ESSERE IMPRESA SUPPLEMENTO

IL SOMMARIO
CONSULENZA FISCALE:
Costo del lavoro, la maxi deduzione
Da pag. 2
CONSULENZA DEL LAVORO:
Chiarimenti sui bonus giovani e donne
Da pag. 7
GIUGNO 06 20 25

››› CONSULENZA FISCALE
a cura di Francesco Bandini
CONSULENZA FISCALE:
Costo del lavoro, la maxi deduzione
Da pag. 2
CONSULENZA DEL LAVORO:
Chiarimenti sui bonus giovani e donne
Da pag. 7
GIUGNO 06 20 25
a cura di Francesco Bandini
A norma dell’art. 4, comma 1 del D.Lgs. n. 216/2023 sono agevolate le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso del 2024, attraverso una deduzione fiscale maggiorata del costo del lavoro, in misura pari dal 120% (o al 130% in caso di assunzione di categorie svantaggiate).
Al fine di accedere all’agevolazione, valgono i limiti e le condizioni già previste per l’agevolazione relativa al 2024. Pertanto (art. 4 del DLgs. 216/2013 e art. 4 del DM 25 giugno 2024):
nel periodo di riferimento agevolato (es. 2025) devono essere assunti lavoratori a tempo indeterminato, facendo riferimento a tal fine alla forma contrattuale di cui all’ art. 1 del DLgs. 81/2015 (quindi anche il contratto di apprendistato), non rilevando la circostanza che i lavoratori producano redditi di lavoro dipendente o assimilati secondo quanto disposto dal TUIR;
il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo di riferimento (es. 31 dicembre 2025) deve essere superiore al numero di dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo precedente (es. 2024) (c.d. “incremento occupazionale”);
il numero complessivo di dipendenti (inclusi quelli a tempo determinato) a fine del periodo agevolato (es. 31 dicembre 2025) deve essere superiore al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo precedente (es. 2024) (c.d. “incremento occupazionale complessivo”).
Per effetto della super deduzione di cui all’ art. 4 del DLgs. 216/2023, ove siano rispettati i requisiti richiesti per fruire dell’agevolazione, il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20% del costo riferibile all’incremento occupazionale.
Si tratta quindi di una extra deduzione pari al 20% (o al 30% in determinati casi) del costo riferibile all’incremento dell’occupazione e opera ai fini delle imposte sui redditi (non IRAP).
Il beneficio si sostanzia, quindi, in una variazione in diminuzione da effettuarsi in dichiarazione dei redditi.
Il comma 3 dell’art.4 del DM 25 giugno 2024 stabilisce i criteri di determinazione del costo riferibile all’incremento occupazionale, oggetto di maggiorazione, ai fini della deducibilità dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Nello specifico, tale costo è pari al minor importo tra:
il costo effettivo relativo ai nuovi assunti, come risultante dal Conto economico ai sensi dell’art. 2425, primo comma, lettera B), n. 9);
l’incremento del costo complessivo del personale, classificabile nelle medesime voci, relativo al periodo di riferimento (es. 2024), rispetto a quello relativo all’esercizio precedente (es. 2023).
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 1/2025), ha chiarito che a tal fine occorre considerare, nello specifico, le seguenti voci di bilancio:
B.9 a) salari e stipendi;
B.9 b) oneri sociali;
B.9 c) trattamento di fine rapporto;
B.9 d) trattamento di quiescenza e simili;
B.9 e) altri costi.
Sono invece esclusi, secondo quanto precisato dall’Agenzia, gli oneri rilevati in altre voci del Conto economico, quali quelli relativi ai buoni pasto, alle spese per l’aggiornamento professionale dei dipendenti, ai costi per servizio di vitto e alloggio dei dipendenti in trasferta, nonché gli oneri relativi alle auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti.
