comma 3, lett.a) del DM.

Pertanto, la società:

a) sostituisce il bene originario con un bene strumentale nuovo con caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle a quelle previste dall'allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;

SEGUE ›››

b) attesta l'effettuazione dell'investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell'interconnessione secondo le regole previste dall'articolo 1, comma 11, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 nonché la riduzione dei consumi energetici nei casi previsti dall’articolo 5, comma 3, secondo periodo del DM medesimo. Infine, l’articolo 5, comma 7 del DM, dispone che per gli enti non commerciali che acquisiscono beni ad uso “promiscuo” utilizzati sia per l’attività istituzionale sia per quella commerciale, l’importo degli investimenti rilevanti si determina in proporzione al rapporto tra l’ammontare di ricavi e altri proventi derivanti dall’attività commerciale e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

La Relazione illustrativa al provvedimento precisa da ultimo che, con riferimento all’articolo 5, ai fini della verifica dei requisiti tecnici degli investimenti rilevanti, si rinvia alle disposizioni di attuazione delle norme di cui all’articolo 1, commi da 1056 a 1058-bis, della L. n. 178/2020 (Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali), e all’articolo38, del D.L. n. 19/2024 (Transizione 5.0) (decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 24 luglio 2024).

6. CONDIZIONI DI ACCESSO RELATIVA ALLA BASE OCCUPAZIONALE (articolo 6)

Nell’articolo 6 del Decreto ministeriale 8 agosto 23025 sono definite le modalità con cui operano le condizioni di accesso relative all’esistenza di incrementi occupazionali per le imprese che intendono fruire del beneficio in esame, nonché sono individuati gli ammortizzatori sociali che, qualora utilizzati dai medesimi soggetti, non consentono l’accesso alla riduzione dell’aliquota IRES. L’articolo 1, comma 437, della legge di Bilancio 2025 prevede, infatti, ulteriori requisiti per l’accesso all’agevolazione riguardanti il personale dipendente occupato nelle società ed enti beneficiari della riduzione dell’aliquota IRES.

Al riguardo la riduzione dell’aliquota spetta a condizione che: a) nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024:

1) il numero di unità lavorative per anno (ULA)non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente;

2) siano effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato che costituiscano incremento occupazionale ai sensi dell’articolo 4 (Maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni) del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216 (), in misura pari almeno all’1 per cento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, comunque, in misura non inferiore a un lavoratore dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

b) l’impresa non abbia fatto ricorso all’istituto della cassa integrazione guadagni nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo, ad eccezione dell’integrazione salariale ordinaria corrisposta nei casi di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 ().

6.1

Nuove assunzioni

Con riguardo alla lettera a), n. 1), la Relazione illustrativa al provvedimento conferma quanto prevede l’articolo 6, comma 2, del DM riguardo alla verifica che va effettuata confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno dell’ultimo mese del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 con il numero medio dei trentasei mesi precedenti dei predetti lavoratori, “escludendo dalla base occupazionale media i lavoratori che nel periodo di riferimento abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro o licenziamento per giusta causa”.

Con riguardo al calcolo del numero di unità lavorative (ULA) per annodi cui all’art. 31, co. 1, lett. f), del D.lgs. n. 150/2015, in considerazione delle caratteristiche della riduzione dell’aliquota IRES e della circostanza per cui la misura agevolativa si applica esclusivamente per un periodo d’imposta (quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024), viene precisato nella Relazione illustrativa che per esigenze di semplificazione non si tiene conto dei dati riferibili all’impresa “unica”.

SEGUE ›››

Con riguardo alla condizione di cui alla lettera a) n. 2), la Relazione illustrativa ricorda che per gli enti non commerciali, la maggiorazione spetta per le assunzioni dei lavoratori a tempo indeterminato impiegati nell’esercizio dell’attività commerciale, a condizione che risultino da separata evidenza contabile, come, peraltro, stabilito nel decreto interministeriale del 24 giugno 2024 recante la disciplina sulla “Maggiorazione del costo del lavoro ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni”.

