Essere Impresa - Supplemento dicembre 2025

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ESSERE IMPRESA SUPPLEMENTO

IL SOMMARIO

CONSULENZA FISCALE:

Una prima analisi dei contenuti fiscali della legge di Bilancio

Da pag. 2

CONSULENZA DEL LAVORO: Chiarimenti sul distacco dei lavoratori.

A pag. 7

DICEMBRE 12 20 25

››› CONSULENZA FISCALE

a cura di Francesco Bandini

I CONTENUTI FISCALI DEL DISEGNO DI LEGGE “LEGGE DI BILANCIO 2026”

Una prima analisi

delle disposizioni

Confartigianato, unitamente alle altre Organizzazioni dell’artigianato e della piccola impresa, ha espresso una valutazione complessivamente positiva sulla manovra finanziaria 2026 anche se, pur aderendo con rigore agli obiettivi di stabilità dei conti pubblici e di riduzione del debito, la stessa appare insufficientemente incisiva per imprimere l’accelerazione necessaria a una crescita economica robusta.

Di seguito sono commentate le principali disposizioni a contenuto fiscale con evidenziata della posizione espressa dalla Confederazione nel corso dell’audizione.

Riduzione aliquote Irpef

È previsto l’intervento di riduzione della pressione fiscale che si concretizza in una riduzione dell’aliquota IRPEF relativa al secondo scaglione per i contribuenti con reddito complessivo sino a 200.000 euro. La scelta comporta una discesa, seppur timida, della pressione fiscale di un decimo di punto sia nel 2026 che nel 2028. Va ricordato che il carico fiscale, calcolato in rapporto al PIL nelle previsioni di maggio dalla Commissione europea per il 2025, rimane di ben 2,2 punti percentuali più elevato della media europea. Confartigianato, auspica, che la riforma fiscale, tracciata dalla legge delega, sia attuata nella parte in cui viene prevista l’unificazione dell’ammontare della no tax area per tutte le persone fisiche oggi diversificata in ragione della tipologia di reddito

Locazioni brevi

La bozza della Legge di Bilancio prevede che la riduzione dal 26 per cento al 21 per cento dell’aliquota della cedolare secca, per i redditi derivanti dai contratti di locazione breve relativi a una unità immobiliare individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi, opera solo a condizione che in relazione alla predetta unità immobiliare, durante il periodo d’imposta, non siano stati conclusi contratti tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici. Nel caso in cui l’immobile, durante il periodo d’imposta, sia invece stato locato tramite i soggetti che gestiscono portali telematici, in caso di opzione per il regime della cedolare secca, si applica l’aliquota più elevata del 26 per cento.

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Bonus in edilizia

Si prevede la proroga per l’anno 2026 del regime attualmente in vigore per le disposizioni in materia di detrazione delle spese sostenute per interventi edilizi in materia di eco bonus, bonus ristrutturazioni e sisma bonus. Inoltre, si proroga, analogamente, la detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo degli immobili oggetto di ristrutturazioni di cui all’articolo 16, comma 2, del citato decreto-legge n. 63 del 2013 (c.d. bonus mobili). Confartigianato rileva che le misure a sostegno degli interventi edilizi, relativi a ristrutturazione e riqualificazione energetica, appaiono determinanti per favorire i processi di decarbonizzazione. In tale ottica andrebbero opportunamente non solo rifinanziati, ma anche rafforzati, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di risparmio energetico da conseguire con la direttiva europea sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD): secondo il Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNIEC) il tasso di riqualificazione annuo del settore residenziale che nel presente decennio 2020-2030 è dell’1,9% dovrebbe salire al 2,7% nel decennio 2030-2040. Pertanto, le misure oggi prorogate limitatamente al 2026, andrebbero quanto meno stabilizzate per un triennio nella misura del 50% relativamente agli interventi sulle abitazioni principali allargando, al contempo, la platea dei beneficiari ai familiari conviventi. Sono numerose, infatti, le situazioni in cui l’abitazione è intestata ad uno solo dei coniugi che, però, è fiscalmente “incapiente” mentre l’altro coniuge, che sostiene le spese, non essendo proprietario non può beneficiare della detrazione. Si condivide, inoltre, la scelta di prorogare al 2026 il bonus mobili, andrebbe valutata la possibilità di incrementare il limite di spesa dai 5.000 euro previsti a 8.000 euro. Si richiede inoltre la riattivazione del bonus verde in considerazione dell’impatto positivo che la misura ha generato sulle imprese del settore e sugli aspetti estetici e di promozione della sostenibilità ambientale, prevedendo la possibilità di detrarre dall’imposta lorda, calcolata ai fini Irpef, un importo pari al 36% delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro per interventi di sistemazione a verde su aree private e condominiali, comprese le pertinenze, recinzioni, impianti di irrigazione, realizzazione di pozzi, coperture a verde e giardini pensili.

Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero

La modifica ipotizzata è volta a modificare in aumento gli importi previsti per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia di cui all’articolo 24-bis, comma 2, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR). In particolare, si prevede che l’importo dovuto forfetariamente dal contribuente che si trasferisce in Italia sia innalzato da 200.000,00 euro a 300.000,00 euro e che, in caso di opzione per l’applicazione del regime di favore anche ai familiari di cui all’articolo 433 del Codice civile, l’importo forfetario dovuto per ciascun familiare è innalzato da 25.000,00 euro a 50.000,00 euro. Al comma 2 si precisa che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai soggetti che hanno trasferito nel territorio dello Stato la residenza ai fini dell’articolo 43 del Codice civile a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Modifica al regime forfetario

La disposizione, anche per l’anno 2026, innalza il limite da 30.000 a 35.000 euro di reddito di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), quale condizione di accesso al regime forfetario. Secondo le nuove disposizioni, coloro che nel 2025 percepiranno redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 35.000,00 euro, non potranno accedere al regime forfettario nel 2026.

Riproposizione dell’assegnazione agevolata di beni ai soci

La bozza della Legge di Bilancio ripropone la disciplina dell’assegnazione agevolata di beni ai soci già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, e successive proroghe, precisandone la disciplina specifica.

Estromissione dei beni immobili delle imprese individuali

La bozza della Legge di Bilancio estende l’applicazione delle previsioni contenute nell’articolo 1, comma 121, della legge n. 208 del 2015. In tal modo, si consente l’applicazione opzionale, per gli imprenditori individuali, di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, con aliquota dell’8 per cento, per l’estromissione dal regime d’impresa degli immobili strumentali posseduti alla data del 30 settembre 2025, con effetto dal primo periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2026.

Modifica della tassazione delle plusvalenze patrimoniali

Le disposizioni in corso di definizione prevedono la modifica della tassazione delle plusvalenze nell’ambito della disciplina del reddito di impresa. Fermo restando il principio generale per cui le plusvalenze concorrono a formare il reddito nel periodo d’imposta in cui sono realizzate, in base alle modifiche apportate con il comma 1: 1) le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni (diversi da quelli a cui si applica l’articolo 87 - Plusvalenze esenti del TUIR) possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di tre esercizi, qualora i predetti beni siano posseduti per un periodo non inferiore a cinque anni; 2) le plusvalenze derivanti dalla cessione di aziende o rami d’azienda possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di cinque esercizi, qualora le predette aziende (o rami di azienda) siano possedute per un periodo non inferiore a tre anni; 3) le plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, per la quota parte proporzionalmente corrispondente al corrispettivo eventualmente conseguito in denaro, possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di cinque esercizi, qualora i predetti diritti siano posseduti per un periodo non inferiore a due anni.

Confartigianato valuta negativamente l’inasprimento delle condizioni per godere della rateazione delle plusvalenze, in quanto, per fruire della citata possibilità, i beni strumentali devono essere posseduti per 5 anni (anziché 3 come in precedenza) e la rateazione avviene su tre periodi d’imposta in luogo dei cinque precedenti. Ciò determina, in generale, un anticipo nel pagamento delle imposte e per i soggetti IRPEF (ditte individuali e società di persone) un possibile incremento nel livello di tassazione connesso alla progressività delle aliquote.