Qualora siano assunti anche lavoratori meritevoli di maggior tutela, il costo da assumere, ai fini della maggiorazione, è ripartito tra le due tipologie di lavoratori proporzionalmente al costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di ciascuna di esse. Quanto agli acconti, è previsto che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto, calcolato con il metodo storico, per il 2025 (art. 4 comma 7 del DLgs. 216/2023) e per il 2026, 2027 e 2028 (art. 1 comma 400 della L. 207/2024) si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando tali disposizioni. Nella determinazione dell’acconto, inoltre, con il metodo previsionale delle imposte sui redditi dovuto per il 2025, 2026 e 2027 non si tiene conto delle disposizioni in esame.
L’imposta municipale propria o IMU è dovuta per anni proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso dell’immobile.
Presupposto dell’IMU è appunto il possesso di:
fabbricati, esclusa l’abitazione principale (salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9);
aree fabbricabili;
terreni agricoli.
L’IMU deve essere versata in due rate:
la prima va pagata entro il 16 giugno di ciascun anno ed è pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente;
la seconda rata, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata, deve essere versata entro il 16 dicembre di ciascun anno sulla base della delibera di approvazione delle aliquote e del regolamento pubblicati sul sito www.finanze.gov.it alla data del 28 ottobre dell’anno di riferimento. Attenzione al fatto che in caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano per il versamento del saldo gli atti adottati per l’anno precedente;
in un’unica soluzione annuale entro il 16 giugno dell’anno di riferimento
Il versamento dell’IMU deve essere effettuato esclusivamente tramite una delle seguenti modalità:
modello F24;
bollettino di conto corrente postale con esso compatibile;
mediante la piattaforma PagoPA di cui all’art. 5 del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
SEGUE ›››
L’IMU si calcola applicando alla base imponibile l’aliquota fissata per la particolare fattispecie.
La base imponibile è costituita dal valore dell’immobile determinato nei modi previsti dalla legge, come di seguito indicato.
Fabbricati iscritti in catasto: per i fabbricati iscritti in catasto, la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile, determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, rivalutata del 5%, i seguenti moltiplicatori:
Gruppo categoria
Aree fabbricabili: per le aree fabbricabili, la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, o a far data dall’adozione degli strumenti urbanistici, tenendo conto dei seguenti elementi:
zona territoriale di ubicazione;
indice di edificabilità;
destinazione d’uso consentita;
oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione;
prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.
I comuni, con proprio regolamento, possono determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato [art. 1, comma 777, lett. d), della legge n. 160 del 2019].
Terreni agricoli: per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, la base imponibile è costituita dal valore ottenuto applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento, un moltiplicatore pari a 135.
Per quanto riguarda le aliquote IMU la legge statale stabilisce, per ciascuna fattispecie, l’aliquota dell’IMU in una misura “standard” che può essere modificata dal comune, in aumento o in diminuzione, entro certi margini.
Acconto IMU 2025: in cassa entro il 16 giugno
Il MEF con una FAQ ha specificato, ai fini del pagamento dell’acconto IMU 2025, che In virtù di quanto previsto dall’art. 1, comma 762, della legge n. 160 del 2019, il versamento della prima rata dell’IMU per l’anno d’imposta 2025 deve essere eseguito entro il 16 giugno 2025 ed è pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente. Si evidenzia che in sede di conguaglio il contribuente dovrà pagare l’imposta sulla base delle aliquote risultanti dal Prospetto pubblicato nel sito internet www.finanze.gov.it. Attenzione al fatto che, se al momento del versamento dell’acconto, risulta già pubblicato, sul predetto sito internet, il Prospetto con il quale il comune approva le aliquote dell’IMU per l’anno 2025, il contribuente può determinare l’imposta applicando le nuove aliquote pubblicate.
La legge di bilancio 2025 ha riproposto la possibilità per gli imprenditori individuali di optare, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva, per l’esclusione dal patrimonio dell’impresa dei beni immobili strumentali. In particolare, la chance riguarda le esclusioni dei beni posseduti al 31 ottobre 2024 effettuate dal 1° gennaio al 31 maggio 2025. La relativa imposta sostitutiva deve essere versata in due rate, con scadenza, rispettivamente, al 30 novembre 2025 e al 30 giugno 2026. Gli effetti dell’estromissione decorrono dal 1° gennaio 2025. La disciplina di favore è finalizzata a consentire all’imprenditore individuale una maggiore flessibilità nella definizione dell’assetto patrimoniale della propria impresa.