All’articolo 6, comma 3, del DM, viene precisato che l’incremento occupazionale deve essere determinato sulla base delle disposizioni di cui all’art. 4, commi da 1 a 6, del D.M. interministeriale del 25 giugno 2024.

Nella Relazione illustrativa viene evidenziato che si rende necessario, dunque, verificare se l’incremento occupazionale e l’incremento occupazionale complessivo (cfr. definizione di cui all’articolo 1, lettere h) e i), del medesimo decreto interministeriale) rispettino le condizioni contenute nel comma 437 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2025, ossia, se risultino superiori (o uguali) all’1 per cento e, comunque, non diano un risultato numerico inferiore a 1 (lavoratore dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato).

Inoltre, viene precisato che ai fini della condizione di un incremento occupazionale non si tiene conto delle regole di determinazione degli incrementi occupazionali nell’ambito di un gruppo di imprese che sono, invece, disciplinate nel successivo comma 7 del citato articolo 4. La scelta deriva dalle medesime ragioni indicate in relazione al calcolo della variazione delle ULA, ed è dettata, quindi, da motivi di semplificazione e dalla limitata vigenza della misura agevolativa.

Da ultimo viene precisato che il calcolo deve essere operato avendo riguardo alla variazione dei lavoratori dipendenti tra il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 e il numero di lavoratori dipendenti mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente.

6.2 Condizione di non aver fruito di ammortizzatori sociali

Tra le condizioni di accesso al beneficio, è posta quella relativa alla necessità che i soggetti potenzialmente beneficiari della misura non abbiano fruito degli “ammortizzatori sociali” nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo.

Al riguardo il comma 4 dell’articolo 6 del DM considera esclusivamente la fruizione dell’istituto della cassa integrazione guadagni ordinaria (CIG) di cui agli artt. da 9 a 16 del D.lgs. n. 148/2015 ad eccezione dell’integrazione salariale ordinaria corrisposta nei casi di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo, ossia in situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali. Ne consegue, secondo quanto evidenziato nella Relazione illustrativa che il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria in caso di situazioni temporanee di mercato (di cui all’art. 11, lett. b) del citato Decreto legislativo n. 148/2015, qualora effettuato in uno dei due periodi d’imposta di cui si compone il “periodo di osservazione”, non consente l’accesso alla riduzione dell’aliquota IRES.

7. CAUSE DI DECADENZA (articolo 7)

L’articolo 1, comma 438 della legge di Bilancio 2025 disciplina i casi di decadenza dal beneficio con conseguente recupero dello stesso.

La decadenza si verifica:

a) nel caso in cui la quota di utile accantonata, non inferiore all’80% degli utili realizzati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024, sia distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024;

b) nel caso in cui i beni oggetto di investimento siano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati stabilmente a strutture produttive localizzate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento. SEGUE ›››

L’articolo 7, comma 1, lettere a) e b) del DM 8 agosto 2025 richiama, rispettivamente, le sopra citate cause di decadenza.

7.1 Distribuzione di utili

La Relazione illustrative precisa che l’utile accantonato non inferiore all’80% degli utili realizzati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 è sottoposto ad un vincolo di natura meramente fiscale.

Il decreto ministeriale prevede, infatti, che per motivi di semplificazione, qualora l’accantonamento dell’utile, operato dalle società o dagli enti, relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 sia superiore alla soglia minima dell’80 per cento il vincolo fiscale è limitato all’80 per cento, ossia alla quota minima da accantonare per l’accesso alla misura agevolativa (unitamente alle altre condizioni di accesso), con la conseguenza che eventuali distribuzioni di utili, che riducono la quota dell’utile accantonato fino alla predetta soglia minima, non determinano il verificarsi della causa di decadenza di cui all’art. 7, comma 1, lettera a) del DM 8 agosto 2025.

Resta fermo, secondo la Relazione illustrativa, l’ammontare degli investimenti rilevanti, invece, deve essere parametrato all’effettivo accantonamento dell’utile realizzato al lordo dell’eventuale distribuzione.