Disciplina dei dividendi

Le disposizioni in corso di definizione intervengono a modificare il trattamento fiscale dei dividendi percepiti dagli imprenditori e dalle società o enti residenti, disciplinato negli articoli 59 e 89 del TUIR, limitando l’accesso al regime della c.d. esclusione, previsto come strumento di contrasto ai fenomeni di doppia tassazione, ai dividendi derivanti da partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente tramite società controllate, in misura non inferiore al 10%. In particolare, la disposizione modifica la disciplina nel caso in cui il percettore dei dividendi sia un imprenditore individuale. L’articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR), nella nuova formulazione, prevede che gli stessi concorrono alla base imponibile per il 58,14 per cento del loro ammontare solo se provengono da società nella quali l’imprenditore detiene una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento. Per determinare tale percentuale si considerano anche le partecipazioni detenute indirettamente tramite società controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del Codice civile (tenendo conto dell’effetto demoltiplicazione).

Rottamazione delle cartelle

La bozza della Legge di Bilancio prevede la possibilità per il debitore di avvalersi della definizione agevolata dei carichi residui affidati dagli enti creditori all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2023, derivanti dal mancato versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività dell’Agenzia delle entrate di cui agli articoli 36-bis e 36- ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e agli articoli 54-bis e 54-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, o derivanti dall’omesso

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versamento di contributi previdenziali dovuti all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento, mediante pagamento del solo importo residuo di quanto affidato dall’ente creditore a titolo di capitale (imposta) nonché le somme maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

Confartigianato in merito alla nuova “rottamazione” delle cartelle esattoriali, nel valutare positivamente le iniziative utili allo smobilizzo del magazzino in carico all’Agenzia delle entrate-Riscossione che ammonta ad oltre 1.200 miliardi euro, ritiene positiva la scelta di limitare la misura a quelle situazioni in cui i contribuenti hanno regolarmente dichiarato le imposte da loro dovute, ma successivamente non sono riusciti a onorare il debito a causa delle loro ridotte risorse finanziarie. In pratica, saranno definibili solo le cartelle esattoriali che scaturiscono da omessi versamenti di ciò che è stato regolarmente dichiarato o da controlli meramente formali della dichiarazione, privilegiando, quindi, i contribuenti a minore rischio fiscale. Sono ammessi alla nuova rottamazione anche coloro che sono decaduti da quelle precedenti ad eccezione di coloro che sono in regola, al 30 settembre 2025, con il versamento delle rate scaturenti delle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 1, comma 235, della legge n. 197/2022 e dell’art. 3-bis, comma 1, del D.L. n. 202/2024. Tale scelta appare particolarmente penalizzante, pertanto andrebbe rivista in sede di discussione parlamentare, in quanto i contribuenti in regola con la “rottamazione” quater non possono beneficiare della maggior rateazione prevista dal provvedimento in discussione.

Definizione agevolata tributi locali

L’articolo in esame prevede, al comma 1, la facoltà per le Regioni e gli enti locali di introdurre tipologie di definizione agevolata, volte a escludere interessi o sanzioni nelle ipotesi in cui i contribuenti adempiano a precedenti obblighi tributari, cui non si erano conformati totalmente o parzialmente. L’adempimento deve avvenire entro un termine stabilito da ciascun ente nell’ambito della propria autonomia, ma non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto nel proprio sito internet istituzionale.

Contrasto alle indebite compensazioni

Sono posti limiti al fenomeno delle indebite compensazioni di crediti inesistenti, nonché al ricorso alla compensazione in presenza di debiti iscritti a ruolo o carichi affidati agli agenti della riscossione per i quali i termini di pagamento siano scaduti e non siano in essere provvedimenti di sospensione

Confartigianato chiede la soppressione della disposizione rilevando che con l’art 26 viene modificata ed estesa a tutti i soggetti la disciplina che impediva a banche e intermediari finanziari di compensare i crediti d’imposta derivanti dall’acquisizione dei bonus edilizi con i propri debiti previdenziali e contributivi. In pratica, dal 1° luglio 2026, per tutti i contribuenti la compensazione dei debiti previdenziali e contributi resta possibile limitatamente ai crediti d’imposta emergenti dalla liquidazione delle imposte dichiarazioni annuali. È del tutto evidente il problema di liquidità che si creerà in special modo per tutte quelle imprese del comparto casa, dall’edilizia all’impiantistica, che hanno concesso lo sconto in fattura e che, legittimante, hanno potuto sinora utilizzare i crediti disponibili nei loro cassetti fiscali a compensazione dei debiti contributivi e previdenziali. Pertanto, si auspica che in sede di discussione parlamentare la facoltà di compensazione, nella versione attualmente in vigore, non venga meno per tutti i soggetti, diversi da banche e intermediai finanziari. Senza l’abrogazione della norma in discussione anche tutti i crediti d’imposta concessi a fronte di investimenti (Industria 4.0 e Transizione 5.0) come pure per finalità di ricerca e sviluppo non potrebbero più essere compensati con debiti contributivi e previdenziali. In tal modo si mette a rischio la pianificazione finanziaria delle imprese che, in diversi casi, potrebbe determinare omissione, sanzionata, nei versamenti contributivi e previdenziali.