In sostanza, il legislatore ha riproposto l’applicazione dell’agevolazione introdotta, per i beni posseduti al 31 ottobre 2015, dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 121, legge 208/2015) e successivamente reintrodotta per i beni posseduti:
al 31 ottobre 2016, dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 566, legge 232/2016)
al 31 ottobre 2018, dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 66, legge 145/2018)
al 31 ottobre 2019, dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 690, legge 160/2019)
al 31 ottobre 2022, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 106, legge 197/2022)
Peraltro, già prima della legge di stabilità 2016, il legislatore aveva introdotto nel nostro ordinamento tributario una disciplina analoga con l’articolo 58 della legge n. 413/1991, riproposta dalla Finanziaria 2002 (articolo 3, commi da 4 a 6, legge 28 dicembre 2001, n. 448) e dalla Finanziaria 2008 (articolo 1, comma 37, legge 24 dicembre 2007, n. 244).
In linea con le indicazioni contenute nella circolare 26/E/2016 dell’Agenzia delle entrate, emanata in relazione al debutto della disciplina agevolativa, possono avvalersi della normativa di favore coloro che alla data del 31 ottobre 2024 avevano la qualifica di imprenditore individuale (anche in stato di liquidazione) e l’hanno conservata fino al 1° gennaio 2025, cioè il momento a partire dal quale – come già accennato – l’esclusione dei beni immobili dal patrimonio dell’impresa produce effetti.
L’estromissione può essere effettuata anche dall’erede dell’imprenditore deceduto successivamente al 31 ottobre 2024, a condizione che l’opzione sia esercitata dall’erede che abbia proseguito l’attività in forma individuale. Analoga facoltà è concessa anche al donatario dell’azienda che abbia proseguito l’attività imprenditoriale del donante.
Accesso precluso, invece, per chi, al 1° gennaio 2025, non aveva più la qualifica di imprenditore individuale: in questo caso, infatti, si è già verificato il presupposto per attribuire il bene alla sfera patrimoniale privata, con conseguente assoggettamento a tassazione ordinaria delle eventuali plusvalenze realizzate. Identica esclusione opera anche nei confronti dell’imprenditore individuale che, anteriormente al 1° gennaio 2025, ha dato in affitto o in usufrutto la sua unica azienda, dal momento che l’attività d’impresa cessa per l’intera durata dell’affitto o della concessione.
I beni che possono essere esclusi dal patrimonio dell’impresa sono quelli indicati dall’articolo 43, comma 2, del Tuir, vale a dire gli immobili che al 31 ottobre 2024 risultavano strumentali: per destinazione, cioè utilizzati dall’imprenditore in maniera esclusiva e diretta per l’esercizio dell’impresa, a prescindere dalla classificazione catastale; per natura, cioè quelli che “per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni” e che si considerano strumentali anche se non utilizzati direttamente dall’imprenditore o se dati in locazione o comodato (vi rientrano gli immobili accatastati nei gruppi B, C, D ed E e quelli appartenenti alla categoria A/10 se la destinazione a ufficio è prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria).
SEGUE ›››
Possono essere oggetto di esclusione dal patrimonio anche gli immobili posseduti in comunione, ovviamente per la sola quota di pertinenza dell’imprenditore.
Si ricorda che gli immobili si considerano relativi all’impresa individuale solo se annotati nell’inventario ovvero, per le imprese in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili (articolo 65, comma 1, Tuir). Fanno eccezione quelli strumentali per destinazione acquisiti fino al 31 dicembre 1991 (data di entrata in vigore della norma che ha introdotto l’obbligo), che possono essere estromessi anche se non presenti nell’inventario.