Il successivo comma 2 dell’articolo 7 prevede che al fine di monitorare l’ammontare complessivo delle riserve costituite o incrementate con gli utili accantonati sottoposti al vincolo fiscale, nonché quelli utilizzati a copertura perdite, gli importi vincolati e le loro eventuali variazioni devono essere distintamente indicati in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi per ciascuna voce del patrimonio netto [comma 2, lett.a)].

Alla lettera b) è stabilita la presunzione che, ai fini fiscali, si considerano prioritariamente utilizzate a copertura perdite le riserve (o quote di esse) diverse da quelle costituite o incrementate con l’utile accantonato ad apposita riserva ai sensi dell’articolo 4, comma 2 del Decreto ministeriale in argomento.

7.2 Decadenza dall’agevolazione in caso di disinvestimento

Con riguardo ai beni oggetto degli investimenti rilevanti, la Relazione illustrativa precisa che, per la consueta assimilazione del contratto di leasing finanziario all’acquisto del bene in proprietà, nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di locazione finanziaria, la cessione del contratto di leasing durante il periodo di osservazione è assimilata all’estromissione dei beni dalla struttura produttiva.

Il comma 3, lettera b), identifica, per ragioni di semplificazione, una presunzione in base alla quale si considerano destinati stabilmente a strutture produttive localizzate all’estero i beni il cui utilizzo avviene all’estero per la maggior parte di ciascun periodo d’imposta a partire da quello di acquisizione degli stessi beni. Tale periodo, naturalmente, va ragguagliato negli esercizi di acquisizione e di estromissione del bene.

7.3 Recupero dell’agevolazione

Nella Relazione illustrativa del provvedimento, si precisa che l’attivazione della causa di decadenza genera la perdita integrale del beneficio. D’altronde, la causa di decadenza opera nel momento in cui non sono rispettate le condizioni minime richieste per l’accesso al beneficio. Pertanto, qualora si verifichi una causa di decadenza, il soggetto beneficiario è tenuto a versare la differenza d’imposta risultante dalla rideterminazione dell’aliquota, applicando quella ordinaria. Il versamento deve essere effettuato entro il termine previsto per il saldo dell’imposta sui redditi relativa al periodo d’imposta in cui si è verificata la causa di decadenza (articolo 7, comma 4).

8. OPZIONE PER LA TRASPARENZA

In caso di opzione per la trasparenza fiscale di cui all’articolo 115 del TUIR, l’articolo 9 del DM prevede che l’importo su cui spetta l’aliquota IRES ridotta, determinato dalla società partecipata, “è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili”, in linea con quanto disposto dal comma 441 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2025.

SEGUE ›››

I requisiti di accesso al beneficio in esame, in tale ipotesi, devono sussistere in capo alla società partecipata con la conseguenza che il reddito dalla stessa prodotto viene attribuito ai soci con la “qualifica” di reddito ad aliquota IRES ridotta (comma 1) proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili.

Il successivo comma 2 detta una regola generale in base alla quale, in presenza di un reddito imputato dalla partecipata per il quale spetta la riduzione dell’aliquota IRES, se il socio non ha la possibilità di accedere al regime agevolativo in esame ed ha conseguito delle perdite fiscali nei periodi d’imposta precedenti.

Da ultimo, il comma 3, stabilisce che il socio deve rideterminare il reddito attribuito con applicazione dell’aliquota ordinaria IRES, nel caso in cui si verifichino le cause di decadenza in relazione alla società partecipata che ha optato per la trasparenza fiscale di cui all’articolo 115 del TUIR. Anche in tale caso, il versamento deve essere operato “entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le cause di decadenza di cui all’articolo7, nei limiti dell’importo trasferito dalla partecipata ...”.

Infine, la Relazione, in considerazione dell’ambito soggettivo, segnala che sono evidentemente esclusi dall’agevolazione i soci delle società che optano per il regime della trasparenza di cui all’articolo 116del TUIR nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.

9. OPERAZIONI DI RIORGANIZZAZIONE AZIENDALE (articolo 11)

L’articolo 11 del DM 8 agosto 2025 disciplina le operazioni di riorganizzazione aziendale poste in essere successivamente alla fruizione dell’agevolazione dell’IRES, delineandone gli effetti:

• sul calcolo della riduzione dell’aliquota IRES,

• sui requisiti di accesso al regime,

• sulle cause di decadenza.