Riscossione coattiva

La bozza della Legge di Bilancio è finalizzata a rendere più efficace la riscossione coattiva. In particolare, si consente la possibilità all’Agente della riscossione di avvalersi dei dati relativi alla somma dei corrispettivi delle fatSEGUE ›››

ture emesse nel semestre precedente dai debitori iscritti a ruolo - tra i quali sono compresi i debitori di somme derivanti da accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati in riscossione ad Agenzia delle entrate-Riscossione, ai sensi degli articoli 29 e 30 del decreto-legge n. 78 del 2010, dell’articolo 9, commi da 3-bis a 3-sexies, del decreto-legge n. 16 del 2012, e dell’articolo 1, comma 792, della legge n. 160 del 2019 - nonché dai loro coobbligati nei confronti di uno stesso cessionario o committente. In tal modo, i corrispettivi delle fatture elettroniche presenti nei relativi file potranno essere utilizzati anche dall’Agenzia delle entrate-Riscossione allo scopo di reperire le informazioni utili all’avvio, in modo mirato, di procedure esecutive presso terzi efficaci nel contrasto alla c.d. “evasione da riscossione”.

Accise sui carburanti

La disposizione prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2026, l’aliquota di accisa sulla benzina sia ridotta di 4,05 cent €/litro e l’aliquota di accisa sul gasolio impiegato come carburante sia aumentata di 4,05 cent €/litro. Le aliquote rideterminate risultano pari a 67,29 cent €/litro (672,9 euro/mille litri) sia per la benzina sia per il gasolio uso carburazione. In merito all’incremento dell’accisa sul gasolio impiegato come carburante. Confartigianato chiede la soppressione della diposizione evidenziando che per il settore dell’autotrasporto, relativamente ai veicoli per i quali non spetta il rimborso dell’accisa, si tradurrà in un incremento dei costi di gestione che difficilmente potranno essere scaricati sui committenti.

Operazioni di permuta

La disposizione modifica i criteri di determinazione della base imponibile IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, prevedendo che il valore di tali cessioni o prestazioni sia costituito non più dal valore normale dei beni ceduti o dei servizi prestati ma dai costi sostenuti dal cedente o prestatore per effettuare la cessione o la prestazione.

Superammortamento e iperammortamento

La bozza della Legge di Bilancio prevede la reintroduzione, con alcune modifiche, delle agevolazioni già previste dall’articolo 1, commi 9 e 10, della legge n. 232 del 2016 e prorogate dall’articolo 1, commi 30 e 31, della legge n. 205 del 2017 e dall’articolo 1, commi da 60 a 65, della legge n. 145 del 2018, riguardanti gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese. In particolare, al comma 1 si prevede la maggiorazione del relativo costo di acquisizione dei beni specificati al comma 3, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria (c.d. iper ammortamento), per gli investimenti destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato effettuati dal 1 gennaio 2026 al 31 dicembre 2026, o al 30 giugno 2027 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2026 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, prevedendo che l’intensità del beneficio si differenzi, in maniera decrescente, in funzione di predeterminati volumi di investimenti.

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CONSULENZA DEL LAVORO

a cura di Arianna Fabbri

DISTACCO TRANSNAZIONALE

Negli ultimi anni il distacco dei lavoratori tra Stati membri dell’UE e dall’estero verso l’Italia è diventato un tema centrale per le imprese.

La normativa principale di riferimento è il D.Lgs. 136/2016, che stabilisce le regole da rispettare quando un lavoratore viene distaccato in Italia o, al contrario, dall’Italia verso un altro Paese dell’Unione europea, nell’ambito di una prestazione di servizi.