Sono esclusi dal perimetro applicativo della disciplina agevolativa:
gli immobili che costituiscono beni “merce”, in quanto rappresentano l’oggetto dell’attività
gli immobili che, sebbene indicati nell’inventario, non sono strumentali né per natura né per destinazione
gli immobili posseduti in leasing (risoluzione Agenzia delle entrate n. 188/2008).
L’opzione per beneficiare dell’agevolazione deve essere esercitata tra il 1° gennaio e il 31 maggio 2025, ma i relativi effetti in ogni caso retroagiscono al 1° gennaio 2025: pertanto, l’immobile estromesso si considera posseduto nella sfera privata dell’imprenditore per l’intera annualità 2025, con conseguente obbligo di dichiararne il relativo reddito nel quadro RB del modello Redditi ovvero nel quadro B del modello 730.
In ogni caso, il perfezionamento dell’opzione è subordinato all’indicazione in dichiarazione dei redditi (quadro RQ del modello Redditi) dei valori dei beni estromessi e della relativa imposta sostitutiva, a prescindere dal pagamento della stessa, che, se non versata, viene iscritta a ruolo.
Per l’esercizio dell’opzione, assumono rilevanza adempimenti dell’imprenditore che presuppongano la volontà di escludere i beni immobili strumentali per destinazione dal patrimonio dell’impresa (il cosiddetto “comportamento concludente”), fermo restando il perfezionamento dell’opzione con l’indicazione nella dichiarazione dei redditi. A titolo esemplificativo, può essere considerato comportamento che esprime in modo concludente la volontà di estromettere gli immobili la contabilizzazione dell’estromissione sul libro giornale (nel caso di impresa in contabilità ordinaria) oppure sul registro dei beni ammortizzabili (nel caso di impresa in contabilità semplificata).
L’esclusione dei beni dal patrimonio dell’impresa comporta il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e dell’Irap in misura pari all’8% della differenza tra il valore normale e il valore fiscalmente riconosciuto di ciascun bene che si intende estromettere.
Il versamento dell’imposta sostitutiva deve avvenire, tramite modello F24 (codice tributo 1127), in due rate: il 60% entro il 30 novembre 2025 e il restante 40% entro il 30 giugno 2026. Di seguito si riporta un esempio di compilazione del modello F24.
Ai fini Iva, l’esclusione da parte dell’imprenditore individuale di beni immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 5) del Dpr n. 633/1972: l’operazione sarà fuori dal campo di applicazione del tributo se, all’atto dell’acquisto, non è stata operata la detrazione dell’imposta, in quanto l’acquisto è avvenuto da un soggetto privato o prima dell’introduzione dell’Iva nell’ordinamento interno oppure non ha dato diritto alla detrazione, neanche parziale, della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis.1 e 19-bis.2, Dpr n. 633/1972; negli altri casi, opera il regime “naturale” di esenzione, con possibilità di optare per l’imponibilità (articolo 10, numeri 8-bis e 8-ter, Dpr n. 633/1972). Le imposte d’atto (registro, ipotecarie e catastali) non sono dovute, in quanto non si determina un vero e proprio trasferimento immobiliare, ma solo un passaggio dalla sfera dell’impresa a quella privata.
››› CONSULENZA DEL LAVORO
a cura di Arianna Fabbri
Con le circolari n. 90 e 91 del 12 maggio 2025, l’INPS ha ufficializzato le prime istruzioni operative relative ai Bonus Giovani e Bonus Donne, misure di decontribuzione previste dal Decreto Coesione e già regolamentate dai decreti attuativi pubblicati dal Ministero del Lavoro il 9 maggio 2025.
Con la Circolare INPS n. 90 del 12 maggio 2025, prende il via ufficialmente il tanto atteso “Bonus Giovani”, una misura introdotta dall’art. 22 del Decreto Legge n. 60/2024 (il cosiddetto “Decreto Coesione”). Questa iniziativa rappresenta un’opportunità concreta per le aziende che intendono investire sul futuro, favorendo l’inserimento stabile di giovani nel mondo del lavoro.
Cosa Prevede il Bonus?