La Relazione illustrativa del provvedimento chiarisce che, in linea generale, l’intero articolo 11 del DM in argomento detta regole specifiche in modo da salvaguardare le operazioni perle quali vige il principio di neutralità fiscale evitando di penalizzare o di favorire, nella fruizione della riduzione dell’aliquota IRES, i soggetti coinvolti in dette operazioni. In tale ottica, pur nel rispetto del principio di successione insito in tali operazioni, sono declinate le regole, sottese alla fruizione del beneficio, atte a determinare l’importo del beneficio, in linea di massima, come se le operazioni non fossero state effettuate.

10. CUMULO CON ALTRE AGEVOLAZIONI (articolo12)

L’articolo 12 disciplina gli effetti del cumulo tra la riduzione dell’aliquota IRES e altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, quali, ad esempio, i crediti d’imposta collegati ai piani cc.dd.di “Transizione 4.0 e 5.0”. Il comma 1, in particolare, stabilisce che il beneficio della riduzione dell’aliquota IRES - identificabile con il valore che assume il decremento del “teorico” debito tributario IRES, in considerazione della riduzione di quattro punti percentuali dell’aliquota di cui all’articolo 77 del TUIR - spetta nei limiti del costo sostenuto rimasto a carico dell’impresa per gli investimenti rilevanti ai sensi dell’articolo 5del decreto ministeriale. Per quanto concerne i citati crediti d’imposta, giova, inoltre, ricordare che restano ferme le regole di “cumulo” definite dalle singole discipline agevolative, indicate sia nell’articolo 1, comma 1059, della legge n. 178 del 2020 sia all’articolo 38, comma 18, del decreto-legge n. 19 del 2024, le quali richiedono di tener conto anche della “non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive” delle misure in esame.

12. ALTRE DISPOSIZIONI (articolo 13)

Infine, l’articolo 13 reca norme applicative e di coordinamento fiscale, disciplina l’applicazione del beneficio in argomento, prevedendo:

SEGUE ›››

• il ragguaglio ad anno per periodi d’imposta superiori a 12 mesi (comma 1).

• L’utilizzo ampliato delle perdite pregresse ossia la facoltà per i soggetti destinatari della norma agevolativa di computare le perdite fiscali, relative ai periodi d'imposta precedenti, in diminuzione dal reddito complessivo da assoggettare all'aliquota IRES ridotta (comma 2).

Pertanto, è consentito non compensare le perdite (mantenendole per i successivi esercizi) facendo così emergere un imponibile da assoggettare all'IRES premiale al 20%.

• L’esclusione di utili rideterminati dai benefici (comma 3).

La rideterminazione dell’utile e, conseguentemente del reddito relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, in sede di attività di controllo, non determina effetti:

- né sulle soglie dell’utile accantonato

- né su quelle degli investimenti rilevanti.

La disposizione stabilisce, altresì, per il periodo d’imposta successivo a quello incorso al 31 dicembre 2024(2025, per i soggetti "solari"), che il beneficio non è fruibile in relazione al maggior reddito imponibile determinato, a seguito di un’attività di controllo, ovvero, in sede di presentazione di dichiarazioni integrative, ancorché sussistano i requisiti e le condizioni di accesso previsti per l’applicazione della riduzione dell’aliquota IRES.

• L’applicazione delle disposizioni previste per le imposte sui redditi in relazione alla liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso.

››› CONSULENZA DEL LAVORO

a cura di Arianna Fabbri

Lavoro e Dimissioni del lavoratore

Le dimissioni rappresentano un atto fondamentale del diritto del lavoro, espressione della libertà individuale del prestatore di lavoro di interrompere un rapporto che, per sua natura, è fondato sul consenso reciproco. Ai sensi dell’art. 2118 del Codice Civile, il lavoratore può recedere unilateralmente dal contratto di lavoro in qualsiasi momento, con l’obbligo di rispettare il termine di preavviso, salvo il pagamento dell’indennità sostitutiva.