Il concetto chiave è quello di prestazione di servizi reale ed effettiva: l’impresa distaccante deve fornire un servizio concreto tramite i propri lavoratori, che restano formalmente legati all’azienda durante tutto il periodo di distacco. Questo significa che il lavoratore continua ad avere tutti i diritti e doveri previsti dal rapporto di lavoro originale, compresi retribuzione, contributi previdenziali e potere disciplinare dell’impresa distaccante. Non tutti i trasferimenti di personale rientrano nel distacco transnazionale, per esempio sono esclusi i lavoratori che partecipano a conferenze o riunioni senza fornire un servizio concreto, così come i lavoratori autonomi anche se provvisti di modello A1, e il personale navigante della marina mercantile.

Le norme valgono anche per i distacchi provenienti da Paesi extra UE, purché non esistano leggi speciali o convenzioni internazionali specifiche. In questi casi, la normativa italiana si applica pienamente, compresi gli adempimenti amministrativi e le ispezioni. Le linee guida dell’Ispettorato (INL) indicano che per valutare la legittimità del distacco si debbano considerare diversi aspetti oggettivi: dove ha sede l’impresa, dove sono assunti i lavoratori, dove si svolgono le attività principali e qual è il fatturato realizzato nello Stato di origine. Tutti questi elementi servono a verificare che il distacco non sia fittizio e che l’impresa fornisca un servizio reale, e non solo personale “in prestito”. L’ispettorato del lavoro controlla anche la corretta copertura del modello A1: se rilasciato in ritardo, non è sanzionabile a patto che copra l’intero periodo di distacco. Viene inoltre verificato che il lavoratore abbia effettivamente lavorato in Italia e che non abbia svolto attività nel Paese di origine durante il periodo di distacco.

Quando non è autentico il distacco transazionale e le regole da rispettare

Il distacco di lavoratori tra Stati membri dell’Unione Europea, previsto dalla normativa comunitaria e italiana, rappresenta uno strumento utile per le imprese che operano a livello internazionale. Tuttavia, non sempre questa pratica viene attuata correttamente: esistono infatti casi di distacco non autentico e di interposizione illecita, fenomeni che le autorità italiane monitorano con attenzione.

Secondo le linee guida dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro, circ. n. 1/2017), il distacco non autentico si verifica quando le operazioni di distacco risultano fittizie, ovvero messe in atto con l’obiettivo di aggirare la normativa italiana sul lavoro e sulla sicurezza sociale.

SEGUE ›››

Di seguito alcuni esempi di distacco non autentico:

 L’impresa distaccante è una società di comodo, che non esercita alcuna attività economica nel Paese d’origine.

 L’impresa distaccante fornisce solo personale, senza essere autorizzata alla somministrazione di lavoro.

 I lavoratori distaccati risiedono e operano abitualmente in Italia già al momento dell’assunzione dall’impresa straniera.

 Un lavoratore distaccato viene licenziato durante il periodo di distacco, ma continua a lavorare per l’impresa utilizzatrice, senza regolare copertura contrattuale.

In ogni caso, il personale ispettivo deve verificare caso per caso l’autenticità del distacco, perché non tutte le posizioni all’interno di un’operazione sospetta risultano necessariamente irregolari. Anche in situazioni di distacco fittizio, alcuni lavoratori potrebbero godere di un distacco genuino.

Interposizione illecita

Le fattispecie di distacco non autentico possono sovrapporsi a quelle di interposizione illecita disciplinate dal D.lgs. 276/2003, che includono appalti e somministrazioni fraudolente. Tuttavia, non coincidono sempre: un distacco fittizio può esistere anche senza che sia configurabile un appalto o un’interposizione illecita, ad esempio quando manca l’elemento della transnazionalità.

Allo stesso modo, un’impresa straniera formalmente distaccante può avere di fatto una filiale stabile in Italia, con uffici e personale organizzato. In tal caso, il distacco non autentico potrebbe non sussistere, ma l’azienda dovrà comunque rispettare la normativa italiana per la gestione dei rapporti di lavoro.

Conseguenze per i lavoratori

Quando il distacco risulta illecito, i lavoratori sono considerati alle dipendenze del soggetto che ha effettivamente utilizzato la loro prestazione. La disciplina italiana si applica automaticamente dal primo giorno di lavoro in pseudo-distacco, senza necessità di azioni giudiziali da parte dei lavoratori. Inoltre, per quanto riguarda gli aspetti previdenziali, l’INPS procede al disconoscimento del Modello A1, con la quantificazione di imponibili contributivi e sanzioni, che verranno poi recuperate dall’istituto stesso.