Il Bonus Giovani prevede due distinte agevolazioni contributive:
Incentivo generalizzato valido su tutto il territorio nazionale, fino a un massimo di 500 euro mensili;
Incentivo rafforzato, destinato ai datori di lavoro che operano nella Zona Economica Speciale (ZES) Unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna), fino a un massimo di 650 euro mensili.
Chi Sono i Beneficiari?
L’incentivo è rivolto ai datori di lavoro privati che assumono o stabilizzano giovani con meno di 35 anni (cioè, fino a 34 anni e 364 giorni) che non abbiano mai avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Questo requisito è fondamentale: l’obiettivo è premiare le prime esperienze stabili, escludendo chi ha già goduto di un contratto a tempo indeterminato.
Periodo di Validità e Condizioni
Il bonus è valido per le assunzioni e le trasformazioni effettuate dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 (tranne per l’incentivo rafforzato ZES, il quale è stato autorizzato dal 31 gennaio 2025 al 31 dicembre 2025)
SEGUE ›››
Come per ogni incentivo, il diritto alla fruizione è subordinato al rispetto di alcune condizioni essenziali:
Regolarità Contributiva: L’azienda deve essere in possesso del DURC regolare.
Rispetto dei Contratti Collettivi: Devono essere applicati i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Assenza di Licenziamenti “Pre-esistenti”: Non devono esserci stati licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o riduzione di personale negli ultimi sei mesi nella stessa unità produttiva.
Mantenimento della Forza Lavoro: L’esonero non spetta se nei sei mesi successivi all’assunzione si procede a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nella stessa unità produttiva.
Compatibilità con la disciplina sugli Aiuti di Stato: Il beneficio concesso rientra nel tetto degli aiuti di Stato soltanto per quanto riguarda l’incentivo rafforzato destinato alla cosiddetta area ZES.
Con la pubblicazione della Circolare INPS n. 91 del 12 maggio 2025, si delineano finalmente le istruzioni operative per il “Bonus Donne”, un incentivo diretto a favorire l’occupazione femminile, in particolare quella delle categorie più svantaggiate. Introdotto dall’articolo 23 del Decreto Legge n. 60/2024 (il cosiddetto “Decreto Coesione”), questa misura mira a contrastare la disoccupazione femminile e a promuovere l’inclusione nel mercato del lavoro.
Il “Bonus Donne” consiste in un esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, nel limite massimo di 650 euro mensili per ciascuna lavoratrice assunta.
A chi si rivolge l’incentivo?
L’agevolazione è specificamente pensata per i datori di lavoro privati che assumono con contratto a tempo indeterminato (o trasformano un contratto a termine in indeterminato) donne che rientrano in determinate condizioni di svantaggio, quali:
priva di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, indipendentemente dal luogo di residenza. Questo criterio punta a reinserire nel mercato del lavoro le donne con lunghi periodi di inattività;
priva di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi e con residenza in una delle Regioni della Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). Questo requisito agevola il ricollocamento di donne disoccupate da meno tempo ma residenti in aree geografiche a minor tasso occupazionale;
priva di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi e assunta in professioni o settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere. Questi settori sono definiti da un Decreto Interministeriale specifico (il D.I. n. 3217/2024), mirando a riequilibrare la presenza femminile in ambiti tradizionalmente maschili.
L’incentivo è riconosciuto per le assunzioni e le trasformazioni effettuate dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025, nei limiti delle risorse stanziate.
La durata dell’esonero varia in base alla condizione della lavoratrice:
24 mesi per le donne svantaggiate secondo i punti 1 e 2 (disoccupazione da 24 mesi o disoccupazione da 6 mesi e residenza ZES Mezzogiorno).
12 mesi per le donne svantaggiate secondo il punto 3 (disoccupazione da 6 mesi e assunzione in settore con forte disparità di genere).
Oltre ai requisiti della lavoratrice, il datore di lavoro deve rispettare le condizioni generali previste per gli incentivi all’occupazione, tra cui:
Incremento occupazionale netto: L’assunzione deve comportare un aumento effettivo del numero medio dei lavoratori occupati nell’azienda rispetto ai 12 mesi precedenti.