Nel corso degli anni, la disciplina delle dimissioni ha subito diversi interventi normativi volti a contrastare il fenomeno delle dimissioni "in bianco", ovvero precompilate dal datore di lavoro e fatte firmare al dipendente all’atto dell’assunzione. Per arginare questa pratica, il legislatore ha introdotto l’obbligo della procedura telematica, sancito dall’art. 26 del D.lgs. n. 151/2015. Da allora, per essere valide, le dimissioni devono essere presentate attraverso il portale messo a disposizione dal Ministero del Lavoro oppure tramite gli intermediari abilitati (patronati, consulenti del lavoro, etc.).

Tuttavia, non tutte le dimissioni devono seguire la procedura telematica. Il Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 12/2016, ha chiarito che sono escluse da tale obbligo alcune specifiche ipotesi, tra cui:

• le dimissioni del lavoratore domestico;

• le dimissioni della lavoratrice madre e del lavoratore padre durante i periodi tutelati;

• le dimissioni dei lavoratori marittimi;

• le dimissioni nel settore della Pubblica Amministrazione;

• le dimissioni durante il periodo di prova;

• le dimissioni rassegnate in sede protetta (art. 2113, c. 4 c.c.) come da esempio le dimissioni rassegnate da padri/madri durante i primi tre anni di vita del bambino oppure di donne entro un anno dal matrimonio.

Nuova sentenza della Cassazione nel caso di dimissioni in periodo di prova

Proprio questa fattispecie di dimissioni è stata recentemente oggetto di una importante pronuncia della Corte di Cassazione, destinata ad avere effetti significativi per lavoratori e aziende.

Con l’Ordinanza n. 24991 del 2025, la Suprema Corte ha riconosciuto al lavoratore il diritto di revocare le dimissioni anche se rassegnate durante il periodo di prova, a condizione che ciò avvenga entro 7 giorni dalla comunicazione.

SEGUE ›››

Il caso concreto

Il caso esaminato dalla Corte riguardava un lavoratore che, assunto con patto di prova, aveva rassegnato le dimissioni dopo appena un giorno di lavoro, per poi ripensarci e trasmettere, nei termini di legge, la revoca delle dimissioni tramite la procedura telematica. L’azienda, ritenendo che nel periodo di prova non trovasse applicazione la disciplina generale (né l’obbligo della forma telematica né la possibilità di revoca), rifiutava il reintegro del dipendente.

I giudici di legittimità hanno però dato pienamente ragione al lavoratore, stabilendo che:

• la facoltà di revoca delle dimissioni entro 7 giorni, prevista dall’art. 26, comma 2, del D.lgs. 151/2015, si applica anche alle dimissioni in prova;

• il fatto che la procedura telematica non sia obbligatoria in questa fase non esclude il diritto di revoca, che resta esercitabile nei termini di legge;

• le circolari amministrative, come la n. 12/2016 del Ministero del Lavoro, non hanno valore normativo e non possono introdurre limitazioni ai diritti dei cittadini né condizionare l’interpretazione del giudice.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le fonti secondarie non possono derogare alla legge, né tantomeno incidere su diritti soggettivi tutelati dall’ordinamento.

La procedura telematica, infatti, è stata introdotta per garantire la libertà e la genuinità della volontà del lavoratore. Ma tale finalità non viene meno nel caso delle dimissioni in prova, per le quali continua a valere il principio di libertà della forma, salvo diversa previsione contrattuale. L’utilizzo del modulo telematico, in questo caso, ha comunque consentito al lavoratore di dare certezza alla data della revoca, come richiesto dalla norma.

Di particolare rilievo è anche il richiamo alle tre sole ipotesi di esclusione dalla possibilità di revoca:

1. lavoro domestico;

2. dimissioni rassegnate in sede protetta;

3. lavoro nella pubblica amministrazione.

Poiché le dimissioni durante il periodo di prova non rientrano tra queste eccezioni, il diritto di revoca deve ritenersi pienamente operante.

Dimissioni per fatti concludenti

Di recente oltre alle dimissioni sopra citate, è stata introdotta dal “Collegato Lavoro” (Legge 3 luglio 2023, n. 85), la fattispecie della risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni desumibili da fatti concludenti.