Sanzioni per le imprese

Le violazioni comportano sanzioni amministrative significative:

 € 50 per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione, con un minimo di € 5.000 e un massimo di € 50.000.

 Nei casi che coinvolgono minori, oltre all’ammenda, è prevista anche la pena detentiva fino a 18 mesi.

Se il distacco non autentico sfocia in somministrazione fraudolenta, ad esempio per eludere norme italiane o contratti collettivi, si applicano ulteriori sanzioni penali, oltre alla prescrizione da parte del personale ispettivo.

Condizioni di lavoro e retribuzione

Il datore di lavoro distaccante deve garantire ai propri dipendenti le condizioni di lavoro più favorevoli rispetto a quelle previste dal Paese ospitante, in termini di:

 Orario di lavoro e periodi di riposo

 Congedi annuali retribuiti

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 Retribuzione, comprese maggiorazioni per straordinario

 Sicurezza sul lavoro e tutela della salute

 Parità di trattamento e prevenzione di discriminazioni

 Alloggio adeguato e indennità per spese di viaggio e vitto

La disciplina prevede anche che la retribuzione complessiva dei lavoratori distaccati sia sostanzialmente equiparata a quella dei lavoratori locali con mansioni analoghe, tenendo conto anche delle indennità di distacco, purché non si tratti di rimborsi effettivi delle spese sostenute.

Infine, la direttiva 96/71/CE consente agli Stati membri di estendere la normativa nazionale ai lavoratori distaccati per disposizioni di ordine pubblico, come malattia, maternità o infortuni. Questo assicura una protezione minima anche in casi in cui lo Stato di provenienza non preveda indennizzi adeguati.

Distacco dei lavoratori dall’Italia all’estero

L’invio di lavoratori italiani all’estero è un tema sempre più rilevante per le imprese che operano in contesti internazionali. Quando un datore di lavoro decide di mandare i propri dipendenti a svolgere attività in un altro Paese, è importante distinguere tra trasferta temporanea e trasferimento definitivo, perché da questa differenza derivano obblighi diversi sia sotto il profilo giuridico sia sotto quello assicurativo.

Nel caso di trasferta temporanea, il lavoratore continua a far parte dell’organico italiano: mantiene quindi la legislazione italiana come riferimento per retribuzione, ferie, trattamento di fine rapporto e contrattazione collettiva. La trasferta è pensata come attività limitata nel tempo, svolta a favore e nell’interesse del datore di lavoro, e non comporta cambiamenti permanenti nella sede del rapporto di lavoro.

Il trasferimento definitivo, invece, implica lo spostamento stabile del lavoratore presso una filiale o un’unità estera. In questo caso, prevale generalmente la legislazione locale, salvo eventuali norme italiane inderogabili. Ad esempio, in alcuni casi il diritto al TFR può continuare a trovare applicazione anche se non previsto dallo Stato estero. In ogni caso, vanno sempre rispettate le norme obbligatorie dello Stato ospitante, ad esempio in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

In entrambi i casi, un aspetto cruciale riguarda la copertura assicurativa e previdenziale. Nel caso di trasferta temporanea, l’impresa deve garantire la continuità del rapporto assicurativo italiano attraverso il certificato A1, che attesta la permanenza della contribuzione in Italia. Certificato non necessario in caso di trasferimento definitivo, perché il lavoratore sarà soggetto alle regole previdenziali del Paese ospitante.

Il concetto di distacco dall’Italia verso un Paese estero si applica quando il lavoratore presta temporaneamente servizi a favore di un soggetto estero.

In tali circostanze, l’azienda deve rispettare due livelli di regole:

 Regole italiane, che garantiscono l’autenticità del distacco: la prestazione deve essere temporanea e a favore dell’azienda italiana; se il lavoratore cambia mansioni deve dare il proprio consenso; spostamenti superiori a 50 km devono essere giustificati.

 Regole internazionali e locali, come le direttive UE o accordi bilaterali tra Stati extra-UE. In pratica, l’impresa italiana deve informarsi sulle condizioni di lavoro previste nello Stato di destinazione e verificare eventuali obblighi aggiuntivi tramite l’equivalente organismo estero del Ministero del Lavoro.