Regolarità contributiva: Essere in possesso del DURC regolare.
Rispetto dei Contratti Collettivi: Applicare integralmente i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Assenza di licenziamenti pregressi o futuri: Non aver effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o collettivi nei 6 mesi precedenti l’assunzione e non effettuarne nei 6 mesi successivi.
Compatibilità con la normativa sugli aiuti di Stato: L’agevolazione è concessa nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa europea sugli aiuti di Stato.
Cumulabilità degli incentivi
In entrambi i casi l’INPS è chiaro: gli esoneri non sono cumulabili con altri incentivi di natura contributiva che riducono la medesima quota di contributi a carico del datore di lavoro. Questo significa che non è possibile sommare più agevolazioni che agiscono sulla stessa base imponibile contributiva.
Tuttavia, l’Istituto chiarisce che esistono eccezioni e compatibilità. Questi bonus possono essere cumulati con misure che:
Intervengono su voci diverse dalla contribuzione datoriale: è il caso della deduzione maggiorata del costo del lavoro per nuove assunzioni (art. 4, D. Lgs. 216/2023). Dato che si tratta di una misura fiscale e non contributiva, la cumulabilità è piena.
Hanno una natura differente o agiscono su quote contributive diverse:
L’esonero dell’1% per le aziende con Certificazione della parità di genere (art. 5, L. 162/2021) è compatibile con il Bonus Donne, entro il limite di 50.000 euro annui.
L’esonero contributivo sulla quota lavoratore madre (introdotto dalle Leggi di Bilancio 2023 e 2024) è pienamente compatibile e cumulabile sia con il “Bonus Giovani” che con il “Bonus Donne”. Questo perché tale esonero riduce i contributi a carico della lavoratrice madre, agendo quindi su una quota contributiva differente (quella del dipendente) rispetto ai bonus che intervengono sulla quota datoriale.
I datori di lavoro o loro intermediari potranno presentare le domande a partire dal 16 maggio 2025. Per entrambi gli incentivi, l’INPS ha centralizzato la procedura di richiesta. Le domande devono essere presentate esclusivamente in modalità telematica attraverso il “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”, accessibile dal sito istituzionale dell’INPS.
Le tempistiche per l’invio delle domande sono differenti a seconda dell’esonero richiesto:
1) Bonus Giovani standard (fino a 500 €/mese): Per le assunzioni o trasformazioni che non rientrano nell’area della ZES unica del Mezzogiorno, la domanda può essere presentata anche a posteriori rispetto alla data di inizio del rapporto di lavoro incentivato.
2) Bonus Giovani ZES Mezzogiorno (fino a 650 €/mese): Se l’assunzione (o trasformazione) avviene in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni della Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, SEGUE ›››
Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna), la procedura è più stringente. La domanda di prenotazione dell’incentivo deve essere presentata all’INPS prima dell’effettiva assunzione o trasformazione.
3) Bonus Donne disoccupazione da 24 mesi o disoccupazione da 6 mesi e assunte in settore con forte disparità di genere: la domanda può essere presentata anche a posteriori rispetto alla data di inizio del rapporto di lavoro incentivato.
4) Bonus Donne disoccupazione da 6 mesi e residenti nelle zone ZES Mezzogiorno: anche in questo caso, è necessaria la procedura preventiva per consentire all’INPS di verificare la sussistenza dei requisiti specifici della lavoratrice (es. lo status di svantaggio e la durata della disoccupazione) e di monitorare la disponibilità dei fondi stanziati per questa misura.
Per le assunzioni/trasformazioni effettuate a partire dal 1° settembre 2024 e fino alla data di piena operatività dei moduli telematici, l’INPS consentirà il recupero degli esoneri spettanti per le mensilità pregresse del 2024. Tale recupero avverrà attraverso la compilazione dei flussi Uniemens a partire dal mese di competenza di giugno 2025 fino al mese di competenza di agosto 2025, seguendo le specifiche istruzioni e i codici causale che l’Istituto ha fornito in dettaglio nelle rispettive circolari.