Questa circostanza si verifica quando il lavoratore non manifesta formalmente la propria volontà di recedere, ma pone in essere comportamenti inequivocabili incompatibili con la prosecuzione del rapporto.

Secondo la norma, se un lavoratore si assenta ingiustificatamente oltre i termini previsti dal proprio CCNL, oppure, in mancanza di tali previsioni, oltre 15 giorni consecutivi, il rapporto di lavoro può considerarsi risolto automaticamente, senza necessità di dimissioni formali da parte del lavoratore.

Esempi di fatti concludenti possono essere: l’assenza ingiustificata prolungata dal lavoro; il rifiuto esplicito di riprendere servizio; l’abbandono del posto di lavoro senza comunicazione.

Sebbene non siano formalmente assimilabili alle dimissioni volontarie in senso stretto, questi comportamenti possono essere considerati dimissioni implicite se risultano chiari, univoci e privi di ambiguità.

Prima di considerare concluso il rapporto, il datore di lavoro deve comunicare l’assenza all’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL), che ha il compito di verificarne la veridicità.

La risoluzione automatica non sarà valida nei seguenti casi:

• Il lavoratore dimostra di non aver potuto comunicare per motivi oggettivi la causa della sua assenza;

• L’ITL accerta che la comunicazione dell’assenza da parte del datore di lavoro è falsa o inesatta.

In queste situazioni, l’ITL comunica l’inefficacia della risoluzione a entrambe le parti. Se il datore ha già trasmesso il modello Unilav di cessazione, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

Dimissioni: quando spetta la NASpI e quando è dovuto il ticket di licenziamento

Nel contesto della cessazione dei rapporti di lavoro, occorre distinguere le diverse modalità di dimissioni e fare attenzione alle loro conseguenze sia per il lavoratore (in termini di accesso alla NASpI) sia per il datore di lavoro (ticket di licenziamento).

La regola generale prevede che la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) spetti solo in caso di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, ma può spettare anche in caso di dimissioni, qualora ricorrano condizioni particolari:

Dimissioni per giusta causa

Il lavoratore si dimette per motivi gravi che non rendono possibile la prosecuzione del rapporto, come ad esempio: mobbing, molestie o comportamenti lesivi da parte del datore; mancato pagamento delle retribuzioni, trasferimento ingiustificato, etc.

Dimissioni durante il periodo tutelato per maternità/paternità

Sono considerati in periodo protetto:

• Le lavoratrici madri: per l'intero periodo della gravidanza e fino al compimento del primo anno di vita del figlio;

• I padri (a condizione che abbiano usufruito del congedo di paternità obbligatorio) nel periodo dalla nascita fino al compimento del primo anno di vita del bambino

• I padri in caso di affidamento esclusivo o di abbandono o morte e grave infermità della madre

Si fa presente che in questi casi le dimissioni non possono essere rassegnate liberamente come quelle ordinarie, ma la legge richiede una procedura speciale (in particolare una richiesta di convalida da parte del lavoratore presso l’Ispettorato del Lavoro competente) per evitare abusi o pressioni.

Risoluzione consensuale

Solo in due casi quando le parti decidono di risolvere consensualmente il contratto nell’ambito di una procedura di conciliazione obbligatoria si ha diritto alla disoccupazione ovvero:

• in caso di risoluzione consensuale avvenuta al termine di una procedura obbligatoria di conciliazione prevista per i lavoratori a tutela reale ai sensi dell’art.7 Legge 604/1966

• in caso di risoluzione consensuale derivata da un accordo dovuto ad un iniziale rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede distante più di 50 km dalla propria residenza, o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici.

In tutti i casi in cui al lavoratore spetta il diritto alla NASPI il datore di lavoro è tenuto a versare, all’Inps, il relativo contributo di licenziamento.

L'importo del cosiddetto TICKET NASPI è pari al 41% del massimale mensile Naspi per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, fino a un massimo di 36 mesi.

L’importo viene rivalutato ogni anno in base agli indici ISTAT.

Per l’anno 2025 l’importo massimo è pari a 1.922,28 euro (640,76 euro annui).

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