Sebbene non sia obbligatorio, è fortemente consigliato formalizzare un contratto di distacco tra le parti coinvolte: datore di lavoro, lavoratore e impresa estera che riceve la prestazione. Questo contratto consente di stabilire chiaramente:

 Durata del distacco

 Mansioni e responsabilità del lavoratore

 Retribuzione e condizioni contrattuali

 Eventuali modifiche temporanee rispetto al contratto originale

La formalizzazione diventa particolarmente utile ai fini della trasparenza verso il lavoratore, obbligatoria secondo il D.lgs. 104/2022, e facilita la dimostrazione della corretta gestione del distacco in caso di ispezione.

Distacco dei conducenti nel trasporto su strada

Il Capo III bis del D.lgs. 136/2016, introdotto dal D.Lgs. 27/2023 in attuazione della Direttiva 2014/67/UE, disciplina i distacchi transnazionali dei conducenti nel trasporto su strada. La normativa mira a garantire la tutela dei lavoratori distaccati in Italia e si applica a:

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 rasporto internazionale di merci e cabotaggio: per conducenti distaccati in Italia nell’ambito dei regolamenti CE n. 1072/2009 e CE n. 1073/2009, con permanenza del rapporto di lavoro tra impresa e conducente.

 Trasporto da imprese extra-UE: per quanto compatibili, si applica anche ai servizi transnazionali effettuati da imprese di Paesi terzi.

Rimangono escluse le operazioni di somministrazione di conducenti, salvo i casi di somministrazione a catena.

La normativa di riferimento dedica una particolare attenzione alle disposizioni relative al cabotaggio e al trasporto di passeggeri, definendo in modo preciso le condizioni e i limiti entro i quali tali attività possono essere svolte. Tali norme mirano a garantire un equilibrio tra la libera circolazione dei servizi di trasporto e la tutela del mercato interno di ciascuno Stato membro.

Il cabotaggio rappresenta l’attività di trasporto effettuata all’interno di uno Stato da un vettore straniero, dopo aver terminato un viaggio internazionale. Esso può riguardare sia il trasporto di merci che quello di passeggeri, ma le regole e le condizioni operative variano a seconda del tipo di servizio.

Cabotaggio merci

Nel caso del trasporto di merci, un vettore straniero può effettuare un numero limitato di operazioni di cabotaggio all’interno del Paese ospitante.

 Se il veicolo è carico, il trasportatore può svolgere fino a tre operazioni di cabotaggio entro sette giorni dal completo scarico delle merci trasportate nel viaggio internazionale.

 Se invece il veicolo entra scarico nel territorio dello Stato ospitante, è consentita una sola operazione di cabotaggio, che deve essere effettuata entro tre giorni dall’ingresso nel Paese.

Cabotaggio passeggeri

Il trasporto di passeggeri in regime di cabotaggio può assumere diverse forme, a seconda della tipologia di servizio offerto:

 Servizi regolari specializzati, destinati a categorie specifiche di utenti, come studenti o lavoratori, per i loro spostamenti abituali.

 Servizi regolari internazionali, che collegano in modo continuo e programmato diverse località, seguendo un itinerario e una frequenza prestabiliti.

 Servizi occasionali, organizzati in modo sporadico o su richiesta, ad esempio per escursioni, gite turistiche o viaggi di gruppo promossi da un committente o direttamente dal vettore. SEGUE

Operazioni escluse dalla disciplina del distacco

Non tutte le attività di trasporto internazionale rientrano nelle regole sul distacco dei conducenti.

In particolare, non si considerano distacco:

 i transiti tra Stati membri che non prevedono carico o scarico nel territorio attraversato;

 i trasporti bilaterali, cioè quelli che iniziano o terminano nel Paese in cui l’impresa di trasporto è stabilita, anche se fanno parte di un trasporto combinato;

 i trasporti tra due Stati UE che attraversano un Paese terzo, purché si tratti di un’operazione bilaterale con una sola operazione supplementare di carico o scarico (cosiddetto cross-trade).

Dal 21 agosto 2023, tali esenzioni valgono solo per i veicoli dotati di tachigrafo intelligente, come previsto dal Regolamento (UE) 2021/1228.

Obblighi in caso di distacco transnazionale

Quando un’impresa di trasporto estera distacca i propri autisti in Italia, deve rispettare una serie di adempimenti:

1. Comunicazione preventiva del distacco tramite il sistema IMI, indicando:

 i dati dell’impresa e la licenza comunitaria;

 il referente o gestore dei trasporti;

 le informazioni del conducente (identità, indirizzo, patente, data di assunzione, legge applicabile al contratto);

 la durata del distacco e la targa del veicolo;

 il tipo di servizio svolto (merci o passeggeri, internazionale o cabotaggio).

2. Documentazione a bordo: il conducente deve avere con sé una copia della dichiarazione IMI, i documenti di trasporto e le registrazioni del tachigrafo con i simboli dei Paesi attraversati.

3. Controlli: in caso di verifica da parte della Polizia stradale, il conducente deve mostrare tutta la documentazione. Su richiesta dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL), l’impresa deve fornire entro 8 settimane i documenti relativi a retribuzioni, contratto e orari di lavoro.

LAVORATORI IMPATRIATI

Negli ultimi anni, l’Italia ha messo a punto un regime fiscale speciale per attrarre personale altamente qualificato, previsto dall’articolo 16 del D.lgs. 147/2015 e successive modifiche. L’obiettivo è chiaro: incentivare il rientro in Italia di professionisti e lavoratori con esperienza internazionale, offrendo significative agevolazioni fiscali sul reddito prodotto nel nostro Paese.

Per ultimo il D.lgs. n. 209/2023 ha riscritto e modificato lo sgravio previsto in precedenza.

Il nuovo regime fiscale per i lavoratori impatriati, si applica a chi trasferisce la residenza fiscale in Italia e rispetta i seguenti requisiti:

 Aver risieduto all’estero per almeno tre anni, che diventano sei o sette in caso di continuità con lo stesso datore di lavoro o con società del medesimo gruppo;

 Impegnarsi a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni;

 Svolgere l’attività lavorativa prevalentemente in Italia (almeno 183 giorni l’anno);

 Essere in possesso di elevata qualificazione o specializzazione, come definito dai D.lgs. n. 108/2012 e n. 206/2007.

SEGUE ›››

La residenza fiscale estera può essere dimostrata non solo tramite l’iscrizione all’AIRE, ma anche in base alle Convenzioni contro le doppie imposizioni, che stabiliscono regole per risolvere eventuali conflitti di residenza.

L’agevolazione consiste in una detassazione IRPEF del 50% del reddito imponibile per cinque anni, elevabile al 60% in caso di presenza o nascita/adozione di un figlio minore. Il reddito massimo agevolabile è pari a 600.000 euro l’anno e si applica sia a Redditi di lavoro dipendente e assimilati (es. compensi da amministratore) che a Redditi di lavoro autonomo da attività professionali o artistiche. Restano esclusi i redditi derivanti da attività d’impresa. Con la risposta a interpello n. 22/E del 7 febbraio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini dell’accesso al regime agevolativo per lavoratori impatriati previsto dall’art. 5 del D.lgs. n. 209/2023, è richiesto un periodo minimo di residenza fiscale all’estero di almeno sei anni in tutti i casi in cui il lavoratore rientrato in Italia svolga attività di lavoro autonomo con committente coincidente con l’ex datore di lavoro estero.

Tale requisito si applica anche quando l’ex datore di lavoro rappresenta solo uno dei committenti del professionista. Il periodo minimo di residenza all’estero si eleva a sette anni se il contribuente era già stato impiegato in Italia per lo stesso soggetto (o per una società appartenente al medesimo gruppo) prima del trasferimento all’estero.

L’Agenzia ha inoltre precisato che la norma non distingue la tipologia di rapporto intercorrente tra il lavoratore e il committente: di conseguenza, anche le prestazioni autonome devono rispettare il periodo di residenza estera rafforzato di sei o sette anni, quando vi è un legame continuativo con l’ex datore di lavoro.

Un punto particolarmente delicato riguarda il concetto di continuità funzionale, introdotto dalla prassi dell’Agenzia. Questo principio non si limita a verificare se il datore di lavoro italiano sia formalmente lo stesso soggetto per cui il contribuente operava all’estero, ma richiede di valutare se l’attività svolta in Italia mantiene una sostanziale connessione con quella pregressa, in termini di contenuti, mansioni o rapporti economici. Per cui tale valutazione dovrà essere condotta caso per caso.

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